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DECIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Il quinto volume della serie decima riguarda i mesi del terzo ministero De Gasperi (2 febbraio-30 maggio 1947): un periodo di tempo relativamente breve ma denso di avvenimenti, sinora poco studiati analiticamente e scarsamente conosciuti sulla base delle fonti. Il terzo governo De Gasperi fu caratterizzato dalla storia interna del Partito socialista italiano di unità proletaria che, durante il Congresso tenuto alla fine di gennaio, si divise in due tronco n i: il Partito socialista italiano e il Partito socialista dei lavoratori italiani. La scissione condizionò la partecipazione di ministri socialisti nel governo costituito da De Gasperi. Essa infatti rendeva impossibile la convivenza di rappresentanti di entrambi i tronconi del vecchio partito e risentiva della decisione dei rappresentanti del PSLI di non partecipare all'esecutivo. Perciò il terzo ministero De Gasperi risultò ancora l'espressione della maggioranza dei partiti della coalizione antifascista che governava l'Italia dall'aprile 1944, resa però incompleta dalla mancata presenza di esponenti dell'ala socialdemocratica del vecchio PSIUP.

Per quanto attiene alla politica estera, il nuovo governo presentava tuttavia un'importante novità, cioè l'assunzione della carica di ministro degli esteri da parte del conte Carlo Sforza, che ritornava a ricoprire quell'incarico dopo il lungo intervallo trascorso dalla caduta del governo Giolitti, nel 1921, e dopo il venir meno dei divieti britannici contro l'uomo politico italiano. Non è infatti da dimenticare che già nel dicembre 1944, all'epoca della costituzione del terzo governo Bonomi, il nome di Sforza era stato fatto come possibile presidente del Consiglio o ministro degli esteri, ma aveva subito un netto veto da parte di Churchill e Eden (seguito da un'aspra contesa fra il governo di Londra e quello di Washington, favorevole, il secondo, a affidare all'anziano statista italiano, uno dei massimi esponenti dell'emigrazione antifascista negli Stati Uniti, compiti politici di maggior peso). Alla vigilia della firma del trattato di pace (che sarebbe avvenuta a Parigi il 10 febbraio 1947) le ragioni politiche e le possibilità giuridiche di un'interferenza così pesante nella politica interna italiana erano venute meno. Sforza assumeva il dicastero degli Esteri come indipendente in rappresentanza del Partito repubblicano italiano.

Spettò dunque al nuovo ministro di governare l'eredità !asciatagli da Pietro Nenni, che lo aveva preceduto per pochi mesi nel secondo governo De Gasperi e, soprattutto, quella di De Gasperi stesso. Sforza poté giovarsi allora di una serie di collaboratori che già Nenni, mediante un vasto movimento diplomatico, aveva spostato di sede o restituito alla vita politica interna italiana. Erano, quei collaboratori, insieme con i dirigenti del Ministero a Roma, un gruppo assai compatto, attraversato solo da marginali o occasionali divergenze politiche: perciò un gruppo che, sotto la guida ferma di Sforza, era perfettamente in grado di attuare il pieno reinserimento dell'Italia nell'ordinamento giuridico internazionale, quel pieno reinserimento che la firma del trattato di pace rendeva già possibile prima ancora che il trattato fosse. ratificato (31 luglio 1947). Pietro Quaroni, dall'intelligenza vivida e dall'intuizione acuta sino al paradosso, era stato trasferito dalla sede di Mosca a quella di Parigi, dove avrebbe potuto rendere grandi servizi a una proficua ripresa dei rapporti franco-italiani; a Mosca venne inviato Manlio Brosio, esponente del partito liberale e già vice primo ministro con Parri, poi ministro della guerra nel secondo gabinetto De Gasperi. A Londra restava Niccolò Carandini, anch'egli un esponente liberale, e a Washington, fallito il tentativo di Nenni di dar luogo a una sostituzione, restava Alberto Tarchiani, già braccio destro di Sforza durante tutto il periodo dell'emigrazione negli Stati Uniti, durante la seconda guerra mondiale. Era, dunque, un gruppo di ambasciatori affiatato e politicamente omogeneo, orientato in senso liberai-democratico, forse con la sola eccezione di Quaroni, che alle idee congeniali al gruppo dirigente affiancava un realismo spregiudicato. A Roma, Sforza collaborò con Francesco Fransoni, che aveva sostituito Renato Prunas come segretario generale del Ministero; con Vittorio Zoppi e Emanuele Grazzi, rispettivamente direttore generale degli affari politici e direttore generale degli affari economici. Se dunque Nenni non aveva potuto giovarsi direttamente del rinnovamento operato nella distribuzione delle cariche, questa consentì viceversa a Sforza di operare prontamente con energia.

E' noto che il terzo gabinetto De Gasperi ebbe vita assai breve, ma durante i mesi dal febbraio al maggio 1947 furono poste sul tappeto gran parte delle questioni che poi lo stesso Sforza avrebbe dovuto affrontare negli anni successivi. Dal punto di vista formale e da quello politico italiano, la questione più importante era, accanto a quella del ritorno alla piena normalità delle relazioni con tutti i paesi indipendenti del mondo, quella di recuperare un certo peso politico nell'ambito internazionale. In tal senso i documenti pubblicati in questo volume illustrano sia i diversi temi collegati al problema della ratifica, non solo italiana ma soprattutto sovietica, del trattato di pace; sia la prima fase dei tentativi italiani di avviare (confidando soprattutto sull'appoggio dei paesi dell'America latina) un processo di revisione formale del trattato stesso.

Più in concreto, il recupero di una posizione non marginale nella vita internazionale venne messo in luce da tentativi, in parte riusciti in parte destinati all'insuccesso. L'Italia aveva già ottenuto di partecipare agli organismi posti in essere dagli accordi di Bretton Woods, cioè il Fondo monetario internazionale e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Il problema che si pose nei primi mesi del 1947 fu quello di ottenere che l'Italia riuscisse a occupare uno dei posti di direttore esecutivo della Banca, un altro, ben più politicamente rilevante, fu quello di ottenere subito l'ammissione alle Nazioni Unite. Spinto dal governo di Washington, il governo italiano formalizzò una sua richiesta in tal senso il 7 maggio, ben rendendosi conto del fatto che questa presupponeva la capacità e la volontà di entrare in un consesso dove lo scontro fra U.S.A. e U.R.S.S. era già divenuto aspro. L'iniziativa non avrebbe avuto successo, così come non ne ebbero le ripetute istanze italiane di partecipare ai lavori, iniziati a Mosca nel marzo 1947, per la redazione del trattato di pace con la Germania. Non bastava il presupposto giuridico della dichiarazione di guerra effettuata nell'ottobre 1943 per legittimare una richiesta che, nella sostanza, avrebbe collocato l'Italia sullo stesso piano dei vincitori della seconda guerra mondiale, proprio nei mesi in cui ancora si discuteva della ratifica del trattato di pace italiano. Non ebbe sorte migliore la richiesta di partecipare alla Commissione d'inchiesta che, secondo quanto disponeva il trattato di pace del 10 febbraio, avrebbe dovuto determinare la sorte delle colonie italiane pre-fasciste.

Sorprende, nello scorrere i documenti, la cautela delle reazioni italiane al discorso di Truman del 12 marzo 1947 (noto anche come «dottrina Truman»), ma in proposito è necessario tenere presente che in quel momento l'esistenza di un governo di coalizione che comprendeva ancora i partiti della sinistra rendeva impossibili quelle scelte di campo delle quali gli italiani avrebbero dovuto occuparsi a partire dal giugno 1947. Tuttavia merita di essere citato il fatto che l'idea di aiuti americani alla Grecia e alla Turchia suscitò subito, in alcuni ambienti della diplomazia italiana, una reazione che sarebbe stata esorcizzata solo un anno dopo, cioè l'ipotesi che si potesse discutere di un progetto di alleanza mediterranea collegato agli aiuti degli Stati Uniti.

Altri, numerosi spunti sono offerti dai documenti editi in questo volume. Tra essi meritano di essere ricordati quelli riguardanti le relazioni italo-cecoslovacche. I due paesi avevano, in un certo senso, posizioni analoghe dal punto di vista interno. Essi erano rispettivamente al margine di un blocco occidentale e di un blocco orientale in via di costituzione. Il ministro italiano a Praga riferiva delle volontà dei politici democratici cecoslovacchi di stabilire legami più stretti tra i due paesi, in vista della possibilità di costituire un piccolo gruppo compatto forte a sufficienza per eludere l'emergente «guerra fredda».

2. -La documentazione inserita in questo volume proviene, come per il volume precedente, in prevalenza dai fondi archivistici del Ministero degli esteri. In particolare sono state consultate le carte della Segreteria generale, della Direzione generale per gli affari politici e di quella per gli affari economici. Si è poi fatto uso sistematico della raccolta dei telegrammi ordinari e segreti, con l'utilizzazione, per questi ultimi, come nei volumi precedenti, degli originali, cioè di quelli in partenza direttamente firmati e talora corretti dal ministro, e, in arrivo, di quelli non parafrasati. Sono pure stati utilizzati documenti provenienti dall'Archivio centrale dello Stato (per le Carte Sforza) e dall'archivio personale di Niccolò Carandini, messo a disposizione dagli eredi, ai quali è dovuto il ringraziamento della Commissione. Non è stato possibile consultare gli archivi di Alcide De Gas peri. 3. -Il materiale pubblicato in questo volume, proprio per il carattere transitorio del terzo governo De Gasperi, è relativamente poco noto e poco conosciuto. L'interesse del volume consiste nel fatto che esso documenta un periodo della storia della politica estera italiana sul quale poco si è soffermata l'attenzione degli studiosi, proprio poiché quei mesi di transizione parvero più una fase di incertezza, dominata dalle ragioni politiche dell'estinguersi della coalizione che governò l'Italia sino al 30 maggio 1947. E' tuttavia interessante notare che la transizione e la coabitazione con forze politiche non omogenee non impedì alla diplomazia italiana, come bene i documenti qui raccolti mostrano, di predisporre gli elementi di fondo per le successive e imminenti scelte di schieramento internazionale. La documentazione di altre collezioni non italiane su questi mesi è, per quanto concerne l'Italia, scarsa. Solo occasionalmente, e soprattutto in relazione

alle questioni relative alla ratifica e all'applicazione del trattato di pace, per questi mesi, i documenti della collezione delle Foreign Relations of the United States, 1947, vol. III, The British Commonwealth; Europe, Washington, United States Government Printing Office, 1972, pp. 861 e ss., sono di qualche utilità. Anche le ben note memorie di Tarchiani e di Egidio Ortona offrono pochi spunti. Elementi di rilievo si possono trovare nel volume di CARLO SFORZA, Cinque anni a Palazzo Chigi. La politica estera italiana da/1947 a/1951, Roma 1952. Importanza marginale per l'azione diplomatica svolta a Mosca, nelle prime settimane della sua presenza nella capitale sovietica, ha viceversa il volume di MANLIO BROSIO, Diari di Mosca, 1947/1951, Bologna 1986.

4. Nella preparazione di questo volume sono stato aiutato per la ricerca archivistica sui fondi ministeriali dalle dott.sse Antonella Grossi e Francesca Grispo, coadiuvate dalle dott.sse Ada Roberti ed Ersilia Fabbricatore. Le dott.sse Grossi e Grispo hanno inoltre curato anche le ricerche presso Archivi esterni. La predisposizione redazionale del materiale selezionato e la correzione delle bozze sono state curate dalle dott.sse Grossi, Grispo, Fabbricatore e dal dott. Piercarlo Pisa. Alla dott.ssa Grossi si deve inoltre la redazione dell'indice sommario, alla dott.ssa Grispo quella della tavola metodica e alla dott.ssa Fabbricatore la compilazione delle appendici e dell'indice dei nomi. Infine alla signora Fiorella Giordano si deve il coordinamento con il Poligrafico per la stampa del volume. A loro va il mio sentito ringraziamento e la mia gratitudine, nella piena consapevolezza che il loro contributo costituisce la premessa fondamentale per il compimento di questo lavoro.

ENNIO DI NOLFO


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1391-1392-1393/45-46-47. Mosca, 2 febbraio 1947, ore 20,44 (per. ore 7 del 3).

Molotov mi ha detto che secondo giuristi sovietici articolo 90 1 dovrebbe essere interpretato nel senso che è necessaria firma Italia. Prima di rispondere mia richiesta circa firma e ratifica, Governo sovietico ha ritenuto più opportuno rivolgersi ad altri Governi interessati in modo da farci avere risposta concorde Quattro.

Ho riferito Molotov storia nostre conversazioni con Jugoslavia soffermandomi particolarmente su conversazioni New York. Gli ho fatto rilevare come rifiuto jugoslavo accettare nostra missione incaricata trattare questioni commerciali e minoranze abbia eliminato possibilità che probabilmente esisteva ulteriore riavvicinamento circa questione territoriale. Gli ho ripetuto che punto di vista Governo italiano era sempre stato che occorreva prima sbarazzare terreno da questioni minori. distendere relazioni due Paesi ed affrontare questione territoriale solo in atmosfera più comprensiva. Era stato vero peccato che jugoslavi si fossero decisi solo adesso riprendere relazioni diplomatiche mentre questo primo passo era stato da noi proposto da oltre un anno.

Molotov pur non respingendo mie considerazioni mi ha detto che tesi due parti erano troppo distanti perché si potessero sperare risultati concreti da trattative dirette. Gli ho risposto che non condividevo sua opinione: molte volte questioni che da polemiche stampa sembrano insolubili si presentano sotto tutt'altra forma quando se ne discute in atmosfera serena e con buona volontà dalle due parti. Molotov ha acconsentito.

Gli ho poi ripetuto che Governo e opinione pubblica italiana non possono accettare come giusta linea francese: quindi per noi impossibile anche per riavere Trieste sotto sovranità italiana acconsentire cessioni territoriali importanti quali quelle richieste da Jugoslavia. Regolamento pacifico nostre relazioni con Jugoslavia era d'altra parte questione particolare importanza non solo per relazioni fra i due Paesi ma anche per rapporti italo-russi: da considerare inoltre che possibilità sviluppo forze veramente democratiche Italia era strettamente connessa con questione nostre frontiere Jugoslavia. Dovevo ripetergli in tutta onestà che atteggiamento Jugoslavia e appoggio dato da russi a pretese estreme Jugoslavia aveva avuto ed aveva conseguenze disastrose situazione politica interna italiana. Volevo quindi

un'ultima volta pregarlo usare di tutta l'influenza che Russia aveva a Belgrado per vedere di indurre governo jugoslavo adottare punto di vista più comprensivo aspirazioni situazione italiana.

Molotov mi ha risposto che era al corrente di tutto questo ma che ormai momento favorevole per trattare era passato: mancavano pochi giorni a firma trattato e non c'era tempo per ulteriori trattative.

Gli ho obiettato che questo non era esatto: prima di tutto era dubbio se Jugoslavia avrebbe firmato trattato (il che mi è stato confermato da Molotov), in secondo luogo, anche una volta firmato trattato, dato che questione interessava soprattutto Italia Jugoslavia, qualora si fosse trovata altra soluzione accettata da tutte e due, non ritenevo ci sarebbero state obiezioni da parte Quattro Grandi ad ulteriore modificazione attuali soluzioni: Territorio Libero si sarebbe dimostrato ben presto tale fonte difficoltà che tutti sarebbero stati contenti vederlo liquidato.

Molotov mi ha risposto che una volta firmato trattato qualsiasi sua modificazione sarebbe stato procedimento molto complicato e difficile.

Mia impressione è che ci sia in questo momento poco da sperare da volontà e forse anche possibilità russa influire seriamente Belgrado in senso a noi favorevole2.

In forma opportuna ho comunicato Molotov contenuto suo telegramma 1253/c3 . Molotov mi ha risposto che secondo Governo sovietico quello di cui Italia e mondo intero hanno più bisogno è tranquillità: premessa necessaria questa tranquillità è che trattati pace vengano considerati come definitivi: Governo sovietico non è quindi disposto appoggiare tendenze revisionistiche da qualsiasi parte esse vengano 4•

l 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 687.

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 1783/c. Roma, 3 febbraio 1947, ore 12,30.

Ho assunto direzione nostra politica estera. Non solo conto sulla collaborazione sua e suoi collaboratori ma anche di tutti italiani costì residenti per raggiungere al più presto ripresa italiana nel mondo. Dando ai connazionali mio cordiale saluto dica che Repubblica italiana conta oggi più che mai sul loro attivo patriottismo.

Comunichi consolati cui questo messaggio è ugualmente diretto.

Firenze, Le Monnier, 1975, p. 468.

3 Vedi serie decima, vol. IV, D. 697.

4 Per il seguito del colloquio vedi D. 8.

l 2 Il capoverso seguente è edito in forma lievemente diversa in LIVIO ZENO, Ritratto di Carlo Sforza,

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA, SIMIC

T. 1867. Roma, 3 febbraio 1947, ore 23,49.

Assumendo direzione politica estera italiana desidero assicurarla che mai ho dimenticato giorni dolorosi e gloriosi passati cogli jugoslavi battentisi accanto soldati italiani in Macedonia per la libertà dei nostri due popoli. Spero che tale ricordo possa costituire un augurio. Voglia credere che sarò felice se potrò un giorno vedere un'intesa feconda fra i nostri due popoli.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI, MARSHALL

T. 1869. Roma, 3 febbraio 1947, ore 13,54.

Assumendo in un momento doloroso la direzione della politica estera italiana non ho bisogno di dire a lei che sa quanto siano profondi i miei sentimenti per l'America che la Repubblica italiana sarà felice di poter sempre collaborare col Governo americano per una sicura costruzione della pace. Le assicuro che l'amicizia e l'assistenza dell'America non saranno mai dimenticate dal popolo italiano quando sarà ridivenuto Nazione uguale fra uguali. ·

5

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1462/12. Praga, 3 febbraio 1947, ore 20,15 (per. ore l O del 4).

Mio telegramma n. 9 del 27 gennaio 1 .

Ho intrattenuto Clementis sulla possibilità ottenere formale dichiarazione, cui attribuivo valore pregiudiziale, rinuncia da parte della Cecoslovacchia applicazione art. 69 del trattato di pace, prima di iniziare con ministro Niederle colloqui che porterebbero a conclusione di accordi per l'indennizzo dei beni nazionalizzati e confiscati.

Onde esaminare la questione, Clementis mi ha chiesto alcuni giorni e stamane mi ha dichiarato non (dico non) poter impartire al riguardo istruzioni a Niederle senza preventiva procura del Consiglio dei ministri.

Egli ha giustificato la sua riserva affermando che l'art. 69 del trattato di pace non contempla soltanto i crediti cecoslovacchi a titolo di riparazione ma anche qualsiasi altro credito che fosse a titolo commerciale. Ho osservato, però senza ottenere modifica suoi convincimenti, che non esistono crediti cecoslovacchi e che qualora esistessero anche Governo italiano non (dico non) chiede che la Cecoslovacchia vi rinunzi, ma che rinunzi solo ad ottenere il forzoso pagamento mediante il sequestro dei beni italiani.

Clementis ha dichiarato anzi di ritenere inopportuno, prima che sia nota la decisione del Consiglio dei ministri sull'art. 69, d'iniziare conversazioni intese a stabilire regolamento confische e nazionalizzazioni.

Mi ha promesso che la questione entro metà mese corrente sarà sottoposta al Consiglio dei ministri.

Alla fine del colloquio Clementis ha tenuto ad esprimermi la sua piena soddisfazione per la conclusione dell'accordo concernente invio di lavoratori italiani in Cecoslovacchia.

5 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 706.

6

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1468/109. Londra, 3 febbraio 1947. ore 20.35 (per. ore 10,30 del 4 ).

Ho avuto oggi colloquio con Sargent. Mi ha subito espresso penosa impressione avuta da preoccupata comunicazione Quai d'Orsay secondo la quale Governo italiano intenderebbe eventualmente far firmare trattato di pace da incaricato d'affari a Parigi. Secondo Sargent tale fatto sarebbe giudicato come una intenzionale e inutile mancanza di riguardo verso i quattro ministri esteri firmatari.

Pur riconoscendo non sia indispensabile intervento personale del ministro degli affari esteri italiano, egli giudica che portata dell'atto richieda almeno intervento di un ambasciatore o di personalità che rivesta analogo rango e autorità.

Ignoro se informazione sia esatta. Ritengo comunque doveroso segnalare preoccupazione Londra e Parigi di cui Sargent ha voluto mettere in evidenza si faceva amichevolmente interprete nel nostro stesso interesse 1 .

6 1 Per la risposta vedi D. 22.

7

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1479/86. Washington, 3 febbraio 1947, ore 21,35 (per. ore 13 del 4).

In conversazione odierna al Dipartimento di Stato è stata espressa da parte americana viva soddisfazione per soluzione crisi ministeriale e migliori voti e fiducia per nuovo governo. In particolare è stato ricordato con viva simpatia passato soggiorno di V.E. agli U .S.A. e visita qui compiuta anno scorso.

Mi risulta che nuovo governo ha destato migliore impressione in circoli politici e giornalistici.

8

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1434/48. Mosca, 3 febbraio 1947, ore 23,20 (per. ore 8 del 4).

Riferendomi ad attacchi stampa sovietica contro politica Governo italiano specie in rapporto recente crisi ho fatto rilevare a Molotov 1 che Governo italiano continuava considerare non diventare strumento nessuno contro nessuno. Nel concreto si doveva tener presente situazione italiana quale essa è: Italia per vivere ha bisogno aiuti, crediti, materie prime e mercati.

Situazione di oggi è tale che di fatto tutto questo noi lo possiamo trovare da una parte sola. Indipendentemente da quelle che possono essere presunte idee personali dirigenti politica italiana bisognava ben comprendere che fintanto che vita Italia dipenderà arrivo piroscafi grano e carbone da Stati Uniti parlare di indipendenza politica italiana nei riguardi Stati Uniti è fare figura retorica. Migliore prova del fatto che Italia non voleva orientamenti unilaterali era insistenza con cui per tutti questi anni ero tornato su argomento rapporti commerciali italo-russi.

Purtroppo tutto questo era rimasto senza nessuna risposta da parte russa e stesse conversazioni, anche per questioni minori, che avevano avuto luogo Roma avevano destato in Italia seri dubbi circa volontà russa avere rapporti commerciali con noi di qualche portata. Trattavasi questione massima importanza; relativa indipendenza politica italiana non si sarebbe potuta avere se non il giorno in cui avremo possibilità acquistare su mercati altri che Stati Uniti quello di cui abbiamo bisogno. Se Russia realmente desiderava, come Governo italiano, indipendenza nostra politica estera bisognava che ci aiutasse un po' su questo terreno. Purtroppo

invece in Italia si stava diffondendo impressione che unica forma commercio che Russia prevedeva con Italia erano riparazioni.

Molotov mi ha negato enfaticamente che questa sia intenzione Governo sovietico: si è poi dilungato su difficoltà ricostruzione che impediscono dare largo sviluppo commercio estero.

Gli ho risposto che me ne rendevo conto: si poteva però cominciare con poco e prevedere sviluppi maggiori per anni migliori: noi eravamo pronti entrare in questo ordine di idee. Molotov avendomi osservato che tutto questo era troppo generico e che occorreva conoscere più concretamente quello che voleva Governo italiano, gli ho detto che da tempo erano state consegnate Rappresentanza commerciale Italia proposte concrete sia importazione che esportazione ma che non si era ancora avuta risposta. Mi ha assicurato avrebbe dato ordine procedere al più presto esame nostre proposte.

Gli ho fatto presente che non bisognava perdere tempo: industria italiana non manca ordinazioni: noi cercavamo riserbare ancora parte nostre possibilità per mercato sovietico ma non potevamo a lungo tenere in sospeso ordinazioni americane per ordinazioni sovietiche che non venivano: giorno in cui industria italiana non fosse poi stata in grado accettare ordinazioni sovietiche non sarebbe stato colpa nostra.

Gli ho anche detto che da parte nostra si riteneva utile invio Mosca delegazione commerciale per studiare se possibile piano acquisti vendite magari scalato certo numero di anni o almeno meccanismo generale per pagamenti anche per evitare difficoltà che si incontravano oggi.

Mi ha detto che condivideva nostra opinione ma che prima bisognava che organi competenti sovietici studiassero più a fondo proposte italiane di cui gli avevo parlato.

Mia impressione confermata anche da altri contatti informazioni è che situazione economica sovietica è almeno per quest'anno molto difficile: russi avrebbero bensì possibilità acquistare da noi molto ma non hanno praticamente nulla da darci in cambio: stato disastroso raccolto anno decorso e spettro fame che minaccia restringono limiti minimi possibilità commercio estero sovietico: necessità economiche sua zona influenza assorbono gran parte scarse disponibilità. Credo che sia illusorio almeno per quest'anno contare sia per acquisti che per vendite su possibilità mercato sovietico 2•

8 1 Nel colloquio di cui al D. l.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

T. 1871. Roma, 3 febbraio 1947, ore 24.

Assumendo in un'ora dolorosa la direzione della politica estera italiana desidero assicurarla personalmente che la più profonda aspirazione dell'Italia democratica è di

poter collaborare come Paese libero e pienamente indipendente ad una intesa fra le Nazioni. L'Italia è convinta che solo in umi sicura organizzazione della pace essa troverà gli elementi della sua rinascita.

Ma per questo occorre anche la rinascita dei tradizionali fiduciosi legami fra i nostri due Paesi e per tale nobile scopo oso contare anche su di lei.

8 2 Per la risposta di Fransoni vedi D. 18.

10

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1515/87. Washington, 3 febbraio 1947 1•

Suoi telegrammi 24 2 e 67 3 . Dopo conversazione avuta da Zoppi al Dipartimento di Stato si è continuato ad insistere su nostra partecipazione a Commissione d'inchiesta per le colonie.

Opinione espressa dalle due competenti Direzioni affari politici è che mentre Commissione, in seguito decisione presa dal C.F.M., dovrà essere composta da soli esperti dei Quattro, non si vedrebbe alcuna difficoltà da parte americana a che nostri esperti possano seguire Commissione d'inchiesta e documentarla così come avvenne per Commissione d'inchiesta in Venezia Giulia. Direzione affari politici Africa ha assicurato porrà questa ambasciata a contatto, al suo ritorno da Parigi, con esperto americano Otter, il quale farà parte delegazione.

Si ritiene qui che esperti francesi dovrebbero essere favorevoli a collaborazione italiana, si ignora atteggiamento russo. Continuo a seguire questione, per cercare di ottenere che americani prendano iniziativa ferma, cui sono per ora riluttanti.

Aggiungo infine essermi stato osservato, in via confidenziale, che dopo precedente analoga Commissione Venezia Giulia, si dubita molto che risultati Commissione per Africa possano avere alcun peso determinante su future decisioni Quattro. Fra l'altro si ignora quando e come Commissione d'inchiesta sarà costituita e potrà partire.

3 T. 1768/60 (Londra) 67 (Washington) del2 febbraio con il quale Nenni dava le seguenti istruzioni: «Converrebbe insistere, nel periodo che ci separa dal 10 febbraio, perché affidamenti relativi alla nostra partecipazione alla Commissione d'inchiesta che si recherà nelle colonie, vengano dati».

10 1 Spedito il 4 alle ore 14,37 e pervenuto alle ore 6 del 5. 2 Non pubblicato, ritrasmetteva una comunicazione di Carandini per la quale vedi serie decima, vol. IV, D. 653.

11

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1482/88. Washington, 3 febbraio 1947 1•

Miei telegrammi 55 e 79 2 .

In conversazione odierna al Dipartimento di Stato da parte americana è stato confidenzialmente detto che ministro esteri sovietico aveva preso contatto con ambasciata degli U.S.A. a Mosca circa nostra formale richiesta interpretazione articolo 90 trattato di pace.

Secondo interpretazione sovietica (particolarmente importante dato che testo detto articolo venne proposto dai russi e accettato dagli altri), l'Italia deve firmare e ratificare trattato di pace. Formulazione dell'articolo implica pertanto che la nostra ratifica dovrebbe essere depositata a Parigi prima quella dei Quattro Grandi, ai quali spetta, con deposito loro ratifiche, fissare il momento effettivo della entrata in vigore.

Da parte americana si è aggiunto che giuristi Dipartimento di Stato erano pienamente concordi con parere nostri giuristi (di cui al telegramma di V.E. 1116/c.)3 e che di conseguenza nota del Dipartimento di Stato, telegrafata con mio telegramma 79, andrebbe interpretata in tal senso, tanto più che interpretazione estensiva data in tale nota ad articolo 89 trattato di pace implicava che, in mancanza ratifica italiana, trattato di pace non sarebbe stato valido e quindi non avrebbe potuto entrare in vigore per nessuno dei contraenti.

Interlocutore americano ha peraltro ribadito concetto da me varie volte riferito (così mio telegramma n. 737 dell'8 giugno u.s_)4 che opinione pubblica americana non troverebbe giustificato rifiuto ratifica dopo nostra firma trattato di pace. Quindi momento decisivo anche ai fini nostre riserve e proteste rimane sempre quello della firma.

Sono ancora in attesa risposta ufficiale segretario generale C.F.M.

Vorrà giudicare V.E. se sia utile e conveniente che questa ambasciata, in una nota, cerchi di fissare suindicata interpretazione verbale data oggi al Dipartimento di Stato circa articolo 90.

12

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI

TELESPR. 16/03240/3. Roma, 3 febbraio 1947.

Nel marzo 1944, come è noto alla S.V., vennero interrotti, per le note vicende di politica internazionale, i rapporti diplomatici tra Italia e Finlandia. Si procedette

Il 1 Spedito il 4 alle ore 13 e pervenuto alle ore 14,30.

Vedi serie decima, vol. IV, DD. 691 e 731. 3 Ibid., D. 687. 4 Vedi serie decima, vol. III, D. 527.

lO

alla chiusura delle rispettive legazioni senza peraltro giungere ad una rottura e senza intaccare sostanzialmente la cordialità delle relazioni sempre esistite tra i due Paesi.

Non mancarono successivamente né da parte nostra né da parte finlandese sondaggi e profferte per un nuovo scambio di rappresentanti diplomatici. Da tali contatti si ebbe in sostanza l'impressione che l'unico ostacolo fosse rappresentato dalla delicatezza della posizione della Finlandia nei riguardi dell'U.R.S.S. Tale impressione veniva ancora confermata nel giugno u.s. da una comunicazione della nostra ambasciata in Mosca.

Da parte italiana si è desiderosi di riprendere le normali relazioni diplomatiche con la Finlandia nello spirito amichevole che vi ha sempre presieduto in passato. Dal rapporto del colonnello Roero di Cortanze, recentemente trasmesso da codesta legazione, relativo alla sua visita di congedo ad Helsinki ed alle manifestazioni di amicizia di cui il nostro Paese ed egli personalmente sono stati fatti segno, risulta che il segretario generale del Ministero degli esteri finlandese, ministro Voionmaa, ha pubblicamente auspicato la rapida ripresa delle relazioni diplomatiche tra Italia e Finlandia. Si ha quindi ogni ragione di ritenere che la questione viene ora ritenuta matura anche ad Helsinki.

Si prega quindi la S.V. di voler prendere contatto con codesto ministro di Finlandia, rinnovando l'espressione dei nostri amichevoli sentimenti per la Finlandia e del nostro desiderio di riprendere normali relazioni diplomatiche con uno scambio di rappresentanti, eventualmente nella forma e con la formula preferita dal Governo di Helsinki. La S.V. vorrà pregare il suo collega finlandese di chiedere al riguardo l'opinione di Helsinki e le definitive decisioni del Governo finlandese 1 .

13

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1498/112. Londra, 4 febbraio 1947, ore 13 (per. ore 17,30 ).

Mio 106 1•

Ho nuovamente insistito con Sargent per inclusione membro o quanto meno osservatore italiano nella Commissione inchiesta nostre colonie. Questione dipende da delegati supplenti quattro ministri esteri i quali pur avendo ultimato tecnicamente loro lavoro continuano ad essere qualificati per eventuali questioni riguardanti nostro trattato. Sargent mi ha promesso consigliare Jebb adoperarsi a favore nostre richieste. Jebb che ho subito dopo incontrato si è dimostrato favorevolmente disposto; immagino che egli si metterà in rapporto su questo argomento con Dunn.

12 1 Con T. per corriere 2265/02 dell'Il febbraio Bellardi Ricci riferiva di essersi espresso con il ministro di Finlandia a Stoccolma secondo le istruzioni ricevute e di essere in attesa di conoscere la posizione del Governo di Helsinki sulla questione. Vedi D. 99.

13 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 734.

14

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

Roma, 4 febbraio 1947, ore 16.

Suo 105.

Trattato con Austria non avrà probabilmente carattere trattato di pace vero e proprio ma determinerà piuttosto lo statuto giuridico internazionale di quel Paese. Appare quindi dubbio nostro interesse a far comprendere in un tale documento accordi di Parigi tanto più che essi implicano soltanto obblighi da parte nostra e che da essi non risulta né esplicitamente né implicitamente che Austria ha rinunciato a sue aspirazioni territoriali nei confronti Alto Adige. Soltanto ove tale rinuncia potesse risultare in qualche modo (per esempio dai verbali Consiglio Quattro, relativi trattato Austria), potremmo trovare interesse a inserzione accordi Parigi nel trattato medesimo; sempreché sia tenuta presente opportunità evitare interdipendenza formale e giuridica fra detti accordi e questione territoriale, dato che in tal caso basterebbe, ora o nell'avvenire, un disaccordo circa interpretazione

o applicazione accordi Parigi per dare all'Austria titolo valido risollevare questione territoriale (vedi anche telespresso ministeriale n. 03249/c. del 3 corrente) 2 .

15

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. RISERVATO PER CORRIERE 1865/09. Rio de Janeiro, 4 febbraio 1947 (per. il l O).

Atteggiamento questo Governo in ordine riparazioni e beni italiani sostanzialmente continua e tende concretare linea sempre di fatto seguita dalla politica brasiliana in questa materia economica e indubbiamente irrigiditasi da quando Brasile fu escluso dalla partecipazione alle riparazioni europee. Richiamomi mie costanti comunicazioni e giudizi al riguardo avanti durante e dopo Conferenza Parigi, fra cui miei rapporti 2) giugno 1946 (telespresso 1309/295), 19 settembre 1946 da Parigi e novembre 1946 da Roma (consegnato direttamente Gabinetto del ministro) 1•

Non rinvenuto. 15 1 Non pubblicati, ma vedi serie decima, vol. IV, DD. 263, 652 e 686.

Argomenti brasiliani furono costantemente controbattuti e nostra posiZIOne sostenuta anche periodo antecedente Conferenza dandone notizie continuamente codesto ministero. Per quanto, anche in conformità sue istruzioni, naturalmente nostra azione diplomatica dovesse tener conto argomento preminente trattato di pace al fine suscitare e concretare iniziativa brasiliana nostro favore, come fu ottenuto, e stesso ministero per codesta ragione dovesse in vari momenti richiamare concetto di non forzare troppo sull'argomento economico, furono ottenuti alcuni risultati parziali favorevoli, fra cui, dopo svincolo beni italiani residenti Brasile, decreto 3 aprile 1946 che ristabilì rendere liberi beni e diritti che venissero ad appartenere da allora a italiani residenti all'estero e possibilità svincolo caso per caso beni già sequestrati; con decreto stesso iniziavasi liberazione noto nostro deposito dollari.

Durante Conferenza, dietro anche azione diretta spiegata in Parigi col ministro Neves da Fontoura, fu emanato decreto 16 settembre 1946 che dichiarò non applicabile italiani, fino approvazione trattato, precedente decreto 3 settembre che aveva confiscato beni società civili ed enti diritto pubblico sudditi ex nemici, e che~ pure possiamo invocare dalla nostra tesi sganciamento responsabilità dalle altre Potenze Asse, insieme ad altri argomenti di cui stesso attuale ministro Fernandes mostrato riconoscere quanto meno possibilità discussione. Tra gli altri argomenti nostro favore rilevo affermazione contenuta già, dietro le nostre insistenze, in considerando dei decreti 9 gennaio 1946 (mio telegramma 19 del 12 gennaio 1946) 2 che riconosceva che l'Italia da Potenza nemica passò a cobelligerante e successivamente ad alleata.

Dichiarazioni fatte da Fernandes in sede questa Commissione riparazioni dopo mio colloquio (miei telegrammi per corriere 07 3 e 082) circa Casa d'Italia manifestano qualche possibilità, non senza ancora molte difficoltà, soluzione tale particolare questione, su cui sto insistendo.

Situazione maturatasi con il trattato ha oggi permesso anche con nuovi argomenti giuridici impostare problema in pieno, dopo scambio di vedute che ebbi in Roma con V.E. e con codesta Direzione affari economici. Al riguardo avrò questi giorni nuovo colloquio con ministro Fernandes e con stesso presidente Dutra. Circa fiancheggiamento elementi italiani e figli di italiani di cui al suo telegramma 22 4, nei molteplici contatti che ho avuto fin dall'inizio ho dovuto rilevare che gli italiani e naturalizzati brasiliani si sono spesso trovati e si trovano in una naturale spiegabile riservatezza di fronte autorità brasiliane in questione beni anche per timore di vedersi colpiti con nuovi accertamenti che potrebbero ricadere anche su non colpiti e quelli che con vari espedienti si sottrassero a sequestri, tanto che anche nella prima visita ufficiale che feci a San Paolo fui dallo stesso console e comitati sconsigliato di fare visite ufficiali ad aziende sostanzialmente italiane. Quanto ad alcuni dei nominativi accennati dall'E.V. in suddetto telegramma debbo rilevare

3 Vedi serie decima, vol. IV, D. 686.

4 Ibid., D. 718.

che loro azione era difficile anche per loro precedente posizione politica nel passato regime italiano invisa, con la guerra, al Governo brasiliano e che tali difficoltà potrebbero oggi, sotto altro profilo, trovare altro argomento nell'esito elezioni politiche che sembrano ormai definitivamente portare in alcuni Stati, fra cui principalmente San Paolo, dirigenti di altre correnti politiche. Ciò non esclude che si faccia di tutto per cercare utilizzare anche detti elementi (coi quali del resto si sono tenuti contatti confidandosi oggi maggiormente nella coadiuvazione dello stesso servizio del console di San Paolo), mentre per azione fiancheggiatrice continuo anche soprattutto sviluppo e concreti contatti da tempo creati con personalità brasiliane alta cultura industria politica.

Permettomi nel contempo sollecitare notizie richieste coi telegrammi nn. 9 e 08 e 28 5•

14 1 Ritrasmesso, insieme al T. 105 da Londra cui risponde (per il quale vedi serie decima, vol. IV, D. 733), alle ambasciate a Mosca, Parigi e Washington e alla rappresentanza a Vienna con T. 1928/c. del 5 febbraio.

15 2 Non pubblicato.

16

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 318/228. Londra, 4 febbraio 1947 1 .

Come era da aspettarsi lo scambio dei messaggi Stalin-Bevin su cui ho ripetutamente telegrafato 2 ha richiamato tutta l'attenzione di questi osservatori politici e della stampa che si sono sforzati a speculare sul movente immediato dell'iniziativa di Mosca nonché sugli sviluppi e sulle possibilità a venire.

Col passare dei giorni e dalla somma dei pareri e delle vedute spesso divergenti e talvolta addirittura contrastanti ritengo che guardando le cose da questo osservatorio si possa schematicamente inquadrare l'avvenimento nel modo seguente.

La riunione dei ministri degli esteri di New York si è, come noto, chiusa in una atmosfera di buon volere e di fiduciosa speranza non tanto frutto di compromessi reciproci quanto della flessione russa --resa apparente soprattutto nell'Azerbaijan ed a Trieste -in seguito all'irrigidimento americano che escludeva ogni ulteriore accomodamento. Indicative di questa maggiore determinazione americana e quindi britannica sono state fra l'altro le migliorate prospettive per un avvicinamento continentale americano imperniato sul binomio Marshall-Peron nonché quelle per una più stretta collaborazione dell'Europa occidentale provocata dalla visita a Londra di Blum. Per converso questo ha messo in evidenza il relativo isolamento della Russia proprio in un momento in cui l'Unione Sovietica più avrebbe bisogno dell'assistenza occidentale per fare fronte alle difficoltà economiche ed alimentari nonché alle devastazioni subite nel corso del conflitto. E dato che nel campo

16 1 Sulla copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 702.

anglo-sassone l'Inghilterra è apparsa evidentemente la più vulnerabile, il Cremlino, contando anche sulle note divergenze esistenti in politica estera in seno al partito laburista, ha sfruttato ai suoi fini le parole di Bevin del 22 dicembre per indurlo alla nota precisazione del 18 gennaio. Il messaggio di risposta di Stalin che pone fine alla controversia limitatamente alla questione della validità del trattato anglo-russo ha peraltro rivelato il desiderio sovietico di subordinare l'estensione a 50 anni del trattato stesso alla revisione di alcune clausole, ma risulta chiaro che tale richiesta non miri semplicemente alla eliminazione di quelle ormai superate ma bensì a qualcosa di più.

Quanto precede ha trovato conferma in una conversazione avuta con un funzionario del Foreign Office il quale ha espresso l'opinione che i russi sentendosi progressivamente isolati si sforzino ora di porre un rimedio a tale situazione inducendo questo Paese ad assumere una posizione maggiormente equidistante fra essi e gli Stati Uniti. E in fondo la conclusione della nota della Tass del 28

u. s. (vedi mio telegramma del giorno successivo) 3, dove si afferma che è venuto il momento di adeguarsi allo spirito del trattato ed in particolare a quella parte secondo la quale ambedue i contraenti sono impegnati a lavorare per l'organizzazione della sicurezza e della prosperità economica dell'Europa, sembra rendere implicito il desiderio di un rafforzamento e di un ampliamento del dispositivo degli articoli 3, 4 e 5 nonché della realizzazione nel senso più lato dell'art. 6 che concerne la mutua assistenza economica nel dopoguerra. In altri termini è da rilevare che avendo avuta partita vinta nel provocare le note assicurazioni di Bevin, Stalin cerchi ora di invischiare vieppiù l'Inghilterra ed i Paesi dell'Europa occidentale con cui è maggiormente legata nelle maglie di un accordo quanto mai comprensivo. Quale sarà l'atteggiamento britannico? È difficile profetizzare in questioni del genere ma è indicativo che il Times, di cui spesso si servono questi ambienti responsabili, in un lungo editoriale del lo corrente intitolato Re-ajjlrming the alliance non ha mancato di dichiarare fra l'altro che pur essendo vitale per i contraenti di onorare lo spirito e la lettera del trattato, le clausole che concernono la mutua collaborazione nel dopoguerra permangono del tutto conformi («wholly consonant») ai loro interessi. È implicito quindi che il giornale pensa che, una volta aggiornati gli attuali impegni, sia di natura militare che economica, essi se sinceramente applicati siano sufficienti a definire i diritti ed i doveri di ambedue. Quindi amicizia e collaborazione, ma non nella misura che è lecito pensare lo desideri il Cremlino. È infatti da tenere presente che, malgrado vi sia fra i laburisti un considerevole numero di persone che spinge il Governo sulla via di una più stretta collaborazione con l'U.R.S.S. esse, nel Paese, rappresentano pur sempre una minoranza in confronto di coloro i quali per diffidenza o per avversione verso la Russia si aspettano che il Governo proceda con cautela e senza pregiudicare in alcun modo i legami esistenti con gli Stati Uniti e con il mondo occidentale.

15 5 Non pubblicati, ma vedi D. 70.

16 3 T. 1176/94 del 29 gennaio, non pubblicato.

17

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 506/173. Il Cairo, 4 febbraio 1947 (per. il 28).

L'Il di febbraio, data di nascita di Sua Maestà Farouk I, re d'Egitto, il presidente del Consiglio Nokrashy pascià suole offrire un ricevimento alle alte cariche dello Stato ed al Corpo diplomatico. In tale occasione, il presidente del Consiglio ha inviato ai funzionari di questa rappresentanza ed a me l'invito ufficiale a partecipare a tale ricevimento. È questa la prima volta che la nostra rappresentanza viene considerata alla stregua di tutte le altre normali rappresentanze diplomatiche straniere, poiché finora questo Ministero degli affari esteri aveva mantenuto il principio di considerarla come una missione speciale.

Contemporaneamente merita anche di essere rilevato il fatto che il Ministero egiziano degli affari esteri ha ora incluso i funzionari di questa rappresentanza sul Bollettino del Corpo diplomatico accreditato in Egitto.

Ritengo che questo possa considerarsi un nuovo sintomo di progressiva normalizzazione, specie se posto in relazione con la circostanza che le autorità egiziane dimostrano, in questo periodo, maggiore comprensione e cordialità anche nelle quotidiane relazioni d'ufficio. Mi riferisco a tal proposito al telegramma per corriere

n. Ol del l o gennaio 1 , relativo ai miei contatti personali con questo presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri Nokrashy pascià.

18

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI

T. S.N.D. 1936/20. Roma, 5 febbraio 1947, ore 16,30.

Suo 48 1 .

Considerazioni da lei esposte circa relazioni economiche itala-sovietiche sono esatte. Abbiamo qui ripetutamente offerto rappresentanza commerciale sovietica porre nostra capacità industriale a parziale disposizione ricostruzione U.R.S.S. contro reintegro e pagamento in materie prime come pratichiamo con altri Paesi. Non è stato possibile concludere nessuna ordinazione importante perché materie prime che ci venivano offerte erano del tutto inadeguate e talora non comprendevano neppure fabbisogno per iniziare lavorazione. Unica offerta è stata mattonelle

18 Vedi D. 8.

16 carbone contro navi, ma di così scarso potere calorifico che non ci conviene riceverle per non diminuire assegnazione ECO di carbone più utile. Faccia però osservare che indirettamente contribuiamo ricostruzione sovietica attraverso nostro accordo con Svezia. Infatti dato che fabbriche detto Paese non bastavano per assolvere importanti impegni derivanti da trattato con U.R.S.S., nostra delegazione commerciale propose che fabbriche italiane avrebbero accettato ordinazioni per determinate commesse speciali sia per liberare fabbriche svedesi e permettere loro lavorare per U.R.S.S. sia per far loro utilizzare nostri prodotti per commesse da consegnare U.R.S.S., il che fu accettato con soddisfazione da parte Governo Stoccolma.

17 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 638.

19

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. S.N.D. 1972/44. Roma, 5 febbraio 1947, ore 19,30.

È stato comunicato questa ambasciata Francia che per uscire punto morto in cui sembrano cadute conversazioni italo-francesi per accordo riparazioni beni italiani, ambasciatore Indelli verrà Parigi entro brevi giorni in missione ufficiosa per prendere contatto con ambasciatore Alphand e esaminare «ad referendum» punti dissenso e eventuali possibilità conciliazione.

È stato aggiunto che naturalmente ci attendiamo che nessuna azione unilaterale venga nel frattempo presa da parte francese per tutte questioni oggetto sia proposte francesi che controproposte italiane 1 .

20

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1606/62. Parigi, 5 febbraio 1947, ore 20,06 (per. ore 9,15 del 6).

Direttore affari politici Europa Coulet convocatomi oggi mi ha detto quanto segue: In seguito passo (di cui al telegramma 1253/c.) 1 di questa ambasciata ministro Bidault fece prospettare Governi alleati possibilità che dichiarazione comune circa

20 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 697.

protezione minoranze italiane venisse annessa a trattato pace con l'Italia. U.R.S.S. non ancora risposto, risposta U.S.A. e Gran Bretagna è stata nettamente negativa, con particolare accentuazione questa ultima che ha voluto ricordare gravi conseguenze analoga dichiarazione annessa al trattato Trianon. Signor Coulet mi ha pregato comunicare quanto precede Governo italiano.

Nel far presente che nel mio colloquio di cui al telegramma citato nel testo non ebbi affatto ad accennare a problemi di protezione di minoranze e tanto meno al precedente ungherese, sembra evidente che signor Bidault ha voluto dare e sottolineare prova sua buona volontà nostri riguardi su questione bloccata in anticipo.

19 1 Per la risposta vedi D. 24.

21

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 338/243. Londra, 5 febbraio 1947 (per. il l O).

Faccio seguito al mio telegramma n. 108 del 3 corrente 1 per un più completo resoconto. Il signor Krishna Menon mi ha ricevuto il lo corrente a «India House» dimostrandosi particolarmente sensibile alla visita del rappresentante italiano ed al messaggio di invito che gli recavo. Gli ho messo in evidenza le ragioni psicologiche e pratiche che rendevano estremamente opportuna una sua anche breve sosta a Roma durante l'itinerario di ritorno in India, come prova di solidarietà verso il popolo italiano, come personale constatazione dei grandi passi compiuti dall'Italia sulla via della ricostruzione e come incentivo a più intensi rapporti economico-politici italo-indiani i quali avrebbero dovuto logicamente implicare il futuro perfezionamento dei nostri rapporti consolari in una regolare rappresentanza diplomatica. In linea particolare gli ho aggiunto quanto noi auspichiamo il ristabilimento di una Commissione commerciale permanente indiana quale quella che ha funzionato in passato a Milano, ricordandogli come in seguito a richiesta del Governo dell'India il Governo italiano abbia già espresso il suo desiderio che una simile commissione venga ristabilita al più presto possibile (vedi telespresso n. 1752/1029 del 3 maggio 1945) 2 . Gli ho suggerito in ultimo la necessità che le più ampie facilitazioni fossero consentite in materia di visti a uomini di affari italiani interessati a prendere contatto con il mercato indiano.

Krishna Menon si è molto interessato a questa nostra iniziativa, dimostrandosi però più sensibile alle ragioni politiche che non a quelle economiche poiché queste

21 Con esso Carandini aveva riferito sinteticamente sull'incontro avuto con Krishna Menon. 2 Non pubblicato.

ultime rientrano, secondo lui, nella specifica competenza di questo High Commissioner per l'India. Ha voluto essere informato della situazione politica italiana chiedendomi specificamente se vi fosse un reale pericolo di un ritorno a sentimenti ed a metodi fascisti. Sul che lo ho pienamente rassicurato. Non è facile orientare una persona così lontana e male informata dei nostri problemi, ma sono riuscito a chiarirgli alcuni punti fondamentali sui quali mi è parso convinto e schematicamente orientato.

Venendo all'argomento della nostra pace si è specialmente interessato al problema delle nostre colonie, essendo evidente e naturale la sua simpatia per le loro aspirazioni alla indipendenza. Gli ho spiegato le ragioni che, non solo nell'interesse italiano ma in quello essenziale delle popolazioni indigene, darebbero un carattere pericolosamente negativo ad una separazione del lavoro, del capitale, della iniziativa italiana da territori ed interessi che si sono sviluppati sotto una nostra lunga ed efficiente amministrazione. Mi pare lo abbia persuaso il concetto espressogli che l'Italia non pensa alla reintegrazione del sistema coloniale, ma aspira e sente di avere diritto e capacità ad accompagnare, in un intimo rapporto politico ed economico, le popolazioni libiche e dell'Africa Orientale verso un progresso civile, una prosperità ed una organizzazione economica che sono il primo presupposto di una forma di auto-governo e di finale indipendenza. In questo quadro l'Italia non può concepire una forma di trusteeship che non le riservi la qualifica e l'ufficio di trustee cioè di amministratrice fiduciaria diretta. Ho l'impressione che questo chiarimento abbia fatto presa su Krishna Menon il quale è persona di viva intelligenza e di pronta comunicativa (è stato educato ad Oxford e parla un perfetto inglese).

Egli mi ha detto, in conclusione, che considera un onore il riguardo usatogli dal Governo italiano, ma che è imbarazzato dalla estrema scarsità del tempo di cui dispone in questo suo viaggio e da mancanza di istruzioni. Dato che un corriere aereo era in partenza immediata per l'India, mi ha pregato di indirizzargli una lettera mia personale (cosa che ho subito fatta) in cui gli confermavo il desiderio di vedere inclusa Roma fra le capitali europee che si disponeva a visitare, lumeggiando le ragioni psicologiche e politiche che consigliavano il gesto. A mezzo detto corriere egli ha inviato tale lettera in visione a Pandit Nehru, nella speranza di convincerlo della opportunità di una visita a Roma. Mi ha però ripetuto che sarebbe in ogni caso rimasta la grave difficoltà rappresentata dalla estrema densità del suo attuale programma.

Nell'ultima parte del colloquio egli ha desiderato, per delicatezza, far brevemente intervenire il rappresentante di questo alto commissario per l'India. Per la stessa ragione di riguardo ho dato comunicazione riservata al Foreign Office dell'invito esteso a Krishna Menon. Immediatamente dopo la mia visita ho ricevuto invito ad un ricevimento ufficiale che avrà luogo alla «<ndia House» offerto da questo alto commissario Sir Samuel Runganadhan in onore del sig. Asaf Alì ambasciatore indiano designato agli Stati Uniti d'America. In tale occasione vedrò di riprendere l'argomento.

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 2020/70 1 . Roma, 6 febbraio 1947, ore 11,25.

Suo 109 2 . Preoccupazioni francesi sono infondate. Solo nome cui avevo pensato è ambasciatore Soragna.

Preoccupa noi invece che con nota comunicata ieri da Benzoni il Ministero affari esteri francese ci avverte che una eventuale nostra dichiarazione prima della firma deve essergli comunicata almeno ventiquattro ore prima 3 . Ciò può essere impossibile perché fino all'ultimo momento noi dobbiamo tener conto opinione Assemblea e Paese 4 .

23

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1635/24. Nanchino, 6 febbraio 1947, ore 19,05 (per. ore 11 del 7).

Ho compiuto oggi presso ministro esteri passo secondo istruzioni suoi 11 e 12 1 . Signor Wang ha apprezzato comunicazione e si è dimostrato compiaciuto sia per implicito riconoscimento da noi dato posizione quinto grande sia per mio chiarimento verbale che nostra richiesta non concerne naturalmente clausole che sanciscono criteri già spontaneamente adottati nei riguardi Cina. Dopo testuale lettura ultima parte messaggio da me consegnatogli per conoscenza, ministro ha voluto ancora chiedermi se nostra posizione revisionistica intenda essere contraria spirito O.N.U., al che ho naturalmente risposto senso negativo. Mi ha quindi detto essere sua opinione che maggioranza Governi che parteciparono Conferenza Parigi approveranno nostro atteggiamento («Will endorse your attitude»).

Vedi D. 6.

3 Fon. 1502/59 del 4 febbraio, ore 17,55, non pubblicato.

4 Per la risposta vedi D. 25.

20 Ha aggiunto suo convincimento che difficoltà italiane diminuiranno da ora in avanti. Mi ha infine pregato trasmettere ministro Sforza suoi migliori auguri per successo sua opera.

22 1 Sforza trasmise in pari data questo telegramma a Parigi (T. s.n.d. 2019/46) con la seguente premessa: «Poiché da Parigi si era espresso a Londra timore che un eventuale plenipotenziario per firma non fosse un ambasciatore ho telegrafato ambasciatore a Londra quanto segue».

23 1 Del 27 gennaio, con i quali Fransoni aveva dato istruzioni di comunicare al Governo cinese in quanto membro del Consiglio permanente di sicurezza dell'O.N.U. il messaggio rimesso ai ministri degli esteri dei Quattro Grandi: l'Italia formulava riserve sulla redazione definitiva del trattato di pace e chiedeva il riconoscimento del principio della revisione sulla base di accordi bilaterali e nell'ambito dell'O.N.U.

24

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1644/66. Parigi, 6 febbraio 1947, ore 19,22 (per. ore 8 del 7).

Vostro 44 1 .

Riferendomi mio telegramma per corriere 016 2 debbo sottolineare che conversazioni italo-francesi per accordo riparazioni non possono essere considerate arrivate punto morto in quanto che questi organi competenti hanno chiaramente lasciato intendere, oltre generiche disposizioni migliorare nei nostri riguardi loro primo progetto, che per tale ripresa attendevasi previa firma del trattato di pace.

25

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1657/121. Londra, 6 febbraio 1947, ore 20,10 (per. ore 8,30 del 7).

A telegramma 70 1•

Foreign Office era stato avvisato oggi da Duff Cooper che Governo francese intendeva dirigere protesta al Governo italiano per presunta intenzione delegare firma trattato quel nostro incaricato d'affari. Hoyer-Millar si è dichiarato convinto e soddisfatto della nostra smentita.

Circa pretesa anticipato deposito nostra dichiarazione, Millar ha affermato che si tratta di iniziativa francese di cui Foreign Office è completamente ignaro e mi ha assicurato che si sarebbe messo subito in rapporto con Parigi.

In questa materia Governo inglese aveva espresso parere che si dovessero evitare in linea di principio lunghe dichiarazioni polemiche da ogni parte il che avrebbe evitato a noi aspre repliche jugoslave. Comunque Millar faceva riconoscere impossibilità negarci elementare diritto a sobrie dichiarazioni a commento firma.

2 Non pubblicato.

24 1 Vedi D. 19.

25 1 Vedi D. 22.

26

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, GIUSTI DEL GIARDINO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

APPUNTO RISERVATO. Roma, 6 febbraio 1947.

I problemi della Venezia Giulia, che -per note ragioni di politica interna

non hanno mai potuto essere trattati in maniera organica e coordinata dal Governo italiano, sono giunti ora -data l'imminente entrata in vigore del tattato di pace ---in una fase particolarmente acuta: ogni ulteriore indugio nel prendere le necessarie decisioni potrebbe riuscire fatale alla difesa dell'italianità della contestata regione e della stessa nostra frontiera orientale.

Il tentativo di coordinamento fatto per la Venezia Giulia con la costituzione della Commissione interministeriale dei sottosegretari cade data la struttura del nuovo Gabinetto, né pare confermata la notizia apparsa sulla stampa relativa all'istituzione di un Alto commissariato per la Venezia Giulia da affidare all'on. Carignani.

Occorre quindi por mente alla necessità che, date le decisioni che si attendono per un avvenire assai prossimo, il Governo abbia un organo, e uno solo, incaricato di trattare i problemi relativi al Territorio Libero, alla frontiera italo-jugoslava e al retroterra della stessa.

Accenno qui appresso schematicamente ad alcuni problemi più gravi ed urgenti:

l) atteggiamento da tenere nei confronti del passaggio di consegne fra l'A.M. G. e il governatore del T. L.; 2) rappresentanza ufficiale ed ufficiosa dell'Italia nel T. L.; 3) difesa -tante volte promessa -della proprietà immobiliare e mobiliare italiana a Trieste, di fronte alla massiccia manovra finanziaria jugoslava; 4) finanziamento «apolitico» dei partiti italiani a Trieste; 5) ricostruzione della provincia di Gorizia con Monfalcone ed il Basso Isonzo, tuttora facenti parte della provincia di Trieste; 6) scelta e designazione dei funzionari civili e militari -che debbono essere ottimi e settentrionali ---da inviare nella provincia di Gorizia; 7) predisposizione per il previsto afflusso in Friuli delle divisioni «Mantova» e «Folgore»; 8) tracciato della frontiera italo-jugoslava sul terreno; 9) eventuale costituzione di una regione friulana considerata dal punto di vista internazionale; lO) afflusso alla spicciolata di profughi italiani dall'Istria e slavi dal Carso e dall'Alto Isonzo.

Questi sono alcuni dei problemi, accennati a titolo indicativo. Dalla loro semplice elencazione si comprende come il loro rilievo possa avere gravi conseguenze di politica interna ed estera, sia oggi che domani.

A mio subordinato parere, il Ministero degli esteri dovrebbe -di fronte alla inorganicità governativa riguardo alla Venezia Giulia -attirare con urgenza la massima attenzione del Governo su tutto il problema, anche per non essere coinvolto in responsabilità che non sono sue derivanti da situazioni di disagio ed inefficienza.

27

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 254/66. Mosca, 6 febbraio 1947 (per. il 22).

Prima di lasciare Mosca voglio tentare, nei limiti di quell'esame della situazione che mi ha permesso il mio breve soggiorno, di analizzare la cosiddetta «crisi russa». Il 1946 è stato il primo anno del nuovo piano quinquennale: i risultati difficil

mente potrebbero essere considerati come soddisfacenti.

Ciò non è stato, del resto, una sorpresa: il primo piano quinquennale del dopoguerra è nato, in forte misura, in forma inorganica. A differenza dei precedenti esso è stato elaborato, per la parte industriale, prevalentemente dalle singole industrie e gruppi di industrie: la commissione del piano (Voznesensky) si è limitata più che ad un vero e proprio lavoro di coordinazione. ad una riduzione, entro certi limiti, meccanica delle proposte delle singole industrie, in base alle presunte disponibilità di materie prime e di mano d'opera.

Inoltre tutto il piano ha avuto un certo carattere non definitivo, poiché su di esso gravavano due incognite: il prestito americano e le riparazioni, in primo luogo le riparazioni tedesche.

Il piano, analogamente ai suoi precedenti, è essenzialmente un piano di industria pesante. Lo scopo che si propone il Governo sovietico è portare la produzione russa di acciaio a 50 milioni di tonnellate annue (dalle 19 attuali): non si tratta di arrivare a questo risultato entro il 1950, come erroneamente afferma una buona parte della stampa straniera, anche quella seria: è solo un primo passo. Stalin, lui stesso, ha detto che per arrivare a questo risultato ci vorranno tre piani quinquennali e forse più: la meta prefissa per il 1950 è di arrivare a 25,4 milioni di tonnellate. Il piano prevede, è vero, un certo aumento anche dell'industria leggera, della produzione di articoli di largo consumo, dalla cui produzione, in ultima analisi, dipende l'elevazione del livello di vita, per la verità assai basso, della popolazione russa: ma si tratta di ben poca cosa; le percentuali di aumento, soprattutto le cifre globali della produzione prevista, possono sembrare enormi, ma quando esse vengono divise per capita, date le cifre della popolazione russa, si vede facilmente che si tratta sempre della linea tradizionale staliniana: si deve cominciare collo sviluppare l'industria pesante la quale, una volta raggiunte le proporzioni volute, darà nella quantità necessaria le macchine che a loro volta dovranno produrre in gran copia i beni di consumo.

È questo piano un piano militare? Sì e no: evidentemente il complesso dei precedenti piani quinquennali prevedeva uno sviluppo dell'industria pesante sovietica, diretto a raggiungere se non la parità, un dislivello non pericoloso contro il presunto avversario di allora: la Germania. Sia pure attraverso la politica di Rapallo, i dirigenti sovietici sono sempre partiti dall'assioma che l'aggressione alla Russia sarebbe stata fatta dalla Germania. Tutta la loro politica estera dal 1918 in poi è stata diretta allo scopo di ritardare al massimo possibile il momento dell'aggressione, guadagnar tempo appunto per potere creare la propria industria ed evitare che al momento della guerra la Germania agisse non isolatamente, ma come il pugno ferrato del mondo capitalista, se non coalizzato dietro la Germania, almeno benevolmente disposto verso la sua azione. Oggi, evidentemente, l'avversario sono gli Stati Uniti: il ragionamento russo è semplice, ma anche realistico: la produzione russa di acciaio è di 19 milioni di tonnellate all'anno: quella americana di 96 milioni di tonnellate: la guerra moderna essendo una guerra di produzione, in queste condizioni il suo esito finale non può essere dubbio: il giorno in cui la Russia abbia raggiunto la produzione di 50 milioni di tonnellate, il margine di svantaggio sarà ridotto a termini più ragionevoli. Sotto questo punto di vista quindi il piano ha delle caratteristiche militari: d'altra parte però tutti i dati pubblicati -e le informazioni che possono completarli -stanno a dimostrare che in Russia la riconversione della produzione bellica alla produzione di pace dell'industria sta andando avanti, sia pure in mezzo a difficoltà non piccole, con un ritmo non minore di quello degli altri Paesi: che la produzione russa è, oggi, definitivamente orientata verso produzioni non belliche. Si può dire quindi che con questo complesso di piani la Russia intende darsi una industria pesante potente, non più destinata a scopi bellici immediati di quello che non sia l'industria pesante americana, ma che il giorno in cui ce ne fosse bisogno, possa diventare la base per una produzione bellica sufficiente.

Se non che in Russia come in qualsiasi Paese capitalistico lo sviluppo industriale importa investimento di capitale: questo investimento di capitale, qualora non sia fatto a mezzo di prestiti esteri, deve venire dai risparmi del Paese, ossia da quella parte del reddito nazionale che viene sottratto alla soddisfazione dei bisogni della giornata. Quando si dice che per portare a termine il complesso prebellico dei piani quinquennali lo standard di vita della popolazione sovietica è stato portato ai limiti della fame, si dice una cosa esatta. Ma non c'era altra alternativa: e si può dire, con eguale ragione, che solo un regime come quello sovietico poteva imporre alla popolazione un «risparmio» così radicale. Bisogna pure riconoscere che oggi anche i meno favorevoli al regime, qui in Russia, riconoscono che, senza questo sforzo sovrumano, non si sarebbe riusciti a realizzare il programma di industrializzazione, e che senza realizzazione di questo programma non si sarebbe vinta la guerra: cosa di cui tutti i russi sono fierissimi.

A guerra finita il problema per i governanti sovietici si è posto esattamente negli stessi termini che nel 1928. Per continuare nella politica di industrializzazione ad oltranza bisognava continuare ad investire capitali immensi: per investire questi capitali immensi bisognava imporre risparmi, all'osso, alla popolazione, quindi continuare a tenere bassissimo lo standard di vita. Bisogna dire, onestamente, che prima di adattarsi al fatto che non c'era altra soluzione i dirigenti sovietici hanno studiato le altre due alternative, ossia l'intervento di capitale straniero sotto le due forme di prestiti e di riparazioni: e anche oggi, pur credendoci poco, non vi hanno rinunciato del tutto. Se questo sia dovuto ad una concezione umanitaria o alla sensazione che potrebbe essere difficile continuare ad imporre alla popolazione un livello bassissimo di vita, non lo saprei dire. Mi limito a constatare il fatto; e l'elemento incertezza di questo desiderio o questa speranza ha portato le sue conseguenze in tutta la impostazione del piano.

Un gran prestito americano, per molto tempo, è stato considerato qui come una realtà possibile. Ci si è resi conto che l'America non era molto propensa a dare i suoi soldi senza contropartita: che l'idea americana era che, in cambio del prestito, la Russia avrebbe dovuto riconoscere il «leadership» americano: ma si riteneva qui che la fine della guerra avrebbe portato in America una gravissima crisi di disoccupazione e che, in conseguenza di questa crisi, l'America sarebbe stata essa stessa, quasi, a supplicare l'U.R.S.S. di prendere un grosso prestito, per assicurarsi un forte mercato di sbocco. Su questo punto i russi si sono sbagliati: essi ritengono però di essersi sbagliati solo temporaneamente: aspettano e sperano da un giorno all'altro l'inizio della crisi americana: ma comunque il fatto è che il prestito americano non accenna a vemre.

L'altra alternativa erano le riparazioni: nella loro doppia forma, bottino di

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guerra e nparazwm vere e propne.

È noto che i russi hanno dato al bottino di guerra una interpretazione assai estensiva: per loro tutto quello di cui si serviva l'esercito tedesco, anche le industrie, era bottino di guerra. Quindi, appena entrati in Germania -ed anche in Manciuria ed in Corea -hanno portato via senza misericordia tutto quello che era direttamente od indirettamente connesso coll'industria di guerra. Secondo le speranze sovietiche questi impianti industriali, trasportati in Russia, avrebbero dovuto costituire una parte importante del programma di ricostruzione e di sviluppo previsto dal piano 1945-1950. Anche qui la delusione è stata grossa. Assistiamo oggi ad un coperto palleggiamento di reponsabilità: c'è chi accusa le autorità militari che nell'entusiasmo del combattimento hanno distrutto o permesso la distruzione, la deteriorizzazione di impianti che avrebbero dovuto servire allo sviluppo della Russia (si fa qui anzi a questo proposito una differenza fra la condotta di guerra dei marescialli Zhukov e Koniev riconoscendo che quest'ultimo ha tenuto debito conto degli interessi russi in proposito), c'è chi accusa invece le autorità incaricate dello sgombero, c'è infine chi getta tutta la colpa sulle deficienze del sistema sovietico di trasporti. Forse tutti e tre sono parimenti responsabili: il fatto è che queste fabbriche tedesche o giapponesi, all'atto pratico si sono dimostrate inservibili, sono giunte qui come pezzi isolati e adoperabili solo come tali: si può dire che non una sola fabbrica, in blocco, è giunta ed è stata messa in opera, in Russia: il risultato di tutto questo trasporto è stato soltanto una colossale distruzione.

Quanto alle riparazioni propriamente dette, è noto che la Russia sostiene che a Yalta le sono stati promessi dieci miliardi di dollari di riparazioni dalla Germania: gli americani lo negano, gli inglesi· pure, sebbene con meno vigore: comunque tutti e due si rifiutano di accettare la definizione russa del bottino di guerra. È ancora quindi dubbio se la Russia avrà delle riparazioni dalla Germania, oltre quello che essa cerca di prendersi dalla sua zona, ed in che misura: ancora più aleatorie sembrano le riparazioni del Giappone. Resta, quindi, di sicuro solo il miliardo di dollari provento delle riparazioni dei nemici minori, fra cui l'Italia.

Tutti questi elementi di incertezza gravano assai sul piano: è intuitivo che è difficile un piano su cui gravino delle incognite di questa portata.

A tutto questo si deve aggiungere un altro elemento di difficile apprezzamento: il piano 1945-50 è basato all'incirca per il 36'% su di un aumento della produttività del lavoro russo, produttività che è assai bassa, anche se si prendessero, come livello, i cosidetti stakhanovisti. Ora costruire una fabbrica, è, teoricamente almeno, sempre possibile: far lavorare più e meglio delle masse, qui entriamo in un elemento umano, in cui la teoria si urta contro gli imponderabili: tanto più che in Russia, come altrove, del resto, la stanchezza della guerra porta un rilassamento generale della volontà di lavorare.

Il Governo sovietico si rende perfettamente conto che la produttività dell'operaio sovietico è ancora molto bassa: non solo relativamente, ma anche assolutamente: l'aumento della produttività è considerato invece come un elemento cardinale: anche recentemente Stalin ha ripetuto che «la superiorità del regime socialista sul regime capitalista non sarà definitivamente assicurata fino a che la produttività dell'operaio socialista non sarà superiore a quella dell'operaio capitalista»: né si può dire nemmeno che si lesinino gli sforzi di vario genere: istruzione professionale, competizione socialista, lavoro a cottimo, premi, ecc.: un insieme di stimoli morali e materiali: fin qui i risultati sono stati non grandi: recentemente la riunione del partito a Leningrado, la città dove senza dubbio l'elemento operaio anche dal punto di vista qualitativo è il più avanzato, ha apertamente riconosciuto che la produttività media dell'operaio è inferiore a quello che era prima della guerra.

Tutti questi elementi, messi insieme, avevano già creato l'impressione che il piano fosse «nato male». L'ambasciata a Mosca sta già preparando una serie di rapporti per studiare il piano e la sua esecuzione nei vari suoi dettagli: in linea generale però si può dire che nel campo industriale, e specialmente per quello che riguarda l'industria leggera, il piano è stato più o meno compiuto: dico più o meno perché i russi -~ non solo ad uso esterno ma anche ad uso interno ~calcolano l'adempimento del piano in rubli, ed è abbastanza difficile stabilire quali siano i risultati esatti dato il valore più che problematico del rublo: ma in complesso si dovrebbe ritenere che le cose sono andate abbastanza according to pian. La stampa sovietica quando le cose vanno male seriamente in qualche settore, lo dice chiaramente: apre generalmente una campagna serrata per rimediare al mal fatto: del resto i piani industriali per il 1946 erano stati tenuti entro limiti prudenziali. Il punto invece dove è andato tutto a catafascio è il settore agricolo.

Sarebbe inutile fare, in questo campo, delle speculazioni di carattere politico: c'è stato un raccolto disastroso per ragioni prevalentemente naturali. Nell'Ucraina una siccità senza precedenti: nell'Alto Volga e nella Siberia invece stagione eccezionalmente piovosa e freddi precoci. Che il difettoso funzionamento dell'economia agricola vi abbia avuta anche la sua parte non lo nego: sono ormai tre anni che per varie ragioni~ scarsezza di mano d'opera, deficienze nel settore macchine, forse anche deficienze nell'organizzazione amministrativa --si ripete con monotona regolarità lo stesso fenomeno: una parte considerevole, talvolta fino al 30'Yc, del raccolto vanno perduti. Ma si tratta di un fenomeno che può avere solo contribuito a peggiorare le cose: le cause principali del raccolto cattivo sono state, lo ripeto, metereologiche: risultato, uno dei raccolti più cattivi che la storia della Russia ricordi.

Le conseguenze di questo raccolto sono indubbiamente gravi: si parla già di fame: non fame nel senso figurato ma di fame nel senso reale della parola: già se ne manifestano i primi sintomi: esodo in massa dei contadini verso le città che si sa sono sempre meglio rifornite: si parla già, e molto apertamente, di un nuovo 1921 o di un nuovo 1934. Il comunicato del Governo si è riferito appunto al raccolto del 1921. È difficile fare delle previsioni: molto dipende dalle scorte che il Governo ha a sua disposizione; senza dubbio esso ne ha; ne aveva predisposto in previsione dell'aboliziane della carta del pane: il Governo sovietico ha poi delle larghe scorte di oro: può, se vuole, procedere ad acquisti, anche larghi, all'estero: in casi analoghi però non lo ha mai fatto.

Quello che generalmente è considerato più grave è che il raccolto è stato tanto cattivo da compromettere anche in certa misura il raccolto dell'anno successivo: le semine autunnali, le più importanti in Russia, sono andate perdute, per le stesse ragioni e nelle stesse regioni: tutto dipende adesso dalle nuove semine primaverili per cui si stanno preparando febbrilmente: l'andamento stagionale continua ad essere avverso; poca neve, e sbalzi inconsueti di temperatura. La mancanza di foraggio induce i contadini a procedere a macellazioni intensive: la carne è diventata ottimo mercato-relativamente: si calcola intanto che sia già andato perduto, per questo, un terzo del patrimonio zootecnico, come già molto aveva sofferto dalla guerra: ciò incide sulla concimazione delle terre, e sullo sviluppo del piano zootecnico. Ma con tutto questo è bene tener presente che il raccolto in Russia dipende ancora in massima parte dall'andamento stagionale. Come che sia, la situazione agricola ed alimentare è già sufficientemente cattiva ed essa non può non incidere sulla campagna dell'aumento della produttività del lavoro, campagna che è imperniata soprattutto su di una serie di possibili stimoli di carattere materiale e quindi anche su di una lunga disponibilità di prodotti alimentari.

Ormai qui si è rassegnati al fatto che, nel suo complesso, il piano è andato male nel 1946, andrà male anche nel 1947 e si sta studiando già il modo di riprendere il perduto negli altri tre anni.

Come conseguenza di tutto questo una atmosfera generale di sfiducia, di pessimismo e di stanchezza, che si può rilevare anche attraverso la stessa stampa, per controllata che sia.

Il popolo russo è mortalmente stanco: lo sforzo dei piani quinquennali, prima, della guerra poi, lo hanno sfruttato ad un limite che nessun altro popolo sarebbe stato in grado di sopportare: tutti speravano che dopo la guerra le cose sarebbero andate meglio: non solo lo si sperava, ma lo si era anche esplicitamente promesso; invece ecco un nuovo piano, sempre di industria pesante, nuovi sacrifici, nuove privazioni: molti, i più si dicono, non finirà mai?

Questo stato d'animo ripeto c'è, ed è generalmente diffuso anche nelle sfere più vicine al Governo. Sarebbe però un errore farne delle induzioni di carattere politico: il regime è forte, fortissimo: nessuno è in grado di organizzare una rivolta, probabilmente nemmeno di pensarci: le forze necessarie per reprimere qualche piccola o grande sommossa possibile anche se improbabile, ci sono in abbondanza. L'unica cosa che il Governo può temere, e realmente teme, è non una rivolta attiva ma lasciarsi andare, un immenso sciopero bianco, o rilasciamento generale, di cui, tra l'altro, non mancano primi segni avvertitori.

Si hanno tutte le ragioni di ritenere che il Governo sovietico si sia reso conto di questo stato d'animo e cerchi di provvedere, almeno nella misura del minimo necessario. Da una parte la produzione dell'industria pesante è adesso indirizzata, prevalentemente, verso la produzione di macchine agricole: dall'altra una serie di provvedimenti sono stati presi per uno sviluppo dell'industria leggera e la produzione dei beni di consumo, e, non ultimo, dell'industria edilizia: particolare rilievo va dato in questo campo a tutti i provvedimenti presi per le cooperative che faranno oggetto di uno speciale rapporto.

Tutti questi provvedimenti, e l'enfasi che dà loro la stampa, sia per farne la reclame sia per stimolarne l'esecuzione, arrivano fino a dare l'impressione che il piano quinquennale abbia avuto per la strada una certa trasformazione, nel senso di maggiormente bilanciare il rapporto fra lo sviluppo dell'industria leggera e quella pesante. Sarebbe la prima volta, o quasi, che il Governo sovietico si rende conto che non si può tirare la corda al di là di un certo punto, e cerca di preoccuparsi del problema umano, non in termini di un lontano radioso futuro, ma in termini di presente.

Che questo scopo il Governo sovietico abbia avuto in mente con tutti questi provvedimenti, per me non è dubbio: quello che per me è più dubbio se si tratti di una politica definitiva, se cioè, in vista dello stato d'animo della popolazione, il Governo si sia deciso, non a rinunciare al suo piano di sviluppo dell'industria pesante, ma a rallentarne i tempi, a favore dell'industria leggera, oppure solo di un espediente temporaneo per far fronte ad una difficile situazione del momento. L'esperienza che abbiamo della perseveranza, o della testardaggine se preferiamo cosi chiamarla, di Stalin, mi farebbe piuttosto tendere verso la seconda ipotesi. L'altro elemento di dubbio è l'effettiva portata pratica di tutti questi provvedimenti: a questo riguardo bisogna aspettare i fatti: quello che intanto si può dire è che mentre in questo settore l'industria statale lavora in pieno e, complessivamente, pur tenendo conto della sua insufficienza, bene, molte riserve sono da farsi su quello che potranno dare le cooperative.

Politicamente, il fatto più importante è la convocazione del congresso del partito comunista annunciata nei prossimi mesi. Se non erro è dal 1938 o 1939 che non è stato più tenuto il congresso del partito: è quindi in sé un avvenimento importante: il partito comunista essendo la chiave di volta del regime il congresso del partito ha una importanza assai maggiore che non la riunione del Soviet Supremo. Tutti si attendono, naturalmente, grandi riforme, grandi novità.

Il congresso del partito essendo in realtà il congresso di Stalin, è difficile fare delle previsioni: delle varie voci che circolano, le uniche che mi sembrano degne di qualche fede sono:

l) una serie di provvedimenti tendenti a migliorare considerevolmente le condizioni materiali di tutto l'apparato medio: partito, impiegati, tecnici. Come è noto qui i grandi personaggi stanno benissimo: si tratterebbe di far fare uno sbalzo in avanti alla categoria immediatamente inferiore che sono poi quelli sulle cui spalle grava il peso di portare avanti la macchina statale e quella economica: questo mi sembra molto verosimile: è del resto nello stile del sistema staliniano di Governo.

2) Il cambio della moneta. È da tempo che qui si discute fra svalutazione e rivalutazione: si è fatto un po' tutte e due, con molte evidenti esitazioni. Ora si tratterebbe, se le voci che sono in circolazione sono esatte, di ripetere l'operazione del 1924: sostituire cioè l'attuale moneta, indubbiamente svalutata, con una nuova moneta, il cui corso si spererebbe di potere mantenere, anche internazionalmente: si tratterebbe in sostanza di una svalutazione del rublo, ma sotto altra forma.

Che a questo provvedimento un bel giorno si debba arrivare non ho dubbio. A parte ogni altra considerazione, per il prestigio russo non si può all'infinito ammettere che di fronte al dollaro esista un rublo che nessuno, anche nella zona d'influenza sovietica, accetta come avente un qualsiasi valore effettivo. Se poi la Russia ha intenzione di entrare a far parte della convenzione di Bretton Woods non potrebbe certo farlo con una moneta il cui valore ufficiale è di rubli 5.30 per un dollaro U.S.A. mentre il valore di mercato nero è di circa 100 per un dollaro. Dubito invece che questo sia il momento più adatto per una riforma di questo genere. La situazione finanziaria sovietica, specie in rapporto al piano quinquennale, presenta troppe incognite perché sia possibile rinunciare oggi, in principio, al facile rimedio della stampa dei biglietti di banca: d'altra parte per il prestigio delle finanze sovietiche nulla potrebbe essere peggio che di fare una riforma monetaria e poi di non potere mantenere la stabilizzazione della moneta. Come che sia anche qui vedremo.

Per il resto, tutto quello che è stato fatto negli ultimi sei mesi non è di natura tale da far prevedere un rilassamento dei principii sia sociali che economici e amministrativi che reggono questo Paese: piuttosto il contrario.

È inutile ripetere che qui tutte le decisioni di una qualche importanza sono prese da Stalin: questo elemento personale rende naturalmente difficile prevedere bruschi movimenti di indirizzo come ce ne sono stati nel passato: specie quelli fatti a scopo tattico non sono facilmente prevedibili. Con questa riserva è da notare che tutto quello che è stato fatto in questi ultimi mesi è stato di natura a togliere le illusioni che si erano andate diffondendo, di una politica diretta a lasciare, sia pure nel quadro dello Stato socialista. un campo un po' più largo alla iniziativa privata: c'è stata invece definitivamente una stretta di vite in senso contrario.

Come spesso accade questo nuovo indirizzo è stato accompagnato da uno spostamento dei valori individuali in sede al Polit-Bureau. Malenkov che, fino a pochi mesi addietro era considerato la stella ascendente, è improvvisamente passato in seconda linea e Zhdanov, da tutti ritenuto in discesa, è invece salito al primo posto. La distribuzione delle funzioni nel Polit-Bureau appare oggi come segue: Zhdanov ha preso il posto di Malenkov come numero due dopo Stalin, al posto di segretario del partito: è quindi lui che adesso ha, in sottordine a Stalin, in mano la macchina del partito. Come spesso accade però, questo cambiamento di persone è stato accompagnato da uno sdoppiamento di cariche. Malenkov era ad un tempo numero due del partito e capo dell'Orgbureau da cui dipendono tutte le nomine anche quelle relative a persone al di fuori del partito, a posti di una certa importanza. Questa funzione è stata affidata a Kuznetsov (non il Kuznetsov dei sindacati che non conta gran che, ma il Kuznetsov di Leningrado, relativamente un uomo nuovo). Si considera in ascendenza, con funzioni non ancora ben definite, Patolicev, uscito da pochi mesi dall'oscurità più completa. Beria si è sempre più svincolato dal ministero degli Interni e dalla Polizia e sta concentrando in sue mani tutto quello che concerne l'industria; sta, in questo campo, prendendosi quel poco che restava a Molotov che resta sempre più circoscritto alla politica estera: perde quindi, entro certi limiti, di importanza nella politica interna. Gli altri membri del Polit-Bureau contano poco o niente per ora. Va tenuto presente però che, quando si parla dell'importanza di questo o di quel membro, non si deve dimenticare che il Polit-Bureau è composto oggi di tutta gente la quale non ha un peso personale: sono importanti perché Stalin dà loro una importanza e fintanto che Stalin vuole continuare a dargliela: privati della sua fiducia tornano automaticamente ad essere dei nulla.

Zhdanov ha cominciato la sua attività con l'attacco agli intellettuali, accusati in massima di essersi, almeno alcuni dei loro esponenti, lasciati distrarre dal compito degli intellettuali in regime comunista, che è quello di contribuire all'educazione delle masse, secondo le direttive del Governo e del partito. Occorre subito dire che non c'è poi stato in questo nulla di grave: nessuno è stato arrestato, nessuno è stato fucilato: nemmeno i due prinicpali indiziati, Zoshenko e la Akhmatova: stanno tutti benissimo e continuano a scrivere, naturalmente secondo i nuovi indirizzi: si è trattato soltanto di un quos ego per ricordare agli intellettuali che la situazione di indiscusso privilegio che è loro concessa, non è data perché facciano quello che vogliono. Son pagati, e pagati bene, ma debbono servire.

La seconda campagna è stata diretta contro gli «abusi» nei colcos. Non si trattava soltanto di abusi, nel senso di malversazioni, che pure ci sono stati, come un po' dappertutto. Come è noto i membri dei colcos hanno un piccolo settore individuale, contrapposto al settore collettivo. Durante la guerra, un po' per il fatto naturale dei prezzi astronomicamente alti nel mercato nero, un po' perché si chiudevano gli occhi, molto è stato fatto per allargare il settore individuale a scapito del settore collettivo: una buona stretta di freni e tutto è rientrato nell'ortodossia. Anche qui, arresti, fucilazioni, sono stati tenuti entro limiti assai ristretti, nella maggior parte dei casi ci si è limitati alla perdita del posto di presidente del colcos.

Parimenti nell'industria, la campagna contro le malversazioni, il rafforzamento del controllo finanziario hanno portato a forti restrizioni di quella specie di autonomia che, molto per effetto delle circostanze della guerra, avevano finito per acquistare le più importanti industrie ed i loro dirigenti. Lo Stato ed il partito mostrano chiaramente di voler riprendere saldamente in mano il controllo di tutto.

Come ella vede, in sé niente di particolarmente grave: non una nuova ondata di terrore-come è stato detto all'estero-anzi il movimento di liberazione della gente dai campi di concentramento, specie per quello che riguarda i controrivoluzionari, mostra qualche tendenza, sia pure leggera, ad accentuarsi: neppure è esatto che ci sia un allontanarsi dalla tendenza nazional-storico-patriottica che tanto sviluppo ha avuto durante la guerra: anzi per questa via si marcia più di prima, se è possibile. Soltanto una serie di provvedimenti il cui significato è uno solo: nulla è cambiato: l'U.R.S.S. resta uno Stato integralmente socialista sulla via del comumsmo.

Ciò nonostante, tutto questo è stato un colpo grave per l'opinione pubblica russa: come ho detto varie volte, tuttoi speravano vagamente che a guerra finita molte cose sarebbero cambiate, che si sarebbe stati meglio, che la gente sarebbe stata anche solo un poco lasciata in pace: tutto questo molto vago, niente di preciso poco al di là della risoluzione per il singolo degli assillanti problemi quotidiani. La reazione, quindi, una reazione di stanchezza e di sfiducia è stata forte anche se del tutto passiva. e non credo che Zhdanov vi abbia molto guadagnato, personalmente, in popolarità.

Quanto alla salute di Stalin, tutte le voci che corrono all'estero non hanno, secondo me, nessuna base. È certo che anche lui morrà un giorno: per ora però non mi sembra ci sia nessuna ragione seria di ritenere che stia peggio di quello che può stare normalmente un uomo di sessantasei anni.

Riassumendo: sarebbe inutile negare che la Russia si trova oggi in crisi grave: ma questa crisi è economica, non politica ed è essenzialmente, oggi almeno, una crisi provocata da un raccolto disastroso. Oltre alle sofferenze che questo raccolto disastroso provoca per la popolazione, è intuitivo che, il piano essendo ad un tempo piano industriale e piano agricolo, il mancato raccolto del 1946 non potrebbe non concorrere a disorganizzare il piano.

Non è del resto la prima volta che i piani quinquennali russi soffrono delle crisi, anche assai gravi: quando la crisi è alle porte il Governo interviene alla russa: puntella qui, lascia andare là: stringe i freni stringe i denti e fa stringere la cintola alla popolazione: là dove è necessario si cede, si transige, si adatta, ma l'idea fondamentale resta.

Per la fame, se fame vera ci sarà, come tutti prevedono, e nella misura in cui ci sarà, il Governo sovietico adotterà il sistema classico di tutti i Governi asiatici, isolare l'area della fame e lasciare che le popolazioni si sbroglino come possono: può essere che il Governo sia costretto a fare qua e là delle concessioni, ma saranno concessioni tattiche; la struttura fondamentale del regime e gli scopi suoi fondamentali restano gli stessi. Stalin ~ed è questo un elemento che non bisogna mai dimenticare ~crede ostinatamente alle sue teorie, alle sue idee: e non ci sarà forza al mondo che lo farà deviare; quindi nessun cambiamento strutturale dello Stato sovietico è da attendersi.

E un'altra cosa è bene tenere presente, se non si vuole cadere nell'errore provocato dalle difficoltà degli altri piani quinquennali: il programma che è alla base del piano, sarà realizzato; sarà magari realizzato in dieci anni invece di cinque, sarà realizzato in mezzo a difficoltà, confusione, contraddizioni, costerà forse alla popolazione sovietica lunghi anni ancora di privazioni gravi, ma alla fine dei conti, questo nuovo balzo in avanti dell'industrializzazione russa sarà anche esso un fatto compiuto.

C'è un solo fattore che può forse, un giorno, cambiare il corso dello sviluppo dello Stato russo; e questo fattore è la morte di Stalin; finché lui è in vita, e finché è in vita, sarà lui a reggere il timone dello Stato, la Russia andrà avanti sulle linee da lui tracciate.

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IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 280/178. Praga, 6 febbraio 1947 (per. il 14).

Il presidente Benes, nel corso di un'intervista che ha recentemente accordato al pubblicista italiano prof. Bonaventura Tecchi, ha apertamente riconosciuto l'acuto bisogno di mano d'opera che risente la Cecoslovacchia e ha dimostrato il suo interessamento per l'assunzione di lavoratori italiani. Pochi giorni dopo, durante un pranzo che offriva al corpo diplomatico, egli, nell'intrattenersi con me, è subito ritornato sull'argomento, pur nell'ambiente poco adatto del ricevimento, e, a una mia allusione sulla complessità del problema, mi ha invitato ad andare da lui nel suo ufficio per parlare con più comodo. Senza che dovessi ricordare il suo desiderio, sono stato, il giorno dopo, avvertito che il presidente mi attendeva il 4 corrente alle ore 12.

Come a V.E. è stato costantemente riferito da questa legazione, l'insieme dei problemi che interessano oggi Italia e Cecoslovacchia e che, allo stato attuale delle cose, non sembrano poter giungere alla rapida soluzione auspicata dai due Governi, soprattutto in causa della scarsa disposizione di quello cecoslovacco ad accogliere le nostre richieste, si riassume schematicamente come verrò dicendo. Il Governo cecoslovacco desidera vivamente, costretto com'è dalla insufficienza di mano d'opera, specie in rapporto con le esigenze del piano biennale, di arruolare operai italiani in quantità che va da un minimo di 3-5 mila, a cifre massime, di cui viene frequentemente e anche autorevolmente parlato, di 100-200 mila (secondo le dichiarazioni ufficiali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il fabbisogno di operai è ora di 590 mila unità). Il Governo italiano si è sempre mostrato disposto ad inviare operai in Cecoslovacchia. Ma il Governo cecoslovacco ha unilateralmente denunciato, or è un anno, il trattato di commercio e navigazione del 1921 (che comprende anche la convenzione di stabilimento e consolare) ed i protocolli addizionali, sicché gli scambi commerciali tra i due Paesi avvengono ora soltanto per mezzo di singole compensazioni private, ciascuna delle quali richiede lunghe trattative per le autorizzazioni necessarie, e i cittadini cecoslovacchi in Italia, come gli italiani in Cecoslovacchia, non hanno uno status. Ed ora il Governo cecoslovacco non mostra nessuna premura e nemmeno il sincero desiderio di addivenire ad uno scambio di note desiderato da noi e che, recando la clausola della Nazione più favorita, potrebbe costituire una tutela degli interessi dei singoli, nell'attesa che vengano studiati e concordati nuovi strumenti destinati a sostituire quelli denunciati. Altrettanto dicasi -e non si tratta certo della questione meno importante -delle trattative desiderate dal Governo italiano per giungere alla conclusione di un nuovo trattato di commercio che si dimostra urgentemente necessario anche per evitare che vengano sottratte, per servire alle rimesse dei risparmi degli operai, le contropartite della nostra esportazione tradizionale in questo Paese.

È inoltre sul tappeto la questione della liberazione dei beni italiani ingiustamente confiscati o nazionalizzati, per i quali il Governo cecoslovacco ci ha verbalmente promesso un trattamento uguale (abolizione delle confisca o equi indennizzi) a quello fatto ai beni appartenenti a cittadini svizzeri, britannici e degli Stati Uniti d'America; ma la Cecoslovacchia non sembra decisa a rinunciare a valersi dello articolo 69 del trattato di pace, in base al quale i beni italiani in questo Paese possono essere confiscati in pagamento non solo di riparazioni di guerra (che questo Governo in realtà rinunciò a presentare a Parigi), ma anche per il pagamento di ogni eventuale credito vantato nei nostri riguardi. Ciò potrebbe svuotare di ogni contenuto un'eventuale conclusione di accordi.

L'occasione di parlare con il capo dello Stato mi è sembrata propizia per riassumere con lui (o per chiarirgli, qualora mi fosse sembrato opportuno) tutto questo insieme di questioni. Ho trovato il presidente in una disposizione di spirito che direi, più che cordiale, premurosa di appianare ogni difficoltà, sia in vista dell'interesse immediato del suo Paese di ottenere la nostra mano d'opera, sia per considerazioni di più ampia portata circa l'utilità per Italia e Cecoslovacchia di far nuovamente luogo alla tradizionale bontà dei rapporti.

In un primo tempo l'ho, in certo modo, allettato a studiare la possibilità di far venire in Cecoslovacchia, secondo un progetto che a titolo unicamente personale gli ho voluto esporre, una quantità di operai sufficiente a sollevare il suo Governo da molte delle preoccupazioni inerenti alla realizzazione del piano biennale, ottenendo nel contempo un sensibile aumento della produzione nazionale specie nell'agricoltura.

Benes ha mostrato vivo interesse per la mia esposizione, ripetutamente dichiarando di apprezzarla e di volerla studiare e, offrendo un esempio di sincerità e di larghezza di vedute che basterebbe a distinguerlo da tutti gli altri uomini di Stato di questo Paese, è arrivato a convenire con me che la situazione economica della Cecoslovacchia attraversa, come purtroppo avviene quasi ovunque, un momento critico e che, in ispecie, il reddito delle terre è così fortemente compresso da abbassare il livello di vita della popolazione rurale.

La conversazione si è svolta su di un tono così spassionato ed obbiettivo che ho chiesto allora al presidente il permesso di riassumere, nei brevi termini sopra esposti, lo stato attuale dei rapporti tra i nostri Paesi. E in questo riassunto ho elencato in cinque punti, che ho brevemente illustrato, ciò che, a mio avviso, sarebbe indispensabile venisse prontamente fatto e cioè:

l) Stabilire da parte delle autorità, e specie di quelle periferiche, un clima più amichevole ponendo fine a una serie di soprusi a danno di nostri connazionali, anche di modesta entità ma che dimostrano un sistematico indirizzo a noi contrario (espulsioni, rifiuti ingiustificati di visti specie a chi deve difendere i propri interessi, requisizioni e sfratti illegittimi, ecc. ecc.).

2) Addivenire a un trattato di stabilimento. 3) Concludere un trattato di commercio, anche allo scopo di determinare i corrispettivi delle nostre importazioni che debbono restare assicurate nonostante l'invio di mano d'opera e all'infuori di esso. 4) Sollecitare e concludere le trattative per la restituzione o l'indennizzo di beni nazionalizzati o ingiustamente confiscati convenendo particolari clausole circa la definizione del collaborazionismo che altri Paesi, a cui siamo stati «parificati», non richiedono sol perché non li interessano.

5) Rinunciare ad avvalersi dell'art. 69 del trattato di pace per eventuali crediti che potessero essere vantati dalla Cecoslovacchia. senza di che l'accordo di cui al punto 4 potrebbe sempre esser messo praticamente nel nulla.

Su ciascuno dei suddetti punti il presidente ha discusso e si è informato prendendo numerosi appunti. Di tutti egli ha detto che gli «sembravano rispondere a ragionevoli esigenze». Si è dimostrato fin d'ora d'accordo sui punti l, 2, 3. Sul punto numero 4 ha francamente riconosciuto che queste trattative, tanto con noi quanto con gli altri Paesi, si trascinano da troppo tempo e ha dimostrato di apprezzare le particolari nostre esigenze che derivano dalla particolare nostra situazione. Sul punto numero 5, ha dichiarato che la richiesta rinuncia meritava un attento esame, ma che egli comprendeva perfettamente come essa acquistasse per noi il valore d'una necessaria premessa allo studio e alla soluzione del punto 4.

Alla fine Benes mi ha nettamente e spontaneamente dichiarato che egli riteneva che da tutte le cinque questioni debba essere sbarazzato il tavolo sul quale si voglia studiare e concludere qualsiasi seria intesa per il vantaggio dell'economia dei due Paesi e delle loro relazioni in ogni campo: in ispecie un più vasto accordo per la mano d'opera. Non mi ha escluso che difficoltà possano sorgere in seno al suo Governo, nella discussione dei diversi punti c particolarmente del quinto circa l'art. 69 del trattato di pace, ma mi ha formalmente promesso di sollecitarne l'esame e la definizione, !asciandomi intendere che a tale scopo avrebbe fatto sentire il peso della sua autorità.

E ho avuto la riprova della serietà delle sue intenzioni quando, il mattino dopo, Masaryk, che si appresta a ripartire per Parigi, mi ha ricevuto comunicandomi che, nello stesso pomeriggio del giorno 4, il presidente lo aveva telefonicamente intrattenuto sulla conversazione avuta con me poche ore prima e l'aveva convocato per l'indomani per discutere dei vari argomenti trattati.

Del restante del mio lungo colloquio col presidente Benes che si è aggirato sulla situazione politica mondiale, sulla posizione dell'Italia e sulla politica interna cecoslovacca, riferisco in separato rapporto I_

29

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1703/57. Vienna, 7 febbraio 1947, ore 15,30 (per. ore 7 del1'8).

A telegramma n. 1928/c. del 5 corrente I_ Questo Ministero affari esteri, dopo aver conferito telefonicamente con ministro Gruber, mi ha comunicato che nelle dichiarazioni a stampa, da me riferite con

29 1 Vedi D. 14, nota l.

telegramma 50 2 , ministro Gru ber, dopo aver detto riferendosi a questione Carinzia ed Alto Adige che non si può rinunziare a diritto autodecisione, ha aggiunto che per quanto riguarda Alto Adige, dopo accordo De Gasperi-Gruber. tutto dipenderà da trattamento che il Governo italiano riserberà minoranza allogena quella regione.

Da citate dichiarazioni sembrami poter dedurre che Gruber insista chiedendo subordinatamente ad eventuale mancata esecuzione accordo De Gasperi-Gruber da parte italiana riaffermazione diritto autodecisione Alto Adige.

A prescindere da nostra tesi, sulla quale del resto converrebbe insistere e che occorrerebbe chiarire con Governi alleati ed austriaco, tesi che accordo De GasperiGruber intercorre solo tra l'Italia e l'Austria ed esclude possibilità intervento terze Potenze, sembrerebbemi pericolosa inclusione detto accordo in trattato di pace per l'Austria senza che venisse esplicitamente sancita rinunzia Austria a rivendicazione Alto Adige, tanto più che in una mozione del l o ottobre e cioè dopo conclusione accordo De Gasperi-Gruber Commissione affari esteri questo Parlamento ha solennemente dichiarato Austria non poter rinunziare a diritti inalienabili dello Stato austriaco in Alto Adige (vedi telegramma n. 399 del 2 ottobre) 3 .

28 1 Vedi D. 34.

30

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SFORZA

T. 1721/102 1 . Washington, 7 febbraio 1947, ore 21,36 (per. ore 10,50 dell'B).

Mio telegramma n. 87 2 .

Ho oggi appreso in via confidenziale che tanto inglesi quanto francesi avrebbero espresso al Dipartimento di Stato loro punti di vista nettamente contrari all'inclusione di un rappresentante italiano nella Commissione incaricata del sopralluogo nelle nostre colonie in quanto inconciliabile con articolo 23 trattato di pace. Inglesi avrebbero anche insistito su loro previsioni di analoghe immediate richieste da parte alcuni Dominions, Egitto, Etiopia ecc.

Mi risulta del pari che in seguito detti passi ha testè avuto luogo riunione esperti Dipartimento di Stato la quale ha riconosciuto che tale è infatti lo spirito trattato di pace.

Per quanto riguarda americani potrebbe rimanere aperta possibilità cooperazione nostri esperti già segnalata telegramma citato. Beninteso che ove Dipartimento di Stato si impegnasse al riguardo occorrerebbe sempre consenso Quattro 3 .

3 Jhid., D. 366 nota l.

2 Vedi D. IO.

3 Riferendosi a tali conversazioni Tarchiani aggiungeva (T. 17721104 dell"8 febbraio) che si era parlato anche della competenza dei Supplenti per le questioni connesse con il sopralluogo nelle colonie e dell"eventuale conferma di Ben Cohen nell'incarico di supplente per le questioni coloniali.

Sarei grato telegrafarmi quanto possa risultarci circa atteggiamento U.R.S.S. Gradirei anche istruzioni su nostra convenienza ad insistere per una siffatta soluzione subordinata anziché continuare a premere per il momento, per motivi di opportunità politica di cui mi rendo ben conto, per la prima soluzione che non ha purtroppo possibilità di accoglimento 4•

29 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 735.

30 1 Trasmesso con T. 2241/c. del IO febbraio a Londra, Mosca c Parigi.

31

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 1695/124. Londra, 7 febbraio 1947, ore 22,1B (per. ore 7 dell'B).

Mio telegramma 121 1 .

Couve de Murville di ritorno da Parigi mi ha detto ieri che notizia secondo la quale incaricato d'affari a Parigi sarebbe stato da noi designato per la firma del trattato pace era stata divulgata dalla stampa.

Richiesta del Quai d'Orsay perché venga comunicata con ventiquattro ore di anticipo nostra dichiarazione che dovesse accompagnare la firma era dovuta alla necessità predisporre traduzione dato che vigilia giorno stabilito per tale atto cade di domenica. A questo proposito Foreign Office mi ha informato stamane di aver telegrafato a Parigi per esprimere parere che nessun discorso dovesse aver luogo in quella occasione. La qual cosa non escluderebbe di per sé nostro breve statement che nessuno -sempre secondo Foreign Office -ci potrebbe impedire di fare.

32

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1696/126. Londra, 7 febbraio 1947, ore 22,15 (per. ore 7 dell'B).

Mio 103 1 .

Circa nostra domanda essere ascoltati su pace Germania Couve mi ha confermato che, dietro sua proposta e con ancora riservata approvazione delegato russo, i quattro supplenti sarebbero del parere che consultazione Italia esuli dal preciso mandato affidato loro dai quattro ministri il quale limita in questa fase le consul

tazioni ai Paesi alleati che hanno combattuto contro la Germania o che sono con essa confinanti. Non appena Gusev manifesterà suo definitivo accordo, il che si attende oggi o domani, supplenti passeranno nostra richiesta al Consiglio dei ministri esteri perché decida in qual momento e sede nostra richiesta debba essere accolta. In linea di principio vi è generale accordo circa nostro diritto a intervenire 2 .

30 4 Con T. 3269/124 del 27 febbraio, Fransoni comunicò: «Ambasciata Parigi in data 21 corrente [vedi D. 94] ha comunicato che meriterebbe conferma notizia di cui suo telegramma 102 essendo stessa in contrasto con ripetute assicurazioni Quai d'Orsay di appoggiare nostra richiesta partecipazione nota Commissione inchiesta colonie». Per il seguito vedi DD. 64 e 126.

31 1 Vedi D. 25.

32 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 729.

33

L'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1700-1811/56-57. Mosca, 7 febbraio 1947, ore 22,26 (per. ore 7 dell'8) 1•

Ho parlato a Vyshinsky nostro desiderio essere consultati per trattato pace con Germania.

Mi ha confermato che questione è stata deferita dai supplenti ad esame Consiglio quattro ministri ma non ha voluto esprimere avviso nemmeno personale in proposito.

Gli ho fatto presente valore soprattutto morale nostra richiesta: opinione pubblica italiana già risentita per fatto che nostro trattato pace sembra ignorare sforzi esercito e popolo italiano nella guerra contro la Germania risentirebbe profondamente nostra esclusione da pace tedesca. Pur mostrando rendersi conto mie argomentazioni Vyshinsky è stato estremamente evasivo.

A mia impressione russi, e~sendo convinti che qualora chiamati discutere trattato tedesco in tutte le questioni più importanti noi voteremo per le tesi americane, hanno tutto interesse escluderci da partecipazione conferenza.

Opinione generale -che condivido -è che molto difficilmente nel corso prossima Conferenza Mosca questioni tedesche faranno tali passi avanti da poter prevedere, anche a semplice scopo consultivo, suo allargamento ad altri Stati interessati previsti in precedenti decisioni. Nonostante ogni affermazione in contrario, la politica dei Quattro sembra fermamente decisa procedere nel caso della Germania come si è fatto per noi: ossia preparare trattato fra i Quattro e poi convocare pro forma conferenza generale del tipo di quella di Parigi. Nel qual caso abbiamo qualche probabilità esservi ammessi come Albania, Iraq sono stati ammessi alla nostra, ma non di più.

Dato che in ultima analisi per conferenza generale si tratterà fare computo dei voti, ritengo che ai fini nostra ammissione sia pure parziale conferenza piuttosto che far valere nostri diritti a parteciparvi sarebbe utile che facessimo conoscere con

i mezzi che sono a nostra disposizione quali sono idee e intenzioni Governo italiano circa problema tedesco. È soltanto infatti quando si saprà quali sono intenzioni Italia che questo o quello dei Quattro potrà essere interessato sostenere nostra inclusione lista interessati. Altrimenti si troveranno tutti facilmente d'accordo nel )asciarci fuori 2•

Con riferimento telegramma 1928/c. ', Vyshinsky mi ha detto come sua opinione personale che trattato con Austria non essendo trattato di pace ma solo atto riconoscimento nuovo Stato austriaco non vede per quale ragione noto protocollo 4 dovrebbe esserne parte integrale. Mi ha aggiunto che, come sapevamo, Governo sovietico era stato anche contrario inclusione protocollo nel nostro trattato di pace poiché non approvava alcuni principi che erano a base accordo stesso e direttive politiche che esso poteva delineare e non si sentiva quindi di potere con sua firma convalidarlo.

Era stato poi costretto di fronte insistenza altri tre ammetterne inclusione sia pure non nella forma originale. Ha aggiunto però che questione non essendo ancora stata esaminata da Governo sovietico sua risposta non era impegnativa.

Dati precedenti ritengo che opinione Vyshinsky sia realmente opinione Governo sovietico ma che trattandosi questione che esso considera importanza secondaria finirà per adattarsi opinione altre Potenze interessate.

Circa suo telegramma 2041 5 mi ha assicurato che Governo sovietico avrebbe provveduto nel senso da noi desiderato.

32 2 Con T. 2199/168 del 15 febbraio Carandini informava che i delegati supplenti avevano deciso di deferire la questione della partecipazione italiana ai lavori del trattato di pace con la Germania al giudizio del Consiglio dei ministri degli esteri.

33 1 La seconda parte del presente telegramma fu spedita alle ore 20,57 del1'8 febbraio e giunse il giorno successivo alle ore 9.

34

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 281/179. Praga, 7 febbraio 1947 (per. il 14).

Con mio separato rapporto in data di ieri (n. 280/178) 1 , ho riferito in merito alla prima parte del mio colloquio del 4 febbraio con il presidente Benes nel quale si è trattato dello stato attuale dei nostri rapporti e dei più urgenti nostri problemi che attendono una soluzione.

Esauriti quegli argomenti, il presidente mi ha espresso il desiderio di chiedermi qualche informazione e quindi mi ha sottoposto a un fuoco di fila di domande con

1 Vedi D. 14. nota l.

" Allude al protocollo contenente l'accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 .

.i T. 2041/c. del 6 febbraio. diretto a Londra, Mosca. Parigi e Washington, relativo alle incsattezze riscontrate dal Governo italiano nella traduzione francese dell'accordo De Gasperi-Grubcr. 34 1 Vedi D. 28.

38 le quali, assai spesso, sollecitava più delle opinioni che non delle notizie. Così, tra l'altro, mi ha richiesto di delineargli l'attuale situazione politica e «morale» dell'Italia rispetto alle altre Nazioni, di indicare le nostre possibilità di ripresa e il suo prevedibile ritmo, di esprimere il giudizio prevalente in Italia, ed anche il mio personale, sulla possibilità, sulla convenienza ed eventualmente sugli sviluppi d'un nostro riavvicinamento alla Jugoslavia, di dargli notizia sui nostri rapporti con la Francia sia politici che economici e sui sentimenti reciproci delle due popolazioni. Ha ascoltato con interesse le mie risposte, ha commentato i diversi dati che ho potuto fornirgli, specie in ordine al nostro sforzo di ricostruzione e non ha perduto occasione per manifestarmi la sua fiducia e il suo augurio per il nostro avvenire.

È quindi venuta la mia volta di rivolgere alcune interrogazioni sulla politica internazionale e sulla politica interna. Ecco alcune delle sue risposte che mi sono sembrate più interessanti.

Sulla politica internazionale. Benes crede fermamente che non vi sia oggi alcun pericolo di guerra e crede che non vi sia mai stato, neppure nell'anno scorso, nonostante certe asprezze nelle discussioni dei grandi consessi. La Russia ha riportato dalla guerra dei danni spaventosi, le cui conseguenze risente acutamente e risentirà ancora per parecchio tempo. La sua economia non potrebbe certamente sopportare lo sforzo d'un'altra guerra. L'Inghilterra, se trascinata in un nuovo conflitto, «comprometterebbe per sempre il suo impero». Gli Stati Uniti d'America, «che sono oggi la Nazione più potente del mondo», non hanno però una tale prevalenza da potersi lanciare in un'avventura a cuor leggero.

Il pericolo d'una conflagrazione non è dunque attuale. Ma un pericolo, ed un grave pericolo, risiede nel contrasto delle opposte ideologie e degli opposti ordinamenti economici e sociali in cui le ideologie si traducono e nello stesso tempo trovano fondamento. Se tale contrasto, che è indubbiamente acuto, avesse a protrarsi, con non diminuita tensione, esso non mancherebbe «à la longue de donner lieu à une autre guerre». Pertanto la salvezza non può trovarsi che cercando una direttiva mediana, una forma di vita sociale che, respingendo le estreme conseguenze e le intransigenti applicazioni dell'una e dell'altra ideologia, rispetti gli interessi materiali del maggior numero dei cittadini senza compromettere le libertà fondamentali e l'individualità del singolo. Alla ricerca di questa forma di vita che rappresenterà il punto di arrivo della rivoluzione che accompagna sempre la guerra, e che è in atto in ogni Paese, debbono darsi le minori Nazioni se vogliono salvare la pace, e, con la pace, loro stesse.

Circa il pericolo tedesco il presidente ha riaffermato la sua attuale esistenza e la necessità vitale per la Cecoslovacchia di tenerlo sempre presente e di fare ogni sforzo perché contro di esso sia presa dalle grandi Nazioni ogni più prudente precauzione. La difesa contro il pericolo tedesco continua ad essere il perno e il comandamento della politica estera cecoslovacca. Benes ad analoga domanda che in proposito gli avevo rivolto per cercare di comprendere fin dove giudica che l'alleanza con la Russia rappresenti l'esclusiva salvaguardia della Cecoslovacchia contro il pericolo tedesco, ha espresso l'opinione che intese ed accordi tra diverse Nazioni europee, anche non soltanto slave, possano dirsi desiderabili, ma mi è sembrato considerare questa eventualità in una funzione puramente anti-tedesca. E non è senza interesse che, su questo punto, ho creduto di rilevare qualche incertezza nello statista della Società delle Nazioni: lo spirito europeo di Ginevra è stato veramente ucciso a Monaco?

Su quest'argomento Benes ha afferrato l'occasione di dare un'altra prova dell'intensità del pericolo che corre la Cecoslovacchia e insieme di offrire una giustificazione di quella cacciata dei tedeschi che, in alcune parti del mondo, viene rimproverata come crudele e incivile. Egli mi ha mostrato un documento di cui il Governo cecoslovacco è entrato ora in possesso e che è tutt'ora ignorato dal pubblico. Si tratta d'un verbale segreto tedesco dove il Reich Protector, Heidrich, stabilisce con i suoi collaboratori i concreti mezzi per distruggere e disperdere per sempre la Nazione ceca. Qui il sentimento di umanità dello statista europeo è apparso in conflitto, se pur dominato, dal dovere del capo di Stato. Benes ha commentato: «Documenti di tale genere sollevano tali ondate di odi che nessuno può dire quando si placheranno e così contribuiscono a tenere divisi e avversi i popoli; ma non possono non pubblicarsi affinché i cechi rimangano vigilanti e ricordino e affinché il mondo, tutto il mondo, capisca che i tedeschi dovevano essere cacciati da questo Paese».

Sulla politica interna. Il presidente ha ammesso che il Fronte nazionale (costituito dai quattro grandi partiti ammessi: comunisti, social-nazionali, social-democratici e democratici popolari) ha fatto sentire qualche scricchiolio. Ma esso resterà e resterà certamente, anche dopo le elezioni del primo Parlamento che succederà all'attuale Assemblea costituente. Esso corrisponde infatti a una sentita necessità, tutto l'ordinamento attuale essendo basato su di un compromesso tra le tendenze dei quattro partiti del Fronte che sono tutti democratici, ossia avanzati nel campo sociale ed economico. Fino ad ora si è evitato in Cecoslovacchia qualsiasi rivolgimento sanguinoso e violento e così lo si deve evitare per l'avvenire.

I contrasti in seno al Fronte popolare sarebbero originati -questo mi è sembrato il pensiero di Benes -da un certo nervosismo del partito comunista che lo induce ad irrigidirsi, a minacciare, a prospettare nuove mete anche lontane e metodi per raggiungerle anche violenti. Ora, ha dichiarato il presidente, il partito comunista deve essere liberato da ogni timore che gli altri partiti lo vogliano relegare all'opposizione e che vogliano, facendo blocco tra di loro, assumere per loro soli ogni funzione di governo. Ma, d'altra parte, il partito comunista deve cercare un'intesa e sottostare alle deliberazioni della maggioranza. «Io voglio -ha detto Benes con molta energia -che il partito comunista resti inquadrato nel governo con l'autorità e le responsabilità che gli derivano; ma il partito comunista deve tener sempre presente che, se è ora il più forte partito, non rappresenta però la maggioranza e non ha perciò diritto di imporsi a tutti gli altri». E ha poi soggiunto che -a suo modo di vedere -il partito comunista va perdendo un po' di terreno; infine, a mia specifica domanda in merito, ha voluto arrischiare la previsione che, alle prossime elezioni, i comunisti potranno riscuotere tra il 30% e il 33 'Yr, dei suffragi, contro il 38% conseguito nell'ultimo esperimento per la nomina dell'Assemblea costituente.

Sviluppando l'esame della situazione, Benes ha poi detto che, come il Paese non vuole ritornare indietro, così non desidera procedere oltre sulla strada delle riforme sociali. Quelle eseguite sono vaste e profonde: il loro consolidamento e il loro ordinamento per conseguirne tutti i vantaggi sperati richiederà molto lavoro e molte attente cure.

Il popolo ceco sente e apprezza la libertà individuale: ne ha bisogno. Le ardite riforme non solo non lo spaventano, ma sono da lui richieste e volute. Le concezioni socialiste, l'aspirazione alla giustizia sociale migliore possibile, e, come mezzo allo scopo, l'aumentato potere dello Stato sono ammesse ed accettate dalla grande maggioranza. Però il ceco non saprebbe rinunciare alla sua personale libertà e individualità. Qui, riprendendo il concetto espostomi precedentemente in tema di politica internazionale, il presidente ha concluso che la Cecoslovacchia si sforza di cercare quella forma di vita sociale e di ordinamento statale intermedio che assicuri uno stabile assetto negli anni avvenire: punto d'arrivo e conquista della tormentata epoca nostra. Le difficoltà sono grandissime -egli ha particolarmente insistito sulla loro gravità -ma non si deve disperare.

Al termine della cordialissima conversazione che è durata un'ora e venti minuti, il presidente ha voluto incaricarmi (così come ho comunicato con telegramma n. 14) 2 di trasmettere le sue felicitazioni, i suoi auguri e i suoi saluti a V. E. che ha ricordato con parole di vivissima simpatia e di grande considerazione.

33 2 Su questo punto Fransoni rispose con T. s.n.d. 2279/24 dell'Il febbraio: «Esposizione nostri desiderata circa pace con Germania è in corso preparazione. V. S. tenga presente, per opportuna norma, che essa conterrà soprattutto questioni di diretto interesse per nostro Paese principalmente nel campo economico».

35

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 293/190. Praga, 7 febbraio 1947 (per. il 15).

Appena rientrato dall'America il ministro Masaryk ha pronunciato il 2 corrente un breve e familiare discorso alla radio per informare il pubblico cecoslovacco, più che sui risultati della sua missione, suiie impressioni che egli ne ha riportato.

Masaryk fece le consuete anodine dichiarazioni, ottimistiche ma non troppo, circa l'atmosfera internazionale in seno all'O.N.U. e le simpatie americane per questo Paese. A tale riguardo il ministro degli esteri cecoslovacco ha ripetuto le dichiarazioni precedentemente fatte in America (mio rapporto n. 254/166 del 30 gennaio u.s.)l dichiarando testualmente: «La condizione pregiudiziale per gli sviluppi delle nostre relazioni economiche coll'Occidente è la liquidazione delle indennità ai proprietari stranieri di imprese nazionalizzate. All'infuori di ciò non si andrà lontano, e perciò il Governo cecoslovacco lavora per cercare una soluzione: quanto più sarà presto tanto meglio sarà».

Per ciò che si riferisce alla preparazione della conferenza di Mosca, Masaryk ha dichiarato che la maggioranza degli americani sa che la guerra c'è stata, ma che vi è tra loro una minoranza che lo ha dimenticato ed alla quale occorre di ricordarlo continuamente.

Contemporaneamente al ritorno di Masaryk a Praga è avvenuto l'arrivo a Washington dell'ambasciatore degli Stati Uniti in Cecoslovacchia, Steinhardt: anche questi ha fatto affermazioni generiche sull'interesse diplomatico del posto di Praga e si è maggiormente soffermato suJla questione delle espropriazioni delle proprietà americane, affermando che esse ammontano ad un valore di circa 30 a 50 milioni

35 1 Non pubblicato.

di dollari. Con mossa caratteristica la stampa cecoslovacca dava nello stesso momento la notizia che il Comando Supremo americano aveva riconosciuto di dovere alla Cecoslovacchia un indennizzo a titolo di danni di guerra, e precisa che la richiesta cecoslovacca ammonta complessivamente a 263 milioni di corone. Ad un osservatore imparziale vien subito fatto di chiedersi perché Cecoslovacchia ed America non si accorderebbero subito per una compensazione poiché, se le pretese reciproche fossero ugualmente fondate, esse coinciderebbero segnando anzi un'eccedenza a credito della Cecoslovacchia.

34 2 Del 4 febbraio, non pubblicato.

36

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 308/204. Praga, 7 febbraio 1947 (per. il 14).

Nel giro di pochi giorni ho avuto ragione od occasione per diversi colloqui di notevole interesse. Di quello col presidente Bene§ del 4 febbraio ho riferito con i miei rapporti del 6 e del 7 febbraio (rispettivamente n. 280/178 e n. 281/179) 1 .

Vorrei ora dare relazione di quelli con Masaryk, con Clementis e con il presidente dell'Assemblea costituente, David. Ma per semplicità e chiarezza credo opportuno di dividere il mio esposto in due rapporti: nel presente dando conto di quella parte delle conversazioni che ha riguardato i nostri rapporti e vari nostri problemi che si cerca faticosamente di risolvere e, in altro separato, andando a dire dell'altra parte delle conversazioni che si è riferita alla situazione generale della politica internazionale. Esclusivamente nel secondo rapporto 2 parlerò della mia conversazione con David, perché in essa non si è che vagamente accennato ai nostri particolari rapporti con questo paese.

Colloqui con Clementis (vedi telegrammi n. 12 3 e 16 4). Ho visto Clementis il 29 gennaio, il 3 e il 6 febbraio. Alla fine del mese di gennaio era previsto, per la prima settimana di febbraio, un mio primo incontro con il plenipotenziario ministro Niederle per trattare delle indennizzazioni conseguenti alle nazionalizzazioni e alle confische e per metterei così sulla via che avrebbe dovuto condurre alla redazione di protocolli analoghi a quelli con la Svizzera. Ma avevo ragione di ritenere che il ministro Niederle si sarebbe rifiutato, perché al di fuori della sua competenza, di inserire nei redigendi protocolli qualsiasi clausola, od anche soltanto un'implicita ammissione, relativa alla rinuncia al diritto di sequestro e liquidazione nascente

36 1 Vedi DD. 28 e 34. 2 Vedi D. 45.

Vedi D. 5. 4 Del 6 febbraio. con il quale Tacoli aveva riferito sinteticamente circa il contenuto del colloquio avuto con Clementis quel giorno.

42 dall'articolo 69 del trattato di pace. Perciò ho creduto di assicurarmi su questo punto di natura evidentemente pregiudiziale, e ho chiesto a Clementis di vederlo. Fu così che, il 29 gennaio, potei udire il sottosegretario agli esteri dirmi che non poteva pronunciare una parola definitiva senza prima avere esaminati i precedenti. Ho manifestata la più viva sorpresa, ricordando che avevo ricevuto in merito opportune assicurazioni, che la rinuncia all'articolo 69 del trattato era stata sempre considerata come una premessa logica e necessaria agli accordi sui beni italiani e che, infine, il mio passo attuale si riferiva soltanto all'opportunità che il Ministero degli esteri impartisse disposizioni al ministro Niederle perché nel protocollo fosse inserita la clausola della rinuncia, il che equivaleva a dire che opportunamente si comprendesse nello scritto, che avrebbe regolato la sorte dei nostri beni, anche l'assicurazione verbale che ne costituiva un presupposto. Il taciturno Clementis non si è lasciato smuovere e, quasi che le precedenti assicurazioni di Masaryk e di Heidrich non lo riguardassero, mi ha ripetuto che se io chiedevo a lui una assicurazione formale e una precisa istruzione per Niederle, egli non avrebbe potuto darmi né l'una né l'altra senza avere esaminata a fondo la questione.

Il giorno 3 febbraio, all'appuntamento che mi aveva fissato per una risposta precisa, Clementis ha cercato dapprima di limitarsi a un commento di una delibera del Consiglio dei ministri secondo la quale il Ministero degli esteri, «pur non rinunciando preventivamente a qualsiasi diritto fosse per derivare dal trattato di pace», era autorizzato a «negoziare con l'Italia circa l'applicazione dei diritti in questione». Ho rilevato che la detta delibera non si riferiva affatto alla questione dell'articolo 69 del trattato, nei cui confronti sarebbe stata particolarmente equivoca, ma a uno scambio di note portanti la clausola della Nazione più favorita, e ho pregato il sottosegretario di darmi una risposta precisa alla richiesta precisa che gli avevo rivolto. Allora, con le spalle al muro, Clementis mi ha dichiarato che una dichiarazione di rinuncia ad applicare l'articolo 69 del trattato di pace avrebbe dovuto essere autorizzata dal Consiglio dei ministri e, quindi, mi ha promesso di sottoporre al Consiglio la questione non appena fosse ritornato da Parigi (dove si sarebbe trattenuto dal 6 al 12 febbraio) e cioè alla seduta del 15 o del 18 c.m. Avendogli io confermato la mia meraviglia nel constatare che si tornava a mettere in discussione un punto che si doveva ritenere già raggiunto e avendogli ribadito la mia opinione che non era il caso di passare a trattare degli indennizzi di beni che avrebbero potuto essere messi sotto sequestro e liquidati per altro titolo, Clementis sul primo punto ha cercato di giustificarsi ricordando che la garanzia dell'articolo 69 riguarda non soltanto le riparazioni, che non furono richieste a Parigi, ma anche eventuali crediti commerciali, e sul secondo punto ha dichiarato che apprezzava il mio modo di giudicare e che riteneva opportuno di non iniziare le trattative con Niederle prima della delibera del Consiglio che -me lo ripeteva -avrebbe provocato al più presto. Io allora non ho mancato di ribattere che a parte l'esistenza di crediti commerciali, che non ci è nota almeno a favore cecoslovacco, la rinuncia non riguarda alcun eventuale e ipotetico titolo di credito, ma semplicemente un mezzo di forzosa esazione che, allo stato prevedibile dei futuri rapporti economici tra i due Paesi, non può non apparire a chiunque del tutto superfluo.

Clementis nel congedarmi si è rallegrato dell'accordo per i lavoratori che da una comunicazione del giorno prima riteneva ormai raggiunto a Roma dalla sua delegazione.

Il giorno 6 febbraio, Clementis, che avevo invitato a colazione, mi ha raccontato, con aria un po' indispettita, che a Roma si erano sollevate questioni di principio e tecniche che minacciavano di ritardare la conclusione dell'accordo per i cinquemila lavoratori. Essendosi poi fatto ricordare dal capo di Gabinetto i precisi termini d'un telegramma del ministro Pauliny Toth, giuntagli poco prima, è risultato che, secondo il telegramma, la delegazione cecoslovacca si era sentita domandare uno scambio di note con la clausola della Nazione più favorita e una partita di traversine ferroviarie per quella parte di carbone che la Cecoslovacchia non può dare. Clementis ha accennato che la richiesta dello scambio di note annullerebbe il vantaggio che alla Cecoslovacchia proviene dal trattato di pace, di potere cioè usufruire unilateralmente, senza reciproca concessione, della condizione della Nazione più favorita. Ho ribattuto che non mi sembrava che all'articolo 71 del trattato si potesse dare interpretazione del genere, giacché esso stabiliva, per un periodo di 18 mesi dalla firma del trattato, l'obbligo per l'Italia di concedere la condizione della Nazione più favorita a quelle delle Nazioni Unite che avessero voluto ricambiarla in via di reciprocità. Ho poi rilevato che, a parte tutto, lo scambio di note riportanti la suddetta clausola era l'oggetto di altra assicurazione da lungo tempo dataci e di infiniti testi che non avevano mai trovato la redazione definitiva e l'approvazione del Governo cecoslovacco. Non si può negare -ho osservato -che accada spesso che le difficoltà sorgano quando si considerano, nere sul bianco, le parole scritte che traducono le assicurazioni verbali e perciò non è da sorprendere che il mio Governo, che si appresta a sormontare a Roma le difficoltà delle scritture, desideri di vedere applicato nello stesso sforzo di esattezza anche il Ministero di Praga. La conversazione ha assunto un tono di cordialità tanto più sorprendente nel taciturno e duro sottosegretario di Stato.

Mi è allora sembrato che l'occasione fosse propizia per ricordare a Clementis la sua promessa di sottoporre al Consiglio dei ministri la rinuncia all'art. 69 subito dopo il suo ritorno a Parigi e per chiedergli quale fosse la sua personale impressione. Egli mi ha candidamente risposto che la Cecoslovacchia doveva esaminare la questione con «criterio egoistico» e tra le due eventualità (rinunciare

o non rinunciare) scegliere quella che, a ragion veduta e conti fatti sulle conseguenze, fosse per apportare il vantaggio maggiore. Per quanto sorprendente possa sembrare, Clementis non aveva l'aria né irritata né provocante, ma sembrava aprire -una volta tanto -l'animo suo in uno slancio di sincerità. Gli ho risposto sullo stesso tono che -affare per affare -non vedevo perché chi vuoi fare tanti conti dovrebbe meravigliarsi se l'altra parte desidera farne almeno qualcuno. Clementis di rimando ha assentito ripetutamente, ridendo, ed ha accennato al suo desiderio di far con me i vari conti, nel senso di cercare il regolamento delle diverse questioni.

Poi la conversazione è stata portata dal sottosegretario di Stato, che ha passato quasi tutto il tempo in conversazione particolare con me e con il capo di Gabinetto, su argomenti vari, come ad esempio sul suo vivissimo desiderio di ascoltare musica italiana a Praga e sulle sue intenzioni di eliminare subito le difficoltà che egli sa essere state sollevate dal compagno Vidra, direttore del Teatro nazionale.

A un certo punto Clementis a bassa voce mi ha parlato del caso Durchansky, dell'importanza che il suo partito e il Governo vi attribuiscono e mi ha pregato di intervenire. Di questo punto riferirò con apposito telespresso.

In sostanza e in conclusione, l'atteggiamento che questi uomini di governo, sempre così larghi a parole, assumono quando son messi nella necessità di definire, e le dichiarazioni senza veli di Clementis, confermano ancora una volta il mio ripetuto giudizio. In un Paese dove gli svizzeri, portatori dell'agognato franco, arrivano, dopo mesi di fatiche, a due protocolli di generici se pur apprezzabili principi, e si sentono smarrire nei testi delle scritture aggiuntive di esecuzione e di attuazione, dove gli americani, che tengono ben alta la dragé del loro dollaro, non riescono ancora a definire neppure i principi, il concedere, il fare assegnamento sulla riconoscenza o soltanto sul ricambio, e perfino il far fiducia è metodo da scartare a priori. Non si può che chiedere di sedere intorno al tavolo tenendo ben strette le proprie carte, senza rinunciarne nessuna, e giuocare l'intera partita. Se si· perderà, sia escluso ogni rimorso, che se si fosse ceduto qualche carta, la partita si sarebbe perduta ancor prima o non ci si sarebbe neppur potuto sedere al tavolo per giocarla !

Colloqui con Masaryk. Ho visto Masaryk il giorno dopo la mia udienza col presidente, e cioè il 5 febbraio. A parte le sue impressioni sulla situazione politica internazionale di cui -come ho detto -riferirò in altro rapporto, sono stati scambiati fra noi brevi cenni sullo stato attuale dei nostri diversi problemi. Masaryk si è lasciato riassumere in poche parole gli argomenti da me trattati col presidente e mi ha comunicato di essere stato convocato da Benes per quello stesso pomeriggio per trattare delle questioni da me esposte. Sui cinque punti nei quali ho compendiato quell'esposizione (vedi mio rapporto del 6 febbraio n. 280/178) Masaryk mi ha detto di essere fondamentalmente d'accordo, ha nuovamente lamentato gli ostacoli che parte del Governo solleva a inceppare una rapida soluzione di questioni che «debbono» essere definite se si vuole giungere a un ristabilimento di normali e cordiali rapporti e ha richiamato in proposito il suo discorso all'arrivo a Praga (vedi telespresso in data di oggi n. 293/190) 5 che gli ha fruttato --mi ha detto -le critiche vivaci dei «soliti opponenti».

«Che cosa vuole?-mi ha detto -io sono un ministro volante: in sei mesi sono stato a Praga cinque giorni e quando il gatto è via i topi ballano». Poi facendo un gioco di parole sul cognome di quello che considera il capo della delegazione cecoslovacca a Roma, Koiatko, il cui suono si avvicina a quello della parola ceca corrispondente a «gatto», mi ha detto ridendo: «c'è però un piccolo gatto che è scappato a Roma!».

Ha concluso affermandomi che le nostre questioni devono essere risolte e che appena tornerà da Parigi (dove si recava il giorno appresso) mi inviterà a colazione, per essere soli e cercare un'intesa generale: «una colazione--ha detto sorridendo --come quella di Byrnes e Molotov».

Masaryk nel suo fare sempre allegro e cordiale mi è sembrato più energico del solito e più fiducioso nelle proprie forze. Calcola forse nell'appoggio presidenziale?

36 i Vedi D. 35.

37

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1775/12. L'Avana, 8 febbraio 1947, ore 12,25 (per. ore 7,30 del 9).

Mio telegramma 89 anno scorso 1 e mia lettera particolare al direttore generale affari politici n. 4 del 3 gennaio scorso 2 .

Giorni fa ho incontrato ambasciatore cubano Washington che durante precedente visita Avana mi aveva già dimostrato seguire con simpatia questione italiana. Ne ho approfittato per pregare titolo personale signor Belt, cui opinioni sono tenute in molto conto da presidente della Repubblica, incoraggiare capo dello Stato astenersi aderire trattato di pace per il momento in base art. 77.

Stamane ministro affari esteri col quale durante mesi scorsi ero stato sempre io prendere l'iniziativa mi ha spontaneamente accennato che nonostante sfavorevole risultato sondaggio fatto tempo fa presso altri Governi America latina può ancora darsi che il Governo cubano decida non firmare e trattare separatamente con no1 pace.

Per altro ho avuto impressione che ministro degli affari esteri non abbia del tutto rinunziato idea una qualche azione comune: ho tentato distoglierlo da nuovo punto di vista e indurlo invece innanzi tutto decidere e pubblicare astensione Cuba riprendendo contatti al riguardo con altri Governi soltanto dopo, per il caso...... 3 Cuba. Ministro affari esteri mi ha detto rifletterà.

Qualora risulti [possibile] gradirei conoscere termine entro il quale Potenze associate possano avvalersi art. 77 anche per decidere circa mio viaggio San Domingo Haiti di cui al telegramma di V.E. n. 34 che salvo istruzioni contrarie ritarderei per continuare seguire cose da vicino 5 .

38

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 17701129. Londra, 8 febbraio 1947, ore 14,26 (per. ore 0,30 del 9).

Riferimento telegramma ministeriale 64 1•

2 Non pubblicata.

3 Gruppi indecifrati.

4 Non pubblicato.

5 Per la risposta vedi D. 82.

Couve mi ha precisato che pace con Austria sarà vero e proprio trattato, tale definito nella sua intestazione, e secondo lui giuridicamente in nulla dissimile dal nostro come dimostra procedura lavori in corso. Ciò posto Couve giudica che:

l) inclusione seconda parte articolo l Onell'uno e nell'altro trattato rappresenti anomalia giuridica in quanto che accordo itala-austriaco è imperfetto non essendo stato ratificato dai due Parlamenti;

2) se l'accordo diventa relativamente impegnativo per noi di fronte Alleati essendosene presa nota nel nostro trattato, a eguale ragione converrebbe diventasse impegnativo per l'Austria nei riguardi implicita rinuncia territoriale per il fatto di analoga menzione nel trattato austriaco. Segnalo tale suo parere per puro dovere informazione.

Comunque essendo Governo francese indifferente alla questione, Couve mi ha chiesto punto di vista nostro. Pur restando personalmente del parere precedentemente espresso a codesto ministero 2 , ho dichiarato secondo le istruzioni ricevute che il Governo italiano non vedeva motivo inclusione articolo 10 trattato Austria. Del che Couve ha preso buona nota per regolarsi di fronte insistenze delegato americano per inclusione.

Ribadisco con supplente inglese Hood tale nostro punto di vista.

37 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 464.

38 1 Vedi D. 14.

39

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1791/105. Washington, 8 febbraio 1947, ore 21,16 (per. ore 8,35 del 9).

Segretario Stato Marshall ha informato in comunicazione diretta presidente Senato Vandenberg imminente presentazione Congresso vari progetti legge primo dei quali con precedenza assoluta è proposta stanziamento per assistenza finanziaria alcuni Paesi già assistiti da U.N.R.R.A. Stampa commenta favorevolmente. Editoriale Washington Post afferma che aiuti verranno limitati Italia, Austria e Grecia e rileva che per quanto concerne Italia ogni meschineria nel dare assistenza a Paese così necessario a politica americana in difesa libertà Europa equivarrebbe ad abdicazione su piano politico.

38 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 728.

40

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 1783/136. Londra, 8 febbraio 1947, ore 21,20 (per. ore 7,30 del 9).

Sargent mi ha dato ora visione di un telegramma diretto Noel Charles in cui lo si incarica comunicare V.E. Governo inglese non potrebbe accettare punto di vista risultante stampa italiana secondo cui Soragna farebbe a Parigi dichiarazione preventiva che invaliderebbe firma del trattato subordinandone valore alla ratifica della Costituente. Qualora simile dichiarazione fosse fatta essa provocherebbe indubbiamente controdichiarazione alleata. Egli ha pregato di fare chiaro urgentemente questo punto a V.S.

Consterebbe a Sargent che Bidault sarebbe venuto nella determinazione evitare qualsiasi dichiarazione risultando che anche Bulgaria intenderebbe fare riserva analoga alla nostra. Avendogli fatto osservare come sia impensabile che Bidault possa impedire ai firmatari di paci imposte una espressione di protesta Sargent ha nuovamente lasciato intendere che una simile dichiarazione avrebbe altro carattere e potrebbe difficilmente essere evitata.

In tema di possibile revisione mi ha detto riservatamente che riceverò domani risposta concordata con Bevin al mio passo di cui al telegramma 90 1 , nel senso che Governo inglese, pur dovendo escludere che i Quattro emettano contemporaneamente alla firma del trattato una dichiarazione che ne preveda la revisione, è per parte sua favorevole a che dopo la firma si possano rivedere fra l'Italia e singole Potenze firmatarie quelle clausole la cui applicazione non corrispondesse alle nuove condizioni createsi 2 .

41

IL COMMISSARIO TECNICO RELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO RISERVATO. Roma, 8 febbraio 1947.

Dopo più di sei mesi d'assenza sono rientrato a Trieste ed ho ripreso contatto con gli esponenti locali. Riassumo qui appresso le mie impressioni ed alcune constatazioni sulla situazione generale nella Venezia Giulia:

l) Nell'imminenza del mutamento di sovranità del territorio la popolazione italiana della Venezia Giulia ha dovuto abbandonare le ultime speranze di possibili

40 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 717. 2 Per la risposta vedi D. 57.

48 cambiamenti e rendersi conto della dura realtà. Le illusioni di quei circoli mercantili che dalla costituzione del Territorio Libero credevano di trarre vantaggi economici stanno crollando ed a tutti appare l'impossibilità di una vita economica indipendente della regione. Questa cruda verità ha smorzato ogni velleità e si è riflessa sullo stato d'animo della popolazione provocando depressione morale, apatia ed uno stato d'incertezza e di disperazione. Lo stesso spirito di italianità ne ha risentito e ogni reazione pubblica si è attenuata. Le critiche all'azione del Governo italiano sono molto diffuse e sono quasi simili a quelle fatte da tempo all'amministrazione alleata. Si nota in particolare che di fronte alla rapida, costante ed efficace azione delle organizzazioni slavo-comuniste che fanno capo a Belgrado non si svolge da parte italiana un'adeguata contro-azione mentre ogni provvedimento o intervento italiano giunge in ritardo. Si osserva che la Venezia Giulia è «la sola regione d'Italia che paga la pace e subisce effettivamente le conseguenze della guerra»; molte persone pensano che il Governo italiano voglia disinteressarsi della regione e quindi anche del neo Territorio Libero.

2) Dopo molte incertezze e di malavoglia i partiti politici hanno sciolto il C.L.N. ed hanno formato il «tridente» cioè una concentrazione di destra (che comprende ex fascisti non compromessi eccessivamente, monarchici e liberali), una concentrazione di sinistra (che comprende socialisti e partiti aderenti) ed un centro con i democristiani. Tutti e tre i raggruppamenti risentono però la necessità di creare un organo che li coordini, in particolare per una azione politica comune in difesa dell'idea italiana nell'imminenza della costituzione di un governo provvisorio e delle lotte elettorali. Anche in questa occasione, come in precedenza, è apparsa la mancanza di forti personalità politiche e quindi la necessità di appoggiarsi ad un consigliere che abbia autorità, prestigio ed imparzialità e sia in grado di imporsi ai singoli esponenti locali.

È diffusa opinione dei maggiori esponenti italiani che la lotta elettorale per la rappresentanza nella futura assemblea sarà molto dura per gli italiani. Le previsioni più quotate ammettono che nella migliore ipotesi gli italiani potranno ottenere appena il 55% dei voti. E ciò a condizione che la massa grigia, composta della maggioranza della popolazione, cioè i ceti medi, sia sufficientemente risvegliata, animata e preparata con una campagna adeguata. Per tale preparazione occorrono ingenti mezzi finanziari ed un riordinamento radicale della stampa locale. Questi mezzi possono pervenire soltanto dal Governo italiano e debbono venire erogati da una sola persona che si deve identificare con quella che sarà chiamata a coordinare l'azione dei tre raggruppamenti politici sorti dalla liquidazione del C.L.N.

3) La presenza a Trieste della Commissione internazionale che esamina le possibilità economiche del Territorio Libero ha riportato in primo piano i problemi economici rivelandone la gravità e l'impossibilità di una vita autonoma del Territorio Libero. Gli esperti economici italiani, validamente guidati dal console Simonis, riferiscono in merito ampiamente. Occorre però tener presente che la partecipazione economica dell'Italia nel Territorio Libero -partecipazione che ammonterebbe a miliardi -è strettamente dipendente dalla situazione politica che si creerà con il perfezionamento del Territorio Libero.

Da parte jugoslava si agisce nel campo economico con energia e prontezza e con un piano prestabilito che è assecondato da larghe disponibilità finanziarie. Come è stato segnalato gli slavo-comunisti, servendosi di prestanomi, hanno incominciato ad acquistare immobili e terreni nel centro della città con un programma di costruzioni che prevede, per ora, un grande edificio a scopi di propaganda, un Narodny Dom dove si svolgerebbero le diverse attività culturali e sociali slavo-comuniste ed una scuola professionale che dovrebbe preparare i quadri operai dei futuri propagandisti della causa slavo-comunista.

Ma anche senza sopravalutare queste avvisaglie della penetrazione slavo-comunista nella roccaforte italiana di Trieste, occorre tener conto dell'unità d'azione, tenacia, audacia e mezzi di cui si servono gli avversari della causa italiana. La loro tattica è radicalmente mutata dopo le decisioni del Consiglio dei ministri a New York; essi si atteggiano ora a partigiani del Territorio Libero e mostrano di voler collaborare con l'elemento italiano. In tal modo sanno di poter infiltrarsi nella vita del Territorio Libero legalmente e pacificamente e di giungere attraverso metodi democratici a quelle soluzioni che hanno mancato con i metodi violenti e con la propaganda forzata e terroristica. Tra i sintomi di tale tattica vi sono la perfetta unità delle loro varie tendenze ed il tentativo di consultarsi con gli elementi italiani per la scelta del governatore e del prossimo consiglio provvisorio di governo.

In questa situazione occorre provvedere con la massima urgenza a quanto segue:

a) nominare un consigliere politico che con sufficiente prestigio, autorità e conoscenza della situazione possa guidare e coordinare l'azione delle deboli forze politiche italiane di Trieste;

h) provvedere a larghi mezzi finanziari sia per fini politici nazionali, sia per fronteggiare la penetrazione economica della parte avversa;

c) preparare fin da ora la campagna elettorale per l'Assemblea nazionale ricordando che il suo esito deciderà della futura appartenenza del Territorio e della conservazione o della perdita della italianità nella regione;

d) dare ai triestini la sensazione che la loro sorte sta a cuore al Governo e che esiste a Roma un ente o ufficio accentratore di tutti i problemi politici, sociali ed economici della regione.

Un ulteriore ritardo nella nostra azione comporterebbe -senza alcun dubbio -la perdita definitiva dell'italianità della regione in uno spazio di tempo relativamente breve.

42

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

NOTA VERBALE 35/37/47. Roma, 8 febbraio 1947 1•

As you know, Count Carandini recently asked to be informed of the views of His Majesty's Government in regard to the entry into force of the peace treaty in

the event, firstly, of Italy and secondly, of Yugoslavia, not signing the treaty. It appeared from the text that the treaty could come into force if ltaly did not ratify it, but this was not altogether dear. Nor was it dear whether the treaty would come into force if ltaly did not even sign it.

2. I have now received instructions to convey to you the reply that was given to Count Carandini, which was t o the following effect:

If Italy were not to sign there would be no treaty at all and the armistice would continue in force with all that this would imply. Provided, however, that Italy signs, the treaty will come into force upon its ratification by the United Kingdom, the United States of America, France and the U.S.S.R. Italy's ratification, though it is required by Artide 90 and though it is no doubt desirable as showing that the Constituent Assembly will support the Italian Government's signature, is not necessary in order to bring the treaty into force.

3. Failure of Yugoslavia to sign the treaty will not prevent its coming into force as soon as the four Great Powers have ratified it, but Yugoslavia (asI caused Signor De Gasperi to be informed on February Ist) could not come into possession of Pola or of that area of Zone A which is due to be ceded to her. It would therefore be necessary for Allied troops to remain in occupation of this territory 2 .

42 1 Un'annotazione avverte: «Consegnata al conte Sforza dall'ambasciatore britannico il 9 febbraio 1947 alle ore 12».

43

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

PROMEMORIA. Roma, 8 febbraio 1947.

On January 20th, Signor Nenni handed to the British Ambassador a memorandum, addressed to Mr. Bevin, in which he formulateci the reserves of the Italian Government in regard to the Peace Treaty and requested the recognition of the principle of revision 1 .

In reply, the British Ambassador is instructed to point out that provision is already made in Artide 46 of the Treaty for the possibility of modifying the military, naval and air dauses of the Treaty by agreement between the Allied and Associateci Powers and Italy or, after becomes a member of the United Nations, by agreement between the Security Council and Italy. It is, of course, plain that those other provisions of the Peace Treaty which affect the rights and interests of the Allied and Associateci Powers as a whole cannot be modified except by agreement between ali the governments concerned. It would clearly not be appropriate for His Majesty's Government to express any comment on a matter which concerns the signatories of the Treaty as a whole.

43 1 Vedi serie decima. vol. IV, D. 678.

However, in so far as the Treaty confers on any individuai Allied Power certain rights affecting only that Power and Italy, there would seem to be nothing to exclude the possibility of the Allied Power concerned, for its part and without prejudice to the rights of other Allied Powers, agreeing with the ltalian Government to the modification of those rights in particular cases. As far as His Majesty's Government in the United Kingdom are concerned, they are pre, pared, once the Peace Treaty enters into force, t o give careful consideration t o any reasonable suggestions which the ltalian Government may wish to make in regard to the possibility of concluding such an agreement between the two go

vernments.

The Italian Government is at liberty to give such publicity as it may think

desirable to the substance of His Majesty's Government's reply 2 .

a telegram from London in regard to the communication which I made to you this afternoon on the question of the possibility of revising the terms of the Peace Treaty. Might I ask you to be good enough to hold up any publicity that you may have intended giving to my communication unti! midday tomorrow; in case you have not already taken action». Il promemoria reca infatti una annotazione autografa di Sforza dello stesso 8 febbraio: «Detto a Charles che darò pubblicità dopo la firma-anzi qualche giorno dopo -per farne prima prova di un inizio di necessari cordiali contatti e intese».

42 2 Per la risposta italiana vedi D. 46.

43 2 In pari data Charles faceva pervenire a Sforza il seguente messaggio: «l have just received

44

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 389/86. Budapest, 8 febbraio 1947 (per. il 15).

Mio telegramma n. 29 del 3 febbraio corrente 1•

A seguito del telegramma suindicato, informo che nella seduta del 5 corrente

l'Assemblea nazionale ungherese ha approvato all'unanimità la legge che accorda

al Governo l'autorizzazione a firmare la pace.

Prima della sua partenza per Parigi, il ministro degli affari esteri ha fatto

alcune dichiarazioni alla stampa, in occasione delle quali ha precisato che la firma

del trattato di pace avrà luogo il lO febbraio alle ore 6 p.m. e che con essa cesserà

lo stato di guerra tra l'Ungheria e le Potenze alleate.

Il ministro Gyongyosi ha rilevato che il trattato contiene molte gravi disposi

zioni economiche e che, da punto di vista politico, esso regola in modo insoddisfa

cente le questioni che stanno al centro degli obbiettivi di pace dell'Ungheria, in

primo luogo quella degli ungheresi rimasti al di fuori dei confini. Mentre il ministro

ha dichiarato di avere fiducia in una soddisfacente soluzione della questione nei

riguardi della Romania con la quale potranno essere utilmente avviate trattative

dirette, ha osservato che la situazione è molto più difficile per quanto concerne la

minoranza ungherese in Cecoslovacchia a causa dei metodi inumani e contrari agli

accordi con i quali gli ungheresi vengono costretti ad abbandonare le loro dimore per essere deportati in Boemia.

Il ministro Gyongyosi ha infine espresso la speranza che il trattato di pace offrirà all'Ungheria la possibilità di entrare a far parte dell'organizzazione delle Nazioni Unite e di ottenere con ciò un'attenuazione delle gravi o ineseguibili condizioni impostele.

44 1 Non pubblicato.

45

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 315/207. Praga, 8 febbraio l 947 (per. il 2l).

Mi permetto di richiamare il mio rapporto n. 308/204 del 7 febbraio 1 e vengo a riferirle di quella parte delle mie ultime conversazioni con Masaryk e con Clementis che riguarda la situazione politica internazionale e del colloquio con David che si è svolto sullo stesso argomento.

Conversazioni con Clementis del 3 e 6 febbraio. Clementis è francamente pessimista sull'esito della Conferenza di Mosca. Esclude anch'egli qualsiasi possibilità attuale di aperto conflitto tra i Grandi, ma i contrasti di idee e di interessi, di metodi e di finalità gli sembrano così profondi da vietare lieti pronostici sulla prossima conferenza. Gli attriti saranno forti, le discussioni difficili, ritenuta l'importanza dell'oggetto e il profondo disaccordo tra i punti di vista dei Grandi. Prevedere dunque che la Conferenza di Mosca sarà lunga e combattuta è facile, predire se il suo esito sarà un successo o un insuccesso è assai difficile.

Nel corso del ricevimento del 6 febbraio, Clementis ha poi rilevato che Marshall non sarà accompagnato a Mosca né da Vandenberg né da Connally e, rivolgendosi all'ambasciatore francese a Praga, Dejean (che, secondo alcuni, starebbe per essere nominato delegato a Mosca e che già fu alle riunioni dell'O.N.U. nell'autunno scorso), ha ricordato la stanchezza che aveva ormai colto Connally. Di quest'ultimo ha raccontato, con qualche malizia compiaciuta, che, alle ultime riunioni, non era più in condizioni di ribattere alcuna argomentazione e si limitava a pronunciare discorsi precedentemente preparati che nulla avevano più a che fare con le più recenti dichiarazioni che si stavano discutendo.

(Su questo argomento posso segnalare che, secondo alcune voci che corrono in questi ambienti, l'ambasciatore americano a Praga, Steinhardt, accompagnerebbe Marshall a Mosca quale membro della delegazione americana).

Conversazione con Masaryk. Assai più ottimista si è dimostrato Masaryk forse anche in dipendenza del suo carattere più allegro e fiducioso. Egli mi ha detto che l'atmosfera degli ultimi giorni della Conferenza di Washington era di tanto miglio

rata da consentire le migliori speranze. Basta pensare che si è entrati almeno a discutere del disarmo e di piani che alcuni mesi fa sarebbe sembrato follia di sottomettere all'attenzione dei Grandi, per concludere che un effettivo miglioramento si è raggiunto. Certamente a Mosca vi saranno molte e gravi difficoltà, ma queste potranno essere tanto più facilmente superate quanto più le Nazioni tengano presente ~ciò che dovrebbe essere naturale ~l'intimo loro convincimento sull'impossibilità di arrivare ad una soluzione di forza e la conseguente necessità di un'intesa. Masaryk attribuisce certa importanza anche all'esperienza che i negoziatori si sono venuti formando e alla rinuncia, che più facilmente ora sapranno fare anche per il diminuito interesse del pubblico, ai colpi di scena e ai clamorosi gesti che la stampa e la radio diffondono attribuendo ai loro autori una notorietà che

'è pur sempre allettante.

A mia domanda, Masaryk ha manifestata l'opinione che la sostituzione di Byrnes dipenda veramente dalle sue condizioni di salute e dalla sua volontà e che l'avvento di Marshall non significhi alcun mutamento sensibile nella politica estera americana ... per quanto «vi sia sempre da diffidare dei militari che fanno politica, da Napoleone ... a Boulanger ... a Pétain». Ma se non mutamento di direttiva, la nomina di Marshall può indicare spostamento di interesse: dall'Europa all'Asia, dalla Germania alla Cina. Non è vietato di pensare che l'America sia tratta ad occuparsi e preoccuparsi più dei suoi interessi di Estremo Oriente che non della situazione nel Centroeuropa, e che, per contraccolpo, anche la Russia sia indotta a dare ai problemi asiatici maggiore attenzione. Ciò importerebbe un certo alleggerimento nella sempre pesante e complessa questione tedesca e un'attenuamento nell'intransigenza dei propositi. Questa non è che un'impressione di Masaryk o se si vuole una favorevole eventualità che egli prospetta: per darle importanza occorrerrebbe, mi pare, poter scontare un più facile accordo nell'Estremo Oriente con scambi di concessioni.

Il ministro degli esteti mi ha poi confessato che al suo arrivo a Washington la

Cecoslovacchia aveva una «pessima stampa» e che egli ha dovuto sudare quattro

camicie per riprendere e riscaldare le simpatie. Però Masaryk non ha potuto dirmi,

come neppure ha potuto dire ai suoi concittadini né ai suoi colleghi di governo, di

aver ottenuto alcun successo concreto: i cordoni della borsa americana sono rimasti

ostinatamente tirati. Ed è sintomatico in proposito il primo discorso che Masaryk

ha pronunciato al ritorno dall'America e di cui ho riferito con telespresso n. 2931190

del 7 corrente 2 .

In realtà Masaryk avrà raccolto in America buone parole, ma non ne ha

riportato neppure un dollaro. Deve dirsi che egli, prima di partire ~ secondo

quanto allora ebbe a dichiararmi ~aveva fatto ben chiaramente presente ai colleghi

di governo che non avrebbe mai potuto ritornare con il prestito desiderato, se il

Governo cecoslovacco non si fosse deciso al più presto a tradurre in realtà le

assicurazioni circa le indennizzazioni dei beni americani nazionalizzati e confiscati.

È anche da segnalare in proposito che qui circola insistentemente la voce che

l'ambasciatore americano, Steinhardt, non abbia facilitato il compito di Masaryk,

facendo un quadro tutt'altro che favorevole dei metodi usati dai cechi nelle loro trattative e rafforzando le resistenze americane.

Per quanto ha riguardo alla posizione della Cecoslovacchia nelle trattative per il trattato di pace tedesco, il ministro degli esteri ritiene che nulla di interessante possa essere concluso e neppure abbozzato dai sostituti a Londra dove -secondo la sua brillante espressione -«si prepara accuratamente la valigia da spedire a Mosca».

Delle specifiche richieste della Cecoslovacchia contro la Germania ho riferito a V.E. con telespresso n. 144/97 del 16 gennaio u.s. 3 .

Masaryk non nasconde che le piccole Nazioni, e così anche la Cecoslovacchia, debbono accontentarsi di «gradire» di esprimere i loro desiderata. Questi non possono poi avere speranza di essere accolti se non siano sostenuti dal rispettivo «grande tutore» con gli interessi del quale devono collimare. Naturalmente non vi è dubbio che le richieste cecoslovacche siano state concordate con il Governo di Mosca. E non solo le richieste ma anche le rinunce: prima quella a qualsiasi discussione, in questo momento, della divergenza con la Polonia per i vari territori in contesa, divergenza che è messa in sordina, ed anzi nel silenzio, per non disturbare la difesa della linea dell'Oder e della Nissa che interessa tutto il «mondo slavo».

A mia domanda in merito, Masaryk mi ha dichiarato che l'Italia gode di molte simpatie in America: «Non vi è nessun americano intelligente che non comprenda la situazione dalla quale l'Italia è uscita e quella in cui ora si trova e che non auguri la sua ripresa». Ha soggiunto che De Gasperi (che ha avuto il piacere di vedere a Parigi e a Washington) gode molte simpatie personali agli Stati Uniti, come è stato dimostrato dal calore dell'accoglienza che gli è stata riservata anche fuori dal mondo ufficiale. «Se non vi accadrà di dispiacere gli americani-egli ha concluso con un sorriso -avrete certamente molti aiuti concreti».

Conversazione con David. David, che appartiene al partito social-nazionale, è stato presidente dell'Assemblea nazionale provvisoria. Dopo le elezioni del giugno scorso, la nuova Assemblea costituente elesse a suo presidente il comunista Zapotocky, che dopo pochi giorni di carica rassegnò le dimissioni e che è ora alla direzione della Confederazione generale del lavoro. L'Assemblea costituente alla quasi unanimità chiamò allora alla presidenza David.

Questi mi ha accolto con molta cortesia e mi ha rivolto molte domande sulla situazione dell'Italia per la quale ha fatto ripetute dichiarazioni di simpatia, assicurandomi che esse corrispondono a un sentimento generalmente diffuso nella popolazione cecoslovacca. Poi, avendo io cercato di portare la conversazione sulla situazione della Cecoslovacchia, David mi ha riconfermato la ben nota verità che il pericolo tedesco e la difesa da esso costituiscono l'assillo e il problema numero uno della politica estera di questo Paese. Ha quindi illustrato alcune delle richieste cecoslovacche contro la Germania per dimostrarne la modestia e il fondamento. Egli ha ammesso che un controllo, un'organizzazione interna e una rieducazione della Germania non porteranno mai il frutto di rendere i tedeschi innocui per un prossimo avvenire e «socievoli» per un avvenire più lontano (che egli sembra considerare lontanissimo, al confine del mondo dell'utopia) se tutte le relative misure

non siano studiate, imposte e applicate in un regime di pieno accordo tra i Grandi. Finché i Grandi possano pensare a servirsi della Germania, o di parte di essa, come strumento per una lotta eventuale dell'uno contro l'altro non vi è speranza di assestamento. I tedeschi allora coltiverebbero, almeno nel loro interno, lo spirito della «revanche» con la speranza di speculare sui contrasti tra i Grandi, perché «se il nazismo è stato ucciso, il nazionalismo tedesco è ben vivo e le parole di Schumacher lo provano». Ne consegue che la Cecoslovacchia deve concorrere, nell'ambito delle sue possibilità e per il suo stesso interesse, ad eliminare le ragioni di divergenza, ad appianare le difficoltà e a favorire un'intesa tra i Grandi.

Insomma, anche David, come ogni politico responsabile di qui, quando si rivolge a «non slavi» cerca di mettere in luce le simpatie e la convenienza della Cecoslovacchia a stabilire migliori rapporti con l'Occidente, e le dichiarazioni diventano tanto più calde quanto più «occidentale» è ritenuto il Paese dell'interlocutore. Ma forse David, per la sua educazione e le sue convinzioni politiche, sorride sinceramente all'Occidente.

45 1 Vedi D. 36.

45 2 Vedi D. 35.

45 3 Non pubblicato.

46

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

FON. URGENTISSIMO 108/53 1 . Roma, 9 febbraio 1947, ore 22.

Comunico quanto segue per informazione personale di V.S. e di Soragna:

Ambasciatore britannico mi ha rimesso oggi una nota verbale 2 sostenente che se Governo italiano firma il trattato esso è obbligato dall'articolo 90 a ratificarlo e che nostra tesi secondo cui per la validità della nostra firma occorre susseguente ratifica dell'Assemblea è insostenibile.

Ho risposto con altra nota verbale Sir Charles che l'Italia non può accettare detta interpretazione e che il Governo italiano appone la sua firma al trattato subordinandola alla ratifica spettante alla sovrana decisione dell'Assemblea costituente alla quale è attribuita dalla legislazione italiana l'approvazione dei trattati internazionali.

Prima della firma Soragna dovrà rimettere al segretario generale della Conferenza seguente testuale dichiarazione:

«Il Governo italiano appone la sua firma al trattato, subordinandola alla ratifica che spetta alla sovrana decisione dell'Assemblea costituente, alla quale è attribuita dalla legislazione italiana l'approvazione dei trattati internazionali».

Se Segretariato generale rifiutasse prendere atto di tale dichiarazione Soragna non (dico non) dovrà firmare'.

2 Vedi D. 42.

3 Questa ultima frase è stata aggiunta a mano da Sforza. Per la risposta vedi D. 49.

46 1 Trasmesso in pari data con T. s.n.d. urgentissimo 2237 alle ambasciate a Mosca (23) e Washington (88).

47

L'AMBASCIATORE A WASHIGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1923/107. Washington, 10 febbraio 1947, ore 12,31 (per. ore 12 dell'li).

Telegramma di V.E. 88 1 .

Ieri domenica notte stessa si è data testuale comunicazione a competente funzionario Dipartimento di Stato delle istruzioni impartite da V.E. a Soragna circa subordinazione firma del trattato pace alla ratifica spettante sovrana decisione Assemblea costituente. Ne è stato preso atto verbalmente senza eccepire nulla in contrario.

Nell'occasione predetto ha informato confidenzialmente che questa ambasciata d'Inghilterra aveva nella sera di sabato informato Dipartimento di Stato delle istruzioni inviate dal Foreign Office a Charles. Dipartimento di Stato aveva declinato di associarsi in parte e ne aveva informato Dunn !asciandogli facoltà di discutere questione in via ufficiosa con codesto Ministero esteri ove ritenuto del caso. Provvedo a comunicare stamane per iscritto riserve su significato firma.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, QUARONI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. URGENTISSIMO 2252/c. 1 . Roma, 10 febbraio 1947, ore 18,30.

Pregola comunicare subito codesto Governo seguente dichiarazione:

«Il Governo italiano firmando un trattato che non è stato chiamato a negoziare e che sarà sottoposto all'approvazione dell'Assemblea costituente ha voluto provare che affronta gli atti più dolorosi per affrettare l'avvento di una vera pace costruttiva nel mondo.

Ma il suo primo dovere verso i Governi firmatari e loro popoli è di esprimersi e agire con la più assoluta lealtà. Questa lealtà gli impone di ricordare che i trattati di pace non sono eseguibili che se sostenuti dalla coscienza morale dei popoli.

Il popolo italiano ha la coscienza di avere agito coatto di fronte al regime che lo trascinò poi nella guerra e che tanti all'estero sostennero con le loro lodi. Il

57 popolo italiano non poté mostrare al mondo il suo vero carattere che riuscendo a liberarsi per il primo da un regime di oppressione e fornendo poi agli Alleati, durante la guerra di liberazione, dei vantaggi diretti e indiretti cui non è stata resa sufficiente giustizia.

Il Governo italiano mancherebbe all'onore-il patrimonio che gli è più sacro -se non avvertisse gli Alleati che il trattato peggiora ancora nelle sue clausole territoriali, economiche, coloniali, militari quella atmosfera di soffocazione demografica che pesava tragicamente sul popolo italiano e che fu in parte all'origine di tanti mali per noi e per gli altri. Il Governo italiano stima che è un interesse diretto delle grandi democrazie di rivedere pel bene generale le loro relazioni col problema italiano che è un aspetto essenziale del problema del riassetto mondiale.

Pur ammettendo tanti errori passati l'espiazione del popolo italiano è stata sì dura fino alla firma odierna che noi ci sentiamo per l'avvenire, come italiani e come cittadini del mondo, il diritto di contare su una revisione radicale di quanto può paralizzare o avvelenare la vita di una Nazione di quarantacinque milioni di esseri umani congestionati su un suolo che non li può nutrire».

(Solo per Parigi) Pregola consegnare identica nota codesto Segretariato generale Conferenza di Parigi e ministro etiopico. (Solo per Mosca) Voglia pregare codesto Governo di portare la dichiarazione stessa a conoscenza dei Governi della Bielorussia e dell'Ukraina firmatari del trattato.

(Solo per Londra) Pregola consegnare identica nota a codesti alti commissari per l'Australia e la N uova Zelanda e al segretario generale del Consiglio dei ministri degli esteri. Con telegramma successivo n. 2253/c. 2 invio traduzione inglese da allegare al testo italiano 3 .

47 1 Vedi D. 46, nota l.

48 1 Il telegramma era indirizzato anche alle ambasciate a Bruxelles, Nanchino, Rio de Janeiro, Varsavia e Washington, alle legazioni a Capetown, l'Aja e Praga e alla rappresentanze ad Atene, Bombay e Ottawa. Con Telespr. 2211c. segr. poi. del 13 febbraio il testo della nota fu diramato a tutte le rappresentanze all'estero.

49

L'AMBASCIATORE SORAGNA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1896/85. Parigi, 10 febbraio 1947, ore 19,55 (per. ore 21,30).

Suo telegramma 53 1•

Mi sono recato questa notte stessa al Ministero degli affari esteri con Benzoni ed abbiamo portato la questione a conoscenza di Bidault, che era a letto, tramite il capo servizio Conferenza. Bidault si è perfettamente reso conto delle cause e della portata di quanto chiedevamo ed ho subito compreso che tanto egli quanto il suo funzionario condividevano nell'apprezzamento del carattere dell'atto di ratifica del

3 Benzoni e Carandini comunicarono, rispettivamente con i telegrammi 2000/90 e 1977/147 dell'Il febbraio, di aver eseguito le istruzioni ricevute. Con T. 2434/67 del 21 febbraio Brosio rispose di aver ricevuto una nota con la quale il Governo sovietico esprimeva il proprio dissenso dalla valutazione italiana del trattato di pace.

presente trattato il nostro punto di vista e non quello della nota britannica presentata a Roma 2 . Pur giudicando che l'accettazione della nostra dichiarazione scritta e il darcene atto per iscritto non dovesse offrire difficoltà, si riservò di mandarmi ricevuta del documento dopo averne parlato coi colleghi.

In mattinata ricevetti la nota di ricevuta della mia dichiarazione da parte del Ministero degli affari esteri francese coll'assicurazione che sarebbe stata portata a conoscenza degli altri Tre Grandi e potei così a norma istruzioni della S.V. procedere alla firma del trattato che si svolse senza incidenti all'ora fissata. Ultima delle Nazioni Unite a firmare immediatamente prima di noi è stata la Jugoslavia.

48 2 In pari data inviato anche a Washington, Nanchino, Bombay, Ottawa e Capetown.

49 1 Vedi D. 46.

50

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PERSONALE 1925/137. Londra, 10 febbraio 1947, ore 21,20 (per. ore 12 dell'Jl).

In questo giorno desidero esprimerle la mia completa convinta solidarietà.

Mi congratulo con lei e col Governo per aver virilmente accettato una necessità inevitabile, dando una prova di consapevolezza che ha un valore costruttivo superiore a qualsiasi cieco rifiuto. L'Italia ha compiuto un gesto che non è di umiliazione ma di alta, se pure duramente pagata, riassunzione della sua indipendenza. Il mio augurio e la mia leale collaborazione la seguono nel nuovo capitolo di vita italiana che si apre da oggi e che esigerà domani quella completa solidarietà nazionale che sola può difenderci dalle più dure conseguenze della applicazione del trattato.

Tanto desidero comunicarle per la chiarezza della mia posizione che le era già nota ma che voglio riconfermarle, grato se vorrà troncare ogni possibilità equivoco rendendola nota anche a presidente del Consiglio.

51

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1929/141. Londra, 10 febbraio 1947, ore 21,20 (per. ore 12 dell' 11).

Mio telegramma 132 1 .

51 1 Dell'8 febbraio, preannunciava il colloquio con Gruber sul quale qui si riferisce.

In colloquio odierno Gruber mi ha confermato, come già da noi comunicato a Coppini, che in sua intervista dietro pressanti domande circa Alto Adige si è ristretto a dichiarare che non poteva pronunciarsi circa diritto di autodecisione per popolazioni estranee sovranità austriaca. Stava al Governo italiano rendere felici quelle popolazioni risolvendo così problema. Mi ha riaffermato perfetta lealtà suoi intendimenti manifestando vivo desiderio recarsi a Roma in maggio per conferire con V.E. e Governo italiano onde facilitare perfezionamento accordo con reciproca soddisfazione opinioni pubbliche.

Mi ha avvertito che il Governo jugoslavo ha invitato Governo austriaco prossimo incontro Abbazia per discutere varie questioni ed essenzialmente tariffe doganali per valorizzazione a beneficio comune porto Fiume. Segnalo questa ultima informazione pregando tenere riservatissima fonte e contenuto.

49 2 Vedi D. 42.

52

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1554/215. Vienna, 10 febbraio 1947 (per. il 14).

Mi riferisco al mio telegramma n. 49 e al telespresso n. l 090/155 del 30 gennaio ed al telegramma n. 50 del l o febbraio 1•

In un lungo colloquio con questo segretario generale del Ministero degli affari esteri ho cercato di chiarire quanto avevo fatto oggetto dei miei due telegrammi surriferiti circa la dichiarazione di Gruber sulla Selbstbestimmung ed in merito al problema degli optanti.

Il sig. Wildner mi ha ripetuto che il Ministero degli esteri austriaco non aveva ancora ricevuto il testo esatto dell'intervista Gruber da lui tenuta alla stampa. Egli aveva avuto l'intenzione di parlargli telefonicamente per chiedere spiegazioni, ma date le difficoltà telefoniche e poiché altri punti dovevano essere chiariti in merito all'atteggiamento della delegazione austriaca a Londra, aveva preferito rinviare questa richiesta al ritorno del cancelliere Figi.

Il segretario generale mi ha promesso di informarmi al più presto ma intanto teneva a dirmi sembrargli impossibile che Gruber avesse potuto usare quella espressione che egli riconosceva avere il significato originario di autodecisione e non di autonomia.

Ho ricevuto oggi la riproduzione di quella parte del discorso Gruber sopra accennato, con la nota che trattasi di una riproduzione approssimativa basata sul ricordo dello stesso ministro. Infatti essa diverge nella forma da quanto era stato pubblicato su questa stampa. Comunque dal testo unito in tedesco, risulta sempre

chiaro che la questione del plebiscito nell'Alto Adige resta, nell'intenzione austriaca, collegata al trattamento della popolazione alto-atesina da parte italiana 2 .

In merito alla seconda questione ho esposto al segretario generale le mie personali considerazioni circa la questione degli optanti alto-atesini tuttora residenti in Austria. Dato che le autorità austriache li consideravano, sia pure con determinati privilegi e facilitazioni, quali displaced persons, dovevo dedurre che l'azione del ministro Gruber, intesa ad ottenere dagli Alleati la clausola che le displaced persons, in Austria dovessero abbandonare questo Paese ed essere restituiti al loro Paese di origine, avrebbe potuto condurre automaticamente al ritorno in Italia degli alto-atesini già optanti, senza che questo fosse il risultato di trattative dirette fra l'Italia e l'Austria, come previsto dall'accordo De Gasperi-Gruber.

Il segretario generale mi ha detto di non conoscere le intenzioni del ministro Gruber circa la particolare questione degli alto-atesini, ma non mi nascondeva che il suo ministro aveva intenzione di risolvere completamente la questione delle displaced persons. Egli comprendeva il nostro punto di vista ma non poteva darmi assicurazioni senza prima avere interpellato il ministro degli esteri.

Ho detto al segretario generale che lo spirito dell'accordo De Gasperi-Gruber sarebbe stato vuotato del suo contenuto, se i problemi dell'Alto Adige fossero stati risolti non attraverso trattative dirette e con spirito di mutua comprensione e collaborazione che erano appunto previste nel trattato, ma se ci fossero imposte da accordi internazionali ai quali noi non avremmo partecipato. In particolare se la questione degli optanti avesse trovato la soluzione al di fuori dell'accordo De Gasperi-Gruber, questo avrebbe prodotto una gravissima impressione in Italia e, sempre a mio parere, avrebbe annullato i benefici effetti che l'accordo De Gasperi-Gruber si proponeva di raggiungere e che in gran parte erano stati effettivamente raggiunti dopo la leale esecuzione da parte italiana.

Il segretario generale parlandomi a titolo personale, mi ha detto allora che l'azione del ministro Gruber aveva per scopo, nell'interesse della collaborazione fra i due Paesi, di arrivare ad una sollecita pacificazione delle opinioni altoatesine. Ora, il mancato ritorno degli optanti costituiva senza dubbio l'esca alla agitazione altoatesina al di qua e al di là del Brennero. Prima si addivenisse ad una sistemazione di questo disegno, prima si sarebbero tolti di mezzo gli ultimi ostacoli alla auspicata collaborazione.

Ed a questo proposito egli mi ha intrattenuto sulla situazione generale dell'Alto Adige, di cui faccio parola in separata sede 3 .

Dopo il colloquio avuto con il segretario generale, ho cercato di assumere altre informazioni negli ambienti alleati, per assodare se il Governo austriaco avesse comunque avanzato la proposta di inserire gli optanti altoatesini fra le displaced persons. Sia il mio collega americano che personalità francesi mi hanno escluso che

3 Vedi D. 53.

questo fosse avvenuto, anche perché finora il concetto austriaco di displaced persons è quello di considerare tali solo quelle persone che a causa degli avvenimenti bellici hanno dovuto o sono state costrette ad abbandonare il loro domicilio. Gli optanti altoatesini non potrebbero quindi essere considerati in questa categoria.

La questione meriterebbe comunque, come mi sono permesso suggerire nel mio telegramma n. 49, di essere seguita. Nel lungo periodo che occorrerà per la redazione del trattato con l'Austria, è sempre probabile che il ministro Gruber, sollecitato dal parere dei suoi consiglieri altoatesini, suggerisca ed ottenga dagli Alleati occidentali di includere una clausola che favorisca il ritorno obbligatorio degli altoatesini. In questo senso quindi, non sarebbe inutile chiarire a Londra, col ministro austriaco, l'eventuale dubbio, come io ho cercato di farlo con questo segretario generale.

52 1 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 722, 723 e 735.

52 2 Il testo dell'intervista di Gruber diceva, nell'originale in tedesco: «Das Selbstbestimmungsrecht eines Volkes ist etwas, worauf niemand verzichten kann. Im Falle Siidtirol handelt es sich um eine Sache der siidtiroler Bevolkerung, nicht aber der osterreichschen Regierung. Wenn die italienisce Regierung die Siidtiroler gut und gerecht behandelt, wird die ganze Angelegenheit befriedigend gelost werden».

53

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1594/232. Vienna, l O febbraio 1947 (per. il 14).

Faccio seguito al mio rapporto odierno n. 1554/215 1 .

Questo segretario generale del Ministero esteri nella conversazione recentemente avuta con me, dopo aver accennato al disagio tuttora esistente nell'Alto Adige e nel Tirolo per il ritardato o mancato ritorno degli optanti alto-atesini al loro domicilio, mi ha intrattenuto anche sulla situazione generale dell'Alto Adige, prendendo nuovamente spunto dal malcontento provocato nelle popolazioni di lingua tedesca della regione di Bolzano per l'esonero del vice-prefetto Amonn. Il sig. Wildner mi ha detto che secondo notizie pervenute al Ministero degli esteri austriaco gli alto-atesini erano nuovamente inquieti per queste misure e per altre disposizioni anche perché sembrava loro che l'accordo De Gasperi-Gruber non avesse ancora avuto concreta esecuzione.

Ho risposto al segretario generale che, pur constatando che le notizie da lui avute erano confermate dalla stampa locale alto-atesina, non scorgevo quali basi concrete potesse avere il malcontento di quelle popolazioni.

L'esecuzione dell'accordo De Gasperi-Gruber da parte italiana è, nel suo complesso, molto avanzata. Tutte le esigenze contemplate nell'accordo stesso, come l'insegnamento in lingua tedesca, la parità delle due lingue negli uffici, nell'amministrazione ecc., il diritto a riassumere il cognome tedesco e l'uguaglianza nell'ammissione nei pubblici uffici delle due nazionalità, erano in gran parte così decise e regolamentate ancor prima dell'accordo stesso. Non mi risultava che da parte italiana si fosse derogata, limitata o malamente interpretata tutta quella serie di

leggi e regolamenti che concedevano alla popolazione alto-atesina di esercitare, nell'ambito della sovranità italiana, i diritti di minoranza nazionale.

Circa gli accordi previsti nella terza parte dell'accordo predetto, era stato già presentato da parte italiana il progetto sul transito ferroviario fra il Tirolo settentrionale e quello orientale, progetto al quale da quattro mesi attendevamo risposta; le trattative per la disciplina del traffico di frontiera e lo scambio di prodotti speciali sarebbero avvenute non appena il Governo austriaco avesse ripreso la propria autorità di controllo alla frontiera. Intanto da parte italiana e francese era stato applicato il vecchio accordo di frontiera che funziona regolarmente. Per gli accordi culturali eravamo pure intesi di esaminare la questione al più presto e vi era già stato un primo scambio di idee con l'ufficio competente.

Restavano quindi in sospeso il progetto di autonomia e la questione degli optanti.

Il primo era naturalmente connesso alla Costituzione della Repubblica italiana. Del resto il commento degli alto-atesini alla recente decisione della Commissione preparatoria della Costituente aveva già mostrato che il problema veniva esaminato secondo i desideri degli elementi locali. Circa la questione degli optanti le discussioni erano state sempre rinviate fino a che il ministro Gruber era assente da Vienna. Circa intìne la questione dell'esonero del vice-prefetto Amonn, era ormai noto che questa misura doveva intendersi di carattere generale e non poteva avere da parte del Governo italiano alcun significato di menomare i diritti riconosciuti alla popolazione alto-atesina di lingua tedesca.

Gli accenni del ministro Wildner circa la situazione in Alto Adige non mi avevano trovato impreparato.

Devo premettere intanto che gli ambienti del Ministero degli esteri, diversi per tradizione e mentalità dal temperamento del ministro Gruber, sono molto più sensibili alla questione dell'Alto Adige. Comunque anche in questi ambienti alleati, specialmente francesi, mi era stato detto dell'impressione generica che l'accordo De Gasperi-Gruber fosse rimasto tuttora ineseguito.

Tale impressione è poi rafforzata dalla sottile campagna di stampa, nella quale si distingue nella capitale l'ufficiosa Wiener Zeitung diretta dall'alto-atesino dr. Reuter, pronta a mettere in rilievo, con acidi commenti, qualsiasi informazione relativa all'Alto Adige.

Per quanto poi si riferisce al Tirolo, trascrivo qui il commento fatto dall'Ufficio di collegamento in Innsbruck su quella stampa del mese di gennaio.

«In genere essa si limita a riportare fatti di cronaca alto-atesina e a commentarli cercando di mettere in luce opportuna la necessità di dare corpo all'accordo De Gasperi-Gruber, per il quale, a parte le solite allusioni sulla malafede degli italiani, si nutre la speranza che esso serva a proteggere la minoranza allogena dalla sopraffazione italiana.

Il leitmotif difensivo è accompagnato dai soliti timori sulla malafede italiana a cui fanno contrapposto le dichiarazioni di buona volontà dei tirolesi, mentre non si manca di sottolineare con discrezione l'ingiustizia della decisione alleata.

Tutti questi argomenti che vengono particolarmente richiamati dai giornali del partito popolare-gli organi di sinistra sono più cauti e vorrebbero esercitare una funzione difensiva, evitando l'eccesso di rilievo tipogratìco e lo spunto puramente polemico -rispecchiano in verità lo stato d'animo generale e l'opinione dei circoli ufficiali.

Credo si possa affermare che l'intensificazione addomesticata della campagna di stampa al riguardo del problema dell'Alto Adige, si possa in parte, mettere in connessione con l'attuale momento internazionale e la discussione del trattato di pace con l'Austria, senza che essa debba significare nei rapporti con l'Italia un irrigidimento od una presa di posizione particolare».

Ho ritenuto opportuno segnalare a codesto Ministero questa sensazione, diffusa in molti ambienti austriaci ed alleati. Le discussioni sul trattato per l'Austria attirano troppo l'attenzione dell'opinione pubblica perché il problema dell'Alto Adige possa particolarmente interessare, ma è certo che coloro i quali non hanno approvato l'accordo De Gasperi-Gruber e, specialmente nel Tirolo, mantengono vive le speranze di una soluzione più radicale e più favorevole, approfittano di questa presunta stasi nell'esecuzione dell'accordo di Parigi per rimettere in dubbio la buona fede italiana. Le pressioni austriache sulle Potenze anglosassoni perché l'accordo De Gasperi-Gruber venga incluso nel trattato per l'Austria e la relativa conseguenza di costituire così una garanzia internazionale per la sua esecuzione, trova certo un contributo in questa sensazione che l'Italia cerchi di rinviare o di eludere gli impegni assunti con il detto accordo.

In questo senso pertanto non sembrerebbe inopportuno, a mio avviso, che si cercasse anche altrove, soprattutto a Londra, di dissipare ogni dubbio sulla nostra reale intenzione di eseguire l'accordo di Parigi e di mettere in luce tutte le disposizioni già adottate ed applicate in Alto Adige a vantaggio di quella popolazione allogena nello spirito dell'accordo stesso.

L'importanza dell'argomento, e soprattutto nell'interesse di coordinare ogni nostra azione ai fini da me prospettati nel mio rapporto 973/138 del 27 gennaio

u.s. 2 mi induce altresì ad attirare l'attenzione di codesto Ministero sull'opportunità che la nostra azione nell'Alto Adige tenga, in ogni momento, presente le reazioni della popolazione locale ed i riflessi che dette reazioni possono avere ed in Austria ed in altri ambienti internazionali. Sono convinto che con sagacità e col tempo necessario, l'Italia potrà ottenere dagli alto-atesini collaborazione leale e senza riserve, ma non vi è dubbio altresì che i primi passi saranno tanto più difficili, quanto più da parte austriaca si cercherà di mantenere vivo questo spirito di diffidenza nei riguardi nostri. Per ovviare a questi inevitabili ostacoli sarebbe necessario che prima dell'applicaziottre di un qualche provvedimento da parte delle autorità centrali e locali si tenesse conto_ delle particolari situazioni delle regioni. Mi riferisco ad esempio all'esonero del vice-prefetto Amonn. Il provvedimento fu adottato in base a principi di ordine generale e non certo per menomare i diritti delle minoranze allogene, tuttavia le considerazioni svolte dal prefetto di Bolzano

(v. telespresso 1240/12 del 25 gennaio 1947) 3 mi sembravano assai importanti per determinare un riesame della situazione. Il ministro dell'interno nella sua risposta comunicata da codesto ministero con telespresso n. 16/03160/5 del lo febbraio 1947 3 , deferendo )e mansioni del vice-prefetto ad altri organi locali, non tiene invece presente che gli alto-atesini desideravano avere almeno fino alle ordinarie e regolari

53 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 712. 3 Non pubblicato.

elezioni del Consiglio provinciale, un portavoce dei loro interessi nell'organo prefettizio. In ogni caso sarebbe stato opportuno che la misura fosse stata adottata con una certa gradualità di tempo e con la relativa preparazione dell'opinione pubblica locale.

Da quanto sopra ho riferito parmi poter fissare le seguenti conclusioni:

l) Usando gli indentici termini dell'ottimo appunto dell'ufficio competente, trasmessomi col telespresso n. 03368/c. del 4 febbraio 4 di codesto Ministero, «affrettare sia sul terreno costituzionale legislativo, sia su quello economico -quei provvedimenti che appaiono urgenti e necessari per una onesta interpretazione ed una equilibrata applicazione dello spirito e della lettera dell'accordo di Parigi».

2) Segnalare al Governo austriaco ed ai Governi alleati quanto è stato fatto e si vuole ora fare da parte italiana per eseguire l'accordo ed assicurare, entro la sovranità italiana e nel quadro di una sincera e leale collaborazione itala-austriaca, lo sviluppo culturale ed economico della popolazione alto-atesina.

3) Concordare con le autorità locali dell'Alto Adige l'applicazione dei provvedimenti che siano suscettibili di creare reazioni nell'elemento alto-atesino e di riflesso in Austria. L'ufficio speciale che ho suggerito costituire nel mio rapporto 973/138 del 27 gennaio 1947 potrebbe essere utilizzato per fornire alle autorità centrali gli opportuni elementi di giudizio.

4) Provvedere, nei limiti del possibile, ad eliminare gli inconvenienti che venissero da me segnalati salvo a rapidamente chiarire, anche per mezzo di comunicati ufficiali, le intenzioni delle autorità italiane.

In questo modo si potrà, a mio avviso, mettere fine alla propaganda austriaca che l'Italia venga meno agli impegni internazionalmente assunti ed alla sua espressa intenzione di salvaguardare i diritti delle minoranze nazionali.

53 1 Vedi D. 52.

54

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 1975-2024-2114/110-111-115. Washington, 11 febbraio 1947, ore 20,21 (per. ore 8 del 12) 1 .

Telegrammi ministeriali 2252 e 2253 2•

Ho oggi consegnato e illustrato a direttore generale Affari politici europei nota ufficiale circa la dichiarazione del Governo riferentesi alla firma del trattato.

Matthews (attualmente personalità più competente per questioni italiane) ha trovato che essa era redatta nel modo più dignitoso ed efficace. Egli ha tenuto qualificare dimostrazioni svoltesi ieri a Roma come non lesive suscettibilità americana e comprensibili.

Egli mi ha ripetuto che U.S.A. hanno declinato associarsi vari «nervosi» passi inglesi e ultimamente quello circa ratifica (miei telegrammi 68 3 e l 07 4) affermando che secondo tesi da tempo sostenuta dagli U.S.A. nostra Assemblea costituente ha piena libertà ed autorità decisione. A suo parere nostra ratifica dovrebbe essere presso a poco depositata nello stesso tempo di quella dei Quattro. D'altra parte egli ritiene che quando Senato americano avrà ratificato non potremo certo sperare che gli altri Tre, i quali hanno ben maggiori interessi diretti nel trattato, non ratifichino.

Nel lungo colloquio con Matthews ho insistito con ogni possibile argomento su necessità che U.S.A., in questo momento per noi doloroso, diano al Governo ed alla opinione pubblica italiana prove concrete dei loro sentimenti di amicizia. Ho particolarmente battuto sui problemi della revisione e delle colonie e sulla questione della flotta. Quanto alle colonie Matthews mi ha confermato nuovamente che Dipartimento di Stato sta ancora studiando posizione americana per soluzioni definitive. Secondo lui sarebbe assai difficile per segretario di Stato abbordare problema prima Conferenza di Mosca. Ho insistito sull'urgenza di una presa di posizione degli Stati Uniti nel senso del primo progetto americano, e di quello francese, per trusteeship singolo in nostro favore.

Per la flotta, egli mi ha detto che ieri è stata firmata a Parigi convenzione per eccedenza nostro naviglio. L'U.R.S.S. non ha ottenuto nessuna delle due navi moderne da battaglia che restano all'Inghilterra e agli Stati Uniti. America non può peraltro dichiarare subito voler cedere a noi per demolizione quella che le è stata attribuita e altre navi minori, per non porsi in difficoltà coi russi. Secondo sue affermazioni è sempre intenzione del Governo americano non utilizzare quelle navi e di )asciarcele per demolirle. Ha assicurato che farà del suo meglio affinché si giunga a tale soluzione appena possibile 5•

Circa revisione ha usato molta cautela e non ha nascosto peraltro estrema difficoltà revisione sostanziale finché durano attuali impegni solidarietà Quattro Grandi nei riguardi trattato pace. Mi ha ripetuto essere ferma opinione Stati Uniti d'America che sia conveniente e urgente entrata Italia Nazioni Unite.

4 Vedi D. 47.

5 Su questo punto Tarchiani aggiungeva (T. s.n.d. 2374/132 del 19 febbraio: «Apprendo da buona fonte che accordo concluso a Parigi tra i Quattro per eccedenza nostra flotta comprenderebbe clausola che lascia facoltà Stati beneficiari, dopo entrata in vigore trattato di pace, non avvalersi quota naviglio loro assegnata ad espressa condizione che essa sia demolita. Secondo interlocutore oltre U.S.A. anche Gran Bretagna sarebbe disposta fare uso suddetta facoltà a nostro favore. Accordo verrebbe comunicato in questi giorni al Governo italiano nonché a quelli greco e jugoslavo date unità assegnate a questi ultimi». Questo telegramma fu ritrasmesso a Londra con T. s.n.d. 2929/112 del 20 febbraio.

In conversazione relativa trattato con Germania, Matthews mi ha confermato che Dipartimento di Stato è in principio favorevole a che Italia sia ammessa presentare proprie vedute e richieste.

Per quanto concerne trattato con Austria, Matthews ha ammesso che nostri interessi quale Stato confinante sono anche maggiori di quelli circa Germania (richiamo a riguardo anche precedente conversazione di cui al mio telegramma per corriere 08 del 29 gennaio) 6•

53 4 Non rinvenuto. 54 1 La seconda e terza parte del presente telegramma furono spedite il 12, rispettivamente alle ore 15,09 e 21, e pervennero il 13 alle ore 8 e 14,30. 2 Vedi D. 48.

54 3 Non pubblicato.

55

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI

L. 1588. Vienna, 11 febbraio 1947 (per. il 18).

Il mio telegramma n. 57 1 è partito prima che io ricevessi il telespresso

n. 03242/c. del 3 febbraio 2 col quale il Ministero inviava a Londra le sue istruzioni sull'inclusione dell'accordo De Gasperi-Gruber nel trattato di pace per l'Austria.

Non ho nessuna intenzione di polemizzare, tanto più che il Ministero ha tutti gli elementi per giudicare sull'opportunità o meno delle proposte degli uffici all'estero.

V o gli o solo chiarire con te che non era mia intenzione di creare una inter-indipendenza anche formale e giuridica tra il nostro impegno alla concessione della autonomia ed uno analogo da parte austriaca di non mettere in discussione l'attuale frontiera. Mi sembrava invece che la inter-indipendenza fosse creata dalle intenzioni espresse sia dal Parlamento austriaco e dalle dichiarazioni Gruber, sia dall'atteggiamento generale delle grandi Potenze nel voler inserire l'accordo nel trattato per l'Austria per poi garantirlo internazionalmente.

Dinnanzi a questa manovra e nell'ipotesi maleaugurata che l'accordo venga incluso nel trattato anzidetto, mi sembrava opportuno aggiungere, laddove si riconosceranno le frontiere austriache del 1938, che l'Austria rinunciasse a qualsiasi rivendicazione territoriale oltre alle frontiere stesse.

Il suggerimento, che a noi potrebbe esser sufficiente di veder sancita tale rinunzia nei verbali delle discussioni, non mi appare sufficiente per legare l'Austria ad un impegno preciso.

Questo è il mio pensiero. Tu tienne quel conto che crederai più opportuno.

2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 705, nota l p. 801.

54 6 Vedi serie decima, vol. IV, D. 720.

55 1 Vedi D. 29.

56

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, AL RAPPRESENT-ANTE A VIENNA, COPPINI

T. 2327/42. Roma, 12 febbraio 1947, ore 11.

Come le è noto (telegramma ministeriale n. 2228) 1 , ambasciata Londra è stata richiesta compiere passi per ottenere che trattato pace con Austria sancisca esplicitamente anche nei confronti dell'Italia obbligo restituzione beni asportati da tedeschi.

Azione in corso con Londra non contrasta tuttavia con passi iniziati costà dalla S.V. nel senso demandare ad intese dirette tra i due Governi problema restituzione nostri beni. Questo Dicastero concorda pertanto su proposta istituzione Commissione mista paritetica e rimane in attesa conoscere dettagli proposte che a giudizio S.V. potrebbero essere presentate codesto Governo.

57

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 2381/87. Roma, 12 febbraio 1947, ore 22,40.

Vedendo Bevin venerdì la prego dirgli che abbiamo molto apprezzato che a Londra si sia capito che asserendo necessità una libera ratifica noi non avevamo nessun machiavellico disegno ma eravamo mossi solo dal dovere di rispettare la legge costituzionale. Charles lo capì subito mentre ambasciatore dell'U.R.S.S. insisté tanto che io dovetti dirgli che solo scomparso regime fascista poteva col suo disprezzo del Parlamento accettare quanto mi chiedeva. Dica a Bevin che accento suo messaggio circa l'Italia era proprio quanto occorreva e che camminando su questa via potremo molto fare. Lo assicuri che popolo italiano sarà sensibilissimo qualsiasi manifestazione effettiva e non solo verbale provante che da parte della Gran Bretagna si comprende necessità venire incontro ai bisogni popolo italiano.

Bevin non può ignorare che il continente e con esso Italia rischia dividersi fra i due totalitarismi e che il modo fortificare in Italia un sano regime di democrazia sociale è anche nelle sue mani.

56 1 Del 9 febbraio, ritrasmetteva a Mosca, Parigi, Vienna e Washington il T. 2226/78, pari data, con il quale Fransoni impartiva a Carandini le istruzioni qui richiamate.

58

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2030/62. Mosca, 12 febbraio 1947, ore 23 (per. ore 8 del 13).

Telegramma di V.E. 2030/c. 1 .

Ho di nuovo interessato questo Ministero esteri affinché per lo meno un rappresentante italiano sia incluso nella Commissione inchiesta per le nostre colonie. Mi è stato risposto che nostra richiesta è ancora allo studio ma che nondimeno essa veniva esaminata con benevolenza e simpatia da parte competenti organi sovietici.

59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

L. 16/04264/61. Roma, 12 febbraio 1947.

Ho letto il tuo telegramma n. 129 dell'8 u.s. 1 .

La questione dell'inclusione o meno nel trattato per l'Austria della seconda parte dell'art. 10 del nostro trattato (accordo De Gasperi-Gruber) presenta aspetti delicati ed è stata esaminata dagli uffici competenti del ministero unitamente anche al Contenzioso diplomatico.

Dal punto di vista giuridico tale inclusione -a stretto rigore -non aggiunge né toglie alcunché ai nostri impegni i quali risultano essenzialmente dall'accordo concluso fra il Governo italiano e quello austriaco e non dall'inclusione di questo accordo nell'uno o nell'altro trattato di pace o in entrambi.

Tuttavia il trattato per l'Austria, pur essendo un trattato di pace, verrà a costituire una specie di statuto giuridico internazionale di questo Paese. In tali condizioni l'inclusione in esso dell'accordo italo-austriaco per l'Alto Adige (che non contempla impegni per il Governo di Vienna, ma soltanto per noi) verrebbe

quasi a stabilire un diritto dello Stato austriaco, sancito nel suo stesso atto di nascita, ad uno statuto speciale per l'Alto Adige. Il che è evidente nostro interesse evitare.

Una convenienza ad includere l'accordo nel trattato con l'Austria vi sarebbe qualora da esso risultasse anche solo implicitamente una rinuncia austriaca a risollevare rivendicazioni territoriali; ma tale impegno non vi è, e le stesse dichiarazioni fatte da uomini politici responsabili al Parlamento viennese non inducono a ritenere che il Governo austriaco dia all'accordo De Gasperi-Gruber un tale significato di rinuncia. Si potrebbe cogliere questa occasione per ottenere tale impegno, ma mentre è dubbio che vi si possa riuscire, rimane anche il fatto che il legare formalmente e giuridicamente le due questioni (quella territoriale e quella dell'autonomia) è di discutibile interesse per noi, perché in tal caso basterebbe il sorgere di divergenze fra i due Governi nell'applicazione o nell'interpretazione dell'accordo di Parigi, per dare agli austriaci una base formale e giuridica per risollevare la questione territoriale, mentre nella situazione attuale tale base non v'è.

Come vedi, tutto sommato, è meglio lasciare cadere il progetto. Se non vi si riuscisse converrebbe allora cercare di far risultare attraverso qualche dichiarazione dei Quattro o di qualcuno di essi, nel corso delle loro discussioni o in altra maniera analoga, l'implicita rinuncia austriaca a rivendicazioni territoriali, evitando però sempre di creare una diretta interdipendenza fra le due questioni.

58 1 Del 7 febbraio, con il quale Zoppi aveva trasmesso a Mosca, Parigi e Washington due comunicazioni di Carandini per le quali vedi rispettivamente serie decima, vol. IV, D. 734 e, in questo volume, D. 13.

59 1 Vedi D. 38.

60

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE CONFINI, GIUSTI DEL GIARDINO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

APPUNTO. Roma, 12 febbraio 1947.

A mio giudizio, il problema della costituzione di una regione autonoma friulana va considerato non soltanto da un punto di vista di politica locale o interna, ma anche da quello della politica estera.

Creare una piccola regione -ove esistono delle minoranze slave e tedesche e ove nella fascia costiera sono numerosi i nuclei di simpatizzanti titini -potrebbe dar modo in un avvenire più o meno vicino ad elementi interessati di oltre frontiera di fomentare un separatismo che, in eventuali momenti di tensione internazionale, potrebbe creare un gravissimo problema per la stessa unità del Paese.

Il Friuli ha indubbiamente un carattere storico e soprattutto linguistico a sé, ma queste sue caratteristiche potrebbero trovare il giusto rispetto e sviluppo anche in una grande regione Veneta, che offrirebbe maggiori garanzie di compattezza e di resistenza di fronte al giovane e prepotente espansionismo jugoslavo.

61

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 14711480. Parigi, 12 febbraio 1947 (per. il 15).

La comunicazione scritta (di cui ai miei telegrammi n. 79 e 80 del 9 febbraio 1 e della quale allegasi il testo francese) 2 rilasciatami il giorno 9 corrente dal sig. Chauvel, segretario generale di questo Ministero degli affari esteri, merita un breve chiarimento e commento.

Con il riferimento del tutto formale e non del tutto pertinente alla «risposta» fattami il 5 corrente dal direttore affari politici Europa (vedi mio telegramma n. 62 del 5 febbraio ) 3 l'appunto del sig. Chauvel intende riportarsi senza volerlo dire expressis verbis alla conversazione che ebbi con lo stesso Chauvel il 30 gennaio

u.s. 4 nel corso della quale, su conformi istruzioni di codesto Ministero, parlai non già di protezione delle minoranze bensì di revisione e di possibilità di procedura di revisione.

Sembrerebbe pertanto che la dichiarata disposizione francese alla «poursuite des conversations antérieurement engagées» potrebbe interpretarsi in senso estensivo, sì da includervi cioè questioni che passate conversazioni non ebbero a toccare. Ciò nel quadro di un modesta, ma per quanto possibile sollecita «revisione» delle clausole propriamente franco-italiane del trattato, revisione che nel pensiero francese dovrebbe acquietare in toto e sine die il nostro «revisionismo» e -nel pensiero soprattutto del signor Bidault, il quale, a malgrado degli errori non solo a lui imputabili commessi nei nostri riguardi, è un sincero amico del nostro Paese -ricondurre le relazioni franco-italiane su un terreno di amichevole intesa.

V.S. giudicherà quale accoglienza nella presente fase delal politica generale, possa farsi alle avances francesi le quali -è mio dovere farlo presente perché presente me lo e stato fatto con una discrezione di cui non avrei naturalmente tollerato fossero oltrepassati i limiti -non potranno non essere influenzate dal tono e dall'atmosfera in genere che nei riguardi della Francia si manifesteranno in Italia all'occasione del dibattito sulla ratifica del trattato.

2 Vedi Allegato.

3 Vedi D. 20.

4 Vedi serie decima, vol. IV, D. 721.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI DI FRANCIA ALL'AMBASCIATA D'ITALIA A PARIGI

NOTA. Parigi. 9 febbraio 1947.

La réponse faite au Chargé d'Affaires d'Italie le 5 de ce mois par le Directeur d'Europe après consultation des Gouvernements américain, britannique et soviétique, vise !es dispositions du Traité qui affectent !es droits et !es intérést communs aux Puissances Alliées et associées signataires du dit Traité.

Elle n'affecte naturellement en aucune façon la poursuite des conversations antérieurement engagées entre le Gouvernement français et le Gouvernement italien sur divers sujets d'intérét proprement franco-italien et qui se trouvent mentionnés dans le document susvisé.

Cette observation s'applique notamment à la question des réparations qui doit faire l'objet de la prochaine mission de M. Indellli.

61 1 Con tali telegrammi Benzoni comunicava l'avvenuta consegna della comunicazione scritta francese e ne trasmetteva la traduzione.

62

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 312/137. Roma, 12 febbraio 1947 (per. il 14).

Telespresso ministeriale n. 42721/c. del 27 dicembre u.s. e precedenti 1 .

Accludo copia della lettera n. 3722 del 31 dicembre 1946 2 , con la quale, in base alle istruzioni impartitemi, comunicavo al segretario per gli Affari ecclesiastici straordinari, mons. Tardini, l'adesione del Governo italiano alla nuova formula suggerita dalla Santa Sede per la preghiera propiziatoria prevista dall'art. 12 del Concordato.

Con nota verbale n. 164/47 dell'l l gennaio u.s. 3 , la Segreteria di Stato accusava ricevuta della lettera ed aggiungeva: «quanto prima saranno impartite in proposito le opportune istruzioni agli eccellentissimi vescovi».

In tale modo la questione della preghiera per il capo della Repubblica è da considerarsi come soddisfacentemente regolata.

2 Il testo della lettera era il seguente: «Nei primi giorni del corrente mese ella ebbe a rimettermi cortesemente la nuova formula suggerita dalle competenti autorità ecclesiastiche per la preghiera propiziatoria, prevista dall'articolo 12 del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia. La formula rimessami era la seguente: ( ... ) Sono ora lieto di comunicare a V.E., per istruzioni ricevute, che il Governo italiano concorda con la formula proposta e sarà grato se la Santa Sede vorrà impartire alle gerarchie ecclesiastiche interessate le istruzioni del caso».

3 Non pubblicata.

Nella stessa nota verbale n. 164/47 la Segreteria di Stato faceva riferimento ad altre due questioni e cioè agli onori spettanti ai cardinali ed al riconoscimento dei titoli nobiliari pontifici. La nota si esprimeva come segue:

«Resta poi inteso che gli Em.mi sigg. cardinali continueranno a godere degli onori (art. 21 del trattato) loro spettanti secondo le forme tradizionali attualmente in uso, e che, d'ora innanzi, il riconoscimento dei titoli nobiliari conferiti dai sommi pontefici (art. 42 del Concordato) avrà luogo, com'è ovvio, mediante decreto presidenziale anziché reale».

Prima di riferirne a codesto superiore ministero ho ritenuto opportuno sollecitare dalla Segreteria di Stato qualche precisazione.

Infatti per la questione degli onori ai cardinali ero tutt'ora in attesa di una risposta di codesto ministero al mio telespresso n. 3522/1803 del 17 dicembre u.s. 4 , con il quale sottoponevo alle autorità italiane le considerazioni della Santa Sede sull'opportunità di preferire alla formula da noi suggerita quella degli «onori tradizionali», mentre per i titoli nobiliari concessi dai pontefici non avevo ricevuto altra comunicazione dopo il telespresso ministeriale

n. 14/40187/258 del 4 dicembre u.s. 5 nel quale (pag. 4) era messa in rilievo la convenienza di attendere, prima di discutere intorno all'art. 42 del Concordato, che l'Assemblea costituente si fosse pronunziata sulla sopravvivenza o meno dei titoli nobiliari italiani 6 .

Ho pertanto avuto qualche giorno fa un colloquio in proposito con mons. Tardini, il quale mi ha chiarito che la seconda parte della nota verbale n. 164/47 era stata redatta in seguito a comunicazioni del nunzio apostolico. Mons. Borgongini Duca gli aveva infatti riferito che, a seguito di conversazioni da lui avute, era risultato che il Governo italiano, presentito anche il capo provvisorio dello Stato, suggeriva di lasciare inalterato il testo dell'art. 21 del trattato del Laterano, salvo a comunicare in «via amministrativa» alle competenti autorità italiane che a seguito della mutata forma istituzionale l'articolo stesso andava interpretato nel senso che i cardinali continueranno a godere degli <<Onori loro spettanti secondo le forme tradizionali attualmente in uso».

Parimenti il nunzio apostolico aveva riferito che il Governo italiano non ravviserebbe obiezioni ad interpretare l'art. 42 del Concordato nel senso che d'ora innanzi il riconoscimento dei titoli nobiliari conferiti dai pontefici avrà luogo mediante decreto del capo della Repubblica.

Sarò grato a codesto Ministero se vorrà confermarmi o meno il contenuto delle precisazioni di mons. Tardini sopra riportate, e se vorrà impartirmi istruzioni circa la risposta da dare alla seconda parte della nota verbale della segreteria di Stato n. 164/47, trascritta nel presente telespresso.

5 Ibid., D. 576.

6 A margine, annotazione manoscritta, presumibilmente dalla D.G.A.P., uff. VII, che dice: « Era impossibile darla perché si attendevano, e si attendono ancora, le determinazioni del capo dello Stato. Del Balzo ed Antinori ne erano stati informati in via breve».

62 1 Non pubblicato.

62 4 Vedi serie decima, vol. IV, D. 614.

63

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 0891/124. Ottawa, 12 febbraio 1947 (per. i/19).

Il segretario di Stato per gli affari esteri, onorevole L.S. St. Laurent, ha fatto alla Camera dei Comuni il giorno 10 febbraio, alcune dichiarazioni circa la firma dei trattati di pace con l'Italia e gli altri Stati ex nemici a cui ha posto la firma, per il Canada, l'ambasciatore a Parigi generale S.P. Vanier.

Il signor St. Laurent ha colto l'occasione per ricordare che durante la Conferenza di Parigi non fu concessa nessuna assicurazione ai diciassette Stati che erano stati invitati nella capitale francese, che le loro raccomandazioni sarebbero state accettate dal Consiglio dei ministri degli esteri.

«On the contrary, the United Kingdom, the United States of America, the Soviet Union and France carne to the Paris conference committed to support those articles of the draft peace treaties on which previous agreement had been reached. It was only in respect of the unagreed articles, therefore, that the states attending the Paris conference were allowed any freedom of action. In these circumstances the opportunity given us to influence the settlements under discussion at Paris was not great. The Prime Minister in his opening address made known to the conference Canada's misgiving over procedures which permitted so limited a participation in the work of peacemaking. Canada, he said, had a vita! interest in these treaties and desired to see them established on principles of justice and equity which would lead to a lasting peace».

Egli ha infine annunciato che il Governo avrebbe depositato presso gli uffici della Camera dei Comuni i testi dei trattati di pace, nonché una memoria redatta dall'attuale ministro della difesa nazionale, signor Claxton, capo della Delegazione canadese alla Conferenza di Parigi.

Alla domanda del leader dell'opposizione, signor Bracken, quando sarebbero stati sottoposti, i trattati stessi, alla Camera dei Comuni per la ratifica, il signor St. Laurent ha dichiarato che non sarà perso tempo nel fare ciò.

64

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALLA RAPPRESENTANZA A LONDRA E ALLE AMBASCIATE A MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 2383/c. Roma, 13 febbraio 1947, ore 16.

(Solo per Londra-Parigi-Mosca) Telegramma di questo ministero n. 2241/c. 1 .

(Solo per Washington) Suo 102 2 .

Quello che noi chiediamo è che nostro esperto sia autorizzato recarsi in Libia, Eritrea e Somalia, e sia sentito dalla Commissione inchiesta per darle tutte quelle informazioni di carattere locale atte a chiarire ad essa dati di fatto concernenti interessi italiani in quei territori e i rapporti con le popolazioni indigene. Tale esperto dovrebbe naturalmente essere riconosciuto dalla Commissione e da questa ascoltato nei vari territori.

Prego chiarire in tal senso significato nostra richiesta 3 .

64 1 Vedi D. 30, nota l.

65

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2068/23. Il Cairo, 13 febbraio 1947, ore 17,1 O (per. ore 20).

Mio telespresso 507/174 del 4 corrente 1•

Ieri sera sono stato ricevuto in udienza privata dal sovrano il quale ha dimostrato evidente compiacimento, rammaricandosi che circostanze non avessero permesso finora un nostro incontro.

Ha avuto parole di sincera simpatia per l'Italia, mostrandosi desideroso approfondirne personale conoscenza ed auspicando felice ritorno tradizionali rapporti di cordiale amicizia col nostro Paese. Ha mostrato particolare interesse per persona e pensiero politico nostro ministro degli affari esteri conte Sforza, ottenendo da me ampi ragguagli. Sovrano appariva manifestamente preoccupato per situazione internazionale, e mi è sembrato anche interna, con accenni pessimistici per l'avvenire. Notizia mia udienza è stata oggi pubblicata anche per desiderio del sovrano.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A BUENOS AIRES, LIMA, RIO DE JANEIRO, SANTIAGO E WASHINGTON E ALLE LEGAZIONI A BOGOTÀ E MONTEVIDEO

T. 2399/c. Roma, 13 febbraio 1947, ore 18.

Nel periodo che ci divide dalla discussione per la ratifica, Governo e Nazione contano più che mai su ardente zelo codesta rappresentanza per promuovere nuova

e più urgente azione dei nostri amici in favore di una pace giusta riprendendo di fronte ai Governi dei Paesi vincitori le idee che nell'interesse della ricostruzione europea e della pace ho delineato nella mia nota del l Ocorrente 1• Quanto ella farà fin da oggi in questo senso costituirà massimo suo servizio Paese.

(Per Washington) Conto su lei per agire anche sui circoli del Senato non solo per appoggi economici ma anche per avviamento concessioni circa trattato. (Per tutti) Mi riferisca circa azione svolta e risultati 2 .

64 2 Vedi D. 30. 3 Per le risposte vedi rispettivamente DD. 75 nota 2, 94 e 126. La risposta da Mosca non è stata rinvenuta. 65 1 Non rinvenuto.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 2447/88. Roma. 13 febbraio 1947, ore 19,30.

Seguito mio 87 1 . Nel corso conversazione con Bevin ella vorrà anche richiamare sua attenzione su seguenti questioni attualmente in corso esame presso codesto Governo:

l) Nostra partecipazione pace con Germania. V.S. potrà al riguardo precisare che esposizione nostri desiderata comprenderà soprattutto questioni di interesse diretto per l'Italia particolarmente in materia economica.

2) Tangeri (telegramma di questo ministero n. 2293)2.

3) Nostre note proposte relative naviglio eccedente (vedi telespresso ministeriale

n. 1470 del 19 ottobre scorso anno) 3 . 4) Inchiesta colonie (telegramma di questo ministero n. 2328/c.) 4• In merito questione coloniale, poiché ci è stato fatto presente da più parti

e anche in occasione recente viaggio a Washington, che soluzione di essa dipende quasi esclusivamente da Gran Bretagna, sarebbe nostro vivo desiderio poter avere costì qualche contatto, anche soltanto ufficioso ed esplorativo, per ricercare possibilità soluzione che, mentre non leda interessi britannici, sia di soddisfazione per noi e possa costituire base amichevole per una proficua e leale collaborazione fra i due Paesi.

5) Circa questioni finanziarie ed economiche, e specialmente per quelle connesse con trattato pace, che saranno discusse in occasione prossimo viaggio Menichella, confidiamo su benevolo comprensivo atteggiamento britannico nei nostri riguardi.

2 T. 2293/c. dell'l l febbraio, non pubblicato.

1 Non pubblicato.

4 Non rinvenuto.

66 1 Vedi D. 48. 2 Identico testo, ad esclusione delle istruzioni per Washington, venne inviato in data 20 febbraio all'ambasciata a Città del Messico e alle legazioni a Caracas. l'Avana e Quito (T. 2877/c.).

67 1 Vedi D. 57.

68

IL MINISTRO A CARACAS, FERRANTE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2102-2103/20-21. Caracas, 13 febbraio 1947, ore 19,50 (per. ore 9 del 14).

Questo Ministero degli affari esteri mi ha pregato trasmettere a V.E. sensi più vivi simpatia del Governo e del popolo venezuelano ora così triste per il nostro Paese.

Dichiarazione fatta questo ministro degli affari esteri deve essere intesa nel senso che è disposto appoggiare ogni iniziativa che verrebbe eventualmente presa per revisione trattato di pace nostri confronti.

69

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2082/65. Vienna, 13 febbraio 1947, ore 20,30 (per. ore 7,30 del 14).

Stampa locale riporta malumore della riunione Partito popolare altoatesino del 10 febbraio che esprime suo malcontento per mancata esecuzione accordo De Gasperi-Gruber da parte italiana specialmente riguardo progetto autonomia e questione optanti.

Propaganda e manovra da me segnalata nel mio rapporto 232 del l O febbraio 1 sono quindi in pieno svolgimento e tendono, prospettando inesatta realtà, influenzare Governo austriaco e Alleati perché sia provveduto includere nel trattato per Austria garanzie internazionali per esecuzione accordo Parigi da parte nostra.

Mentre permettomi far presente suggerimento di cui al mio rapporto anzidetto relativo esecuzione accordo De Gasperi-Gruber, sarebbe opportuno chiarire a Governo austriaco e Alleati, onde rettificare dichiarazione Partito popolare altoatesino, che discussioni su revisione opzioni sono state sempre rinviate per assenza continuata ministro Gruber (vedi miei telegrammi 10 e 26)2 e che statuto autonomia è connesso con Costituzione Stato italiano attualmente ad esame Assemblea costituente. Circa discussioni revisione opzioni, pregherei farmi conoscere punto di vista di codesto ministero su quanto formato oggetto mio rapporto 155 del 30 gennaio 3 .

2 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 651 e 672.

3 !hid., D. 723.

69 1 Vedi D. 53.

70

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI

T. 2461/41. Roma, 13 febbraio 1947, ore 22,30.

Suoi telegrammi n. 9 e 43 in data 11 gennaio e 7 febbraio u.s. 1 .

Mentre per specifica questione beni ministero le ha già fatto pervenire dettagliate istruzioni (riscontrando suo telegramma n. 8) 2 , per quanto riguarda connessione fra emigrazione e beni V.S. vorrà tenere presente:

l) che ci conviene far comprendere, senza fare formale abbinamento, che trattative emigrazione sarebbero facilitate da equo e sollecito componimento questioni beni;

2) che soluzione unilaterale brasiliana vendita averi italiani, colpendo dolorosamente nostra opinione pubblica, scoraggerebbe venuta costì lavoratori italiani.

71

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 358/168. Stoccolma, 13 febbraio 1947 (per. il 18).

La firma dei trattati di pace, specie di quelli con l'Italia e con la Finlandia, insieme alle circostanze che l'hanno preceduta e accompagnata, è stata seguita dalla stampa e dall'opinione pubblica di tutti i settori con il più vivo interesse.

Per ciò che si riferisce particolarmente al nostro, questa stampa aveva già portato la sua attenzione sul formarsi dell'indirizzo politico del Governo italiano attraverso le difficoltà della crisi ministeriale e, successivamente, quelle sorte in seno all'Assemblea costituente. La notizia che l'Italia era disposta a firmare è stata data da questa stampa con il massimo rilievo. Largo spazio e titoli di prima pagina tutti i giornali hanno riservato alla cerimonia di Parigi e all'atteggiamento dei nostri delegati sottolineando il concetto della revisione insito nelle dichiarazioni del conte Sforza alla Costituente, secondo cui l'Italia era stata autorizzata a deporre in via di eccezione una dichiarazione che subordinava la firma del trattato alla ratifica dell'Assemblea nonché le parole pronunciate dal marchese di Soragna subito dopo la firma secondo cui il documento non aveva il carattere di un vero trattato ma costituiva un insieme di prescrizioni imposte all'Italia.

Il concetto del Diktat è largamente accolto e diffusamente spiegato specie dalla stampa liberale, che si identifica con la grande stampa d'informazione e che, in questa occasione, si è mostrata di gran lunga la più benevola nei nostri riguardi. Essa ha infatti illustrato per i suoi lettori tutta la via crucis dell'Italia, dal colpo di Stato del 25 luglio attraverso la fase delle promesse e della cobelligeranza fino al trattato. Le perdite territoriali dell'Italia sono messe in rilievo e particolarmente sottolineate sono le clausole economiche ed il grave fardello che esse rappresenteranno per la vita futura del Paese.

La stampa socialdemocratica non accoglie la tesi del Diktat ma sviluppa una sua teoria secondo la quale i popoli, pur non essendo responsabili delle malefatte dei loro governanti, debbono cionondimeno portarne, parzialmente, il peso.

Nel complesso tutta la stampa mostra della comprensione nei nostri riguardi e critica in misura maggiore o minore, a seconda della tendenza politica, la sostanza e la forma del trattato.

Solo il comunista Ny Dag nel suo editoriale esprime l'incondizionata approvazione dei trattati di cui loda l'equità e che considera una più sicura base per la pace di quella costituita, a suo tempo, dal trattato di Versaglia.

È da ultimo degno di rilievo il fatto che, mentre tutti i giornali hanno inserito nei loro editoriali una frase in cui si sottolinea che l'interesse maggiore di questo Paese va al trattato con la Filandia, il massimo rilievo ed i più estesi commenti sono stati riservati al trattato italiano.

Col rapporto stampa odierno 1 trasmetto in riassunto i principali articoli pubblicati sull'argomento.

70 1 Con T. 43 Martini aveva sollecitato chiarimenti (già richiesti con il T. 9, non pubblicato) circa lo stato dei rapporti itala-brasiliani in materia di emigrazione e di sblocco dei beni. 2 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 652 e 655.

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IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, ROVASENDA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 2813/01. Assunzione, 14 febbraio 1947 (per. il 28).

Ho visto questa mattina il ministro degli affari esteri, dott. Federico Chaves, il quale, accennando alle condizioni di pace fatte all'Italia, mi ha detto che esse sono del tutto ingiuste di per se stesse e tanto più se poste in relazione all'utile cobelligeranza dell'Italia. Questa non è soltanto l'opinione sua personale, ma è quella di tutto il Sudamerica e probabilmente anche degli Stati Uniti che non hanno potuto opporsi a talune pretese delle altre Potenze.

Il ministro ritiene che il trattato, il quale, secondo lui, rappresenta un compromesso fra le esigenze russe e più favorevoli tendenze americane, non sussisterà nella sua integrità per lungo tempo e dovrà essere sottoposto a revisione nell'interesse generale.

Egli sembrava sinceramente addolorato dall'imposizione fatta all'Italia, alla quale questo Paese è unito da tanti vincoli e molti dei suoi cittadini da legami familiari.

Sapeva che taluni italiani avevano in questi ultimi giorni mostrato qualche apprensione circa la sorte dei loro beni. Spontaneamente mi dichiarò che gli italiani qui non avevano nulla che temere circa i loro beni: il Paraguay avrebbe continuato a rispettarli come in passato e al riguardo poteva dare le più ampie assicurazioni che mi pregava di riferire a chi avesse dubbi in proposito.

Il ministro e il suo Governo desideravano che la collettività italiana nel Paraguay si rafforzasse per numero e ciò nello stesso interesse del Paraguay pel quale è indispensabile un incremento di popolazione. L'emigrazione italiana è la migliore non soltanto per la capacità di lavoro dei nostri connazionali ma anche perché essa si assimila all'elemento locale e dopo la prima generazione diventa completamente partecipe delle sorti del popolo paraguayano, pur non dimenticando il suo Paese d'origine. Non desidera invece che gli italiani che vengono qui siano spinti ad assumere essi stessi la cittadinanza paraguayana, perché ciò potrebbe rappresentare un atto non sempre sentito.

Non altrettanto soddisfatto è dell'emigrazione polacca che si preannuncia verso il Paraguay, desiderata dall'Inghilterra per sistemare i numerosi polacchi che durante la guerra hanno combattuto al suo fianco. Tale emigrazione è però aiutata finanziariamente dell'Inghilterra e dagli Stati Uniti che assicurano l'invio qui degli immigranti senza costo di spese per il Paraguay, e, anzi, con ampi mezzi per la loro sistemazione (compra dei terreni, loro messa in valore, costruzioni delle case, acquisto degli strumenti rurali, delle sementi, assistenza per un lungo periodo di tempo, ecc.).

Il Paraguay non potrebbe purtroppo, date le sue condizioni di bilancio, sopportare ora nessuna spesa per i desiderati immigranti italiani, e neppure saprebbe come ottenere capitali attraverso le banche.

Per i terreni di proprietà demaniale il Paraguay pone condizioni di pagamento per gli stessi paraguayani che rientrano in patria, e non potrebbe quindi cederli senza corrispettivo, sia pure modesto, agli immigranti stranieri. Il problema è sempre lo stesso: mancanza di capitali. Si rende conto che neppure l'Italia ha capitali disponibili e che al momento attuale si può soltanto favorire un'emigrazione limitata ai mezzi disponibili dei privati.

Il ministro Chaves mi ha detto, in tema di emigrazione, sostanzialmente le stesse cose che il suo predecessore Soler (mio telespresso n. 559/226 del 28 settembre u.s.) 1 e, per parte mia, circa la possibilità pratica di una nostra emigrazione qui, non posso che riferirmi a quanto ho già avuto occasione di esporre a codesto ministero.

Ad ogni modo, le parole dettemi dal ministro degli esteri testimoniano di buona volontà nei nostri riguardi, la quale può avere riflessi utili per la concessione dei permessi d'ingresso di italiani nel Paraguay che vengono richiesti a queste autorità da connazionali qui residenti agli effetti degli «atti di chiamata», il cui numero è venuto aumentando in questi ultimi tempi.

71 1 Non pubblicato.

72 1 Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARPESANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2217/54. Buenos Aires, 15 febbraio 1947, ore 15,37 (per. ore 8 del 16).

Ieri 13 corrente, col consueto cerimoniale, ho presentato le lettere credenziali al presidente della Repubblica, generale Peron. Lungo il percorso corteo vetture erano esposte in molti edifici bandiere argentine ed italiane. Varia folla ha applaudito a Italia al passaggio e specie all'arrivo al palazzo del Governo. Incontro col presidente ha avuto particolare carattere cordialità. Presidente, presente ministro degli affari esteri Bramuglia, mi ha intrattenuto per oltre mezz'ora. Ha ripetuto espressioni amicizia verso l'Italia di cui apprezza sforzo ricostruzione e sacrifici momento attuale dichiarando di fare quanto possibile per aiutarci e rendere sempre più stretti nostri rapporti. Ho confermato al presidente sentimenti simpatia verso Argentina del popolo italiano esprimendo saluto ed augurio personale del capo dello Stato, del presidente del Consiglio e del ministro degli affari esteri dei quali mi rendevo interprete. Ho aggiunto che l'Italia sentiva riconoscenza per aiuti argentini nel campo rifornimento alimentare ed aveva apprezzato intervento personale presidente Peron.

Prendendo spunto da tale ringraziamento ho voluto richiamare situazione angosciosa perdurante per mancanza grano facendo presente urgenza invio entro 4 prossimo mese quantitativo promessoci in 400 mila tonnellate. Presidente ha assicurato volersi interessare personalmente per realizzare quanto richiestogli. Aderendo a mia ulteriore richiesta esaminare possibilità che 50 mila tonnellate ultimamente spedite e 20 mila attualmente in partenza siano considerate extra, presidente della Repubblica ha augurato venuta lavoratori italiani, insistendo su ambiente favorevole e su condizioni economiche e sociali già stabilite dalle leggi vigenti. Ho assicurato presidente della Repubblica che la questione è studiata Roma ed appoggiata da me con preoccupazione di stabilire miglior forma nell'interesse lavoratori e nell'interesse stessa Argentina. Discussione in proposito è stata piuttosto vasta dandomi impressione essere uno dei punti la cui soluzione positiva maggiormente interessa presidente.

Ho quindi prospettato situazione italiana anche in rapporto al trattato di pace e illustrando ragioni che esigono giustizia per l'Italia ed utilità per tutte le Nazioni di usare tale giustizia con l'Italia in vista di una sua fondamentale funzione mediatrice internazionale.

Presidente ha aderito con parole calorose esprimendo desiderio di poter positivamente aiutarci perché Italia ottenga revisione trattato. Ha detto poi di voler prossimo colloquio chiarire possibilità di orientamenti comuni per un'azione internazionale che miri alla pace influendo sui valori grandi blocchi. Ho ringraziato presidente atteggiamento Argentina circa trattamento beni italiani.

Nei vari ulteriori argomenti trattati e a conclusione del colloquio il presidente si è dichiarato pronto a facilitare il mio compito, dichiarandomi testualmente che non può essere diversamente perché egli è un italiano e perché Argentina ha debiti enormi verso di noi che ne abbiamo creato l'attuale grandezza. A mia volta ho fatto al presidente dichiarazioni di massima cordialità e di nostra volontà di collaborare per lo sviluppo delle relazioni in ogni campo nell'interesse dei due Paesi.

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L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2237/52. Rio de Janeiro, 15 febbraio 1947, ore 19,35 (per. ore 11,15 del 16).

Ho visitato ieri presidente Dutra che mi ha trattenuto in lungo colloquio oltre un'ora. Gli ho fatto presente necessità di portare in questa seconda fase i problemi della collaborazione fra nostri due popoli sopra un terreno di realizzazioni concrete.

Presidente ha subito mostrato, come era facile prevedere, suo particolare interesse sul problema emigrazione. Riferisco su questo punto con successivo mio telegramma odierno 1 . In proposito tengo rilevare che attuale delicato svolgimento pratiche per composizione questione beni verrebbe pregiudicato se non dessimo impressione nostro interessamento questione emigrazione. Ho prospettato presidente nostra richiesta componimento sollecito equo questione beni come elemento indispensabile su piano generale dello sviluppo concreto efficace preesistenti relazioni italo-brasiliane. Presidente ha prestato molta attenzione mie argomentazioni che hanno sottolineato vari titoli della complessa questione (navi, proprietà sia dello Stato che di società e privati non pochissimi, di associazioni civili ecc). Ho inoltre rilevato essere inammissibile che le soluzioni siano espressione di un Diktat, ed ho messo in luce necessità consultazioni con questa ambasciata onde decisioni siano adottate dopo aver ascoltato nostro punto di vista e sentito informazioni che siamo in grado fornire. In generale sono tornato a raccomandare che brasiliani si ispirino a larghi criteri liberali anche in considerazione reciproco sviluppo nostre relazioni economiche culturali.

Presidente ha mostrato essere convinto necessità soluzione pronta ed equa e mi ha assicurato che si riserva conferire direttamente coi ministri interessati e stessa Commissione riparazione.

In sostanza ho tratto convinzione dell'intervento personale del presidente nella questione che continuerò sorvegliare anche per questa autorevole via presidenziale che, a mio avviso, è la più utile allo stato attuale delle cose per tentare vincere resistenze opposti interessi e opinioni.

Mi risulta che, dopo miei nuovi passi precedente colloquio 2 , questione svincolo Casa d'Italia [e immobili] simili, che è un importante aspetto del problema generale

74 1 Vedi D. 77. 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 686.

dello sblocco dei beni, è allo studio questo Ministero degli affari esteri per quanto con criteri ristretti. Ho raccomandato presidente fare ispirare anche questo provvedimento ad un più largo e completo senso giustizia equità 3 .

75

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2231/176. Londra, 15 febbraio 1947, ore 21,50 (per. ore 9,20 del 16).

In colloquio con Bevin svoltosi iersera nella consueta confidenza ho riferito preliminarmente quanto suggeritomi da V.E. 1 incontrando comprensione e cordiale apprezzamento.

Richiamandomi sue precedenti promesse e mettendo in evidenza come questo sia momento psicologico e occasione improrogabile per persuadere italiani che firma pace non ha risultati tutti negativi ma apre nuova via alla considerazione nostri diritti ed alla stessa interpretazione trattato, gli ho detto che possibilità ottenere ratifica da Costituente dipende essenzialmente dal sollecito sostanziale verificarsi di tale incoraggiante avviamento.

Sorvolando su mie argomentazioni particolari riassumo sue risposte:

l) Personalmente non ha mai messo in dubbio che firma del trattato pur essendo impegnativa per Governo italiano dovesse essere integrata da ratifica parlamentare. Essendo sempre stato convinto che nostro realismo ci avrebbe persuaso a firmare, così ha piena fiducia che Costituente darà prova stesso senso responsabilità ratificando e permettendo sollecito accoglimento Italia Nazioni Unite, sola sede in cui essa sarà in grado tutelare suoi interessi e promuovere sue aspirazioni.

2) A tale fine egli è pronto favorire, per quanto difficoltà inglesi lo consentano, ogni equa soluzione nostri problemi pendenti. È dolente che sua imminente partenza per Mosca impedisca concordare ora venuta Londra ministro esteri italiano. Intanto vede con favore venuta Menichella ed esperti per lavori preparatori su questioni economiche fra le quali liberazione beni italiani in Inghilterra. Darà istruzioni perché questioni altro genere, di cui glio ho lasciato elenco, vengano avviate soluzione attraverso normale via diplomatica.

3) Circa accordo commerciale impostato a Londra ha promesso interessarsi ancora per dargli più sollecita e larga applicazione.

4) Personalmente vede con favore, in linea di massima, mia reiterata proposta (sulla quale Dalton si era espresso con me favorevolmente) per retrocessione all'I,talia quota inglese nostra Marina in vista utilizzazione metalli, nonché riesame misure previste da trattato per affondamenti. Per quanto riguarda retrocessione ha già conferito con Ammiragliato, ma non ritiene opportuno sollevarla di fronte possibili contrarie vedute altre Potenze cointeressate fino a che ratifica trattato non conferisca rapporti anglo-italiani piena indipendenza.

5) Circa partecipazione osservatori esperti italiani a lavori Commissione d'inchiesta colonie mi ha dichiarato che a New York egli ha precisato due punti: a) la commissione non inizierà suoi lavori che dopo ratifica trattato ossia dall'inizio decorrenza dei dodici mesi previsti;

b) a ratifica avvenuta l'Italia avrà diritto di essere consultata. L'affiancamento di un elemento italiano alla Commissione d'inchiesta potrebbe, secondo lui, rientrare in tale prevista consultazione 2•

6) Nostra ripresa commerciale con colonie e riapertura banche italiane dipende da amministrazione militare già interessata alla questione. Egli non potrà che influire politicamente a favore provvedimenti da noi auspicati e che, gli ho fatto presente, corrispondono essenzialmente interessi popolazioni locali.

7) Circa opportunità prospettatagli presenza Londra nostro esperto (Cerulli già qui bene istradato) per primi contatti studi futura soluzione coloniale, mi ha detto che ciò non può avvenire ufficialmente dovendosi evitare sensazione che l'Inghilterra inizi passo unilaterale nei nostri confronti, ma nulla vieta che occasionali contatti informativi possano aver luogo fra Dipartimento ricerche e nostro esperto come avvenuto in passato.

8) Circa riammissione Italia Tangeri, come Harvey mi ha poi confermato, punto di vista inglese è che convenga ormai attendere ratifica trattato. Mi riservo rientrare in argomento 3 .

9) Circa problema rifugiati in Italia sorgente da sospensione intervento

U.N.R.R.A. mi ha detto nei termini più calorosi che egli richiede collaborazione nostro Governo per la loro sistemazione in Italia. Avendogli ribattuto che impresa era superiore ad ogni nostra possibilità mi ha risposto che è suo intento evitare inutile sciupio di risorse nella dislocazione di questa massa di esuli. Se l'Italia presta sua buona volontà egli si intenderà con America per intervenire «generosamente» con risorse finanziarie e forniture materie prime in modo rendere possibile tale sistemazione su base che non implichi nostro sacrificio. Incarica Charles intrattenere

V.E. su questo argomento che gli sta particolarmente a cuore.

IO) È lieto recente allentamento restrizione visti per l'Italia ed è favorevole reciproca abolizione visti intesa facilitare al massimo contatti fra i due Paesi.

che Foreign Office abbia comunicato al Dipartimento di Stato sua opposizione a inclusione italiana

Commissione colonie. Esso si è limitato a fare presente considerazioni suoi uffici tecnici secondo i quali

ammissione elementi italiani provocherebbe inevitabile analoga richiesta da parte araba e abissina».

3 Con T. s.n.d. 2799/220 del 27 febbraio Carandini riferiva essergli stata confermata la posizione

inglese sulla questione.

11) È soddisfatto provvidenze valutarie che estende (egualmente per dollaro e sterlina) regime 50% libera disponibilità valuta il che promette rimediare a lamentati artifici svalutazione sterlina su nostro mercato.

12) Circa inclusione trattato austriaco seconda parte articolo 10 nostro trattato, egli non vede alcuna ragione di nostro interesse a evitarla pur essendo personalmente indifferente. Avendo fatto osservare come nostre obiezioni dipendono dal fatto che accordo Vienna non contiene esplicita contropartita di rinunzia a future rivendicazioni territoriali austriache e come fosse almeno necessario che trattato austriaco menzioni esplicitamente rispetto statu quo frontiera italiana egli ha preso espresso appunto per ricordare tale nostra esigenza. Così dicasi per beni italiani in Austria o colà forzatamente trasferiti.

13) Circa nostra partecipazione a trattato con Germania per questioni economiche che ci riguardano, delegati supplenti (mio telegramma n. 168) 4 hanno deferito decisione a quattro ministri esteri. Nelle conversazioni che avranno luogo in proposito a Mosca Inghilterra appoggia tesi nostre necessarie consultazioni.

Stamane ho avuto lungo colloquio con Harvey che doveva conferire con Bevin. Abbiamo riesaminato dettagliatamente ognuno sopradetti argomenti. L'ho informato dei punti di vista espressi da Bevin illustrando nuovamente a fondo nostre particolari ragioni ed il generale motivo politico che suffraga presente decisivo momento. L'ho trovato consenziente e attivamente interessato nei limiti prudenziale riserva che caratterizza ogni espressione organo permanente Foreign Office.

Ritengo così aver personalmente data la più completa espressione a pensiero di V .E. pur non nascondendo che gravità momento che Inghilterra attraversa non è condizione più favorevole a messa a fuoco delle nostre questioni.

74 3 Con T. 2661/46 del 18 febbraio Fransoni rispondeva: «Approvo suo linguaggio. Questione beni italiani è della maggior importanza e rischia se non convenientemente appianata di compromettere futuro relazioni anche economiche e emigratorie itala-brasiliane. Insista per equa soluzione presso ambienti vicini presidente e presso lui stesso dato che visione politica generale Dutra trascendendo contingenze immediate può tener adeguato conto dell'avvenire. Circa emigrazione rispondo a parte». Vedi D. 132.

75 1 Vedi DD. 57 e 67.

75 2 Con T. s.n.d. 2253/178 del 16 febbraio Carandini aggiungeva: «Stamane Harvey mi ha negato

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IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2243/68. Vienna, 15 febbraio 1947, ore 22 (per. ore 12 del 16).

Mi riferisco al mio telegramma n. 65 1•

Nella conversazione che ho avuto ieri con funzionario competente questo Ministero degli affari esteri non ho mancato di attirare la sua attenzione sulle campagne stampa in Tirolo circa supposta malafede italiana nei riguardi di esecuzione decisioni prese a Parigi. Il sig. Schoner è stato con me d'accordo su queste

76 1 Vedi D. 69.

mie considerazioni e principalmente circa le discussioni su revisione opzioni, sempre per assenza del ministro Gruber, rinviate. Egli mi ha promesso di intervenire presso gli ambienti tirolesi per chiarire situazione.

75 4 Vedi D. 32, nota 2.

77

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2238/53. Rio de Janeiro, 15 febbraio 1947, ore 22,30 (per. ore 11,15 del 16).

In colloquio avuto ieri con presidente Dutra (mio telegramma 52 in data odierna) 1 , questi, confermando suo grande interesse immigrazione italiana, mi ha rilevato che Commissione brasiliana, attualmente in Europa, mentre avrebbe trovato ambienti molto favorevoli in Germania e Austria e ha ricevuto espressioni di azione concreta tale linea di condotta, non avrebbe riscontrato stesse disposizioni nei suoi contatti a Roma. Presidente mi ha confermato comunque sua ottima disposizione verso immigrazione dall'Italia. Ho avuto anzi conferma impressione di speciale sua predilezione verso nostra immigrazione, come altre volte ho riferito a codesto ministero. Stesso presidente mi ha soggiunto che, se nostro Governo è disposto realmente a trattative per rapida favorevole soluzione, egli darebbe pronte istruzioni alla suddetta Commissione recarsi nuovamente Italia.

Mi permetto far presente V.S. massima urgenza bozza sue intenzioni onde poterne dare comunicazione presidente, non solamente per interesse problema specifico emigrazione ma nella fiducia che avviamento trattative al riguardo influirebbe favorevolmente sopra azione presidenziale circa componimento sollecito ed equo questione beni. Anche nel colloquio di ieri, senza far abbinamento formale due questioni e tanto meno esprimere opinioni che potessero porle sotto l'aspetto di contropartite, non ho mancato rilevare che tutte questioni nostre relazioni muovonsi sopra un piano generale e che risoluzione problema beni faciliterebbe le altre trattative, mentre una soluzione vessatoria al riguardo scoraggerebbe anche immigrazione. Ho pure riassunto alcune idee circa trattative immigrazione, rilevando che al fine porle sul terreno concreto e di facilitarle, occorrerebbe fra l'altro, da parte Governo brasiliano, elaborare piano organico promulgando contenuto in limiti possibilmente pratici, disporre stanziamento mezzi (mi risulta che il presidente è disposto chiederli al suo Governo), stabilire commissioni miste o comunque disporre ufficialmente contatti organi due Paesi, favorevoli condizioni lavoro fra cui predisposizioni alla formazione piccola proprietà agraria lavoratrice, la quale in alcune zone brasiliane è anche tecnicamente più possibile che non in altri Stati.

Ritengo, non appena [ricevuta] risposta V.E., dover sviluppare con presidente e con questo Ministero degli affari esteri questo punto e gli altri che la S.V. consigliasse, onde sollecitare opportunamente stesso presidente dare concrete utili istruzioni alla Commissione brasiliana costà 2 .

77 1 Vedi D. 74.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

TELESPR. RISERVATO 236 SEGR. POL. Roma, 15 febbraio 1947.

Fra le quattro colonie messe in valore dal lavoro italiano in Africa, la Cirenaica, per la sua situazione climatica e geologica è quella che presenta maggiori possibilità di sviluppo economico. La popolazione italiana vi costituiva nel 1939 un terzo della popolazione totale composta di 60 mila italiani e di 130 mila arabi, questi ultimi, salvo pochi commercianti nei centri urbani, dediti esclusivamente alla pastorizia.

I senussi, è bene avere sempre presente questo dato di fatto nella trattazione del problema cirenaica, non sono una popolazione. La Senussia è una confraternita religiosa che è riuscita ad acquistare influenza politica nella seconda metà del secolo scorso sviluppandosi, ad opera del suo fondatore l'algerino Mohamed Ibn el Sehussi, nella Saudia, nella Cirenaica e nei territori compresi fra la Cirenaica e il lago Ciad (attuale Africa equatoriale francese). Imponendosi con metodi vessatori alle tribù locali la Senussia, nel convertirle alla propria fede religiosa, provocò rapidamente turbamenti politici in quelle zone e incorse nella repressione delle Potenze che di quelle stesse zone avevano il controllo: i suoi adepti furono conseguentemente espulsi dal Tibesti, dal Borcu e dal Wadai in seguito alle operazioni militari condotte dai francesi particolarmente nel 1912-13; furono battuti dalle truppe inglesi del generale Maxwell nel 1916 nei territori compresi fra l'Egitto e la Cirenaica; e furono estromessi dalla Saudia ad opera di Ibn Saud e dei Wahabiti.

A proposito delle operazioni condotte nel 1916 dal generale Maxwell contro la Senussia è da ricordare che i capi di questa setta, nel corso della prima guerra mondiale, sobillati dalla Germania, avevano assunto un atteggiamento anti-britannico e che dopo la sconfitta allora subita il suo capo, Ahmed el Scerif es Senussi, veniva trasportato a Pola (in quel tempo austriaca) da un sottomarino tedesco.

L'Italia addivenne nel 1917 e nel 1920 a due successivi accordi con la Senussia, instaurando con essa una politica di collaborazione; ma tale politica non ebbe successo, e nel 1923 il Governo fascista, sopravvenuto al potere in Italia, troncò

ogni ulteriore trattativa; in seguito alle operazioni militari successivamente condotte, la Senussia perdette anche in Cirenaica ogni influenza e i suoi capi si stabilirono in Egitto.

Nella documentazione fotografica relativa a questo territorio, e nell'opuscolo «La colonizzazione in Cirenaica» (entrambi in possesso di codesta ambasciata), sono elencate ed illustrate le realizzazioni del lavoro italiano in questo Paese.

Durante la guerra, l'autorità militare, considerato che la Cirenaica era diventata un campo di battaglia dove il susseguirsi delle vicende belliche rendeva impossibile ogni attività economica, ordinò lo sgombero della popolazione italiana.

Successivamente le autorità di occupazione hanno vietato qualsiasi permesso di rientro degli italiani di Cirenaica alle loro case. Si è cosi arrivati alla situazione attuale, nella quale in Cirenaica non sono stati autorizzati a rimanere che qualche centinaio di italiani. Ma tale situazione è artificiale e causata dalle contigenze di guerra (e dell'immediato dopo guerra). Anche in questo caso, dunque, si deve ritenere che non sarebbe equo, nel decidere la situazione della Cirenaica, il non tener conto delle condizioni e delle aspirazioni degli italiani colà stabilitisi e che erano arrivati a costituire, anche numericamente, una aliquota importante di quella popolazione.

Questi italiani, attualmente assistiti nei campi per rifugiati in Italia, anelano a ritornare alloro lavoro e alle loro residenze e questo loro desiderio non dovrebbe essere contrastato in quanto risponde, oltre che a quelle ragioni umanitarie che hanno ispirato e promosso tutta l'azione dell'U .N.R.R.A. per il ritorno alle loro residenze delle displaced persons, anche allo stesso interesse del Paese. Non si vede infatti quale profitto possa trarre la Cirenaica da una situazione che a poco a poco, dopo lo stato di floridezza e di progresso cui era giunta, la riporta in condizioni di regresso e di abbandono.

Ma a questo proposito si possono e si debbono fare anche altre osservazioni che investono non soltanto l'interesse dei coloni italiani o della Cirenaica in se stessa considerata, ma che rispondono a un più vasto interesse politico europeo.

La Cirenaica, fra l'Egitto da un lato e la Tripolitania e la Tunisia dall'altro, rappresenta il punto di congiunzione, o di separazione, fra il Medio Oriente, ove i Paesi arabi tendono verso orientamenti sempre nazionalistici ed esclusivistici, e l'Africa settentrionale, dove la colonizzazione europea ha dato luogo ad una situazione del tutto particolare. Quivi, infatti, con la immissione di forti nuclei europei in Tripolitania, Tunisia, Algeria e Marocco, questi Paesi hanno perduto parte delle loro caratteristiche etniche originarie per divenire Paesi arabo-europei. È evidente interesse europeo che tale processo continui e si affermi sempre più, e che questi Paesi, demograficamente, economicamente e politicamente, sempre più si orientino verso occidente e si saldino -anche se dovranno un giorno raggiungere l'indipendenza-all'Europa piuttosto che cadere sotto influenze di carattere orientale e panarabo.

La Cirenaica, per la sua scarsa popolazione indigena (130 mila anime), per le possibilità che essa offre di accogliere una assai più numerosa popolazione europea, si presenta in condizioni ideali per poter essere trasformata, in tempo anche breve, nel più europeo tra i Paesi dell'Africa settentrionale, ciò che anche per la sua posizione geografica rappresenta un interesse politico evidente per tutta l'Europa e per tutti i Paesi mediterranei. Anche dal punto di vista degli interessi politico-militari della Gran Bretagna, una Cirenaica abitata dalla sola popolazione indigena e dominata dalla Senussia, si rivelerebbe a lungo andare di danno più che di vantaggio. Essa non tarderebbe infatti ad agganciarsi ai Paesi arabi del Medio Oriente, manovrati dalla Lega araba, dall'Egitto, ed eventualmente da altri Paesi interessati, complicando vieppiù quella delicata situazione che la Gran Bretagna si trova già ora a dover fronteggiare e che le impone, sia pure au ralenti, il progressivo inevitabile abbandono delle sue tradizionali posizioni, sotto la spinta nazionalistica e xenofoba dell'opinione pubblica di quei Paesi. Una Cirenaica popolata in grande maggioranza da europei costituirebbe invece una ben diversa e più solida garanzia per la sicurezza sia della Gran Bretagna che dell'Europa, e rappresenterebbe un efficace baluardo a difesa degli interessi delle popolazioni e dei Paesi europei nell'Africa settentrionale.

E pertanto noi chiediamo, dopo il ritorno dei nostri coloni in Cirenaica, che si dia al problema relativo alla definitiva sistemazione di questa nostra colonia una soluzione tale che ci consenta di poter continuare quell'opera di valorizzazione che vi avevamo con successo intrapreso mediante lo sviluppo della sua economia agricola e l'immissione di nuovi coloni. Ciò potrebbe farsi anche sotto l'egida e il controllo dell'O.N.U., in forma e con modalità non difficili a concordarsi.

Noi siamo persuasi che quanto chiediamo risponde non soltanto all'interesse italiano di non vedere andare disperso il frutto di tanti sacrifici e di tanto lavoro e di mantenere aperto alla nostra emigrazione un Paese in condizione di poterla assorbire, ma risponde altresì ad un interesse europeo, cui in particolare non dovrebbero essere insensibili Governi come quello francese e britannico.

Delle considerazioni che precedono la S.V. potrà valersi per illustrare il nostro punto di vista sulla questione, riportandolo anche, se ritenuto opportuno, per iscritto sotto forma di promemoria confidenziale.

77 2 Per la risposta vedi D. 132.

79

IL CAPO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO URGENTE. Roma, 15 febbraio 1947.

La Commissione economica del Consiglio dei ministri degli esteri incaricata di studiare la sistemazione dei problemi economici del Territorio Libero, dopo aver preso contatto col Governo italiano e quello jugoslavo rientrerà nei prossimi giorni a Trieste dove si ritiene che si tratterrà ancora qualche settimana.

Appare indispensabile ed urgente che i contatti già stabiliti tra di noi e la predetta Commissione, prima a Trieste e poi a Roma, non siano abbandonati. Ciò è tanto più imperativo in quanto a Trieste continua a permanere una delegazione jugoslava, presieduta da un funzionario con rango di ministro e munita dei più ampi poteri, la quale evidentemente non lesinerà alcuno sforzo per far prevalere i propri punti di vista e le proprie proposte per quanto riguarda i futuri rapporti economici tra il Territorio Libero e la Jugoslavia.

Ciò induce ad insistere sulle considerazioni già lumeggiate in altra occasione, nel senso cioè di tener presente la necessità di:

a) stabilire in maniera precisa la linea d'azione che il Governo italiano intende seguire nei riguardi dei rapporti futuri tra Italia e Territorio Libero;

b) costituire un organo centrale a Roma che elabori, coordini e diriga tale anone;

c) inviare a Trieste una delegazione permanente, col compito di riferire sugli sviluppi della situazione e mantenere i necessari contatti con le attuali e con le future autorità nel costituendo Territorio Libero.

80

IL CAPO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO RISERVATISSIMO. Roma, 15 febbraio 1947.

l. Nel corso delle discussioni degli ultimi giorni è stata sostenuta la tesi che l'Italia debba attendere l'esito delle elezioni nel Territorio Libero prima di decidere in quale misura impegnarsi economicamente per difendere le proprie posizioni a Trieste.

Si osserva al riguardo: a) che le elezioni, con ogni probabilità, non avranno luogo per molto tempo ancora: forse un anno, forse anche più; b) che le elezioni stesse saranno in gran parte inf1uenzate dall'atteggiamento che il Governo italiano prenderà nel frattempo sulle questioni interessanti l'avvenire economico di Trieste; c) che comunque, in base ai termini del trattato, verrà addossata all'Italia una parte notevole degli oneri derivanti dalle prime necessità di vita del Territorio Libero. Ne consegue che un nostro atteggiamento troppo cauto in questo momento potrebbe avere la conseguenza di compromettere definitivamente le nostre posizioni a Trieste, pur limitando in ultima analisi solo parzialmente i nostri sacrifici.

2. È affiorata d'altra parte la preoccupazione che delle manifestazioni troppo marcate dell'interessamento del Governo italiano nei futuri rapporti tra Italia e Territorio Libero potrebbe insospettire i Quattro Grandi, inducendoli a ravvisare un tentativo di evadere lo spirito della soluzione stabilita dal Trattato di pace, precostituendo il mantenimento del Territorio Libero nell'orbita italiana.

Si osserva al riguardo che tali contatti avuti con i rappresentanti americani ed inglesi nella Commissione economica del Consiglio dei ministri degli esteri, inviata a Trieste, è risultato palese il desiderio di facilitare ed anzi incoraggiare in ogni modo una simile azione da parte del Governo italiano, al fine di sottrarre il Territorio Libero ad una prevalente inf1uenza slava che è da loro temuta e decisamente non voluta.

81

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 351/79. Mosca, 16 febbraio 1947 (per. il 3 marzo).

La firma dei trattati di pace avvenuta il 10 corrente a Parigi è stata messa in particolare rilievo da tutta la stampa sovietica.

Per quanto più direttamente riguarda il nostro trattato di pace, segnalo che due brevi commenti sono stati finora pubblicati: uno sulla Pravda e l'altro sul Moscow News, il noto giornale sovietico in lingua inglese.

Nel primo si fa riferimento ad una frase che avrebbe pronunziato l'ambasciatore Soragna durante un'intervista concessa alla Reuter nel giorno stesso della firma, e cioè: «Oggi è un giorno triste per l'Italia». E tale frase, sottolinea la Pravda, è stata detta prima ancora che l'inchiostro della firma apposta al trattato fosse asciugato. Il quotidiano in parola ne prende poi spunto per aggiungere che si sarebbe potuto capire che il giorno nel quale si firma un trattato che rimette l'Italia fra le Nazioni amanti della pace sia un giorno triste per i fascisti ed i neo-fascisti, ma è difficile comprendere come il rappresentante del Governo italiano possa mostrarsi solidale con essi.

Come ho telegrafato (mio n. 61 paragrafo l del 12 febbraio 1947) 1 , i giornali sovietici hanno riprodotto integralmente e messo in rilievo la nota dichiarazione di protesta del ministro degli esteri jugoslavo all'atto della firma. Della nostra protesta, invece, nulla è stato detto sulla stampa russa.

E il Moscmr News riferendosi proprio alla protesta jugoslava scrive che è difficile dire che i trattati di pace non abbiano delle manchevolezze. Questo, aggiunge il giornale, è stato chiaramente espresso dalle dichiarazioni jugoslave in relazione al trattato con l'Italia.

Tale argomento, che sebbene svolto oggi contro di noi, poteva costituire domani un'arma a nostro favore per chiedere una qualche revisione delle clausole imposteci, non è stato più ripreso dai più rappresentativi giornali sovietici. Questi si sono evidentemente accorti che appoggiando troppo apertamente la tesi jugoslava, avrebbero potuto finire col dare essi stessi degli argomenti a noi, ed agli altri quattro firmatari di Parigi, per chiedere una moditìca all'ingiusto trattato.

Ed infatti si sono avuti nei giorni successivi lunghi ed elaborati articoli di fondo sull'Isvestia, Krasnaja Svesdà, Pravda ecc. sulla firma dei cinque trattati di pace. Ma in detti articoli si sono sviluppati i seguenti argomenti, tutti, come vedrà la S.V., che ribadiscono in pieno il concetto dell'equità e della imprescindibile necessità della stretta e rigorosa osservazione dei trattati:

-La firma era necessaria per liquidare rapidamente tutte le conseguenze della guerra, e per regolare e stabilire le relazioni internazionali.

-I predetti trattati sono giusti, perché da una parte non lasciano impunita la partecipazione all'aggressione, e dall'altra soddisfano le eque domande degli Stati vittime dell'aggressione.

-I trattati non portano il marchio della vendetta, non intaccano la sovranità dei vinti, e tutte le loro clausole -sia politiche che economiche -garantiscono l'indipendenza di detti Stati.

-l predetti trattati facilitano lo sviluppo democratico dei firmatari, e indicano loro la via da seguire per una pacifica collaborazione con gli altri Paesi.

-Le riparazioni rappresentano un altro segno dell'equità dei trattati, perché si dà un risarcimento ai danni subiti, e d'altra parte il loro peso non è tale da impedire lo sviluppo economico dei firmatari.

-Nelle trattative a Parigi e a New Y ork si è constatato, ancora una volta, che soltanto quando vi è la piena collaborazione e il perfetto accordo fra i Grandi, cioè quando si applica il principio dell'unanimità e non si seguono subdole manovre di maggioranze meccaniche, si può ottenere il pacifico sviluppo e lo stabile mantenimento delle relazioni internazionali.

-Si ricorda che proprio a mezzo di detto accordo si è evitato di trasformare Trieste in un «territorio governatoriale», e di sottomettere l'economia dei vinti all'arbitrio dei vincitori.

-I predetti trattati devono essere eseguiti con ogni fermezza, e l'osservanza esatta e leale degli obblighi assunti è essenziale per la pace universale.

-Infine si osserva che i resti del fascismo cercano di riprendere terreno, e ciò si è visto specialmente in Italia il giorno in cui a Parigi ha avuto luogo la firma. «È naturale -scrive la Pravda -che i fascisti siano furenti contro tali trattati».

Ho voluto riportare con ogni precisione i vari argomenti della stampa sovietica, perché essi ci danno l'esatta comprensione di ciò che pensa il Governo sovietico sui trattati di pace in generale, e sul nostro in particolare.

Le mutilazioni territoriali avute, il peso delle riparazioni imposteci, le clausole politiche militari ed economiche che vincolano la nostra indipendenza e libertà e depauperano la nostra ricchezza, tutto ciò è perfettamente equo per i sovietici!

Inoltre, nessuna speranza di revisioni o di modifiche a nostro favore: il trattato deve essere eseguito con ogni fermezza e osservato lealmente!

Questi due punti è bene che li teniamo sempre presenti: essi sono essenziali nei nostri rapporti con l'U.R.S.S. È inutile quindi farci illusioni, che possiamo rivolgerei a Mosca per cercare di ottenere delle modifiche alle clausole firmate a Parigi, oppure per avere magari soltanto una parola di comprensione per le gravi mutilazioni a noi date. I sovietici ritengono invece che tutto è perfettamente giusto, che tutto va quindi scrupolosamente osservato, e che non è un vero democratico chi non riconosce quanto sopra.

Questo ragionamento non ci deve sorprendere: esso è logicamente ovvio dal punto di vista sovietico, ed è conforme agli interessi dell'U.R.S.S. Infatti i russi hanno un solo fine, oggi e domani, nella loro politica: mantenere, conservare, difendere lo status quo delle loro conquiste, e dei vantaggi che sono riusciti ad ottenere a favore degli Stati sotto la loro influenza.

81 1 Non pubblicato.

82

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

T. 2585/6. Roma, 17 febbraio 1947, ore 17.

Telegramma codesta legazione n. 12 1 . Trattato non considera termini entro quali Potenze associate possano valersi articolo ex 77 (88 nella redazione definitiva).

Per quanto situazione sia totalmente differente, non avendo Argentina dichiarato guerra all'Italia, nelle conversazioni con codesto Governo ella potrà accennare, in appoggio alle sue argomentazioni, alle recenti dichiarazioni ministro esteri argentino il quale si è espresso nel senso che «se anche fossero esistite nel trattato clausole per consegna beni italiani colà esistenti agli alleati, Argentina non le avrebbe ritenute valide».

Vi sono quindi in Sudamerica disposizioni a noi favorevoli che eventuale dichiarazione codesto Governo non valersi articolo suddetto trattato pace potrebbe rafforzare. Si concorda nel ritenere preferibile che ella soprassieda per ora viaggio San Domingo Haiti.

83

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. 26421100. Roma, 17 febbraio 1947, ore 23.

Suo 177 1•

Si resta in attesa chiarimenti preannunciati. Anche al fine non turbare atmosfera amichevole e fiduciosa cooperazione cui intendiamo improntare rapporti itala-austriaci, non abbiamo chiesto partecipare elaborazione trattato per l'Austria come abbiamo invece fatto nel caso Germania. Preferiremmo attenerci a tale linea condotta nella fiducia che Council of Foreign Ministers, interessato di volta in volta da V.S., possa tuttavia tenere in considerazione punti di vista da noi espressi su determinati argomenti. Gruber dovrebbe in ciò facilitarci. Tuttavia se dovesse apparire necessario, a tutela nostri diritti e interessi, avanzeremo formale domanda partecipare trattato austriaco.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AL CONSIGLIO DEI SUPPLENTI DEI MINISTRI DEGLI ESTERI

Roma, 20 febbraio 1947,

Il Governo italiano non ha ritenuto di chiedere sino a questo momento di partecipare alla elaborazione del trattato di pace con l'Austria, come lo ha fatto invece per la Germania, anche in considerazione del fatto che accordi diretti sono già intervenuti su talune questioni interessanti i due Paesi, e nella fiducia che, sempre attraverso accordi diretti, sarà possibile risolvere altre varie questioni minori sorte in dipendenza dalla guerra. D'altra parte l'Italia non ha intenzione di reclamare dall'Austria alcun indennizzo per i danni eventualmente provocati da parte delle truppe austriache incorporate nell'Armata germanica. Inoltre, con

! 0

l'art l del trattato di pace con l'Italia, adottato in seguito alle decisioni del C.F.M. il maggio e 24 luglio 1946, nonché con la progettata inserzione nel trattato di pace austriaco della clausola secondo la quale l'Austria viene ristabilita nelle sue frontiere del 1939, restano definitivamente fissate le frontiere tra l'Italia e l'Austria.

Il Governo italiano si riserva tuttavia di chiedere di poter partecipare alla elaborazione del trattato austriaco qualora in prosieguo di tempo se ne presentasse la necessità a tutela dei propri diritti e interessi.

Per quanto si riferisce alla specifica questione sottoposta al suo esame dal Consiglio dei supplenti circa l'inclusione nel trattato di pace con l'Austria del secondo paragrafo dell'art lO del trattato di pace con l'Italia, il Governo italiano ha l'onore di far conoscere che esso è di avviso contrario a detta inclusione.

Infatti le disposizioni convenute fra i Governi italiano ed austriaco il 5 settembre 1946 di cui è stata presa nota in detto paragrafo, riguardano essenzialmente misure da prendersi da parte dell'Italia all'interno del suo territorio.

Non si vede pertanto la ragione per la quale nel trattato di pace con l'Austria debba esser inserito un paragrafo corrispondente al paragrafo 2 dell'art. IO del trattato di pace con l'Italia.

82 1 Vedi D. 37.

83 1 Del 15 febbraio, con il quale Carandini aveva segnalato: «Segretario generale Consiglio ministri esteri mi comunica in data odierna che durante lavori preparatori trattato austriaco supplenti ministri esteri hanno preso in considerazione inclusione tra le clausole aventi carattere politico di una disposizione cui testo riproduce paragrafo due articolo IO nostro trattato. Sostituti per Austria gradirebbero "ricevere" non appena possibile punto di vista italiano in materia. Riservomi appurare se si tratta come suppongo di comunicazione scritta o se viceversa si intende consultarci anche o soltanto verbalmente».

84

LA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 17 febbraio 1947.

In previsione della prossima partenza per Londra del dr. Menichella, nonché dell'ampiezza che V.E. ha deciso si tenti dare al negoziato, sembra opportuno cautelarsi fin da adesso da reazioni o malumori americani.

La Direzione generale affari economici si permette suggerire che venga convocato l'ambasciatore degli Stati Uniti, per rappresentargli gli argomenti che si elencano schematicamente qui appresso:

(T. 2761/108).

-il Governo inglese ha convocato Menichella per trattare della restituzione dei beni italiani sequestrati (art. 79); poiché il Governo americano fece conoscere al presidente del Consiglio che era disposto, in marzo, a trattare col Governo italiano la liquidazione di tutti gli argomenti connessi col trattato di pace, si è pensato che analoga liquidazione del passato possa venir tentata anche con la Gran Bretagna;

-l'Italia ha ricevuto aiuti sostanziali e vitali dalla Nazione americana (saldo truppe; conti sospesi; forniture U.N.R.R.A., ecc.); non ha mai ricevuto, malgrado ne abbia fatte molteplici richieste, nessun aiuto e nessun riconoscimento analogo da parte inglese. È quindi giusto che il Governo italiano cerchi attraverso questo negoziato di assicurarsi almeno parte di quei contributi che la Gran Bretagna non ha mai dato;

-è probabile che la Tesoreria inglese sollevi la questione del tasso di cambio e che ci domandi di togliere ogni consacrazione ufficiale o visibile dello squilibrio fra il dollaro e la sterlina. Sarà questa una questione non facile, che sarà esaminata sulla base della disparità di fatto esistente fra le due monete, nonché dell'accordo monetario anglo-americano. Faremo del nostro meglio, tenendo sempre presenti i desiderata e gli interessi americani, nonché i nostri preponderanti interessi nell'area del dollaro, tanto più che la nostra importanza finanziaria è così poco grande che qualsiasi azione nostra non è suscettibile di mutare sostanzialmente la realtà delle cose.

Poiché l'America è tanto interessata al risollevamento italiano, contiamo sui buoni uffici e l'appoggio americano, perché la missione Menichella consegua il miglior risultato possibile.

83 2 Trasmessa in pari data all'ambasciata a Washington (T. 2757/107) e alla rappresentanza a Londra

85

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 41 0/281. Londra. 18 febbraio 1947 (per. il 21 ).

Come è noto, il Consiglio dei ministri degli esteri, rappresentato dai delegati supplenti (Lord Hood per la Gran Bretagna, il generale Mark Clark per gli Stati Uniti, il vice-ministro Gusev per l'U.R.S.S., e Couve de Murville per la Francia), ha iniziato il 14 gennaio a Londra i lavori preparatori per l'assetto di pace dell'Austria.

I delegati supplenti avrebbero dovuto concordare entro il 25 febbraio un progetto completo da servire di base per le discussioni dei ministri degli esteri a Mosca nel mese di marzo. È però ormai convinzione corrente, confermatami anche da Lord Hood e da Couve de Murville, che non sarà possibile nelle attuali trattative raggiungere un accordo sull'intero testo e che pertanto i ninistri degli esteri a Mosca dovranno ricercare essi stessi soluzioni di compromesso sulle questioni ~che saranno le principali ~lasciate insolute dai loro sostituti a Londra.

Nella sostanza, questa fase preliminare ha messo in evidenza i seguenti elementi:

Impostazione generale, preambolo e clausole politiche. Il punto di partenza per abbordare il problema dell'Austria è necessariamente, per i Governi alleati, la dichiarazione di Mosca del lo novembre 1943. Formulata nel pieno della guerra, la dichiarazione stessa ha per l'Austria un po' dell'allettamento propagandistico che aveva per noi la Dichiarazione di Quebec: le contraddizioni che la distinguono, nel dichiarare l'Austria allo stesso tempo vittima del nazismo e corresponsabile della guerra nazista, denotano come essa sia il risultato di un compromesso fra i Quattro Grandi e non l'espressione del loro unanime parere circa la considerazione in cui tenere l'Austria e il modo in cui trattarla a guerra finita.

L'ambiguità iniziale avrà, di conseguenza, i suoi riflessi nella impostazione generale e nel preambolo del trattato austriaco: non potendosi definire l'atto come un «trattato di pace», dal momento che l'Austria non è di per se stessa considerata in guerra con le Nazioni alleate, il titolo del documento sarà «Trattato per il ristabilimento di un'Austria indipendente e democratica»; d'altra parte, nei vari considerando del preambolo sarà fatta menzione della corresponsabilità austriaca; la procedura infine con la quale sono stati ammessi i delegati austriaci (cancelliere Figi, vice-cancelliere Schaerf, ministro degli esteri Gruber) ad esporre il loro punto di vista a Lancaster House è identica a quella usata a suo tempo nei nostri riguardi. I delegati austriaci cioè, anziché collaborare ai lavori quali rappresentanti di un Paese vittima della Germania, sono stati interrogati nel banco degli accusati.

Respinta all'atto pratico la tesi austriaca di considerare il trattato una specie di Magna Carta, i delegati austriaci si sono poi sentiti chiedere in termini precisi dal rappresentante sovietico se il Governo austriaco «riconoscesse la responsabilità austriaca, ai termini della dichiarazione di Mosca». Dopo aver cercato di far accettare la sua tesi che, non esistendo dopo l'Anschluss uno Stato austriaco, la partecipazione del Paese alla guerra non era responsabilità della Nazione ma solo di determinati cittadini, Gruber dovette dichiarare formalmente che il Governo austriaco accettava in tutte le sue parti il contenuto della dichiarazione di Mosca e le sue conseguenze.

Quindi, come ripeto, il preambolo e le clausole politiche del trattato si ispireranno ai concetti della dichiarazione stessa. Sarà lasciato alla Conferenza di Mosca il determinare quali Nazioni dovranno essere citate nel preambolo.

Clausole territoriali. L'impegno dei Quattro Grandi di rispettare e far rispettare le frontiere pre-Anschluss dell'Austria era, come è noto, di carattere provvisorio. Difatti, nella formulazione data all'impegno stesso dall'art. 3 dell'accordo quadripartito di Vienna (28 giugno 1946), si parla di garantire le frontiere del 31 dicembre 1937 «in attesa della loro delimitazione finale».

L'appoggio dato inizialmente da Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia alle pretese austriache sull'Alto Adige non contravveniva pertanto ad alcun impegno, come non vi contravvengono ora le pretese jugoslave su territori in Carinzia e in Stiria. Queste sono state presentate dal delegato jugoslavo Vilfan, assieme a una richiesta di riparazioni, in forma violenta e intransigente, in base sia ad argomenti etnici e storici che a considerazioni di carattere strategico e punitivo.

All'appoggio dato dal delegato sovtetico alle pretese jugoslave, gli Alleati occidentali hanno opposto il più fermo diniego. La questione è rimasta però insoluta e sarà ripresa a Mosca dal Consiglio dei ministri degli esteri, ai quali i delegati supplenti faranno pervenire una «raccomandazione» di maggioranza, proponendo di fissare le frontiere austriache in base a quelle del l o gennaio 193 8, accompagnata da una dichiarazione sovietica favorevole all'accoglimento delle richieste jugoslave.

Sarà deferita a Mosca anche la richiesta cecoslovacca di prevedere nel trattato l'obbligo di negoziati diretti tra Austria e Cecoslovacchia per rettifiche di frontiera.

Le pretese austriache sull'Alto Adige non sono state in questa sede direttamente ricordate: la stessa delegazione austriaca, nelle sue dichiarazioni a Lancaster House, ha evitato di risollevare la questione. Come è stato riferito separatamente, i delegati supplenti hanno preso in considerazione, invece, la proposta americana di includere nel trattato austriaco una clausola identica al secondo paragrafo dell'art. lO del nostro trattato di pace, col quale si prende atto delle-intese itala-austriache per l'autonomia alto-atesina. La questione è considerata di importanza secondaria, quantunque il Governo inglese si serva continuamente della esistenza delle intese medesime per discolparsi di fronte all'opinione pubblica interna di non avere insistito a suo tempo per l'accoglimento almeno parziale delle pretese territoriali austriache. Ancora il 28 gennaio scorso, chiudendo alla Camera dei Lords una lunga discussione sull'Austria, Lord Pakenham dichiarava a nome del Governo che, nelle vedute britanniche, l'Austria dovrà essere ricostituita nelle frontiere del 1937, «il che significa che non potrà ricuperare il Sud-Tirolo», aggiungendo in tono apologetico che «Italia e Austria hanno agito nel modo più sensato e hanno fatto il possibile per cercare di attenuare il colpo inflitto all'Austria e far sì che le minoranze rimaste in Italia siano adeguatamente trattate».

In definitiva, almeno per quanto riguarda gli inglesi, è certo che l'eventuale menzione nel trattato austriaco delle intese per l'Alto Adige non risponde ad alcuna intenzione di ammettere il risorgere della questione territoriale, ma è, se mai, dovuta proprio al motivo contrario.

Riparazioni e questioni economiche. Le richieste di riparazioni dall'Austria, presentate da Polonia, Jugoslavia e Grecia, non sono state ancora discusse e saranno probabilmente tra le questioni da trattare a Mosca assieme a quella fondamentale dei beni tedeschi.

Il punto di vista britannico è, in principio, contrario all'imposizione di qualsiasi riparazione diretta, ritenendo più che gravoso sull'economia austriaca il peso delle spese di occupazione.

Per quanto riguarda la definizione dei beni tedeschi (che, come già detto, non è stata ancora discussa a Lancaster House), mentre si può prevedere che la Gran Bretagna appoggerà la tesi francese, condivisa dagli americani, che debba essere presa come riferimento la situazione anteriore all' Anschluss, è però da rilevare come sinora il Governo inglese si sia astenuto da manifestare ufficialmente il proprio punto di vista al riguardo. Le uniche dichiarazioni sulla materia sono di carattere negativo nei confronti delle pretese sovietiche e anch'esse in tono molto cauto:

nella già citata discussione del 28 gennaio Lord Pakenham si è così espresso a nome del Governo: «in seguito all'Anschluss la Germania ha ottenuto una tale ingerenza nella vita economica dell'Austria che è oltremodo difficile determinare dove cominciano e dove finiscano le proprietà tedesche. Ma, in un campo che si presta a intricate discussioni e mercanteggiamenti, sarebbe stolto assumere una posizione rigida. Tuttavia consideriamo una questione di principio quella di far sì che questa clausola (degli Accordi di Potsdam) non sia interpretata in contrasto con la dichiarazione di Mosca del 1943 che era in favore di dare al popolo austriaco la possibilità di raggiungere quella sicurezza politica ed economica che è la sola base di una pace durevole».

Anche il delegato supplente inglese, Lord Hood, che ho intrattenuto sul caso specifico degli interessi italiani in Austria (mio telegramma 140) 1 , si è volutamente mantenuto sulle generali parlandomi delle future discussioni circa la definizione delle proprietà tedesche e ho l'impressione che, per ora, il Governo britannico intenda evitare una decisa presa di posizione, riservandosi a esercitare una azione di appoggio alla tesi francese e americana e a intervenire eventualmente all'atto pratico in difesa di determinati interessi.

86

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA (1)

L. Londra, 18 febbraio 1947.

La ringrazio per la sua lettera giuntami Icn sera 2 . Sono lieto che il mio telegramma di solidarietà 3 abbia avuto per lei un qualche valore. Creda che, a volte, questo distruttivo intricarsi di ragioni di politica interna e di politica estera, l'incomprensione e l'irragionevolezza che ne derivano, possono portare un pacato osservatore delle cose alla disperazione. Mi vado abituando all'assurdo, ma non sempre posso tacere. Così ho dovuto separare la mia responsabilità da quella del Partito su una questione che non può lasciare dubbi a chiunque abbia la testa sul collo. Mi è caro confidare a lei tutto il mio pensiero su questo argomento, visto che lei mi invita a scriverle e quindi ad esserle, come mi è necessario, sincero.

Quando si è trattato della venuta di Nenni a Londra, che avevo predisposto con Bevin a bordo dell'Aquitania a fine ottobre (assai prima quindi che si venti

86 1 Ed. in «Nuova Antologia», gennaio-marzo 1993, tàsc. 2185, pp. 127-130. 2 Non rinvenuta.

Vedi D. 50.

lasse una andata di De Gasperi in America), era precisa intenzione inglese dare alla visita del ministro degli esteri italiano un significato ed un contenuto che potevano segnare una svolta decisiva. Il ministro doveva essere ospite del Governo inglese, ufficialmente e degnamente ricevuto. Doveva discutere di ogni questione pendente, firmare l'accordo commerciale, sistemare la questione dei beni italiani sotto custodia in Inghilterra, discutere un possibile riservato accordo per la retrocessione all'Italia della quota inglese della nostra flotta da destinarsi a utilizzazione metallica per la ricostruzione economica, dare una prima scandagliata al problema delle colonie, portare ad una conclusione i contatti in corso per la ripresa dei nostri commerci e la riapertura delle nostre banche nelle colonie stesse, abbordare qualsiasi argomento avessimo ritenuto utile porre sul tappeto. Le disposizioni erano ottime, il momento propizio dato che Attlee e Bevin avevano qualche giorno disponibile ed erano persuasi delle necessità di venirci sostanzialmente incontro per facilitare al nostro Governo una positiva e definitiva presa di posizione di fronte alla firma del trattato. Alla vigilia dell'evento tutto è andato a monte. La crisi governativa si è trascinata quanto era necessario per far passare il momento favorevole. Quando lei ha assunto il Ministero degli esteri si era ormai alla vigilia della firma, Bevin era completamente preso da gravi difficoltà (crisi palestinese, indiana, seguite poi dalla crisi interna del carbone ecc.). Ho insistito con ogni possibile vigore perché l'invito le fosse esteso immediatamente in considerazione soprattutto dei riflessi psicologici che avrebbe avuto, ma ho trovato difficoltà che ancora non sono riuscito a superare. Ho discusso a fondo e ripetutamente la cosa con Sargent, Harvey, Hoyer-Millar e finalmente Bevin. Sono tutti persuasi della opportunità di fare un gesto amichevole, ma il tempo stringe. Bevin pare partirà il lo marzo per Mosca, via mare, e, preso com'è da una infinità di difficoltà esterne ed interne, non vede la possibilità di collocare una visita del ministro italiano in questo breve spazio. Per di più qui (come del resto a Parigi, secondo quanto mi risulta indirettamente) si è presa la nostra firma del trattato interpretando alla lettera le nostre riserve e cioè con beneficio di inventario. Tutto quello che poteva essere fatto precedentemente alla firma per incoraggiarci ad essa o immediatamente dopo la firma quando essa non fosse stata condita da troppo palesi ed inquietanti riserve, è stato rimandato a dopo la ratifica. Il Foreign Office è persuaso che le nostre riserve non sono state dettate da alcun sottile proposito di sottrarci sostanzialmente ad un impegno preso formalmente, ma trae dalle nostre dichiarazioni la logica conseguenza: il Governo si è impegnato ma l'Italia no. Quindi attendono che l'Italia si impegni. Bevin, come le ho telegrafato\ mi ha detto di non aver mai avuto dubbio che la firma dovesse essere convalidata dal voto della Costituente, in linea di principio. Ma in linea di fatto ed in parole povere, non avendo il Governo italiano chiesto preventivamente un voto parlamentare che implicasse un assenso di massima alla firma ed avendo, anzi, il presidente del Consiglio

dichiarato che il Governo firmava «sua sponte» appunto per non addossare responsabilità alla Costituente e !asciarla libera di ratificare o no a seconda che nel lasso di tempo corrente fra firma e ratifica si fossero ottenuti o meno affidamenti di revisione, non si può evitare che gli altri firmatari della pace prendano nota di questa sospensiva e ne traggano le conseguenze. In pratica cosa è successo? Il nostro Governo ha compiuto un atto coraggioso, ma ha rinunciato alle sue positive conseguenze definendo priva di effetto impegnativo la propria firma nel momento in cui la apponeva. I russi hanno preso la cosa molto male, gli inglesi sono rimasti sconcertati (se pure hanno rinunciato a prolungare la discussione per non crearci imbarazzi), i francesi pare abbiano tirato i remi in barca in attesa degli eventi. Ignoro la reazione americana la quale, anche se formalmente benevola, sarà come sempre politicamente platonica e non tale da influenzare l'atteggiamento dei rimanenti tre cointeressati.

Per permetterle di vedere la cosa dall'esterno, le dico che qui si aspettava un atteggiamento più chiaro. Le ipotesi erano due: o firmare o non firmare. Ambedue avevano in sé la loro logica. Si è scelta una via di mezzo la quale può anche essere giustificata da sacrosante ragioni di opportunità interna, ma non ha risolto il caso nel confronto dei terzi, anzi lo ha complicato esternamente ed, in definitiva, anche internamente. Qui si aspettava che il Governo italiano si premunisse di un esplicito mandato parlamentare di massima a firmare espresso da un voto il quale era più facile da ottenere nella imminenza della firma e nei confronti di un Governo nuovamente formato (e quindi non così esposto ad iniziali attacchi da parte di un Parlamento in cui disponeva pure di una sicura maggioranza), che non in tempo successivo quando le ragioni di politica e di polemica interna avranno avuto motivo e tempo di concretarsi in manovre e dibattiti ben più aspri. Un tale assenso di massima implicando, salvo tutte le possibili recriminazioni e proteste, una successiva ratifica, avrebbe dato alla firma un valore impegnativo capace di creare per noi una situazione radicalmente nuova. Tutto ciò non è avvenuto. Ci siamo messi alla cappa e siamo quindi tenuti in osservazione in attesa di conoscere quale sarà il vento e quale la direzione.

In questo stato di cose, che rappresenta il rovescio della medaglia dell'atteggiamento difensivo che abbiamo assunto, tutto quello che si può ottenere è che i nostri esperti vengano a Londra ai primi di marzo ed inizino lo studio delle questioni pendenti. Bevin lascerà istruzioni perché si metta ogni buona volontà nel venirci incontro, ma è un peccato immenso che si sia mancato l'effetto esteriore e l'efficacia di una presa di contatto diretta col ministro degli esteri italiano.

Bevin resterà a Mosca, si prevede, almeno sei settimane, il che porta a fine aprile. Se nel frattempo la Costituente avrà ratificato si avrà almeno una situazione chiara la quale consentirà che, al ritorno di Bevin, lei venga immediatamente a Londra con tutte le favorevoli conseguenze che se ne possono attendere. Non cesso dall'insistere perché, per l'effetto morale che almeno avrebbe, si confermi intanto da parte inglese l'invito formale alla visita ed attendo una risposta a queste mie pressioni. Ma lei sa, lei può immaginare, in quali condizioni si agisce fra tanta incertezza di eventi e contraddizione di propositi.

A cose fatte, qualcuno si è qui doluto che lei non sia andato a Parigi a firmare, dato che tutte le altre firme sono state di pugno dei ministri degli esteri responsabili. Ho spiegato la cosa con ogni valido argomento, ma l'impressione che si sia voluto anche in questo avveduto particolare screditare la firma, è rimasta. Io so, sono certo perché questo corrisponde alla sua natura ed al suo stile, che lei ha dovuto adattarsi ad uno stato di cose non modificabile, ma è certo che si è persa un'occasione per trascinare ad un atteggiamento responsabile e ad una deliberazione consapevole l'opinione italiana e per dare all'estero la sensazione di un agire finalmente spregiudicato, diretto e risolutivo.

Intanto la situazione è questa: firmando noi abbiamo posto in essere il trattato e con esso l'art. 90 il quale prevede che col deposito delle ratifiche dei Quattro il trattato entra in vigore. Ché questo è detto ben chiaramente anche se poi si aggiunge che l'Italia pure dovrà ratificare. Gli Alleati non pare abbiano l'intenzione di attenersi a questa stretta interpretazione. Accettano la nostra sospensiva al valore della firma e quindi alla messa in essere del trattato ed alla procedura di messa in esecuzione, ma ci fanno pagare questa renitenza segnando il passo per conto loro.

Comunque, quel che è stato è stato. Occorre ora troncare al più presto possibile queste more investendo la Costituente delle sue responsabilità mettendo le carte in tavola e chiudendo in un modo o nell'altro il gioco. Ché è vano illudersi di trarre qualche abile giovamento da questo stato d'incertezza.

Chi vuole, come tutti noi vogliamo, la revisione deve volere la più sollecita ratifica del trattato perché solo questo atto, restituendoci la nostra indipendenza, ci consentirà di entrare in tempo utile a far parte dell'O.N.U. Dico in tempo utile perché, se non tardiamo a ratificare, potremo essere membri delle Nazioni Unite verosimilmente a settembre, quando cioè avremo ancora davanti a noi molti mesi e molte possibilità di intervento prima che la questione coloniale sia decisa e che l'applicazione del trattato in genere, ove esso è modificabile, proceda nei suoi atti esecutivi irrimediabili. Io confido (gli inglesi, come lei sa, sono ben disposti a questo riguardo) che affidamenti di parziali revisioni bilaterali ci siano dati, ma non vedo mezzo migliore per dibattere efficacemente queste questioni che un seggio, vigorosamente occupato, nella Assemblea delle Nazioni Unite ove potremo farci valere da pari a pari in un vasto contatto con tutte le controparti ed avendo modo di influire col nostro voto. Di questo l'opinione italiana si deve persuadere. Sembrerà un paradosso, ma l'accettazione del trattato è la sola premessa effettiva per la sua revisione. Per questo sono stato favorevoìe alla firma ed ho voluto manifestarmi in tale senso e per questo attendo con ansia la ratifica, convinto come sono che solo dopo di essa respireremo un'aria diversa e vedremo verificarsi quel tanto di buono

o di meno duro che sta ora «in pectore» e cioè nelle congelate intenzioni dei nostri ex nem1c1.

Se fossi in Italia, e non vincolato dalla riserva del mio ufficio, vorrei dire pubblicamente queste ed altre cose, anche a costo di farmi lapidare. Non potendo farlo, prendo la libertà di confidarmi a lei sentendo che mi rivolgo non solo al mio ministro ma essenzialmente ad un amico, ad un animo chiaro e ad un carattere.

85 1 Del IO febbraio. non pubblicato.

86 4 Vedi D. 75.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 2756/106. Roma, 19 febbraio 1947, ore 16.

Suo 08 1 .

Supplenti ministri esteri hanno informato ambasciata Londra che nel corso lavori preparatori trattato austriaco è stata presa in considerazione proposta inclusione in detto trattato di una disposizione che riproduce paragrafo secondo dell'art. IO del nostro trattato. Supplenti hanno chiesto conoscere per iscritto nostro punto di vista al riguardo. Con telegramma successivo n. 107 2 le trasmetto testo nostra risposta. Ne informi Dipartimento di Stato pregandolo dare istruzioni rappresentante americano Comitato supplenti aderire nostro punto di vista. Inclusione proposta è del tutto superflua e pertanto assumerebbe carattere sfiducia nei nostri confronti.

Aggiungasi che inserzione detta clausola risulterebbe inoltre formalmente

impropria qualora Italia dovesse figurare tra firmatari o aderenti trattato austria

co·'.

88

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2378/64. Mosca, 19 febbraio 1947, ore 23,30 (per. ore 7,30 del 20).

Telegramma di V.E. n. 968/c. del 20 gennaio u.s. 1 .

Questo Ministero degli affari esteri sovietico in risposta nota presentata 20 gennaio u.s. a codesta ambasciata U.R.S.S. relativa accettazione principio revisione nostro trattato di pace, comunica che disposizioni trattato possono essere modificate solo dietro accordo tutti gli altri interessati.

Nel caso in cui trattato stabilisca diritti particolari a favore solo una o più Potenze, il Governo sovietico non vede ostacoli a che si addivenga ad accordi bilaterali fra dette Potenze e Italia senza pregiudizi però per diritti altri Stati. Detta nota aggiunge in fine che ritienesi eguale posizione essere stata assunta da Inghilterra.

Invio testo nota per corriere aereo 2 .

87 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 720. 2 Vedi D. 83, Allegato. 3 Per la risposta vedi D. 104.

88 1 Vedi serie decima. vol. IV, D. 678. 2 Non pubblicata.

89

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 2411/113. Parigi, 20 febbraio 1947, ore 19,22 (per. ore 22).

Persona molto vicina generale Mast, ex Presidente generale Tunisia, mi ha informato che Governo francese penserebbe a lui come possibile ambasciatore a Roma.

Mi si è lasciato comprendere che egli gradirebbe previamente conoscere, per suo orientamento e in via strettamente personale, se la sua eventuale nomina riuscirebbe costì gradita, ed allo stesso tempo che sua passata azione Tunisia, dettata da superiori direttive, gli permetterebbe patrocinare con maggiore conoscenza di causa possibilità equa soluzione questione tunisina.

Non avendo creduto, data richiesta formulata termini siffatti, declinare mio interessamento, sarei grato a S.E. riscontro telegrafico. Ritengo superfluo sottolineare carattere delicato ed ultra riservato comunicazione, specie nei confronti codesta rappresentanza francese 1 .

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AFGHANO, ALI' MOHAMMED

L. 261 SEGR. POL. Roma, 20 febbraio 1947.

La venuta costì del dr. Alberto Calisse, inviato straordinario e ministro plenipotenziario d'Italia, mi offre l'occasione di rivolgermi a V.E. per esprimere l'amicizia sincera e sentita del Governo e del popolo italiano verso la nobile Nazione afghana e verso il suo Governo.

La comprensione e la simpatia che hanno sempre informato l'atteggiamento del Governo afghano verso l'Italia e che hanno trovato un fedele ed efficace interprete in momenti particolarmente difficili in S.E. Abdul Samad Khan, allora ministro plenipotenziario di S.M. il re dell'Afghanistan a Roma, sono stati apprezzati al loro giusto valore e non verranno dimenticati.

Sono fiducioso che gli antichi rapporti di cordialità tra i nostri due Paesi, che non hanno avuto interruzioni neanche nei tristi periodi attraversati recentemente dal popolo italiano, diventeranno sempre più multiformi ed attivi.

Il ministro Calisse dedicherà la sua attività al raggiungimento di tale finalità e sono sicuro che in tale compito non gli mancherà il prezioso ed efficace appoggio di V.E.

89 1 Per la risposta vedi D. 95.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DELLA DIFESA, GASPAROTTO

TELESPR. 5/1824. Roma, 20 febbraio 1947.

I Governi della Gran Bretagna, degli Stati Uniti, dell'U.R.S.S. e della Francia 1 hanno fatto presente l'opportunità che. in vista del fatto che al momento dell'entrata in vigore del trattato di pace le truppe anglo-americane dovranno ritirarsi dalla linea Morgan, si provveda fin da ora a demarcare provvisoriamente la nuova linea di confine fra Italia e Jugoslavia.

A tale scopo essi hanno suggerito che rappresentanti italiani e jugoslavi si incontrino a Trieste il 28 corrente per dare inizio ai lavori sotto l'egida dei rappresentanti dei Quattro Grandi.

Nell'attesa che il Governo prenda una decisione circa il seguito da dare alla proposta di cui si tratta, si prega di voler predisporre la composizione di una ristretta delegazione italiana che si tenga pronta per recarsi eventualmente a Trieste. Sembrerebbe opportuno che la presidenza di tale delegazione venga affidata ad un ufficiale avente almeno il grado di colonnello, ma che si preveda anche l'eventualità di doverla affidare ad un ufficiale generale qualora la delegazione jugoslava dovesse essere presieduta da un ufficiale di tale grado.

ALLEGATO

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

NOTA 12/42/47. Roma, 18 febbraio 1947.

I have been instructed to inform you that in view of the signature of the ltalian Peace Treaty on February l Oth, my Government consider i t of importance that early arrangements should be made for the demarcation of the provisional Italo-Yugoslav frontier.

At present the British and American forces are holding the Morgan line. When the treaty is ratified the Allied forces will withdraw behind the new Italo-Yugoslav frontier, the guarding of which will then become the responsibility of the Italian and Yugoslav authorities. The exact delimitation and fina! demarcation of the new frontier clearly cannot be completed before the Allied forces withdraw and it is therefore necessary that both the Italian and Yugoslav Governments should agree upon the provisional line, subject to later

adjustment in accordance with the agreed fina! delimitation. His Majesty's Government therefore propose that immediate arrangements should be made for a joint reconnaissance of the new frorttier by representatives of the Italian and Yugoslav Governments, under the supervision of representatives of the British, United States, French and Soviet Governments, in order that an interim internazional boundary may be agreed before the ratification of the Treaty. I have therefore been instructed to invite the Italian Government to appoint representatives for this purpose, and l am to suggest that these might assemble at Trieste on February 28th.

A similar communication is being addressed to the Yugoslav Govemment by the British Embassy at Belgrade.

91 1 Vedi testo allegato. Note analoghe erano state inviate dai rappresentanti dell'U.R.S.S., degli Stati Uniti e della Francia a Roma.

92

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, CORRIAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 331/127. Ankara, 20 febbraio 1947 (per. il JO marzo).

Il Tasvir, organo d'opposizione, ha pubblicato nel suo numero del 17 corrente, in testa alla prima pagina, con grande rilievo tipografico e titoli su quattro colonne, il messaggio (di cui accludo il testo) che il conte Sforza ha diretto alla Nazione turca per tramite del direttore del giornale, Ziyad Ebuzziya, che sta compiendo un viaggio di studi in Italia ed in altri Paesi europei.

Il messaggio ha avuto accoglienze molto favorevoli negli ambienti politici e intellettuali di Istanbul, nei quali sono sempre vive la deferenza e la simpatia per il conte Sforza e sono giunte molto gradite le espressioni di stima per la Nazione turca e di apprezzamento del suo rinnovamento spirituale e politico. Ha avuto pure buone risonanze la manifestata intenzione del conte Sforza di rafforzare i legami tra l'Italia e la Turchia, fino a costituire il primo nucleo di una federazione mediterranea. Tale concezione è qui particolarmente bene accetta nell'attuale momento in cui è più che mai assillante il problema della protezione contro eventuali spinte della massa slava. Questi sentimenti hanno avuto tuttavia -finora almeno -esplicita manifestazione solo con l'acclusa nota redazionale' del Tasvir: ma la cosa può in certo modo considerarsi normale. Questi giornali sono sistematicamente tardi nel commentare avvenimenti internazionali perché attendono, prudentemente, le reazioni e le ispirazioni degli ambienti responsabili. Di questo è conferma indiretta la precitata nota redazionale che con le sue riserve sulla realizzazione di una federazione mediterranea, a causa dei contrasti d'interessi contro i quali urterebbe, pare voglia correggere -ad ogni buon fine -il suo impulsivo entusiasmo per l'idea in se stessa.

La stampa della capitale si è finora astenuta da ogni commento, ciò che è comprensibile data la delicatezza della situazione turca e la conseguente prudenza delle stesse sfere dirigenti nell'impartire direttive.

93

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2456118. Stoccolma, 21 febbraio 1947, ore 15,45 (per. ore 18,15).

Seguito mio telegramma per corriere 04 1•

Rappresentante indiano signor Menon giunto qui avanti ieri da Osio accompagnato da segretario signor Bonarie. Dopo primi contatti con questa legazione d'Inghilterra egli ha visitato ieri presidente del Consiglio ed oggi ministro degli affari esteri.

Da approcci che ho procurato mi si assicura che suo programma visita in Europa è stato abbreviato da accentuarsi crisi indiana che richiede sua pronta presenza New Delhi. Egli partirà domani per Londra donde proseguirà via Parigi-Roma. Gli ho fatto comunque sapere che sua visita in Italia sarebbe gradita. Ma ha fatto riservatamente conoscere che apprezzava mio gesto pur non potendo prendere impegni data urgenza suo rimpatrio che probabilmente gli permetterà soltanto pernottare Roma.

Ho impressione che signor Menon abbia trovato accoglienze svedesi piuttosto fredde. A me risulta che qui si avrebbe almeno per ora tutt'al più intenzione nominare incaricato d'affari in India attuale console generale Svezia a Calcutta.

94

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2466/117. Parigi, 21 febbraio 1947, ore 19.40 (per. ore 23,30).

Notizia da Washington di cui a telegramma circolare 2241 1 meriterebbe conferma essendo in contrasto con rinnovate assicurazioni Quai d'Orsay, suo appoggio nostra richiesta per partecipazione Commissione d'inchiesta colonie. Appoggio, secondo quanto mi dice Quai d'Orsay, si sarebbe recentemente concretato in nota ufficiale alle tre Potenze. Significato nostra richiesta è stato comunque da me chiarito nel senso ultime istruzioni 2 presso capo direzione competente Quai d'Orsay. Detto funzionario particolarmente comprensivo nostre benemerenze coloniali non ha nascosto che difficoltà potrebbero sorgere in conseguenza probabili richieste terzi Paesi. A titolo personale ha inoltre suggerito al fine evitare difficoltà altro genere che esperto italiano venga designato tra connazionali residenti in colonie da

106 visitare e che scelta cada su persone le quali, pur avendo ricoperto cariche in colonie stesse, non abbiano partecipato in modo diretto ed eminente alla loro amministrazione in regime fascista.

Francia non ha ancora designato suo rappresentante.

93 1 Del 12 febbraio, con il quale Bellardi Ricci assicurava che avrebbe cercato di avvicinare il rappresentante indiano di cui si attendeva il prossimo arrivo. 94 1 Vedi D. 30, nota l. 2 Vedi D. 64.

95

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BENZONI

T. S.N.O. 2987/77 P.R. Roma, 21 febbraio 1947, ore 21,30.

Rispondo al telegramma di codesta ambasciata n. 113 1•

Sono certo che codesto Governo condivide pienamente il mio vivo desiderio di migliorare sempre più i nostri rapporti con la Francia e pertanto prego V.S. di voler comunicare che noi considereremo persona gratissima qualsiasi rappresentante verrà designato dal Governo francese. Non posso tuttavia nascondere -soltanto per il profondo interesse tenuto per le più intime relazioni franco-italiane-che l'opinione pubblica italiana è convinta che certe modificazioni territoriali che qui addolorarono furono volute dagli elementi militari. A Parigi si deve dare una sola interpretazione a questa impressione: che gli italiani non vogliono considerare la Repubblica francese responsabile diretta di una decisione che ferì i sentimenti di molte persone.

96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 30171114. Roma, 22 febbraio 1947, ore 17.

Suo 139 1•

Prendo atto favorevole disposizione codesto Governo entrare al più presto in negoziato con noi su agenda presentata durante visita presidente Consiglio. Tuttavia occorre tener presente che nostri tecnici sono o saranno impegnati in marzo, in trattative con Argentina, Grecia, Turchia e Gran Bretagna. Ciò stante non potrebbe prevedersi invio delegati costì prima del prossimo aprile. Voglia presentire se in massima tale epoca converrebbe 2•

95 1 Vedi D. 89. 96 1 Del 19 febbraio con il quale Tarchiani aveva comunicato la disponibilità del Dipartimento di Stato ad iniziare le trattative per il negoziato economico-finanziario dopo il 3 marzo. 2 Tarchiani rispose con il 3424/185 dell'Il marzo rendendo nota l'intenzione statunitense di iniziare i negoziati finanziari entro la fine di marzo.

97

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2568/201. Londra, 22 febbraio 1947, ore 18,10 (per. ore 7 del 23).

Telegramma ministeriale 112 1•

Dalle informazioni in mio possesso credo poter escludere che esista a tutt'oggi accordo del genere. Anche Bevin lo ha implicitamente escluso dal momento che (mio telegramma 176) 2 pur dichiarandosi personalmente favorevole in linea di massima alla nostra proposta restituire all'Italia per demolizione unità assegnate all'Inghilterra e pur assicurandomi averne discusso con Ammiragliato, mi ha fatto presente inopportunità per Governo britannico sollevare questione con altre Potenze beneficiarie della spartizione prima della ratifica trattato. Millar è tornato più recentemente in argomento lasciando anche intravvedere che lo stesso Ammiragliato non era ancora entrato nell'ordine di idee di Bevin.

A questo punto reputo opportuno ricordare come è sorta la questione: nel luglio 1946 suggerivo in via del tutto personale agli inglesi (Mc Neal e Dalton) compiere gesto materialmente e moralmente significativo rinunziando alla loro eventuale quota nostra flotta per permetterei utilizzazione materiali agli effetti ricostruzione civile e non infliggerei ulteriore ingiustificata umiliazione (mio telegramma 821 dell'8 luglio scorso e lettera a S.E. De Gasperi dell' 11 e 12 luglio scorso)'. Tale suggerimento non ebbe accoglimento del tutto sfavorevole in linea politica ma ebbi già allora impressione di estrema riluttanza da parte Ammiragliato. D'altra parte (telegrammi ministeriali 533 e 544 del 12 e 19 luglio scorso) 3 il nostro Ministero marina preferì in quel momento lasciare cadere la questione temendo si potesse presumere nostra accettazione decisioni preliminari del Consiglio dei ministri esteri per spartizione flotta. Anche all'inizio Conferenza Ventuno a Parigi rappresentanti Marina erano contrari a riprendere argomento.

Se ben ricordo qualche assicurazione sarebbe invece stata data al comandante Giuriati a New York.

98

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 3092/115. Roma, 22 febbraio 1947, ore 23,30.

Parlando con Charles della conversazione con Bevin di cui al suo telegramma

n. 176 1 gli ho detto che non mi ero stupito del costante ripetere da parte Ministero

Vedi D. 75. 3 Non pubblicati. 98 1 Vedi D. 75.

108 degli affari esteri che tutte le questioni sollevate da lei potrebbero trovare soluzione all'O.N.U. e in ogni modo dopo che la ratifica abbia liberata Inghilterra da legami oggi inevitabili.

Ho detto a Charles che ero io grato a Bevin di un buon volere futuro di cui ero certo e che non volevo insistere prima della ratifica sui problemi da lei sollevati per urgenti ed essenziali che essi siano per noi. Ma ho pregato Charles far sentire a Bevin che è importante anche per lui creare atmosfera favorevole a un'approvazione non troppo contestata della ratifica e che pel periodo che ci divide da quelle discussioni parlamentari Governo britannico ha a sua disposizione tutta una serie di gesti e atti anche imponderabili che possono essere molto apprezzati in Italia. Gli ho detto che consigliando ciò io pensavo anche all'avvenire dei rapporti fra i due Paesi.

Charles è stato concorde in tutto meco e credo abbia già telegrafato a Londra facendo sua la mia suggestione.

97 1 Vedi D. 54, nota 5.

99

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 2955/010. Stoccolma, 22 febbraio 1947 (per. il 3 marzo).

Seguito mio telegramma per corriere n. 02 dell'Il corrente 1 .

Ho avuto occasione di incontrare oggi questo ministro di Finlandia il quale ha tenuto a scusarsi meco di non aver ancora potuto darmi risposta in merito a passo da me fatto presso di lui circa ripresa normali relazioni diplomatiche fra nostri due Paesi.

Signor Gripenberg mi ha confermato che ministro affari esteri di Finlandia si è trattenuto a Parigi più di quanto si credeva ed appena ora è rientrato a Helsinki. Mi ha assicurato che proposta da me avanzatagli non manca formare oggetto amichevole attenzione da parte Governo finlandese. Decisione al riguardo dovrà tuttavia probabilmente prendere qualche tempo dato soprattutto che ragioni di economia, in vista stremato bilancio statale, costringono Governo finlandese a ritardare qualche po' riapertura proprie rappresentanze diplomatiche all'estero. Ha aggiunto essere da prevedere che Finlandia incomincierà riaprire proprie legazioni con cui ha maggiori possibilità immediate di scambi commerciali. Ciò per esempio in Olanda, Belg.io e Gran Bretagna per i quali Paesi è stato già in massima deciso imminente scambio rappresentanze diplomatiche.

Non ho mancato far rilevare a mio collega finlandese che anche scambi commerciali fra Italia e Finlandia rivestono notevole importanza immediata specie per

quanto riguarda cellulosa e legname contro eventuale esportazione da parte nostra di prodotti tessili.

Signor Gripenberg mi ha rinnovato promessa farmi conoscere al più presto decisioni suo Governo.

99 1 Vedi D. 12, nota l.

100

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA (1)

L. Londra, 22 febbraio 1947.

Perdoni il cattivo dattiloscritto che è di mia mano data l'ora tarda. Le accompagno un rapporto 2 che ho affrettatamente, ma spero non inutilmente, compilato sulle trattative che hanno condotto all'accordo De Gasperi-Gruber. Lo mando direttamente a lei perché non vada seppellito negli uffici come è avvenuto di tanti altri rapporti e poiché lei mi ha autorizzato al più facile contatto personale. Il memorandum fa seguito, nell'animo mio, alla confidente (e che non dimentico) conversazione con lei avuta a Parigi nella mia cameretta al Meurice. Mi aveva tanto confortato allora la sua comprensione e credo che anche oggi, pur tenendo conto di molte altre diverse e ottime ragioni, potrà esserle utile conoscere brevemente le ragioni della mia opinione e, con una certa ampiezza, le intenzioni e gli eventi che hanno accompagnato l'accordo italo-austriaco dalla prima idea alla firma. Come già le ho comunicato Gruber ha intenzione di venire prossimamente a Roma per conferire con lei e dare alla applicazione dell'accordo stesso quell'impulso che, meglio di ogni altra cosa, varrà a far persuasa l'opinione austriaca del carattere definitivo della sistemazione territoriale che esso presuppone ed implica. Appunto in previsione di questo prossimo incontro ho pensato le possa tornare utile rivedere gli eventi in un documento che ho cercato di rendere il più succinto ed insieme il più completo possibile.

Circa la chiusa del mio rapporto, non se ne stupisca. La lettura del telespresso ministeriale a cui mi riferisco (n. 03242/c. del 3 corrente) 3 mi ha fatto cadere le braccia anche perché riecheggia il vento che troppo spesso spira nei riguardi dell'Inghilterra nelle comunicazioni degli uffici ministeriali. Creda, caro Sforza, che io sono inquieto, molto inquieto, circa l'avvenire dei rapporti italo-inglesi. Questa forsennata propaganda antinglese che dilaga dai giornali nella pubblica opinione, senza che il Governo abbia in passato nulla fatto per frenarla e ricondurla almeno nei limiti, se non dell'equo, del verosimile, fa qui una impressione catastrofica. Il Governo se ne lamenta con accentuazione e risentimento sempre più marcato. Ha perfettamente ragione perché, se in materia finanziaria l'America ci è venuta ben maggiormente

2 Vedi D. 101.

3 Vedi serie decima, vol. IV, D. 705, nota l p. 801.

incontro (avendone la possibilità) sta di fatto, ed io ne sono buon testimonio, che in tutto il corso delle successive conferenze per la pace, le flessioni americane a nostro danno si sono sempre accompagnate, quando non hanno precedute (come nel caso della Venezia Giulia e del confine francese) le flessioni inglesi. Ma di ogni nostro male l'Italia assolve l'America ed incolpa l'Inghilterra, ubbidendo in questo ad una propaganda americana la quale, di fronte ad ogni impossibilità nell'esercizio della nostra difesa, non ha mai esitato a dichiarare che lo State Department era a noi favorevole, mentre l'Inghilterra o la Francia o chi so io era contraria. Ma la Conferenza l'ho seguita giorno per giorno ora per ora. Ho conferito continuamente con tutti gli attori, ho conosciuto intimamente le situazioni e le soluzioni. La conclusione a cui posso giungere in coscienza è che le responsabilità inglesi ed americane nei nostri riguardi sono assolutamente identiche, avendo i due Paesi sempre proceduto in perfetto accordo e corresponsabilità nei nostri riguardi. Perché dunque questa ingiusta discriminazione? Perché l'America ci può dare qualche centinaio di milioni? Ma l'Inghilterra non ha forse rinunziato alle gigantesche riparazioni a cui avrebbe avuto diritto nei nostri riguardi (danni valutati a due miliardi e 300 milioni di sterline)? Ed il contribuente inglese non sostiene oggi l'erogazione di 50 milioni di sterline per i danni da noi inflitti a Malta (il che corrisponde a 200 milioni di dollari) senza chiederci un soldo? Dio mio, quante verità da dire se fossi libero e quando sarò libero! Ma so che lei sente queste cose e dirà, man mano possibile, la verità. Gli inglesi attendono questo atto di giustizia e quando osservo al Foreign Office che si tratta di una propaganda di stampa non controllabile, mi rispondono che è dovere del Governo italiano mettere le cose in chiaro. Questo lo segnalo per sua informazione. E le ripeto che sono inquieto perché le buone disposizioni ancora e sempre più vive recentemente in questo Paese verso di noi, possono mutare improvvisamente e volgersi, se pure alla lunga a danno inglese, intanto a nostro immediato e grave danno. Faccio tutto quello che posso per neutralizzare gli effetti, ma non posso fare miracoli. Intanto ho ottenuto che l'invito a visitare Londra le sia subito esteso, anche se Bevin deve partire. L'effetto morale sarà intanto buono. Le accludo ritaglio dell'Economist che è ora pubblicato su una pagina del Financial Times (con ben maggiore diffusione) a causa deficienza della energia elettrica. Ho ispirato l'articolo il quale è dovuto alla penna della giovane ed intelligente inglese con cui lei ha fatto colazione ultimamente da noi a Roma. Avevo fatto intervenire all'ultimo momento anche Mc Neil. E la cosa è andata in porto.

Se lei vuoi fare qualche dichiarazione, in qualunque occasione, per rendere una qualche giustiza a questo Paese che sarebbe ora pienamente ben disposto verso di noi e che si vede contraccambiato da un odio che è riservato a lui solo, farà una grande e giusta opera. E qui la cosa sarà molto apprezzata, avrà viva eco e felici conseguenze per il nostro Paese. Al che bisogna mirare a qualunque costo al disopra della stupidità nazionalistica imperversante.

Cosa succederà per la ratifica del trattato? Per avere un preciso riflesso delle reazioni del Foreign Office alle nostre riserve per la firma (di cui le ho detto nella mia lunga precedente lettera) 4 su un diverso livello dal mio, Migone ha avuto una

confidente conversazione con Hoyer-Millar. Ne è risultato che per il Foreign Office, il quale non ha voluto crearci imbarazzi prolungando la polemica, tutte le nostre questioni sono congelate fino alla ratifica. Dico fino alla ratifica nostra e non a quella dei Quattro. In sostanza si attende non che il trattato entri in vigore, ma che la nostra firma venga convalidata (secondo la nostra tesi).

Scusi la fretta e la imprecisione con cui le scrivo, ma il tempo è breve (Malfatti parte domattina presto) e le questioni troppe e troppo complesse. Spero poter venire a Roma in marzo, anche brevissimamente, per poter conferire con lei a fondo.

100 1 Ed. in «Nuova Antologia», gennaio-marzo 1993, fase. 2185, pp. 130-132.

100 4 Vedi D. 86.

101

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 508/352. Londra, 22 febbraio 1947 (per. il 5 marzo).

A vendo presentato, secondo le istruzioni ricevute 1 , risposta negativa al quesito postoci dai delegati supplenti circa la inclusione o meno del riferimento all'accordo De Gasperi-Gruber nel trattato austriaco, ritengo utile riassumere nell'accluso memorandum i precedenti, le condizioni di fatto, lo spirito e le vicende che hanno condotto alla conclusione dell'accordo stesso. Data la ristrettezza del tempo, mi sono limitato a dettare i richiami e gli elementi che potevano meglio lumeggiare le ragioni ed il carattere del compromesso che è stato insieme condizione ed effetto di una implicita rinuncia austriaca aiJe rivendicazioni territoriali vigorosamente sostenute dal ministro Gruber il 30 maggio 1946 a Parigi 2 . Dico «implicita rinuncia» perché se essa non risulta dal testo dell'accordo, è stata presente ed evidente in tutto lo svolgersi deiie trattative ed è in un certo senso notificata nel fatto incontestabile che il Governo austriaco, dopo avere il 30 maggio sostenuta, come sola soluzione, la annessione del Sud-Tyrol, ha poi ripiegato su una vaga richiesta di plebiscito, seppeiJendo in ultimo in un completo silenzio il tema territoriale. Esso Governo austriaco non solo non si è in definitiva opposto alle disposizioni del nostro trattato che riconoscevano il confine italiano prebellico, ma ha convalidato questa sua rassegnazione nell'atto stesso in cui chiedeva che l'accordo itala-austriaco fosse incluso nel nostro trattato, riconoscendogli, volente o nolente, il carattere di palese appendice al sancito rispetto della integrità territoriale italiana.

Sono d'accordo che a noi non convenga stabilire nero su bianco un preciso rapporto di interdipendenza fra il rispetto italiano agli impegni assunti per l'autonomia e la rinuncia austriaca alle rivendicazioni territoriali. Ma sono anche del parere che non convenga far nulla per attenuare la esistente parvenza di questo nesso, inquantoché esso può anche funzionare a nostro vantaggio quando comprovi

101 Vedi D. 59. 2 Vedi serie decima, vol. III, D. 500.

che la concessione dell'autonomia è stata determinata dalla preventiva rinuncia territoriale austriaca (il che è verità storica) e resta ad essa condizionata come ad una premessa da cui l'Austria non potrà in futuro recedere. Qualunque siano le altre ragioni in contrario, sta di fatto che la inclusione dell'art. 10 del trattato austriaco metterebbe in parallelo la accettazione austriaca dei «confini esistenti al lo gennaio 1938» e la menzione di un accordo che è in rapporto diretto al mantenimento di tali confini.

Se un errore si è commesso (ed io non lo considero un errore dato che la garanzia internazionale rappresentava una condizione sine qua non per ottenere il ripiego austriaco dalle rivendicazioni territoriali) esso consiste eventualmente nella inclusione dell'accordo nel nostro trattato. La inclusione dell'art. 10 del trattato austriaco nulla aggiunge ai nostri impegni, ma, se mai, coinvolge più direttamente l'Austria nel suo impegno implicito ad accettare questo regolamento come definitivo, dando alla transazione un carattere di reciprocità in cui, si voglia o non si voglia ammettere, sta da parte nostra la promessa di autonomia e da parte austriaca la rinuncia territoriale.

La logica di questo mio modo di vedere dipende evidentemente dalla nostra intenzione di far fronte lealmente ed interamente agli impegni assunti e di risolvere secondo stretta giustizia le questioni lasciate in sospeso (come quella della estensione territoriale della autonomia). Se tale estensione esiste e si tradurrà nei fatti, noi non avremo nulla da temere -da un riconosciuto nesso fra «autonomia» e «status quo territoriale». Se tale intenzione è pericolante (e l'asino può cascare appunto sulla questione della unione amministrativa fra Trento e Bolzano) allora si passa su un piano completamente diverso che non mi sento di prendere in considerazione perché ne risulterebbero alterati lo spirito, la sostanza e l'effetto di tutto l'accordo.

Il mio memorandum non mira che a mettere schematicamente al corrente codesto ministero su un complesso di elementi che possono essere utili (esaminati in blocco e nella loro interdipendenza) per orientarlo negli ulteriori sviluppi della questione.

Sarei grato se copia di esso fosse rimessa alla nostra rappresentanza a Vienna onde darle modo di farsi un concetto abbastanza completo e comprensivo del come sono andate in realtà le cose e di quale è stata l'intenzione e la parte presa dall'Inghilterra in tutta questa faccenda. L'accoglienza che tutte le Nazioni rappresentate a Parigi hanno fatto all'accordo De Gasperi-Gruber (anche Molotov si era espresso favorevolmente con l'ambasciatore Quaroni), e dicendo tutte dico tanto le più direttamente interessate quanto le più lontane del problema, sta a dimostrare che si è trattato di un atto internazionale che è andato ben al di là degli immediati interessi itala-austriaci, che ha soddisfatto una esigenza europea; che si è concretato in piena indipendenza da qualsiasi influenza particolare e sovrattutto nell'assenza di qualsiasi obliqua mira britannica o di chicchessia.

Vedo nel telespresso di codesto ministero n. 03242/c. del 3 corrente 3 , che la nostra rappresentanza a Vienna pensa che la proposta di inclusione dell'art. 10 del trattato austriaco sia dovuta a pressioni di Gruber sugli ambienti anglo-sassoni

e che le Potenze alleate, specialmente l'Inghilterra, intendano così valersi del problema dell'Alto Adige per metter mano nelle cose nostre ed influire sulla nostra politica. Le cose stanno in realtà in modo più chiaro e più onesto di così. Gruber non ha fatto nessuna pressione sul Foreign Office, il quale è stato ed è tuttora indifferente alla cosa. La proposta non è stata australiana e sudafricana, ma bensì americana con successiva adesione australiana e sudafricana.

America, Australia e Sudafrica nella ultima fase delle trattative di Parigi ed a trattative concluse sono stati particolarmente entusiasti (vedi dichiarazioni del maresciallo Smuts e dei rappresentanti australiani ed americani) dell'accordo italo-austriaco, considerandolo un esempio di nuovo spirito e di un nuovo metodo nei regolamenti di pace. Sono stati favorevolissimi alla menzione dell'accordo nel nostro trattato e per le stesse ragioni sono favorevoli alla menzione nel trattato austriaco. L'Inghilterra non si è nemmeno espressa pur essendo incline ad aderire perché non vede ragione di opporsi alla proposta americana. Couve de Murville, in seguito al colloquio con me avuto 4 nel quale gli ho prospettato il negativo punto di vista italiano in materia, ci ha usato il riguardo di proporre che fossimo interpellati. E gli altri tre supplenti hanno aderito senza difficoltà alla sua proposta. Ecco tutto.

Del resto mi permetto di osservare che non vedo come i nostri rapporti con l'Inghilterra possano onestamente migliorare se da parte nostra si continua, ad ogni occasione, a tenerla in dispetto ed in sospetto di mire a noi contrarie e che esistono solo nella nostra immaginazione. Il concorso di tanti implacabili sospetti ha creato nella opinione italiana uno stato ingiusto di ostilità localizzata verso l'Inghilterra, stato che è qui avvertito dolorosamente e che potrà avere per noi conseguenze gravi contro le quali lotto e lotterò inutilmente se non interviene da parte nostra una più pacata osservazione dei fatti ed una più equa formulazione di induzioni e di giudizi.

Voglia perdonare, signor ministro, questo mio apprezzamento personale che risponde ad una intima profonda inquietudine.

ALLEGATO

MEMORANDUM

Londra, 22 febbraio 1947.

Dispongo la mia esposiZione m ordine cronologico !imitandomi a toccare i fatti essenziali :

12 gennaio 1946. In una lunga lettera-memoriale da me diretta al ministro Bevin (di cui codesto ministero ha copia) 5 avevo, tra molte altre questioni di attualità, preso di petto le rivendicazioni territoriali austriache.

In successivi colloqui con Bevin si è profilata una prima possibilità di spostare il problema del confine del Brennero dal piano territoriale a quello di una intesa politica ed

economica italo-austriaca tendente ad attenuare il valore divisorio della frontiera ed a soddisfare al tempo stesso la protezione etnica delle minoranze di lingua tedesca e la integrità territoriale italiana. Fu Bevin stesso a suggerirmi in termini vaghi l'idea di una possibile svalutazione della frontiera geografica attraverso accordi che potessero un giorno sfociare in una Zollverein 6 . L'idea di Bevin mi appariva derivata da tre considerazioni:

a) convenienza di non aggiungere una ulteriore offesa territoriale all'Italia; b) necessità di trovare una equa soluzione che soddisfacendo in parte le esigenze austriache gli fornisse (come effettivamente gli ha poi fornito) valido argomento per controbattere le forze parlamentari e la corrente di pubblica opinione inglese decisamente favorevoli alla soluzione radicale del distacco dell'Alto Adige; c) opportunità di indirizzare l'economia e in genere la gravitazione austriaca verso l'Italia per controbilanciare le pressioni esclusive provenienti da est e le possibili tendenze pangermaniche dell'Austria.

Bisogna tener presente che la propaganda austrofila condotta abilmente a Londra dall'ex-ambasciatore austriaco Frankenstein (divenuto cittadino inglese all'inizio della guerra) aveva trovato campo fertile sia nel Parlamento che nella opinione britannica più influente ancora rimasta fedele alla riluttanza con cui al termine della prima guerra europea aveva accolto l'annessione italiana dell'Alto Adige. Analoga abile propaganda gli austriaci avevano svolto in Francia e negli Stati Uniti raccogliendo largo consenso.

Nel mio telegramma n. 108 del23 gennaio 1946 7 segnalavo che Dunn mi aveva dichiarato che lo State Department era favorevole a rettifiche di frontiera a favore dell'Austria. In data 12 febbraio 1946 Dunn mi confermava ancora (mio telegramma n. 221) 8 che di fronte atteggiamento russo favorevole status quo al Brennero, gli Stati Uniti mantenevano punto di vista favorevole minori rettifiche. Ancora il 18 marzo 1946 (mio telegramma 410) 9 Dunn mi dichiarava che «Russia è contraria a rivendicazioni austriache, America è ferma su loro limitazione a minori rettifiche, Inghilterra pare accostarsi tesi americana». Col mio telegramma n. 157 del lo febbraio 1946 10 segnalavo che l'ambasciatore Massigli mi aveva dichiarato che il Governo francese sosteneva necessità sensibile rettifica frontiera a favore Austria. In data 13 febbraio 1946 (mia lettera al ministro De Gasperi 14 febbraio 1946) 11 Bidault si esprimeva con me molto prudentemente sulla questione Alto Adige, evitando di pronunciarsi sull'atteggiamento che il Governo francese avrebbe assunto di fronte ostilità Russia alle rivendicazioni austriache. In data 21 febbraio 1946 (mio telegramma 280) 12 Couve de Murville mi confermava che Governo francese era favorevole minori, non ancora precisate, rettifiche. In data 27 marzo l 946 (mio telegramma 442) 13 Couve de Murville mi prospettava favorevole atteggiamento Governo francese voltosi a favore rispetto status quo Alto Adige, suggerendo che Italia potrebbe negoziare direttamente con Austria qualche volontaria rettifica particolare che, dando parziale soddisfazione all'Austria, riducesse il pericolo di vederla un giorno necessariamente gravitare verso Germania.

La situazione andava evolvendo e convergendo verso punto di vista di Bevin favorevole ad un diretto accordo fra Italia ed Austria su una base di compromesso.

101 1' Vedi serie decima. vol. III, D. 624.

Jhid, D. 111. ~ Jhid., D. 181. '' Ihid., D. 272.

H• Jhid., D. 146. Il Ihid., D. 188. 12 Ibid., D. 201. 1' lhid.. D. 294.

Tutto ciò concordava, se pur per opposte ragioni, con l'atteggiamento russo. Con mio telegramma n. 146 del 30 gennaio 1946 14 segnalavo mutamento politica sovietica verso Austria e prime informazioni avute secondo cui delegato russo in seno Comitato supplenti aveva assunto atteggiamento contrario rivendicazioni austriache.

Il 2 febbraio 1946 avevo lungo colloquio con Vyshinsky il quale (mio telegramma 169 del 2 febbraio 1946) 15 alle mie argomentazioni contrarie alle rivendicazioni austriache mi rispondeva testualmente «E chi vi dice che non vi difenderemo? L'Italia non deve nulla all'Austria».

Si prospettava così la possibilità di far perno sull'atteggiamento russo e di girare l'opposizione anglo-franco-americana spostando la questione sul piano di compromesso che aveva ormai l'evidente appoggio di Bevin ed al quale Parigi e Washington andavano accostandosi. In questo senso ho continuato ad operare nei miei contatti londinesi nei mesi successivi.

Il 21 febbraio 1946 (mio telegramma 286) 16 Bevin dichiarava ai Comuni necessità, per frontiera italo-austriaca, conciliare principi etnici con situazioni economiche mediante la ricerca di soluzione con la quale grande potenziale economico creato da italiani possa servire sia Italia che Austria pur risolvendo problema etnico.

Era questo un primo pubblico accenno alla soluzione che Bevin andava formulando nel suo animo e sulla quale non sentiva ancora di esprimersi con maggior precisione in Parlamento.

Il 19 marzo 1946 in un lungo colloquio su tutte nostre questioni (mio telegramma n. 416) 17 Bevin mi dichiarava nuovamente che pur premettendo che non poteva manifestarmi suoi definitivi propositi, aveva considerato a fondo la mia lettera del 12 gennaio e teneva conto delle ragioni morali e dei fattori psicologici che avevo messo in evidenza sul problema italo-austriaco.

Il 29 marzo 1946 (mia lettera pari data al ministro De Gasperi) 18 comunicavo che Laski aveva avuto il giorno stesso da Bevin assicurazione che egli si andava orientando verso conservazione frontiera Brennero, salvo stipulazioni economiche fra Italia ed Austria a favore di questa ultima. Bevin auspicava in un non lontano futuro una unione doganale italo-austriaca. Facevo notare che Bevin stava nella sua mente rovesciando il procedimento a cui aveva accennato nel suo discorso ai Comuni (mio rapporto 25 febbraio 1946) 1'!. Allora egli aveva previsto un sacrificio territoriale italiano compensato da concessioni economiche garantiteci dall'Austria. Ora egli contemplava il rispetto dello status quo territoriale compensato da facilitazioni economiche che l'Italia dovrà garantire all'Austria.

Il 21 maggio 1946 ricevevo la visita del ministro Schmid giunto a Londra come primo rappresentante austriaco. In tale occasione abbordavo alla larga la questione di una possibile amichevole soluzione trovando nel rappresentante austriaco una iniziale comprensione ed aperta buona volontà che si è poi largamente manifestata nelle successive trattative a Parigi.

Ricevevo intanto istruzioni telegrafiche da Roma 211 perché mi recassi a Parigi a sostenere il caso italiano presso il Consiglio dei delegati supplenti che avevano invitato Italia ed Austria a presentare le loro osservazioni.

15 lbid., D. 152.

16 Non pubblicato.

17 Vedi serie decima, vol. III, D. 275.

lH Ibid., D. 306.

19 Non pubblicato.

211 Vedi serie decima, vol. III, D. 470.

Il 30 maggio /946 a Parigi davanti ai delegati supplenti ascoltavo la forte requisitoria del ministro austriaco Gruber in favore della rivendicazione territoriale austriaca su tutto il Siid Tirol e la ribattevo nella stessa seduta puntando sui seguenti argomenti 21 :

l) Il Governo italiano era fermamente deciso a far sì che l'Alto Adige potesse offrire il miglior esempio di come una pacifica e fruttifera cooperazione potesse essere stabilita fra due gruppi etnici distinti. Dal giorno della liberazione le autorità italiane in loco avevano costantemente operato per mantenere la solenne promessa del Governo italiano intesa a dare una giusta e generosa soluzione a una serie di problemi derivanti dal passato e rivolti a garantire le particolari tradizioni e gli interessi delle popolazioni di lingua tedesca.

2) Le seguenti misure erano già state prese con speciali leggi e regolamenti:

a) insegnamento nella lingua materna;

h) uso delle due lingue nei pubblici atti ed uffici nonché nella toponomastica;

c) ritorno alla originaria forma tedesca dei nomi di famiglia recentemente italianizzati; d) nomina di sindaci e di consiglieri comunali di lingua tedesca in tutti i comuni

a maggioranza tedesca (in attesa di libere elezioni amministrative); e) ammissione di impiegati di lingua tedesca nei pubblici uffici; f) istituzione di corsi speciali per la preparazione di funzionari di lingua tedesca.

3) Per quanto riguardava il problema delle opzioni, il Governo italiano dichiarava di essere pronto a garantire il principio della loro revisione, nella legittima presunzione del ri;,petto dello status quo territoriale. Il testo della relativa disposizione legislativa era soggetto ad una ultima revisione in consultazione coi locali elementi di lingua tedesca, al fine di assicurare la restituzionè della cittadinanza italiana secondo un criterio della massima tolleranza.

4) Sempre in consultazione con gli elementi locali di lingua tedesca il progetto inteso a stabilire la promessa autonomia amministrativa stava procedendo verso il suo completamento.

5) Per quanto riguardava il problema dei trasporti il Governo italiano era preparato a considerare il più esteso sistema possibile di facilitazioni ferroviarie e stradali e di transito di frontiera per ridurre al minimo le difficoltà di comunicazione fra il Tirolo settentrionale e quello orientale. A tale effetto il Governo italiano avrebbe considerato con piacere tutti i mezzi che potessero, in ogni sfera, incoraggiare la cooperazione fra due Nazioni le cui economie avevano carattere complementare.

Il Governo italiano esprimeva la sua sincera speranza che un giorno sarebbe venuto in cui le barriere doganali avrebbero perso il loro carattere ermetico, le misure di polizia che hanno diviso l'Europa negli ultimi trenta anni sarebbero state eliminate e la frontiera fra l'Italia e l'Austria si sarebbe ridotta ad una semplice demarca:::ione politica.

Questa parte delle dichiarazioni fatte dal Governo italiano, a mezzo del proprio rappresentante, alla Conferenza di Parigi, contengono praticamente l'ossatura della intesa firmata dal presidente De Gasperi e dal ministro Gruber a Parigi il 5 settembre.

Il 3 giugno 1946 seguivo a Londra il ministro Gruber che era venuto per conferire con Bevin, ed immediatamente (il 4 giugno) prendevo contatto col ministro Schmid esprimendo il mio desiderio di incontrare subito il ministro Gruber per stringergli la mano dopo il nostro incontro polemico. In tale colloquio (mio telegramma 723 )22 Schmid, constatata l'inconciliabilità delle tesi italiane ed austriache. affermava che Austria doveva tenere aperta questione di fronte qualsiasi decisione contraria della conferenza (il che corrispondeva alle pubbliche dichiarazioni fatte da Griiber a Vienna quando aveva accennato, in caso di insuccesso. ad un appello ad un superiore tribunale internazionale). Schmid suggeriva, come sua opinione personale, la possibilità di trovare una soluzione temporanea che, rispettando status quo territoriale e dando debite garanzie minoranze lingua tedesca. rimandasse a tempo successivo la soluzione territoriale. Mentre ribattevo al ministro Schmid che una simile soluzione temporanea non era pensabile, avevo la prima sensazione che la resistenza austriaca stava scivolando verso un possibile compromesso.

Lo stcs1o 4 giugno 1946 Bevin (mio telegmmma 729) 2' parlando ai Comuni sulla questione territoriale itaio-austriaca, così si esprimeva: «Se posso dire una parola all'Italia, io spero che i due Paesi (Austria e Italia) non restino estranei alla sistemazione dei molto difficili problemi che riguardano certe parti del Siid Tirol». Accennato alle complicazioni idroelettriche, geografiche, strategiche, concludeva confidando che i due Paesi, che sono stati così antagonistici, possano arrivare ad un ragionevole accordo e diano il loro contributo alla costruzione della pace. Bevin si era così deciso a rivolgere il primo pubblico invito ad accordi diretti italo-austriaci.

il giomo seguente 5 giugno 1946 il ministro Gruber rispondeva alla mia richiesta di incontro. con marcata cortesia, venendo lui stesso a vedenni in ambasciata. In una lunga conversazione durante la quale il rapporto intimo da uomo a uomo ha avuto preponderanza sul contatto ufficiale di cui ho dato rendiconto col mio teh:gramma n. 730 del 5 giugno stesso ;'4 • avevo prospettato a Gruber la possibilità, anzi la necessità inevitabile, di trovare una soluzione amichevole al di fuori e al di sopra del dibattito che si stava svolgendo fra i Quattro e che si sarebbe intensificato attraverso il nostro reciproco irrigidimento. La frase di Gruber, «your case is strong, but my case is as strong as yours». mi dava lo spunto per suggerirgli di spostare la questione dal piano di una opposizione irrisolvibile a quello di un componimento, ispirato ad un nuovo concetto europeo, il quale avrebbe aperte le porte ad una fruttifera collaborazione fra i due Paesi. Avendogli aggiunto che non vedevo, dopo il mio colloquio con Schmid, alcuna possibilità di un compromesso momentaneo, ero pronto ad accogliere, sulle linee accennategli, qualsiasi suggerimento egli avesse potuto avanzare. Lo assicuravo che il nostro ministro degli esteri sarebbe certo stato lieto di prendere con lui contatti attraverso la nostra rappresentanza di Vienna. Gruber concluse che ci avrebbe ripensato riservandosi di riprendere con noi contatto.

Il 7 giugno /946 riprendevo contatto con Bevin. Segnalavo allora (mio telegramma 745-46-47) 2i a codesto ministero risorte preoccupanti incertezze Bevin circa soluzione Alto Adige. Era evidente in Bevin l'effetto di una crescente pressione dell'opinione pubblica inglese e la mal conciliabile preoccupazione di rafforzare il baluardo austriaco con una soluzione che, soddisfacendo Vienna. la inclinasse contemporaneamente a gravitare Yerso l'Italia e il Mediterraneo anziché verso il Centro Europa. Egli mi accennava che avrebbe personalmente considerato fatto lungimirante saviezza politica una nostra accettazione di compromesso da

101 22 Vedi serie decima, vol. III. D. 513. D Non pubblicato. 21 Vedi serie decima, vol. JIL D. 517. 2i Jhid. D. 524.

concretarsi evidentemente nella cessione della Pusteria. Mi aggiungeva che lo State Department gli risultava favorevole a simile soluzione. Mi dichiarava che, in pratica, gli riusciva difficile fondare su criterio etnico la difesa di Trieste, e prescinderne, rovesciando argomentazione, in Alto Adige.

Successivamente a questo colloquio ho influito con ogni mezzo possibile presso il Foreign Office, parlamentari austrofili ed opinione britannica a favore nostra tesi, sostenendo essenzialmente con Foreign Office ferma determinazione italiana di risolvere nel modo più liberale la situazione delle minoranze di lingua tedesca e la cooperazione economica italo-austriaca, nel quadro del rispetto dello status quo territoriale.

Il 16 giugno 1946 partivo per Roma ove il 17 avevo ampio colloquio col ministro De Gasperi, al quale esponevo la situazione ricevendo istruzioni in linea generale favorevoli ad accordi bilaterali che permettessero di superare le resistenze inglesi e le superstiti incertezze francesi e americane.

Il 19 giugno 1946 ero a Parigi ove avevo contatti preliminari in tutti gli ambienti della Conferenza.

Il24 giugno 1946 la Conferenza di Parigi respingeva le pretese austriache sull'Alto Adige. Contemporaneamente veniva annunciato a Londra che il deputato conservatore Boothby (mio telegramma 794) 26 appoggiato da oltre novanta deputati di tutti i partiti aveva presentato ai Comuni una mozione scritta proponendo si dichiarasse che «a parere dei Comuni la proposta di lasciare il Sud Tirolo all'Italia senza consultare aspirazioni abitanti è violazione principi Carta Atlantica». A una precedente interpellanza del deputato Savory sostenente che per 1300 anni confine etnico, linguistico economico fra tirolesi e italiani è stato a Salorno, Noel-Baker aveva risposto a nome del Governo che nello stesso interesse delle popolazioni bisogna in alcuni casi considerare fattori economici i quali per quanto riguarda Alto Adige sono di maggiore rilievo a favore dell'Italia. Noel-Baker sosteneva la sua tesi ricordando le recenti misure del Governo italiano per autonomia linguistica regione.

Successivamente al colloquio con Byrnes 27 avevo con Bevin un colloquio

il 26 giugno 1946. Dopo avergli consegnato il messaggio personale del presidente De Gasperi, lo intrattenevo su tutte le questioni italiane e segnatamente ritornavo all'attacco per la questione italo-austriaca che si presentava di imminente soluzione alla Conferenza dei Ventuno. Bevi n mi dichiarava che per l'Alto Adige si era personalmente espresso a nostro favore superando l'opposizione della prevalente opinione pubblica inglese (mia lettera al ministro De Gasperi del 28 giugno) 2s Egli contava, a questo proposito, sulla nostra promessa di rendere in futuro la frontiera del Brennero permeabile ai due popoli confinanti mediante una vasta intesa doganale ed economica accompagnata dalle più ampie facilitazioni di transito sulla ferrovia della Val Pusteria. Di queste nostre assicurazioni egli si era valso con Gruber. Vedeva personalmente con favore una simile soluzione convenendo con me che essa, assicurando un saldo nesso economico fra i due Paesi, sarebbe valsa, ben più che ogni aggiustamento territoriale, a riequilibrar l'Austria ed a consentirle una fisiologica possibilità di vita.

Il 29 giugno 1946 Sargent mi faceva osservare come la soluzione adottata in Alto Adige mettesse il Governo inglese in una grave posizione di impopolarità presso questa opinione pubblica, mettendo così in evidenza la buona volontà del Governo inglese verso di noi (mio telegramma 799) 29 .

101 21' Non pubblicato.

Vedi serie decima, vol. III, D. 587. 28 Ibid., D. 624. 29 Ihid., D. 629.

Tutto ciò sta a dimostrare quale importanza decisiva abbia avuto per convertire alla nostra tesi il Governo inglese, l'atteggiamento assunto dal Governo italiano di comprensione per le esigenze austriache e di ferma disposizione a rispettarle in una soluzione di compromesso. Che è quanto dire che le nostre assicurazioni date a Bevin circa le garanzie di rispetto etnico e le provvidenze di cooperazione economica che eravamo pronti a porre in atto verso l'Austria, sono state la premessa indispensabile e decisiva alla adesione del Foreign Office al rispetto dello status quo alla frontiera del Brennero, in previsione del dibattito ai Comuni sulla mozione dei novanta deputati austrofili.

1122 luglio 1946 ho preso contatto con Macmillan pregandolo di intervenire nel dibattito in nostra difesa e fornendogli dati e documentazioni ottenendo assicurazione del suo intervento. Macmillan prendeva subito contatto preventivo con Bevin sull'argomento. Egli era d'accordo sulla opportunità che il dibattito si sollevasse dal gretto piano di soddisfazione a questo o quel Paese per tener invece conto preminente delle ragioni di quella unità europea nella quale solo il continente poteva trovare salvezza (mia lettera al ministro De Gasperi 22 luglio 1946) 30 . Altri contatti venivano presi con altri deputati a noi favorevoli. Valendomi dell'amicizia personale che mi univa al prof. Savory (uno dei più accaniti difensori della tesi austriaca), gli indirizzavo una lettera accludendogli copia della mia dichiarazione a Parigi ed altri elementi probatori a favore della nostra tesi.

Il 25 luglio 1946 (mio telegramma 875) 31 si svolgeva ai Comuni un dibattito sulla mozione per l'Alto Adige, i cui sostenitori erano saliti a centotrenta. In risposta alle violente dichiarazioni a favore dell'Austria, intervenivano a nostro favore il laburista Ben Levy, il conservatore Radclyffe ed infine Macmillan. Bevin chiudeva il dibattito con una lunga esposizione sulle seguenti linee:

Nonostante Carta Atlantica, necessità guerra imposto nuovi confini polacchi e trasferimento milioni tedeschi: all'atto dell'armistizio con l'Italia non vi fu parola di mutilazione del suo territorio; anziché insistere concetto indipendenza bisognerebbe adottare quello interdipendenza fra Nazioni e migliore soluzione sarebbe unione doganale e commerciale fra Italia e Austria.

In risposta ad interruzione del deputato Boothby, Bevin precisava che i tiro/esi potranno essere ascoltati alla Conferenza della pace ove ventuno Nazioni non sono chiamate solo per avallare decisioni dei Quattro.

A quanto sopra mi richiamo per dimostrare come il 25 luglio, dopo la prima decisione di Parigi contraria all'Austria, l'opinione inglese (e come si vedrà in seguito anche quella americana e francese) fosse tutt'altro che rassegnata al fatto compiuto e come Bevin stesso dovesse difendersi affermando che la Conferenza dei Ventuno avrebbe potuto, dopo aver ascoltato le ragioni dei tirolesi, adottare diverso consiglio.

Sorvolo sull'attività svolta, specialmente negli ambienti parlamentari laburisti per parare alla crescente ondata filoaustriaca determinata dal risentimento dell'opinione inglese alle decisioni di Parigi.

Vari deputati laburisti a noi favorevoli mi proposero allora che una Commissione parlamentare inglese fosse invitata dal Governo italiano a visitare l'Alto Adige (come già l'Austria aveva fatto per questa ed altre sue questioni con evidente successo). In tale visita la Commissione avrebbe potuto de visu raccogliere elementi tali da poter smentire le accuse lanciateci di continuare nei sistemi fascisti di persecuzione dell'elemento tedesco in Alto Adige. Tale proposta non ebbe poi corso perché il Ministero degli esteri non la giudicò allora opportuna.

101 311 Vedi serie decima, vol. IV, D. 49. 31 lbid., D. 71.

Comunque sta di fatto che ritornando a Parigi il 3 agosto quale membro della delegazione italiana alla Conferenza dei Ventuno, sentivo tutta la fragilità della decisione precedentemente presa dai Quattro a favore dello status quo. Di tale fragilità mi rendevo maggior conto, indipendentemente dall'atteggiamento inglese, nei contatti avuti con la delegazione americana dai quali risultava chiaramente che lo State Department non era sfavorevole a minori rettifiche consistenti nella assegnazione all'Austria della Val Pusteria.

Gli eventi successivi devono essere valutati tenendo conto di questa realtà.

Il 22 agosto 1946 il ministro Gruber, giunto a Parigi, mi ha subito accordato un colloquio32. Abbiamo esaminato insieme, in uno spirito di piena franchezza ed obiettività, tutti gli aspetti della questione dell'Alto Adige e delle future relazioni itala-austriache. Gli esposi il punto di vista italiano secondo le direttive convenute con il ministro De Gasperi al quale il ministro Gruber mi incaricava di portare il suo punto di vista, aggiungendo che non appena la situazione lo rendesse opportuno sarebbe stato molto lieto di avere con lui un personale incontro. Dal complesso del colloquio risultava evidente che il ministro Gruber, pur dovendo per ovvie ragioni insistere per una soluzione territoriale favorevole alle aspirazioni austriache, era lontano dalla sicurezza di poter modificare sostanzialmente le decisioni già raggiunte dai Quattro. Avendo scarso interesse alla soluzione parziale di una annessione della sola Val Pusteria, prendeva in considerazione il caso del rispetto integrale dello status quo e constatava come ci fosse da parte austriaca e italiana un eguale interesse e sincero desiderio di giungere ad accordi tali da garantire una duratura sistemazione nel quadro di quella tutela di minoranze alla quale l'Austria era, in subordinata ipotesi, interessata. Tale colloquio rappresentava una chiara e promettente apertura ad un possibile compromesso che avrebbe salvaguardato la nostra integrità territoriale, senza richiederci un sacrificio che andasse al di là delle provvidenze di autonomia che già avevamo assicurato ad altre regioni italiane che avevano certo minor titolo delle popolazioni di lingua tedesca dell'Alto Adige ad un simile regime di eccezione.

1124 agosto ero invitato alla legazione austriaca per conferire nuovamente con Gruber 33 . A vendo dovuto il ministro assentarsi per qualche ora sono stato ricevuto dal ministro Schmid il quale mi disse che Gruber lo aveva incaricato di riferirmi quanto segue: la delegazione austriaca stava per presentare alla Segreteria della Conferenza un memorandum in cui, premesso che la naturale soluzione della questione del Sud Tirolo stava nella consultazione delle popolazioni interessate (plebiscito) chiedeva che, qualora la Conferenza giudicasse ciò impossibile (in contrasto coi principi stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite) almeno fossero assicurate alle popolazioni di lingua tedesca del Sud Tirolo alcune garanzie riguardanti la libertà della vita economica ed il libero esercizio della lingua e delle loro tradizioni culturali. Specifici accordi avrebbero dovuto essere presi fra l'Italia e l'Austria, il cui contenuto avrebbe dovuto essere oggetto di legislazione italiana. In pratica la delegazione austriaca intendeva proporre un emendamento all'art. IO ed uno all'art. 14 del nostro trattato. Il contenuto degli emendamenti era in sostanza il seguente:

Art. IO. L'Italia concluderà con l'Austria, entro un anno, degli accordi intesi a garantire, senza tenere conto degli accordi Hitler-Mussolini del 1939, alla popolazione autoctona della provincia di Bolzano e dei comuni numerati nell'annesso accluso, la libertà del proprio sviluppo economico e culturale mediante la concessione di una autonomia regionale: agarantire la libertà di circolazione dei viaggiatori e delle merci fra la detta regione e l'Austria per quanto concerne i prodotti originali di questa regione e così pure per i suoi bisogni normali di importazione (seguiva l'enumerazione di 23 comuni situati ora in provincia di

101 32 Vedi serie decima, vol. IV, D. 196. 33 Jbid., D. 209.

Trento ed includenti i comuni ladini, in realtà italiani, di Cortina, Colle S. Lucia e Livinallongo in provincia di Belluno).

Art. 14. In aggiunta testo contemplante i diritti dell'uomo, ecc. si richiedeva il seguente inciso: «L'Italia garantisce soprattutto alla popolazione autoctona del Sud-Tirolo abitante al nord di Salorno la libertà di esistenza in tutti i domini della vita e specialmente la libertà culturale senza alcuna discriminazione e la facoltà di provvedere con funzionari autoctoni ed eletti a tutti i loro bisogni culturali derivanti dalla loro speciale situazione etnica».

Per incarico di Gruber, mi consegnava preventivamente il testo dei due emendamenti esprimendo il desiderio del ministro austriaco che, procedendo nello spirito di piena fiducia e buona volontà stabilitosi fra noi, il Governo italiano e quello austriaco potessero accordarsi per la inclusione nel nostro trattato delle clausole di garanzia sopraddette, in modo da far trovare la Conferenza (punto sul quale avevamo in precedenza convenuto in linea di massima) di fronte al fatto compiuto di una libera intesa italo-austriaca.

Chiedevo a Schmid quale valore dovevo dare a questa proposta, la quale evidentemente poteva avere un senso ed un seguito positivo se l'Austria rinunciava con essa alla sua tesi principale di rivendicazione territoriale. Chiedevo precisamente a Schmid se l'Austria stava compiendo o no un doppio gioco. Schmid mi rispondeva con calore assicurandomi che l'attuale atteggiamento austriaco era realistico. L'Austria desiderava sinceramente giungere ad una soluzione capace di garantire interna::.ionalmente l'autonomia delle minoranze di lingua tedesca ed intendeva con ciò mettere su basi definitive i suoi buoni rapporti futuri con l'Italia. Un palese impegno alla rinuncia territoriale, che pure era implicita in un eventuale accordo del genere, avrebbe messo Gruber in una posizione difficilissima di fronte alla propria opinione pubblica non ancora sufficientemente preparata ad una simile soluzione di ripiego. Comunque, stava di fatto che il memorandum austriaco, pur non potendo evitare di fare accenno all'eventualità di plebiscito, si limitava in sostanza a proporre delle garanzie internazionali a favore delle sue minoranze, senza ripetere la rivendicazione territoriale che aveva ben energicamente sostenuto il 30 maggio davanti i delegati supplenti.

In merito al contenuto dei due emendamenti facevo osservare, innnanzi tutto, che era da escludersi in via assoluta l'emendamento all'art. 14. Invece poteva costituire base di trattative la questione di un impegno di carattere internazionale relativa alle varie questioni concernenti l'autonomia regionale. Il tutto da studiarsi nelle dovute forme e possibilità. Escludevo la possibilità di includere nello speciale trattamento di minoranze i comuni della provincia di Belluno, ammettendo in linea di principio la inclusione dei comuni mistilingui già facenti parte della provincia di Bolzano e recentemente incorporati in quella di Trento.

Facevo pure osservare come non si potessero prendere impegni circa la circoscri::.ione territoriale poiché molte ragioni pratiche militavano a favore della unione regionale di Trento e Bol::.ano.

Soluzione a cui pure una buona parte dell'elemento di lingua tedesca, era favorevole. Il ministro Schmid insisteva fortemente sulla necessità di limitare l'autonomia alla provincia di Bolzano, onde evitare che le minoranze di lingua tedesca venissero sommerse sotto una preponderante maggioranza italiana.

Lo stesso giorno 24 agosto 1946 inviavo per aereo una lettera riservata al presidente De Gasperi 34 ragguagliandolo sull'avvenuto. Lo avvertivo che il giorno 26 avrei dovuto rivedere il ministro Gruber il quale mi aveva incaricato di dirgli in via strettamente riservata che il Governo austriaco considererebbe come un grande successo psicologico italo-austriaco alla Conferenza se l'Italia e l'Austria si accordassero liberamente per proporre in comune alla Conferenza stessa un emendamento che soddisfacesse un minimo di esigenze austriache,

dopo riconosciuto lo status quo territoriale. Gli dicevo con quanto favore io vedessi una simile soluzione e come la buona fede austriaca mi paresse evidente dati gli schietti rapporti personali stabilitisi fra me ed i rappresentanti austriaci. Gli chiedevo di autorizzarmi a fare una corsa a Roma qualora lo ritenesse necessario dopo il prossimo colloquio con Gruber e dopo aver sentito Bonomi e Saragat. Gli segnalavo come la decisione avesse carattere di estrema urgenza se volevamo tempestivamente influire sulle decisioni della Conferenza.

Il26 agosto 1946 avendo conferito telefonicamente alle ore 18 con il ministro De Gasperi a Roma, incontravo alle ore 19 il ministro Gruber 35

Riesaminata la questione con lui, egli mi confermava di essere pronto a ritirare l'emendamento all'art. 14 che aveva preparato come estrema difesa nel caso non fosse approvato l'emendamento all'art. 10. Gli dicevo di aver parlato poco prima con De Gasperi il quale non era contrario al principio di una garanzia di diritti di minoranza da includersi nel trattato. Occorreva però che tale garanzia fosse espressa nella forma più schematica e generale, salvo discutere poi in altra sede e «a due» i particolari di applicazione. Gruber si dichiarava disposto ad eliminare la elencazione dei comuni da aggiungersi alla provincia di Bolzano. Proponeva sostituire una formula che rimandasse la estensione della «zona di riguardo>> a successive intese e precisazioni. Gruber si dichiarava soddisfatto di una formula generica di garanzia perché aveva poca fiducia nella carta scritta e molta nella buona volontà delle parti sulla quale egli non aveva dubbi.

Sempre seguendo le istruzioni del ministro De Gasperi, gli precisavo bene quale era la nostra posizione. Esistevano due problemi:

l) la garanzia generica di tutela delle minoranze da includersi nel trattato con una formula analoga a quella austriaca, ma escludendo la elencazione dei comuni. E su questo primo punto si poteva giungere ad un accordo senza gravi difficoltà perché il problema ha carattere universale e ci interessava attivamente in Alto Adige e passivamente in Venezia Giulia;

2) la attuazione delle provvidenze di autonomia, la quale costituiva un problema separato che potrà essere discusso in un successivo tempo.

Gruber si dichiarava d'accordo su questi nostri concetti.

A questo punto Gruber mi chiedeva se ero disposto ad incontrare con lui l'ambasciatore olandese ed il delegato belga Langenhove, i quali erano convinti sostenitori di una intesa diretta fra Italia e Austria. Immediatamente ci recavamo con Gruber al Ritz ove incontravamo l'ambasciatore olandese ed il delegato belga nello studio di quest'ultimo. Incontro cordiale e confidente. Trovo segnato nei miei appunti «se non sono un ingenuo ed un ottimista incorreggibile si gioca a carte scoperte». L'ambasciatore belga era ansiosissimo di evitare che il dissenso italo-austriaco fosse oggetto di una inutile e dannosa battaglia nella Commissione politica (dalla quale poteva uscire una soluzione che scontentasse contemporaneamente Austria e Italia, minori rettifiche, senza risolvere il problema). Si dichiarava convinto che il mettere la Conferenza di fronte al fatto compiuto di un accordo diretto italo-austriaco avrebbe rappresentato un colpo di salutare effetto. Insisteva vivamente (come persona non direttamente interessata alla cosa e quindi insospettabilc) perché non si frapponessero indugi e perché ottenessi un assenso telegrafico o telefonico da parte del presidente De Gasperi. Gli facevo osservare come la cosa fosse impossibile, non essendo conveniente trattare apertamente la questione per telefono, né avere un esauriente contatto per telegrafo. Mi dichiaravo invece disposto a partire in aereo per Roma ed a tornare immediatamente a Parigi dopo avere di persona illustrato la situazione al presidente De Gasperi e ricevuto le sue precise istruzioni. L'ambasciatore olandese ed il delegato belga consigliavano congiunta

mente a Gruber di ritirare non solo l'emendamento sull'art. 14 ma anche quello sull'art. IO per non richiamare l'attenzione delle delegazioni sul problema fino a che De Gasperi non avesse dato la sua risposta. Ambedue i delegati si preoccupano del fatto che la Jugoslavia possa opporsi, coi relativi appoggi, ad una intesa itala-austriaca per il rispetto delle minoranze, vedendovi un precedente su cui l'Italia potrà fortemente appoggiare per ottenere analoghe garanzie per le sue minoranze in Venezia Giulia.

Gruber dà subito istruzioni telefoniche perché il memorandum già presentato alla segreteria della Conferenza il giorno stesso venga momentaneamente ritirato e tenuto in sospeso. Chiedevo a Gruber di vederlo l'indomani mattina per chiarire esattamente tutti i punti e farmi esatto interprete del suo pensiero presso il presidente De Gasperi.

Il 27 agosto 1946 rivedevo Gruber riesaminando con lui il testo dell'emendamento dell'art. 10 36 . L'emendamento all'art. 14 era definitivamente annullato.

Facevo osservare che la frase «senza tener conto dell'accordo Hitler-Mussolini ... » era troppo categorica ed impegnativa. Noi eravamo disposti a riconcedere la cittadinanza italiana agli optanti per la Germania che erano rimasti nel Sud Tirolo, ma la questione si presentava diversa per quanti avevano trasferito la loro sede. Gruber mi dichiarava che il suo desiderio era la sanatoria per quanti erano rimasti in Italia e la istituzione di una Commissione mista la quale esaminasse la posizione di quel 50%, circa, degli emigrati che desiderava rientrare in Italia. Dal rientro e dal riacquisto della cittadinanza italiana avrebbero naturalmente dovuto essere esclusi i nazisti più accesi ed anche per gli altri il ritorno doveva essere condizionato alla pratica possibilità della loro sistemazione.

Invece della frase «e dei Comuni enumerati all'annesso» si potrebbe dire «e di altri Comuni etnicamente tedeschi che saranno stabiliti in successivi accordi».

Circa il carattare dell'autonomia regionale da discutersi e convenirsi in seguito, Gruber esprimeva le seguenti opinioni: la questione avrebbe dovuto essere trattata in un futuro incontro fra De Gasperi e lui, o a Roma o a Vienna, o dovunque meglio convenga.

Alla mia richiesta se, una volta eventualmente raggiunto l'accordo sulla formulazione dell'art. IO, egli si sarebbe impegnato a far sì che il Volkspartei si decidesse a collaborare volenterosamente agli studi preparatori, egli rispondeva categoricamente di sì. Insisteva però, per evidenti ragioni di politica interna, perché l'accordo avesse luogo fra i due Governi e non fra Governo italiano e Volkspartei.

Circa il carattere dell'autonomia si dichiarava d'accordo col progetto del prefetto De Angelis, salve le seguenti auspicate modifiche:

-tassazione autonoma con riconoscimento di un per cento da fissarsi a favore dello Stato;

-polizia locale alle dipendenze dirette del Ministero dell'interno italiano;

-ammissione impiegati civili di lingua tedesca (non naturalmente per le ferrovie e altri

servizi nazionali); -limitazione all'ingresso di nuovi elementi italiani nella provincia di Bolzano; -limitazione della autonomia alla provincia di Bolzano ed ai noti comuni da aggregarsi.

Gruber dichiarò che su questi punti come su ogni altro era disposto a trattare. Gli facevo osservare che l'impegno internazionale di garantire l'autonomia non poteva essere da parte nostra condizionato a determinate pratiche soluzioni che sono ora allo studio con il Volkspartei e che la Costituente dovrà vagliare e decidere. Gruber si dichiarava perfettamente d'accordo, ripetendo che si accontentava di un impegno di principio salvo discutere l'attuazione con larghezza di tempo. Gli facevo rilevare come le ragioni pratiche consigliavano di

riunire amministrativamente le provincie di Bolzano e di Trento, salvo (come è previsto nel progetto Innocenti) stabilire un meccanismo di disarticolazione delle due province sia nell'esercizio del potere legislativo che in quello esecutivo in materie strettamente pertinenti alle minoranze di lingua tedesca. Il che era visto con favore da una parte dello stesso Volkspartei. Gruber si dimostrava però irriducibile su questo punto.

Il 26 agosto 1946 avevo informato riservatamente Hoyer-Millar 37 dei contatti avuti con Gruber e della possibilità di giungere ad un accordo italo-austriaco di cui il Belgio e l'Olanda si disporrebbero ad essere gli sponsors. Gli chiedevo se avremmo potuto contare su un deciso appoggio inglese inteso a chiudere la questione territoriale dell'Alto Adige contro una concessione italiana di autonomia alla minoranza di lingua tedesca, avallata eventualmente dalla garanzia internazionale risultante dalla inclusione o menzione nel trattato. Gli facevo osservare che una simile soluzione rappresentava l'esecuzione della promessa da me fatta a Bevin per indurlo al rispetto della linea del Brennero e poteva costituire una piena giustificazione di una simile risoluzione del Foreign Secretary di fronte al malcontento della Camera dei Comuni. Hoyer-Millar raccoglieva la cosa con la più viva soddisfazione promettendo appoggio sotto forma di incoraggiamento agli austriaci e di buona introduzione della idea negli ambienti della Conferenza.

Il 28 agosto 1946 partivo in aereo per Roma ove conferivo a lungo e ripetutamente con De Gas peri e col prefetto Innocenti 38 chiamato espressamente da Bolzano. Col ministro De Gasperi si convengono le seguenti linee generali:

-impossibilità di riconoscere nel trattato il nostro obbligo a regolare direttamente con l'Austria la questione dell'autonomia trattandosi di concessione che possiamo fare nel libero esercizio della nostra sovranità. Meglio quindi specificare addirittura nel trattato le concessioni linguistiche, scolastiche ecc. che abbiamo già decretato e per le quali possiamo prendere impegno diretto di fronte alle Nazioni Unite. Possiamo trattare direttamente con l'Austria le sole questioni di carattere internazionale e cioè:

-transito ferroviario e stradale

-revisione delle opzioni (in quanto derivanti da un accordo internazionale).

Su queste basi di massima il ministro De Gasperi prepara una traccia del testo.

Il 29 agosto 1946 (mattina) preparavo in dettaglio il testo di un accordo da inserirsi eventualmente nel trattato. Lo studio dettagliato del progetto Innocenti mi rivelava l'ampiezza delle misure di autonomia previste e mi rendeva sempre più perplesso sulla opportunità di estendere tali privilegi alla provincia di Trento. Ma il ministro De Gasperi era fermo su questo punto. In collaborazione con il prefetto Innocenti, giunto da Bolzano, rivedevo nuovamente il testo modificandolo secondo i suoi suggerimenti. In un ultimo riesame alla sera De Gasperi accetta l'ultimo comma da me proposto il quale fornisce una soluzione accettabile a Gruber stabilendo che su tutte indistintamente le materie trattate nell'accordo il Governo italiano prenderà in considerazione (quindi senza alcun impegno) tutti i suggerimenti del Governo austriaco intesi ad ottenere la migliore soluzione dei singoli problemi.

Il progetto di accordo così concretato nelle linee di massima era il seguente:

l) il Governo italiano adotterà a favore della provincia di Bolzano e dei comuni mistilingui della provincia di Trento, norme che tutelino il carattere etnico e garantiscano lo sviluppo culturale ed economico di quelle popolazioni di lingua tedesca.

101 37 Vedi serie decima, vol. IV, D. 220. 38 Ihid., D. 231.

Sarà particolarmente assicurato ai cittadini italiani di lingua tedesca: a) l'istituzione di scuole elementari e medie di lingua tedesca; h) la parificazione delle lingue italiana-tedesca negli uffici ed atti pubblici nonché la

bilinguità nella topomastica in quei comuni e località ove si usi in prevalenza la lingua tedesca; c) il diritto al ripristino nella lingua originaria tedesca dei nom1 recentemente i talianizza ti; d) equiparazione dei cittadini di lingua italiana e tedesca in tutti i diritti loro spettanti ed in particolare per quanto concerne l'assunzione ai pubblici impieghi ed uffici.

2) Alle popolazioni della provincia di Bolzano ed a quelle dei comuni mistilingui della provincia di Trento verrà assicurata, anche nei limiti di una eventuale più vasta circoscrizione territoriale, l'autonomia nell'esercizio del potere legislativo regionale e di quello esecutivo, in base a norme sulle quali saranno sentiti gli elementi locali di lingua tedesca.

3) Il Governo italiano è disposto a procedere alla revisione degli accordi Hitler-Mussolini del I 939, ai fini della restituzione della cittadinanza italiana agli optanti per la Germania e a tal fine si consulterà con il Governo austriaco dichiarando fin d'ora di dover riesaminare il problema con criteri di larghezza.

4) Il Governo italiano si metterà d'accordo con il Governo austriaco per elaborare una convenzione che faciliti il movimento delle persone e delle merci tra la provincia di Bolzano e l'Austria nonché il transito di persone e di merci fra il Tirolo settentrionale e quello orientale.

5) Il Governo italiano è disposto a prendere in attento esame, per la migliore soluzione, ogni eventuale indicazione che gli pervenisse da parte del Governo austriaco nelle materie indicate nel presente articolo.

Lo schema sopraddetto divideva la materia in tre distinte categorie: l'art. l comprendeva le provvidenze già adottate o in corso di attuazione per le quali il Governo italiano si impegnava senz'altro; l'art. 2 comprendeva l'impegno generico ad assicurare l'autonomia, lasciando imprecisata la circoscrizione territoriale e contemplando una semplice consultazione con gli elementi locali di lingua tedesca (ma non col Governo austriaco trattandosi di materia dipendente dal libero esercizio della nostra sovranità); gli artt. 3 e 4, trattando materie di carattere internazionale prevedevano invece la consultazione con il Governo austriaco; l'art. 5 che venne poi successivamente stralciato e sostituito da una dichiarazione a parte, prevedeva semplicemente una amichevole considerazione di eventuali suggerimenti che il Governo austriaco potesse fare su qualsiasi questione.

Il 31 agosto 1946 ero di ritorno a Parigi 39 e riferivo a Bonomi e Saragat ottenendo la loro approvazione incondizionata in linea di massima. Consegnavo quindi a Schmid il nostro testo perché Io sottoponesse subito a Gruber. Schmid trovava soddisfacente la nostra contro-proposta salvo la riserva circa la circoscrizione territoriale che dichiarava per loro assolutamente inaccettabile. Avevo subito dopo un colloquio con Hoyer-Millar, di carattere assolutamente confidenziale, e ne ottenevo la completa approvazione. Gli spiegavo particolarmente le ragioni che ci impedivano di impegnarci a limitare l'autonomia alla provincia di Bolzano.

Mi è impossibile data la ristrettezza del tempo riferire su tutte le trattative che si sono susseguite con Gruber e Schmid circa le modifiche al testo da noi proposto, che hanno poi

condotto alla compilazione del documento definitivo. Tutto ciò sarà debitamente sviluppato nel rapporto generale che sto preparando e che rimetterò a codesto ministero per la dovuta documentazione. Un semplice raffronto fra il nostro testo originale ed il testo dell'accordo poi firmato mette facilmente in evidenza i compromessi formali e sostanziali attraverso i quali il documento definitivo ha preso forma. Comunque l'andamento di tali trattative si può così riassumere nei suoi aspetti essenziali:

Come risultato dai vari colloqui il ministro Gruber aveva prodotto una edizione riveduta della nostra proposta 40 la quale contemplava le seguenti modifiche ed aggiunte:

a) rinuncia alla elencazione dei comuni della provincia di Trento da includersi nella zona autonoma e sostituzione di una formula generica «bilingual township of the Trento Province», ma aggiunta del riferimento ai « three ladine comunes of the Belluno Province»;

b) riconoscimento da parte italiana dei titoli di studi e diplomi acquistati nelle scuole ed università austriache; c) garanzia che il numero degli impiegati civili avrebbe corrisposto «to the proportion of the respective population»;

d) modifica della formula di consultazione con gli elementi locali per la progettazione dello statuto di autonomia, con la formula «to which the Representatives of the region h ave freely agre ed»;

e) amplificazione della formula relativa al riacquisto puro e semplice della cittadinanza da parte degli optanti. con una nuova formula implicante l'obbligo «to restore to the optants as much as possible the rights which they lost through the H. M. agreements»;

.f) concessione del libero passaggio ai passeggeri e merci non solo fi'a nord ed est Tirolo ma fra l'Alto Adige e l'Austria;

g) dichiarazione che il Governo italiano era disposto a dare una attenzione benevola ai suggerimenti che il Governo austriaco avrebbe potuto avanzare in merito a tutto il contenuto dell'accordo in «recognition of the ethnical ties between Austria and the german speaking South Tyrol».

In seguito alle istruzioni del presidente De Gasperi rispondevo negativamente alla richiesta a); dichiaravo che il riconoscimento dei titoli di studi poteva essere, senza preciso impegno, considerato per certi titoli ed a condizione di reciprocanza; rispondevo negativamente alla richiesta c) sostituendo una formula elastica tendente a favorire il miglior adattamento possibile del numero degli impiegati civili al rapporto fra le popolazioni di lingua diversa; rLipondevo negativamente alla richiesta d); rispondevo negativamente alla richiesta e); proponevo una nuova formula per il transito ferroviario e stradale concedendo cioè il libero passaggio fra nord cd est Tirolo, e promettendo le possibili facilitazioni nel traffico di frontiera e nello scambio frd Austria e Alto Adige di determinati quantitativi di merci caratteristiche di produzione locale (evitando cioè di concedere una vera clausola della Nazione più favorita). Per quanto riguardava la richiesta g) respingevo il riferimento alle ragioni di legame etnico fra Austria ed Alto Adige.

Il 3 settembre 1946 il presidente De Gasperi era a Parigi e rivedevo con lui il testo definitivo risultante dalle discussioni che avevo avuto nel frattempo col ministro Gruber 41 . La revisione è stata effettuata parola per parola, impegno per impegno con tutto il possibile

101 411 Vedi serie decima, vol. IV, D. 242. 41 lhid., D. 251.

criterio restntt1vo in vista di ogni possibile effetto, pericolo e oppposiziOne. De Gasperi vuole eliminare il capoverso n. 5, preferendo sostituirlo con una sua dichiarazione scritta ad laterem diretta al ministro Gruber.

Il 4 settembre vedevo prima il ministro Schmid 42 e poi il ministro Gruber 41 ai quali presentavo, come una specie di nostro amichevole ultimato, il testo definitivo approvato da De Gasperi e tradotto in inglese. Sorvolo sulle discussioni intervenute e che risulteranno dal rapporto generale che trasmetterò al ministero. Avevo puntato essenzialmente in quest'ultima fase sull'argomento capitale che se l'Austria non era del tutto soddisfatta del nostro testo dell'accordo l'Italia era in sostanza assai più insoddisfatta per la mancanza di un espresso riferimento alla rinuncia austriaca alla originaria richiesta territoriale. Gruber mi confermava che, una volta regolata la questione dell'autonomia, la soddisfazione della minoranza di lingua tedesca dell'Alto Adige sarebbe stata pienamente condivisa dall'Austria. In questa fase gli era politicamente impossibile fare espressa menzione alla rinuncia territoriale, ma avrebbe speso ogni sua autorità perché tale rinunzia, implicita se pur non espressa nell'accordo, si tramutasse in·una realtà storica. Egli aveva dato non indubbia prova del suo animo compiendo un atto che non si prestava ad equivoci e cioè rinunciando di fronte alla Conferenza ed in vista dell'attuale accordo ad ogni rinnovazione della precedente pretesa di annessione del Sud-Tirol. Tutto ciò restava agli atti della Conferenza e rappresentava una indicazione precisa di quale era la posizione assunta dal Governo austriaco di fronte a questo preciso problema territoriale.

Secondo istruzioni ricevute dal ministro De Gasperi dichiaravo a Gruber che se il Governo austriaco era interessato, per ovvi motivi alla inclusione del nostro accordo nel trattato (art. 10), l'Italia non aveva ragione per sollecitare tale inclusione. Egli era quindi libero di chiedere alla Conferenza di prendere nota dell'accordo o di includerlo nel corpo del trattato. Noi ci saremmo limitati a dare comunicazione ai Quattro Grandi ed al segretario generale della Conferenza del testo dell'accordo stesso.

Nei giorni precedenti, non appena cioè il testo dell'accordo itala-austriaco si era venuto concordando fra le due parti nelle sue linee essenziali, ne avevo fatto informare la delegazione americana dall'ambasciatore Tarchiani. L'ambasciatore Tarchiani ed io stesso in successivi colloqui avuti con membri della delegazione americana, ricevevamo la più calda e simpatica accoglienza.

Il 5 settembre alle ore 17 nella sede dell'ambasciata italiana il ministro De Gasperi ed il ministro Gru ber procedevano alla firma dell'accordo 44 , avendo poi un'ampia spiegazione sulla interpretazione delle varie formule e sul significato generale del documento. Contemporaneamente i due ministri si scambiavano due lettere una delle quali conteneva l'assicurazione che il Governo italiano era pronto a prendere in considerazione eventuali suggerimenti austriaci concernenti la migliore soluzione da darsi alle questioni contemplate dall'accordo, e l'altra riconosceva che il diritto a ottenere l'insegnamento nella madre lingua da parte degli elementi tedeschi dell'Alto Adige doveva essere condizionata a speciali regolamenti determinanti il minimo numero di allievi necessario per aver diritto a tale speciale forma di insegnamento.

Il 6 settembre dopo l'incontro avvenuto in ambasciata col ministo Schmid, il testo dell'accordo veniva consegnato ai Quattro Grandi ed al segretario generale della Conferenza. La comunicazione veniva fatta (in quattro lingue) in termini analoghi da parte dell'Italia e dell'Austria, con la sola differenza che l'Austria chiedeva l'inclusione nel trattato dell'accordo intervenuto e l'Italia si limitava a darne comunicazione.

43 lbid., D. 254.

44 Ibid., D. 258.

101 3 Vedi serie decima, vol. IV, D. 705, nota l p. 801.

101 4 Vedi D. 38. 5 Vedi serie decima, vol. III, D. 106, Allegato. I corsivi che compaiono nel testo di questo memorandum riproducono la sottolineatura dell'originale.

101 14 Vedi serie decima, vol. III, D. 137.

101 21 Il testo delle dichiarazioni fatte da Carandini dinanzi ai supplenti il 30 maggio 1946 è ibid., D. 500, Allegato. Quella che qui segue è più propriamente una sintesi letterale del memorandum italiano sull'art. l Odel progetto di trattato di pace il cui testo è edito in Foreign Relations u{ the United States, 1946, vol. IV, Washington, United States Government Printing Office, 1970, pp. 132-136.

101 34 Vedi serie decima, vol. IV, D. 212.

101 35 Vedi serie decima, vol. IV, D. 216.

101 36 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 218 e 222.

101 39 Vedi serie decima, vol. IV, D. 238.

101 42 Vedi serie decima, vol. IV, D. 253.

102

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 234/112. Atene, 22 febbraio 1947 (per. 1'8 marzo).

Mio rapporto n. 111/48 del 27 gennaio u.s. 1•

A meno di un mese di distanza dalla sua costituzione, il Gabinetto Maximos ha già subito una prima trasformazione. Come già nel gennaio scorso, anche questo mutamento è stato determinato soltanto in parte da iniziative interne; l'impulso decisivo è venuto dall'esterno, soprattutto dagli Stati Uniti la cui influenza in Grecia progredisce ogni giorno a scapito di quella inglese. Al mutamento politico si accoppia una serie di destituzioni e di nuove' nomine nell'Alto Comando militare. Analizzo brevemente l'uno e l'altra, soprattutto nei loro aspetti di politica internazionale.

Una delle condizioni poste dal signor Porter, capo della missione economica americana incaricata di formulare proposte al suo Governo per la concessione di un prestito (mio rapporto n. 134/62 del 30 gennaio) 1 -e posta pubblicamente è la compressione delle spese pubbliche. Questo problema non è in Grecia più facile a risolvere che altrove; ma era relativamente facile, e attraente, fare un gesto spettacolare, ridurre cioè il numero dei ministri. Il Governo greco era forse il più numeroso d'Europa. Ne facevano parte, con titolo di membri del Gabinetto, anche il governatore della Banca di Grecia e i governatori delle province più importanti; in tutto, tra ministri, governatori e sottosegretari, una quarantina di persone. È stato deciso ora:

a) di sopprimere tutti i sottosegretari;

b) di lasciare fuori dal Governo i governatori di tutte le provmce con l'unica eccezione di quello della Macedonia;

c) di riunire vari ministeri sotto la direzione di un solo titolare. Risultato: da quaranta si è passati a sedici persone, compreso il vecchio presidente del Consiglio.

In realtà i ministeri dei quali si è congedato il titolare non sono stati soppressi. Peggio ancora: non sono stati soppressi neppure i ministri né i sottosegretari; e già si dice che gli uni e gli altri seguiteranno a prestare la loro opera come «consulenti tecnici non retribuiti». Tanto è tenace, in Grecia, la rete delle clientele personali; e gli americani non si immaginano neppure quanto sia difficile introdurre in questo Paese concetti e metodi austeri.

Così ricostituito il Gabinetto, il presidente Maximos ha esposto di nuovo, in una conferenza stampa, il suo programma di governo. Non starò a ripeterlo in dettaglio; è interessante soltanto notare che la dichiarazione annuncia una serie di

provvedimenti economici ed amministrativi che coincidono punto per punto con le esigenze manifestate da Porter. Quanto all'ordine pubblico, il problema è stato affrontato sostituendo il capo di Stato Maggiore, Spiliotopulos, protetto dagli inglesi e ossequiente alla loro volontà, con il generale Ventiris, sino a ieri comandante dell'Armata della Macedonia e notoriamente fautore di nuovi metodi e nuova energia nell'azione di repressione.

I fatti diranno se questi piani siano destinati ad avere successo; e diranno soprattutto se gli inglesi siano disposti a fornire il materiale indispensabile, se gli americani siano pronti a sostenere sino in fondo una repressione energica che avrebbe per conseguenza inevitabile di spostare ancora più verso la destra il centro di gravità politico della Grecia.

Tutte queste decisioni, quelle strettamente politiche e quelle militari, sono state prese dal cosiddetto «Consiglio politico», cioè dai capi dei sette partiti rappresentati al Governo. Questo Consiglio, che, pur con caratteristiche diverse, ricorda il War-cabinet inglese, si è sostituito in effetti al Governo; mentre il Consiglio dei Ministri si riunisce una volta, quello politico si riunisce tre volte alla settimana. Ad esso compete l'iniziativa e il controllo in tutte le questioni generali di politica interna e internazionale. In tal modo i partiti minori, già all'opposizione, hanno raggiunto l'obiettivo prestabilito che era quello di scardinare la posizione dei populisti come partito di maggioranza. In seno al consiglio, dominato dalla personalità e dalla dialettica di Papandreu, i populisti non contano più che per un solo voto contro sei.

Dal nostro punto di vista questo sviluppo non ci dovrebbe essere contrario. Papandreu è per un riavvicinamento deciso all'Italia, ed è troppo intelligente per non vederne con chiarezza tutta la necessità e l'urgenza. Il nuovo capo di Stato Maggiore, Ventiris, è fratello del direttore dell'Embros, un giornalista tra i più autorevoli e tra i pochi che ci siano amici. Tuttavia qualsiasi previsione sulla durata e vitalità del nuovo Governo sarebbe azzardata. I problemi formidabili che esso deve atTrontare, e in primo luogo quello dell'ordine pubblico e quello economico, trascendono l'ambito nazionale; la soluzione del primo dipende in gran parte dallo sviluppo della situazione generale. del secondo dalla buona volontà dell'America.

Si possono fare frattanto due constatazioni. La prima è che il Gabinetto di Tsaldaris, come ho già riferito, è stato rovesciato dagli americani. La seconda è che il generale Marshall, sia pure con qualche riserva, ha dato la sua approvazione al nuovo Governo. Nella dichiarazione fatta alla conferenza stampa del 15 corrente, il segretario di Stato ha esposto il punto di vista del suo Governo sulla situazione greca. Sottolineando che il Governo Maximos rappresenta quasi il 90% dei deputati e che questo fatto è da interpretarsi come un segno che «i capi responsabili greci si rendono conto della necessità urgente di subordinare gli interessi personali a quelli nazionali» il generale Marshall ha implicitamente riconosciuto che l'attuale Governo offre le garanzie minime indispensabili per la concessione di aiuti economici. Dichiarando che è «nell'interesse degli Stati Uniti che la Grecia sia assistita nel mantenere la sua indipendenza e la sua integrità territoriale» il nuovo segretario di Stato ha confermato le assicurazioni già date dal suo predecessore. Meno gradito è stato l'appello all'unità nazionale che la destra giudica irrealizzabile sinché l'autorità della legge non sia stata pienamente ristabilita.

Comunque é evidente che né questo, né alcun altro Governo potrebbe sopravvivere un giorno di più contro la volontà dell'America. Mentre, per ragioni generali e particolari che ho indicato in altri rapporti l'influenza inglese è in rapido declino (parlo dell'influenza politica, non del controllo materiale sulla vita del Paese che si mantiene strettissimo), quella degli Stati Uniti, pur rimanendo lontana, indiretta e generale, guadagna irresistibilmente terreno. La missione Porter, dalla quale dipende la concessione dei prestiti e che in pratica ha già distanziato la vecchia missione economica inglese, più larga di consigli che di aiuti, ha posto il suggello alla nuova situazione.

Quel che misura la portata del fenomeno è che esso non è ristretto alla sola Grecia, ma è anzi comune a tutto il Mediterraneo dove l'influenza americana si appoggia a tre pilastri fondamentali: l'egemonia politica e militare degli Stati Uniti; i crediti; il controllo dei petroli nell'Arabia e nel Medio Oriente.

In relazione all'interesse americano per l'Italia e alla necessità per l'America di avere un punto di appoggio nella sua politica mediterranea, ho ritenutò di dover segnalare anche l'aspetto locale di questo sviluppo grandioso e inarrestabile, destinato a sconvolgere in profondità l'ordine e il rapporto di potenza in questo mare e ad aprire alla politica estera italiana le sue nuove e vere prospettive.

102 1 Non pubblicato.

103

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 2761/025. Washington, 23 febbraio 1947 (per. il 27).

Sarei grato di voler cortesemente comunicarmi per norma di linguaggio col Fondo e la Banca Internazionale e gli uffici americani competenti per quale data si possa prevedere la nostra ratifica degli Accordi di Bretton Woods e delle risoluzioni dei due Boards of Governors relativi all'ammissione dell'Italia nei predetti istituti.

Prego anche di voler inviarmi per corriere aereo, tre copie della Gazzetta Ufficiale che pubblicò il decreto circa la delega della firma e di voler far seguire, a suo tempo, tre copie della Gazzetta che pubblicherà gli atti relativi alla ratifica dei suddetti accordi ed alla nostra accettazione delle risoluzioni in questione 1 .

103 1 Grazzi rispose con T. 3995/148 del 10 marzo: «Accordi Bretton Woods trovansi già davanti Costituente per ratifica, e sono già stati esaminati competente Commissione. È prevedibile che prima fine corrente mese Costituente potrà pronunziarsi».

104

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PER CORRIERE 2765/029 1 . Washington, 23 febbraio 1947 (per. il 27).

Mio telegramma per corriere 08 2 e telegramma di V.E. del 19 corrente3•

In conformità alle istruzioni di V.E. ho rimesso al Dipartimento di Stato, accompagnata da una mia nota, copia della risposta del Governo alla richiesta dei supplenti circa l'inclusione nel trattato con l'Austria del paragrafo II dell'art. 10 del nostro trattato.

Nella conversazione che è seguita, è stato ammesso dall'interlocutore americano che la proposta dell'inclusione del paragrafo relativo agli accordi italo-austriaci per l'Alto Adige, sulla falsariga del nostro trattato, era stata caldeggiata da alcuni uffici del Dipartimento quando si preparava lo schema americano del trattato per l'Austria. Egli ne faceva risalire l'origine e l'ispirazione al particolare interessamento ed alla soddisfazione con cui l'ex segretario di Stato Byrnes e tutta la delegazione americana alla Conferenza di Parigi, nonché questa opinione pubblica, avevano. accolto la conclusione degli accordi stessi. Non ha escluso tuttavia che vi fossero anche state insistenze austriache in proposito.

Egli ha poi anche francamente osservato, a titolo amichevole e personale, che il Dipartimento, malgrado le spiegazioni ripetutamente date da questa ambasciata, non era riuscito a rendersi ben conto perché tale inclusione fosse da noi considerata tanto pregiudizievole ai nostri interessi, non potendosi dubitare del nostro proposito di osservare degli accordi da noi liberamente conclusi. Secondo lui, non vi era motivo di timori nostri che il paragrafo potesse giovare agli austriaci per risollevare eventualmente la questione territoriale dell'Alto Adige, poiché era ormai decisa l'inclusione nel trattato di un articolo stabilente che i confini dello Stato austriaco sarebbero stati quelli del lo gennaio 1938 (salvo la posizione sovietica circa la frontiera austriaco-jugoslava in Carinzia).

Ho pertanto nuovamente illustrato e ribadito il punto di vista italiano, quale indicato nel suo telegramma del 5 corrente 4 e nella nota di risposta al Consiglio dei supplenti.

Da parte sua l'interlocutore americano ha fornito alcuni dettagli sulla breve discussione che si era in argomento svolta in seno al detto Consiglio. Venuta in discussione la proposta a suo tempo formulata dalla delegazione americana, i supplenti inglese e francese avevano dichiarato di non aver nulla in contrario, mentre

2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 720.

3 Vedi D. 87.

4 Vedi D. 33, nota 3.

quello sovietico aveva fatto presente la necessità di chiedere istruzioni al proprio Governo. Poiché si approssimava la data stabilita per la fine dei lavori del Consiglio, era stato però deciso di richiedere, in via preliminare, il punto di vista italiano ed austriaco. Sempre secondo l'interlocutore, ove le risposte dei due Governi interpellati fossero entrambe negative, od anche nel caso l'Austria si dimostrasse indifferente -come potrebbe dedursi dalle recenti affermazioni di Gruber a Londra, di cui a precedenti telegrammi ministeriali che questa ambasciata non mancò di comunicare opportunamente al Dipartimento -da parte americana si sarebbe desistito dalla proposta a suo tempo avanzata, che ora qui non desterebbe più, dato anche il nostro atteggiamento, un particolare interesse.

Mi è sembrato opportuno riferire particolareggiatamente questa conversazione, in cui l'interlocutore ha cercato di minimizzare la portata della questione per quanto concerne l'America. Non è tuttavia da escludere che tanto gli americani quanto gli inglesi e francesi -ove da parte austriaca si insistesse per l'inclusione del paragrafo e relativo annesso testo dell'Accordo-possano ancora propendere a dare qualche soddisfazione al Governo di Vienna, anche nella considerazione che in definitiva i nostri impegni non verrebbero ad essere, di fatto, aggravati.

Comunque nel caso di insistenze austriache a meno che le riserve del delegato sovietico non siano superate da istruzioni di Mosca prima della fine dei lavori dei supplenti, potrebbe essere utile ritornare a interessare particolarmente il Governo sovietico alla nostra tesi.

Per mia opportuna norma di azione e di linguaggio, sarei grato ricevere dettagliate istruzioni sulle nostre intenzioni circa la partecipazione o meno al trattato con l'Austria. Ciò anche con particolare riferimento all'ultimo capoverso del suo telegramma l 06.

104 1 Fransoni trasmise il primo, quarto e sesto capoverso di questo telegramma con T. 3393 del l o marzo a Londra (127), Mosca (32) e Vienna (56) aggiungendo: «Si prega l'ambasciata a Mosca di svolgere opportuna azione nel senso suggerito e si prega la rappresentanza a Vienna di sondare quale sia l'atteggiamento austriaco in proposito influendo eventualmente a favore nostro punto di vista>>. Per la risposta di Coppini vedi D. 170.

105

L'INCARICATO D'AFFARI A PANAMA, ROSSI LONGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2620/8. Panama, 24 febbraio 1947, ore 14,14 (per. ore 8 del 25).

Ho avuto opportunità intrattenere lungamente questo ministro affari esteri circa asprezza trattato di pace Italia. A tale riguardo sig. Alfaro mi ha autorizzato portare a conoscenza codesto ministero che il Governo Panama:

l) disapprova termini trattato di pace imposti ad Italia;

2) da data decorrenza decreto che ristabilisce relazioni diplomatiche fra l'Italia e Panama (mio telespresso 196 del 18 luglio 1946) 1 considera ristabilita pace fra i due Paesi e ripristinate definitivamente relazioni pacifiche;

3) è disposto sua completa adesione qualsiasi azione collettiva da parte Potenze non firmatarie trattato, intesa condannare termini del trattato e patrocinare necessità sua revisione, nel caso che venga chiesta loro conformità con detto trattato (ministro mi ha detto constargli che fra piccole Nazioni si va diffondendo vasto movimento a favore Italia e a tal fine diretto);

4) è disposto appoggiare incondizionatamente presso O.N.U. eventuali richieste revisione innanzi presentate da parte Governo italiano.

Ho vivamente ringraziato ministro degli affari esteri per tali amichevoli dichiarazioni 2 .

105 1 Non pubblicato.

106

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. PER CORRIERE 3136. Roma, 24 febbraio 1947.

Questo ministero ha in corso trattative con ambasciata Cina in Roma per stabilire indennizzo che Governo italiano dovrà pagare per danni guerra patiti da cittadini cinesi in Italia, e poiché Governo Nanchino non chiesto (ripeto non) riparazioni guerra, trattative di cui sopra dovrebbero garantirci contro ogni tentativo cinese di impossessarsi beni italiani in Cina in forza articoli 78 e 79 trattato pace.

Poiché sedi consolato, circolo italiano, caserma Ermanno Carlotto in Tientsin e sede ambasciata Pechino, sono attualmente occupate da uffici militari e della Croce Rossa americani, sarebbe desiderabile che occupazione americana continuasse per qualche mese ancora, fino conclusione delle trattative sopra accennate, allo scopo di evitare eventuale arbitraria occupazione sedi demaniali sopra citate da parte autorità militari o provinciali cinesi contro le quali Governo Nanchino non sembra essere sempre in grado imporre propria volontà.

S.V. è pregata di manifestare in via strettamente confidenziale desiderio di cui sopra a codesto Dipartimento di Stato 1•

105 2 Con T. 3270/9 del 27 febbraio Fransoni rispondeva: «Prego telegrafare se possiamo rendere pubblica dichiarazione fallale da codesto Ministero affari esteri e in particolare se possiamo considerare definitivamente acquisito che codesto Governo. con decreto 817 del 15 luglio 1946 allegato suo rapporto 196 del 18 luglio, ha dichiarato cessato stato giuridico di guerra fra Italia e Panama e non (dico non) si varrà articolo 88 trattato pace che dà facoltà ogni membro Nazioni Unite già in guerra con Italia aderire trattato stesso>>. 106 1 Tarchiani rispose con T. 32271177 del 7 marzo: «Ho oggi interessato in via confidenziale Dipartimento di Stato, il quale ha assicurato avrebbe subito assunto informazioni presso competenti autorità americane in Cina onde aderire possibilmente nostro desiderio».

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DELLA DIFESA, GASPAROTTO

NOTA 282 SEGR. POL. 1 . Roma, 24 febbraio 1947.

Con telespresso odierno, di cui ti allego copia 2 , ho trasmesso ai dicasteri militari una Nota consegnatami da questa ambasciata britannica, nella quale ci viene proposto -sempreché ciò sia di nostro gradimento -di far rimanere in Italia, anche dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, una missione di militari britannici in qualità di consiglieri per questioni di equipaggiamento ed addestramento. Trattasi di una proposta di natura assai delicata per evidenti motivi che ti prego di voler attentamente esaminare. A mio avviso converrebbe come prima cosa guadagnare tempo e dilazionare la risposta 3 .

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

NOTA 15/20/47. Roma, 18 febbraio 1947.

As the Ita1ian Government will be aware from the press communiqué issued by Allied Force Headquarters on January 31st, the former Service Sub-Commissions in the Allied Commission were from that date transferred to the direct contro! of the Supreme Allied Commander, being grouped into the Italian Military Forces Section of Allied Force Headquarters. On the entry into force of the Peace Treaty the former Sub-Commissions will cease to exist a1together.

Apart from the contro! functions devolving on them from the Armistice Terms of 1943, the Sub-Commissions have been responsible for advising the respective Italian armed forces on matters re1ating to equipment and training. The Italian Government may wish to consider whether they wish to continue to obtain advice on these matters from Allied sources. Shou1d the Ita1ian Government desire it, His Majesty's Government would be very ready to provide a small number of British officers with the necessary technica1 knowledge. As the Italian Government are aware, the Italian army has been 1arge1y re-equipped from British sources and has been trained on British 1ines, while the Italian Navy has worked in dose co-operation with the Royal Navy. There would therefore seem to be some advantage in any further technical advice required by the Italian Navy and Army being similarly provided from British sources. The question of equipment of the Ita1ian Air Force is still under consideration; should it be decided to equi p i t largely with British types of aircraft, the same considerations would apply.

2 Telespr. segreto 274/c. segr. poi., non pubblicato.

3 Per il seguito della questione vedi DD. 118, 231 e 438.

It is for the Italian Government to decide whether they wish for British assistance with regard to any of their armed forces and if they do, to indicate the nature and extent of the assistance required. His Majesty's Government would then do their best to meet the Italian Government's requirements. His Majesty's Government do not of course wish to exclude the possibility that the Italian Government may prefer to seek similar assistance from the United States Government.

107 1 Il documento reca la seguente annotazione: «Nota autografa del ministro sull'originale: "Riservato: che non vada alla stampa"».

108

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 614/139. Budapest, 24 febbraio 1947 (per. il 28).

Mio telespresso n. 389/86 dell'8 febbraio corrente 1 .

Ha fatto ritorno in questi giorni la delegazione, presieduta dal ministro degli affari esteri, recatasi a Parigi per la firma del trattato di pace. Gyongyosi si è fermato qualche giorno in Svizzera dove ha concesso ad alcuni giornali delle interviste, nelle quali ha soprattutto insistito sulla gravità degli oneri economici imposti all'Ungheria e sull'ingiustizia delle clausole del trattato per quanto riguarda le minoranze ungheresi in Cecoslovacchia e in Romania; al suo arrivo a Budapest ha fatto delle sobrie e assai misurate dichiarazioni per dire di aver avuto occasione, durante il suo breve soggiorno a Parigi, di aver interessanti ed utili conversazioni con Bidault e con i ministri degli esteri dei Paesi vicini. «Ci siamo intesi su di un punto -ha affermato -che cioè col ritorno allo stato di pace, i popoli danubiani dovranno innanzi tutto rendere più intima la loro collaborazione economica»; ha aggiunto poi di aver parlato anche con gli uomini di Governo cecoslovacchi e di aver constatato la possibilità di ulteriori trattative.

Come noto, all'atto della firma a Parigi, la delegazione ungherese ha presentato una nota del Governo ungherese indirizzata al presidente della Conferenza, nota del cui testo integrale trasmetto, ad ogni buon fine, qui unita copia 2•

La firma del trattato di pace, che priva l'Ungheria di vasti e ricchi territori e che le impone delle riparazioni onerosissime per la sua economia, già così duramente provata dalla guerra, dalle distruzioni e saccheggi, nonché dagli obblighi armistiziali e dalla permanenza delle truppe russe, può dirsi che sia stata accolta dall'opinione pubblica ungherese con una certa passività, se non indifferenza. Di ciò varie possono essere le cause; innanzi tutto il «tono generale» molto misurato che, come sempre avviene per ogni fatto che abbia comunque dei riflessi internazionali, nell'attuale regime viene dato dall'alto, con la costante preoccupazione di non dispiacere in alcun modo alla «Potenza liberatrice». Aggiungasi, poi, che la firma del trattato ha coinciso appunto, nel tempo, con la serie ininterrotta di

festeggiamenti ufficiali e di cerimonie indette per celebrare l'anniversario della liberazione di Budapest da parte delle truppe russe e che tutta l'attenzione, le passioni ed i timori dell'opinione pubblica sono ormai da varie settimane polarizzate sull' «affare» del complotto e sulla grave crisi politica che, venutasi conseguentemente a determinarsi3, si acuisce ogni giorno di più senza che se ne riesca a intravedere una pacifica soluzione possibile.

Uniche pubbliche dichiarazioni sono state quelle fatte, alla seduta del 10 febbraio del Consiglio municipale di Budapest, dal segretario generale del Partito socialdemocratico Szakasits, nella sua veste di presidente del Consiglio stesso, dichiarazioni nelle quali egli, dopo aver rilevato che il trattato di pace contiene innegabilmente molti punti dolorosi, sia dal punto di vista territoriale, che da quello delle minoranze e non ha risposto alle aspettative basate sui principi della Carta Atlantica, ha soprattutto insistito nel sottolineare le responsabilità dell'esigua «cricca militare e feudale» per le sciagure del Paese e la buona volontà delle grandi Potenze, in particolare l'Unione Sovietica, nel mantenere la sovranità e l'indipendenza dell'Ungheria.

Un deciso atteggiamento invece di aperto dolore e di protesta contro !'«ingiusto e inumano trattamento inflitto all'Ungheria dal trattato di pace» è stato assunto dai cattolici.

Infatti l'Agenzia cattolica Magyar Kurir ha pubblicato una lunga dichiarazione in cui afferma che i cattolici ungheresi vedono con profondo rammarico come il giudizio internazionale più severo sia stato quello verso l'Ungheria, senza tener conto ch'essa è stata trascinata, suo malgrado, alla guerra dall'insostenibile pressione della violenza hitleriana; aggiunge inoltre che i cattolici ungheresi vedono con doloroso stupore che, contrariamente ai conclamati principi della Carta Atlantica, neppure i fondamentali diritti umani sono stati assicurati ai tanti ungheresi staccati dalla madre patria, mentre altri popoli, che hanno spontaneamente aderito al nazismo, applicandone i metodi, sono ora trattati quasi come vincitori: conclude affermando che i cattolici ungheresi considerano il trattato di pace come assolutamente contrario ai principi di giustizia e agli interessi generali europei.

Il cardinale Mindszenty ha poi fatto pervenire, tramite la locale legazione di Francia, al presidente della Conferenza della pace, una forte nota nella quale afferma, tra l'altro, che i trattati di pace sono privi di qualsiasi base morale, che senza l'applicazione dei principi di Wilson e di quelli della Carta Atlantica, non possono concludersi che delle paci cartacee e che l'annessione di tre milioni e mezzo di ungheresi ad altri Stati non corrisponde né ai principi anglo-sassoni, né a quelli di Lenin e di Stalin.

Lo stesso cardinale primate ha celebrato nella giornata del 10 febbraio una funzione religiosa nella Basilica di santo Stefano, dove, per la prima volta dopo la guerra, è stata esposta la reliquia della «sacra mano» di santo Stefano e sono stati cantati dalla folla commossa, che gremiva la Chiesa, gli antichi inni religiosi pa

137 triottici. Il cardinale ha anche pronunciato in tale occasione un'allocuzione, nella quale ha, tra l'altro, descritto la tragica sorte degli ungheresi strappati alla madre patria.

Questa manifestazione religioso-patriottica ha provocato violente reazioni della stampa di sinistra. In particolare il giornale socialista Népszava, in un editoriale, ha attaccato vivacemente il cardinale Mindszenty, affermando tra l'altro che nella manifestazione religiosa da lui indetta «si sono dati convegno, per lamentarsi della pace, quegli ungheresi che, il giorno della dichiarazione di guerra, si davano a grandi manifestazioni di giubilo e che, ora, in veste di patrioti addolorati, vorrebbero cancellare persino il ricordo della provocazione da essi voluta».

108 1 Vedi D. 44. 2 Non pubblicata.

108 3 Allude alla crisi provocata dall'arresto di Béla Kovacs, segretario generale del Partito dei piccoli proprietari. Vedi D. 179.

109

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2655/205. Londra, 25 febbraio 1947, ore 13,47 (per. ore 20,30).

Riferimento n. 12 mio telegramma n. 176 1 .

Secondo il Foreign Office, a quanto mi è stato riferito in sede competente, decisione quattro supplenti introdurre nel trattato austriaco una formula di riconoscimento nostro trattato da parte quest'ultimi è destinata rappresentare tra l'altro una controgaranzia della nostra presente frontiera definitiva, che già risulta direttamente accettata attraverso delimitazione frontiera austriaca.

Nel corso della comunicazione mi è stato fatto presente che il pericolo riacutizzazione problema alto-atesino stava soprattutto nella propaganda irredentista che da sempre era stata apertamente incoraggiata dall'Austria. Funzionario Foreign Office con cui si è svolto colloquio ha allora osservato testualmente come questa fosse per noi occasione per cercare di ottenere in materia impegno con l'Austria. A me sembra infatti che se si potesse stabilire correlazione tra accordo De Gasperi-Gruber ed una dichiarazione austriaca di astenersi da propaganda irredentista verremmo a disporre di un buon argomento di difesa quando situazione Alto Adige non si normalizzasse debitamente nello spirito accordo.

Gradirei conoscere urgenza avviso codesto ministero per eventualmente tornare in argomento prima dell'imminente partenza Bevin per Mosca 2 .

2 Con T. s.n.d. 32611121 del 27 febbraio Sforza rispondeva: «Anche presidente del Consiglio stima meco estremamente improbabile che Governo austriaco formuli in modo tanto solenne una dichiarazione che troppi gli rimprovererebbero. Ella dovrebbe quindi evitare ogni passo diretto pur ammettendo col Foreign Office che se esso riuscisse noi ne saremmo grati». Per le successive comunicazioni di Carandini vedi D. 112.

109 1 Vedi D. 75.

110

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2681/209. Londra, 25 febbraio 1947, ore 21 (per. ore 10,30 del 26).

Colloquio odierno con Harvey ho ribadito nuovamente concetti di cui al telegramma di V.E. 115 1 e verso i quali atteggiamento Foreign Office va orientato.

Harvey mi ha confermato che codesto ambasciatore britannico Charles riceverà istruzioni telegrafiche sollecitanti venuta Menichella non oltre 10 marzo ed elencanti questioni che il Governo britannico è pronto discutere e in base alle quali nostro Governo dovrà decidere qualità esperti che accompagneranno Menichella. Nel pensiero Harvey invito esteso a V.E. e la concreta soluzione che si prepara con la venuta nostri esperti sono deliberatamente indice volontà Governo inglese darci concrete prove solidarietà prima ed in vista ratifica Costituente.

111

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2665/76. Mosca, 25 febbraio 1947, ore 21,35 (per. ore 7,30 del 26).

Oggi ho fatto la rituale visita di presentazione a Molotov. Durante conversazione svoltasi in atmosfera di cordialità per oltre quaranta minuti, ho creduto opportuno intrattenerlo, sia pure brevemente, anche su due delle questioni che più ci interessano attualmente: nostra partecipazione trattative pace Germania e inizio negoziati commerciali itala-sovietici.

Circa il primo argomento Molotov si è mostrato assai riservato. Mi ha detto che la questione era allo studio, ma che l'eventuale nostra partecipazione poteva avere ripercussioni su situazioni analoghe e quindi creare complicazioni.

Per quanto concerne la seconda questione, Molotov è stato invece meno riservato. Ha mostrato interessarsi vivamente al nostro desiderio di iniziare degli scambi commerciali con l'U.R.S.S., pur ricordando attuali difficoltà per U.R.S.S. di fornire materie prime. Al mio suggerimento di far venire a Mosca una delegazione di esperti italiani per esaminare sul luogo quanto fosse possibile fare, Molotov non ha mosso obiezione e mi ha assicurato che la cosa sarebbe stata studiata con suo Governo con particolare cura.

Infine Molotov ha mostrato particolare interessamento quando io gli ho accennato -a titolo personale -a connettere tale invio di esperti con eventuale visita di

IlO 1 Vedi D. 98.

una nostra personalità di Governo, illustrandogli la favorevole risonanza che ciò avrebbe avuto sull'opinione pubblica dei due Paesi. Su invio di esperti e sui suoi possibili sviluppi, Molotov mi ha promesso una risposta. Mi riservo di approfondire i due argomenti nei miei prossimi incontri con Dekanozov.

Concludendo, dalla mia conversazione con Molotov ho tratto l'impressione che egli è bene intenzionato nei nostri riguardi, e non ha alcuna pregiudiziale contro un gesto che manifesti pubblicamente un maggior riavvicinamento fra i nostri due Paesi.

112

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2700/211. Londra, 26 febbraio 1947, ore 13,45 (per. ore 19).

Mio 205 1 .

Circa menzione accordo De Gasperi-Gruber nel trattato Austria, Harvey giudica che inclusione clausole corrispondenti articolo 18 del nostro trattato rappresenta per noi soddisfacente contropartita in quanto implica accettazione statu quo Brennero sancito articolo l. Gli ho suggerito che quando non si potesse fare esplicita menzione di un impegno Austria ad astenersi dal favorire propaganda irredentista in Alto Adige, sarebbe almeno necessario che dagli atti Conferenza Mosca risultasse dichiarazione delegato inglese secondo cui tale impegno fosse considerato correlativo alle nostre concessioni di autonomia. Harvey che parte per Mosca con Bevin ha promesso tener presente tale nostra ragionevole esigenza.

113

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS

T. 3216/42. Roma, 26 febbraio 1947, ore 16.

Suo37 1 . Ministro ha particolarmente messo in rilievo suo desiderio di vedere stabiliti legami di amicizia verso la Turchia, Egitto e tutti gli altri Paesi mediterranei. Tanto

113 1 Del 25 febbraio, con il quale De Astis aveva richiesto il testo delle dichiarazioni rilasciate da Sforza circa la necessità di una unione dei popoli del Mediterraneo.

più questi intensificheranno loro amichevoli rapporti tanto prima noi vedremo sorgere una vera e propria federazione mediterranea. Tale opera deve essere iniziata dall'Italia e dalla Turchia che sono i due più antichi e importanti Stati del Mediterraneo.

Segue testo integrale per corriere 2 .

112 1 Vedi D. 109.

114

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO PERSONALE 2746-2768/152-153-154. Washington, 26 febbraio 1947, ore 22,21 (per. ore 16 del 27 ).

In colloqui ieri ed oggi Dipartimento di Stato ha posto dettagliatamente al corrente su questione accordo da concludersi da americani e inglesi col Governo italiano per regolare e facilitare evacuazione rispettive truppe da nostro territorio entro il termine noto 90 giorni di cui art. 73 trattato. Confermati «obbligo» detto ritiro nei confronti Governo italiano (mio telegramma 60) 1 e immediata fine regime armistiziale da momento entrata in vigore trattato, Dipartimento di Stato ha fatto presente che Autorità militari americane e inglesi presso codesto Quartier generale alleato avevano preparato separati progetti convenzioni da sottoporre costà.

Detti testi erano necessariamente dettagliati e riproducevano molte disposizioni contenute proposta convenzione per affari civili del giugno 1946 che codesto ministero non aveva allora ritenuto accettare. (Al riguardo è stato accennato in linea strettamente confidenziale che testo inglese, qui comunicato da ambasciata britannica, ribadiva pratica continuazione vari privilegi e disposizioni armistiziali).

Dipartimento di Stato aveva di conseguenza avvertito Dipartimento della guerra che non riteneva che siffatti progetti di convenzione sarebbero stati graditi e tantomeno accettati da noi ed aveva proposto che invece Governo americano procedesse con quello italiano a puro e semplice scambio di note in via diplomatica con riferimento esclusivamente ad art. 73 del trattato di pace, senza alcun richiamo esplicito od implicito disposizioni armistizio. Secondo schema di nota di cui Dipartimento di Stato ha dato lettura -peraltro non ancora definitivamente messo a punto -premesso un accenno a misure preliminari in corso prima del ritiro delle truppe, Governo americano prega quello italiano di compiacersi impartire istruzioni a competenti autorità affinché cooperino con autorità militari americane per ordinata evacuazione e pongano a disposizione tutte quelle facilitazioni che possano essere richieste per sollecita attuazione ritiro truppe americane.

114 1 Vedi serie decima, vol. IV, D. 695.

Dipartimento di Stato aveva ripetutamente intrattenuto della questione questa ambasciata d'Inghilterra; il Foreign Office, dopo alcune difficoltà, aveva concordato nel sottoporre a codesto ministero tanto possibilità procedere a scambio di note quanto concludere convenzioni secondo progetti di cui al mio telegramma precedente2. Qualora, come Dipartimento di Stato non mostra ritenere, Governo italiano preferisse stipulare dette convenzioni, è stato lasciato intendere che si procurerebbe per quanto possibile che testo americano non contenga determinate disposizioni ritenute da noi non gradite.

Sarei grato telegrafarmi cortesi urgenti istruzioni per mia norma linguaggio3 .

Dipartimento di Stato ha questo pomeriggio confidenzialmente comunicato telegramma qui pervenuto da Duno il quale tra l'altro riferisce informazioni dategli da Charles riguardanti suo colloquio presso codesto ministero circa accordo per ritiro truppe anglo-americane in esecuzione articolo 73 trattato.

Dipartimento telegraferà domani urgenti istruzioni richieste da Duno, riassumendo comunicazioni a me fatte di cui telegrammi surriferiti 4• Dipartimento continua a ritenere preferibile scambio di note ~che secondo intendimenti confermati non debbono contenere alcun accenno obblighi armistiziali~ considerandolo gesto più amichevole verso Governo e popolo italiano.

113 2 Non pubblicato.

115

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

TELESPR. RISERVATO 14/05799jc. 1 . Roma, 26 febbraio 1947.

In seguito al mutamento della forma istituzionale dello Stato è apparso necessario adeguare alla nuova situazione alcune clausole dei Patti lateranensi mediante chiarimenti interpreta tivi.

In particolare, per quanto concerne gli onori spettanti ai cardinali (art. 21 del trattato), sentita la Segreteria generale degli uffici del capo provvisorio dello Stato e la Segreteria di Stato di sua Santità, si fa presente quanto segue:

L'art. 21 genericamente stabilisce che i cardinali godono degli onori dovuti ai principi del sangue, senza distinguere tra principi italiani e stranieri. Evidentemente, per l'avvento del regime repubblicano nel nostro Paese, non si può far più riferimento a principi del sangue italiani, ma la norma di quell'articolo resta in vigore in riguardo a quegli stessi onori che si devono continuare, come pel passato, a rendere ai principi di case regnanti straniere in visita ufficiale.

Vedi D. 129.

4 Si riferisce alle prime due parti del presente telegramma. 115 1 Il telespresso era indirizzato anche ai ministri dell'Interno e della Difesa, e per conoscenza all'Ufficio cerimoniale dello stesso Ministero esteri.

Si ritiene pertanto che possa mantenersi intatto il testo attuale dell'articolo.

Presentandosi poi il caso di tributare onori ai cardinali codesta Presidenza, in via interpretativa, senza farne oggetto di una circolare e senza far espresso richiamo ad una equiparazione ai principi del sangue di case regnanti straniere, potrà impartire istruzioni alla competente autorità nel senso che gli onori dovuti sono quelli tradizionali.

Questa soluzione apparirebbe gradita superiormente ed alla Santa Sede.

Si prega comunque codesta Presidenza di voler far conoscere se concordi.

Si resta in attesa di cortese riscontro per poter far le opportune comunicazioni all'ambasciata presso la Santa Sede.

114 2 Si riferisce alla prima parte del presente telegramma.

116

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, CORRIAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 384/155. Ankara, 26 febbraio 1947 (per. il ] 0 marzo).

Telegramma di questa ambasciata n. 21 del 22 corrente 1 .

Come questa ambasciata ebbe già più volte occasione di riferire, la Turchia ha mostrato in questi ultimi anni, nei riguardi dell'Italia democratica, delle sempre più favorevoli disposizioni.

Scomparsa dalla scena mediterranea l'Italia irrequieta ed imperialista del fascismo, la Turchia si è sentita liberata dalla preoccupazione che le inspiravano le nostre forze installate nell'Egeo ed in Albania. All'ostilità è succeduta la tranquillità ed anche il desiderio di trovare nell'Italia una collaboratrice nella difesa del nuovo equilibrio mediterraneo che la Turchia sente minacciato in posizioni vitali per la sua indipendenza e per la sua integrità nazionale.

A questo stato d'animo si è inspirato l'atteggiamento turco nei nostri riguardi. Con cautela ed attenzione, la Turchia ha fatto di tutto per essere corretta verso l'Italia. La stampa ha mentenuto un contegno sereno ed obbiettivo quando non favorevole verso di noi: si è sempre astenuta dal fare valutazioni di politica interna italiana che potessero rivelare da parte sua un senso di partigianeria od urtare la suscettibilità di gruppi politici nazionali. Il Governo turco ha mostrato il desiderio di rinserrare vincoli economici sempre più stretti; ha richiesto l'ausilio di tecnici ed intellettuali italiani per potenziare lo sviluppo delle sue nuove istituzioni; ha fatto importanti ordinazioni navali ai nostri cantieri.

Il Ministero degli esteri, d'altrà parte, ha sempre mantenuto nei riguardi della nostra rappresentanza diplomatica un atteggiamento premuroso, evitando di far sentire, anche nei giorni più difficili, le difficoltà di situazioni in cui sono venuti a trovarsi ovunque i diplomatici italiani.

Queste disposizioni favorevoli non sono state però mai disgiunte da un senso di prudente e di vigile attesa, di malcelata se pur cortese diffidenza verso l'atteggiamento italiano a cui si tende ad attribuire una elasticità ed una duttilità di pensiero e di azione che ha le sue radici in storia remota e recente.

I turchi sono sospettosi e fortemente animati da complesso di inferiorità; gli sviluppi politici e sociali recenti non hanno attenuate tali caratteristiche, ma forse accentuate.

L'impossibilità in cui si è trovata l'Italia di prendere una posizione, nei termini da lei desiderati, per quanto concerne la questione degli Stretti, il nostro atteggiamento generale di politica estera determinato dalle nostre condizioni armistiziali e dalla nostra volontà di amicizia con l'Occidente e con l'Oriente è stato qui talvolta sospettosamente giudicato come espressione del sostanziale intento italiano di sfruttare l'antitesi tra gli occidentali e gli orientali; gli incidenti occorsi all'ambasciatore e al consigliere turco a Roma e le campagne di stampa che si sono susseguite, hanno contribuito a ravvivare il sospetto che ancor oggi in Italia si ignorino il progresso e l'evoluzione della nuova Turchia; sospetto neutralizzato solo dall'azione personale dell'ambasciatore Marchetti che aveva saputo qui circondarsi di grande prestigio e simpatia generale.

In questa atmosfera politica è giunto inatteso il messaggio di amicizia che il conte Sforza ha inviato al popolo turco, e sulla cui prima accoglienza ebbi a riferire con rapporto del 20 febbraio n. 127 2 .

Era evidente il desiderio degli ambienti ufficiali di mantenere il riserbo fino a che non avessero conosciuto le eventuali reazioni internazionali dei grandi Paesi. Solo dopo quattro giorni il segretario generale di questo Ministero mi ha intrattenuto sull'argomento di sua iniziativa, in occasione di un pranzo in casa sua al quale ero stato già da una settimana invitato (faccio presente che il segretario generale è qui veramente il regolatore della politica estera, tanto che si parla di un suo trasferimento a scadenza non lontana appunto per le invidie politiche che la sua potenza avrebbe determinato: il ministro Hasan Saka è un buon uomo ma di scarsa capacità).

In tono molto amichevole e cordiale, il segretario generale mi ha detto che le parole di amicizia e di simpatia espresse dal conte Sforza per il popolo turco erano giunte particolarmente gradite al suo Governo. Ha sottolineato come fosse la prima volta che un membro del Governo italiano esprimesse chiaramente tali sentimenti, insistendo sull'argomento e quasi aspettando da me una risposta chiarificatrice.

Gli ho risposto che i sentimenti del popolo italiano per il popolo turco erano stati sempre di simpatia e di amicizia: ma che nel passato le condizioni armistiziali avevano necessariamente costretto il Governo italiano a una politica che era potarizzata principalmente nella difesa dei suoi diritti di fronte al tribunale della pace.

Il segretario generale ha continuato poi manifestando in termini calorosi il suo consenso alla concezione politica dell'amicizia mediterranea. Egli mi disse che ne aveva già parlato con l'ambasciatore di Grecia e che i loro punti di vista coincidevano, e che pertanto avrebbero ispirato l'atteggiamento della stampa dei rispettivi Paesi in senso favorevole a quella concezione.

Ha continuato poi riaffermando la simpatia e l'amicizia che i turchi nutrono per la persona del conte Sforza di cui non dimenticano l'aiuto e la comprensione nei giorni più difficili del risorgimento della Nazione turca. L'ambasciatore Erkin mi ha pregato infine di portare quanto precede a sua conoscenza.

Lo ho assicurato al riguardo, ringraziandolo delle sue cortesi parole ed esprimendo la speranza che la prima prova dei rapporti di amicizia tra i due popoli dovrebbe manifestarsi nella stipulazione del trattato di commercio, di cui si sono iniziati in questi giorni i negoziati, inteso ad intensificare le correnti economiche tra i due Paesi.

La stampa dopo un riserbo di circa cinque giorni ha iniziato la pubblicazione di articoli sull'argomento, evidentemente ispirati dall'autorità centrale. Yalçin, chiamato qui il maestro dei giornalisti, sostenitore non ufficioso del Governo, ha pubblicato sul Tanin di Istanbui il suo primo commento, che trasmetto con telespresso a parte 3 . Egli sviluppa il concetto della federazione mediterranea, nel quale vede uno degli elementi atti a garantire nel quadro delle Nazioni Unite l'equilibrio europeo contro l'eventuale manomissione sovietica: «Poiché non bisogna dimenticare che un'unione, una lega che unisse in stretta solidarietà i Paesi del bacino mediterraneo non è fatta per andare a genio dei bolscevichi di Mosca». E più avanti: «Con gli Stretti attualmente in mani nostre che chiudono la via all'invasione dei Russi, ogni organizzazione conforme a quella dell'O.N.U. per proteggere il Mediterraneo contro qualunque aggressione sarebbe una seconda barriera a protezione ed a chiusura della via dell'aggressione e dell'invasione slava».

«Se si pensa che il Mediterraneo presenta un'importanza vitale per l'Impero britannico e se si prende in considerazione che la salvezza di questo impero dipende dalla sicurezza del Mediterraneo, si può considerare come certo il fatto che gli inglesi accoglieranno favorevolmente una tale unione».

Queste le conclusioni cui arriva Yalçin che ha avuto evidentemente l'incarico di sondare le reazioni italiane e straniere di fronte alle varie interpretazioni di quella idea, che i turchi vedono soprattutto in funzione della difesa dei loro interessi vitali, minacciati dal vicino sovietico. E qui sta il grande handicap della politica turca: assillata dalla minaccia dell'U.R.S.S. sugli Stretti, la Turchia è portata a valutare tutto in funzione di questo aspetto fondamentale della sua esistenza. Essa soffre di questa mancanza di libertà di azione, e segue ansiosa ogni avvenimento che possa costituire un sintomo favorevole per la soluzione di quelle questioni che sono conditio sine qua non per la ripresa della politica di indipendenza attuata in passato da Atatiirk. Negli sviluppi più recenti delle relazioni fra le Potenze anglo-sassoni e l'Unione Sovietica (in particolare nell'energica nota di Marshall qui accolta con entusiasmo) l'opinione pubblica turca vorrebbe vedere un tenue filo di speranza per la futura realizzazione delle sue aspirazioni; vorrebbe vedere indizi di una nuova situazione che potrebbe indurre l'U.R.S.S. a recedere dalla sua intransigenza. Ma a queste speranze fa riscontro un permanente scetticismo degli ambienti ufficiali.

116 1 Non pubblicato, ma vedi D. 92.

116 2 Vedi D. 92.

116 3 Non pubblicato.

117

IL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3707/029. Sofia, 27 febbraio 1947 (per. il 13 marzo).

Nei primi colloqui avuti con questo presidente Consiglio, Georgy Dimitrov, e questo ministro esteri, Rimon Georgiev, ho rilevato accentuato desiderio bulgaro ripresa scambi commerciali con Italia.

Kimon Georgiev mi ha detto avere in Consiglio ministri stamane fatto approvare decisione iniziare al più presto trattative per accordo commerciale con Italia; ad uffici dipendenti venivano impartite istruzioni procedere necessaria preparazione. Egli ha aggiunto augurarsi che Italia -cui economia è complementare a quella bulgara -possa prendere sul mercato bulgaro gran parte del posto lasciato libero da Germania.

Può avere qualche interesse rilevare che, malgrado riaffermazione in sede politica massima intimità rapporti con U.R.S.S., viene sempre rinviata partenza delegazione commerciale bulgara per Mosca; mentre una delegazione commerciale bulgara sta negoziando attualmente Parigi, ed altra sta per partire per Praga.

118

IL MINISTRO DELLA DIFESA, GASPAROTTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

NOTA RISERVATA 824/27247. Roma, 27 febbraio 1947.

Mi riferisco alla tua nota segr. pol. n. 282 in data 24 c.m. ed all'allegato telespresso pari data n. 274/c. seg. poi. 1 e concordo sulla natura assai delicata della proposta di fare rimanere in Italia, anche dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, una missione militare britannica in qualità di esperti per questioni di addestramento e di equipaggiamento dell'esercito italiano.

II mio parere in proposito, dopo approfondito esame, può essere riassunto nei seguenti termini.

Gli esempi del passato illustrano che sono state oggetto di missioni militari del genere solo Potenze di terzo ordine; è noto inoltre che le missioni militari straniere sono di pregiudizio per l'indipendenza politica ed interferiscono profondamente nella politica estera dei Paesi che le ospitano. Inoltre l'addestramento di tipo inglese delle nostre forze armate mira a facilitare l'inserimento di queste entro il quadro della politica militare britannica; di più, le dotazioni riservate a queste forze hanno carat

teristiche ed entità tali, che esse non sono in grado di condurre nemmeno pochi giorni di operazioni, se non provengono adeguati rifornimenti d'oltremare. In una parola: un esercito (non parlo della marina e dell'aeronautica praticamente inesistenti) che è solo in grado di essere pedina di un giuoco di interessi esclusivamente britannici.

Questo stato di fatto, di indubbio interesse politico, conseguenza della situazione armistiziale tuttora in vigore, è nettamente senza contropartita a nostro favore, almeno sino adesso, come dimostrano il trattato di pace, la questione della flotta e la incerta sorte delle nostre colonie africane.

Per contro non mancano in Italia possibilità ed opportunità di orientamenti più conformi agli interessi nazionali. Limitandosi a fatti tecnici, non mancano possibilità di addestramento più conformi allo spirito del nostro soldato ed alla tradizione italiana, né di dotazioni corrispondenti alle caratteristiche delle nostre industrie: ne fanno fede le unità che hanno resistito per tre anni ad una guerra intrapresa in condizioni pazzesche, le guerre coloniali e la grande guerra 1915-18.

In conclusione, esprimo parere contrario all'adozione sic et simpliciter di una proposta di cui è rilevante e controproducente il contenuto politico e tecnico.

In pratica concordo nel tuo avviso che occorra guadagnar tempo e dilazionare la risposta, anche e specialmente nel caso che si reputi necessario rispondere con un assenso preliminare di massima.

118 1 Vedi D. 107.

119

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 3324/124. Roma, 28 febbraio 1947, ore 11.

Suoi 205 e 211 1•

Concordo con V.S. nelll'approvare inclusione trattato pace austriaco clausola analoga ad art. 18 nostro trattato. Per quanto invece si riferisce articolo 10, punto di vista questo ministero è espresso nella mia lettera n. 16/04264/61 indirizzata a V.S. in data 12 febbraio 2 e nella nota da V.S. presentata a Comitato supplenti di cui al suo telegramma 189 3 . Nell'ultima parte della lettera sopra citata è chiarito che ogni diretta correlazione fra due questioni è da evitarsi in quanto essa fornirebbe alla parte austriaca base per risollevare questione territoriale ogni qual volta sorgessero, come potranno sorgere, divergenze in merito applicazione accordo Parigi. Perciò nostro avviso è sempre quello espresso ai supplenti nella nota presentata da

V.S. In tal senso va anche interpretato mio 121 4•

2 Vedi D. 59.

3 Del 21 febbraio, con il quale Carandini informava di aver fatto pervenire al segretario generale del Consiglio dei ministri degli esteri la nota di cui al D. 83, Allegato.

4 Vedi D. 109, nota 2.

119 1 Vedi DD. 109 e 112.

120

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA

T. 3333/33. Roma, 28 febbraio 1947, ore 17.

Suo 36 1•

A questo ambasciatore di Cina è stato manifestato nostro rincrescimento per parziale occupazione circolo italiano Shanghai. È stato contemporaneamente rappresentato al predetto come Governo italiano si attenda che da parte cinese ci si astenga, in attesa conclusione trattative di cui al telegramma ministeriale n. 13 2 , da ogni azione unilaterale suscettibile pregiudicare situazione beni italiani Cina.

Poiché Governo cinese non ci ha chiesto (dico non) riparazioni guerra in conformità sua formale rinuncia fatta alla Conferenza di Parigi, ma solo risarcimento, invero inteso in senso assai lato, danni subiti in Italia dai suoi cittadini e rimborso spese internamento cittadini italiani Cina, è evidente che, una volta raggiunto accordo al riguardo, quel Governo non dovrebbe avanzare nessun altro reclamo in forza art. 68 e 69 (nel testo definitivo 78 e 79) del trattato di pace, cui disposizioni diverrebbero pertanto irrilevanti in ordine a quel Paese.

Circa punto 3 suo telegramma surriferito 3 segnalasi che articolo 79 non può legalmente essere invocato e applicato da Governi firmatari del trattato di pace sino al momento sua entrata in vigore subordinata a deposito ratifiche in conformità articolo 90 trattato stesso.

Per sua informazione aggiungo che ambasciata italiana Washington ha inoltre ricevuto incarico esprimere Dipartimento Stato nostro desiderio che occupazione americana proprietà demaniali italiane Cina settentrionale sia protratta di qualche mese in attesa conclusione trattative anzidette.

121

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2853/17. L'Avana, 28 febbraio 1947, ore 23,20 (per. ore 9,45 del 2 marzo).

Suo telegramma 2877 1• Ho richiamato attenzione questo ministro degli affari esteri su contenuto nota l O febbraio 2•

2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 715.

3 Fenoaltea aveva chiesto di essere informato se altri Paesi si fossero avvalsi, dopo la firma del

trattato, dell'articolo relativo al diritto di occupazione dei beni demaniali. 121 1 Vedi D. 66, nota 2.

Vedi D. 48.

Ne è seguita amichevole conversazione durante la quale ministro degli affari esteri mi ha confermato essere convinto fondatezza premesse di essa. Infatti egli ha convenuto che popolo italiano non è responsabile guerra cui è stato trascinato; che al contrario ha contribuito vittoria Nazioni Unite e che trattato di pace è ingiusto e dannoso.

Al riguardo egli mi ha ricordato con assoluta fiducia, dato che era sottosegretario di Stato, azione da me svolta a suo tempo e che ebbe per risultato dichiarazione a favore delegazione cubana a Parigi e dopo -quasi protesta contro ingiustizia commessa -rinunzia Cuba appropriarsi beni italiani.

Ministro affari esteri mi ha dimostrato anche apprezzare alto senso rettitudine cui è ispirata nota e augura che essa possa raggiungere lo scopo poiché egli considera trattato risultato non felice di una transazione tra i Grandi. Egli mi ha soggiunto confidenzialmente che a suo modo di vedere sarebbe nell'interesse collettivo non dire su trattato ultima parola fino a quando non si giunga ad una sistemazione generale situazione europea.

A questo punto ho sondato pensiero ministro affari esteri per scorgere se e su quale linea potrebbe Governo cubano (oltre azione sostanzialmente revisionista già fatta con rinunzia appropriazione beni italiani) dar nuovo contributo concreto e che

V.E. delinea [in sua] nota 10 corrente e ho tratto impressione che ministro degli affari esteri ritiene che migliore appoggio che questo Governo possa dare nostra causa sarebbe astenersi aderire trattato Parigi e concludere pace separata con l'Italia cui egli spera che circostanze politiche inter-americane gli permettano al tempo stesso giungere.

Durante conversazione con ministro degli affari esteri e altre che ho avuto con un suo diretto collaboratore mi è sembrato chiaro nuovamente che per superare esitazioni ministro debbo innanzitutto evitare ripresa consultazioni interamericane di cui al mio telegramma n. 12 e continuare ogni sforzo per tentare determinare decisione questo Governo astenersi aderire trattato prima che essa possa essere ostacolata da nuove manifestazioni opinioni contrarie oppure da adesione trattato altri Paesi America latina sia pure accompagnate da suggerimenti attenuare clausole. Mi sono inoltre persuaso che mie eventuali insistenze rivolgersi subito vincitori, se pure accolte in massima distoglierebbero ministro degli affari esteri dalla linea che mi ha dichiarato desiderare seguire e lo farebbero tornare al concetto che ancora lo tenta non spezzare unità condotta americana.

Invece quando questo Governo decidesse pace separata, essendo già prevista comunicazione altri Governi, pregherei inserirvi idee nota 10 febbraio e continuare così azione revisionista anche presso i vincitori con argomenti oltre che con esempt.

Gradirei conoscere se ella concorda. Campagna contro trattato è stata ripresa da alcuni giornali e da stazione radio cui trasmissioni giungono S.U.A. e alcuni Paesi America latina.

120 1 Del 18 febbraio , con il quale Fenoaltea aveva dato notizia dell'avvenuta parziale occupazione del circolo italiano di Shanghai e richiesto istruzioni sulla condotta da tenere.

122

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.o. 2842/80. Mosca, 28 febbraio 1947. ore 23,30 (per. ore 7 del r marzo).

Con rapporto 438/102 1 e che invio oggi per corriere ho esposto alla S.V. illustrissima alcune mie considerazioni sul problema tedesco. Data però lentezza corrieri e prossimo inizio Conferenza Mosca desidero segnalarle molto brevemente mio pensiero al riguardo.

Dalla conversazione da me avuta con Molotov 2 , da miei primi contatti e da informazioni già precedentemente esistenti presso questa ambasciata ho tratto convinzione che difficilmente sovietici appoggeranno nostra richiesta partecipare trattative pace con Germania e ciò principalmente perché non abbiamo ancora preso netta e chiara posizione sulle varie questioni.

Per cui Mosca non sa se noi saremo dalla parte sua o dalla parte anglo-americana. Valutata dunque l'importanza della nostra partecipazione, occorrerà eventualmente prendere posizione assumendone i rischi.

Penso che tesi unità Germania o tesi plebiscito tedesco su tale problema, gradita ai russi, sarebbe la più conforme realtà storica e nostri interessi. Poiché tuttavia ciò urterebbe vivamente interessi anglo-americani, potrebbe esaminarsi se non sia meglio sostenere tesi intermedia francese assicurandosi così anche simpatia e appoggio Parigi.

Accenno comunque a tale possibile soluzione in via ipotetica e mi sarà gradito conoscere pensiero V.S. al riguardo 1 .

123

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2844/223. Londra, 28 febbraio 1947 (per. il 1° marzo) 1 .

Nella lunga esposizione politica estera fatta iersera da Bevin Camera dei Rappresentanti (cui testo invio per aereo) frasi più significative della parte riguardante l'Italia toccano concetto revisione bilaterale clausole economiche trattato di pace.

A tale proposito Bevin ha detto testualmente che «quando si sta preparando un trattato assieme ad altri è giusto si facciano riconoscere propri diritti. Quello poi che si intende fare in base ad esso diventa questione bilaterale e non è più oggetto contrattazione con altre Potenze. Poiché trattato è stato firmato, per il che

2 Vedi D. Ili.

3 Per la risposta vedi D. 141.

Governo italiano deve essere degno di considerazione, abbiamo fatto sapere che siamo disposti discutere gravami da esso risultanti». Ha quindi accennato all'invito rivolto al conte Sforza, all'imminente arrivo di esperti economici e ha ricordato benefici effetti delle intese italo-austriache.

122 1 Non pubblicato.

123 1 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

124

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2926/156-157. Washington, 28 febbraio 1947 1•

Sono stato stamane ricevuto da Marshall, avendogli espresso il desiderio intrattenerlo su questioni interessanti nostri due Paesi prima della sua partenza per Mosca 5 marzo prossimo 2 .

A sua richiesta gli ho esposto scopi e risultati visita presidente De Gasperi, illustrandogli la necessità che Italia sia assistita a uscire dalla presente situazione con adeguati aiuti materiali e morali.

Quanto ai primi ho insistito affinché sia data dal Governo americano piena esecuzione al programma concordato in occasione viaggio presidente del Consiglio. Marshall mi ha risposto che Governo americano ed egli personalmente considerano della massima importanza che l'Italia possa conseguire la desiderabile stabilità. Egli non aveva ancora avuto il tempo di porsi dettagliatamente al corrente dei relativi problemi economici e lo avrebbe fatto al suo ritorno da Mosca ma gradiva intanto aver da me alcuni dettagli.

Si è allora parlato del fabbisogno italiano di grano e materie prime, da coprirsi per l'anno corrente con l'assistenza post-U.N.N.R.A. e con i crediti accantonati dalla Export Import Bank. Al riguardo e in relazione alle necessità future si è accennato al progetto di un Comitato di studio italo-americano che si occupi del nostro programma di ricostruzione 1948-1950, in connessione anche con la Banca Internazionale, progetto ventilato in occasione della visita della missione De Gasperi. Marshall ne è stato molto interessato.

Quanto agli aiuti morali all'Italia nella presente situazione l'ho intrattenuto dei seguenti problemi:

l) Revisione del trattato. In relazione lettera rimessami (di cui al mio telegramma n. 158 seguente)3 il segretario di Stato, pur ritenendo legittimo che l'Italia intrattenga speranza di revisione, mi ha fatto presente quanto sia difficile nelle circostanze attuali darle soddisfazione di qualche concretezza. Egli ha accennato all'art. 14 dello Statuto dell'O.N.U. ricordando di sua iniziativa la lettera di Byrnes al corrispondente New York Times a Parigi del luglio 1946 nonché l'art. 46 del

trattato di pace, che potranno aprire qualche spiraglio ove si verificassero circostanze favorevoli. Ho da parte mia insistito affinché gli U.S.A. procedano appena possibile a qualche dichiarazione pubblica che venga meglio incontro alle aspirazioni del popolo italiano. Marshall ha risposto che in ogni modo prima di agire avrebbe dovuto parlare della cosa col presidente.

2) Questioni africane. In risposta alle mie domande, mi ha detto di dover ancora studiare la questione dei trusteeships per le nostre colonie. Mi ha assicurato che per quanto concerne le «Commissioni d'inchiesta» da inviare sul posto è d'avviso che nostri esperti debbano essere ammessi ad esporre alle Commissioni stesse il nostro punto di vista ed i nostri opportuni suggerimenti.

3) Eccedenza marina da guerra. Egli esaminerà subito la questione. D'altronde gli uffici competenti del Dipartimento di Stato sono sempre d'opinione che gli U.S.A. a tempo opportuno non si avvarranno quota loro assegnata a espressa condizione che essa sia demolita (miei telegrammi 111 e 132) 4 .

4) Partecipazione Italia trattato con la Germania. Marshall ha accennato a varie richieste, oltre quella italiana, rivoltagli da Nazioni alleate che desiderano avere una qualche parte in tale trattato. Nel confermarmi direttive politica americana per la partecipazione quanto più larga possibile di tutti gli Stati interessati, mi ha detto di essere pienamente favorevole a che Italia sia ammessa a esporre suoi punti di vista e suoi desiderata. Al riguardo intende agire alla Conferenza di Mosca perché ci sia data questa possibilità.

Colloquio, molto cordiale, è terminato con rinnovata assicurazione del segretario di Stato dei suoi convinti intendimenti di proseguire e sviluppare politica americana di amicizia nei riguardi dell'Italia 5 .

124 1 Spedito il 1° marzo alle ore 16,26 e pervenuto alle ore 8 del 2. 2 Marshall si sarebbe recato a Mosca per una sessione del Council of Foreign Ministers prevista per il 10 marzo e dedicata a impostare i temi del trattato di pace con la Germania. 3 Vedi D. 125.

125

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 2855-2857/158-159. Washington, 28 febbraio 1947, ore 11,57 (per. ore Il ,40 del l o marzo).

Telegramma di V.E. 2252/53; mio telegramma 110 1 .

Segretario di Stato, in occasione colloquio odierno 2 , mi ha personalmente consegnato sua risposta alla nota in data 11 corrente con la quale gli avevo trasmesso dichiarazione del Governo relativa alla firma del trattato.

Trasmetto con telegramma successivo 3 traduzione letterale di tale documento di cui rimetto testo inglese con primo corriere.

· Vedi la seconda parte del presente tclegramma.

Per quanto concerne frase finale lettera riferentesi rapporti tra Italia e America, rilevo come essa sia da valutare alla luce delle pubbliche dichiarazioni sul trattato qui fatte da personalità dirigenti (da presidente Truman e Byrnes ai due senatori che parteciparono alle trattative) 4 . Queste hanno costantemente definito il trattato come non rispondente ideali e propositi americani ma semplicemente come unico risultato ottenibile nelle circostanze in via di compromesso.

Dipartimento di Stato non avrebbe intenzione pubblicare adesso testo lettera Marshall. Mi è stato detto che V.E. e Governo potrebbero, ove ritenuto del caso, utilizzarne sostanza analogamente a quanto fatto per nota a inglesi su stesso argomento revisione, cui testo non risulta qui essere stato integralmente pubblicato.

Segue letterale traduzione della nota consegnatami oggi 28 febbraio da segretario di Stato:

«Ho l'onore segnalare ricevuta vostra lettera dell'Il febbraio colla quale mi avete trasmesso una dichiarazione del vostro Governo concernente desiderio italiano per eventuale revisione determinate clausole del trattato di pace.

Come sapete, articolo 46 del trattato prevede possibili future .modificazioni delle clausole militari, navali e aeronautiche. Anche è punto di vista di questo Governo, che vi sono mezzi, in base Statuto Nazioni Unite, per eventuali modificazioni pacifiche delle disposizioni dei trattati mediante accordo tra Stati interessati. Inoltre, per quanto riguarda disposizioni del trattato di pace che conferiscono ad ognuna delle Potenze alleate e associate dei diritti che concernono solo detta Potenza e l'Italia, non vi sarebbe certamente alcun ostacolo per modifiche future che possano essere concordate tra l'Italia e la Potenza interessata.

Io so che il Governo italiano valuterà che questo Governo nel momento attuale non può esprimersi (comment) adeguatamente (appropriately) sulla possibile revisione, dopo che il trattato con l'Italia sia entrato in vigore, di determinate clausole del trattato stesso.

Posso tuttavia assicurarvi che nei suoi rapporti con l'Italia questo Governo sarà guidato nel futuro come nel passato da quei principi di giustizia internazionale e di pace che popolo americano ha sempre prediletto».

124 4 Vedi D. 54. 5 Per la risposta di Sforza vedi D. 149. 125 1 Vedi DD. 48 e 54. 2 1 Vedi D. 124. ·

126

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2928/160-161 1 . Washington, 28 febbraio 1947 2 .

Suo telegramma n. 124 3 .

T. s.n.d. 3551/c. del 4 marzo. 2 Spedito il l o marzo alle ore 13,48 e pervenuto alle ore 8 del 2. 3 Vedi D. 30, nota 4.

Informazione circa atteggiamento francese di cui al mio telegramma 1024 venne data 7 febbraio da competente direttore Affari politici Dipartimento di Stato il quale si riferiva a opinione espressa da Quai d'Orsay ad ambasciata degli U.S.A. a Parigi. Si trattava peraltro allora di partecipazione di un nostro rappresentante a Commissione inchiesta in colonie su piena base parità con delegati Quattro. Da ciò opinione francese, nonché inglese, che detta richiesta fosse inconciliabile con spirito articolo 23 trattato di pace. Stesso alto funzionario americano in conversazione odierna, ha spontaneamente detto essergli giunte recenti informazioni da Parigi che Quai d'Orsay stava esaminando, con disposizioni favorevoli, possibilità che nostri esperti od osservatori abbiano una partecipazione ai lavori della Commtsswne.

Con mio telegramma n. 157 5 , punto secondo, ho riferito assicurazioni datemi oggi da segretario di Stato nel senso nostro diritto a esporre a mezzo esperti punto di vista e suggerimenti italiani alla Commissione d'inchiesta nelle colonie.

Le competenti direzioni degli Affari politici erano stasera stessa al corrente di tali assicurazi<mi, cui è stato detto si sarebbe conformato il rappresentante americano nel Comitato dei supplenti che dovrà riunirsi per la questione africana, si ritiene qui, subito dopo la entrata in vigore del trattato. Al Dipartimento di Stato si dà come probabile una resistenza britannica in base ai noti argomenti già addotti di cui al mio telegramma 102; che anche qui avevano tempo fa destato qualche perplessità. Si continua a ignorare atteggiamento russo ciò che lascia sussistere incognite su decisioni definitive dei Quattro che devono essere prese ad unanimità.

Alto funzionario Dipartimento di Stato ha lasciato intendere che supplente americano nel Comitato che inglesi vorrebbero far riunire a Londra potrebbe essere nuovo ambasciatore Douglas o primo consigliere quella ambasciata americana. Vi sarebbe tendenza Dipartimento di Stato a preferire che Comitato si riunisca in Svizzera fuori ambiente direttamente interessato.

Gli inglesi desidererebbero che Commissioni d'inchiesta fossero due (Libia e Africa orientale), da parte americana se ne preferirebbe una sola, la quale, a risparmio di tempo, dovrebbe riferire al Comitato dopo completati i singoli sopraluoghi.

Il Dipartimento di Stato è d'opinione che durante i lavori della Commissione, il Comitato proceda da parte sua sia all'esame della questione generale circa le varie forme di trusteeship ed altri provvedimenti e sia alle consultazioni delle varie parti interessate. Sicché, oltre la nostra cooperazione all'attività della o delle Commissioni, verremmo richiesti subito dopo l'insediamento del Comitato dei supplenti (che qui si prevede tra un paio mesi) di presentare i nostri desiderata circa sistemazione quei territori.

Attualmente al Dipartimento di Stato, in attesa decisioni segretario di Stato, persistono due tendenze: l'una non contraria ad un trusteeship singolo italiano almeno per alcune colonie l'altra che sostiene noto piano trusteeship multiplo di Byrnes, F oster Dulles, eccetera.

Data utilità poter utilizzare tempo prima della riunione del Comitato supplenti per opportuni intensi contatti con il Dipartimento di Stato, sarei grato a V.E. farmi pervenire appena possibile istruzioni per mia norma di linguaggio tenendo presente necessità che le nostre richieste siano appoggiate non solo da risultati nostra opera colonizzazione ma anche da propositi ispirati alla più moderna concezione cooperazione ed elevazione popolazioni indigene.

125 4 Si riferisce ai senatori Tom Connally (democratico) e Arthur H. Vandenberg (repubblicano). 126 1 Ritrasmesso, ad eccezione dell'ultimo capoverso, alle ambasciate a Londra, Mosca e Parigi con

126 4 Vedi D. 30. 5 Vedi D. 124.

127

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2930/162. Washington, 28 febbraio 1947 1•

Attiro attenzione V.E. sul mio odierno telegramma stampa n. 22• Notizia richiesta avanzata da presidente degli U.S.A. a leaders Congresso per concessione alla Grecia rilevante prestito, rimasta finora segretissima, è stata resa di pubblica ragione a seguito indiscrezione giornalistica.

In conversazione al Dipartimento di Stato alto funzionario della competente Direzione affari politici ha al riguardo confidenzialmente detto a questa ambasciata che Governo americano considera Grecia e Turchia prima linea difesa degli U.S.A. in Europa, che va tenuta ad ogni costo 3 .

128

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. 511858. Roma, 28 febbraio 1947.

Mi occorre richiamare la tua attenzione sul fatto che con la prossima entrata in vigore del trattato di pace i problemi attinenti alla Venezia Giulia entrano in una nuova fase, presentandosi in forma complessa e sovente con caratteristiche di urgenza.

2 Non pubblicato.

3 Si tratta delle prime indiscrezioni sul dibattito precedente l'annuncio della cosiddetta «dottrina Truman», formulata il 12 marzo dal presidente U.S.A. dinanzi al Congresso degli Stati Uniti.

Ho presente anzitutto tutta quella serie di questioni contingenti che sono destinate a sorgere -ed in parte già sono sorte -in relazione ai previsti mutamenti territoriali: delimitazione dei nuovi confini, modalità ed accordi per il passaggio di sovranità, profughi, riorganizzazione amministrativa delle province della nuova frontiera, misure di carattere difensivo, afflusso di elementi slavi nelle nuove zone di confine, e così di seguito.

In secondo luogo in ordine logico, ma non certo per importanza, lo studio e l'impostazione dei futuri rapporti politici ed economici tra l'Italia ed il costituendo Territorio Libero. Tu sei al corrente degli scambi di vedute che sono già intervenuti tra noi e la speciale Commissione di investigazione inviata a Trieste dal Consiglio dei Quattro ministri degli esteri e venuta nei giorni scorsi anche a Roma. I problemi ventilati in tale occasione potranno diventare da un giorno all'altro di attualità, ed occorre esser pronti ad affrontarli organicamente anche in vista della prossima costituzione del Governo provvisorio nel Territorio Libero. Per i loro riflessi psicologici, oltre che quelli economici, essi oltretutto influiranno non poco sulla situazione politica interna di Trieste.

Ora a me sembra indispensabile che, per le loro reciproche interferenze, tutti questi problemi -relativi alla nuova frontiera italo-jugoslava, al retroterra della stessa ed al Territorio Libero in generale -vadano trattati organicamente, e pertanto in una sede unica. Allo stato dei fatti esiste tutta una serie di organi e di uffici i quali più a seconda del grado di iniziativa degli stessi che per ben definita competenza, seguono ed agitano queste questioni. Ma manca un coordinamento e un organo centrale al quale possano far capo e il Governo e gli interessati.

Quello che avrei in mente è un ristretto Comitato interministeriale, operante attraverso un ufficio che ne funga da organo direttivo ed esecutivo. Del Comitato potrebbero esser chiamati a far parte un rappresentante dei ministeri più direttamente interessati: Esteri, Interno, Finanze e Tesoro, Commercio Estero, Difesa. L'Ufficio preposto all'attività del Comitato dovrebbe naturalmente aver larga facoltà di iniziativa per poter utilmente adempiere alle sue funzioni.

Esso dovrebbe essere posto alle dipendenze o della Presidenza oppure del Ministero degli esteri. Personalmente son costretto a ritenere preferibile la seconda soluzione, per le continue interferenze delle questioni da trattare con la specifica competenza di questo ministero, e perché esse investono in sostanza quello che sarà uno dei nostri permanenti e delicati settori di politica estera.

Nel prospettarti la questione e sottoporti brevemente queste proposte, mi sono di proposito astenuto dal parlare di quello che potremo chiamare il problema della eventuale difesa della italianità di Trieste. È un aspetto delicato che potrebbe anche esser affrontato in questa sede, ma non necessariamente. Lo esaminerei in un secondo tempo, risolta cioè in un senso o nell'altro la questione della creazione di questo eventuale organo centrale.

Ti sarei molto grato di volermi far cortesemente conoscere il tuo pensiero su quanto ti scrivo. Mi permetto soltanto di insistere sulla necessità di affrontare con urgenza una situazione nella quale ogni ulteriore indugio potrebbe avere serie conseguenze.

127 1 Spedito il lo marzo alle ore 17,48 e pervenuto alle ore 8 del 2.

129

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 3392/128. Roma, 1° marzo 1947, ore 16.

In occasione visita costì presidente Consiglio, Dipartimento di Stato intrattenne come noto direttore generale affari politici circa opportunità riesaminare progetti accordi affari civili a suo tempo presentati separatamente da queste ambasciate britannica e americana. Furono in tale occasione ribadite note obiezioni in quanto progetti accordi suddetti non facevano in sostanza che ripetere condizioni armistizio. Tuttavia, considerato che con entrata vigore trattato pace sarebbe venuto cessare regime armistiziale e che occorreva concordare nuovo «status» per truppe alleate durante periodo novanta giorni successivi, furono dati affidamenti esaminare questione sotto questo ultimo aspetto. Seguito riunione interministeriale fu in seguito comunicato verbalmente a questa ambasciata U.S.A. che, mentre non sembrava più il caso riesumare precedenti progetti ormai superati anche dal punto di vista pratico, eravamo pronti concludere accordo per modalità applicazione art. 73.

Istruzioni inviate Dunn, di cui al telegramma di V.S. n. 154 1 , debbono quindi riferirsi a proposte tale nuovo accordo 2 .

130

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2917/66. Rio de Janeiro, r marzo 1947, ore 19,25 (per. ore 8 del 2).

Duolmi rilevare che mancanza di risposta alla mia richiesta sulla questione emigrazione di cui al mio telegramma n. 53 del 15 1 , mettemi in grave imbarazzo per riprendere ulteriori colloqui circa stessa questione beni italiani con il presidente Dutra. Permettomi ricordare che questi mi formulò 15 giorni fa personalmente richieste in tema emigrazione che portai immediatamente a conoscenza codesto ministero col telegramma suddetto 53. Risultami da notizia confidenziale e da vari indizi che stesso presidente, in coerenza dichiarazioni fattemi, ha esercitato dopo mio colloquio sua azione diretta in materia beni presso organi governativi ed

2 Con successivo T. s.n.d. 5048/192 del 28 marzo Fransoni aggiungeva: «Trattative con inglesi per accordo relativo status loro truppe nel periodo novanta giorni previsto da art. 73 trattato pace sono qui ormai in stato avanzato. Nessun progetto accordo ci è invece sinora stato presentato da parte americana. Poiché per ovvi motivi gradiremmo stipulare su tale questione accordi paralleli pregola far presente a Dipartimento di Stato necessità che questa ambasciata d'America riceva urgenti istruzioni al riguardo». Per la risposta vedi D. 280. 130 1 Vedi D. 77.

amministrativi. Qualunque possa essere la portata ed il risultato, tale intervento è evidentemente di primario interesse. In tale situazione, tralasciare risposta emigrazione, cui ritardo mi risulta già notato in ambienti presidenziali, [avrà] sempre più gravi ripercussioni.

Debbo pure rilevare che mancanza di risposta a predetto mio telegramma nonché a mio 9 dell'Il gennaio 2 e in genere non essere questa ambasciata tenuta al corrente in questione emigrazione ~della quale (pur con tutte riserve e cautele di cui costantemente [trattano] miei telegrammi e rapporti) insisto ancora nel rilevare sommo interesse, come ebbi a dare mio avviso al Ministero affari esteri con i miei telegrammi 40-41-42 dell' 11 ottobre 1945 3 ~ mette in condizione da accreditare voci, che sempre cerco smentire, che lo stesso esame problema non interessi e che

o sia ostacolato o venga trattenuto da intendimento di forzare mano Governo brasiliano. È mio parere che questo sistema non sarebbe utile nemmeno per la soluzione beni, anche se nostro Governo rimanga segretamente d'avviso (pure mio) di non addivenire definizione formale accordi né su quello né su altri temi (mio telegramma 63 del 26 febbraio u.s.) 4 se non si risolve questione beni.

129 1 Vedi D. 114.

131

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2909/81. Vienna, 1° marzo 1947, ore 22,40 (per. ore 8 del 2).

Quotidiano socialista pubblica testo interrogazione alcuni deputati socialisti al ministro affari esteri nella quale si mette in rilievo che dopo cinque mesi conclusione accordo Parigi su Alto Adige non è stata realizzata promessa autonomia e neppure iniziate discussioni circa questione optanti. Interrogazione conclude dicendo che dopo dolorosa rinunzia Austria si sarebbe potuto almeno attendere che Italia avesse adempiuto impegno assunto.

Interrogazione, pur considerandosi uno dei riflessi della situazione da me segnalata in precedenti comunicazioni (mio telegramma 68) 1 , è soprattutto provocata da atteggiamento critico partito socialista nei riguardi ministro affari esteri.

Conto richiedere Gruber sue intenzioni circa risposta a interrogazione predetta ripetendogli noti argomenti già da me esposti in mio telegramma 65 2 e facendo riferimento anche recentissime dichiarazioni presidente Consiglio su autonomia Alto Adige.

3 Non pubblicati.

4 Riferiva circa le trattative in corso tra la Fiat e gruppi brasiliani per l'apertura di impianti industriali. 131 1 Vedi D. 76. 2 Vedi D. 69.

Naturalmente farò opportuni rilievi circa istituzione ed attività Ufficio federale Innsbruck e, salvo contrario avviso codesto ministero, anche su Bollettino informazioni alto-atesino, di cui al mio rapporto 48 del 25 febbraio u.s. 3 .

Permettomi comunque far presente che da conversazioni avute con questo ufficio competente, ministro esteri approfitterà sua visita ufficiale a Roma per iniziare conversazione circa questioni optanti. Pregherei pertanto inviarmi istruzioni ed eventualmente materiale richiesto con mio telegramma 26 e telespresso 155 4 , anche perché riterrei necessario che questioni pendenti venissero opportunamente esaminate ed elaborate prima eventuale viaggio Gruber a Roma 5 .

130 2 Vedi D. 70, nota l.

132

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI

T. 3472/60. Roma, 1° marzo 1947, ore 23.

Suoi 53 e 61 in data 15 e 25 corrente 1 .

Circa connessione fra emigrazione e beni oggetto suoi telegrammi n. 9 e 43 già risposto con telegramma n. 46 del 18 corrente 2• Per quanto riguarda specifica questione emigrazione Governo italiano prende atto con compiacimento manifestazioni simpatia presidente Dutra verso nostri lavoratori e concorda in linea di massima punto di vista esposto nel telegramma 53. Ad ogni buon fine V.S. vorrà tener presente:

l) che Governo italiano è disposto esaminare proposta brasiliana per una ripresa emigratoria e per la creazione di commissioni miste permanenti;

2) che spetta al Governo brasiliano di elaborare piani organici concreti di immigrazione di operai e piani di colonizzazione, ambedue con adeguati finanziamenti. Quest'ultimi dovranno garantire colono di poter divenire piccolo proprietario;

3) che bisogna evitare l'invio di qualsiasi delegazione brasiliana in Italia per concludere l'accordo prima che i due Governi siano venuti-tramite le ambasciate -ad un'intesa di massima sui punti principali nonché qualsiasi campagna che turbi lo svolgimento delle trattative prima che queste non siano giunte nella loro fase conclusiva.

131 3 Non pubblicato. 4 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 672 e 723.

Vedi D. 188. 132 1 Vedi D. 77. Con il T. 61 Martini aveva lamentato di non essere tenuto sufficientemente al corrente dello stato dei rapporti itala-brasiliani in materia di emigrazione.

2 Vedi DD. 70, nota l e 74, nota 3.

133

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

TELESPR. 16/06303/98. Roma, JU marzo 1947.

Telespresso di codesta ambasciata n. 410/281 del 18 febbraio u.s. 1•

Nella nota che la S.V., per istruzioni di questo ministero, ha diretto al Comitato dei supplenti (telegramma 108 del 19 u.s.) 2 è fatta esplicita riserva circa una eventuale richiesta del Governo italiano di partecipare alla elaborazione del trattato di pace con l'Austria «qualora in prosieguo di tempo se ne presentasse la necessità a tutela dei propri diritti e interessi».

Anche al fine di esaminare al momento opportuno la convenienza o meno di formulare detta richiesta, sembrerebbe necessario poter conoscere tempestivamente sia le linee fondamentali del trattato in gestazione sia eventualmente le clausole principali di esso.

Si prega per conseguenza codesta ambasciata di volersi adoperare in tal senso nel modo che riterrà più opportuno, e frattanto si richiama l'attenzione della S.V. su due questioni, oltre quella specificata nell'ultima parte del telegramma sopra citato, per le quali codesta stessa ambasciata è già stata interessata in proposito e particolarmente quella concernente le clausole economiche (telespresso di questo ministero n. 164/c. segr. poi. del 4 febbraio 1947) 3 e quella relativa ai beni italiani trasportati e lasciati dai tedeschi in territorio austriaco (telegramma di questo ministero n. 78 del 9 febbraio u.s.) 4 . ·

134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

L. 5/1864. Roma, 1° marzo 1947.

Come ella sa, l'on. Arpesani si mise in relazione, nel settembre u.s., con Couve de Murville per riprendere, secondo le direttive dategli dal presidente De Gasperi, le conversazioni intese ad ottenere una attenuazione delle clausole del trattato. Dopo alcune riunioni, il Quai d'Orsay comunicava in via ufficiosa le modifiche che dal punto di vista territoriale la Francia era disposta ad accordare. Dato il carattere insoddisfacente di tali modifiche, che solo in parte venivano incontro alle richieste di per sé già modeste avanzate dall'on. Arpesani, e data la loro subordinazione ad

133 1 Vedi D. 85. 2 Vedi D. 83, Allegato.

Non rinvenuto. 4 Vedi D. 56, nota l.

un benestare scritto da parte nostra (che il Governo non si sentiva autorizzato a dare in quello stadio), la questione venne lasciata in sospeso 1 .

Verso la fine del· gennaio scorso, il direttore generale degli affari politici al Quai d'Orsay dichiarò in una conversazione con Benzoni che il Governo francese era senz'altro disposto a riprendere i precedenti scambi di vedute per arrivare ad un accordo che potrebbe includere, oltre alle rettifiche già comunicate all'on. Arpesani, anche altre questioni connesse con i mutamenti di sovranità territoriale. Peraltro, ed è questo un punto particolarmente delicato, nel riferire circa il suo colloquio al Quai d'Orsay, Benzoni ha prospettato la possibilità che in sede di eventuale accordo i francesi intendessero cogliere l'occasione per chiedere una rinuncia formale ad ogni ulteriore atteggiamento revisionistico da parte nostra.

Ora, se venisse lasciata cadere questa occasione, mentre da un lato noi perderemmo quasi sicuramente la possibilità di incassare anche gli esigui benefici assicuratici dalle contro-offerte francesi, dall'altro lato non dovremmo illuderci che il solo fatto di avere evitato la firma di un impegno a considerare definitive le nuove frontiere possa in via normale consentirci di riaprire utilmente la questione territoriale: il che infatti sarebbe unicamente possibile nel quadro di una situazione storica completamente nuova. Allo stesso tempo non è possibile prescindere dalle esigenze di larghi strati della opinione pubblica italiana la quale, come contropartita di un eventuale impegno del genere, sarebbe portata ad attendersi almeno qualche cosa di più sostanziale di quello che non siano le offerte concessioni francesi.

È chiaro pertanto che per fissare la nostra linea d'azione ci occorre conoscere meglio le intenzioni francesi. Esiste effettivamente il proposito di pretendere da noi gesti o impegni solenni, sproporzionati alla portata delle offerte concessioni? In caso che questa pretesa risultasse non esservi o che fosse superabile, è ovvio che sarebbe stolto rinunciare anche solo a quel poco che ci viene offerto.

E, inoltre, esiste una qualche favorevole disposizione dei francesi di venirci incontro nel campo territoriale? Alcune segnalazioni di Benzoni lasciano adito a sperare che questa buona volontà non manchi e che potrebbe forse spingersi ad una più generosa comprensione delle richieste avanzate a suo tempo dall'on. Arpesani (tra le quali quella relativa alla diga del Moncenisio è di interesse decisivo). In questa ipotesi è evidente che molte delle riluttanze a sottoscrivere rinunce revisionistiche potrebbero essere riconsiderate.

La prego di cercare di accertare appunto questi due punti, nel modo che le parrà più opportuno. Non credo necessario suggerirle argomenti. Ella vorrà comunque tener presente -e la autorizzo a dirlo nella maniera più formale -che il ripristino di amichevoli rapporti e lo stabilimento di una sincera e positiva collaborazione tra noi e la Francia, è uno degli obiettivi fondamentali della politica estera italiana. Le pretese territoriali della Francia hanno però profondamente addolorato il popolo italiano. Sarebbe indubbiamente nel comune interesse che, almeno in questo tentativo di concordato diretto, la nostra opinione pubblica non avesse la sensazione che le già modeste nostre richieste vengano dall'altra parte così meschinamente ridotte, oppure subordinate a tali mortificanti condizioni, da domandarsi

se non sia preferibile dopotutto il loro totale abbandono. Naturalmente dovrà trattarsi per il momento di semplici sondaggi, ma abbastanza approfonditi per permetterei di decidere sulla opportunità o meno di iniziare trattative concrete.

Desidero ancora precisare che questo nostro atteggiamento di temporanea riserva nei riguardi dello specifico problema territoriale -che implica una vera e propria modifica dei termini del trattato -non deve affatto trattenere la concreta trattazione delle altre questioni sul tappeto riguardanti le modalità della esecuzione del trattato stesso. Alludo alle conversazioni in corso in materia di clausole economiche ed agli eventuali accordi per regolare nel miglior modo il problema contingente del passaggio dei poteri nei territori da cedere. Su questo ultimo argomento le vengono fatte pervenire istruzioni a parte 2 .

Mi voglia tenere informato dei risultati dei suoi contatti e circa il suo personale giudizio in merito a tutta la questione 3 .

ALLEGATO

CONVERSAZIONI IT ALO-FRANCESI PER UNA MODIFICA DEL NUOVO TRACCIATO DI FRONTIERA

APPUNTO. Roma. 15 febbraio 1947.

l) A seguito della conferma da parte della Conferenza di Parigi delle precedenti decisioni (giugno 1946) del Consiglio dei ministri degli esteri circa le modifiche da apportare al confine italo-francese, l'on. Arpesani, secondo le direttive dategli dal presidente De Gasperi, si è messo in relazione con Couve de Murville per riprendere le conversazioni intese ad ottenere una attenuazione delle clausole del trattato.

La prima seduta si è svolta il 7 settembre. L'on. Arpesani ha prospettato come l'Italia confidasse in qualche gesto tale da ricreare quell'atmosfera di cordialità e di comprensione, base per lo sviluppo dei rapporti avvenire tra i due Paesi su un piano concreto. Il signor Couve ha confermato ad Arpesani che il Governo francese, animato dallo stesso spirito, aveva la precisa intenzione di concordare con l'Italia talune modifiche alle· clausole del trattato e le modalità di applicazione del trattato stesso nel senso più favorevole all'Italia.

2) Dal punto di vista territoriale, le domande prospettate a Co uve erano: a) Moncenisio: inclusione nella frontiera politica italiana della centrale di Gran Scala e della diga di sbarramento del lago; b) Clavières: correzione della frontiera proposta dalla Francia che attraversa il paese spezzandolo in due tronconi che escludeva dal territorio italiano i campi legati alla vita turistica del comune;

c) Olivetta San Michele: correzione della frontiera che toglieva al comune alcune frazioni e i pascoli ed inoltre includeva in territorio francese la presa d'acqua e la relativa condotta dell'impianto idroelettrico di Airole.

3) A seguito di una serie di riunioni intermedie, dedicate peraltro quasi esclusivamente all'esame delle questioni economiche sorgenti dal trattato (accordi diretti per il pagamento delle riparazioni), il 21 ottobre il Quai d'Orsay comunicava in via ufficiosa all'on. Arpesani le modifiche di tracciato che il Governo francese era disposto ad accordare, ed anzi a far inserire nel testo stesso del trattato, a condizione che il Governo italiano per parte sua facesse pervenire una «lettera di benestare». Tali modifiche, che solo in parte venivano incontro alle nostre richieste, venivano peraltro qualificate dai francesi come il massimo delle concessioni che erano disposti a fare.

L'on. Arpesani fece presente in quell'occasione che, allo stato dei fatti, il Governo italiano non poteva rilasciare il «benestare» richiesto che avrebbe infatti significato implicita accettazione di determinate soluzioni ancor prima dell'approvazione del trattato da parte italiana; ciò tanto più in quanto la Francia non aveva neppur accolto integralmente le già modeste richieste italiane. Da parte francese si mostrò comprensione per il nostro punto di vista, e la questione venne lasciata in sospeso.

4) Nel corso di una conversazione intervenuta il 23 gennaio scorso, il direttore generale degli affari politici del Quai d'Orsay ha dichiarato a Benzoni che il Governo francese è senz'altro disposto a riprendere i colloqui con il titolare della nostra ambasciata a Parigi per arrivare ad un «accordo» che potrebbe includere, oltre le piccole rettifiche territoriali già comunicate all'on. Arpesani, anche altre questioni connesse con il cambiamento di sovranità territoriale. Nel riferire tale colloquio, Benzoni segnalava peraltro la possibilità che, in sede di tale accordo, i francesi chiederebbero un'esplicita rinuncia a qualsiasi rivendicazione ulteriore.

5) Nel merito delle «proposte» Arpesani e delle contro-offerte francesi, è da osservare quanto segue:

a) Moncenisio: la proposta Arpesani (vedasi carta allegata) 4 aveva lo scopo di:

-tracciare una linea di confine lungo elementi topografici ben determinati in guisa da consentire la sorveglianza doganale e di frontiera; -assicurare all'Italia il controllo delle dighe in atto, dato che la massa d'acqua accumulata nel bacino (32 milioni di metri cubi) rappresenta un potenziale grave pericolo esclusivamente per gli abitanti itqliani della sottostante Valle Susa. In caso di ampliamento del bacino, secondo il noto progetto (400 milioni di metri cubi), le nuove dighe sarebbero ugualmente costruite in territorio italiano dando così tutte le necessarie garanzie per la sicurezza delle zone sottostanti ed ottenendo forse che una aliquota delle maggiori possibilità idroelettriche del bacino venissero sfruttate dall'Italia; -lasciare in Italia tutte e tre le centrali esistenti e le relative opere di presa evitando la macchinosa organizzazione prevista all'allegato III del trattato di pace. La controproposta francese offre il solo vantaggio di lasciare in territorio italiano la centrale idroelettrica di Gran Scala (7 mila Kw di potenza istallata). b) Zona Chaberton-Clavières: la proposta Arpesani (vedasi carta allegata) 4 aveva lo scopo di assicurare al comune di Clavières, accogliendo in parte i desiderata della popolazione, una aliquota dei boschi e dei pascoli del comune, nonché la possibilità di mantenere i campi di neve e le installazioni sportive che lo rendono una conosciuta stazione turistica specie invernale. Il nuovo confine rappresenterebbe infatti la completa morte economica del piccolo comune.

La controproposta francese s~stanzialmente soddisfa alla maggior parte dei desiderata. La differenza fra le due linee è dovuta solo al desiderio francese di riacquistare alcuni pascoli già di proprietà del comune di Monginevro (venduti successivamente a privati italiani).

c) Regione di Olivetta San Michele: la proposta Arpesani (vedasi carta allegata) 5 aveva lo scopo di:

-lasciare all'Italia non il solo capoluogo (Olivetta 500 abitanti) ma la maggior parte del comune (frazioni di Piena -250 abitanti -e di Libri -300 abitanti) nonché la parte principale dei boschi e pascoli comunali che costituiscono l'unica ricchezza della popolazione stessa pur lasciando alla Francia il tratto di territorio attraversato (in galleria) dalla ferrovia Breil-Sospel;

-lasciare in territorio italiano le prese e il canale della centrale idroelettrica di Airole.

La controproposta francese accoglie solo in parte le richieste, lasciando in territorio francese la frazione di Piena e gran parte dei boschi e dei pascoli del comune. Lascia per contro in Italia la frazione di Libri e le opere di presa della centrale suddetta.

In conclusione si può osservare:

-che le stesse proposte Arpesani. anche ove integralmente accettate, non modificherebbero in alcun modo apprezzabile le conseguenze morali (perdita del confine naturale) e militari (estremamente gravi) delle modifiche territoriali imposte dal trattato;

-che comunque tali proposte avevano un valore pratico ove fossero appunto integralmente accettate. Le contro-offerte francesi invece, se soddisfacenti nella zona di Clavières, lo sono scarsamente nella zona di Olivetta San Michele, e non lo sono affatto nella zona del Moncenisio, che rappresentava l'aspetto di gran lunga più importante della nostra richiesta.

6) Da segnalazioni pervenute da Benzoni non è da escludere che i francesi potrebbero, in ultima analisi, addivenire all'accettazione completa delle richieste di Arpesani: ma si tratta di semplice possibilità, sulla quale non possiamo contare, neppure nella ipotesi di una nostra rinuncia a ogni ulteriore rivendicazione. Solo una diretta trattativa potrebbe chiarire questo punto.

134 1 Vedi Allegato.

134 2 Telespr. 5/1863 del l" marzo, non pubblicato. 3 Per la risposta vedi D. 182.

134 4 Non pubblicata.

135

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 2521116. Atene, r marzo 1947 (per. il 6).

Sarebbe difficile, a così breve distanza di tempo, misurare d'un solo sguardo tutta la portata dell'intervista accordata da V.E. al giornalista Callonàs 1 . Quello che si può dire sin da ora è che i principi in essa enunciati costituiscono la sicura piattaforma, la sola e vera, della nostra politica in Grecia; e si può tentare di apprezzarne le prime ripercussioni, valutare le possibilità pratiche di sviluppo, coordinare a queste il nostro programma d'azione. È quanto mi propongo di fare brevemente in questo rapporto.

135 1 L'intervista, relativa ai rapporti itala-greci ed alla partecipazione italiana alla ricostruzione della Grecia, era stata pubblicata dal quotidiano Vradiny il 21 febbraio e dal Messager d'Athènes il 25 febbraio.

E anzitutto è da notare che già il suo messaggio al popolo turco, di pochi giorni precedente, era stato qui ascoltato con vivo interesse (mio telegramma n. 46) 2• Non soltanto perché in esso era chiaramente espresso il concetto unitario dei rapporti dell'Italia con tutti i Paesi del Mediterraneo, e quindi anche con la Grecia; ma anche perché, come segnalavo sin dal 16 ottobre u.s. con il mio· rapporto n. 457 ', qui si attribuisce un valore quasi superstizioso al precedente greco-turco del '22. Si pensa cioè che quel che riuscì allora a Venizelos-persuadere i greci della necessità di una stretta amicizia con un popolo dal quale li divideva una secolare avversione e il ricordo di una sconfitta recentissima e dolorosa -dovrebbe tanto più facilmente riuscire oggi tra Grecia e Italia. E ognuno vede come il rapporto triangolare tra Italia, Grecia e Turchia sia la premessa e il nucleo indispensabile di una cooperazione pacifica nel Mediterraneo orientale.

Subito dopo l'intervista Callonàs ho ricevuto la visita di un influente deputato di Atene, il vecchio Kinias, del partito repubblicano-socialista di Papandreu. Egli mi ha detto che da tempo andava prendendo contatti con un gruppo di deputati e uomini politici di ogni partito (sarebbero circa 20 persone) con i quali sarebbe d'accordo sulla necessità di prendere risolutamente la via di un'intesa con l'Italia. Il programma d'azione di questi uomini è duplice: da una parte, attraverso la stampa e il Parlamento, illuminare l'opinione pubblica, che in parte è rimasta ancora molto indietro, sui termini reali del problema; dall'altra parte costituire un corpo d'opinione abbastanza influente per poter premere sui ministri responsabili e sui capi partito, e indurii ad enunciare con chiarezza e autorità la necessità di questa politica. Fanno assegnamento soprattutto su Papandreu la cui personalità e la cui dialettica dominano i consigli del Governo, e che essi sperano di guadagnare alla loro causa.

Altre influenze, meno palesi, si muovono parallele a questa. Per non citarne che una: il gruppo che fa capo a Marchesini, persona giudicata molto vicina al re e attualmente capo di un nuovo partito distaccatosi dai populisti, viene «lavorato» attivamente nello stesso senso. E già si pensa di servirsi dell' Estia, forse il più letto dei giornali greci e passato di recente, armi e bagagli, nel campo di Marchesini, per iniziare una cauta campagna di stampa.

Perché a questo punto occorre constatare come l'equivoco fondamentale, cui ho accennato in altri rapporti, sussista ancora in una certa misura. Gli uomini politici, salvo pochissime eccezioni, sono convinti della necessità di intendersi con l'Italia, ma temono, affrettando i tempi, di provocare le reazioni dell'animo popolare cui attribuiscono una vivacità di risentimento verso l'Italia che è forse inesistente; e l'opinione pubblica, per parte sua, solleticata e rinfrescata nei suoi rancori dagli sporadici attacchi della stampa, non si rende ancora pienamente conto dell'evoluzione che si compie nel pensiero dei suoi capi. Gli uni e gli altri, in un certo senso, si ricattano a vicenda.

Ora è precisamente questo insieme di circostanze che dà al problema greco il suo carattere peculiare. Per noi la Grecia è semplicemente un anello nella politica mediterranea dell'Italia, e la sua importanza dal nostro punto di vista è che ne

165 è un anello indispensabile; ma per la Grecia, perché arrivi alla stessa conclusione nei nostri riguardi, è necessario risolvere prima un dilemma morale. In termini sentimentali il dilemma non è superabile; se si vuoi progredire occorre scendere su un altro piano che è quello della valutazione della nuova realtà mediterranea nata dalla guerra. È su questo che si trovano tutte le premesse necessarie a un'intima cooperazione tra l'Italia e la Grecia.

Le dichiarazioni di V.E., come ogni verità concreta è solita di fare, hanno avuto, tra gli altri, questo effetto: di funzionare come reagente chimico separando e individuando più nettamente di quanto non fosse stato possibile sinora le disposizioni e le risorse dei due gruppi. Da una parte è quello, cui ho accennato più sopra, che vede nell'intervista l'occasione attesa per passare risolutamente all'azione. Dall'altro lato è il gruppo, che è ancora il più numeroso, di quelli che, pur riconoscendo in pieno il valore dell'iniziativa, non riescono a liberarsi del tutto dai pregiudizi sentimentali. Per dare un esempio concreto: molti, nelle parole di V.E., hanno soprattutto rilevato l'accenno al contributo italiano alla ricostruzione della Grecia. Un deputato tra i più autorevoli, e membro della Commissione parlamentare degli affari esteri, mi ha chiesto se in queste parole non fosse implicita una promessa di pagare riparazioni alla Grecia in misura superiore a quella fissata dal trattato di pace. Ho risposto che, non conoscendo ancora il testo autentico dell'intervista e ancor meno l'interpretazione autentica di essa, potevo parlare soltanto a titolo strettamente personale; ma che a mio parere V.E. aveva voluto semplicemente indicare la via maestra di un'intima cooperazione economica e intellettuale tra i due Paesi come la sola che, essendo di reciproco vantaggio, avrebbe potuto permetterei, molto più efficacemente di qualsiasi «riparazione», di contribuire alla ricostruzione della Grecia.

Ora V.E. non ignora l'inveterata abitudine di questo Paese di contare fermamente sul soccorso internazionale, sui prestiti a fondo perduto, sul filellenismo. Data questa mentalità, data anche, conviene riconoscerlo, l'immensità del danno, ogni nostro aiuto volontario sarebbe giudicato e sarebbe in realtà insufficiente. Ma quanto ho detto più sopra conferma il carattere peculiare del problema greco e le sue peculiari esigenze. Qualcosa occorre certamente fare in questo campo. E poiché anche la Grecia è disgraziatamente un Paese di «gesti», occorrerà fame uno da parte nostra. Mi riservo di parlame più precisamente; ma sin da ora ritengo che, appunto per non incoraggiare in senso errato e pericoloso questa mentalità di tombola di beneficenza, occorrerebbe mantenere alla nostra iniziativa un carattere strettamente culturale; come sarebbe ad esempio offrire una sede romana a un istituto di cultura greco, oppure ricostituire il fondo della biblioteca di Corfù che è andato distrutto nella guerra.

Comunque il contrasto che ho indicato più sopra tra le due correnti di opinione non potrà essere superato, come in ogni processo dialettico, che in una sintesi che in se stesso lo risolva. Sta a noi di prendere parte attiva a questa risoluzione, sia incoraggiando e confermando nei loro propositi quanti già mostrano di vedere chiaramente i veri termini della questione, sia opponendo ai pregiudizi residui degli altri una azione rettilinea, e soprattutto una politica economica costruttiva. Nel mio rapporto n. 956 del 28 novembre u.s. 4 scrivevo: «Due criteri debbono guidare la nostra politica economica

e commerciale con questo Paese: a) coordinare la nostra azione verso la Grecia a quella che sarà tracciata per tutto il bacino orientale del Mediterraneo; b) tener conto della speciale situazione politica, morale, economica della Grecia».

In questo riguardo le laboriose trattative che da più di un mese sono state iniziate ad Atene per la conclusione di un accordo commerciale saranno decisive. Lo stesso Tsaldaris mi ha detto che attribuisce al successo di questo negoziato la più grande importanza; non soltanto perché tutti si rendono conto che la ripresa di larghi rapporti economici è premessa indispensabile di ogni intesa, ma perché amici e nemici attendono questa prima prova per giudicare della nostra reale buona volontà, del valore da darsi alle nostre assicurazioni.

Un nostro disinteressamento, ispirato da concetti puramente tecnici che non tengano conto della posizione mediterranea dei due Paesi e della naturale e permanente coordinazione dei loro interessi, sarebbe fatale alle direttive tracciate da V.E. Occorre non soltanto concludere l'accordo con una larga visione di queste esigenze, ma vegliare poi che esso sia posto a frutto e dia il suo pieno rendimento nella realtà pratica.

Per il resto ogni fretta sarebbe certamente ingiustificata, ogni tentativo di forzare lo sviluppo degli avvenimenti inopportuno. L'idea della cooperazione mediterranea nella quale l'Italia dovrà avere il posto che le compete come al principale elemento locale nel nuovo ordine mondiale di Potenza che si sta creando in questo mare, è un'idea per la quale gli spiriti e i tempi sono maturi, e che noi tutti dobbiamo servire con fede e immaginazione.

134 5 Non pubblicata.

135 2 Del 20 febbraio, con il quale Guidotti aveva richiesto il testo integrale di tale messaggio. 1 Non pubblicato.

135 4 Non pubblicato.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 3486/131. Roma, 2 marzo 1947, ore l.

Prego tradurre e consegnare immediatamente Vandenberg seguente lettera del presidente De Gasperi di cui ho l'autografo sotto gli occhi:

«Caro senatore Vandenberg 1 , ricordando il vostro personale amichevole interessamento per l'avvenire d'Italia e le vostre dimostrazioni di simpatia vi invio in via confidenziale una pressante preghiera. Il mio Governo incontrerà molte difficoltà per fare approvare il trattato dall'Assemblea costituente. Noi contiamo sull'amichevole concorso degli Stati Uniti per dare all'Assemblea, chiamata ad una dura decisione, argomenti di fondata speranza per l'avvenire.

L'America, senza diminuire il suo impegno verso gli altri contraenti, potrebbe darci assicurazione di sbloccare i beni italiani in America e di lasciare all'industria italiana con l'obbligo di demolirle le navi da guerra che furono assegnate a voi.

Anche nelle nostre recenti conversazioni di costì tali concessioni mi furono prospettate dalle autorità americane come fattibili. L'amicizia fra i nostri due Paesi richiede che tali affidamenti vengano dati ora nell'interesse immediato comune e per addolcire le dure condizioni di pace.

Vi ricordo che a Parigi nella riunione del lO maggio 1946 la delegazione americana si dichiarò favorevole alla proposta Molotov-Bidault di affidare le colonie italiane all'Italia come mandato dell'O.N.U. Ottima impressione farebbe se l'America rinnovasse in questo momento la sua dichiarazione di buon volere e se la diplomazia statunitense incoraggiasse l'Inghilterra che già forse si avvicina all'idea di un accordo coloniale con l'Italia.

Infine molti interessi riguardanti riparazioni e relazioni commerciali legano l'Italia al futuro della Germania. Sarebbe giusto che l'Italia cobelligerante potesse per tali ragioni partecipare alle trattative circa la Germania. L'appoggio dell'America a tale richiesta verrebbe altamente valutato come il primo pratico frutto di cooperazione internazionale.

Faccio appello alla vostra efficace amicizia e all'illuminata coscienza del Senato americano che in voi e nel senatore Connally 2 possiede rappresentanti ottimamente informati e simpatizzanti per l'avvenire della Repubblica italiana e VI espnmo anticipatamente vivi ringraziamenti 3 . ALCIDE DE GASPERI».

136 1 La lettera acquista significato se si tiene presente che, dopo le elezioni parlamentari del novembre 1946, il sen. Vandenberg era divenuto presidente della Commissione esteri del Senato degli Stati Uniti.

137

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2943-2945-2942/140-141-142-143-139. Parigi, 2 marzo 1947, ore 18,02 (per. ore 9,45 de/3).

Bidault, dopo aver deplorato nel suo complesso trattato di pace con l'Italia anche, sia pure in modo indiretto, per parte che riguarda la Francia, mi ha detto che problema più importante gli sembrava quello reinserire al più presto Italia nella vita politica internazionale in modo da ridarle posto che le spetta nel mondo. Questa era sua ferma intenzione e teneva assicurarmi potevamo contare su appoggio Francia in questo senso.

Azione francese avrebbe potuto essere considerevolmente facilitata se si fosse cominciato atto politiéo concreto fra i due Paesi. Mi ha parlato di una dichiarazione di amicizia italo-francese aggiungendo: «Si potrebbe anche parlare di trattato di alleanza diretto contro la Germania ma cui significato reale sarebbe naturalmente di portata più vasta». Questo, ha aggiunto, si intende oltre perfezionamento tratta

tive qui in corso per altre questioni sia economiche che concernenti applicazione trattato di pace.

Gli ho risposto che questione da lui toccata era della massima importanza ed ero ben lieto trovare al nostro primo incontro disposizioni così comprensive da parte sua. In linea di massima proposta da lui fattami non poteva venire meglio incontro miei desideri: mi riservavo studiarla ed approfondirla. Occorreva in primo luogo vedere, a mio avviso, se opinione pubblica delle due parti era già sufficientemente preparata ad un passo del genere e se conveniva procedere ad atto politico come premessa per influenzare opinione pubblica nel senso voluto oppure attendere che evoluzione naturale ed aiutata opinione dei due Paesi costituisse premessa per atto politico. Segue rapporto 1•

Ho detto a Bidault che atteggiamento favorevole Governo francese nostra ammissione trattato di pace con Germania aveva fatto in Italia ottima impressione. Mi rendevo conto che esistevano difficoltà da parte altri Paesi e specialmente Russia ma intanto posizione presa da Francia costituiva già elemento importante. Ho aggiunto che nel frattempo da parte nostra attribuivamo grande importanza essere tenuti al corrente andamento Conferenza Mosca e che sarebbe stato particolarmente importante ai fini nostri rapporti se Governo francese avesse voluto essere lui a tenerci informati.

Mi ha detto che era interamente d'accordo: date sue occupazioni a Mosca non sapeva quanto gli sarebbe stato possibile tenersi in contatto con nostra ambasciata ma avrebbe dato istruzioni Quai d'Orsay tenermi al corrente del movimento Conferenza.

Mi ha poi chiesto quali erano idee Governo italiano nei riguardi della Germania. Ho risposto di non saperlo precisamente ma di dover supporre nelle linee generali che nostra idea era che Germania dovesse essere ricostituita economicamente e politicamente perché Europa non poteva andare avanti con simile caos nella sua parte centrale: ma che d'altra parte era necessario prendere tutte le garanzie per premunirei contro ritorno aggressione tedesca.

Gli ho poi chiesto a titolo personale se riteneva utile, anche a fini nostra eventuale partecipazione trattative, scambio di idee preliminari tra i due Governi per stabilire possibili punti contatto circa politica tedesca. Mi ha risposto che vi era interamente favorevole 2•

Circa trattative Indelli 3, ho detto a Bidault che non volevo in questa prima conversazione entrare in dettagli: dovevo però dirgli che mentre tutte le altre questioni mi sembravano suscettibili soluzione con un po' di buona volontà delle due parti, questione che da parte nostra costituiva difficoltà centrale era esclusione beni italiani in Tunisia da settlement generale.

Bidault ha ascoltato con comprensione mie comunicazioni al riguardo, mi ha accennato a difficoltà che incontra in questa direzione e mi ha promesso ne avrebbe parlato al nuovo presidente.

2 Per la risposta vedi D. 157.

3 Vedi D. 19.

136 2 Democratico e predecessore di Vandenberg nella stessa carica (vedi nota l). 3 Per la risposta di Vandenberg vedi D. 256.

137 1 Vedi D. 152. Per la risposta vedi D. 156.

138

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. PER CORRIERE 4760. Roma, 2 marzo 1947.

Nostre amministrazioni stanno esaminando relazioni Indelli circa suo viaggio a Parigi. Non appena possibile verranno inviate V.S. nostre osservazioni e proposte. Voglia recare quanto precede conoscenza Quai d'Orsay aggiungendo che ella è incaricata proseguire conversazioni allo scopo raggiungere quanto prima fase conclusiva.

Sembrami che ella possa continuare contatti anche prima ritorno Alphand da Mosca specie allo scopo dare sensazione che da parte nostra non vi è nessuna battuta d'arresto bensì intendimento liquidare tutte questioni pendenti tutte insieme ed una volta per tutte. Aggiungo che le verranno poste a disposizione quando ella lo crederà opportuno quelle persone che V.S. giudicherà meglio adatte per coadiuvarla.

139

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2033/520 1 . Washington, 2 marzo 1947 (per. il 24 ).

Il 24 febbraio scorso il Dipartimento di Stato riceveva una comunicazione sensazionale. Il Governo britannico gli rendeva noto che, costretto dalla propria critica situazione economica, esso non sarebbe stato in grado di continuare oltre il 31 marzo p.v. a prestare al Governo greco «l'assistenza indispensabile per mantenere in Grecia un minimo di stabilità».

L'inattesa comunicazione sorprendeva il Dipartimento di Stato mentre esso si trovava in pieno assorbito nei lavori di preparazione della Conferenza di Mosca.

Il Governo americano si dimostrava tuttavia subito pienamente consapevole della gravità della comunicazione britannica. E dopo aver riservatamente interpellato al riguardo gli esponenti del Congresso, esso ieri comunicava al Governo britannico di essere in principio, e con riserva dell'approvazione da parte del Congresso, disposto ad assumere in proprio gli oneri relativi alla prosecuzione dell'attuale assistenza alla Grecia. A quanto finora è dato sapere tale sostituzione

non si estenderebbe direttamente al campo militare, ma consisterebbe in un contributo alle spese richieste per mantenere in Grecia l'attuale contingente di truppe britanniche fino alla evacuazione delle truppe russe dalla Bulgaria, nella concessione di un prestito di 350 milioni di dollari alla Grecia da parte della Export-Import Bank e nella fornitura di armamenti prelevati dal surplus americano.

Questi ambienti politici sono stati sorpresi da siffatto colpo di scena in un momento particolarmente delicato, mentre cioè, come è noto, il Congresso si trova sotto il controllo dell'opposizione e questa è impegnata in una campagna a fondo per ottenere una forte riduzione del bilancio statale.

Sebbene vasti settori si mostrino perplessi ed impreparati di fronte alla gravità delle decisioni che incombono al Governo americano, deve tuttavia riconoscersi che la maggioranza dà prova di viva preoccupazione nei riguardi della posizione e degli interessi degli Stati Uniti nel mondo e delle maggiori responsabilità derivanti dalla nuova situazione.

Tutti sembrano rendersi conto che la questione riveste una importanza eccezionale, in quanto essa evidentemente non si limita solo ai pur onerosi suoi aspetti economici relativi alla Grecia ma coinvolge ben più vaste e gravose responsabilità politiche e militari, inerenti alla probabile ulteriore graduale sostituzione degli Stati Uniti al Governo britannico nella tutela dello status quo in Oriente e probabilmente nella occupazione della Germania.

Nessuno si nasconde che un cedimento della Grecia potrebbe avere conseguenze anche in Turchia, e che dopo aver assunto l'onere di sostenere e finanziare la Grecia il Governo americano potrà domani essere chiamato a fare altrettanto in Turchia.

D'altra parte tutti sono consapevoli che subentrando nell'assistenza alla Grecia il Governo americano rischia di attirare su di sé l'animosità dimostrata dal Governo sovietico contro l'opera svolta dal Governo britannico in Grecia. E che la gravissima crisi che colpisce l'Impero britannico ha per conseguenza di contrapporre sempre più direttamente ed esclusivamente su tutti i principali scacchieri politici gli Stati Uniti e l'U.R.S.S. come le uniche due Potenze rimaste arbitre del riassetto mondiale e responsabili della preservazione della pace.

Ciononostante; dalle indiscrezioni finora trapelate sull'atteggiamento assunto dai vari esponenti del Congresso interpellati dal Governo, risulta che mentre solo una parte di essi si sarebbe dichiarata esplicitamente favorevole all'estensione dell'assistenza alla Grecia, nessuno avrebbe osato prendere su di sé la responsabilità di esprimere decisamente la propria opposizione al riguardo. Tutti però avrebbero a quanto pare espresso l'avviso che l'assistenza americana andrebbe in ogni caso limitata strettamente al campo economico, e che essa dovrebbe essere condizionata ad una revisione delle direttive seguite dal Governo britannico, in vista specialmente di un allargamento della base politica del Governo greco.

Per completare il quadro della situazione va ricordato che si trova da qualche tempo ad Atene una missione economica americana presieduta dal noto esperto Pau! Porter, e che l'America non è stata fin'ora del tutto estranea all'assistenza prestata alla Grecia, avendo questa ricevuto 354 milioni di dollari di assistenza dall'U.N.R.R.A., 55 milioni di crediti per l'acquisto di surplus americano, 45 milioni per l'acquisto di navi «liberty» e 25 milioni dall'Export Import Bank.

139 1 Ritrasmesso alle ambasciate a Londra, Parigi, Mosca, Ankara ed alla rappresentanza ad Atene con Te1espr. 20110718/c. del 5 aprile.

140

IL MINISTRO A QUITO, PERRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2986/7. Quito, 3 marzo 1947, ore 11,20 (per. il 4) 1 .

Telegramma di V.E. n. 2877/c. del 20 febbraio scorso e telespresso ministeriale 221/c. del 13 febbraio 2 .

Nel consegnare il testo della nota italiana relativa trattato di pace ho avuto lunga conversazione con questo ministro degli affari esteri circa opportunità che Stati amici ed in prima l'Equatore appoggino nostra domanda di revisione presso Potenze firmatarie.

Signor Trujillo mi ha dichiarato con molto calore che l'Italia poteva contare su incondizionato appÒggio Equatore nelle sue giuste domande aggiungendo che avrebbe compiuto ogni sforzo per un'azione congiunta di tutti gli Stati latini americani a nostro favore.

Anche questo presidente della Repubblica (che ho visto in privata udienza in occasione passaggio Quito professar Della Rocca) ha avuto parole molto lusinghiere e simpatiche verso nostro Paese affermando che era interesse comune sostenere Italia baluardo civiltà occidentale.

Equatore, egli ha detto, nonostante sua piccolezza ha sempre sostenuto causa giustizia ed equità nelle relazioni internazionali ottenendo spesso lusinghieri successi come nella difesa principio non intervento politica interna completato da nota proposta Uruguay. Ha concluso affermando che possiamo essere certi della decisa azione nostro favore suo Paese se possibile congiuntamente altri Paesi latini americani e ove occorra anche da solo.

In mia presenza ha poi dato istruzioni ministro degli affari esteri affinché provveda immediatamente essendo suo desiderio Equatore sia il primo intervenire favore Italia.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. S.N.D. 3496/34. Roma, 3 marzo 1947, ore 16.

Suo 80 1• Riservandomi eventuali più dettagliate istruzioni dopo ricevuto suo rapporto 2 , ritengo utile precisarle sino da ora nostro pensiero in merito questione da lei sollevata.

Nostra attuale situazione non ci consente ovviamente poter assumere posizione primo piano nella elaborazione trattato pace Germania. Interesse parteciparvi trova d'altra parte sua ragione nel nostro diritto e dovere di uscire da isolamento nel quale siamo venuti trovarci ponendoci, soprattutto in vista sviluppi futuri, su piano altre maggiori Potenze ogni volta che i più importanti problemi europei si pongono.

Ma, ad evitare necessità prendere netta posizione per tesi in contrasto, occorre manteniamo eventuali nostre enunciazioni entro principi carattere generale che potrebbero anche avvicinarsi in massima a taluni dei concetti esposti dai francesi, senza significare per altro adesione loro tesi soprattutto per quanto si riferisce a dettagli piano presentato da Quai d'Orsay che sotto certi aspetti si rivela in realtà antitetico propositi russi.

Dal punto di vista generale sia pure evidente che siamo favorevoli unità economica germanica perché ciò risponde a nostri vitali interessi. Dal nostro specifico punto di vista dovremo salvaguardare nostre necessità nell'eventualità vengano stabiliti piani di ripartizione risorse naturali o di limitazione o distribuzione prodotti industriali tedeschi. Naturalmente, come indicato nel telegramma 24 dell' 11 febbraio 3 , solleveremo questioni minori di esclusivo e diretto interesse per l 'Italia.

140 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. 2 Vedi DD. 66, nota 2 e 48, nota l. 141 1 Vedi D. 122. 2 Non pubblicato, ma vedi D. 122.

142

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, E AGLI AMBASCIATORI A MOSCA, BROSIO, E A PARIGI, QUARONI

T. 3507/c. Roma. 3 marzo 1947, ore 17,30.

In colloquio avuto con Tarchiani 1 , segretario di Stato Marshall ha accennato a varie richieste, oltre quella italiana, che gli sono state rivolte da Nazioni alleate che desiderano avere una qualche parte in trattato con Germania. Nel dare conferma direttive politica americana per la partecipazione quanto più larga possibile di tutti gli Stati interessati, egli ha detto a nostro ambasciatore di essere pienamente favorevole a che nostro Paese sia ammesso ad esporre i suoi punti di vista e i suoi desiderata. Al riguardo il generale Marshall intende agire alla Conferenza di Mosca perché ci sia data questa possibilità.

141 1 Vedi D. 33, nota 2. 142 1 Vedi D. 124.

143

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 2981/85. Mosca, 3 marzo 1947, ore 23,15 (per. ore 8,40 del 4).

Oggi in visita d'uso ho avuto lunga cordiale conversazione con ambasciatore U.S.A., generale Smith. Circa nostra partecipazione trattative pace Germania, Smith mi ha confermato che suo Governo è pienamente favorevole nostro intervento, precisando, a mia domanda, che Washington non desidera soltanto presentazione punti di vista scritti ma effettiva partecipazione tutte Potenze interessate a discussioni. Circa previsioni prossima Conferenza Mosca, Smith mentre si è dimostrato alquanto scettico su possibile accordo definitivo è stato piuttosto ottimista su realizzazione alcuni sensibili progressi. Su progetto francese distacco Ruhr da resto Germania, Smith ha fatto notevoli riserve minimizzando futura importanza militare tale bacino anche perché concentrazione industriale ne favorisce la distruzione in caso di guerra. Ha insistito su necessità unità territoriale economica Germania conformità accordi Potsdam. Smith infine sottolineato che Washington non contraria in definitiva unità politica Germania purché vi si realizzi realmente democrazia in senso occidentale.

144

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON IL RAPPRESENTANTE D'AUSTRIA A ROMA, SCHWARZENBERG

Roma, 3 mar;:,o 1947.

Ricevuto prima visita del principe Schwarzenberg, nuovo ministro d'Austria. Oltre naturali espressioni di simpatia e buon volere che ho reciprocato accentuando anche miei vincoli familiari in Austria, è da notarsi che Schwarzenberg mi ha spontaneamente dichiarato che questione Alto Adige non esiste più per loro e che vi sono solo legami sentimentali da rispettare.

Gli ho risposto che per questo può contare su Italia democratica e m me, e che le violenze snazionalizzatrici usate dal fascismo perfino nei cimiteri dell'Alto Adige sono tra le cose che ci fanno più orrore.

144 1 Minuta autografa di Sforza. Trasmesso a Vienna con Telespr. 16/074 dell'l l marzo.

145

IL VICE DIRETTORE GENERALE DELL'EMIGRAZIONE, GIUSTI DEL GIARDINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 3 marzo 1947.

Dopo una lunga conversazione con i massimi esponenti politici italiani di Trieste, riassumo qui appresso quella situazione e le provvidenze necessarie per migliorarla in vista delle elezioni nel Territorio Libero, che potranno fornire l'elemento decisivo per definire la politica dell'Italia a Trieste nel prossimo futuro:

l. Situazione politica locale: scioltosi in questi giorni il C.L.N., che riuniva tutti i partiti italiani ad eccezione dei comunisti e dei qualunquisti, si sono costituiti tre raggruppamenti rispettivamente di destra-Unione nazionale della libertà-di centro -Democrazia cristiana -di sinistra -Fronte democratico socialista. Così articolato il mondo politico italiano di Trieste dovrebbe avere una maggiore forza penetrativa nei diversi settori dell'elettorato, ma è necessario che le forze italiane restino collegate in una Giunta segreta d'intesa, alla quale parteciperanno i rappresentanti dei tre raggruppamenti e !'«emissario» del Governo italiano.

2. -Emissario del Governo: è fortemente desiderata la presenza a Trieste di un uomo che, sotto opportuna copertura, possa essere il solo ed autorizzato portavoce del Governo italiano. Le sue funzioni dovrebbero essere quelle di moderatore dei partiti italiani nelle loro rivalità e di propulsore dei partiti stessi verso la comune ed indispensabile meta della vittoria elettorale. 3. -Fondi politici: non è pensabile di poter controbattere l'azione politica slava senza adeguati mezzi finanziari che non potrebbero ammontare a meno di cinquecento milioni: essi dovrebbero essere amministrati dalla Giunta politica d'intesa e sotto la direzione dell'«emissario del Governo». 4. -Giornali: occorrono tre giornali per le tre tendenze. Quello di sinistra potrebbe essere la Libertà di Udine, che è in vendita, opportunamente potenziato, quello di destra l'esistente Messaggero veneto di Udine e, quello di centro, un giornale del mattino per il quale sono in corso delle trattative a Trieste. L'attuale Voce libera resterebbe come giornale indipendente d'informazioni della sera. 5. -Controffensiva nel settore economico: di fronte alla massiccia e pressante offensiva finanziaria slava, che usa tutti gli ingenti mezzi che le derivano dal partire da una «centrale totalitaria» e che-articolata nei due enti parastatali «Uivod» e «Centro prom» -ha iniziato l'acquisto di immobili, di imprese, di ditte o "la partecipazione alle medesime, è urgente che il Governo renda praticamente possibili le promesse già tante volte fatte da suoi membri finanziando un ente immobiliare ed uno mobiliare che -nel quadro della Giunta segreta d'intesa -assistano le imprese pericolanti e magari ne acquistino alcune. In tale settore il fabbisogno dovrebbe ammontare complessivamente ad un miliardo. 6. -Organo a Roma per la Venezia Giulia: è vivissimo desiderio dei giuliani che l'azione romana del Governo per la loro regione sia accentrata in un solo organo evitando così a loro tutti gli inconvenienti che finora si sono riscontrati a causa della dispersione fra diversi ministeri dei problemi interessanti la Venezia Giulia e a viaggi a Trieste di funzionari e di personalità, più o meno in vista, che hanno a dritto e rovescio interloquito a nome del Governo nella delicata situazione politica locale. 7. -Opere assistenziali: finora anch'esse hanno fatto capo a diversi organismi (ministeri Assistenza postbellica -Interno -Difesa -ecc.). Anche in questo importante settore -così delicato per i suoi riflessi politici, pure nei riguardi dell'Istria -sarebbe opportuno ed urgente un coordinamento a mezzo di un apposito comitato locale, nominato d'accordo con la Giunta segreta d'intesa.
146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE (1)

T. 3554/c. Roma, 4 marzo 1947, ore 8,30.

Inviole seguente messaggio diretto ad Assemblea parlamentare di codesto Stato da Costituente italiana con preghiera di inoltro a destinazione:

«Assemblea costituente italiana sicura interprete sentimento e volontà Nazione conferitomi mandato rivolgere appello alle Assemblee Nazioni Unite perché più dure condizioni trattato pace possano essere sin d'ora alleviate e particolarmente perché non siano mantenute mutilazioni territoriali dolorose pel sentimento nazionale, siano risparmiate ingiuste umiliazioni esercito aviazione marina italiani eroicamente prodigatisi a fianco forze alleate e evitati oneri finanziari e economici insostenibili dal Paese immiserito dalla guerra e tutto proteso verso propria rinascita. Assemblea costituente chiede altresì riconoscimento principio revisione condizioni trattato attraverso pacifici accordi bilaterali fra Paesi interessati e ambito O.N.U. e esprime fiducia che Parlamenti dei popoli intervenuti in guerra per difesa libertà e giustizia del mondo vogliano raccogliendo appello popolo italiano assicurare a quest'ultimo maggiori possibilità consolidare nuovo regime repubblicano e democratico nella pace sociale e nel fecondo lavoro. PRESIDENTE AssEMBLEA cosTITUENTE TERRACINI».

(Per Beirut) Pregola trasmettere identico messaggiO codesto rappresentante siriano per successivo inoltro. (Per Cairo) Pregola trasmettere identico messaggiO codesto rappresentante saudiano per successivo inoltro.

(Per Cuba) Pregola trasmettere identico messaggio alle assemblee parlamentari di San Domingo e di Haiti 2 .

146 1 Alle sedi a Londra, Mosca, Parigi e Washington lo stesso messaggio era stato inviato, con alcune varianti di forma. con telegrammi separati (rispettivamente T. 34701128, T. 3468/33, T. 3469/91 e T. 3467/130, tutti del l" marzo).

147

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3033/171. Washington, 4 marzo 1947, ore 8,33 (per. ore 9,15 del 5).

Mio telegramma n. 163 1 .

Commissione senatoriale affari esteri ha tenuto oggi sessione dedicata esame quattro trattati di pace cui hanno partecipato segretario di Stato Marshall ed ex segretario di Stato Byrnes.

Dichiarazioni quest'ultimi nonché quelle presidente Commissione Vandenberg ed altri senatori telegrafate costà da agenzie giornalistiche.

Sia Marshall che Byrnes hanno ribadito nota posizione che trattati, benché insoddisfacenti sotto alcuni aspetti, rappresentano quanto meglio era possibile ottenere nelle attuali circostanze e costituiscono importante passo verso ristabilimento pace. Ambedue hanno insistito su importanza sollecita ratifica in vista ritiro truppe dai Paesi balcanici eccetto minimo necessario per mantenere comunicazioni con forze russe in Austria.

Discussione odierna, nonostante varie richieste di chiarimenti e qualche critica, non hanno rivelato in seno alla Commissione senatoriale nessuna seria divergenza vedute circa ratifica.

Vandenberg ha dichiarato a giornalisti che prevede procedura piuttosto rapida.

148

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI

T. 3579/21. Roma, 4 marzo 1947, ore 14,45.

Suo 010 1• Dica a suo collega finlandese che abbiamo molto apprezzato quanto comunicatole circa riapertura legazioni finlandesi all'estero e particolarmente a Roma. Vorrà

pervenire anche alle assemblee parlamentari di Costarica, Nicaragua, Honduras e Salvador. Con T. 3560/130 in pari data si pregava la rappresentanza a Londra di consegnarlo, per il successivo inoltro, agli alti commissari per l'Australia e la Nuova Zelanda e ai rappresentanti di Islanda, lrak e Liberia. 147 1 Con T. 2932/163 del 1° marzo Tarchiani aveva comunicato: «Commissione affari esteri Senato Stati Uniti inizierà lunedì 3 corrente esame trattato pace. Martedì 4 Commissione udirà segretario di Stato Marshall ed ex segretario Stato Byrnes». 148 1 Vedi D. 99.

aggiungere che, rendendoci conto esigenze prospettatele, provvederemo intanto chiedere gradimento per nomina nostro ministro Helsinki. Finlandia provvederà poi appena possibile nominare suo rappresentante Roma 2 .

146 2 Lo stesso testo veniva inviato a Guatemala con T. 3558/2 del 4 marzo con istruzione di farlo

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 3649/133. Roma, 4 marzo 1947, ore 21.

Suoi 156 e 157 1•

Trovi modo far sapere a Marshall che ho molto apprezzato dichiarazioni fattele circa nostra partecipazione trattato colla Germania, cosa che data situazione italiana ci sembra indispensabile moralmente e materialmente. Circa Comitato di studio italo-americano il presidente del Consiglio ha impressione che ciò era cosa decisa. Ella giudicherà se opportuno ricordare ciò agli uffici 2•

150

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3017/86. Mosca, 4 mar:::o 1947, ore 21,16 (per. ore 0,15 del 5).

Ambasciatore Cina mi ha detto che suo Governo ha affermato presso i Quattro Grandi proprio diritto partecipare con essi subito dopo stesura preliminare progetto, alla convocazione Conferenza pace con la Germania e alla determinazione relativa procedura compresa anche risoluzione questione intervento altre Potenze direttamente interessate. Mi ha aggiunto che Cina sarebbe a suo avviso favorevole patrocinare

2 Tarchiani rispose con T. 3098/174 del 5 marzo: «Marshall è partito stamane per Mosca via Parigi. Mi esprimerò secondo sue istruzioni con Dipartimento affinché ne informi segretario di Stato e delegazione americana a Mosca. Per quanto concerne Comitato di studi italo-americano riferito dettagliatamente per corriere>>.

178 largamente intervento altre Nazioni. Giudichi V.E. se, in base anche ad altre informazioni, non sia il caso fare passi a Nanchino per ottenere appoggio Governo cinese su partecipazione Italia trattative di pace Germania.

148 2 Per la risposta vedi D. 162. 149 1 Vedi D. 124.

151

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. Londra, 4 marzo 1947.

Riassumendo lo scambio di telegrammi intervenuto sulla questione dell'Alto Adige, credo utile chiarirle che la nostra posizione presso il Governo inglese è attualmente la seguente:

l) per quanto riguarda la inclusione nel trattato austriaco di una formula analoga alla seconda parte dell'art. 10 del nostro trattato, abbiamo espresso parere contrario con la nota (da me commentata al Foreign Office) diretta al segretario generale del Consiglio dei ministri degli esteri 1 . La questione sarà decisa dai Quattro a Mosca. Non mi nascondo che se gli americani non ritireranno la loro proposta, inglesi e francesi non prenderanno su questo argomento una posizione antiamericana. In quanto ai russi, essi erano in principio contrari alla inclusione nel nostro trattato ed è possibile perseverino in questo atteggiamento, salvo cedere all'ultimo in una delle solite compensazioni;

2) per quanto riguarda l'inclusione nel trattato austriaco di una clausola analoga all'art. 18 del nostro trattato, mi pare vi sia generale consenso. Comunque ho premuto per l'inclusione presso il Foreign Office;

3) circa la propaganda irredentista in Alto Adige, mi sono limitato a segnalare (a titolo personale) a Sir Oliver Harvey (che accompagna Bevin a Mosca) la opportunità che almeno dai verbali della Conferenza risultasse che la delegazione inglese aveva considerato il mantenimento del convenuto status quo al Brennero come implicante l'astensione austriaca da una propaganda irredentista inconciliabile con la pacifica convivenza dei due gruppi etnici.

Ciò ho fatto tenendo conto proprio delle preoccupazioni espresse dalla nostra rappresentanza a Vienna e nonostante io consideri questi strascichi come inevitabili e destinati ad assopirsi di fronte alla nostra leale applicazione degli obblighi derivanti dall'accordo De Gasperi-Gruber.

Credo così di aver perfettamente ubbidito alle direttive del ministero.

151 1 Nota a margine di Zoppi: «Che noioso!».

152

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 2486/720. Parigi, 4 marzo 1947 1•

Mi riferisco ai miei telegrammi nn. 140 e 141 del 2 marzo corrente2 .

Bidault mi ha detto che il trattato di pace con l'Italia, sia per la forma nella quale esso era stato negoziato, sia per la sua sostanza non era stato quello che l'Italia si meritava. Anche per la parte che riguardava la Francia era spiacente che i suoi sforzi diretti all'eliminazione di alcune richieste che egli, personalmente, non approvava si erano urtati contro resistenze che non era riuscito a superare: sperava che sia in sede di applicazione del trattato, sia a mezzo di revisioni ulteriori sarebbe stato possibile arrivare a modificarle in senso più favorevole a noi. L'Italia aveva sofferto del fatto di essere stata la prima Potenza a negoziare la sua pace: se, come era in pensiero del Governo francese, si fosse affrontato prima il problema tedesco e poi gli altri trattati di pace, il trattamento fatto all'Italia sarebbe stato senza dubbio migliore. Comunque il trattato era stato fatto, la pace firmata, e questo costituiva un vantaggio per noi in quanto uscivamo da questa situazione ambigua di minorazione giuridica. Adesso la prima questione da affrontare, in ordine di urgenza, era di reinserire l'Italia nella vita politica internazionale, in modo da ridarle il posto che spetta ad una grande Nazione come essa è. Teneva a dirmi che questa era la ferma intenzione del Governo francese, e che noi potevamo contare su tutto l'appoggio del Governo francese, nonché sul suo personale. Il compito della Francia sarebbe stato senza dubbio facilitato se fosse stato possibile cominciare con un atto politico fra i due Paesi: una dichiarazione di amicizia i tal o-francese per esempio. «Non oso parlarvi di un trattato di alleanza -mi ha detto -che sarebbe naturalmente diretto contro la Germania, ma le cui implicazioni e la cui portata di politica generale sarebbero molto più vaste. Per mio conto sono disposto ad andare tanto lontano quanto è disposto ad andarvi il Governo italiano. C'est une ouverture que )e vous fais: la réponse est à vous».

Ho spiegato a Bidault, con gli argomenti che ella può immaginare, i sentimenti del popolo italiano nei riguardi del trattato di pace: il risentimento italiano era dovuto a due cause: il fatto che il trattato avesse tardato tanto, seconda-e la più importante -le promesse sia pure assai vaghe che ci erano state fatte durante il periodo della cobelligeranza, promesse a cui il popolo italiano poteva aver data una interpretazione che andava più in là delle reali intenzioni degli Alleati, ma che, comunque, costituivano un fatto che non si poteva negare.

Condividevo il suo pensiero circa l'importanza di una rapida riabilitazione internazionale dell'Italia. Quale che fosse il giudizio che si poteva dare del trattato di pace, l'opinione pubblica italiana avrebbe potuto, alla fin dei conti, adattarvisi,

152 1 Nella copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 137.

sotto la guida degli elementi moderati che costituivano ancora la maggioranza della classe politica italiana. Ma, pur tenendo conto del fatto che oggi, nel mondo, le uniche vere grandi Potenze erano rimaste la Russia e gli Stati Uniti (non è che troppo vero purtroppo -mi ha interrotto Bidault), non era possibile attendersi che l'Italia potesse accettare di restare, in perpetuità, in una situazione di inferiorità giuridica, ed ad essere trattata, nei consessi internazionali, alla pari del Lussemburgo

o del Paraguay. Ero ben lieto quindi di sentire che tale era anche l'opinione del Governo francese e che potevamo contare sull'appoggio della Francia.

Quanto alla sua proposta di un patto politico fra l'Italia e la Francia, questo rispondeva perfettamente ai miei sentimenti, ed ero ben lieto che al nostro primo incontro egli mi avesse fatta una simile offerta. Non mi trovavo però nella possibilità di dargli subito una risposta poiché mancavo completamente di istruzioni in proposito: la sua proposta mi era riuscita del tutto inaspettata e tale sarebbe stata anche per il Governo italiano. Personalmente, gli ho ripetuto, vi ero più che favorevole, ma ritenevo che la cosa dovesse essere approfondita e studiata.

-È evidente -mi ha detto Bidault -che occorre perfezionare al più presto anche gli accordi economici e tutte le questioni come quelle che fanno l'oggetto della missione Indelli, che debbono risolvere le questioni concernenti l'applicazione del trattato di pace.

-Intende anche continuare le conversazioni Arpesani circa il tracciato della frontiera? -ho chiesto.

-Certamente-mi ha risposto.

Ho continuato dicendo che quelle stesse opposizioni che avevano ostacolato le sue buone intenzioni circa il trattato di pace mi sembravano esistere tuttora: uno stato d'animo poco favorevole alla Francia si era creato anche in Italia. Era quindi soprattutto da vedere se, dato che sulla necessità di rimettere su nuove basi i rapporti italo-francesi i due Governi mi sembravano d'accordo, convenisse cominciare con un atto politico e, basandosi su questo, influire sull'opinione pubblica, dalle due parti, oppure non fosse preferibile attendere, ed aiutare, una evoluzione delle due opinioni pubbliche, e perfezionarla in seguito con un patto politico. Nel campo dei rapporti italo-francesi la mia preoccupazione non era quella di far presto ma di costruire sul solido.

-Accetto la sua osservazione anche per quello che concerne le mie proposte -mi ha detto Bidault.

Gli ho risposto che la mia osservazione aveva solo un carattere generale: quanto alle sue proposte la loro importanza era troppo grande perché io potessi dargli una risposta sui due piedi. Mi volevo soltanto riservare la possibilità di approfondirle e di studiarle, nonché naturalmente di sentire il pensiero del mio Governo in proposito.

Bidault parte oggi per Dunkerque, per firmarvi il trattato franco-inglese, e di lì si recherà direttamente a Mosca dove si tratterrà per tutto il periodo, presumibilmente lungo, che durerà la Conferenza: siccome comunque le conversazioni eventuali si dovranno concludere con lui, abbiamo tutto il tempo per prendere una decisione in proposito.

Come prima cosa, intanto, cercherò di chiarire cogli uffici del Quai d'Orsay che cosa il ministro, od il ministero, intendono per dichiarazione di amicizia, trattandosi di una formula senza precedenti. Dico subito, per quel che mi riguarda, che se dobbiamo metterei per questa strada, a meno che la dichiarazione di amicizia non abbia un significato ben concreto, riterrei preferibile un trattato d'alleanza

o di qualche cosa di molto simile. C'è qui tutta una rete d'alleanze esistente ed in corso di preparazione. Se la Francia è disposta ad entrare con noi in questo ordine di idee altre seguirebbero: entreremmo così, senza troppe difficoltà, nel sistema almeno europeo.

La prima questione che si pone per noi è se ci conviene o no di accettare le proposte francesi.

Ella comprende che, a soli dieci giorni di distanza dal mio arrivo in sede, sarebbe troppo presuntuoso da partè mia emettere dei giudizi sulla situazione francese: i miei collaboratori mi dicono che mentre nelle alte sfere governative le disposizioni nei riguardi dell'Italia si possono considerare buone, nell'opinione pubblica, specie nelle classi lavoratrici e con particolare riguardo alle regioni del sud-est, il risentimento contro l'Italia, pur affievolitosi, ancora permane: sono egualmente poco ben disposti verso l'Italia alcuni elementi del Quai d'Orsay -il quale, fra parentesi, si lagna a sua volta della francofobia di Palazzo Chigi -e gli ambienti militari. Se questo è esatto, si tratta in primo luogo di vedere se, e fino a che punto, la conclusione di un atto politico fra Italia e Francia potrebbe influenzare, in senso favorevole a noi, questi settori francesi che sono ancora pieni di diffidenza e di rancore. Se il Quai d'Orsay non è molto cambiato da quello che era prima, e non mi sembra, a prima vista, che lo sia molto, indiscutibilmente su di esso l'effetto di un patto politico dovrebbe dare risultati positivi. Per il resto preferirei riservarmi un giudizio.

Ma c'è un altro elemento, a mio avviso, importante. La proposta di Bidault è, in sostanza, un do ut des: facciamo un patto politico e la Francia si impegna ad aiutare l'Italia a prendere il posto che le spetta nei consigli mondiali. Dato che evidentemente il riprendere un certo posto nella vita politica mondiale, non solo è nostro diritto-il che potrebbe anche non essere riconosciuto-ma è soprattutto un nostro interesse, la questione non è senza importanza per noi. Questa proposta francese mi ricorda molto la proposta che i francesi ci fecero all'inizio dei negoziati per il trattato di pace: risolviamo fra di noi le nostre questioni -ossia in altre parole cedeteci quello che vi domandiamo -e noi, da parte nostra, vi appoggeremo in tutto il resto. Ora se guardiamo, con il senno di poi, quello che è accaduto in questi due anni, dovremmo venire alla conclusione che, nel complesso, l'accettare sarebbe stato un buon affare per noi: territorialmente abbiamo finito per dover dare quello che ci chiedevano, forse avremmo potuto ottenere delle concessioni a nostro favore che oggi non possiamo nemmeno sperare: né possiamo sottovalutare l'influenza, a noi sfavorevole, esercitata dalla Francia su alcune questioni nel corso della Conferenza. Occorrerebbe far attenzione a che non accada la stessa cosa per la riabilitazione dell'Italia.

Mi si potrebbe obiettare che i Quattro Grandi si sono obbligati ad appoggiare la candidatura dell'Italia all'O.N.U. È vero, ma io dubito assai che con la nostra ammissione all'O.N.U. i nostri guai siano finiti: che tutto il passato sia sepolto: per anni ancora dobbiamo rassegnarci a sentirei rimproverare, da chi fa comodo, i nostri misfatti passati. Il giorno in cui noi saremo ammessi all'O.N.U. ci sarà in Italia una grande gioia: ma passato l'entusiasmo dei primi momenti, cominceranno le amarezze perché non siamo stati ammessi in questo o quel comitato: temo che noi, involontariamente, pensando all'Italia nell'O.N.U. pensiamo all'Italia a Ginevra in cui essa era de jure parte di tutto: all'O.N.U. noi non saremo de jure parte di tutto. L'ammissione all'O.N.U. è senza dubbio importante, ma non è certo tutto. Dovremo riguadagnarci il nostro posto e non sarà la cosa più facile. Mi si dice che, per questo, si possa contare sull'appoggio americano: quale sarà l'appoggio inglese non so: possiamo però egualmente contare sull'opposizione russa, poiché non vedo come in avvenire, almeno prossimo, le relazioni italo-russe possano migliorare. Ora in questa delicata situazione, se è esatto che l'appoggio francese non è risolutivo -anzi -, non bisogna neppure dimenticare l'importanza che può avere l'opposizione francese.

Se si accetta questo punto di vista mi sembra che, prima di dir di no a questa offerta francese, converrebbe almeno di pensarci seriamente e di vedere, se non i vantaggi, almeno gli svantaggi del !asciarlo cadere.

Il peggiore errore che noi potremmo fare sarebbe quello di legare questo patto ai negoziati che sono o potranno avere luogo per la questione dei beni in Francia o per eventuali rettifiche della nostra frontiera. I due negoziati dovrebbero essere tenuti ben distinti. Su tutti questi argomenti io non credo si possa ottenere tutto quello che noi desideriamo; in ogni modo poiché per forza di cose si dovrà trattare delle due questioni contemporaneamente, esse si influenzeranno reciprocamente anche se noi le terremo distinte. Il patto, se del caso, dovrebbe essere negoziato avendo come contropartita la nostra «riabilitazione» internazionale ed il concorso che la Francia ad esso ci darà: e dovremmo fare intendere ai francesi ben chiaramente che il valore, e la portata che il patto potrà avere, oltre a quello della sua lettera scritta, dipenderà esclusivamente dall'atteggiamento francese in questo senso. Se noi facciamo così, restiamo con la Francia su di una linea di una certa parità: se invece lo leghiamo a dei negoziati concreti, potremmo forse avere qualche piccolo risultato di più, ma esso diventa una contropartita per cosa già fatta ed avuta, e resta per noi impegnativa senza la necessità per la Francia di seguire una certa politica e di portarci certi vantaggi per impegnare noi ad un rispetto del patto.

La linea di condotta da seguire dovrebbe essere la seguente. Sentire, specialmente con gli uffici del Quai d'Orsay, che cosa essi intendono per «dichiarazione di amicizia»; chiarire quali sono le intenzioni effettive, e quale le possibilità di realizzazione, da una parte e dall'altra, di un patto d'alleanza; se dovessimo,

o ritenessimo opportuno, di restare nei limiti di una dichiarazione di amicizia, precisarne i limiti e redigerlo in maniera da comprendervi almeno un accordo di consultazione su tutti i principali problemi della politica o per lo meno su alcuni dei più importanti. Precisare, da parte francese, quali impegni la Francia assume in forma concreta per la nostra «riabilitazione» internazionale. Il fine ultimo a cui dovremmo tendere, è l'attribuzione di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza; il giorno in cui fossimo riusciti ad avere quello, de plain pied, rientreremo in tutti i consessi internazionali: certamente non vi saremo a condizione di parità di fatto con le vere grandi Potenze; del resto, nemmeno nei nostri migliori momenti questa parità di fatto l'abbiamo mai avuta: ma avremmo una posizione giuridica soddisfacente: come alternativa si potrebbe vedere di far tirar fuori la formula del seggio semipermanente, analogamente a quanto era stato fatto, se ben mi ricordo, per la Polonia e la Spagna, alla Società delle Nazioni.

Non dico che questo possa o debba riuscire così facilmente: ma mi sembra sia il caso di cominciare fin da ora con l'enunciare questa nostra aspirazione, aspirazione che, tutto sommato, non ha poi nulla di esagerato. Nemmeno mi faccio illusioni sul fatto che basti il solo appoggio della Francia per ottener! o: ma intanto dalla disposizione o meno della Francia ad appoggiarci in questa direzione può dipendere il primo passo.

In attesa delle istruzioni che prego V.S. di volermi far pervenire al riguardo\ conto iniziare da parte mia i sondaggi e le chiarificazioni, parlando s'intende a titolo puramente personale.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R.I. Parigi, 4 marzo 1947.

Mi riferisco ai miei telegrammi n. 142 e 143 2 .

Ho ringraziato Bidault per l'atteggiamento assunto dalla Francia nella questione della nostra partecipazione al trattato di pace con la Germania, dicendogli che esso aveva fatto al Governo italiano una ottima impressione. Bidault mi ha detto che avrebbe continuato a fare il possibile per ottenere la nostra partecipazione: intanto si era opposto ad una proposta di invitare a Mosca un rappresentante tedesco, osservando che dal momento che l'Italia non era stata ammessa a partecipare alla discussione sul suo trattato di pace, era assurdo fare alla Germania un trattamento migliore. Mi ha detto infine di essere convinto che presto o tardi saremmo stati chiamati a partecipare alle discussioni: dubitava però che ciò avrebbe avuto luogo a Mosca poiché non riteneva che i negoziati sarebbero andati tanto avanti da far prendere in considerazione l'ammissione ai dibattiti di altre Potenze.

Gli ho detto che tale anche era la mia opinione. Nel frattempo, dato che, un giorno, avremmo potuto prender parte alle trattative, era di particolare importanza per noi essere al corrente dell'andamento delle discussioni. Da parte nostra si sarebbe certamente molto apprezzato, come un gesto amichevole, se fosse stata proprio la Francia a tenerci informati. Mi ha risposto che era prontissimo a farlo: temeva che le sue occupazioni a Mosca non gli avrebbero permesso frequenti contatti col nostro ambasciatore: avrebbe dato istruzione al Quai d'Orsay di tenermi al corrente del movimento della Conferenza.

153 1 Sulla copia conservata in Archivio manca l'indicazione del numero di protocollo e della data di arnvo.

Vedi D. 137.

Gli ho aggiunto, a titolo personale, che mi sarebbe intanto sembrato utile uno scambio di vedute preliminare fra i due Governi sulla questione o sulle questioni tedesche, per vedere fino a che punto fosse possibile -ed utile -concordare le due politiche. Alla sua domanda quali fossero le intenzioni del Governo italiano circa la Germania ho risposto di non saperlo ma di dover supporre che esse dovevano essere, in linea generale:

l) necessità di rimettere a posto economicamente e politicamente la Germania, poiché l'Europa non poteva rimettersi in piedi fintanto che nella sua parte centrale regnava il caos;

2) garantirci contro la possibilità di nuovi ritorni aggressivi della Germania.

Gli ho aggiunto che mi sembrava qui di vedere una concorrenza concreta di interessi fra i nostri due Paesi: pensavo che per molte circostanze il risentimento tedesco verso l'Italia doveva essere forse più forte che quello contro la Francia: la necessità di premunirei contro un ritorno offensivo tedesco era quindi per noi vitale.

Bidault mi ha risposto che, per parte sua, nulla ostava ad una presa di contatto del genere: se il Governo italiano condivideva il mio punto di vista se ne poteva cominciare a parlare quando avessimo voluto.

Ciò premesso V.S. vorrà permettermi di parlare, in genere, di questa nostra eventuale partecipazione al trattato di pace con la Germania. Se essa avrà o non avrà luogo dipende dall'atteggiamento inglese ed americano. La Russia vi è contraria perché presume -probabilmente non a torto -che, nelle principali questioni almeno, noi voteremmo per i punti di vista americani: ma non resisterebbe certamente ad una richiesta dei Tre: resisterebbe invece, e con successo, ad una pressione solo francese.

Non è possibile dire oggi quale sarà il trattato di pace colla Germania: si può però dire fin d'ora che esso sarà più che ingiusto, stupido. Ci sarebbe quindi da domandarci se, le circostanze permettendoci di restare al di fuori, ci conviene di insistere per farne parte e sprecare per questo energie che potrebbero essere meglio impiegate altrimenti. Mi rendo naturalmente conto del fattore morale, comunque la cosa è fatta.

Dato che la nostra richiesta è stata avanzata mi permetto di osservare che la nostra motivazione -per i nostri interessi economici -non mi sembrava delle più felici. Essa si presta infatti ad essere interpretata-e così la hanno interpretata i russi -come un nostro tentativo di riaprire la questione della rinuncia alle nostre pretese verso la Germania, impostaci dal trattato di pace. Non discuto la giustizia delle nostre richieste: in fatto i nostri reclami verso la Germania rientrerebbero nel capitolo riparazioni: ora è inutile farsi delle illusioni: non so se e quante riparazioni si potranno avere dalla Germania, al di fuori di quanto le Potenze occupanti si sono prese e si stanno prendendo, a vari titoli. Ma anche se ce ne saranno, quello che prenderanno gli altri sarà ben poca cosa, e prima che si arrivi a noi nella lista delle precedenze ... Se è per questo che ci vogliamo battere, il meglio che ci puÒ capitare è di avere delle promesse che non si realizzeranno mai. Comunque questa nostra motivazione rende facile una risposta negativa a chi sia propenso a non volerei. Sarebbe stato molto meglio dire che la questione tedesca essendo la questione n. l del continente europeo, l'Italia, che, sia che la si consideri giuridicamente grande, media o piccola Potenza è innegabilmente una Potenza europea, non potrebbe essere esclusa dal regolamento di una questione europea così importante. Questa impostazione mi sembrava molto più solida in diritto ed in fatto e renderebbe una risposta negativa assai più difficilmente motivabile. Credo che siamo ancora in tempo, tanto di domande di ammissione dovremo farne parecchie, a mutare la nostra impostazione.

Ma più importante ancora mi sembra sia il sapere -ed il far sapere -quali sono le nostre idee sul futuro assetto della Germania. I problemi tedeschi sono molti: le sue frontiere, sia orientali che occidentali; deve la Germania essere uno Stato unitario od uno Stato federale; quale deve essere l'aspetto economico-sociale della Germania; come si deve intendere la denazificazione; quale regime deve avere la Ruhr. Non ho ancora accennato che ai principali ed ho lasciato da parte il problema delle riparazioni che concerne altri e non noi. Mi riservo del resto di inviare a questo riguardo un rapporto più dettagliato. Abbiamo noi delle idee su tutte queste questioni? Se debbo giudicare dalle comunicazioni fatte alle principali ambasciate e dall'atteggiamento della nostra stampa dovrei piuttosto propendere per la negativa. Eppure se noi dobbiamo prendere parte alla Conferenza dovremmo avere delle idee chiare in proposito e tener conto che, astrazione fatta dei conflitti minori fra le tre Potenze occidentali, non c'è una di queste questioni in cui il punto di vista americano non sia in aperto contrasto con il punto di vista sovietico. E noi dovremmo pur prendere posizione: il che implica anche delle complicazioni nel settore della politica interna. Non solo, ma dalla posizione che noi prenderemo dipenderà, in gran parte, chi sarà favorevole e chi contrario alla nostra ammissione: se continuiamo a restare enigmatici finiremo per realizzare il consenso di tutti alla nostra esclusione. In fondo, come lo mostra l'esperienza del nostro trattato di pace, la partecipazione degli Stati minori si riduce ad una questione di computo potenziale di voti: bisogna che si sappia dove andrà il nostro voto.

Da questo, mi sembra che noi dovremmo fissare il nostro punto di vista e renderlo pubblico. Una dichiarazione di Governo od un discorso del ministro degli affari esteri sarebbero per noi la migliore entrata in materia ed avrebbero, a mio avviso, più effetto ai fini della nostra ammissione alle trattative che tutte le note che potremo inviare. Già, del resto, una simile presa di posizione sarebbe, di per se stessa, l'inizio della nostra partecipazione di fatto alla Conferenza indipendentemente dall'invito ufficiale.

Da conversazioni avute sia a Mosca che qui mi sembra di vedere, da parte degli Stati minori, specie da parte degli Stati dell'America latina, una certa tendenza a non tollerare che si ripeta per il caso della Germania quello che è accaduto per noi: che cioè gli Stati minori siano chiamati soltanto a mettere il polverino su decisioni già prese dai Quattro. Varrebbe la pena di vedere se e fino a che punto questo movimento è reale: mi si è parlato perfino di una specie di dichiarazione preliminare di rifiuto di firma se essi non saranno ammessi a discutere su basi un po' più larghe. Se questo è esatto, e se ha qualche possibilità di realizzazione, credo che varrebbe la pena di studiare l'opportunità per noi di associarsi a questo movimento di protesta, magari di prenderne, in qualche forma, la direzione. Si potrebbe arrivare anche ad una specie di dichiarazione collettiva dei principi generali a cui si dovrebbe ispirare il trattato di pace, dichiarazione che potrebbe avere qualche influenza sull'argomento della Conferenza: certo metterebbe sotto luce ben differente la questione della nostra partecipazione o meno alla Conferenza stessa:

o indirettamente l'andamento della Conferenza mostrerà quanto questi miei suggerimenti siano possibili ed opportuni: altri forse se ne potranno formulare. Quello che è certo è che se noi realmente vogliamo prendere parte a questa Conferenza, e soprattutto se vogliamo che, una volta ammessi, la partecipazione nostra abbia una portata sia per noi che internazionale, superiore al semplice fatto di occupare alcune seggiole, bisogna che noi a questa Conferenza ci prepariamo sul serio, chiariamo le nostre idee, e cominciamo fin d'ora qualche scambio di vedute con quei Paesi le cui vedute sul problema tedesco possono coincidere con le nostre. Altrimenti rischiamo di andare incontro ad un altro scacco.

152 3 Vedi DD. 156 e 157.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3096/175. Washington, 5 marzo 1947, ore 11,52 (per. ore 10,30 de/6).

Prima di lasciare Washington segretario di Stato ha espresso previsioni piuttosto pessimistiche sulla possibilità raggiungere immediati risultati positivi circa Germania alla Conferenza Mosca. D'altra parte anche questo ambasciatore dell'U.R.S.S. in mia recente conversazione ha tenuto porre in luce notevole difficoltà raggiungere terreno d'intesa per soluzioni che non suscitino nuovi contrasti al momento attuazione.

Qui si rileva generalmente la fermezza della linea politica che Marshall intenderebbe sostenere a Mosca e che sarebbe comprovata anche dalla inclusione del repubblicano Foster Dulles in delegazione americana. Ambasciatore sovietico era tutt'altro che soddisfatto di questo pegno dato dal segretario di Stato all'ala destra del partito repubblicano.

Va tuttavia osservato che uffici competenti del Dipartimento di Stato, pur non celando gravi ostacoli da superare, manifestano una certa fiducia sulla possibilità ottenere trattato con Austria ed alcuni accordi di massima per la Germania.

In sostanza, ove russi siano da parte loro disposti a ragionevoli compromessi, dato intenso desiderio Stati Uniti d'America raggiungere trattato con l'Austria (con conseguente ritiro totale truppe sovietiche da Ungheria e Romania) è tutt'altro da escludere che americani possano a tale scopo essere intimamente disposti accordare qualche adeguato compenso all'U.R.S.S. in alcune questioni tedesche.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, E ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 3666/134 (Londra) 135 (Washington). Roma, 5 marzo 1947, ore 12,20.

Seguito gravi incidenti verificatisi primi gennaio in occasione tentato trasferimento macchinario mulino Pola, autorità militari alleate hanno vietato qualsiasi asportazione attrezzature da quella località.

Autorità jugoslave invece, valendosi disposizioni accordo Tito-Morgan di Duino, continuano asportazioni ogni genere da quella parte Zona B attribuita a Territorio Libero verso altre località stessa zona attribuite Jugoslavia.

La S.V. voglia attirare urgente attenzione codesto Ministero affari esteri su tale problema facendo presente come Governo e opinione pubblica italiani non potrebbero non essere profondamente colpiti se dovessero constatare che mentre da parte jugoslava si procede in assoluta libertà a proprio vantaggio ed a danno Territorio Libero, gli italiani sono condannati a perdere oltreché loro terra e loro case anche loro strumenti lavoro.

È urgente ottenere senza ulteriore dilazione revoca ordine sospensione trasporti. Attrezzature in questione potrebbero essere inviate Trieste o Monfalcone. In materia attiro contemporaneamente attenzione queste rappresentanze Stati Uniti e Gran Bretagna. Gradirò telegrafiche assicurazioni 1 .

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. 3671/94. Roma, 5 marzo 1947, ore 15,20.

Suo 140-41 1•

In occasione suo nuovo incontro con Bidault gli dica che ho molto apprezzato cordiali e costruttive dichiarazioni da lui fattele; tanto più che esse vengono incontro al nostro intendimento di ristabilire intimi rapporti collaborazione soprattutto con tutte le principali Potenze, e alla nostra necessità di reinserirci nella vita politica internazionale.

Come sua idea personale ella potrà aggiungere che tutto ciò che Governo francese vorrà fare per attutire dolorose ripercussioni mutilazione frontiera occi

dentale, !imitandone portata ed effetti, potrà costituire solido fondamento per auspicate intese politiche che -sono sicuro -opinione pubblica due Paesi accoglierebbe con senso soddisfazione e sollievo.

155 1 Per la risposta da Washington vedi D. 167; con T. 3233/246 del1'8 marzo Carandini rispondeva che dall'ufficio competente del Foreign Office gli era stato assicurato pronto interessamento.

156 1 Vedi D. 137.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. S.N.D. 3672/95. Roma, 5 marzo 1947, ore 16.

Suoi 142-143 1 .

Nostra attuale situazione non ci consente ovviamente poter prendere posizione primo piano nella elaborazione trattato di pace Germania né prendere posizione netta per tesi in contrasto. D'altra parte nostro interesse parteciparvi trova sua ragione in nostro diritto e dovere uscire da isolamento in cui siamo venuti trovarci e porci su piano maggiori Potenze ogni volta che si discutono i più importanti problemi europei, e ciò soprattutto in vista futuro.

In tali condizioni occorrerà mantenere nostre eventuali enunciazioni in materia trattato germanico entro principi carattere generale. È tuttavia evidente che siamo favorevoli unità economica Germania in quanto ciò risponde fondamentali interessi nostra economia. Dallo specifico nostro punto di vista, nell'eventualità vengano stabiliti piani di limitazione o distribuzione prodotti industriali tedeschi ovvero di ripartizione di risorse naturali Germania, dovremmo salvaguardare nostre necessità. Naturalmente ci proporremmo sollevare anche poche questioni minori di diretto ed esclusivo interesse italiano.

In ogni caso nostro intervento non avrebbe come conseguenza complicare questione bensì ci darebbe modo, soprattutto dal punto di vista morale, prestare nostra collaborazione e ricostruzione pace in Europa, e ci consentirebbe reinserire nostro Paese nella vita politica internazionale.

158

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T: 3067/58. Atene, 5 marzo 1947, ore 19 (per. ore 8 del 6).

Per quanto riguarda aspetto locali trattative anglo-americane per assistenza Grecia è da osservare:

l) Notizia giunta completamente inaspettata Governo greco. Anche ambasciata di Grecia a Washington non ne era stata informata; soltanto successivamente è stata presentata pro forma nota greca con urgente richiesta aiuti.

2) Secondo le impressioni prevalenti vasta pubblicità internazionale data a trattativa è da porsi in relazione con imminente riunione Conferenza Mosca. Reale situazione greca per quanto grave non sembra giustificare con ciò urgenza drammaticità presentazione, il che è confermato anche dal fatto che capo missione economica americana Porter non era al corrente decisioni suo Governo.

3) Soddisfazione Governo e opinione pubblica è vivissima. Anche se notizia incomprensibilmente giunta improvvisa essa rappresenta conclusione logica lungo processo da me indicato con rapporto n. 112 del 22 febbraio 1 .

4) Sebbene sia impossibile stabilire con certezza connessione, è stato rilevato con interesse che il Governo greco proceduto in questi giorni scioglimento organizzazione gioventù comunista e [arrestato] numerosi aderenti E.A.M. 2 .

157 1 Vedi D. 137.

159

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3058/236. Londra, 5 marzo 1947, ore 22,10 (per. ore 8,30 del 6).

Nella imminenza conferenza di Mosca si mostra qui cauto ottimismo in merito possibilità di un accordo per trattato Austria: pur realizzando che in principali questioni di sostanza punto di vista sovietico è tuttora affatto opposto a quello degli altri alleati, non si ritiene che Russia vorrà far naufragare lavori sullo scoglio delle pretese territoriali jugoslave contro le quali potenze occidentali si sono dichiarate assolutamente intransigenti, e non si esclude possibilità compromesso sul problema beni tedeschi.

Per quanto riguarda invece Germania non si arriva sperare che lavori Mosca possano essere conclusivi. Dando per scontato che non si riuscirà in questa occasione formulare vero e proprio trattato né determinare linee essenziali riorganizzazione Germania, ci si attende che a Mosca si possa stabilire su base realista un sia pure modesto punto partenza per ancor lontano accordo su un trattato.

Successo in tal più ristretto campo -che si risolverebbe in una revisione accordo Potsdam specie nel campo economico e in un confronto del tutto prelimi

nare delle intenzioni degli Alleati circa procedura e sostanza di un trattato -sarebbe nell'opinione inglese il minimo che il Consiglio dei ministri dovrà ottenere per provare propria capacità ai fini pacifico riassetto europeo. Oltre tale minimo e come presupposto di un accordo sulla Germania, si considera qui urgente ed essenziale il completamento garanzie difensive contro la Germania in un sistema che, superando carattere regionale accordo anglo-francese e di quello anglo-russo (del quale in pari tempo si cerca revisione), coinvolga responsabilità americana in Europa più direttamente e specificamente di quanto lo faccia lo statuto delle Nazioni Unite.

In realtà non si può dire che in questo momento apprensione per un possibile ripetersi aggressione tedesca sia elemento determinante della politica britannica: auspicato patto a quattro 1 , pur essendo diretto essenzialmente contro la Germania, è qui ritenuto indispensabile proprio per eliminare dalla via della ricostruzione politica ed economica della Germania ostacoli delle obiezioni sovietiche e dei timori francesi che si vorrebbero tranquillizzare con garanzie quadripartite e non con definitivo indebolimento della economia tedesca.

158 1 Vedi D. 102. 2 Trattasi della sigla dell'Ethnikon Apeleftheritikon Metopon, il Fronte di liberazione nazionale ellenico.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MANILA, STRIGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 109/35. Mani/a, 5 marzo 1947 (per. il 25).

La sospensione delle trattative sino-filippine, sulla quale ho avuto l'onore di riferire con telespresso n. 90/30 del 25 febbraio u.s. 1 , potrebbe portare una maggiore sveltezza nelle trattative attualmente in corso fra le Filippine e gli altri Paesi.

L'intenzione ripetutamente espressa dal vice presidente Quirino, nelle sue conversazioni con i miei colleghi di Gran Bretagna e Francia e con me, era di concludere prima il trattato di amicizia e relazioni generali con la Cina e, successivamente, i trattati di amicizia e relazioni generali con la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia e la Spagna, nell'ordine suddetto, che è quello della apertura delle rispettive legazioni a Manila. Finora, pertanto, le conversazioni avute al riguardo dei trattati da concludere, con il vice presidente e con il sottosegretario di Stato agli esteri, dr. Africa, sia da me che dai miei colleghi britannico e francese, erano rimaste nella fase iniziale.

!59 1 Si allude al progetto di garanzia quadripartita contro future aggressioni tedesche, un progetto di trattato proposto dall'ex segretario di Stato americano Byrnes nel 1946 e poi respinto dai sovietici. 160 1 Non pubblicato.

Data l'interruzione dei negoziati con la Cina, mi sono recato questa mattina dal vice presidente -che è tornato ieri da un giro in provincia -e gli ho presentato, a titolo di base per le nostre conversazioni e sotto riserva dell'approvazione definitiva di V.E., uno schema di trattato redatto sul testo del trattato fra Italia e Manciukuo, che codesto ministero, con telespresso n. 02266/1 del 24 gennaio

u.s. 2 , mi ha inviato come modello. Ho fatto rilevare a Quirino come tale schema si accordi, nella sua formulazione generica, con le vedute da lui precedentemente espresse (mio te l espresso n. 17/1 O, del 30 novembre· 1946) 2 , che sono di concludere prima un trattato di amicizia e relazioni .generali e, successivamente, gli altri accordi: a) convenzione consolare, b) trattato di conciliazione, c) trattato di commercio e navigazione.

Quirino· è rimasto molto compiaciuto per la formulazione generica dello schema da me presentato e mi ha detto che lo avrebbe sottoposto subito allo studio dell'Ufficio giuridico del Dipartimento di Stato, riservandosi di comunicarmi fra breve le sue osservazioni al riguardo.

Ha aggiunto che -data la interruzione delle trattative con la Cina -è sua intenzione procedere speditamente con i negoziati in corso con l'Italia e gli altri Paesi.

Il vice presidente mi ha inoltre informato che i crediti per la legazione delle Filippine a Roma sono stati approvati e che spera che l'apertura di essa possa avvenire al più presto, «prima ancora dell'apertura della legazione a Madrid».

Circa i negoziati in corso fra Filippine e gli altri Paesi mi risulta che i miei colleghi di Gran Bretagna e Francia hanno presentato anche loro in questi giorni degli schemi di trattati.

Secondo quanto mi è stato riferito, lo schema inglese conterrebbe la formula di amicizia e prevederebbe l'applicazione ai rapporti anglo-filippini -in attesa della firma di un trattato di commercio -di diversi trattati anglo-statunitensi.

Lo schema francese, che mi è stato mostrato stamane, consta di un lungo preambolo di definizioni giuridiche di società, persone morali ecc., di una descrizione dei rispettivi territori e prevede -in attesa della firma di un trattato di amicizia e relazioni generali -l'applicazione ai rapporti franco-filippini del trattato franco-statunitense del 1853.

Le formule proposte da Gran Bretagna e Francia suscitano alcune difficoltà. Anzitutto, la politica di questo Governo, ripetutamente espressa dal vice presidente Quirino, è di emanciparsi dai trattati statunitensi, che hanno retto finora le relazioni esterne delle Filippine, e di stipulare nuovi trattati con ciascun Paese. Inoltre, l'applicazione dei trattati anglo-statunitensi e franco-statunitensi necessita da parte filippina uno studio accurato dei testi, che richiede un certo tempo.

Mi riservo di riferire a V.E., non appena mi saranno comunicate, le modifiche proposte da questo Governo allo schema da me presentato.

160 2 Non pubblicato.

161

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3133/240. Londra, 6 marzo 1947, ore 22,35 (per. ore 7 del 7).

Mi pare che telegramma Washington comunicatomi con telegramma 3551/c. 1 richieda seguenti chiarificazioni:

l) Nei colloqui con me Foreign Office non ha mai sostenuto che richiesta nostra partecipazione Commissione d'inchiesta colonie fosse in contrasto con l'art. 23 trattato di pace, anzi.

2) Bevin (mio telegramma 176 paragrafo 5) 2 non mi ha escluso che Commissione medesima potesse essere una delle sedi nostra consultazione.

3) Circa nostra diretta partecipazione, Foreign Office, pur non avendola definitivamente esclusa, ha fatto presente le difficoltà rappresentate tra l'altro da pericolo suscitato pretese analoghe di altri Paesi.

4) Poiché nessuno ha mai messo in dubbio nostro diritto ad essere consultati da parte supplenti prima che questione colonie sia decisa, è più che mai necessario chiarire se assicurazioni date dal segretario di Stato americano si riferiscono a una nostra occasionale consultazione da parte Commissione d'inchiesta od a una nostra diretta partecipazione, e in quale forma, ai lavori della Commissione stessa.

Gradirei su questo essenziale punto ogni possibile precisazione per mio Governo 3 .

162

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3358/012. Stoccolma, 6 marzo 1947 (per. 1'11).

Suo telegramma n. 21 del 4 corrente 1•

Mi sono subito intrattenuto col mio collega di Finlandia nei termini indicatimi col telegramma sopra menzionato.

Sig. Gripenberg, che aveva ricevuto ieri comunicazioni da Helsinki, mi ha ripetutamente confermato speciale compiacimento suo Governo di fronte nostre

2 Vedi D. 75.

3 Zoppi rispondeva con la ritrasmissione del T. 038 del IO marzo da Parigi, per il quale vedi D. 183. 162 1 Vedi D. 148.

intenzioni ripresa normali relazioni diplomatiche fra due Paesi. Mi ha però a questo proposito lasciato comprendere, pur sottolineando trattarsi sua impressione personale, che sarebbe desiderio Governo finlandese non procedere a tale ripresa prima della ratifica trattati pace. Mi ha anche fatto rilevare che Belgio e Olanda hanno già da tempo loro ministro a Helsinki mentre sinora Finlandia non ha nominato proprio rappresentante diplomatico in detti Paesi. In Svizzera Finlandia non ha che incaricato d'affari.

Sig. Gripenberg mi ha lasciato a tale proposito intendere situazione particolarmente delicata in cui si trova Finlandia nei confronti dell'U.R.S.S., situazione tale da consigliare opportuna prudenza nella ripresa «a gradi» delle relazioni diplomatiche con altri Paesi, e necessità evitare eccessiva premura che possa comunque essere interpretata da Governo sovietico quale marcata manifestazione di indipendenza da parte Governo finlandese nei suoi rapporti con l'estero.

161 1 Vedi D. 126, nota l.

163

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2601/736. Parigi, 6 marzo 1947 1•

II 4 corrente è stato firmato a Dunquerque da Bidault e da Bevin l'annunciato trattato di alleanza anglo-francese. L'atmosfera della cerimonia è stata fredda e incolore. La superstite popolazione di Dunquerque, che conserva ancora verso gli inglesi una certa amarezza per il loro abbandono nel 1940, non ha manifestato a Bevin i caldi sentimenti che sarebbero stati di prammatica, i delegati e i giornalisti avevano fretta di ripartire perché la cittadina non offre possibilità di consumarvi il pasto, il testo del trattato da firmare per un disguido del servizio ha tardato ad arrivare, creando un'atmosfera di imbarazzo fra i delegati che attendevano.

Alla freddezza di Dunquerque e ad un certo disinteresse dell'opinione pubblica francese e della stampa, ha fatto contrasto la calorosa accoglienza che il trattato ha avuto nella Assemblea Nazionale, allorché Bidault il 28 febbraio ha annunciato l'imminente firma. II presidente dell'Assemblea, fra prolungati e generali applausi, ha ringraziato Bidault ed il suo predecessore Blum, iniziatore delle trattative, ed ha espresso la soddisfazione della Nazione francese per poter contare sul concorso e la collaborazione inglese nell'opera di pace e di ricostruzione.

In precedenza i deputati, non ancora al corrente della prossima firma, avevano durante il dibattito della politica estera trattato dell'alleanza franco-inglese ed

espresso alcuni giudizi che vale la pena di accennare. Mentre la destra aveva fatto carico al Governo di non essere ancora riuscito a concludere un'alleanza così necessaria al Paese, i comunisti avevano insistito sul loro noto punto di vista, sulla necessità cioè che l'accordo procedesse dalla preliminare e reciproca comprensione degli interessi dei due Paesi e da un'intesa per una giusta soluzione della questione germanica. Altri deputati avevano avuto parole severe per l'Inghilterra, accusata di frapporre difficoltà alle giuste riparazioni richieste dalla Francia e avevano insistito perché l'alleanza con l'Inghilterra, qualora fosse conclusa, avesse un pratico contenuto nel campo economico e servisse effettivamente ad eliminare la situazione di isolamento che minaccia la Francia alla Conferenza di Mosca.

Non ho potuto avere ancora informazioni precise circa la portata pratica dell'accordo per quel che riguarda l'eventuale collaborazione delle due delegazioni a Mosca e circa gli immediati possibili sviluppi nel campo economico. Per quanto concerne la parte economica, su cui l'Assemblea Nazionale ha particolarmente insistito, non sembrerebbe però ~a quanto è stato detto dal consigliere di questa ambasciata britannica ad un funzionario di questa ambasciata ~che si possano prevedere solleciti miglioramenti nella collaborazione tra i due Paesi. A tale riguardo del resto i termini del trattato sono piuttosto vaghi, limitandosi essi a disporre «costanti consultazioni su tutte le questioni interessanti i rapporti economici dei due Paesi in vista delle misure necessarie per l'accrescimento della prosperità e della sicurezza economica».

Invece i termini del trattato sono quanto mai ampi e espliciti per quel che riguarda le garanzie contro il ritorno offensivo della Germania.

Il trattato prevede due distinti casi. Primo: caso di una politica di aggressione da parte della Germania o di una iniziativa tedesca atta a rendere possibile una tale politica: si prevede la messa in opera di comune accordo di misure adeguate, dopo reciproca consultazione. Secondo: caso in cui la Germania si sottraesse agli obblighi economici che le saranno imposti dagli Alleati: in questo caso i due Governi si consulteranno per le misure da prendere di comune accordo. È evidente la sfumatura: gli obblighi reciproci risultano assai meno impegnativi nel secondo caso. Tuttavia questa reciproca garanzia per l'esecuzione della clausole economiche nel futuro trattato di pace rappresenta un'interessante innovazione nei riguardi dei trattati analoghi finora esistenti, diretta a premunire la Francia contro gli inconvenienti che si sono verificati in questo Paese nell'altro dopoguerra.

Il trattato stabilisce in seguito l'immediata mutua assistenza nel caso che una delle due parti contraenti si trovi coinvolta in ostilità con la Germania, anche a causa della esecuzione di misure disposte quale esecuzione di concertata azione comune.

Un altro elemento interessante del trattato è il voto espresso nel preambolo per la conclusione di trattati di garanzie analoghi fra tutti i Paesi «aventi competenza per agire nei riguardi della Germania».

Il trattato segue solo da lontano la falsariga del trattato franco-russo del 1944 e in particolare non contiene, come contiene il trattato franco-russo, una clausola in cui parti contraenti s'impegnano a non concludere alleanza e a non partecipare a coalizioni dirette contro una di esse.

163 1 Nella copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

164

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2053/540. Washington, 6 marzo 1947 (per. il 19).

Il signor Nicolai V. Novikov, ambasciatore dell'U.R.S.S., è venuto a farmi visita alcuni giorni fa. Dopo uno scambio di vedute su argomenti generali, si è venuto a parlare dei rapporti italo-russi e specialmente della questione delle riparazioni.

Mi ha detto che l'U.R.S.S. desidera riprendere attivi traffici con l'Italia: le forniture sovietiche di materie prime consentiranno al nostro Paese di pagare le riparazioni col minimo danno possibile, pagando in lavoro anziché in valuta. Gli ho da parte mia confermato che l'Italia preferisce a qualsiasi altro tale sistema di riparazioni, una volta ammesso che noi si debba pagare riparazioni.

Gli ho accennato quindi alle possibilità di un'attiva cooperazione economica tra noi e la Jugoslavia, che migliori le nostre relazioni e renda meno acerba la questione dei confini. Si è mostrato d'accordo: gli interessi comuni debbono far superare quelli in contrasto.

Gli ho quindi domandato il suo parere sulla presumibile durata della imminente Conferenza di Mosca. Mi ha risposto: «Non dovrà durare a lungo, perché Molotov ha una infinità di lavoro da svolgere e non ha molto tempo da dedicare a quell'incontro. (Lo stesso si disse qui di Marshall giorni or sono). Si dovranno fissare -se possibile-le linee direttive del lavoro, che saranno poi chiamati a compiere, con un lungo e minuto studio, i supplenti. Ma è difficile prevedere, fin d'ora, se vi sarà accordo o meno sulle linee maestre che devono ispirare l'assestamento della Germania, prima di tutto per quanto concerne il principio fondamentale dell'unità

o meno della nuova organizzazione tedesca».

Novikov ha rilevato come sarà tutt'altro che agevole trovare un compromesso tra le tesi contrastanti: quella del Cremlino per l'unità «sulla quale la delegazione sovietica insisterà vigorosamente»; quella americana, sostenuta anche dagli inglesi per l'idea federale; quella francese che mira solo ad appagare interessi nazionali.

Sempre a proposito del problema tedesco l'ambasciatore ha attaccato con veemenza il progetto di Foster Dulles (circa il quale questa ambasciata non mancò a suo tempo di riferire) come un evidente schema di organizzazione germanica, in mano degli Occidentali, contro l'U.R.S.S. Durante la conversazione è ritornato più volte a citare Dulles come esempio della volontà anti-russa che si sviluppa sempre più negli Stati Uniti.

Mi ha detto: «La situazione è molto cattiva. L'opinione pubblica è montata contro di noi. Ci sono le dichiarazioni del sottosegretario di Stato Acheson che ci accusa di essere "aggressivi" quando abbiamo dato anche recentemente una prova evidente di moderazione nell'Iran. Proponiamo a Lake Success un sistema per escludere la forza atomica da ogni specie di armamenti, e ci è rifiutato perché gli Stati Uniti vogliono conservare le bombe che hanno, e continuare a fabbricarne. È giusto questo?».

Gli ho risposto che, evidentemente, per la questione atomica era molto opportuno trovare la formula soddisfacente per le due parti. D'altronde tutto è questione di fiducia. Molti piccoli incidenti portano ad uno stato di diffidenza e di nervosità che diviene pericoloso. È mia convinzione però che gli Stati Uniti non abbiano intenzioni aggressive. Gli Stati Uniti per il loro stesso meccanismo democratico e per l'orientamento dell'opinione pubblica non vogliono e non possono fare guerra se non sono attaccati.

L'U.R.S.S. può mantenere la più olimpica calma, dare le prove più convincenti delle sue savie intenzioni, e lavorare allo sviluppo delle sue enormi risorse, manifestando la sua volontà di cooperazione. Che valgono le parole, le campagne giornalistiche, i libri, ecc. contro la dimostrazione quotidiana di una politica sana di buon vicinato e di volontà costruttiva nell'ordine pacifico internazionale?

Novikov è convinto che la Russia fa già tutto questo, e non può andare più in là, perché ha il dovere di reagire contro gli attacchi continui. È molto amaro nei riguardi della stampa americana: è stato pubblicato in questi giorni che l'ambasciata aveva adoperato per servizio di spionaggio il comunista tedesco Eisler (il quale come è noto trovasi sotto inchiesta e minacciato ora di espulsione). Una smentita da lui inviata è stata ignorata da tutti i giornali.

Novikov ha poi insistito sulla questione della bomba atomica, sostenendo che mentre v'è buona volontà da parte russa non ve ne è da parte americana.

Gli ho ancora risposto che essendo certo -e Novikov ne conviene -che l'America non intende aggredire, l'U.R.S.S. può -dando prove dei suoi saggi propositi -creare una distensione nella quale sia più facile trovare le formule adatte a risolvere i problemi particolari. Una buona soluzione comune dell'intricato problema germanico può spianare la via ad ulteriori accordi in ogni campo.

In conclusione l'ambasciatore ha chiaramente mostrato appena «riservato ottimismo» per la Conferenza di Mosca, e molta amarezza e nervosità per le relazioni tra Mosca e Washington.

165

L'INCARICATO D'AFFARI A PANAMA, ROSSI LONGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 0097/69. Panama, 6 marzo 1947 (per. il 15).

Mio telegramma n. lO in data odierna 1•

A seguito del telegramma in riferimento, mi preg10 di trasmettere copia dei seguenti documenti:

l) nota da me diretta a questo ministro degli affari esteri sub numero 0089 in data 28 febbraio 1947;

2) memorandum di risposta consegnatomi la sera del 5 marzo da questo ministro degli affari esteri;

3) due ritagli (in spagnolo e inglese) di questo importante quotidiano La Estrella de Panama circa il predetto memorandum 2 .

Come ho avuto l'onore di riferire, non appena in possesso delle istruzioni di codesto ministero, in data 28 febbraio 1947 ho presentato personalmente a questo ministro degli affari esteri la nota qui allegata (n. l).

Nel corso della cordiale conversazione il dr. Ricardo J. Alfaro mi ha detto che non riscontrava difficoltà a che il Governo italiano rendesse di pubblica ragione: l) che il Governo di Panama disapprovava i termini del trattato di pace con l'Italia; 2) che considerava ristabilita in modo pieno la pace fra i due paesi con il ripristino delle normali relazioni diplomatiche fra i due Paesi; 3) che aveva deciso di non valersi della facoltà concessa dall'art. 88 del trattato di pace circa l'adesione di altri Stati a detto trattato.

Ho ringraziato il ministro degli affari esteri, ma l'ho pregato di darmi una risposta scritta al riguardo. Gli ho anche suggerito l'opportunità che dette dichiarazioni fossero date alla stampa dal ministero degli esteri della Repubblica di Panama e che fossero portate a conoscenza dei rappresentanti di Panama all'estero.

La richiesta di una risposta scritta è stata determinata dalla necessità di conoscere in maniera inequivoca l'esatto pensiero di questo Governo. Ho anche ritenuto che la pubblicazione delle dichiarazioni effettuata dal Governo di Panama potesse avere speciale rilievo e che il Governo italiano avrebbe potuto dare ad esse l'opportuno risalto.

A causa di alcuni giorni di ferie, la risposta alla mia nota ha subito un ritardo e solamente ieri sera, a tarda ora, questo sottosegretario di Stato agli affari esteri mi ha consegnato il memorandum qui unito in copia (n. 2) informandomi in pari tempo che esso era stato diramato alla stampa locale, che lo ha oggi pubblicato in grande rilievo (n. 3 ).

Il contenuto del memorandum riassume l'atteggiamento adottato dal Governo di Panama fin dal 12 aprile 1946 -atteggiamento che è stato da me tempestivamente portato a conoscenza di codesto ministero con numerose comunicazioni telegrafiche-e termina dichiarando: l) che il Governo di Panama non è conforme con i termini del trattato di pace con l'Italia firmato a Parigi il IO febbraio 1947; 2) che ha deciso di non far uso della facoltà di adesione concessagli ai sensi dell'art. 88 del trattato di pace e, 3) che non ritiene necessaria tale adesione dato che considera pienamente ristabilita la pace fin dal 20 novembre 1945, giorno in cui fu riaperta ufficialmente la legazione d'Italia in Panama e fu riconosciuto ed accettato il rappresentante diplomatico italiano.

Ho creduto di far giungere al ministro degli affari esteri per il tramite del sottosegretario di Stato i vivi ringraziamenti per il contenuto del memorandum che, nutro fiducia, sarà di gradimento anche di codesto ministero.

165 1 Conteneva la trasmissione della parte del memorandum panamense relativa alla posizione di quel Governo nei confronti del trattato di pace con l'Italia. Il brano veniva ritrasmesso alle rappresentanze in America latina e alle sedi a Londra, Mosca, Parigi, Washington e Nanchino insieme al testo della nota di risposta italiana, con la quale si ringraziava il Governo panamense della decisione di non valersi dell'art. 88 del trattato di Parigi e si concordava nel considerare ristabilita la pace tra i due paesi dal 20 novembre 1945, data della ripresa delle relazioni diplomatiche (T. 4086/c. dell'Il marzo).

165 2 Gli allegati non si pubblicano.

166

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 458/293. Praga, 6 marzo 1947 (per. il 14).

Alla vigilia della Conferenza di Mosca il pensiero dominante in tutti gli ambienti cecoslovacchi è quello del terrore tedesco e della necessità di fare quanto possibile perché la Germania torni ad essere libera e padrona dei propri destini quanto più tardi possibile: questo sentimento che è, molto comprensibilmente, ispirato dalla esperienza del passato, è reso più angoscioso dalla coscienza che la Cecoslovacchia ha di avere abusato, appena è stata in grado di farlo, della propria libertà per infierire contro i tedeschi in misura che ha frequentemente sconfinato dai limiti dell'umanità, ciò che le fa particolarmente temere le conseguenze dell'odio tedesco.

Associandosi alla tesi russa della unificazione dei Paesi tedeschi, in contrasto con la tesi occidentale della federalizzazione, la Cecoslovacchia obbedisce alla parola d'ordine di Mosca e inoltre fa o crede di fare il proprio immediato interesse. Si vuole infatti credere che una sorveglianza esercitata sulla Germania nei prossimi anni, che secondo l'opinione qui diffusa potranno essere dai 10 ai 20, dal Governo sovietico in concorso con quelli occidentali, rappresenterebbe per la Cecoslovacchia una garanzia maggiore che non quella di avere parte dei Paesi tedeschi ai suoi confini sorvegliati soltanto dai Governi occidentali. Se questo è probabilmente il fondo del pensiero cecoslovacco le considerazioni politiche ed economiche che se ne fanno sono intese a sostenere il punto di vista di Mosca pur lasciando intendere che non si obbedisce supinamente agli ordini.

Alla conferenza preliminare di Londra dei vice ministri degli esteri la Cecoslovacchia è stata ammessa con gli altri piccoli Stati a rendere note le sue pretese che i Quattro Grandi hanno registrato riservandosi di far conoscere, come avvenne per la Conferenza di Parigi, in sede plenaria quale sia la misura entro la quale esse potranno essere accolte. Il memorandum presentato dai delegati cecoslovacchi non è stato ancora pubblicato ma si sa fin d'ora che questo Paese ha avanzato una modesta rivendicazione sul territorio germanico intesa ad ottenere rettifiche di vari punti della frontiera tedesco-cecoslovacca: si tratterebbe di 400 km2 di territorio con circa 25.000 abitanti. È stato inoltre espresso il voto che tutte le attività future del popolo tedesco, culturali, spirituali, politiche ed economiche siano controllate dai vincitori per un periodo tanto lungo da poter offrire garanzia di completa denazificazione. A sostegno della tesi della unificazione mi è stato detto negli ambienti interessati di questo Ministero degli affari esteri che la tesi contraria, della federalizzazione, viene considerata qui come un possibile punto di partenza per futuri Anschluss nei quali potrebbe una volta di più essere trascinata l'Austria dando così nuovamente luogo ad un parziale incapsulamento della Cecoslovacchia entro popoli tedeschi. Per questa stessa ragione si vorrebbe qui che non siano mutati gli accordi di Yalta i quali, portando la frontiera polacco-tedesca sull'Oder e sulla Neisse riducono di molto l'estensione della frontiera cecoslovacco-tedesca.

Nei riguardi della Polonia la Cecoslovacchia si propone di ottenere dalle conversazioni dirette il riconoscimento dei suoi diritti su Ratibor, Kladsko e Lubsice, come quelli su Teschen, mentre conversazioni dirette sono ugualmente in corso con l'Ungheria per le questioni delle minoranze e conversazioni con l'Austria avranno inizio nei pro~simi giorni per ciò che si riferisce alla rettifica delle frontiere cecoslovacche al sud.

Finora, com'è noto, la Cecoslovacchia non è invitata a partecipare alla Conferenza di Mosca ma questo Ministero degli affari esteri si propone almeno di potervi inviare un osservatore che potrà essere secondo ogni probabilità il ministro plenipotenziario Hajdu, lo stesso che diresse durante i lavori preparatori la delegazione cecoslovacca a Parigi. Sono intanto accolte qui con viva simpatia le parole pronunciate giorni or sono dal ministro degli esteri francese per domandare che i «piccoli Stati», tra cui la Cecoslovacchia, possano prendere parte ai lavori della Conferenza.

167

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3213/176. Washington, 7 mar::o 1947, ore 1,52 (per. ore 10,30 dell'B).

Suo telegramma 135 1 , pervenuto ieri.

Conformemente sue istruzioni sono subito intervenuto per iscritto e verbalmente presso Dipartimento di Stato attirandone urgente attenzione su necessità revoca immediata ordine sospensione trasporto attrezzature, strumenti ecc. da Pola ed altre località territorio ceduto, a Trieste, Monfalcone ecc.

Nel rinnovare esplicitamente assicurazioni date a questa ambasciata nel dicembre scorso (mio telegramma 1262) 2 e nel gennaio scorso, Dipartimento di Stato ha aggiunto che il lo marzo ambasciatore Dunn aveva comunicato personalmente al presidente del Consiglio piena libertà effettuare trasferimento macchinario ed altri beni italiani da Pola ecc. ad altre località della Zona A Venezia Giulia. Autorizzazione per tutti siffatti trasporti comprendeva evidentemente, a parere del Dipartimento di Stato, anche macchinario mulino Pola.

167 1 Vedi D. 155. 2 Non pubblicato.

168

IL MINISTRO A QUITO, PERRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3209/8. Quito, 7 marzo 1947, ore 2,30 (per. ore 9 dell'B).

Mio telegramma n. 71 .

Questo ministro degli affari esteri ha ieri convocato capi missione Stati latino-americani qui residenti consegnando loro lungo memorandum circa revisione trattato di pace italiano.

In esso, dopo aver ricordato azione svolta in passato Equatore in favore di una pace con giustizia nostro Paese, si rende omaggio opera rappresentante Brasile quale portavoce popoli latino-americani Conferenza Parigi.

Riassumendo poi ampiamente nota italiana IO febbraio scorso 2 , memorandum afferma che Equatore ritiene perfettamente giustificata nostra domanda di radicale revisione trattato stesso e che farà conoscere tale suo punto di vista Governi interessati. Conclude chiedendo Governi Repubbliche latino-americane associarsi Equatore in un'azione congiunta. Invio posta aerea testo memorandum. Ho già intrattenuto riguardo questo ambasciatore Venezuela il quale mi ha assicurato aver subito raccomandato suo Governo accogliere favorevolmente proposta equatoriana. Vedrà frattanto codesto ministero se non sia opportuno invitare nostri rappresentanti nei Paesi latino-americani fare pressione affinché Governi presso i quali sono accreditati diano pronto e favorevole seguito passo di cui si tratta. Data nota viva sensibilità qui esistente ritengo sarebbe opportuno far pervenire questo Governo cenno ringraziamento, procurando pari tempo che azione Equatore sia segnalata stampa italiana, che dovrebbe sottolineare che Equatore è stato il primo Governo sudamericano intervenire nostro favore 3 .

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLA RAPPRESENTANZA A LONDRA E ALLE AMBASCIATE A MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 3873/c. Roma, 7 marzo 1947, ore 19,50.

(Per Washington) Ho telegrafato Mosca Londra Parigi quanto segue.

2 Vedi D. 48.

3 Con T. 3987/6 del 10 marzo Sforza rispondeva: «Ho ricevuto oggi ministro Equador al quale ho espresso nostri vivi sentimenti riconoscenza per atteggiamento suo Governo. Anche stampa italiana ha dato rilievo notizia. Rinnovi costì ringraziamenti Governo e popolo italiano e faccia presente che seguiremo con molto interesse ulteriori sviluppi iniziativa equatoriana. Con successivo telegramma [vedi

D. 186] impartirò istruzioni in proposito a nostre rappresentanze in Sudamerica».

(Per tutti) Tenuto conto, quale fatto acquisito, che nostra ratifica è necessaria per entrata in vigore del trattato di pace, la prego voler opportunamente sondare codesti ambienti per conoscere quando credesi si dovrebbe da parte del Governo italiano procedere alla ratifica stessa, in relazione allo stesso atto che dovrà essere compiuto da parte dei Quattro Grandi. Per evitare opposizioni presenti e rancori futuri ci gioverebbe molto ratificare subito dopo Stati Uniti.

(Solo per Washington) Aggiungo per lei che è per ragioni psicologiche interne, cioè in vista di speranze esistenti qui in taluni settori, che è nostro essenziale interesse di procedere ratifica subito dopo Stati Uniti; ed in tal senso prego esprimersi confidenzialmente costì facendomi poi conoscere risposta 1•

168 1 Vedi D. 140.

170

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T: S.N.D. 3224/87 1 . Vienna, 7 marzo 1947, ore 21,30 (per. ore 13,15 dell'B).

Telegramma di V.E. n. 56 2 .

Questo ministro affari esteri mi ha detto che questione relativa inclusione nel trattato per Austria del paragrafo 2 dell'articolo 10 del nostro trattato è da ritenersi ormai del tutto superata dopo decisione delegazione americana a Londra. Governo austriaco non è stato mai del resto interpellato in proposito e ritiro proposta americana avvenne d'accordo con gli altri delegati dopo aver udito parere negativo Governo italiano.

Gruber mi ha confermato di aver sempre dichiarato che inclusione accordo di Parigi nel trattato per Austria non presentava alcun interesse per il Governo austriaco.

Ho chiesto a Gruber come potesse peraltro spiegarsi il fatto che tale proposta fosse contenuta nel progetto americano e formulata dalle delegazioni australiana e sudafricana.

Questo ministro degli affari esteri mi ha assicurato di non avervi per nulla influito e che a suo avviso ogni eventuale motivo era forse da ricercarsi nel favorevole effetto prodotto da accordo di Parigi in ambienti anglo-sassoni.

Gruber mi ha comunque ripetuto ritenere che questione non sarà nuovamente sollevata a Mosca.

rinvenuta. 170 1 Trasmesso con T. 3988/c. del l O marzo a Londra, Mosca e Washington.

2 Vedi D. 104, nota l.

169 1 Per le risposte vedi rispettivamente DD. 196, 175 e 176. La risposta da Mosca non è stata

171

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. RISERVATO 3225/88. Vienna, 7 marzo 1947, ore 21,30 (per. ore 13,15 dell'B).

Questo ministro degli affari esteri, in merito a notizia pubblicata con ampiezza e rilievo da Corriere della sera del 5 marzo circa suo prossimo incontro con V.E. anche per soluzione problemi relativi Alto Adige, mi ha pregato comunicare che suo progetto incontrarsi con V.E. e con presidente del Consiglio, progetto di cui ha fatto più volte cenno a me 1 e ad ambasciatore Carandini, non formi per ora oggetto di notizia stampa per evitare eventuale prematura opposizione nei partiti ed ambienti austriaci a lui ostili.

Gruber mi ha nuovamente confermato suo desiderio recarsi a Roma, pur convenendo meco opportunità che questioni tuttora pendenti siano di massima risolte prima del suo viaggio che egli ritiene possa verificarsi nel maggio o giugno prossimo.

Ritengo che questa data sia connessa a sua opinione che per quell'epoca sarà terminata redazione trattato per Austria, che egli con ostentato ottimismo prevede di assai prossima conclusione 2•

172

IL MINISTRO A L' AJA, BOMBIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3184/24. L'Aja, 7 marzo 1947, ore 21,38 (per. ore 7 del/'8).

Risulterebbe che, in seguito a pressioni fatte dalla presidenza Corte internazionale giustizia 1 , Dipartimento di Stato avrebbe incaricato proprio ambasciatore

Con T. s.n.d. 4017/64 del IO marzo Sforza rispose: «Faccia sapere a Gruber che concordo pienamente nelle considerazioni da lui fattele in merito suo progettato viaggio Roma». 172 1 La firma della Carta dell'O.N.U. era stata accompagnata dalla contemporanea creazione della Corte internazionale di giustizia come «principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite» (art. l dello Statuto della Corte). La sede della Corte era stabilita a L'Aja (art. 22 dello Statuto). Il nuovo organismo si sovrapponeva alla già esistente Corte permanente di giustizia internazionale creata dall'art. 14 del Covenant della Società delle Nazioni, senza che i due organi fossero già del tutto coincidenti.

all'Aja proporre assorbimento della Corte permanente d'arbitrato da parte Corte internazionale giustizia e ciò allo scopo concentrare tutti gli organi di giurisdizione internazionale alle dipendenze O.N.U.

Proposta sarà probabilmente presentata nel prossimo consiglio d'amministrazione Corte permanente d'arbitrato; non risulta ancora quale atteggiamento adotteranno i vari Governi interessati ma sembra certo che non mancheranno opposizwm.

Poiché~ fino a quando almeno non avremo assicurato un seggio nella Corte internazionale giustizia ~ non è nostro interesse accettare soppressione Corte permanente d'arbitrato, intenderei, salvo ordini contrari di codesto ministero, esprimere parere contrario quando consiglio d'amministrazione sarà investito progetto di cui si tratta.

171 1 Coppini aveva già segnalato la questione (R. 1139/162 dello febbraio) esprimendo l'avviso che la visita di Gruber dovesse aver luogo solo dopo la risoluzione delle questioni ancora in trattazione. Fransoni gli rispose (T. 3827/62 P.R. dell'S marzo) che il Ministero e la Presidenza del Consiglio concordavano con il suo punto di vista.

173

IL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 333/133. Sofia, 7 marzo 1947 (per. il 31 ).

Seguito telegramma n. 26 in data odierna 1•

Quando, poco dopo la mia assunzione, fui ricevuto dal presidente del Consiglio Gheorghi Dimitrov, questi si era fatto interprete del rammarico del presidente della Repubblica, Vasi! Kolarov, di non potermi subito ammettere alla presentazione delle lettere credenziali trovandosi egli ammalato nella villa di Kricim.

È stato in questa sua sede di campagna che ~per non ritardare più oltre il compimento della cerimonia ~ il presidente Kolarov ha voluto ricevermi ieri insieme ai membri della missione, mettendo a nostra disposizione per il viaggio automobili della sua casa.

Secondo l'uso, sia all'ingresso che all'uscita dalla villa, mi sono stati resi gli onori militari. Introdotto quindi nello studio privato di Kolarov ~ nel quale si trovava altresì il ministro degli affari esteri, Kimon Gheorghiev ~gli ho presentato le lettere credenziali accompagnandole con le parole di cui all'allegato 1 . Il presidente mi ha risposto con il discorso di cui pure unisco copia 1 , col quale, dopo aver ripreso gli argomenti da me toccati ha voluto fare un particolare accenno «alla soddisfazione del Governo bulgaro» per il modo in cui «il suo stimato predecessore ha adempiuto alla propria missione in Bulgaria».

Avvenute quindi le presentazioni dei rispettivi seguiti, il presidente ci ha trattenuto qualche tempo nel suo studio, invitandoci poscia a colazione. Parlatore facile

ed efficace (conosce molto bene il francese, oltre al tedesco e al russo), cortese ed aperto nei modi, Kolarov si è diffuso ~in una conversazione che è durata oltre due ore~ su diversi argomenti di politica interna ed estera. Riprendendo lo spunto dei rapporti italo-bulgari, delle analogie che si verificano nella storia e nell'economia dei due Paesi, ha detto di essere particolarmente lieto di vedere come posti preminenti nell'attuale vita pubblica italiana abbiano uomini a cui egli è legato da stretta amicizia, come gli onorevoli Togliatti e Reale.

Circa i trattati di pace Kolarov ha riaffermato come la Bulgaria, pur considerandoli ingiusti e chiedendo una loro revisione, li vuoi tuttavia anche ritenere come un punto di partenza per la ripresa della sua vita tra le nazioni. Ha ammesso genericamente che anche il trattato italiano è duro, ma egli ha d'altra parte affermato che la perdita delle colonie si risolverebbe in un vantaggio in quanto sopprime un capitolo passivo nel bilancio dello Stato e provoca un impiego della popolazione, che già si dirigeva nelle colonie o all'estero, nel campo dell'economia interna la quale potrà pertanto riceverne nuovi impulsi e sviluppi: al che io ho adeguatamente replicato esponendo il noto punto di vista del Governo italiano al riguardo, e il presidente Kolarov ha finito per ammettere la necessità di sbocchi economici per la popolazione italiana in altri territori pur ritenendo ormai superato il sistema coloniale quale forma di rapporti con le popolazioni indigene.

Nel campo della politica interna bulgara, Kolarov, accennando a come nell'attuale sistema economico-sociale della Repubblica popolare bulgara coesistono tre tipi di economia, quella statale, quella cooperativa e quella privata, ha tenuto a mettere in rilievo l'elevata coscienza sociale della popolazione, che sarebbe particolarmente dimostrata dalla spontaneità con cui i contadini bulgari si raccolgono in cooperative agricole.

Da questo primo contatto con il presidente Kolarov ho tratto l'impressione che egli sia persona di non comune cultura ed intelligenza e di grande equilibrio. La sua conoscenza diretta sia del mondo occidentale che di quello orientale (fu rifugiato politico in diversi Paesi; molto a lungo nell'U.R.S.S.) sembra rendere la sua mente aperta alla comprensione dei vari problemi che possono sorgere nelle relazioni tra la Bulgaria e gli altri Stati.

Il tono notevolmente cordiale della sua accoglienza, l'interesse che egli ha dimostrato per l'Italia e per le questioni che la concernano, mi fa ritenere che sia intenzione del presidente Kolarov di dare ai rapporti italo-bulgari particolare importanza e sviluppo.

Colgo l'occasione per ricordare (vedi inio telegramma per corriere n. 029 del 27 febbraio u.s.) 2 come analogo interesse per il futuro sviluppo dei rapporti italo-bulgari ~ specialmente nel campo commerciale ~ avevano dimostrati, nei colloqui che con essi ebbi in precedenza, sia il presidente del Consiglio Gheorghi Dimitrov che il ministro degli esteri Kimon Gheorghiev.

173 1 Non pubblicato.

173 2 Vedi D. 117.

174

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 3900/40. Roma, 8 marzo 1947, ore 16.

Da indiscrezioni delegazione americana Commissione finanziaria inchiesta

O.N.U. recatasi recentemente Trieste, risulta che uno dei primi se non il primo argomento che verrà affrontato Conferenza Mosca sarà quello della sistemazione definitiva dei problemi economico-finanziari del Territorio Libero di Trieste.

Prego accertare urgentemente se notizia sia confermata e in tal caso per quando detto problema potrà approssimativamente essere «messo all'ordine del giorno» 1•

175

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3250/153. Parigi, 8 marzo 1947, ore 21,30 (per. ore 8,30 del 9).

Suo 3873/c. 1 .

Governo francese è stato esso stesso sorpreso da rapidità con cui altre grandi Potenze si proporrebbero procedere ratifica trattato di pace e mi è stato detto che intende da parte sua sollecitare ratifica. Quanto nostra ratifica mi è stato chiesto quali siano nostre intenzioni ed ho risposto appunto supporre da parte nostra si pensi procedere subito dopo quella Stati Uniti d'America. Mi è stato risposto che si considererebbe tale data come molto opportuna.

176

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3273/180. Washington, 8 marzo 1947, ore 22,01 (per. ore 9,45 del 9).

Telegramma di V.E. 3873/c. 1 .

175 1 Vedi D. 169. 176 1 Vedi D. 169.

Informo ad ogni buon fine, secondo confidenziali informazioni del Dipartimento di Stato, punto di vista qui confermato da Governo sovietico è che testo articolo 90 obbliga Italia a ratificare senz'altro trattato e che ratifica deve essere depositata subito e prima della ratifica dei Quattro Grandi, ai quali, nella loro qualità di Potenze vittoriose, spetta esclusivamente di determinare il momento dell'entrata in vigore del trattato.

Il punto di vista inglese per quanto concerne l'obbligo nostro di ratificare trattato, sarebbe molto vicino a quello sovietico.

Dipartimento di Stato ~in considerazione anche specifica competenza Senato americano ~ riconosce prerogative nostra Assemblea costituente in materia di ratifica. Mi è stato tuttavia verbalmente accennato opportunità che deposito nostra ratifica, quando decisa, abbia luogo a Parigi prima o tutto al più contemporaneamente deposito ratifica americana. Ho risposto non potevamo prendere alcun impegno perché tutto dipendeva dal voto dell'Assemblea costituente.

Qualora Dipartimento di Stato ritornasse questione non mancherò esprimermi nel senso istruzioni di cui al telegramma di V.E.

174 1 Per la risposta vedi D. 185.

177

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3242/95. Mosca, 8 marzo 1947, ore 22,15 (per. ore 8 del 9 ).

Aprendosi Conferenza Mosca, situazione grandi linee quale desumo da miei colloqui di questi giorni appare seguente: pessimismo generale Paesi orbita blocco occidentale con tendenza ritenere possibile conclusione trattato Austria, limitandosi per il resto Conferenza a chiarimento posizioni e soluzione questioni preliminari. Ottimismo ufficiale Paesi orbita sovietica corrisponde mio avviso effettiva volontà questo Governo giungere accordo e non è scompagnato da apprensioni ufficiose su temuto irrigidimento an'glo-americano, mentre si prospetta tendenza a non separare trattato Austria da trattato Germania. Sul fondo del problema Germania si ritiene che le molteplici divergenze non faranno che riflettere il contrasto fondamentale su unità o permanente distacco zone influenza e che successo Conferenza dipenderà principalmente dalla misura in cui frattura territoriale sarà superata, il che significherebbe essersi raggiunto compromesso su altre questioni quali unità o federazione, demilitarizzazione, democratizzazione ecc. Tale risultato potrebbe significare in qualche misura un successo della tesi russa di unità onde difficoltà soluzione ed estrema riserva Paesi occidentali.

Nell'ipotesi di insuccesso della Conferenza questi ambienti diplomatici considerano con preoccupazione possibilità di progressivo consolidamento separazione zone. Quanto a partecipazione altri Stati trattato Germania circolano notizie su loro possibile ammissione preventiva a Commissioni preparatorie in luogo partecipazione puramente formale a Conferenza finale, ma non posso qui finora valutame attendibilità1•

178

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL RAPPRESENTANTE D'AUSTRIA A ROMA, SCHWARZENBERG

APPUNTO. Roma, 8 marzo 1947.

Parole di buon vicinato.

Questione degli optanti. Desiderio che venga risolta rapidamente, perché 50-60 mila in Austria sono troppi. Accenno da parte mia a conversazioni preliminari che farà Coppini ...

Molte assicurazioni d'intervenire per rendere ragionevoli i snd-tirolesi.

179

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 914/178. Budapest, 8 marzo 1947 (per. il 14).

Mio rapporto n. 231/41 del 26 gennaio e telegrammi n. 45, 53, 55 e 56 1•

Con miei precedenti rapporti ho riferito circa la genesi e gli sviluppi della questione del «complotto» che, in definitiva, è venuta ad assumere l'aspetto di un'aspra lotta tra opposte forze politiche, in particolare fra il partito comunista e quello dei piccoli proprietari. Quest'ultimo, di fronte alle compromissioni venute fuori dalla scoperta del complotto, ha dovuto fare delle concessioni ed ha praticamente sacrificato una ventina di deputati (dimessisi spontaneamente, usciti dal partito o deferiti all'autorità giudiziaria) il che gli ha fatto perdere, sia pure di poche unità, quella maggioranza assoluta in Parlamento che era risultata dalle elezioni dell'anno scorso. Ad un certo momento però è stato chiesto al partito dei piccoli proprietari anche il sacrificio del suo segretario generale, il deputato Béla Kovacs che, analogamente agli altri membri del Parlamento accusati di partecipa

documentazione edita in Foreign Relations of thc United States, /947, vol. Il, Counci/ (}j' Foreign Ministers; Germany a/l{/ Austria, Washington, Unitcd States Government Printing Office, 1972, pp. 139-576. 179 1 Non pubblicati.

zione al complotto, avrebbe dovuto essere arrestato e tradotto dinnanzi alle autorità inquirenti, dopo che il Parlamento avesse approvato la perdita delle sue immunità parlamentari.

Di fronte a tale richiesta che, ove realizzata, avrebbe oltre a tutto potuto rappresentare un precedente molto pericoloso, il partito si è irrigidito e la lotta si è ancora di più inasprita sulla persona del Béla Kovacs, che ne è divenuto il punto centrale.

Alla richiesta che il Kovacs fosse privato dell'immunità parlamentare e messo senz'altro in istato d'accusa, il partito piccoli proprietari, dichiarando di non poter nutrire fiducia nella obiettività delle autorità di polizia in quanto notoriamente legate al partito comunista, opponeva che le indagini sulla colpevolezza o meno del Kovacs dovessero venire eseguite da una commissione parlamentare in cui tutti i partiti fossero rappresentati.

Tale contesa, sulla quale si è imperniata la vita politica del Paese per settimane, facendo correre fiumi d'inchiostro nella stampa e torrenti di parole in riunioni e comizi, è sembrata ad un certo momento risolversi in favore dei piccoli proprietari, i quali, avvalendosi, forse per la prima volta, della loro effettiva forza di maggioranza non hanno assolutamente ceduto sulla questione delle immunità; in pari tempo, con intenti conciliativi, il Kovacs, secondo un accordo intervenuto fra i vari partiti, pur conservando le sue immunità è stato sostituito nella carica di segretario del partito ed ha offerto alle autorità di polizia di rispondere a degli interrogatori da parte delle stesse.

A questo punto si è avuto il colpo di scena dell'intervento diretto dei russi i quali, avvalendosi del diritto loro riconosciuto dalle clausole dell'armistizio tuttora in vigore, data la non ancora avvenuta ratifica del trattato di pace, hanno senz'altro proceduto all'arresto del Kovacs per aver egli «attivamente partecipato alla formazione di gruppi terroristici armati antisovietici e all'organizzazione di spionaggio contro l'esercito sovietico, nonché di aver preso attiva parte alla formazione di gruppi clandestini armati antisovietici, i cui membri hanno commesso atti di terrorismo e assassini contro membri dell'esercito sovietico nel territorio dell'Ungheria».

Pur essendo la misura dell'arresto giuridicamente ammissibile, in quanto tale facoltà è riconosciuta dalle condizioni dell'armistizio, tutti i precedenti della questione oltreché la personalità dell'arrestato hanno dato al fatto un carattere di grande clamorosità; il presidente del Consiglio aveva deciso di dimettersi; senonché a quanto mi risulta da varie fonti, da parte russa, nel mentre si desiderava minimizzare l'accaduto, si è fatto altresì intendere che queste dimissioni sarebbero state interpretate come un gesto di protesta e di sfida contro l'operato delle autorità di occupazwne.

Hanno avuto luogo in tale occasione dei lunghi colloqui tra il ministro degli affari esteri Gyongyosi (che sembra abbia completamente perduto quella fiducia di cui godeva presso i russi) ed il ministro sovietico Puskin il quale sarebbe stato molto duro e, a quanto mi è stato raccontato da una personalità del partito dei piccoli proprietari, avrebbe ad un certo punto, tra l'altro, detto al suo interlocutore che il popolo ungherese non deve dimenticare che le truppe russe, pur lasciando il Paese, come previsto dal trattato di pace, restano pur tuttavia a non più di duecento chilometri da Budapest.

Pur essendo stata vivissima l'impressione prodotta da tale intervento diretto russo in una questione di politica interna ungherese, la stampa è stata estremamente guardinga limitandosi a riportare la notlZla dell'arresto e astenendosi da ogni commento mentre la direzione del partito dei piccoli proprietari ha dichiarato che il Kovacs era «uscito dal partito». Nel frattempo sono state riprese le trattative tra i partiti per una «soluzione della crisi politica» ed ha avuto inizio il processo per il complotto, nel quale taluni degli imputati fanno le più ampie confessioni non solo delle loro colpe ma più ancora di altre nuove complicità.

Come immediata reazione all'avvenuto arresto del Kovacs, i comunisti si sono sentiti naturalmente rafforzati e, a quanto mi risulta, intenderebbero valersi del disorientamento prodottosi nel campo avversario per spingere le cose sino in fondo e conseguire il fine ultimo di un capovolgimento, mediante nuove elezioni, della situazione politico-parlamentare determinatasi con le elezioni dell'anno scorso. Mi è stato anche riferito che negli ambienti comunisti si prevedeva che all'intervento russo avrebbe risposto un qualche intervento americano, ma che non si nutrivano peraltro seri timori sulla sua pratica efficacia.

Il partito socialdemocratico, nel quale, come si è potuto anche constatare durante i lavori del congresso tenutosi il mese scorso, sembra sempre più affermarsi una tendenza che si potrebbe chiamare di centro, intesa a far prevalere una completa autonomia del partito stesso, ha tenuto in questa occasione un atteggiamento di un certo riserbo, assumendo a volte anche una posizione che poteva essere considerata di mediazione; mi risulta poi da informazioni dirette avute che il brusco intervento russo ha prodotto in molti ambienti del partito stesso, tutt'altro che simpatizzanti per la Potenza occupante, penosa impressione ed anche preoccupazioni per l'avvenire.

Negli ambienti, poi, del partito dei piccoli proprietari l'intervento russo e l'arresto del Kovacs (deputato di origine contadina e personalità politica di primo piano) ha immediatamente prodotto il più grande scoraggiamento circa le possibilità future di una effettiva indipendenza del Paese e del libero manifestarsi delle sue forze politiche.

Alcuni giorni dopo l'arresto del Kovacs, da un'alta personalità del partito mi è stato detto che, nell'attuale situazione, l'unica speranza era fondata in un interessamento americano grazie al quale all'imminente conferenza di Mosca si fosse potuto scongiurare il pericolo di un assoluto predominio russo in questo Paese. «Se l'interessamento particolarmente americano -ha aggiunto detta personalità -non avesse a conseguire, come qui si teme, un concreto risultato avremo presto nuove elezioni tipo Polonia e Romania e quelle forze che nelle ultime libere consultazioni popolari sono risultate come la grandissima maggioranza del Paese, finiranno con l'essere completamente schiacciate dalla minoranza comunista».

Di tali stati d'animo nel partito di maggioranza è apparsa come una immediata manifestazione e conseguenza un discorso testé pronunciato dal presidente del Consiglio, in argomento dei ripresi negoziati tra i partiti per una soluzione della crisi, discorso nel quale egli ha apertamente riconosciuto molte colpe del suo partito e si è dichiarato disposto a nuove notevoli concessioni, quali ad esempio quelle di un riesame dei rapporti tra Stato e Chiesa, e dell'abolizione dell'obbligatorietà dell'insegnamento religioso nelle scuole, che, come noto, qui sussiste tuttora.

In tale atmosfera generale è ora sopraggiunta la nota di protesta americana, della quale, come ho riferito con miei telegrammi nn. 53 e 55, solo ieri si è avuta notizia e il pubblico ha avuto finora solo scarsa e imperfetta conoscenza, poiché la stampa non ne ha dato la benché minima notizia e ciò, a quanto mi viene riferito, per espresso divieto intervenuto da parte della Commissione di controllo.

La nota, della quale trasmetto, qui unito, il testo integrale 2 , indubbiamente energica nella forma e nel contenuto, corrisponde a quella che appare come la linea seguita dall'America nei confronti di questo Paese. Sia sul terreno economico, sia su quello politico, con concessioni di crediti, con suggerimenti e consigli al Governo, con interventi vari in questioni minori, si ha l'impressione che gli Stati Uniti vogliano affermare, sotto ogni aspetto, la loro presenza ed il loro interessamento in questo settore che non vuol essere lasciato sotto l'esclusiva influenza russa; tale atteggiamento differisce alquanto da quello britannico che appare di un interesse piuttosto relativo per l'Ungheria o quanto meno intonato ad un assai più prudente riserbo.

Della linea di condotta americana sono da considerarsi, tra l'altro, esplicite manifestazioni la serie di note, a più riprese presentate a suo tempo a Mosca per quanto concerne la ripresa dell'economia ungherese e, da ultimo, l'interessamento, in varie occasioni e in varie forme manifestato, per la crisi politica interna che da mesi travaglia l'Ungheria e che è sfociata ora nell'aspra contesa tra l'agguerrita minoranza comunista e la larga maggioranza di tendenza moderata, costituita dal partito dei piccoli proprietari.

Non è facile prevedere quali saranno le ripercussioni del passo americano e soprattutto le sue reali conseguenze, tanto più che i principi affermati nella nota stessa investono dei problemi di assai più vasta portata dei quali l'attuale situazione ungherese non rappresenta che un aspetto particolare; per quanto riguarda poi le prime impressioni prodotte nel pubblico ungherese dalla notizia della nota americana di ieri, secondo le informazioni che ho potuto fin qui raccogliere, l'aperto intervento americano nell'attuale tesa situazione politica interna ha prodotto negli ambienti non comunisti un notevole senso di sollievo, non scevro peraltro da una scarsa fiducia che in ultima analisi l'interessamento americano per l'Ungheria possa preservarla da quella preponderante influenza russa, che la maggioranza del Paese teme e vorrebbe poter scongiurare.

Mi riservo di riferire ulteriormente in argomento.

P. S. 9 marzo 1947. Prima di chiudere il corriere, aggiungo che i giornali di questa mattina pubblicano contemporaneamente il testo della nota americana e altresì quello di una lettera di risposta, qui unita in copia tradotta (all. B) 3, diretta dal generale Sviridov, presidente della Commissione di controllo, al generale Weems, rappresentante americano presso la Commissione stessa, lettera con la quale, confutandosi le osservazioni contenute nella nota, viene nettamente respinta la richiesta americana che venga effettuata da parte di tutti i membri della Commissione di controllo un'inchiesta sulla situazione e si afferma che ciò non potrebbe rappresentare che una indebita interferenza negli affari interni della Repubblica Ungherese e nei legittimi diritti dei Tribunali del popolo.

177 1 Sulla sessione di Mosca del Council of Foreign Ministers (IO marzo-26 aprile 1947) si veda la

179 2 Non pubblicato; cfr. Foreign Relations of the United States, 1947, vol. IV, Eastern Europe; The Soviet Union, Washington, United &tates Government Printing Office, 1972, pp. 273-275. 3 Non pubblicata; cfr. ibid., pp. 277-278.

180

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PANAMA, ROSSI LONGHI

T. 3959/13. Roma, 9 marzo 1947, ore 13,30.

Suo 9 1•

Esprima codesto Governo nostro apprezzamento gratitudine per coraggiosa decisione adottata nei confronti di un trattato che non ci fu permesso discutere. Confidiamo altri Paesi sudamericani imiteranno. A tale scopo contiamo anche sull'efficace azione di codesto Governo. Nello stesso senso intratterrò questo ministro Panama che riceverò lunedì.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLA RAPPRESENTANZA A LONDRA E ALLE AMBASCIATE A MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 3961/c. Roma, 9 marzo 1947, ore 16.

Affidamenti datici da Bevin, Bidault e Marshalllasciano fondatamente ritenere che ad un determinato momento della procedura che sarà costì concordata per trattato pace con Germania, saremo anche noi consultati, tanto più se nel frattempo sarà entrato vigore nostro trattato. Conviene ora da parte nostra continuare interessarci questione onde ottenere che momento e forma nostra partecipazione siano determinati avendo presente non soltanto nostra cobelligeranza e nostri interessi particolari nella questione, ma anche importanza fondamentale per l'Europa del problema tedesco e funzione che nostro Paese è e sarà sempre più chiamato svolgere in Europa. In altri termini dovremo evitare essere confusi con miriade altri Paesi che saranno eventualmente ammessi, una volta tanto, esporre loro desiderata; e insistere per ottenere invece una più concreta e continuativa partecipazione. Prego ambasciatore Mosca voler tener presente quanto precede nei suoi contatti con delegati Conferenza, e riferire dettagliatamente anche in merito procedura generale che verrà progettata per lavori trattato tedesco. Prego nel contempo ambasciatori Londra, Parigi e Washington volersi esprimere nello stesso senso presso Foreign Office, Quai d'Orsay e Dipartimento di Stato 1 .

degli esteri panamense il memorandum di risposta alla nota italiana del 28 febbraio e che tale memo randum era stato diramato alla stampa e inviato ai rappresentanti diplomatici di Panama all'estero. Vedi D. 165. 181 1 Per le risposte da Londra e Mosca vedi DD. 195 e 207. Per l'atteggiamento francese e quello statunitense in merito alla questione, vedi rispettivamente il D. 218 e il D. 198, nota 2.

180 1 Del 6 marzo, con il quale Rossi Longhi comunicava che gli era stato consegnato dal ministro

182

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. 2776/766. Parigi, 9 marzo 1947.

La ringrazio della sua lettera del 1° marzo n. 5/1864 1 .

Ero al corrente delle trattative intercorse fra Arpesani e le autorità francesi per quello che, a suo tempo, egli ebbe a riferirne alla delegazione alla Conferenza della pace.

Come ella ha già visto, con Bidault ho avuto sull'argomento solo un accenno: ne ho parlato più a lungo con Chauvel -Bidault essendo subito partito per Mosca -il quale mi ha detto di avere avuto istruzioni dal ministro di prendere in mano tutte le trattative italo-francesi (frontiere e questioni economiche concernenti il trattato di pace).

Mi ha chiesto qualche giorno di tempo per mettersi al corrente della questione, dopo di che ne avremmo parlato. Mi ha detto che la missione Indelli era stata, a suo avviso, molto utile, perché le conversazioni precedenti essendo state condotte à batons rompus da parte francese non si era mai capito bene fino a che punto i personaggi italiani parlavano a nome proprio o a nome del Governo italiano.

Riteneva che sarebbe stato opportuno condurre avanti tutte le trattative, ossia frontiere e questioni economiche, allo stesso tempo: il Governo francese si proponeva, con questo insieme di accordi, di raggiungere un certo effetto psicologico: la Francia e l'Italia hanno liquidato amichevolmente tutte le questioni residuate dal trattato di pace. Questo effetto psicologico avrebbe potuto essere meglio raggiunto in un complesso di accordi che con una serie di accordi successivi.

Gli ho detto che da parte mia ero completamente d'accordo: lo pregavo solo di mettersi in grado di iniziare queste conversazioni il più presto possibile. I due gruppi di questioni potevano avere un carattere differente: le questioni economiche erano effettivamente solo un accordo per l'applicazione concreta di alcuni articoli del trattato di pace: la modifica della frontiera poteva essere presentata in due modi: come una modifica del tracciato di frontiera, in sede di sua fissazione sul terreno, se i francesi preferivano far passare il tutto sotto silenzio per timore di reazioni da qualche parte: oppure come un atto di generosità da parte francese, nel qual caso naturalmente sarebbe stato necessario che le modifiche avessero un carattere un po' più sostanziale. Le trattative in questione, non necessariamente legate alla ratifica dei trattati di pace, avrebbero potuto benissimo essere portate a conclusione anche dopo: però se gli accordi avessero potuto essere conclusi prima della ratifica sarebbe stato più facile per noi evitare, nel corso dei dibattiti all' Assemblea, dei commenti poco piacevoli all'indirizzo della Francia. Per me mi preoccupavo di fare degli accordi ragionevoli e completi piuttosto che di farli presto, ma era una considerazione che ritenevo dovere sottoporre al Governo francese. In

pratica la procedura che gli proponevo era la seguente: avere al più presto un primo scambio di idee fra noi due: poi si sarebbe potuto fare un po' di lavoro di esame delle pratiche con gli uffici. Finito questo e messi. bene a punto i due punti di vista sulle varie questioni io mi sarei recato a Roma e si sarebbe poi potuto riprendere la discussione sui punti che restavano da risolvere. Chauvel ha concordato. Come vede quindi, le cose si sono da sé orientate secondo il suo desiderio.

Debbo dire che Chauvel non mi ha parlato di un atto solenne di rinuncia al revisionismo per quello che concerne la Francia: per me condivido intieramente il suo pensiero sul valore effettivo di una non rinuncia: mi rendo però conto della situazione nostra di politica interna, quindi può star tranquillo che mi regolerò secondo i suoi desideri.

Quanto a previsioni ella comprende che, dopo sole due settimane qui, sarebbe un po' azzardato da parte mia il farne. Dovrei dire che ho trovato in genere i francesi in tono minore, più coscienti della reale situazione della Francia, nel campo internazionale, di quello che mi aspettassi: tutto l'insieme dei miei primi contatti e delle conversazioni Indelli mi porterebbe ad essere ragionevolmente ottimista, a condizione naturalmente che noi ci contentiamo di ottenere quello che si può ottenere. Aggiungo subito che nulla potrebbe essere più ragionevole delle istruzioni che lei mi ha inviate. Mi è stato espressamente confermato che le proposte Couve ad Arpesani restano, e quando ho osservato che esse non mi sembravano sufficienti a costituire un gesto di generosità, non mi sono state fatte obbiezioni: sarei quindi portato a pensare che qualche cosa di più si potrà ottenere. Spero di potere essere più preciso in occasione dei miei prossimi colloqui. Se lei non ha niente in contrario, per evitare le solite indiscrezioni stampa che possono guastare anche le piccole cose, la informerò sull'argomento a mezzo di lettere direttele personalmente piuttosto che per telegramma, almeno fino a che le cose non siano sufficientemente avanzate.

182 1 Vedi D. 134.

183

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3481/038 1 . Parigi, IO marzo 1947 (per. i/13).

Suo 3551/c. 2 . Informo ad ogni buon fine che ufficio competente Quai d'Orsay, nel confermarmi aver appoggiato presso Governi alleati partecipazione italiana Com

s.n.d. 3728/272 del 18 marzo Carandini rispondeva di dover escludere che la posizione inglese potesse essere quella indicata da Quaroni, e ciò proprio perché si riteneva che analoga richiesta da parte egiziana e abissina avrebbe potuto ostacolare il lavoro della commissione. Per la risposta di Tarchiani vedi D. 264.

2 Vedi D. 126, nota l.

missione per colonie, mi ha a titolo confidenziale informato che Governo americano avrebbe risposto essere contrario ammissione membro italiano ma favorevole presenza nostro osservatore; Governo inglese invece accetterebbe osservatore italiano solo nel caso che con eguale posizione venisse ammesso osservatore etiopico e egiziano.

183 1 Ritrasmesso alle ambasciate a Mosca, Londra e Washington con T. 4379/c. del 16 marzo. Con T.

184

IL RAPPRESENTANTE A PRETORIA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 7521135. Capetown, IO marzo 1947 (per. il 24).

Telegramma di codesto ministero n. 3554/ c. del 4 corrente 1 . Il 4 corrente ho consegnato al maresciallo Smuts una copia del messaggio del presidente della Costituente.

Dopo averlo letto attentamente, egli mi ha detto che aveva fatto quanto gli era possibile per mitigare la durezza delle condizioni di pace e che si rendeva conto delle difficoltà del Governo italiano anche nei riguardi dell'opinione pubblica interna.

Abbiamo fra l'altro parlato delle clausole militari del trattato, ed egli a tal proposito ha ricordato che la delegazione sudafricana ebbe a proporre degli emendamenti in nostro favore.

«L'ltalia -egli ha soggiunto -è una Nazione occidentale e mediterranea, e diventerà di nuovo una Potenza mediterranea. Io credo che all'Italia convenga ratificare al più presto il trattato. So che l'Inghilterra ha dato questo consiglio al vostro Governo. È bene che l'Italia riprenda al più presto il suo posto fra le Nazioni del mondo».

Il maresciallo Smuts mi ha lasciato intendere che era di opinione che il Parlamento sudafricano non avrebbe preso nessuna iniziativa in seguito al messaggiO.

Sta di fatto che la Camera ed il Senato sudafricano durante l'ultimo anno hanno discusso solo le questioni di politica estera che interessano direttamente l'Unione, e non si sono affatto occupate delle questioni di politica estera generale.

Lo stesso giorno ho consegnato al direttore generale degli affari politici due lettere, una per il presidente del Senato e l'altra per il presidente della Camera, contenenti il messaggio della Costituente italiana.

Il Dipartimento affari esteri s'incaricherà della trasmissione.

184 1 Vedi D. 146.

185

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3339/98. Mosca, Il marzo 1947, ore 3,01 (per. ore 8).

Telegramma V.S. 40 dell'8 corrente e 3961 del 9 corrente 1•

Atteggiamento russo di questi ultimi giorni mi fa ritenere che questo Governo sia tuttora per nulla deciso circa ammissione Stati minori trattato Germania e tanto meno circa partecipazione Italia malgrado favorevole disposizione altre Potenze. Non essendo superato tale punto sembra difficile conseguire modalità preferenziali nostra partecipazione. Ad ogni modo non mancherò continuare sforzi presso delegati Conferenza per ottenere risultato indicato da S.V.

Poiché Bevin seduta odierna Consiglio ministri ha subito sollevato questione sistemazione economica Trieste ottenendo sua ammissione ordine del giorno ciò potrà facilitare mia azione non solo su questo problema ma anche su problema Germania. Prego intanto telegrafarmi tutti elementi atti definire nostro punto di vista circa regime economico Territorio Libero 2 .

186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE IN AMERICA LATINA

T. 4059/c. Roma, 11 marzo 1947, ore 19.

(Per Qui t o) Mio telegramma n. 61 .

(Per tutti) Mio telegramma n. 3981/ c. 2 .

(Per Panama e Quito) Ho telegrafato quanto segue a tutte le rappresentanze in Sudamerica.

(Per tutti) Governo Panama ha in questi giorni dichiarato -come V.S. avrà rilevato anche da notizie stampa -di non approvare trattato pace con Italia e di non valersi art. 88 che gli accorda facoltà darvi propria adesione: da parte Governo Equatore è stato proposto a tutti i Governi sudamericani associarsi in una azione per la revisione trattato stesso.

2 Del IO marzo, ritrasmetteva alle rappresentanze diplomatiche in America latina il T. 3269/14 deli'S marzo da Panama, con il quale Rossi Longhi aveva segnalato il favore incontrato presso i diplomatici latino-americani a Panama dalle dichiarazioni di quel Governo circa il trattato di pace con l'Italia.

V.S. vorrà seguire e aiutare iniziativa Equatore cercando possibilmente indirizzarla in modo da ottenere: l) che rinuncino a valersi sopracitato art. 88 e dichiarino per loro conto ristabilito trattato di pace anche gli altri Paesi i quali siano stati, analogamente a Panama, in stato di guerra con la monarchia fascista (Cuba, Messico, Guatemala, Nicaragua, Honduras, Costarica, San Salvador, Haiti, Santo Domingo); e, 2) che da parte tutti Paesi latino-americani venga collettivamente formulata una protesta all'O.N.U. per le condizioni imposteci da un trattato che non è stato negoziato con noi e per prospettare necessità revisione.

Confido che Governo e Parlamento Rio de Janeiro, in coerenza con attitudine a noi favorevole tenuta da delegazione brasiliana Parigi, troveranno ugualmente modo mostrarci loro solidarietà, pur rendendomi conto particolare posizione Brasile che ha già firmato a Parigi trattato di pace 3 .

185 1 Vedi DD. 174 e 181. 2 Per la risposta vedi D. 194. 186 1 Vedi D. 168, nota 3.

187

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3415/100. Mosca, 11 marzo 1947, ore 22,48 (per. ore 8 del 12).

Mio 98 1 .

Ho fatto oggi presente questo Ministero esteri che allorché si porrà in discussione Consiglio ministri questione Trieste, di cui proposta Bevin, Italia vi deve essere presente perché si toccano interessi vitale importanza per noi.

Mi è stato risposto che ci si rendeva conto nostra richiesta e che sarebbe stata esaminata con particolare attenzione.

Anche nei contatti avuti oggi con questa delegazione britannica ho detto che noi volevamo essere presenti allorché si sarebbe discussa questione Trieste. Egualmente mi è stato risposto che si comprendeva fondamento nostra richiesta. Mi è stato aggiunto anche jugoslavi avevano chiesto partecipare discussione rapporto finanziario Commissione inchiesta.

Nei prossimi giorni tornerò sia su tale questione sia sulla nostra partecipazione alle trattative tedesche, sebbene per quest'ultimo problema atteggiamento inglese sia a noi favorevole come V.S. mi ha telegrafato sub numero 3961 del 9 corrente 2 .

Alla delegazione britannica mi è stato aggiunto che esame predetto rapporto Commissione finanziaria Trieste non è imminente attendendosi fra l'altro arrivo a Mosca speciale esperto, e cioè Grafftey-Smith. Eguale notizia mi hanno dato agli

non avvalersi dell'art. 88 del trattato di pace e di dichiarare cessato lo stato giuridico di guerra con l'Italia. 187 1 Vedi D. 185.

2 Vedi D. 181.

217 Esteri. Questo ambasciatore jugoslavo ritiene addirittura che esame progetto Commissione Trieste avverrà verso fine Conferenza.

Tuttavia, poiché detto rapporto può venire in discussione all'improvviso, prego di volermi inviare con cortese urgenza tutto il materiale a disposizione di codesto ministero su tale questione nonché naturalmente esemplare del rapporto. Mi si potrebbe spedire il tutto con un piego speciale a Stoccolma a mezzo dell'aereo Roma-Ginevra-Stoccolma ed io provvederei al ritiro in quella capitale 3 .

186 3 Con T. 4486/c. del 18 marzo Fransoni comunicava che anche il Governo cubano aveva deciso di

188

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2609/384. Vienna, 11 marzo 1947 (per. il 17).

Telespresso n. 05659114 del 24 febbraio 1947 1 .

Ho chiesto al ministro degli esteri che questi, nella risposta alla interrogazione dei deputati socialisti austriaci circa l'esecuzione dell'accordo De Gasperi-Gruber (vedi mio telegramma n. 81 del 1° marzo 1947) 2 , facesse presente come il rinvio delle discussioni in merito alla revisione delle opzioni fosse dovuto in particolar modo alla di lui continuata assenza da Vienna.

Il signor Gruber mi ha assicurato che il tono della risposta sarebbe stato appunto concepito in questo senso, in modo da togliere al Governo italiano ogni imputazione di un voluto ritardo all'esecuzione dell'accordo.

Purtroppo -come egli mi ha aggiunto -egli stesso e gli uffici competenti erano ancora oberati di lavoro per le trattative con i cecoslovacchi e per la preparazione delle trattative a Mosca: mi pregava peraltro di continuare la conversazione con il signor Schoner, cosa che si verificherà nei prossimi giorni 3 .

Ho approfittato di questa occasione per ripetere al signor Gruber che nelle conversazioni in materia era d'uopo partire dai due presupposti:

l) l'accordo De Gasperi-Gruber non prevede un nuovo accordo in materia di revisione delle opzioni ma solo una consultazione in materia tra il Governo italiano e quello austriaco;

2) che la definitiva regolamentazione della revisione delle opzioni è di conseguenza questione interna del Governo italiano con gli alto-atesini.

Il signor Gruber ha convenuto meco su questi punti.

Ho allora ricordato al ministro che essendo stato preparato da parte italiana un progetto per la revisione delle opzioni che aveva trovato in un primo tempo il consenso dei circoli alto-atesini interessati, mi sembrava opportuno, come avevo

2 Vedi D. 131.

3 Vedi D. 258.

detto al sig. Schoner, che le conversazioni tenessero come base il predetto progetto. Il mio desiderio era pertanto quello di conoscere quali fossero i punti sui quali il Governo austriaco desiderasse attirare l'attenzione del Governo italiano per eventuali modifiche. Io avrei naturalmente trasmesso a Roma il punto di vista austriaco in materia, in attesa di conoscere le osservazioni del Governo italiano.

Il ministro Gruber ha acconsentito su questa procedura che dovrebbe regolare il prossimo incontro con gli uffici austriaci competenti.

Con questa procedura, che ha il puro carattere ad referendum, ho creduto salvaguardare l'avviso espresso dalla presidenza del Consiglio dei ministri nel suo foglio del 14 febbraio 1947 4 secondo il quale le mie conversazioni col Ministero degli affari esteri austriaco non debbono aver alcun carattere ufficiale ed in ogni qual modo impegnativo.

Resta ora ad esaminare in qual modo codesto ministero, d'accordo colla Presidenza del Consiglio, vorrà proseguire le discussioni in materia. A questo proposito codesto ministero vorrà permettermi di far presente alcune considerazioni:

l) Il ministro Gruber, come ho accennato in altra comunicazione, considera la revisione delle opzioni come la questione che ancora appesantisce l'atmosfera fra i due Paesi.

2) Da parte italiana sembrami sussistere un reale interesse a risolvere con una certa sollecitudine questo problema. A prescindere dal termine annuale previsto dall'accordo De Gasperi-Gruber, è naturale che una volta perfezionata la concessione dell'autonomia si debba procedere alla convocazione dei comizi elettorali in Alto Adige, cosa non attuabile senza che si sia definito il ritorno o meno degli optanti.

3) L'accordo di Parigi, pur considerando la regolamentazione delle opzioni come una questione esistente solo fra il Governo italiano e gli alto-atesini, prevede una consultazione con il Governo austriaco, al fine-debbo dedurre dallo spirito dell'accordo -di tenere conto nella regolamentazione dei desideri del Governo austriaco. Non mi sembra quindi che da parte italiana ci si possa limitare a prendere atto delle osservazioni del Governo austriaco al progetto Innocenti, e non fargli invece conoscere eventuali rilievi e controsservazioni, cercando poi, nei limiti del possibile, di avvicinare i punti divergenti.

4) Ove codesto ministero concordi con quanto sopra, non è possibile che le conversazioni, una volta stabiliti i due punti di vista dei due Governi, possano continuare quale un semplice scambio di idee. Sarà allora opportuno precisare in quale sede ed in qual modo noi vorremmo continuare le conversazioni in proposito coll'intenzione di arrivare alla sollecita definizione del problema.

Gradirò pertanto conoscere in materia il punto di vista di codesto ministero 5 .

187 3 Per la risposta vedi D. 194.

188 1 Non pubblicato: riferiva delle discussioni intergovernative italiane in materia di optanti.

188 4 Non pubblicato. 5 Per la risposta di Fransoni vedi D. 257.

189

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A CITTÀ DEL MESSICO, PETRUCCI

T. 4105/14. Roma, 12 marzo 1947, ore 15,45.

Mio 4059/c. 1•

È probabile che codesto Governo (date anche considerazioni di cui ai suoi telespressi n. 99 e 83) 2 troverà difficoltà seguire esempio Panama. V.S. può in ogni caso dare costì assicurazione che, anche non (ripeto non) aderendo trattato pace, Messico potrebbe accordarsi direttamente con noi per soluzione questioni rimaste pendenti che siamo pronti risolvere con spirito maggiore larghezza.

Allineamento Messico con altri Paesi sudamericani su questione nostro trattato rafforzerebbe solidarietà fra Paesi latini e avrebbe la più favorevole ripercussione su futuri sviluppi amichevoli relazioni italo-messicane 3 .

190

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3480/101. Mosca, 12 marzo 1947, ore 18,54 (per. ore 7 de/13).

In una conversazione avuta ieri con ambasciatore jugoslavo Popovié che fu pure delegato Conferenza Parigi questi mi confermò che suo Governo considera soluzione Stato Libero Trieste insostenibile anche suo dire nell'interesse italiano ed anche nell'ipotesi che Stato Libero passasse da controllo internazionale a controllo bilaterale italo-jugoslavo. Ha ribadito concetto jugoslavo pregiudizialità accordi politici ad accordi economici ed ha manifestato speranza che riprendendosi rapporti diplomatici potessero pure riprendersi trattative New York interrotte secondo lui insufficienza poteri rappresentanti italiani. Popovié ha tenuto pure a rilevare senz'altro differenze fra Governo democratico italiano nel quale Jugoslavia può avere fiducia e Governo austriaco da lui qualificato filo-nazista.

2 Non rinvenuti.

3 Per la risposta vedi D. 250.

189 1 Vedi D. 186.

191

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3447/256-257. Londra, 12 marzo 1947, ore 20 (per. ore 7,30 del 13).

Trasmetto seguente telegramma a firma Menichella: «Conversazioni iniziate lunedì. Delegazione inglese presieduta sottosegretario Tesoreria Waley. Delegazione inglese precisato in un memorandum otto punti sue proposte.

l) Rinunzia civilian supplies;

2) riconoscimento spese occupazione favore Italia da 1° giugno 1946 e precisato

ammontare in 26 milioni di sterline; 3) indicato ammontare surplus in 83 milioni di sterline; 4) indicato in 48 milioni di sterline ammontare prestazioni fatte dopo 3 settembre

1943 da forze armate inglesi in beni servizi e merci a favore forze armate italiane e ferrovie italiane;

5) saldo partite di cui ai punti 2, 3 e 4 ammontante ad oltre 100 milioni di sterline ridotto forfettiziamente a lO milioni di sterline che Governo italiano dovrebbe pagare;

6) completa liberazione beni italiani; 7) somma liquida sterline 4,8 attualmente detenuta custode beni nemici verrebbe utilizzata fino concorrenza per pagamento debiti italiani verso Inghilterra anteriori guerrra; 8) proposto accordo monetario basato seguenti tre punti: a) fissazione nuova parità sterlina-lira obbligatoria per tutte transazioni; b) immediata spendibilità in tutte le aree monetarie e quindi convertibilità in dollari delle nuove sterline correnti; c) blocco delle sterline finora accumulatesi. Soltanto 6 milioni di sterline in tutto verrebbero sbloccati nei prossimi quattro anni. Per residuo finora non fatta alcuna precisazione. Presidente delegazione dichiarato che offerte sopradescritte derivanti rapporti guerra e commerciali rappresentano massimo autorizzato ministri. Mentre mi sono riservato ogni risposta circa proposto regolamento delle questioni derivanti dai rapporti di guerra, ho dichiarato l'impossibilità da parte dell'Italia di accettare la proposta di regolamento dei rapporti commerciali dato che la grave situazione italiana richiede una libera convertibilità di sterline. Verbalmente ho fornito prove sulla gravità aspetto procurato da tale situazione e Io farò anche per iscritto. Su questo tema principalmente svolgerò conversazioni nei prossimi giorni. Da parte inglese fino ad ora la gravità della nostra situazione non viene contestata, ma recisamente si afferma che la situazione inglese è altrettanto grave e che non si possono sacrificare le riserve in dollari oltre quanto deriverà dalla tramutabilità di dollari in nuove sterline. Le conversazioni circa l'accordo monetario si svolgono alla Tesoreria e alla Banca d'Inghilterra. Affinché possiate giudicare la situazione prego tener presente che secondo accertamenti costì fatti da Dall'Oglio

il nuovo nostro cumulo di sterline fino a tutto il giugno si aggirerebbe a circa 12 milioni di sterline i quali, secondo la proposta inglese, si potrebbero tramutare in circa 50 milioni di dollari mentre, in mancanza di un accordo, esse non beneficerebbero di tale tramutabilità dato che vi è qui opinione che i nuovi regolamenti sulle sterline che verranno attuati dopo luglio in conformità degli impegni verso gli Stati Uniti prevedono il tramutamento in dollari di sterline derivanti successivamente alle transazioni correnti soltanto a condizione che tutti i saldi in sterline fino ad allora accumulati siano regolati d'intesa fra le parti, e che conseguentemente non sarebbe possibile avere contemporaneamente doppio beneficio cioè spendere liberamente in area sterline saldi accumulati e tramutare in dollari nuove sterline. Successivamente informerò circa lo sviluppo delle trattative in corso.

Mentre confermo che ritengo opportuno evitare indiscrizioni di stampa durante questa fase prego voler informare riservatamente i ministri Campilli e Vanoni ed il direttore della Banca d'Italia Einaudi» 1 .

192

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 635/308. Stoccolma, 12 marzo 1947 (per. il 17).

L'apertura della Conferenza di Mosca, le prime schermaglie diplomatiche tra i Grandi e le probabilità che a Mosca si gettino le fondamenta di una vera pace, sono considerate con interesse non scevro di ansia da parte della stampa e dell'opinione pubblica svedesi che, ritenendo ogni giorno meno possibile di conservare la neutralità in caso di un conflitto, ripongono le loro maggiori speranze in un accordo tra le grandi Potenze che valga a scartare almeno per qualche anno il pericolo di una nuova guerra. Quindi nelle grandi linee l'atteggiamento svedese nei confronti della Conferenza è di ansiosa aspettazione. A Stoccolma non ci si nascondono infatti le gravi difficoltà che si oppongono all'accordo tra i Grandi, ma si spera comunque che sia possibile superarle almeno in parte.

Dalla maggioranza dei commentatori politici dei giornali la Conferenza viene presentata come un duello tra Stati Uniti e Russia con l'Inghilterra in posizione

secondaria. Si rileva d'altra parte che la conclusione dell'alleanza di Dunkerque 1 ha rafforzato la posizione inglese in confronto alla situazione degli ultimi mesi.

Circa quelli che possono definirsi i voti della Svezia, non potendosi parlare di fini politici allorché non si ha la facoltà di influire sulle decisioni da adottare, oltre al mantenimento della pace che è il voto generico essenziale, la Svezia ha altresì un interesse specifico alla normalizzazione della situazione tedesca attraverso l'istituzione di uno o più organismi con i quali essa possa riallacciare tutte quelle relazioni che la guerra e l'occupazione hanno interrotto. Come ho avuto occasione di riferire a varie riprese segnalando la vigile attenzione con cui il Governo svedese coglie tutte le occasioni che gli si offrono per riprendere contatti con il mondo germanico, l'isolamento in cui la Germania è stata messa dai suoi occupanti è in questo Paese sentito come l'interruzione di un'arteria essenziale. Non bisogna infatti dimenticare che, mentre nel campo economico la Germania assorbiva circa il 60% del commercio svedese, altrettanto importante era l'influsso tedesco sulla vita, la cultura, i costumi di questo popolo. Grande quindi l'interesse svedese per quello che sarà l'avvenire della Germania, anche per ciò che si riferisce alla delimitazione della sua frontiera orientale.

Un aspetto di tale delimitazione che tocca particolarmente da vicino gli interessi della politica scandinava ed in modo preponderante quelli svedesi è la questione dell'attribuzione della città di Stettino. È infatti verso le foci dell'Oder che si dirige la maggior parte del traffico svedese di mercanzie con la Germania orientale, la Polonia ed i paesi dell'Europa centro-orientale. Discutendo nei giorni scorsi questo problema, alcuni giornali riportavano un progetto di internazionalizzazione di Stettino sul modello dello Stato Libero di Trieste, pur non nascondendosi le scarse probabilità di accoglimento di un tale progetto in considerazione della recisa opposizione polacca.

Mentre non mancherò di continuare a riferire le ripercussioni che i lavori di Mosca saranno per produrre in questo Paese, ho ritenuto utile di tracciare un quadro sia pure succinto dell'atteggiamento con cui l'opinione pubblica svedese si dispone ad assistere a quello che qui si considera il «vero» inizio delle trattative per la pace.

191 1 Il telegramma era accompagnato dal seguente appunto di Grazzi per il ministro, in data 14 marzo: «Mi onoro attirare l'attenzione di V.E. sul telegramma del dr. Menichella da Londra in data 12 corrente L'inizio delle conversazioni italo-inglesi quale appare dal citato telegramma non può invero dirsi promettente. Sostanzialmente per quanto riguarda le partite di dare ed avere conseguenti alla guerra gli inglesi propongono che l'Italia paghi IO milioni di sterline, contro liberazione dei beni italiani, e consenta all'utilizzo di 4,8 milioni di sterline per pagamento dei debiti prebellici. Per quanto riguarda l'accordo monetario, gli inglesi propongono che le sterline le quali si formeranno a nostro credito dopo l'accordo siano convertibili in dollari, mentre rimangano bloccati gli averi sin qui formatisi a nostro favore, salvo 6 milioni da sbloccare entro 4 anni. Gli inglesi sostengono che la loro situazione economica è così grave da non consentire altre proposte. Il dr. Menichella si è opposto con tutti gli argomenti del caso. Le conversazioni continuano, ed al loro riguardo avrò l'onore di riferire a V.E. di mano in mano».

193

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3525/190. Washington, 13 marzo 1947, ore 11,50 (per. ore 12 de/14).

Seguito al telegramma numero precedente 1 .

193 1 T. 3553/189 del 13 marzo, con il quale Tarchiani dava notizia del discorso pronunciato il 12 marzo dal presidente Truman dinanzi al Congresso a Camere riunite. Il discorso -noto come «dottrina Truman» -enunciava la decisione statunitense di lanciare un programma di aiuti speciali alla Grecia e alla Turchia. Se ne veda il testo in: A Decade of American Foreign Policy. Basic Documents, 1941-1949, Washington D.C., 1950, pp. 530-534.

Discorso Truman ha avuto la più profonda ripercussione al Congresso e nel Paese. Importanza ne viene comunemente paragonata a messaggio Monroe 1823 e a annuncio Lend-Lease da parte Roosevelt. Pongonsi in rilievo asseriti analoghi scopi:

l) Monito che S.U. d'America reagiranno ad ogni tentativo imposizione sistema totalitario in zone considerate vitali per sicurezza americana.

2) Difesa America mediante assistenza a Paesi che lavorano per mantenere proprie libertà.

Approvazione maggioranza Congresso sarebbe già assicurata a richiesta presidente e ciò benché vi sia disaccordo tra capi repubblicani Vandenberg e Taft (entrambi probabili candidati presidenziali 1948), il primo dei quali si è già pronunciato per appoggio Grecia e Turchia mentre il secondo ha dichiarato proprie perplessità specie riguardo assistenza militare detti Paesi. Si ritiene che governatore Dewey concorderà con Vandenberg.

192 1 Si riferisce al trattato di alleanza anglo-francese del 4 marzo 1947.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 4198/45. Roma, 13 marzo 1947, ore 18.

Suoi telegrammi 98 e l 00 1 .

Questo ministero ha già spedito codesta ambasciata per mezzo consueto corriere, partito lunedì 10 corrente, relazione circa principali conclusioni rapporto Commissione finanziaria inchiesta Trieste di cui si è potuto soltanto avere visione in via confidenziale.

Punti principali questione sono seguenti:

Primo: Commissione riconosce gravi difficoltà pareggio bilancio pubblico e consiglia sostanziali riduzioni spese con conseguente riduzione quaranta per cento impiegati. Tale misura avrebbe gravi conseguenze situazione economica, disoccupazione e reddito nazionale e indirettamente provocherebbe anche riduzione cespiti entrata. Tale punto è importantissimo poiché il licenziamento impiegati significa allontanamento da Trieste numerosi cittadini sentimenti italiani che possono esercitare notevole influenza vita politica locale.

Secondo: come previsto da annesso VII paragrafo 11 trattato pace, in attesa istituzione moneta autonoma, continuerà circolare Trieste lira italiana per un periodo provvisorio. Durante tale periodo Italia dovrà fornire necessità monetarie e valutarie. Tale soluzione è possibile solo condizione mantenimento attuale sistema controllo bancario e doganale. D'altra parte è nostro interesse che regime provvisorio, purché con necessarie garanzie, duri più a lungo possibile. Commissione ha

raccomandato che regime provvisorio duri fino che bilancio pubblico e bilancia pagamenti non siano definitivamente in equilibrio: istituire moneta autonoma prima che tali condizioni siano assicurate, equivarrebbe infatti dare Trieste sistema monetario destinato immediata rovina. Dato che Commissione ritiene probabile pareggio bilancia pagamenti prossimo anno sembra che definitivo accoglimento suddetta raccomandazione non debba incontrare eccessiva resistenza. Poiché d'altro lato Italia prevede lungo periodo squilibrio una decisione in tal senso sembrerebbe atta ad assicurarci un regime provvisorio di lunga durata.

Terzo: come moneta autonoma Commissione raccomanda adozione moneta appoggiata riserva oro e valuta, con parità in grammi oro. Delegazione italiana e ambienti economici triestini avevano invece insistito necessità istituire moneta particolarmente vincolata lira e garantita riserva lire, che Trieste poteva facilmente costituire con moneta italiana ritirata da circolazione al momento cambio. Tale tesi è fondata considerazione che ottanta per cento esportazioni industriali triestine sono dirette mercato italiano, da cui deriva assoluto interesse produttori triestini non avere moneta forte, ma moneta equivalente lira, onde non trovarsi in svantaggio sul mercato italiano. Delegazioni inglese ed americana a Trieste considerarono con interesse nostra proposta, la quale trova perfetta analogia nel regime monetario irlandese nei riguardi sterlina.

Quarto: a base sistema monetario Commissione proposto istituzione Banca centrale interamente posseduta e controllata dallo Stato. Soltanto delegato americano suggerito Banca mista con partecipazione Stato ed altre banche locali. Tesi sostenuta da noi e da triestini era invece per Banca centrale formata esclusivamente dalle Banche commerciali operanti a Trieste. Camera commercio Trieste in particolareggiato rapporto ha esposto ragioni per cui si teme che Banca centrale controllata dallo Stato possa essere utilizzata dal Governo triestino (assillato grandi difficoltà bilancio) unicamente per necessità Tesoreria a danno stabilità moneta ed economia. È superfluo chiarire per riservato governo di V.S. che attraverso Banche commerciali, sistema bancario italiano potrebbe controllare Banca centrale triestina.

Quinto: circa sistema doganale, per il quale proposte quattro delegazioni appaiono particolarmente discordi, è interesse italiano che sistema tariffario sia il più basso possibile per non intralciare traffici con Italia. Proposta inglese sembra la più rispondente nostri interessi.

Sesto: particolamente delicata ed importante è questione partecipazioni industriali I.R.I. per le quali Italia sostiene non (dico non) applicabilità disposizioni annesso X paragrafo l. Delegati americani Trieste dato massimo appoggio ritenendo ciò sia nello stesso interesse economia triestina. Questione non è stata inserita relazione Commissione per motivi prudenza, ma occorre insistere fermamente su nostro punto di vista tenendo anche presente che I.R.I. non è da considerare ente parastatale.

Settimo: per opportuna norma di V.S. informo che fra delegazioni recatesi a Trieste quelle anglo-sassoni hanno dimostrato maggiore comprensione nostri interessi e punti di vista, mentre francesi dimostratisi indifferenti. Pertanto ove delegati americani Glasser, Bittermann e Unger e delegati inglesi Grafftey-Smith e Parker fossero presenti Mosca V.S. potrà opportunamente avvicinarli.

Soluzione compromesso di apparente esatta equidistanza fra interessi contrastanti, quale quella delineata nel rapporto della Commissione di Trieste, è ben lungi da assicurare equidistanza nei risultati. Pressione economico-politica e azione di penetrazione è condotta a Trieste con tali mezzi, con tale metodo ed energia da parte jugoslava, che difficilmente il Territorio Libero potrà essere salvato da un totale assorbimento orbita Belgrado a meno che siano accolti tutti i provvedimenti da noi proposti, e ci sia assicurato necessario appoggio per loro effettiva applicazione.

Nel tener presente tutto quanto sopra esposto V.S. vorrà procurarsi necessari contatti e svolgere l'azione che parrà più opportuna inviando non appena possibile notizie telegrafiche 2 .

194 1 Vedi DD. 185 e 187.

195

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3495/260. Londra, 13 marzo 1947, ore 20,30 (per. ore 11 del 14).

Telegramma ministeriale 3961 1 .

Sargent mi ha detto oggi che questione ammissione Stati minori a discussione pace Germania sarà uno dei punti più dibattuti a Mosca in materia procedura. È noto che Russia intende limitare quanto più possibile alla competenza dei Quattro le questioni tedesche, mentre è ferma intenzione anglo-franco-americana ammettere nel modo più ampio tutti gli interessati. Ripetendomi assicurazioni datemi da Bevin mi ha confermato che punto di vista inglese ci include fra gli Stati direttamente interessati. Il creare a nostro favore una priorità in confronto di altri Stati minori aventi carattere alleati o associati, pur tenendo conto nostri tradizionali legami economici con Germania e nostra possibile funzione nella ricostruzione tedesca, è questione che esula per ora dal problema immediato che è intanto quello di rompere la cerchia esclusiva dei Quattro. Possiamo comunque contare sull'appoggio di Bevin a Mosca nel senso a noi più favorevole.

196

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3490/261-262. Londra, 13 marzo 1947, ore 20,35 (per. ore 8 del 14 ).

Sargent mi ha precisato che ratifica inglese spetta al sovrano dopo che trattato sia stato depositato per ventuno giorni di fronte alle Camere. Ritiene pertanto che

ratifica potrà avvenire entro aprile e in tale termine si presume qui avvenga quella americana.

Egli ritiene che deposito ratifiche, fatto essenziale per entrata in vigore trattato, non verrà effettuato prima che l'Italia abbia ratificato ma è dubbio anche che qualcuno dei Quattro (mi ha accennato di sfuggita alla Francia) sia disposto ratificare prima dell'Italia. In tal caso è evidente che potremmo trovarci in una situazione di disagio.

Premesso che egli ovviamente non può che auspicare la più sollecita ratifica italiana, mi ha aggiunto a titolo personale che un eventuale nostro rimando nel sottomettere all'Assemblea trattato potrebbe essere giudicato come calcolato mezzo dilatorio e farebbe certo impressione sfavorevole.

Riferendomi stampa odierno 81 1 Sargent mi ha manifestato tutta la sua soddisfazione per discorso Truman che affianca definitivamente America a Inghilterra nel Mediterraneo.

Circa ripercussione su Conferenza Mosca, premesso che da tempo ha rinunziato a fare previsioni su reazioni russe, ritiene che il manifestarsi di una ferma politica mediterranea varrà a stabilire una chiarezza che, se non subito, alla lunga potrà convenire alla Russia stessa favorendo quel suo più logico orientamento dal quale è stata fuorviata da troppe concessioni e incertezze 2 .

194 2 Per la risposta vedi D. 249. 195 1 Vedi D. 181.

197

IL MINISTRO A BOGOTÀ, CASSINIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3521/4. Bogotà, 13 marzo 1947, ore 21,29 (per. ore 11 del 14).

A telegramma circolare 4059 11 corrente ed a seguito telegramma 3 7 corrente 1 .

Stamane questo ministro degli affari esteri, al quale ho letto testo memorandum trasmessomi dalla legazione Quito perché non era ancora bene al corrente iniziativa equatoriana, mi ha confermato precedente intenzione unirsi ad un'azione collettiva Paesi latino-americani tenendo conto posizione delicata Colombia sia presso il Consiglio sicurezza, sia in considerazione politica inter-americana finora seguita. Governo Colombia ha infatti sempre sostenuto tesi contraria revisione trattati particolamente nella sua politica con Perù ed ora vorrebbe evitare che assumendo nuovo atteggiamento in questa circostanza possa sorgere altro problema di carattere continentale che invece Equatore ha interesse rimettere in

2 Per la risposta vedi D. 210. 197 1 Vedi D. 186. Con T. 3 Cassinis informava di aver trasmesso al Congresso il messaggio di Terracini di cui al D. 146 e chiedeva di essere informato circa la posizione delle altre Repubbliche latino-americane.

discussione. Comunque avendogli spiegato differenza sostanziale determinata da imposizione trattato non negoziato e riserve già enunciate, mi ha promesso studiare formula che possa venire incontro nostro desiderio senza spostare questione in danno politica territoriale Colombia con Paesi limitrofi per nota contestazione confini. Da ultimo mi ha nuovamente pregato tenerlo al corrente circa atteggiamento altre Repubbliche latino-americane per facilitargli adesione all'azione collettiva da concretare.

196 1 Non pubblicato.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO,

T. 4260/46 2• Roma, 13 marzo 1947, ore 22.

Trasmetta a Molotov, Bidault, Bevin e Marshall seguente mio messaggio:

«Il Governo italiano invia ai Quattro ministri degli esteri ora riuniti a Mosca il suo fervido augurio di lavoro fecondo per la pace e rinnova loro la domanda, già formulata ad ognuno di essi, di poter esprimere alla Conferenza il suo pensiero sul problema tedesco.

A noi sembra che l'alto contributo di sangue che il popolo italiano ha versato nella guerra contro il nazismo, contributo che nelle file della resistenza volontaria non fu certo inferiore ad alcun altro, sia titolo sufficiente per partecipare alla soluzione di un problema vitale per l'avvenire europeo.

D'altro lato il fatto che una parte essenziale del nostro commercio internazionale si svolse sempre verso la Germania ci impone il dovere di far conoscere i pericoli che potrebbero sorgere dall'ignoranza della nostra situazione economica.

Il Governo italiano è cosciente della necessità di garantire mediante misure dirette e un sistema di accordi internazionali la sicurezza del mondo contro una ripresa dello spirito aggressivo ed oppressore che possa di nuovo soggiogare il popolo tedesco e minacciare di conseguenza la pace. Saremmo desiderosi di poter a ciò contribuire nella misura delle nostre forze attuali promuovendo al tempo stesso l'armonia feconda delle varie tesi e giungere così, nella pace, alla reintegrazione del popolo tedesco nella comunità europea ed internazionale.

L'Italia ha troppo crudelmente sofferto del nazismo e del fascismo per cercare dei successi di mero prestigio esteriore. È per questo che s'intende oggi chiarire che più che a qualche formale invito alla Conferenza finale noi penseremmo nell'interesse generale ad una nostra parte

2 Ritrasmesso con T. 4272/c. del 14 marzo alle rappresentanze a Londra, Parigi e Washington. Per la risposta da Parigi vedi D. 218. Con T. per corriere 4192/040 del 17 marzo Tarchiani confermava le favorevoli disposizioni del Governo statunitense all'accoglimento della richiesta italiana. Non risulta sia pervenuta da Londra alcuna risposta.

cipazione ai lavori preparatori che, sotto l'egida dei quattro ministri, si perseguono ora nelle commissioni speciali.

Gli uomini della nuova democrazia italiana che sempre si opposero al fascismo ed alla sua politica negatrice della solidarietà europea desiderano poter dare ovunque la prova che la nuova Italia identifica le sue aspirazioni con quelle di tutti i popoli devoti, al di sopra di tutto, alla causa della pace in un mondo di libertà democratica» 3 .

198 1 Edito in ZENO, Ritratto di Carlo Sforza, cit., pp. 468-469.

199

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3496/103. Mosca, 13 marzo 1947, ore 23,59 (per. ore 8 de/14).

Oggi ho avuto un lungo assai cordiale colloquio con Vyshinsky il quale nell'abituale scambio iniziale di cortesie ha tenuto ricordare le dimostrazioni di buona volontà verso Italia date a suo tempo dal Governo sovietico con immediata ripresa relazioni diplomatiche nel 1944 augurandosi che la politica amichevole così iniziata sia ripresa e continuata.

Si è parlato noto rapporto Commissione finanziaria Trieste di cui mio 98 1 . Vyshinsky mi ha detto non essere ancora deciso se Consiglio ministri si limiterà a prendere visione del rapporto in parola o se lo esaminerà decidendo sul merito. Ha riconosciuto la ragionevolezza della nostra richiesta di partecipazione in questa seconda ipotesi, senza però assumere impegni. Discorso è passato al problema tedesco sul quale ho cercato prospettare e di superare le possibili difficoltà accennate da Molotov, di cui al mio telegramma n. 76 2 , precisando le ragioni di giustizia e d'interesse che consigliano agli stessi russi sostenere nostra domanda.

Vyshinsky ha premesso che situazione Italia è ben diversa da quella dei diciotto Stati alleati cui a New York fu concesso diritto esporre loro avviso restando solo da determinare relative modalità, mentre per Italia ed eventuali altri richiedenti tutto è ancora in forse. Ha tuttavia seguito con interesse mia esposizione e prendendo di sua iniziativa testo articolo 77 nostro trattato di pace ha riconosciuto che almeno quanto a restituzione beni sottratti esso fornisce titolo giuridico per nostra partecipazione.

Non ha formulato alcuna promessa pur dichiarando che problema sarà esaminato da questo Governo con benevolenza per nostro Paese.

sovietica vedi D. 248. 199 1 Vedi D. 185 ma anche il D. 194, evidentemente incrociatosi con il presente telegramma.

2 Vedi D. 111.

Su tale punto è da notare che oggi ambasciatore romeno ha comunicato avere su incarico suo ministro esteri fatta richiesta analoga alla nostra ricordando che stesso Vyshinsky risposto essere estremamente difficile per non dire impossibile sua accettazione, perché vi si opporrebbero sia trattato con Romania che esclude ogni suo diritto verso Germania, sia probabile opposizione altre Potenze.

Messe a confronto due risposte Vyshinsky, quella data a noi potrebbe prestarsi interpretazione favorevole pur non facendomi al riguardo eccessive illusioni.

Infine si è accennato con Vyshinsky invito rivolta da Bevin alla S.V. di recarsi a Londra e Vyshinsky ha osservato che analogo progetto per Mosca sulla base di concreto esame problemi economici italo-sovietici avrà al momento opportuno da parte sovietica tutta attenzione che sua importanza merita.

198 3 Con T. 3563/107 del 14 marzo Brosio assicurò di aver trasmesso questo messaggio. Per la risposta

200

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3527/193. Washington, 13 marzo 1947 1 .

Miei telegrammi 162 e 189-190 2•

Ambienti ufficiali considerano discorso presidente come riconoscimento ormai aperto che relazioni tra gli U.S.A. e Russia hanno raggiunto punto più critico dopo le complicazioni 1939. Mi è stata espressa d'altra parte una cauta speranza che tono deciso e moniti espliciti presidente possano aver effetto chiarificatore a Mosca, ritenuto tanto più necessario dopo recentissima posizione assunta delegato sovietico O.N.U. in questione bomba atomica, inducendo Kremlino a una politica più conciliativa.

Ove tal scopo non potesse essere raggiunto, si ritiene comunque che posizione Marshall alla Conferenza ne verrà considerevolmente rafforzata, con riaffermazione leadership attivo U .S.A. in attuale carenza britannica e consolidamento mondiale prestigio americano scosso da passati compromessi.

È giudizio concorde che adesione data dal Paese a decisione presa Truman riconferma superamento tendenze isolazionistiche sia nel campo politico che in quello economico. È da presumere che situazione creatasi, salvo disposizioni sovietiche ad una effettiva intesa, possa condurre ad un sempre più accentuato intervento americano a sostegno Stati e forze politiche che qui si abbia di volta in volta interesse a consolidare al fine di meglio garantire quelle condizioni che U.S.A. ritengono ormai necessarie alla propria sicurezza.

200 1 Spedito il 14 marzo alle ore 1,27 e pervenuto alle ore 13,30. 2 Vedi DD. 127 e 193.

201

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3602-3600/198-199. Washington, 13 marzo 1947 1 .

Suoi telespresso 16/06230/c. del l o c.m. 2 e telegramma 3988/c. 3•

Dipartimento di Stato ha esplicitamente riconfermato che, data posizione presa da Governo italiano, delegazione americana aveva, sin da prima chiusura lavori Londra. ritirata proposta inclusione trattato con Austria clausola riproducente paragrafo secondo articolo lO nostro trattato di pace e che questione è completamente superata per quanto concerne U.S.A. Anche nel caso del tutto improbabile che proposta fosse ripresentata a Mosca da altra Potenza, delegazione americana non l'approverebbe.

Dipartimento di Stato ha inoltre confermato che schema trattato austriaco approvato a Londra contiene clausola corrispondente art. 18 nostro trattato con menzione Italia prima dei quattro Stati Europa orientale.

Dipartimento di Stato assicura aver provveduto (come già precedentemente durante lavori Londra) attirare attenzione delegazione americana a Mosca su nota nostra richiesta per inserimento in trattato con l'Austria clausola contemplata in art. 77 nostro trattato di pace, aggiungendo non dubitare che richiesta stessa avrebbe avuto la più favorevole considerazione da parte rappresentante U.S.A.

202

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3606/012. Madrid, 13 marzo 1947 (per. il 15 ).

Da un'occasionale ed amichevole conversazione col mio collega britannico ho ritratta impressione egli ritenga che l'irrigidimento di cui ha recentemente dato prova Franco (suoi discorsi ed interviste, discorso Giròn, intensificazione arresti fra elementi di tutte le tendenze politiche in seguito ai contatti tra le sinistre ed i monarchici -mio telegramma per corriere n. 011 1 e precedenti rapporti su situazione politica spagnola) potrebbe portare l'O.N.U. a discutere nuovamente il pro

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 170, nota l. 202 1 Del 6 marzo, non pubblicato.

blema spagnolo nel prossimo Consiglio senza attendere sessione di settembre dell' Assemblea; ciò in base alla deliberazione del 12 dicembre 1946 che raccomandava la adozione di «misure adeguate» da parte del Consiglio qualora «entro un tempo ragionevole» non si fosse stabilito un Governo che rispondesse ai requisiti voluti dalle Nazioni Unite.

Ha affermato che qualora si dovesse giungere, in un prossimo avvenire, anche alla rottura delle relazioni diplomatiche la Gran Bretagna non avrebbe rinunziato al mantenimento delle sue normali relazioni commerciali con questo Paese.

201 1 Spedito il 14 marzo alle ore 1,52 e pervenuto alle ore 12 del 15.

203

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 3559/22. L'Avana, 14 marzo 1947, ore 11,28 (per. ore 7 del 15).

Suo 14 1•

Ho nuovamente insistito presso questo ministro degli affari esteri secondo le istruzioni impartitemi.

Ministro degli affari esteri mi ha autorizzato informarla che questo Governo si propone pubblicare dichiarazione nella quale esso conta annunciare sostanzialmente intenzione concludere pace con l'Italia mediante atto bilaterale.

Durante colloquio ho avuto netta impressione che ministro degli affari esteri si è reso conto che a causa suo temporeggiamento questo Governo, che aveva preso a Parigi posizione più favorevole e più avanzata a favore dell'Italia, [ha perso] occasione essere il primo dichiarare non aderire trattato Parigi e che desideri ora, anziché seguire orme Panama, riportare in primo piano atteggiamento cubano, andando più in là non adesione e concludendo quindi pace separata secondo intenzioni manifestatemi e da me ripetutamente telegrafate.

Peraltro poiché ministro degli affari esteri potrebbe ormai decidersi pubblicare presto dichiarazione di cui sopra, gradirei conferma che nulla osta da parte nostra a tale procedura, giacché se un ostacolo vi fosse dovrei naturalmente avvertire subito, pur continuando ogni sforzo per raggiungere nuova aperta presa posizione

cubana, che forse potrei ottenere consistesse nella stessa dichiarazione con carattere unilaterale voler fare pace separata, salvo concluderla quando ogni ostacolo fosse cessato.

Ma ripeto è necessario tener conto desiderio questo Governo dare sua azione aspetto originale.

203 1 Il testo del T. 14, del lO marzo, era il seguente: «Legazione Panama le trasmetterà direttamente testo memorandum ricevuto da quel Governo relativo trattato pace. Sarebbe desiderabile che, a coronamento dichiarazioni più volte fattele, codesto Governo assumesse uguale atteggiamento. Insista costì in tal senso rilevando significato morale e politico della dichiarazione panamense e ripercussione che analoga attitudine Cuba avrebbe presso altri Paesi sudamericani».

204

IL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3612/37. Sofia, 14 marzo 1947, ore 12,30 (per. ore 16 del 15 ).

Recente discorso Truman viene in questi circoli diplomatici considerato quale prima presa di posizione americana verso regimi totalitari e loro azione, particolarmente settore Mediterraneo orientale e Vicino Oriente. Questione soccorsi a Grecia e Turchia è stata inquadrata in una impostazione ideologica antitotalitaria a carattere generale, con argomentazioni e frasi che riecheggiano quelle già impiegate contro Stati fascisti.

Per quanto riguarda questo settore discorso conferma declino influenza britannica e riaffermazione U.S.A. quali protettori Grecia e Turchia, cui integrità è considerata essenziale preservazione ordine Vicino Oriente. Prevedibile altresì maggiore intransigenza americana nel pretendere rispetto impegni Yalta e libera costituzione forze politiche in Polonia, Romania, Bulgaria.

Rilevata altresì precisa attribuzione responsabilità comunisti situazione Grecia.

205

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3542/161. Parigi, 14 marzo 1947, ore 13,15 (per. ore 14,45).

Questi ambienti responsabili non nascondono estrema preoccupazione circa conseguenze discorso Truman per sue ripercussioni tanto su Conferenza Mosca quanto su politica estera francese destreggiatasi sino ad oggi tra blocchi antagonisti.

A quest'ultimo riguardo mi è stato confidato che pressioni americane per eliminare comunisti Governo e per una politica nettamente anticomunista si sono fatte ultimamente più precise e insistenti.

206

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3562/105. Mosca, 14 marzo 1947, ore 23,10 (per. ore 7 de/15).

Discorso Truman ha suscitato ambienti politici diplomatici Mosca grande impressione. Ieri nei corridoi della Conferenza esso era oggetto principale delle conversazioni: lo si è ritenuto diretto a impressionare delegati analogamente esperimento Bikini durante Conferenza Parigi.

Vice-ministro Malik in conversazione con me oggi ha prima minimizzato il fatto e poi deviato discorso.

Oggi Isvestia con lungo editoriale prende posizione nettamente polemica criticando politica espansionistica statunitense, denunziando fallimento politica interventista inglese in Grecia e prospettando vassallaggio Grecia e Turchia di fronte Stati Uniti. Editoriale evita tuttavia studiosamente qualsiasi connessione con attuale Conferenza allo scopo evidente di mostrare che U.R.S.S. non si lascia impressionare da atteggiamento Truman. Anzi Pravda in un commento odierno circa lavori Conferenza insiste su atteggiamento ottimistico e continua critica violenta contro pessimismo stampa anglo-americana.

207

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3558/106. Mosca, 14 marzo 1947, ore 23,10 (per. ore 7 de/15).

Riservandomi riferire ulteriormente su andamento complesso Conferenza Mosca attiro per intanto attenzione S.V. lavori Consiglio sostituti circa procedura trattato Germania che direttamente interessano nostra domanda partecipazione. Riunione 12 marzo Couve ha proposto discussione modalità partecipazione altre Potenze limitandosi alle sole Nazioni alleate non occupanti senza accennare minimamente richiesta italiana. Discussione si è spostata pregiudizialmente su natura stessa trattato, se atto unilaterale o bilaterale e su tale tema è continuata 13 marzo. Mentre anglo-americani sostenevano tesi atto unilaterale -statuto Germania o trattato per Germania -russi opponevano necessità atto bilaterale, ossia vero trattato con Germania e si giunse infine a formula generica trattato di

pace germanico che Vyshinsky accettò dichiarando intenderla come indicativa atto bilaterale.

La discussione è poi proseguita in modo assai sintomatico su questione partecipazione Albania, lasciata in sospeso a Londra; tutto dibattito si imperniò su diritto Albania alla inclusione fra Nazioni alleate e unite criterio evidentemente contrario a noi: Vyshinsky appoggiò domanda fondandosi principalmente su partecipazione Albania trattato Italia e riconoscimento suo diritto riparazioni. Anglo-americani contrastarono tale diritto partendo tuttavia dal medesimo criterio e questione è rimasta indecisa.

Malgrado affinità argomento e affidamenti dati a nostro Governo come da telegramma di V.S. n. 3961 del 9 marzo scorso\ nessuno dei Quattro accennò modo alcuno analoga questione partecipazione Italia.

Vedrò domani Catroux e cercherò avere maggiori dettagli al riguardo, continuando insistere presso varie delegazioni su nostra ammissione, ma non mi nascondo che attuale andamento discussione non appare finora per noi soddisfacente.

208

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3560/110. Mosca, 14 marzo 1947 1•

Seguito telegramma odierno 106 2 .

Apprendo che in seduta odierna i sostituti ministri affari esteri hanno in linea di massima stabilito costituzione Comitato informativo e consultivo per trattato Germania. Di tale Comitato farebbero parte secondo proposta Vyshinsky noti diciotto Stati più Albania senza alcun accenno altri Stati né Italia. Vyshinsky per sostenere inclusione Albania ha proposto criterio di ammettere tutte le Potenze che hanno partecipato con loro forze armate lotta comune contro Germania. Ciò mi ha offerto lo spunto per far seguito a messaggio V.S. 3 con nota diretta ai sostituti che presenterò domani mattina prima della loro seduta rivendicando diritto Italia far parte Comitato consultivo.

2 Vedi D. 207.

} Vedi D. 198.

207 1 Vedi D. 181.

208 1 Spedito il 15 alle ore 2,55 e pervenuto alle ore 7.

209

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3619/266 1 . Londra, 15 marzo 1947, ore 12,55 (per. ore 19).

Telegramma ministeriale 3683 2 .

Delegato supplente per la pace italiana Jebb che ho ieri nuovamente intrattenuto sulla questione colonie mi ha detto che i delegati supplenti intendono chiedere ai quattro ministri esteri di potersi riunire anche prima della ratifica italiana per decidere questione procedura del loro futuro lavoro in materia coloniale e per designare membri previsti Commissione d'inchiesta. Circa partecipazione regolare e continuativa nostri esperti mi ha ripetuto preoccupazione inglese circa analoga pretesa controparti. Comunque mi ha assicurato che Dipartimento di Stato condivideva stessa preoccupazione e che finora non era giunto qui cenno di un mutato avviso di Washington. Non essendo egli in principio contrario a una certa forma di nostra partecipazione sarebbe bene sollecitare da Washington una concreta manifestazione nel senso promesso da MarshalJ3.

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 4377/155. Roma, 15 marzo 1947, ore 22.

Suoi 261-262 1•

È bene ella chiarisca costì che Governo italiano, come si è assunto responsabilità firma trattato, è altresì convinto necessità che esso venga ratificato. Nessun dubbio deve a tale riguardo sussistere. Se trattato non è ancora stato presentato ad Assemblea costituente per esame e ratifica, ciò non è da porsi in relazione con calcoli dilatori, ma è unicamente dovuto a motivi psicologici di ordine interno in considerazione di speranze che esistono in taluni settori nostra opinione pubblica circa atteggiamento Congresso nordamericano, ragione per cui, ad evitare partigiane recriminazioni future, è parso opportuno procedere ratifica subito dopo Stati Uniti.

2 T. s.n.d. 3683/c. del 5 marzo indirizzato a Londra, Mosca e Parigi, con il quale Sforza informava circa l'orientamento di Marshall favorevole a che esperti italiani fossero sentiti dalla Commissione d'inchiesta per le colonie e sollecitava un analogo atteggiamento da parte sovietica.

3 Per il resoconto del colloquio Tarchiani-Marshall vedi D. 124. 210 1 Vedi D. 196.

209 1 Ritrasmesso a Mosca, Parigi e Washington con T. 4423/c. del 17 marzo.

211

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATISSIMO 321/157. Atene, 15 marzo 1947 1 .

Per l'evidente interesse che ha per la politica italiana la situazione determinata in Grecia, e in tutto il Mediterraneo, dalla decisione del presidente degli Stati Uniti di muovere al soccorso di questo Paese, vorrei tentare di analizzarne brevemente gli effetti immediati e le conseguenze piu lontane.

Mi richiamo al telegramma n. 58 del 5 marzo 2 con il quale ho indicato i principali aspetti locali dell'intervento americano; e per quanto riguarda il messaggio di Truman al Congresso segue il testo ufficiale diramato dall'ufficio informazioni di questa ambasciata degli Stati UnitP.

l) La stessa successione cronologica degli avvenimenti è stata presentata in versioni varie e contraddittorie. Il messaggio al Congresso parla di un'azione da intraprendere a seguito di una richiesta greca di soccorso («gli Stati Uniti hanno ricevuto dal Governo greco un urgente appello di assistenza economica e finanziaria»). Senonché le prime notizie sulle decisioni americane risalgono a sabato scorso lo marzo; e risulta che la richiesta greca, di cui si è avuto notizia ad Atene soltanto il 6, sarebbe stata presentata a Washington il lunedì 3 corrente. È evidente dunque che l'iniziativa americana, che qui è giunta completamente di sorpresa, è indipendente da qualsiasi passo della Grecia. La nota di questo Governo è stata presentata soltanto successivamente e pro-forma.

2) Si è detto anche che la decisione degli Stati Uniti è dovuta ad un'esplicita richiesta del Governo inglese il quale aveva fatto presente che a partire dal 31 marzo, data in cui scadeva il suo impegno di concorrere alle spese dell'esercito greco, non avrebbe potuto più fornire alcun aiuto. Ma la prima notizia Reuter da Londra (del 1° marzo) parla soltanto di «conversazioni in corso» e di una richiesta inglese al Governo degli Stati Uniti di partecipare a tali spese; e precisa in ogni modo che le discussioni «si limitano alla concessione di un aiuto finanziario per l'esercito greco e che non sono in relazione con altri crediti o prestiti». Non sono in grado, naturalmente, di affermare che la decisione di Washington sia indipendente anche da ogni richiesta inglese; ma appare più che probabile, dall'esame delle circostanze e dal fatto che il messaggio di Truman non ne fa parola, che, anche se una connessione di tempo vi è stata, l'iniziativa americana, per la sua ampiezza e autonomia, ha immediatamente trasceso il campo ristretto del negoziato che si svolgeva sino allora tra i due Governi.

211 1 Sulla copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 158.

Non rinvenuto.

3) Si è parlato molto a un certo momento di una richiesta americana all'Inghilterra, come condizione esplicita del concorso finanziario, di lasciare le truppe inglesi in Grecia. Successivamente, su questa pretesa condizione, si è fatto il silenzio più assoluto; sia che il Governo inglese abbia giudicato poco dignitoso di noleggiare le sue truppe come mercenari, e si sia rifiutato; sia, come appare più probabile, che, col precisarsi delle intenzioni e degli scopi americani, sia apparsa in pieno ai consiglieri del presidente tutta la futilità e innopportunità di questa richiesta. E di fatto è già in corso, come è noto, il ritiro di metà degli effettivi britannici qui stanziati; e Bevin aveva già annunziato, sebbene in forma ambigua, che tutte le truppe sarebbero ritirate entro breve tempo e appena possibile. Ora non saranno certamente i diecimila soldati inglesi qui rimasti che salveranno la Grecia da un ipotetico attacco. La posizione greca, in tempo di pace, non può essere difesa da un piccolo contingente straniero; bensì può esserlo, e molto efficacemente, da una risoluta ed aperta protezione politica.

4) Che la decisione degli Stati Uniti sia stata presa indipendentemente, in senso lato, da qualsiasi intervento esteriore, greco o inglese, e al di sopra e al di fuori dei suoi stessi piani iniziali di assistenza finanziaria a questo Paese, è provato dal fatto che il capo della missione economica americana, Porter, che aveva il compito di studiare le esigenze locali e di riferire e fare proposte al suo Governo, è stato colto egualmente di sorpresa dagli avvenimenti. Ciò mi è stato confermato da fonte autorevole; ed è reso ancor più evidente dal fatto che Porter, del quale soltanto il lo marzo si annunziava ufficialmente che sarebbe rimasto ad Atene sino alla fine del mese, ha ora già preso congedo dal Governo greco e si prepara a partire. La decisione del suo Governo gli ha, per così dire, tagliato l'erba sotto i piedi a lui e alla sua missione.

5) Per quanto posso giudicare di qui, ciò che ho detto della Grecia vale anche, e a maggior ragione, per la Turchia della quale soltanto il 6 marzo si avanzava timidamente, in dispacci da Ankara, che si preparasse a far presenti anche le sue richieste. Con ciò non si vuoi sostenere, beninteso, che l'iniziativa americana non trovi giustificazione nelle reali necessità finanziarie di questi due Paesi, che il soccorso americano non sia stato da tempo desiderato e invocato, e che l'Inghilterra non abbia realmente manifestato la sua impotenza a mantenere i suoi commitments in Grecia e in Turchia, ma si vuoi sottolineare soltanto il carattere autonomo della decisione americana, chiaramente ispirata a un disegno unitario di politica mondiale che trascende i desideri e le manchevolezze locali. Ed è proprio questo carattere che conferisce all'iniziativa degli Stati Uniti, e in questo momento, alla vigilia della riunione della Conferenza di Mosca, tutta la sua importanza, e ne precisa la portata.

6) Secondo il progetto del presidente, la Grecia dovrebbe essere sottoposta a uno strettissimo controllo politico, amministrativo, finanziario, militare. Non solo si constata che è «della più grande importanza che noi controlliamo l'uso dei fondi che saranno messi a disposizione della Grecia, in modo tale che ogni dollaro speso sia fatto valere per rendere questo Paese capace di bastare a se stesso»; non solo si annunzia che il Governo greco (ciò che non aveva mai fatto prima, ma ha dovuto fare evidentemente con la nota presentata il 3 marzo) ha chiesto «l'assistenza di esperti amministratori americani, economisti e tecnici»; ma si propone anche al Congresso di autorizzare l'invio di «personale americano civile e militare» e l'istruzione di «personale scelto greco e turco». Per quanto riguarda la Grecia si può dire senza tema di esagerazione che, se il Congresso accoglierà le proposte del presidente, questo Paese diventerà a tutti gli effetti pratici un protettorato degli Stati Uniti.

7) È difficile dire oggi quale sarà la sorte dei numerosi organi inglesi di analogo controllo, delle varie missioni economiche e militari, le quali verrebbero ad essere un doppione dei nuovi organi americani che si costituiranno. Ma la sorte finale non è difficile a prevedere; anche se per un certo tempo si potrà avere una specie di malsicuro condominio, intristito da innumerevoli conflitti di competenza, col tempo i secondi sostituiranno i primi, non fosse altro che perché le missioni inglesi perderanno gradatamente e irresistibilmente terreno in prestigio e in contenuto pratico.

Si potrebbe andare molto più avanti, e molto più addentro, nell'analisi degli aspetti locali e generali di questa nuova situazione. Ma li tralascio per giungere alle conclusioni che più ci interessano. È evidente infatti che noi italiani non possiamo considerare quanto avviene in Grecia (e in Turchia) come res inter alias acta. E non soltanto per la ragione fondamentale, ma generica, che tutto quanto avviene nel Mediterraneo tocca da vicino i nostri interessi; ma per motivi più specifici che cercherò di esporre brevemente.

La crisi inglese, quella che Churchill ha chiamato con tragica parola il clattering down dell'Impero britannico, crea un vacuum politico che gli Stati Uniti sono costretti a colmare. I procedimenti americani potranno anche essere poco riguardosi. Ma la realtà è che non si tratta affatto di una vittoria della giovine repubblica sul vecchio impero; la crisi inglese è anche, automaticamente, crisi americana. Per oltre un secolo gli Stati Uniti hanno potuto tenersi alla dottrina di Monroe perché protetti dal dominio inglese dei mari. Ora questo dominio, e il sistema di difese sul quale poggiava, cede da ogni parte; e cedendo scopre i fianchi degli Stati Uniti.

So benissimo che, non per questo, l'Inghilterra è finita come potenza mondiale; e che non sia finita lo dimostra, fra l'altro, il recente rifiuto di cedere Cipro alla Grecia. Ma il fenomeno generale rimane vero, e sono vere le sue conseguenze generali. Quello che oggi avviene in Grecia e in Turchia è già avvenuto altrove, e si ripeterà domani, in altra forma, in India o in altre parti del mondo. È la realtà di questo fenomeno che determina l'ordine di precedenza, e di solubilità, dei nostri problemi nazionali.

Per quanto riguarda il Mediterraneo, nel quale l'Italia rimane, oggi più che mai, la più importante unità demografica, economica, politica locale, l'azione americana, l'ineluttabile azione americana, tende in realtà, sotto la veste dei pretesti ideologici, alla conservazione dello status quo territoriale; ma introduce in questo mare una nuova e fluida situazione che si sostituisce all'antica. Ora, all'Italia che esce dolorante dalla disfatta, si presenta tutta una serie di problemi che si assommano nella revisione del trattato di pace e nella ricostruzione della sua posizione internazionale. Alcuni di questi problemi, come ad esempio quello di Trieste che è in realtà un problema balcanico, sono inseriti in situazioni rigide che non ci consentono alcuna libertà di manovra e d'iniziativa, in situazioni che potrebbero essere mutate soltanto nell'ipotesi sventurata e sommamente deprecabile di una

nuova guerra. Altri invece, quelli che trovano la loro sede nel Mediterraneo, beneficiano di questa fluidità nuova, quale non si verificava più dalla guerra di successione spagnola, e possono essere perciò risolti nell'ambito dello status quo e della pace.

Potrà dirsi che a un padrone straniero sta per sostituirsi un altro egualmente straniero, e che non si vede il profitto per noi di questo mutamento. Ma, a parte l'ovvia considerazione che sarà più facile inserirsi in un ordine nuovo che si forma anziché in un antico che si è già cristallizzato, la naturale risposta a questa obiezione sta in una politica di cooperazione mediterranea ispirata dall'Italia, quale è stata indicata nelle recenti dichiarazioni di V.E.

Entro il nuovo ordine di potenza che si viene fondando nel Mediterraneo, se sapremo misurare appieno tutta la portata di questo fenomeno grandioso, potremo ritrovare, forse con maggior libertà, dignità e profitto di prima il nostro posto. Gli Stati Uniti, potenza mondiale, avranno bisogno, come già l'Inghilterra, di un punto d'appoggio e di un sistema; ma, a differenza dell'Inghilterra, trarranno vantaggio non dalla discordia ma dall'unione di tutti gli Stati interessati all'equilibrio mediterraneo; e nell'assicurare quest'unione, nel farsene guida pacifica e rispettata, l'Italia, se saprà guardarsi da irredentismi intempestivi, potrà ritrovare le premesse e Io sviluppo di una politica veramente nazionale.

212

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2824/408. Vienna, 15 marzo 1947 (per. il 31).

Miei telegramma n. 81 e telespresso n. 2609/384 1•

Questa stampa ha pubblicato in data odierna la risposta data dal ministro degli esteri, dott. Gruber, alla interrogazione a suo tempo presentatagli dal partito socialista circa l'attesa autonomia per I'Alto Adige e l'inizio delle trattative per la soluzione della questione. delle opzioni, che ha formato oggetto del telegramma e del rapporto indicati in riferimento.

La risposta del ministro Gruber che sottolinea che l'Italia, in base agli accordi di Parigi, ha un anno di tempo, dopo la ratifica del trattato di pace, per dare pubblicità al previsto statuto di autonomia per l'Alto Adige, tende a dissipare le apprensioni che da parte austriaca oltre che nella consueta campagna di stampa, già segnalata precedentemente a codesto ministero, erano state sollevate anche nella predetta interrogazione.

Per quanto riguarda l'inizio delle previste consultazioni itala-austriache per la questione delle opzioni, il dott. Gruber chiarisce nel corso della sua risposta che,

pur essendo state già iniziate conversazioni preliminari, la trattazione del problema non potrà avvenire che dopo la chiusura della Conferenza di Mosca.

Si allega, ad ogni buon fine, un ritaglio della Wiener Zeitung del 13 marzo u.s., contenente l'esatto testo della risposta in parola 2•

212 1 Vedi DD. 131 e 188.

213

IL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3665/24. L'Avana, 16 marzo 1947, ore 14,06 (per. ore 8 del 17).

Ministro degli affari esteri al termine di una udienza col presidente della Repubblica ha deciso pubblicare in data 15 dichiarazione preannunziata mio telegramma n. 22 1 e cui testo ho telefonato questa notte in chiaro 2 .

Ministro degli affari esteri all'ultim'ora non (dico non) mi ha consultato su testo dichiarazione ed ho ragione di credere ne ha affrettato pubblicazione nel timore essere preceduto altri Stati in nuovi gesti favore Italia.

Intenzione concludere mediante accordi bilaterali pace con l'Italia, cioè rifiuto aderire trattato Parigi, è presentata come reazione mancata accettazione da parte Conferenza tesi sostenute da Cuba a Parigi sia nei riguardi suo diritto partecipazione Conferenza su piede parità sia nei riguardi trattamento giusto da fare all'Italia. Nel pensiero del ministro degli affari esteri quale mi è risultato durante precedente conversazione, dichiarazione fatta ieri sera significa sia disapprovazione e ripulsa di un trattato imposto e ingiusto sia volontà non limitarsi ad un atteggiamento negativo quale non valersi art. 88 e coronare invece azione Governo cubano mediante esemplari fatti positivi cioè pace concordata ed equa quale la preannunzia proposito dichiarato non appropriarsi beni italiani né reclamare danni di guerra.

Ritengo che idea procedura di cui sopra siasi rafforzata nella mente ministro degli affari esteri in seguito appello Assemblea costituente in cui è richiesta revisione mediante accordi bilaterali 3 .

In questa circostanza desidero ricordare che presidente della Repubblica non ha tralasciato occasione manifestarmi intenzione rinnovare vincoli stretti amicizia con l'Italia.

Ministro degli affari esteri fin da quando ottobre u.s. iniziai azione per non adesione trattato dei Ventuno mi ha dimostrato comprensione nostro punto di vista. Egli ritiene che Cuba ha fatto pro equa pace più degli altri Governi e nella data di ieri ha tenuto riassumerne prove.

2 T. 3660/23 in pari data, non pubblicato.

3 Vedi D. 146.

212 2 Non pubblicato.

213 1 Vedi D. 203.

214

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3693/27. Ankara, 17 marzo 1947, ore 15,45 (per. ore 9 del 18).

Suo telegramma n. 31 1•

Conversazioni per accordo commerciale hanno fatto soprattutto nella giornata di ieri sostanziali favorevoli progressi.

Restano in discussione argomenti collaterali alcuni dei quali importanti (appoggio turco elezione direttore italiano Banca pagamenti internazionali, miniere Eraclea ecc.) che sarebbero molto probabilmente sacrificati se delegazioni dovessero bruciare le tappe. Al ritmo attuale prevedo accordo potrebbe giungere sua fase finale entro settimana ventura.

Se V.S. ritenesse che esigenze politiche -di cui dopo dichiarazioni Truman mi rendo conto perfettamente-dovessero tuttavia prevalere su quelle economiche, delegazione potrebbe forse ridurre tempo della metà con valutazione in tal senso probabile sacrificio obiettivi collaterali accennati.

Sarei grato V.S. se in questo caso volesse cortesemente telegrafarmi. È superfluo aggiungere che delegazione -che ha lavorato bene e sollecitamente -affretterà intanto suoi lavori in ogni possibile modo 2•

215

IL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3793/036. Sofia, 17 marzo 1947 (per. il 20).

Seguito mio telegramma n. 37 del 14 marzo 1 . Riferisco in riassunto quanto mi ha detto questo ministro d'America, Barnes, in relazione al discorso di Truman del 12 corrente. Vi è stato da parte della Gran Bretagna un segnale d'allarme: Londra ha fatto conoscere a Washington di non potere più continuare con i soli suoi mezzi a difen

2 Con T. 4546/35 del 19 marzo Fransoni rispondeva: «Trattative commerciali pur procedendo spedite non debbono sacrificare argomenti importanti quali quelli indicati suo telegramma 27. È conveniente perciò raggiungere entro ventura settimana fase finale come da lei indicato». Il 28 marzo Prunas informava che la delegazione turca aveva richiesto una proroga per la presentazione delle sue conclusioni e che era stato garantito l'appoggio di Ankara alla nomina di un direttore italiano della Banca pagamenti internazionali (T. 4314/35). 215 1 Vedi D. 204.

dere la Grecia dall'influenza comunista. Washington ha considerato che il prevalere del comunismo in Grecia comporterebbe l'accerchiamento della Turchia e il conseguente estendersi del comunismo nei paesi del Vicino Oriente e in Egitto; praticamente il Mediterraneo diverrebbe un lago russo, l'Italia non potrebbe a lungo sottrarsi al predominio comunista e la sua evoluzione comporterebbe a breve scadenza anche quella della Francia. In definitiva, diceva Barnes, abbandonare la Grecia significherebbe per gli anglo-americani ammettere l'influenza comunista in tutta l'Europa continentale. Ecco perché Washington ha assunto la decisione, di importanza storica, di sostenere la Grecia e la Turchia nell'interesse della sicurezza dell'America.

In una visita protocollare che ho fatto al generale russo Biryuzov, presidente della locale Commissione di controllo, da poco rientrato da Mosca, egli, alludendo ovviamente al discorso di Truman, ha accennato allo «spirito di aggressione» che ancora domina i dirigenti di alcuni Stati, e che renderà difficile l'instaurazione di quella collaborazione internazionale che gli interessi di tutti i popoli imporrebbero. Con poche frasi espressive egli ha dato l'impressione di una accorata preoccupazione per il futuro. Tale suo atteggiamento è coerente, a quanto posso ricavare da questi giornali, a quello che in relazione al discorso di Truman avrebbero assunto gli organi di stampa sovietici.

214 1 T. 4276/31 (Ankara) 39 (Atene) del 14 marzo, con il quale Sforza sollecitava le conversazioni di cui al presente telegramma.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA,

AL PRESIDENTE DELL'ASSEMBLEA

NAZIONALE FRANCESE, HERRIOT (1)

L. Roma, 17 marzo 1947.

Merci pour ce que vous avez dit à M. Quaroni de notre vieille amitié.

Vous savez, je n'en doute pas, que revenu aux Affaires Etrangères je pense constamment à la nécessité de rétablir les liens, depuis l'horrible aventure fasciste, entre nos deux pays. Ce que les Delcassé, les Giolitti, les Barrère, les Visconti Venosta firent il faut le refaire. Ne sentez-vous pas, comme moi, que le danger du demain n'est ni un danger soviétique ni autre mais un seui: l' Allemagne inguérissable. Si nous ne sommes pas sages, nous et vous, les victimes prédestinées de la nouvelle ruée, de un monde qui encore une fois se sera laissé berner, nous ne nous sauverons qu'à travers l'entente la plus étroite. Autour de nous il y a des italiens éminents qui le sentent; ils voudraient agir; les erreurs commises de votre còté les découragent; comme se disent-ils, a-t-on pu penser en France à de mesquines satisfations militaresques, lorsqu'il s'agit de la vie ou de la mort de la latinité? Mème Bismarck vit plus clair, en 1866, vis-à-vis de l' Autriche ...

Parfois je me demande si un mot de vous -qui avez si souvant interprété l'àme française-ne pourrait préparer le terrain pour cette entente si nécessaire ...

Croyez toujours à ma vieille et fidèle amitié; !es années passent -depuis Lyon jusqu'à Bordeaux -mais notre réaction .vis-à-vis de la stupidité, reine du monde, fut toujours identique 2 .

216 1 In Archivio personale del conte Sforza.

217

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

T. 4485/18. Roma, 18 marzo 1947, ore 12,50.

Suoi 23 e 24 1•

Esprima codesto Governo nostro sincero apprezzamento per decisione adottata che conferma ancora una volta nobili sentimenti di cui nazione cubana aveva già dato prova nel corso Conferenza Parigi. Aggiunga a codesto ministro esteri che confidiamo nella sua efficace azione perché altri Paesi sudamericani ne seguano esempio. Circa proposto atto bilaterale da parte nostra si riterrebbe sufficiente scambio note fra V.S. e codesto Governo nel quale si constati ristabilimento stato giuridico pace fra due Paesi fissandone data ad ogni utile effetto 2 .

218

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 37111167-168. Parigi, 18 marzo 1947, ore 13,45 (per. ore 20).

Suo 4272/c. del 14 corrente 1• Ho rimesso a Teitgen, che regge mm1stero in assenza Bidault, copia della comunicazione fatta a Mosca illustrandone punto per punto significato e portata.

Teitgen mi ha ripetuto che Francia ha sempre desiderato partecipazione Italia trattato Germania e lo desidera ancora più oggi che vede concordanza di massima fra nostri punti di vista. Francia continua ad insistere ma è necessario procedere

2 Con T. 3872/25 del 21 marzo Scaduto rispondeva segnalando che il Governo cubano avrebbe preferito, per motivi di carattere interno e internazionale, la formula del trattato, e che si proponeva di sondare i Governi sudamericani per una loro possibile adesione. 218 1 Vedi D. 198, nota 2.

cautamente per non incorrere netto rifiuto che oltre ad essere lesivo per noi avrebbe potuto compromettere successo finale: consigliava anche a noi pazienza. Mi ha chiaramente accennato ad opposizione russa non tanto particolarmente diretta contro di noi quanto in generale contraria allargamento basi Conferenza.

Mi ha osservato che giuridicamente è difficile poi porre apertamente questione fino a ratifica trattato di pace. A mia osservazione ha detto che eravamo stati in buona parte noi con nostre riserve a togliere ad atto firma importanza che altrimenti esso avrebbe avuto. In secondo luogo gli sembrava difficile ottenere nostra ammissione prima di altre Nazioni Unite cui partecipazione deve ancora essere decisa: già fare includere Italia fra Potenze aventi diritto partecipare incontra difficoltà, farle avere precedenza sarebbe stato impossibile.

Gli ho detto che noi non cercavamo precedenze, domandavamo soltanto che le questioni non venissero risolte in nostra assenza. Gli ho messo in rilievo che nostra esclusione da trattato sarebbe stata particolarmente risentita da nostre forze resistenza che formano parte migliore Paese. Che comunque qualora Francia ritenesse possibile continuare insistere per nostra ammissione ciò avrebbe molto giovato rapporti due Paesi.

216 2 L'ultimo capoverso reca a margine la seguente annotazione: «Scritto di mia mano». 217 1 Vedi D. 213.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 45031168. Roma, 18 marzo 1947, ore 17,30.

Suoi 195-196-197 1 .

Proposta trattative da farsi costà, avanzata da parte americana a presidente del Consiglio, per cui invio delegazione è stato anche recentemente sollecitato (suo telegramma 185) 2 , è ormai nota opinione pubblica italiana la quale se n'è vivamente compiaciuta. Noi vogliamo rapida totale soluzione questioni conseguenti alla guerra e ciò non avverrebbe affatto col sistema proposto. Quanto facciamo con Londra e con Parigi e Belgrado per liquidare un triste passato e reinserirci al più presto nella cooperazione internazionale dobbiamo farlo ancora più cogli Stati Uniti d'America che sono punto culminante tale nostra azione; nostro interesse è contrario a minimizzarla.

Questioni proposte da codesto Governo come da suo telespresso 126/118 26 gennaio 3 implicano comunque, a parte conteggio trasferimenti attivi e liquidati vi,

2 Vedi D. 96, nota 2.

3 Non pubblicato.

concrete trattative di cui ai punti 5 e 8 che interessano in modo sostanziale nostre attuali e future posizioni economiche. In tale quadro dovrebbero altresì essere considerate possibilità prestiti e collaborazione italo-americana ricostruzione di cui per ultimo sua lettera personale 6 corrente 4 .

L'insieme di tali importanti questioni non potrebbe in ogni caso rientrare nel gruppo problemi più limitati da trattarsi normali vie diplomatiche come da parere riferito con suo 195.

Nondimeno Governo italiano potrebbe anche inviare entro termini di cui telegramma ministeriale 159 5 esperti tecnici finanziari che si limitino impostazione conteggi purché si fissi data per invio immediatamente successivo nostra delegazione per complesso negoziati compresa conclusione conteggi stessi.

Voglia pertanto V.S. concordare con codesto Governo decisione in tal senso e telegrafare, ove necessario 6 .

219 1 Del 14 marzo, con essi Tarchiani aveva riferito circa l'intenzione statunitense di soprassedere ai previsti negoziati e di risolvere con provvedimenti unilaterali alcune questioni quali i claims e lo sblocco dei beni. Le eventuali ulteriori questioni sarebbero state risolte con negoziati più limitati da svolgersi per le normali vie diplomatiche. Egli aggiungeva inoltre di aver espresso ogni riserva per tale nuovo orientamento del Dipartimento di Stato ma di ritenere tuttavia non conveniente l'opporvisi.

220

L'INCARICATO D'AFFARI A MANILA, STRIGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3752/15. Mani/a, 18 marzo 1947, ore 18 (per. ore II de/19).

Rapporto n. 109/35 del 5 corrente 1 .

Elpidio Quirino ha restituito stamane, con alcune varianti, schema di amicizia e relazioni generali che gli avevo rimesso 5 corrente e che avevo redatto sul modello del trattato fra Italia e Manciukuo, inviato codesto ministero con telespresso 022661124 gennaio scorso 2 .

Ho assicurato Elpidio Quirino che avrei sottoposto subito schema da lui modificato ad approvazione di V.E. facendo espressa riserva per eventuali varianti che V.E. ritenesse apportarvi. Testo parte oggi per aereo e dovrebbe essere Roma verso fine mese. Elpidio Quirino si è mostrato particolarmente desideroso firmare al più presto trattato con Italia. Anche presidente Manuel Roxas che ho rivisto stamane per porgergli felicitazioni presidente della Repubblica e del Governo italiano di cui al telegramma di

V. E. n. 7 2 mi ha espresso sua soddisfazione per schema trattato da me presentato.

Finora Filippine hanno firmato trattato solamente con U.S.A. e -data sospensione negoziati con la Cina e ritardo verificatosi in trattative con Gran Bretagna e Francia -ove V.E. approvasse varianti apportate dal vice presidente e mi inviasse poteri, Italia sarebbe primo Paese -dopo U.S.A. -a concludere trattato di amicizia con Filippine.

5 Con T. 4268/159 del 14 marzo Sforza aveva comunicato che, data l'assenza degli esperti della delegazione italiana impegnati in trattative all'estero, il negoziato poteva essere avviato dopo la metà del mese di aprile.

1' Per la risposta vedi D. 253. 220 1 Vedi D. 160.

2 Non pubblicato.

219 4 Non rivenuta.

221

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3726/116 1 . Mosca, 18 marzo 1947, ore 23,22 (per. ore 8 de/19).

Nella riunione ieri dei sostituti si sono precisati gli atteggiamenti contrapposti sia su lista partecipanti sia su modalità partecipazione. Sul primo punto Vyshinsky ha insistito nel non riconoscere sufficiente requisito formale dichiarazione guerra a Germania e nel richiedere quello effettiva partecipazione. In tale categoria incluso anzitutto Romania poi Bulgaria ed infine Italia dicendo testualmente che questa partecipato lotta contro Germania quantunque in misura limitata. Delegato americano ha invece ribadito ammissione tutti Stati che dichiararono guerra il che porterebbe secondo Murphy numero totale a ben quarantaquattro Stati. Sul secondo punto una proposta Strang parrebbe implicare una distinzione su grado partecipazione fra i diciotto Stati alleati e gli altri: i primi con diritto far parte commissioni insieme Quattro Grandi, e gli altri ammessi solo a Conferenza finale. Anche su ciò vi è controversia, in quanto russi riconoscono ad altri solo funzione consultiva e diritto a informazione restando il lavoro di redazione nelle commissioni limitato ai Quattro Grandi.

Oggi ho visto Murphy il quale pur precisando che nulla è ancora deciso ha considerato come praticamente sicura nostra ammissione. Dandola per indiscutibile ho insistito particolarmente sulla intensità nostra partecipazione sostenendo inammissibilità da parte nostra di qualsiasi differenziazione a nostro sfavore, e prospettando quanto sia ingiusta nostra equiparazione a Stati cui contributo guerra Germania fu senza confronto inferiore. Murphy è rimasto convinto di ciò e ha riconosciuto necessità evitare ogni nostra situazione di inferiorità.

Esiste tuttavia ancora una tendenza accennatami oggi anche da ambasciatore Canada a differenziare gruppo alleati da gruppo cobelligeranti ed è contro questo pericolo che, ove si superi come spero questione ammissione, intensificherò miei sforzi.

Inoltre questo Ministero esteri mi ha oggi chiarito che dichiarazione Vyshinsky sopra riferita deve intendersi come una vera e propria proposta ammissione Italia trattato Germania che però non è ancora decisa così come è da decidere forma partecipazione.

Conformemente telegramma 50 2 inizierò stasera invio telegramma stampa lavori Conferenza.

221 1 Ritrasmesso, ad eccezione dell'ultimo capoverso, alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington con T. 4776/c. del 23 marzo. 2 Del 17 marzo, con il quale veniva richiesto l'invio giornaliero di telegrammi stampa sullo svolgimento della Conferenza.

222

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

L. CONFIDENZIALE 381/72. N anchina, [. .. marzo 1947} 1 (per. il 17 aprile).

In relazione alle conversazioni in corso costì con l'ambasciata di Cina-ed in attesa di riscontro al mio telegramma n. 37 2 -ritengo opportuno sottoporre all'attenzione della S.V. alcune considerazioni.

l) La S.V. troverà, in allegato al mio telespresso n. 342/63 del 14 marzo\ il testo di una recente dichiarazione del Partito comunista cinese in materia di accordi internazionali: con la quale si dichiara, in sostanza, che il Partito non riconoscerà alcun accordo stipulato dopo il lOgennaio '46 che costituisca alienazione dei diritti sovrani della Cina. La dichiarazione ha chiaramente di mira gli accordi intervenuti

o che possano intervenire fra il Governo cinese e gli Stati Uniti, e non mi sembra destinata ad applicarsi ad accordi del genere di quelli che noi ci accingiamo a concludere col Governo cinese. Tuttavia, senza dare alla dichiarazione un'importanza maggiore di quella che essa (intesa ad essere soprattutto un gesto politico) possa avere, può essere prudente che nelle nostre stipulazioni si evitino formule che prestino il fianco all'invalidazione ivi minacciata; ed in particolare si eviti che appaia in modo esplicito che mediante somme da noi concesse a qualsiasi titolo (e sia pure a titolo di «risarcimento di danni subiti dai cinesi in Italia») noi intendiamo ricomprare le nostre proprietà demaniali in Cina: potrebbe altrimenti, nel caso che attraverso le vicende della guerra civile nostri beni demaniali vengano a trovarsi sotto il controllo di autorità comuniste, venire a queste in mente di farci pagare una seconda volta. Tuttavia questo mio suggerimento -dettato da uno scrupolo di prudenza -dovrebbe essere lasciato cadere se, per seguirlo, dovesse trapelare a codesta ambasciata di Cina che noi ci preoccupiamo della dichiarazione comunista cui mi riferisco: il che, com'è ovvio, ferirebbe la suscettibilità di questo Governo con inconvenienti maggiori di quelli che il mio suggerimento è diretto ad evitare.

2) Ho recentemente espresso la mia impressione che questo Governo ha la sincera intenzione di praticare verso l'Italia una politica di amicizia sul piano della politica generale.

La recente presa di posizione sul problema della revisione del trattato, la larghezza con la quale si è acceduto al nostro desiderio di ottenere il rimpatrio degli italiani finora trattenuti perché accusati di collaborazionismo con i giapponesi,

2 Del 20 febbraio, con il quale Fenoaltea aveva riferito circa la situazione dei beni italiani in Cina e prospettato l'opportunità di un suo viaggio rapido a Roma per avere gli elementi necessari alle conversazioni, in vista di una normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi.

3 Non pubblicato.

costituiscono di quest'intenzione due recenti conferme. Tuttavia, come ho anche altra volta riferito, vi è da parte di questo Governo un desiderio ancor più forte e che costituisce un cardine della sua politica: quello di cancellare le tracce di un passato che fu per la Cina umiliante. Su questo punto occorre non farsi illusioni. La Cina è riuscita ad ottenere la cancellazione di tale passato nei confronti dell'Inghilterra, della Francia, del Belgio, ecc., di Potenze cioè in posizione politica e giuridica ben più forte della nostra. Su questo terreno, che non ha a che fare con la collaborazione fra i due Paesi nel campo internazionale ma che riguarda in modo specifico la sorte dei nostri beni demaniali qui, il Governo cinese vorrà trarre (non per risentimento verso di noi ma perché -ripeto -ciò costituisce un cardine della sua politica generale e risponde a necessità di prestigio interno) tutti i vantaggi che derivino dalla sua posizione di vincitore: se questo Governo ha preferito che la rinuncia ai nostri antichi privilegi venisse consacrata nel trattato di pace è anche per questo. Ove noi non ci rendessimo conto di questa direttiva rischieremmo di commettere errori di tattica che, irritando questo Governo, lo irrigidirebbero nelle sue richieste e lo disporrebbero male nei nostri riguardi anche in altri campi. È comunque opportuno, per evitare sorprese, che i nostri negoziatori abbiano presente al loro spirito che le pretese del Governo cinese nei riguardi dei nostri beni demaniali non sono basate soltanto sull'art. 78 del trattato di pace (e pertanto destinate a cadere ove la Cina accetti che i danni subiti per effetto della guerra siano risarciti in altra forma) ma sono fondate -per quei nostri beni che non derivino da ordinari atti di acquisto ma dall'applicazione dei «trattati ineguali» -su un'interpretazione ampia degli articoli del trattato (24, 25, 26) con cui l'Italia ha fatto rinuncia ai vantaggi che da tali trattati derivavano.

3) È per questo che io ritengo, tutto sommato, che convenga che le conversazioni entrino presto in una fase conclusiva. Nell'esprimere questo avviso so di assumere una responsabilità che -le conversazioni costì essendosi svolte, fino a questo momento almeno, senza la cooperazione di quest'ambasciata -avrei potuto evitare. Ma il farlo è mio dovere. Ritengo cioè che i vantaggi che potrebbero esserci nel ritardare la conclusione di un accordo possano essere superati dagli inconvenienti. Non vi è dubbio che con il passare del tempo, e via via che ci si allontana dalla fine della guerra, la nostra posizione internazionale migliora: e non vi è dubbio, per converso, che la posizione internazionale della Cina sia peggiorata da due anni fa ad oggi. Tuttavia, qualsiasi ipotesi debba farsi riguardo all'avvenire di questo Paese, conviene che la posizione giuridica dei nostri beni in Cina sia definita e siano normalizzati i rapporti tra i due Paesi. Se la Cina ritroverà la sua unità, se riacquisterà il suo prestigio, se rientrerà come soggetto attivo nella politica e nell'economia internazionali, converrà a noi avere-con la sollecita stipulazione degli accordi necessari a liquidare il passato -creato la premessa per ulteriori accordi che diano impulso agli scambi fra i due Paesi. Se la disunione e la lotta di fazioni continueranno, se l'assistenza straniera a questo Paese dovesse venir meno, se la Cina dovesse attraversare un periodo di decomposizione dell'autorità statale, se infine -per fare tutte le ipotesi -dovesse dal conseguente disordine risorgere l'opportunità di tutelare in forme che oggi appaiono superate gli interessi dei nostri connazionali qui, a maggior ragione sarebbe necessario che la nostra posizione giuridica fosse una posizione chiara, che noi avessimo qui dei consoli pienamente accreditati come tali, e ·quindi sullo stesso piano dei loro colleghi stranieri, non minorati nella loro attività da una posizione giuridica debole e incerta, che l'Italia fosse qui sullo stesso piede di normalità di relazioni sul quale sono le altre Potenze, che la legge regolatrice dei nostri rapporti con la Cina non si trovasse ad essere solo il trattato di pace.

4) Che le conversazioni entrino sollecitamente in una fase conclusiva è in particolare opportuno poiché il giorno che entrerà in vigore il trattato di pace la sorte dei nostri beni demaniali sarà altrimenti-in mancanza cioè di altro accordo -nelle mani dei cinesi. Con la dichiarazione di guerra e con il conseguente venir meno dei trattati allora in vigore non vi è più alcuna carta che conferisca uno statuto giuridico alle nostre proprietà demaniali e ai nostri interessi in Cina. A differenza delle altre Potenze le quali hanno rinunciato alle concessioni con atti volontari e bilaterali contenenti adeguate salvaguardie per le loro proprietà ed in particolare-per quanto riguarda Pechino-ottenendo dal Governo cinese l'uso gratuito «per uso ufficiale» del suolo su cui loro immobili ineriscono (la proprietà del suolo essendo tornata, con il venir meno degli antichi privilegi, alla Cina), per noi invece l'atto giuridico che ha fatto venir meno le concessioni ed i privilegi, e disciplina le pratiche conseguenze della loro cessazione, è una legge unilaterale cinese che si richiama alla dichiarazione di guerra e nella quale all'Italia è riservato -almeno per quanto riguarda i beni pubblici-il trattamento di Paese ex nemico. Oggi si può sostenere che tale legge è superata dal trattato di pace: ma la formula contenuta negli articoli 24, 25, 26 del trattato è così ampia, così totalmente priva di riserve a nostro favore che non vi è grande differenza pratica rispetto alla retrocessione proclamata unilateralmente dalla legge interna cinese. Mentre pertanto le commissioni, qui istituite per la liquidazione delle antiche concessioni straniere e del quartiere delle legazioni di Pechino, nel risolvere i singoli problemi nei quali siano interessati altri Paesi lavorano sulla base degli accordi intervenuti con quei rispettivi Paesi, nel caso dei beni italiani non possono lavorare che sulla base o della legge interna cinese o, nella migliore ipotesi, del trattato di pace.

A noi dunque conviene -a mio avviso -che prima che il trattato di pace entri in vigore le disposizioni del trattato siano integrate da un accordo bilaterale che in qualche modo possa !imitarne e precisarne l'applicazione.

5) Circa il contenuto ed i dettagli dell'accordo mi sembra difficile poter ottenere delle salvaguardie corrispondenti a quelle contenute negli accordi stipulati colle altre Potenze: pretender! o indurrebbe i cinesi a ricordarci che la posizione di quelle Potenze era diversa dalla nostra. Tuttavia, sempre procedendo con molto riguardo per la suscettibilità dei cinesi e invocando non mai dei principi ma sempre l'amichevole comprensione cinese per le pratiche esigenze del nostro lavoro qui, potrebbe e dovrebbe l'accordo garantirci almeno (oltre al consolato generale ed alla Casa d'Italia in Shanghai, che non derivando dai trattati ineguali non sono soggetti ad altra norma che quella dell'articolo 78 del trattato) il consolato e la Casa d'Italia di Tientsin e, in Pechino, la parte del compound ove si trovano le quattro palazzine anche se dovessimo rinununciare alla parte dove trovansi le caserme. La necessità di una residenza estiva per l'ambasciatore, la possibilità che-secondo quello che fu il voto di un'importante frazione della recente Assemblea nazionale -la capitale ritorni a Pechino, l'intenzione di installare in una delle palazzine un'associazione culturale italo-cinese, ecc. sono altrettanti argomenti che si possono invocare in via amichevole per conservare anche noi una sede a Pechino: in proprietà, in uso gratuito, o in dannata ipotesi in affitto cinquantennale per un prezzo simbolico.

Quello che vorrei sottolineare a V.S. è che la liquidazione del quartiere delle legazioni è per i cinesi fondamentale questione di dignità nazionale ed essi non lasciano passare occasione per affrettarla; che non si può fare troppo assegnamento sull'occupazione americana dei nostri immobili, essa essendo legata al ritmo dell'evacuazione e potendo cessare da un istante all'altro (e del resto, sebbene sia questo un rischio minore di quello insito nell'evacuazione, i cinesi potrebbero trarre dalla prolungata cessione dei nostri immobili agli americani, soprattutto se trapelasse che essa sia prolungata per nostro desiderio, argomento per dedurne che essi non ci sono necessari per quegli «scopi ufficiali» in nome dei quali altri Paesi si sono riservati l'uso dei terreni situati nell'ex quartiere delle legazioni); infine ed in particolare che la posizione del nostro rappresentante a Tientsin -che ha anche la cura dei nostri interessi a Pechino -, il quale ogni giorno ha da temere della cupidigia cinese sugli immobili dello Stato italiano senza avere un titolo giuridico per difenderli, non è delle più facili.

6) Da ultimo, e con questo mi riferisco anche ai quesiti postimi dalla S.V. nelle sue lettere n. 43140/29 del 31 dicembre e n. 21/00976/3 del 14 gennaio\ debbo fare presente che finché non viene liquidato il passato non è possibile qui dar vita a nuovi accordi per l'avvenire. Senza trattato di stabilimento, senza un trattato di navigazione che sottragga le nostre navi alle vessazioni cui sono esposte le navi dei non-treaty countries, senza trattato di commercio manca la possibilità di dare impulso agli scambi tra i due Paesi. Ma i rapporti fra i due Paesi non possono svilupparsi senza essere prima normalizzati, e per normalizzarli occorre sia regolata e definita la liquidazione del passato: che per presiedere a tale liquidazione si firmi un accordo conviene a noi: i cinesi hanno in mano il trattato di pace e ad essi può bastare. Quel che mi preme far rilevare a V.S. -pur senza sopravvalutare la possibilità di sviluppo degli scambi economici fra i due Paesi -è che ogni possibile attività di quest'ambasciata in vista di nuove stipulazioni a tal fine è paralizzata fin quando le conversazioni costì non giungano ad una conclusione. È questo uno degli elementi di cui la S.V. vorrà tener conto nel decidere quale impulso dare alle conversazioni medesime.

Qualunque sia poi l'andamento delle conversazioni con codesta ambasciata di Cina, non ho bisogno di sottolineare, signor segretario generale, e la necessità che quest'ambasciata ne sia tenuta al corrente e gli inconvenienti pratici che potrebbero risultare se le conversazioni costì dovessero dar luogo ... ad un gioco di mosca-cieca tra Roma e Nanchino.

222 1 Il documento è privo di data, lo si inserisce qui in base alla successione dei numeri di protocollo in partenza da Nanchino.

222 4 Non pubblicate.

223

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3840/014. Madrid, 19 marzo 1947 (per. il 21).

Il discorso di Truman è stato accolto con vivo senso di soddisfazione, e direi quasi di sollievo, da questi circoli governativi i quali, ogni qualvolta si verifica un irrigidimento anglossassone in funzione antirussa, credono di vedere in esso una giustificazione della politica di Franco e consolidata la situazione internazionale della Spagna. La stampa pertanto, come riferisco a parte, è tutta indirizzata in tale senso.

Peraltro in questi ambienti diplomatici si opina che pur essendo notevolissimo l'interesse strategico americano per la penisola iberica -manifestatosi come noto attraverso il potenziamento di quattro grandi aeroporti transoceanici-ciò nondimeno esso non indurrà gli Stati Uniti d'America a modificare il loro atteggiamento favorevole all'allontanamento di Franco dal potere.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CECOSLOVACCA, BENES (1)

L. Roma, 19 marzo 1947.

Quoique je soie sùr que vous n'avez pas besoin d'assurances au sujet de la continuité de mes idées, je ne veux pas laisser partir notre ministre Tacoli sans vous dire pourquoi j'ai accepté ce poste. Je l'ai accepté parce que la lacheté politique me semble encore plus hai:ssable que la couardise physique. Mais ne croyez pas à du pessimisme; ce que je vois de la vitalité presque miraculeuse du peuple italien me donne la certitude que sa renaissance étonnera bientòt le monde; et que par conséquent il nous convient, si cela est nécessaire pour nous remettre en marche, d'avaler le plus insensé des traités.

Certes, s'il y avait un italien qui avait droit à refuser de donner son nom à un acte aussi douloureux c'était bien moi qui, dès le premier jour de l'aventure fasciste, déclarai au démagogue et à son complice royal que la comédie finirait, forcément, dans la plus sanglante des tragédies.

En décidant de signer le traité, De Gasperi et moi nous avons rendu un service au pays et à l'apaisement européen, qui est aussi un interèt italien. D'ailleurs, notre douleur en donnant l'ordre de signer, a été une douleur presque plus d'européens

que d'italiens, tant le traité est sot, injuste tourné vers le passé au lieu que vers l'avenir, ignorant surtout le seul danger qui compte -le danger allemand -et par conséquent l'interèt suprème qu'il y aurait à éloigner à tout jamais l'Italie guérie de l'Allemagne inguérissable.

Permettez-moi, à présent, que je vous dise, cher ami, pourquoi nous n'avons pas encore procédé à la ratification. Il se peut que dans certaines capitales on pense à du «machiavellisme» italien, ce machiavellisme que je n'ai jamais rencontré, tant les meilleurs italiens sont internationalistes, et les plus nationalistes des italiens (je pense à ce pauvre Sonnino) sont naiJs et bornés. La vérité est la suivante; et De Gas peri partage complètement mon point de vue:

l) Que nous aurions interèt à ratifier tout de sui te tant nous sommes sùrs de notre force de résurrection dès que nous serons délivrés des liens armistitiels qui nous empèchent tant de formes d'action et de vie.

2) Mais que si nous ne le faisons pas encore c'est parce que notre devoir est d'empècher (dans l'interèt mème de l'Europe) la création de mythes qui pourraient se développer autour d'un nouveau slogan que les réactionnaires, monarchistes, néo-fascistes lanceraient: «Ah, s'ils n'avaient pas ratifié, les Etats Unis n'auraient jamais osé ratifier pour ne pas déplaire aux millions d'élécteurs italo-américains, et nous aurions Trieste et Briga, Pola et Tenda ... ». C'est pourquoi nous désirons et nous attendons la ratification des Etats Unis; la nòtre suivrait à l'instant. L'Assemblée Constituante ratifierait avec une sérieuse majorité. De Gasperi en est sùr, et moi avec lui. Inutile de vous dire que si -hypothèse purement théorique -l'approbation du traité ne recueillait pas la majorité je démissionnerais à l'instant.

A présent, vous savez tout sur ce point.

Avant de finir, je voudrais vous assurer que nous estimons que l'établissement d'une bonne entente entre nous et nos voisins yougoslaves constitue un interèt primordial pour les deux pays. Si nous sommes en bons rapports avec eux, nous serons plus forts vis-à-vis des autres. Et cela est encore plus vrai pour les yougoslaves. Il y a un passé trouble qui pèse sur nos rapports; mais les fautes italiennes sont les fautes du régime fasciste, que nous avons renversé, et que !es Karageorgevic et les Stoyadinovic aidèrent autant qu'ils purent; les fautes (excès sanglants, déportations ... ) des yougoslaves so n t des fautes cles gouvernants actuels; malgré cela nous voulons regarder en avant, pas en arrière; nous voulons arriverà une entente loyale avec eux. Vous fùtes mon collaborateur le plus précieux, lors du traité de Rapallo et de l'Accord anti-habsburgeois; j'acceptai avec joie votre appui tandis que je déclinai des offres de dure pression à Belgrade qui me furent offertes par Lloyd George et Millerand. Ne voulais-je pas alors un accord volontaire?

Il en est de mème aujourd'hui. C'est pourquoi je m'adresse à vous et pas à d'autres. Il faut que !es yougoslaves cessent de croire ou d'affirmer que tant de choses sont encore fascistes en ltalie; il n'y a pas un yougoslave qui puisse se vanter d'un passé plus pur que celui de De Gasperi ou de moi. Il faut que !es yougoslaves sentent qu'une entente avec la République démocratique italienne les rendra plus forts et plus influents vis-à-vis de leurs amis et de leurs ennemis; il faut que les yougoslaves comprennent que rien n'est plus éphémère que !es supériorités militaires.

Si vous pouvez exercer vòtre influence auprès d'eux dans ce sens je vous en serai tout aussi reconnaissant que je le fus après Rapallo.

Je vous serai reconnaissant d'appuyer avec votre bienveillante sympathie !es négociations commerciales italo-tchecoslovaques qui vont commencer ces jours-ci à Prague. Comme j'aimerais que des liens étroits se forment à nouveau entre vous et nous, dans toutes !es sphères.

224 1 In Archivio personale del conte Sforza.

225

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, SOARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 1127/313. Varsavia, 19 marzo 1947 (per. il 31).

Dopo la partenza dell'ambasciatore Reale per terminata missione ero andato una sola volta da Modzelewski, 1'8 gennaio, quando egli era ancora vice ministro degli affari esteri e non avevo più chiesto di vederlo dopo di allora, sia perché non vi erano questioni di tale importanza da dover essere trattate personalmente con lui, sia perché egli fu per qualche tempo assente a Parigi in occasione della firma del nostro trattato di pace e delle note conversazioni franco-polacche. In sua assenza, la comunicazione di cui al telegramma di V.S. Illustrissima 10 febbraio

n. 2252/c. 1 concernente il trattato di pace con l'Italia era stata da me fatta al ministro Olszewki (mio telegramma n. 35 del 12 febbraio) 2 .

Terminata la visita a Varsavia della delegazione cecoslovacca e le relative cerimonie che tennero molto occupato Modzelewski, ho sollecitato un'udienza che mi è stata concessa stamane. Era questa la prima volta che mi recavo da lui dopo la sua nomina a ministro, pur avendo già avuto varie occasioni di incontrarlo ultimamente, ed egli mi ha ricevuto con particolare cordialità intrattenendomi per oltre tre quarti d'ora.

Gli argomenti principali su cui si è svolta la nostra conversazione sono stati le trattative attualmente in corso per la pace con la Germania e la revisione del nostro trattato di pace anche se, durante tutto il colloquio, mi sono accuratamente astenuto dal pronunciare la parola «revisione» che suona, per ovvie ragioni, estremamente sgradita agli orecchi polacchi.

A proposito dei negoziati di Mosca, uno spunto opportuno mi è stato offerto dalle dichiarazioni fatte avant'ieri da Vyshinsky in favore della partecipazione dell'Italia alla Conferenza nella sua qualità di Paese che aveva effettivamente lottato a fianco degli Alleati. Ho inoltre ricordato ed illustrato a Modzelewski la comunicazione da noi fatta al riguardo ai quattro ministri degli esteri nel gennaio u.s. (telespresso ministeriale 29 gennaio n. 02711/c-)2 e di cui avevo consegnato copia al suo dicastero il 15 febbraio. Come prevedevo avendo presenti le suddette recentissime dichiarazioni di Vyshinsky ed anche gli accenni fatti in precedenza con me da Mozelewski stesso e con l'ambasciatore Quaroni dal direttore degli affari politici Olszewski circa le nostre rivendicazioni verso la Germania (mio telegramma 13

gennaio u.s. n. 11)3, ho trovato su questo argomento un terreno facile. Il mio interlocutore ha mostrato di comprendere appieno la fondatezza della nostra richiesta e si è detto convinto che l'Italia sarà ammessa a far valere il proprio punto di vista durante le lunghe trattative che si svolgeranno a Mosca.

Nelle mie considerazioni, ho sorvolato sul punto della nostra comunicazione riguardante l'importanza essenziale che ha sempre avuto ed avrà in avvenire il mercato tedesco per l'economia italiana. Che il mercato di produzione e di consumo della Germania sia destinato a riprendere un posto fondamentale negli scambi europei è cosa ovvia, ma, per quanto inevitabile, dispiace ai polacchi i quali vorrebbero, come tutti sanno, vedere il potenziale economico germanico ridotto alla minima espressione. Non potevo invece trascurare un accenno all'iniquità delle mutilazioni territoriali. Modzelewski non ha reagito con le argomentazioni solitamente usate da parte polacca in appoggio al «buon diritto» delle pretese jugoslave, ma mi ha espresso l'opinione che, se si vuole garantire in Europa la pace, si debbono chiudere una volta per sempre tutte le vertenze territoriali. «Noi -ha detto il ministro -abbiamo dato un esempio: credete forse che non sia una spina nel cuore di tutti i polacchi la rinuncia a Leopoli ed alle nostre terre ad oriente del Bug? E siamo sulla via di adottare una analoga linea conciliante nei confronti della Cecoslovacchia per la questione di Teschen».

Ho quindi illustrato a lungo a Modzelewski due altri punti atti a coincidere più facilmente con le direttive e con gli interessi della politica di questo Paese sul problema tedesco.

Il primo punto è quello delle rivendicazioni verso la Germania che sono ostacolate dall'art. 67 del trattato. Modzelewski ha mostrato, pur senza esprimersi del tutto apertamente, di rendersi conto del fondamento delle rivendicazioni italiane dicendomi che anche la Polonia incontra difficoltà non indifferenti per il recupero dei proprii beni esportati dai tedeschi e si è specialmente interessato alla descrizione ed ai dati relativi alle ingenti distruzioni e rapine compiute dalle truppe e dalle autorità hitleriane nella Penisola. Egli ha poi trovato particolarmente ingiusta la mancata restituzione dell'oro sottrattoci dai tedeschi.

Il secondo punto -su cui credo di non essere andato oltre i limiti delle direttive della nostra politica estera odierna anche perché mi sono espresso con la maggiore cautela ed a titolo personale -è quello della pace e della sicurezza europea in relazione, da un lato, al problema germanico e, dall'altro, alle clausole economiche e militari del nostro trattato. A questo proposito ho richiamato l'attenzione di Modzelewski sul fatto che il popolo italiano, condotto sciaguratamente alla guerra a fianco della Germania da un regime che non rappresentava la sua volontà, aveva subito una serie infinita di aggressioni teutoniche che, dalla caduta dell'Impero romano al 1945, avevano lasciato nel suo animo una traccia non meno profonda e durevole di quella che era impressa nell'animo dei polacchi. Se la Polonia si preoccupa oggi del pericolo della futura aggressività germanica, essa deve tener presente che questo pericolo non è limitato al «Drang nach Osten», ma si estende parimenti al «Drang nach Siiden» che lo ha preceduto ed accompagnato,

né è da prevedere che, dopo la duplice esperienza degli ultimi trent'anni, l'Italia e la Germania vengano a trovarsi un'altra volta unite da patti bilaterali di alleanza diretti contro altri Paesi europei. Come si può pensare ad una politica di difesa e di sicurezza contro il pericolo germanico lasciando economicamente prostrato e militarmente disarmato, secondo le assurde imposizioni del trattato di pace, un popolo di 45 milioni di anime che costituisce l'unica efficiente barriera all'espansionismo tedesco verso il sud? Modzelewski non ha fatto alcuna abbiezione e mi ha risposto invece rilevando che la Polonia, dopo aver concluso patti di amicizia e di mutua assistenza con i principali Paesi slavi, sta per firmarne un altro con la Francia e non perderà nessuna futura occasione per stringere analoghi accordi con l'Italia e con altri Stati, aggiungendo che tutte queste alleanze debbono però avere come obbiettivo la difesa contro il pericolo germanico, problema fondamentale attorno al quale gravitano tutte le altre minori questioni europee. Egli ha dovuto peraltro convenire con me che l'apporto dell'Italia alla sicurezza europea era fatalmente condizionato ad una modifica delle condizioni di pace che consentisse la ricostruzione dell'economia e delle forze militari italiane.

Mi attendevo, a questo punto, che Modzelewski riattaccasse un argomento su cui insiste un po' troppo la stampa polacca e che era assai caro al cervello alquanto arteriosclerotico del suo vecchio predecessore Rzymowski: quello della sopravvivenza e del pericolo di una rinascita del fascismo in Italia. Forse a questo egli intendeva giungere allorché mi chiese notizie della situazione interna del nostro Paese e perciò ho preferito attaccare io per primo. Dopo avergli tracciato un quadro obbiettivo dell'Italia di oggi sottolineando il fatto che, tra la miseria a cui ci hanno ridotti la guerra e le dure condizioni di pace, e malgrado le difficoltà derivanti dalla non ancora avvenuta stabilizzazione delle direttive di politica interna, siano da notare come elementi di essenziale importanza la laboriosità e la volontà di rinascita del popolo italiano, ho espresso il mio personale convincimento che, se il fascismo dovesse risorgere, esso attecchirebbe, se mai, in altri Paesi che non lo hanno ancora esperimentato e non sono perciò stati «vaccinati» contro il male che ha portato l'Italia all'attuale catastrofe. Ho richiamato l'attenzione del ministro su ciò che sarebbe in questo dopoguerra l'Italia se non fosse stato commesso l'atto di follia del IO giugno 1940: con la sua flotta mercantile intatta, con le sue industrie in piena efficienza, con le sue forze armate in piedi. Modzelewski mi ha chiesto allora se ritenevo che tutti gli italiani si rendessero conto di ciò. Gli ho risposto di esserne certo e di non vedere alcun pericolo di rinascita del fascismo negli sparuti gruppetti di esaltati o di speculatori che manifestano nostalgia per un regime aborrito ormai da tutto il popolo, forse ancor più intensamente da quella parte di esso che era stata ingannata e vi aveva creduto in buona fede.

Ho trovato, in complesso, da parte di Modzelewski, una comprensione superiore a quella che mi sarei aspettato. Se è vero che Modzelewski è un uomo con cui è più facile intendersi perché dotato di una sensibilità politica, di una larghezza di vedute e di una intelligenza che lo distinguono da altri personaggi avvezzi ad impostare ogni argomentazione sulla base delle formule stereotipate e dei luoghi comuni predominanti, resta peraltro altrettanto vero che i polacchi erano e sono ancora portati spesso a sopravalutare, in questo periodo, la posizione e le possibilità effettive del loro Paese nel campo internazionale sia da un punto di vista generico, sia da quello particolare dei rapporti italo-polacchi. Vi era sinora una tendenza un po' eccessiva a marcare la differenza tra la Polonia schierata nel campo dei vincitori e l'Italia posta sul banco degli accusati per il suo passato fascista e di ex alleata della Germania. Gli ultimi contatti che ho avuto con Modzelewski, ed anche con Olszewski, mi hanno dato l'impressione che questa tendenza si stia moderando, per lo meno nei nostri riguardi. Questo cambiamento è da attribuirsi ad un complesso di circostanze tra cui primeggiano senza dubbio l'avvenuta firma del trattato di pace che ha normalizzato la situazione del nostro Paese nei suoi rapporti con l'estero, nonché il previsto accoglimento dell'Italia nell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Anche questa ambasciata ha tuttavia, per parte sua, avuto costantemente cura, durante il lavoro compiuto da un anno e mezzo a questa parte in condizioni analoghe benché meno difficili che in altre capitali, dovendo per lo più chiedere senza aver nulla da offrire, di non perdere alcuna occasione per lasciare comprendere opportunamente che l'Italia, non soltanto per ragioni inerenti alla sua situazione geografica, ma anche per il peso dei suoi 45 milioni di abitanti e per le qualità del suo popolo teso verso la rinascita, rimane una forza che la Polonia dovrà tenere nel debito conto ed il cui appoggio potrebbe esserle utile forse più presto di quanto essa non creda. Sappiamo -ed è stato più volte sottolineato dall'ambasciatore Reale -che l'atteggiamento della Polonia sui problemi internazionali che ci interessano potrà discostarsi assai poco da quello del suo grande alleato sovietico e delle altre Nazioni slave. L'atteggiamento polacco va quindi considerato nel quadro della politica del mondo slavo e valutato in base alle possibilità che esso ha di influire su punti di vista degli alleati, possibilità che, se non è grandissima, va tuttavia apprezzata al suo giusto valore.

225 1 Vedi D. 48. 2 Non pubblicato.

225 3 Non pubblicato.

226

IL MINISTRO A KABUL, CALISSE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. l 77/91. Kabul, 19 marzo 1947 1•

Domenica 16 sono stato ricevuto dal ministro degli affari esteri, S.E. Alì Mohamed Khan il quale mi ha fatto ottima accoglienza, trattenendomi a lungo, manifestandomi a più riprese il suo «grande piacere» per l'arrivo di un ministro italiano a Kabul, ed esprimendo la certezza che l'Italia, da quanto risultagli, riprenderà però presto, e senza dubbio prima di altri Paesi danneggiati dalla guerra, il suo cammino in avanti.

Ho consegnato a S.E. Alì Mohamed Khan la copia delle lettere credenziali nonché la lettera direttagli dal ministro degli affari esteri conte Sforza 2• Gli ho rimesso anche il testo delle parole che mi propongo di rivolgere al re al momento della cerimonia per la presentazione delle credenziali, cerimonia che avrà luogo dopo le feste del nuovo anno afghano e precisamente il 26 marzo.

Vedi D. 90.

226 1 Nella copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

227

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3814-3811/120-121 1• Mosca, 20 marzo 1947, ore 17,45 (per. ore 21,55).

Ho visto Couve il quale mi ha confermato essere ormai certo che Italia potrà esprimere suo avviso trattato Germania non soltanto su suoi interessi particolari ma su insieme problema, restando tuttavia insolute modalità sua partecipazione. Mi ha precisato che le discussioni ora in corso concernono a rigore tali modalità soltanto nei riguardi diciotto o diciannove Stati alleati (diciannovesimo in discussione è Albania) mentre per altri non vi fu finora che una deliberazione e la discussione a fondo seguirà in questi giorni. Ha aggiunto che dei quattro modi intervento: Comitati di redazione, Commissione consultiva e informativa, memorie

o convocazioni avanti i ministri o sostituti, Conferenza finale, non sarà facile ammettere Italia ai Comitati e alla Commissione senza suscitare difficoltà e proteste altri Paesi. Ho difeso nostri diritti ed interesse Potenze a nostra partecipazione piena e dignitosa ma evidentemente difficoltà sussistono.

Parlando con Couve colonie italiane mi ha riconfermato appoggio Francia nonché attitudine non contraria Russia manifestando opinione che per avere probabilità affidamento trusteeship noi dovremmo assicurarci appoggio Washington dato noto atteggiamento Londra. Ha aggiunto che a suo avviso questione potrebbe essere già trattata qui prossimamente da quattro ministri. Assumerò informazioni e terrò contatti qui con ambasciata e delegazione Stati Uniti.

228

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 3843/204. Washington, 20 marzo 1947, ore 21,24 (per. ore 16 del 21).

In conversazione al Dipartimento di Stato mi è stato fatto presente oppor

. tunità che il Governo italiano consideri convenienza presentare fin d'ora domanda ammissione O.N.U. sottolineando interesse acché nostra domanda possa essere esaminata prima di altre. È stato aggiunto che giuristi Dipartimento di Stato avevano già studiato questione e convenuto che domanda Italia poteva

essere presentata anche prima ratifica ed entrata in vigore trattato di pace. Dovrei ritenere che della questione Dipartimento di Stato abbia già intrattenuto Foreign Office.

Mi risulta che analogo consiglio viene contemporaneamente dato all'Austria 1 .

227 1 Gli ultimi due capoversi del presente telegramma vennero trasmessi alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington con T. 4777/c. del 23 marzo.

229

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 3905/07. Ankara, 20 marzo 1947 (per. il 22).

Ho visto ieri questo ministro esteri in occasione consegna copia lettere credenziali, che presenterò al capo dello Stato ai primi prossima settimana. Conversazione particolarmente cordiale, ma generica, come è inevitabile in un primo contatto.

Ministro ha fra l'altro dichiarato che Governo turco aderisce pienamente allo spirito che ha dettato il recente messaggio di V.E. -per cui ha avuto parole di molta simpatia e di viva stima -ed ha coscienza profonda della solidarietà che lega i popoli mediterranei e in particolare Italia e Turchia.

Abbiamo constatato con reciproca soddisfazione che conversazione per accordo commerciale procedono bene e giungeranno in porto a giorni. È questo un primo, notevole passo innanzi verso quella concreta collaborazione che è nei voti comuni. Da parte mia ho approfittato dell'occasione per insistere con calore sulla necessità di consentirci, a latere degli accordi, un qualche ulteriore acquisto di grano.

Ha qualificato il nostro trattato di pace come duro ed ingiusto e si è detto d'accordo con me nel ritenere che, come tale, esso non giova a nessuno, compresi e forse soprattutto ai vincitori, ma anzi ritarda ed ostacola la pacificazione europea. Ha ripetutamente e con convinzione dichiarato di essere certo della rapida rinascita del popolo italiano. Ed è questa, a quanto mi è dato giudicare, convinzione diffusa.

Abbiamo quindi toccato, di mia iniziativa, argomento dichiarazioni Truman, che hanno naturalmente suscitato qui sensazione profondissima. Ne ha accennato con parole di alta lode, ma di sfuggita e quasi con reticenza. Sicché mi pare, o mi sbaglio, da questi e da altri indizi che assistenza nordamericana, sollecitata, come è noto, da tempo, sia stata accolta dalla Turchia naturalmente con giubilo, ma non con uguale sentimento il modo spettacolare del preannunzio, i dichiarati scopi del prestito, le condizioni alle quali sarebbe sottoposto. Mi pare cioè filtri la preoccupazione di sentirsi trascinati troppo innanzi sulla ribalta e in una luce troppo viva, sentinella avanzata, come la Grecia, di un contrasto che investe certamente la Turchia, ma supera di gran lunga i suoi confini.

Il ministro ha quindi parlato, quasi seguendo lo stesso ordine di idee e questa volta con calore e con insistenza, della necessità di un'equa pace con una Germania unitariamente ricostruita, solo baluardo, a suo giudizio, nella attuale impotenza francese e carenza britannica, suscettibile di contenere gli slavi.

Sono naturalmente queste soltanto impressioni generiche, unicamente basate su tempo e contatti certamente insufficienti, impressioni che mi riservo di approfondire quando, dopo la presentazione delle credenziali, potrò iniziare il mio lavoro.

228 1 Per la risposta vedi D. 251.

230

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 20 marzo 1947.

l) L'ambasciatore di Gran Bretagna, Sir Noel Charles, in un colloquio avuto stamane, mi ha detto, in relazione ad un passo fatto al Foreign Office dall'ambasciatore Carandini, che il trattato di pace con l'Italia è stato già depositato alla Camera dei Comuni e la sua approvazione avverrà verso la metà di aprile o al più tardi alla fine di detto mese: ciò sarà fatto indipendentemente da quanto faremo da parte nostra. Il signor Sargent suggerisce che possibilmente la ratifica italiana sia data anche prima di quella inglese e che ad ogni modo si inizi subito la procedura per addivenire alla ratifica stessa, poiché il procedere in un modo oppure nell'altro, presto o tardi, può avere ripercussioni non trascurabili presso i Governi interessati. L'America, ha detto Charles, certamente ratificherà il trattato. Egli si rende perfettamente conto della situazione nostra e quindi del Governo italiano nei riguardi della ratifica, ma ha tenuto a manifestarmi ed insistere sul parere su esposto del signor Sargent.

A Londra, ha aggiunto, si dice pure che la Francia non ratificherà se non dopo che l'Italia avrà ratificato.

2) Circa la nota verbale che avrebbe dovuto presentare stamane e di cui ha parlato ieri sera a S.E. il conte Sforza, ha ricevuto stamane un telegramma da Londra per cui ha dovuto sospendere la presentazione della nota stessa.

3) Mi ha poi accennato, ma mi invierà presto un promemoria, ad una richiesta che il Governo di Londra intende fare allo scopo di ottenere che ufficiali e soldati che formeranno il contingente inglese nello Stato Libero di Trieste possano entrare nel territorio italiano per trascorrervi le ore di riposo, così come avviene per la guarnigione di Gibilterra rispetto al territorio della Spagna 1•

230 1 Annotazione a margine: «Circa il punto 3, trattarla come cosa che va da sé fra amici. Fto Sforza».

231

IL MINISTRO DELLA DIFESA, GASPAROTTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

NOTA RISERVATA URGENTE 206785/II. Roma, 20 marzo 1947 (per. il 21).

Faccio seguito alla nota 824/27247 di questo ministero 1 e, dopo aver udito i pareri in merito dei capi di Stato Maggiore delle tre Forze armate, rispondo ai quesiti formulati da codesto ministero col telespresso 274/c. segr. poi. 2 .

L'offerta britannica di mettere a disposizione del Governo italiano missioni militari di consulenza, sia pure dichiarate di natura tecnica, deve essere accolta con molta cautela per essenziali motivi di indipendenza politico-militare.

Infatti è da considerare che se accolta incondizionatamente, anche sotto l'aspetto di una reciprocità paritetica che per circostanze di fatto non può essere che formale, costituisce un'adesione manifesta ad un indirizzo politico internazionale che può procurare od incrementare l'ostilità verso l'Italia di determinati importanti raggruppamenti di forze, verso i quali è opportuno per contro condurre una politica di distensione, anche se non sia possibile una politica di avvicinamento.

È evidente pertanto che l'accoglimento dell'offerta britannica dovrebbe essere connesso a garanzie concrete nel campo politico militare ed accompagnato da atti che giustifichino l'atteggiamento del Governo italiano davanti all'opinione pubblica. Questi atti dovrebbero essere essenzialmente rivolti ad una soluzione conforme agli interessi nazionali delle questioni pendenti di carattere economico e di quelle di alta importanza politica e morale del destino di parte della flotta militare e delle colonie. È evidente che un contegno non amichevole della Gran Bretagna in merito renderebbe pressoché impossibile al Governo italiano di aderire al punto di vista inglese.

Realizzate invece condizioni favorevoli all'accoglimento della offerta, occorrerebbe accertare se parallelamente ad essa fosse possibile ottenere analogo trattamento da parte americana.

Entrando nel campo pratico, occorre a mio parere assicurare: -la temporaneità della missione e la limitazione dei gradi e del numero degli ufficiali che vi saranno addetti; -la precisa determinazione del compito, di norma da limitare a criteri generali e specifici di addestramento e di cessione di materiali militari vari;

-la stretta subordinazione dell'accordo alla cessione di materiali d'armamento per le tre forze armate, a condizioni molto favorevoli; la relativa consulenza tecnica deve essere limitata allo stretto neccessario;

-la esclusione di denominazioni che non si conciliino strettamente alle finalità di collegamento che si intende attribuire al nucleo di ufficiali britannici in Italia (quindi gruppo o nucleo di collegamento o di stralcio, e non missione);

231 1 Vedi D. 118. 2 Vedi D. 107, nota 2.

-il diritto del Governo italiano di dare il gradimento nominativo degli ufficiali destinati dal Governo britannico a costituire il nucleo di cui trattasi;

-il pagamento degli assegni di ogni genere a detto personale a carico del Tesoro inglese, salvo la loro corresponsione a cura dell'Amministrazione italiana per conto di quella britannica in base ad accredito nella contabilità del dare e dell'avere del periodo postarmistiziale;

-l'autorizzazione all'invio di gruppi di ufficiali e di specialisti italiani in Gran Bretagna, con pari condizioni di trattamento, per quanto concerne organizzazione e materiali d'addestramento dell'Esercito e particolarmente della Royal Navy e della collaborazione di quest'ultima colla R.A.F. (concessione di materiali didattici, testi, regolamenti, ecc.).

In conclusione, un'accettazione di massima da perfezionare in seguito accordi oculati e da completare coll'acquisto dell'analogo trattamento da parte americana.

La questione è da trattarsi preliminarmente in via diplomatica e da perfezionare successivamente mediante riunioni di tecnici degli S.M. delle tre forze armate e di ufficiali della Military Branch dell'A.F.H.Q.

Nei contatti già intervenuti in proposito tra tecnici è stata prospettata da parte inglese l'opportunità che una decisione sia presa al più presto e cioè prima di perdere la continuità assicurata dai contatti attuali, attraverso il personale che ha già esperienza di collaborazione colle Forze armate italiane. La questione presenta perciò un carattere di particolare urgenza.

232

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 609/131. Mosca, 20 marzo 1947 (per. il 3 aprile).

Con separato rapporto ho riferito in generale in merito ai lavori della Conferenza di Mosca ed in particolare sui lavori del trattato germanico. Riferisco separatamente sulla redazione del trattato di pace con l'Austria e sull'importanza che questa può venire ad assumere nei riguardi della Conferenza stessa.

La riunione di Mosca, come è noto, è stata preceduta nei Paesi anglo-sassoni da un atteggiamento della stampa in genere assai pessimistico sulla possibilità che si potesse qui giungere ad un accordo, mentre, come ho già segnalato per filo, da parte sovietica si è ostentato dell'ottimismo e si è anzi criticato apertamente ogni contrario atteggiamento, insistendo sul punto che le indiscutibili difficoltà si sarebbero comunque dovute risolvere nello spirito di collaborazione tra le quattro grandi Potenze che già è stata la base della vittoria contro la Germania.

Debbo dire che l'impressione mia personale, che mi sono potuto formare nei contatti avuti in questi giorni con rappresentanti delle varie delegazioni e delle ambasciate inglese, francese e americana, è che il pessimismo manifestato spesso dalla stampa straniera deve essere inteso non in senso assoluto, ma in senso relativo. Ossia parlando di pessimismo e ottimismo è necessario fare riferimento alla meta che ci si è proposta. Nel caso concreto è da tenere presente che, se è vero che la Conferenza è stata convocata per trattare essenzialmente il problema germanico è pur vero che nessuno ha mai pensato che la Conferenza stessa non dico potesse, ma dovesse anche semplicemente in teoria giungere ad una dettagliata e completa formulazione del trattato germanico. Spostata in questi termini la questione, il successo o l'insuccesso della Conferenza verrà a dipendere dal numero e dall'importanza dei singoli argomenti attualmente all'ordine del giorno che potranno essere risolti, essendo già fin da ora scontato che per numerosi punti i ministri finiranno per limitarsi a rinviare le questioni in contrasto allo studio dei supplenti o del Comitato di controllo a Berlino con l'istruzione di formulare proposte da essere poi prese in esame in una ulteriore sessione del Consiglio dei ministri degli esteri.

È in questo quadro che la questione austriaca assume la sua importanza. Qui in genere si parla molto del trattato di pace con l'Austria ed è soprattutto diffusa l'opinione che, di fronte alle difficoltà che si oppongono ad un accordo sul terreno del trattato di pace con la Germania, i Quattro cercheranno di risolvere e risolveranno anzi il problema austriaco per non fare finire questa Conferenza con un sostanziale fallimento ed in una atmosfera di tensione che condurrebbe anche sul terreno politico generale ad un pericoloso irrigidimento delle posizioni rispettive. Io rimprovero a questa teoria non tanto il difetto di essere ottimistica, perché per quel che è dato oggi prevedere non può ancora considerarsi del tutto esclusa la possibilità che da questa Conferenza il draft del trattato austriaco venga fuori, bensì piuttosto di peccare di semplicismo.

Per il momento qui a Mosca i lavori dei supplenti per il trattato di pace con l'Austria si svolgono in sordina e non rappresentano in sostanza altro che una continuazione dei lavori di Londra. Nella prima riunione è stato deciso di costituire un comitato di esperti per le questioni politiche, economiche, militari e per i beni tedeschi in Austria. Successivamente si è discusso del numero di aerodromi militari, della posizione degli ufficiali nazisti, della produzione e dell'acquisto dell'estero di materiale bellico e dell'impiego in Austria di personale tecnico tedesco specializzato in produzioni di guerra. Si è passati a discutere ieri del problema dei tedeschi naturalizzati, nonché della lotta contro il nazismo e il pangermanesimo. Salvo per la questione degli aerodromi, per cui si è arrivati ad una formula compromissoria assai vaga (all'Austria viene cioè consentito di mantenere un numero di aeroporti adeguato alle necessità della sua flotta aerea) le altre questioni hanno in genere regolarmente trovato i delegati sovietici e francesi in opposizione a quelli inglese e americano e la discussione si è conclusa con il rinvio delle singole questioni all'esame del competente Comitato degli esperti.

Ma non è evidentemente su tali punti di dettaglio del trattato di pace con l'Austria che le discussioni potranno naufragare e condurre ad una rottura. Come ho detto si tratta per ora di una continuazione dei lavori preparatori già iniziati dai supplenti a Londra e che hanno lo scopo di eliminare dal terreno gli argomenti essenzialmente tecnici e di dettaglio mentre per le questioni di importanza-, che sono tuttora non risolte, è più o meno pacifico che, come già in altri casi, i sostituti non potranno giungere ad un accordo, realizzabile invece solamente su un piano politico superiore di compromesso nel contrasto di interessi tra i Quattro Grandi; e la discussione verrà quindi proseguita in sede di Consiglio dei ministri degli esteri.

In questa sede, come già ho riferito con il mio telespresso n. 430/96 del 24 febbraio 47 1 la questione che si presenta come più controversa e di più difficile soluzione è indubbiamente quella dei beni tedeschi in Austria. Nel telespresso suindicato già ho segnalato a codesto Ministero i motivi connessi alle relazioni austro-russe che spingono i sovietici ad irrigidirsi su questo punto. Debbo aggiungere che, a giudicare anche dall'atteggiamento della stampa russa, si delinea come probabile la mossa sovietica di collegare questo punto del trattato con l'Austria con le trattative sulla Germania. I russi in altri termini sosterrebbero la tesi che la questione dei beni tedeschi in Austria, per cui il diritto sovietico deriva dalle decisioni di Potsdam sulle riparazioni tedesche, è troppo intimamente connessa con le riparazioni stesse per essere risolta in sede separata; d'altro lato, poiché il risolvere la questione delle riparazioni comporta anche l'accordarsi in merito al livello della produzione industriale da consentirsi alla Germania, si giungerebbe così al punto che il trattato di pace con l'Austria sarebbe del tutto subordinato alla realizzazione dell'accordo sulle questioni economiche relative alla Germania.

Non sarebbe quindi da meravigliarsi se un giorno il problema dei beni tedeschi in Austria dovesse rilevarsi come il punto cruciale della Conferenza. In tal caso il superarlo o meno non dipenderà tanto dall'importanza che la questione particolare in sé e per sé dei beni tedeschi in Austria può rivestire per le diverse parti, quanto dalla situazione politica generale, vale a dire dalle diverse armi di pressione di cui ciascuna delle parti dispone e dell'importanza anche che ciascuna di esse attribuisce alla più o meno rapida conclusione del trattato austriaco. In base a quest'ultimo fattore i russi potrebbero trovare una carta a loro favore: se infatti, come ho rilevato nel mio rapporto generale sulla Conferenza di Mosca, i russi si trovano in imbarazzo di fronte all'atteggiamento energico assunto dagli americani, potrebbe essere per loro un successo lo spostare il fuoco della Conferenza su un punto, come è quello del trattato di pace con l'Austria, cui gli americani tengono notoriamente assai, rappresentando esso la pregiudiziale necessaria per ottenere il ritiro delle truppe russe dagli altri paesi dell'Europa Centrale.

233

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3846/175 1• Parigi, 21 marzo 1947, ore 13,45 (per. ore 18,30).

Suo circolare 4423 2• Notizia mi è confermata qui aggiungendo che non si tratta di decisioni supplenti ma di iniziativa inglese. Mi è stato aggiunto che Francia sarebbe contraria

e sosterrebbe tesi che questione sorte ulteriore nostre colonie, essendo connessa con trattato di pace, lavori Commissione non (ripeto non) dovrebbero avere inizio se non dopo ratifica.

Mi è stato detto anche che Utter che dovrebbe essere delegato americano aggiunto per Commissione coloniale si è qui recentemente espresso in senso molto contrario sia ammissione nostri esperti sia in genere ritorno colonie Italia sotto qualsiasi forma.

Circoli francesi attribuiscono certa inverosimiglianza a notizia pubblicata alcuni giorni addietro da I.N.S. circa conversazioni che sarebbero in corso fra inglesi ed americani per concessione basi ad americani in Libia in connessione con nuovo orientamento politica americana Mediterraneo orientale.

Si pensa che se questo è esatto sarebbe probabile mutamento atteggiamento americano questione nostre colonie in senso più favorevole tesi inglese.

232 1 Non pubblicato. 233 1 Ritrasmesso alle rappresentanze a Londra, Mosca e Washington con T. 4829/c. del 25 marzo. 2 Vedi D. 209, nòta l.

234

L'INCARICATO D'AFFARI A BEIRUT, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3851/42. Beirut, 21 marzo 1947, ore 16,05 (per. ore 19 ).

In seguito alla decisione Consiglio dei ministri, comunicatami da ministro degli affari esteri Pharaon con lettera diretta ministro degli affari esteri conte Sforza che trasmetto per corriere 1 , Governo Libano ha ufficialmente riconosciuto a tutti gli effetti, in data 15 corrente, questa legazione d'Italia.

235

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 38841123 1 . Mosca, 21 marzo 1947 2 .

Stamane ho avuto conversazione con Sir Oliver Harvey che ho intrattenuto su vari argomenti. Mi ha confermato ancora una volta che praticamente ma non ufficialmente ammissione Italia trattative Germania è cosa fatta e ciò mi ha dato

235 1 I primi due capoversi del presente telegramma vennero trasmessi alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington con T. 4789/c. del 25 marzo.

2 Spedito il 22 alle ore 0,20 e pervenuto alle ore 10,30.

occasione patrocinare necessità non ammettere distinzioni nocive prestigio Italia e farla invece partecipare comitato o altri organismi nella stessa misura altre Potenze non solo alleate ma anche effettivamente cobelligeranti.

Circa colonie egli ritiene, contrariamente Couve 3 , che argomento seguirà ordinarie vie diplomatiche e non sarà discusso Mosca neppure per quanto riguarda nota Commissione. Mi ha promesso tenermi comunque avvisato.

Invece ha preveduto deliberazione Consiglio ministri su Trieste cui Inghilterra attribuirebbe seria importanza. Al riguardo ho svolta nostra tesi e prenderò in questi giorni contatti con Graftey Smith.

Infine Harvey, come già ambasciatore Inghilterra giorni scorsi, ha molto insistito su opportunità che Italia ratifichi al più presto possibile trattato pace. Con l'occasione comunico che anche il ministro Esteri sovietico mi ha manifestato la medesima opinione.

234 1 Non rinvenuta.

236

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 925/614. Londra, 21 marzo 1947 (per. il 2 aprile).

Il deterioramento nelle condizioni politiche in Ungheria in seguito alla scoperta, nel novembre u.s., del noto complotto contro l'attuale regime è stato oggetto di un certo numero di corrispondenze e di commenti nella stampa, mentre il resoconto dei successivi interventi diplomatici anglo-americani contro quella che viene considerata una indebita interferenza sovietica negli affari interni del Paese hanno contribuito a mantenere desta l'attenzione del pubblico sull'evolversi della situazione.

Pur non negandosi l'esistenza di un complotto, qui si è convinti che esso è stato artificiosamente gonfiato per volontà della Potenza occupante al solo scopo di rafforzare la minoranza comunista a danno del partito di maggioranza dei piccoli proprietari. L'intervento diretto delle autorità sovietiche culminato con l'arresto di Béla Kovàcs, segretario generale dello stesso partito, non ha fatto che maggiormente radicare questa convinzione unitamente alla speranza che con il ritiro delle truppe sovietiche potrà palesarsi il volto autentico del Paese.

In quanto all'azione diplomatica, la Gran Bretagna, come ormai avviene con sempre maggiore frequenza, si è accodata a quella degli Stati Uniti regolandosi in maniera del tutto analoga: le due note americane di protesta sono state infatti seguite da due note inglesi, ma tutte e quattro, come è noto, sono state sollecitamente respinte dai russi.

(Accludo il testo della prima comunicazione britannica pubblicato nel Parliamentary Debates del 19 corrente) 1 .

Come ha avuto luogo in occasione delle elezioni politiche in Romania, Bulgaria e Polonia anche, e forse a maggiore ragione per l'Ungheria -in vista della sua posizione geografica, del fatto che non si tratti di un Paese slavo e considerando i suoi più stretti legami con l'occidente europeo -gli anglo-americani perseguono una politica ormai familiare, incoraggiando all'interno le correnti di opposizione ed alimentando nel mondo il sospetto verso i regimi di marca comunista. La stessa reazione russa -altrettanto familiare -a tali interventi non fa che, secondo questi ambienti responsabili, accrescere l'effetto, per così dire, pubblicitario di tale politica.

Resta da vedere che cosa accadrà in termini pratici al momento dell'evacuazione sovietica dall'Ungheria ed a questo proposito ho sentito fare nei circoli vicini all'ambasciata degli Stati Uniti, forse con superficiale ottimismo, un parallelo con quanto ha avuto di recente nell'Azerbaijan.

235 3 Vedi D. 227. 236 1 Non pubblicata.

237

IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, ROVASENDA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3910/7. Assunzione, 22 marzo 1947, ore 7,35 (per. ore 20).

Mi riferisco al telegramma di V.S. n. 4486/c. 1 che dà istruzioni per passi perché decisione analoga a Cuba e Panama venga adottata da Paesi menzionati nel telegramma di codesto ministero n. 4059 2 .

Detto telegramma è qui giunto indecifrabile come ho informato con mio telegramma n. 5 del 12 corrente3 e non mi è stato ripetuto.

Ad ogni modo secondo tesi sostenuta da me e anche da eminenti legali in relazione crediti Istituto Cambi e Consorzi esportazioni aeronautici, Paraguay non è stato in guerra con l'Italia ma ha soltanto rotto le relazioni il 28 gennaio 1942.

Il 26 ottobre 1944 questo Ministero esteri emanava un comunicato col quale risolveva riannodare le relazioni con il Governo italiano in considerazione del fatto che erano scomparse le cause che le avevano interrotte, trovandosi l'Italia a collaborare politicamente e militarmente con le Nazioni Unite.

Decreto legge paraguayano dell'S febbraio 1945 che dichiarava Paraguay in stato di guerra con le potenze dell'Asse non ci riguarda perché non ci è stata fatta notificazione da esso prescritta. Inoltre permanevano stesse condizioni cobelligeranza per le quali questo Governo aveva riannodato le relazioni.

Vedi D. 186. 3 Non pubblicato.

Ho esposto quanto sopra con ampiezza ed argomentazioni nel mio telespresso

n. 223 con allegati 4 e in precedente comunicazione relativa ricupero crediti anzidetti Consorzi.

Questo ministro affari esteri dottor Chaves, come già il suo predecessore, mi dichiarò ritenere che decreto legge guerra Asse non riguardava Italia riservandosi parlarne con Consiglio dei ministri. Mi ha dato le più ampie assicurazioni circa intangibilità dei beni italiani qui (mio telegramma per corriere n. 01 dell4 febbraio) 5 .

Se noi sollevassimo anche soltanto la questione delle rinunzia del Paraguay ad aderire al trattato di pace riconosceremmo che il Paraguay si è trovato in stato di guerra con l'Italia. Passo sarebbe inoltre di esito incerto dato che questione dovrebbe essere deferita Consiglio dei ministri dove questo ministro delle finanze facendo probabile opposizione dichiarazione rinunzia si varrebbe ai suoi fini dell'ammesso stato di guerra.

Si potrebbe, se codesto ministro crede opportuno, chiedere con nota ufficiale a questo ministro affari esteri che, in accordo alla stessa dichiarazione, venga definitivamente chiarito che fra l'Italia e Paraguay vi è stata semplice rottura e che decreto legge relativo all'Asse non ci riguarda 6•

237 1 Vedi D. 186, nota 3.

238

L'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3924/67. Nanchino, 22 marzo 1947, ore 15,45 (per. ore 23 del 23).

Stamane questo Ministero affari esteri mi ha consegnato a mezzo nota verbale risposta nostre note circa revisione. Mentre trasmetto a parte testo in traduzione inglese 1 anche proveniente da questo Ministero degli affari esteri, faccio presente che nelle mie conversazioni qui

5 Vedi D. 72.

6 Con T. 4845/6 del 25 marzo Fransoni ripondeva: «Non avendo Paraguay dichiarato guerra, questo Paese non rientra fra quelli cui chiediamo rinunciare art. 88 trattato pace. Gli chiediamo invece di associarsi ad iniziativa Equatore affinché tutti Paesi sudamericani si uniscano nel chiedere O.N.U. revisione nostro trattato pace». Vedi D. 284. 238 1 Il testo della nota cinese, trasmesso con T. 3966/68 in pari data, era il seguente: «Ministry Foreign Affairs presents its compliments to Italian Embassy and has the honour to refer to the Embassy note verbale of february l st an d memorandum of february Il th on the subject of the revision of the Peace Treaty with Italy. It may recalled that the Chinese Govemment had, during the Paris Peace Conference, brought the important contribution made before the conclusion of the war against Germany by the

Italian Democratic Forces towards the destruction of nazi Forces in Europe; and had urged the other United Nations to accord Italy their full recognition to that efTect. It is with the same friendly attitude that the Chinese Government has studied the subject and is of view that the ltalian Government should be entitled, after the coming into force of the said Peace Treaty, to propose revision thereof, if the proposed revisions and the procedure to be followed in effecting such revisions are not contrary to international practice and the principles of the charter of the United Nations».

mi sono adoperato per dare sensazione di quanto Governo e opinione pubblica italiana sarebbero stati sensibili a presa di posizione questo Governo circa revisione. Pertanto mentre ho espresso questo ministro esteri ringraziamento ed apprezzamento Governo italiano permettomi raccomandare V.E. voler curare che a nota cinese venga dato costì adeguato e lusinghiero rilievo 2 .

237 4 Non rinvenuto.

239

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3943/126. Mosca, 22 marzo 1947, ore 22,11 (per. ore 8 del 23).

Dalla lettura rapporto preliminare sostituti Consiglio ministri, rapporto Vyshinsky risulta che difficoltà da me segnalata nei telegrammi 116, 120, 123 1 sta purtroppo risolvendosi in modo a noi non favorevole. Infatti i sostituti concordi propongono ammettere a Conferenza consultiva informativa ed eventualmente a comitati e sottocomitati permanenti soltanto Stati alleati oltre che combattenti contro Germania.

Invece Italia, Romania, Bulgaria insieme con tutti Stati che si limitarono dichiarare guerra Germania secondo tale proposta farebbero parte un secondo gruppo il quale in una ulteriore fase non ancora definita sarà ammesso esporre proprio punto di vista su questione germanica.

Permane disaccordo su questione Albania.

Avendo già presentato qui due note, una col messaggio un'altra ai sostituti come da mio telegramma 1102 , farò passi verbali sia presso Ministero esteri sovietico sia presso delegati altre Potenze perché, conformemente tesi già da me esposte, Italia sia equiparata Potenze alleate e combattenti.

Giudichi intanto V.S.: l) se non sia il caso di far fare urgente passo presso Governi Washington, Londra, Parigi perché invitino loro ministri esteri cui spetta tuttora decisione finale ad aderire nostra tesi; 2) se non sia il caso di esaminare fin d'ora se ci converrà entrare oppure no nel caso che ad Italia si attribuisse definitivamente la situazione sopraindicata.

zamento Governo e popolo italiano per comprensivo atteggiamento assunto da Governo cinese di fronte questione revisione trattato pace. Mi compiaccio con lei per azione svolta». 239 1 Vedi DD. 221, 227 e 235.

2 Vedi DD. 198 e 208.

238 2 Con T. 4841145 del 25 marzo, Sforza rispondeva nei seguenti termini: «Pregola esprimere apprez

240

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI

L. 8769/14. Roma, 22 marzo 1947.

Il tuo telegramma 012 1 relativo alla riapertura della nostra legazione a Helsinki ci ha lasciati un po' perplessi.

Non riusciamo a comprendere le incertezze finlandesi, pur tenendo nel debito conto la particolarità dei rapporti di quel Paese con la Russia. Anzi è in considerazione di ciò che le tergiversazioni di Helsinki ci sembrano meno spiegabili, poiché è appunto nel settore centro-europeo e balcanico, in cui è più forte l'influenza sovietica, che abbiamo avuto minori difficoltà alla ripresa di piene e normali relazioni diplomatiche: le legazioni a Sofia e Bucarest hanno funzionato regolarmente fin dalla fine della guerra, Budapest è riaperta e non sta che a noi mandarvi un ministro regolarmente accreditato, ciò che sarà fatto quanto prima.

Mi rendo conto che, avendo i finlandesi già una legazione presso il Vaticano, trovino eccessivo, anche da lato finanziario, aprirne un'altra ma noi non lo pretendiamo. Ciò che pare ormai necessario è inviare un nostro ministro a Helsinki. Puoi ripetere quanto precede al tuo collega, aggiungendo che quanto prima riceverà pel tuo tramite una domanda di gradimento.

Se il Governo finlandese lo ritenesse utile od opportuno, potremmo eventualmente noi stessi preavvertire della nostra intenzione il Governo di Mosca.

241

IL QUARTIER GENERALE ALLEATO AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA SEGRETO. Roma, 22 marzo 1947.

Future requirements of the /talian armed forces.

When the peace treaty with Italy becomes ratified, the three allied agencies (Land, Naval and Air Force Sub Sections AFHQ) which have been working in dose contact with the ltalian Armed Forces will be abolished. These agencies have been assisting their respective ltalian counterparts in organizational, equipment and training matters, and have, it is believed, been of value to the ltalian Government in its efforts to build up and maintain efficient armed forces.

So far as is known, no action has been taken to secure further assistance in these matters after the abolition of the existing agencies. The question of a military mission was mentioned informally saveral months ago but for sufficient reasons was never pursued. While it is anticipated that any request by the ltalian Government for a mission either naval, air or land would be raised thru diplomatic channels after Ratification Day, it appears that should the ltalian Government desire to request an Allied mission, the matter could be more expeditiously handled if such a request were received thru the Supreme Allied Commander prior to Ratification Day.

This aide-memoire is not to be interpreted as a suggestion that the ltalian Government may wish to request a mission of any kind. Its purpose is solely to bring to mind that the allied military advice and assistance wich has been provided by the Supreme Allied Commander will cease as from Ratification Day unless special provision is made. Should you be in a position to express the attitude of your Government in this matter in the near future it would assist the Supreme Allied Commander in formulating his plans.

240 1 Vedi D. 162.

242

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 886/583. Londra, 22 marzo 1947 1 .

Cerulli qui giunto è stato messo a contatto con il Research Department del Foreign Office, secondo le intese da me prese nella mia recente conversazione con Bevin. Unisco il suo rapporto sulla prima riunione in materia.

Desidero aggiungere che tali contatti, per ora di carattere esplorativo nei limiti già concordati, continuano ed è probabile che vadano sviluppandosi. Mi riservo di riferire ulteriormente al riguardo.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE CERULLI AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

APPUNTO. Londra, 21 marzo 1947.

Ho avuto una lunga conversazione al Research Department del Foreign Office con Mr. Graham-Bower, capo dell'Ufficio Italia di quel Department. Riassumo qui di seguito la discussione nei suoi punti principali.

Abbiamo, anzitutto, di accordo, premesso che la discussione odierna avveniva nei limiti del metodo già preveduto a Parigi per la soluzione della questione delle colonie italiane e cioè il single trusteeship da parte dell'O.N.U. Da questo punto di vista abbiamo esaminato i vari territori in questo ordine:

l) Somalia. A vendo io esposto le nostre ragioni per questo territorio, la cui vita economica può dirsi a buon diritto un risultato del lavoro italiano, Graham mi ha risposto che qui si apprezzavano i risu.!tati della nostra opera nel campo agricolo ed in genere quello che eravamo riusciti a fare in Somalia.

2) Tripolitania. Ho ripetuto ancora che, pur essendo noi pronti a trattare il problema della Tripolitania nel senso più favorevole per le popolazioni arabe, non potevamo non chiedere che la questione fosse considerata nei suoi giusti termini: e cioè non già come un problema esclusivamente arabo, ma come la questione della sorte di un Paese dove accanto ad un nucleo arabo vivono altre popolazioni, come, in prima linea, gli italiani e gli ebrei ed i berberi. Graham mi ha detto che eventualmente la presenza della minoranza ebraica a Tripoli costituiva un problema. Circa gli italiani mi ha chiesto se ed in quale proporzione essi erano funzionari ed impiegati statali ed in quale proporzione invece appartenenti acategorie di produttori. Gli ho risposto che evidentemente, lasciando da parte per un momento la situazione pre-bellica, dei 45 mila italiani ora presenti in Tripolitania sotto la British Military Administration soltanto una ristretta proporzione poteva essere considerata dipendente dall'Amministrazione locale.

Graham mi ha chiesto se io consideravo comunque che la popolazione italiana della Tripolitania potesse accrescersi in avvenire; ed avendogli risposto che dai calcoli fatti dai nostri tecnici il solo naturale sviluppo delle colture già da noi impiantate avrebbe consentito nel prossimo decennio un notevole incremento della popolazione italiana, egli mi ha detto che si rendeva conto di ciò ma che questo mio punto di vista prescindeva da una eventuale circostanza di carattere politico e cioè dalla possibilità che l'O.N.U. nell'affidare il trusteeship mettesse come condizione nel relativo statuto il divieto di ulteriori immigrazioni, salvo s'intende il ritorno dei profughi. Ho risposto che dovevo ritenere cosa certa che i vari Stati rappresentati all'O.N.U. si sarebbero resi conto della gravità di una condizione simile nei confronti dell'Italia nelle condizioni di oggi. Graham ha replicato che egli non intendeva dire che attualmente noi fossimo in presenza di una proposta simile, ma aveva voluto richiamare la attenzione su tutti gli aspetti del problema.

Mi ha chiesto poi le condizioni di vita dei profughi della Tripolitania in Italia. Ed alla mia esposizione mi ha risposto che da parte sua era davvero persuaso che l'Italia di oggi non è in condizioni di riassorbire decine di migliaia di profughi e che egli sapeva come tra i profughi la maggioranza è di famiglie di contadini, numerose e povere. Ho preso motivo da questo per sottolineargli che, a differenza di quanto può apparire per altri Paesi, per l'Italia il problema delle colonie è un problema che tocca direttamente le masse popolari e specialmente i contadini del Mezzogiorno e delle isole.

3) Eritrea. La discussione circa l'Eritrea è stata piuttosto vivace e piuttosto ricca di interruzioni. Graham mi ha subito detto che egli si poneva il quesito se l'Italia potesse davvero assumere il grave onere di pagare le spese di un amministrazione necessariamente costosissima come quella dell'Eritrea. Gli ho chiesto perché questa idea di un particolare costo dell'Eritrea; ed egli mi ha detto che il sistema stradale e ferroviario di quella colonia, l'attrezzatura dei porti e gli impianti industriali richiedevano per la loro sola manutenzione una somma che non poteva logicamente esser chiesta, nelle condizioni di oggi, al popolo italiano. Ho risposto che bisogna distinguere ovviamente l'Eritrea dall'Etiopia (ciò che non sempre è stato fatto nei bilanci della British Military Administration) e che per esempio il chilometraggio delle strade da mantenere in territorio eritreo si riduce a poco più delle duecento miglia della Massaua-Asmara-Mareb. Comunque, fuori dell'episodio delle strade, restava il fatto che ormai l'attrezzatura civile della colonia era una cosa già compiuta e che perciò, proprio al contrario di quanto egli mi aveva detto, il problema odierno non è quello di addossare al popolo italiano l'onere di mantenere l'Eritrea ma è invece quello di decidere se si vuole ancora gravemente colpire l'economia italiana privandola dei frutti derivanti dai capitali impiegati in Eritrea.

A questo punto Graham mi ha chiesto quali possibilità economiche io vedevo in Eritrea, fuori della ovvia importanza politica e militare di quella regione in confronto dell'Etiopia. Gli ho chiarito come l'altopiano eritreo sia la sola regione prossima al mare dove, potendo vivere per le condizioni climatiche una popolazione europea, erano possibili impianti industriali, come quelli da noi già fatti, e ciò nell'interesse stesso delle varie regioni finitime. Mi è stato replicato che tuttavia questo dipendeva bene non solo da noi ma anche appunto dalle regioni finitime, le quali avrebbero potuto anche non comprare nulla delle nostre industrie eritree. Ho risposto che appunto per questo l'Eritrea era da noi considerata tipicamente come un terreno di necessaria collaborazione economica con i Paesi finitimi e che già, come durante la stessa guerra mondiale, vi era stato un interessamento diretto britannico ed americano alla produzione industriale eritrea, così anche molti anni prima vi erano stati altri progetti di collaborazione di capitale britannico negli impianti eritrei; e che quella era indubbiamente la via buona per l'avvenire dell'Eritrea.

Esaminando poi io brevemente la questione dal punto di vista delle popolazioni, Graham ha accennato al noto progetto del generale Longrigg di dividere l'Eritrea in una zona cristiana ed una zona musulmana, che dovrebbero avere differenti destini. Ho detto che da secoli, anzi da millenni, l'Eritrea è il terreno di incontro tra le popolazioni dell'Arabia, dell'Etiopia e della Nubia; che questo fatto ha dato al Paese una tormentata storia di lotte e di devastazioni e che il solo periodo nel quale la tranquillità interna è stata mantenuta perfettamente è proprio quello dell'amministrazione italiana negli ultimi settanta anni. Questo perché, avendo riunito sotto una amministrazione imparziale i vari brandelli di popolazione di varia razza, lingua e religione così inestricabilmente mescolati in Eritrea, noi siamo riusciti a tener collegati i vari componenti di questo «museo di popoli» nel comune interesse della prosperità economica del territorio, fuori delle lotte politiche e religiose. Non mi pareva quindi un contributo alla pace del continente africano quello di tentare di scindere nei suoi componenti religiosi e razziali questa unità politica ormai consolidata da una pacifica tradizione di governo. Graham mi ha detto che questo punto di vista era da apprezzare, ma che restava sempre la questione dei rapporti fra Eritrea ed Etiopia e di quello che l'Eritrea avrebbe potuto rappresentare nei confronti dell'Etiopia nell'ipotesi che, anche tra un secolo o due, si fosse presentato un problema etiopico in una forma o nell'altra. Ho risposto che noi sappiamo che esistono claims territoriali dell'Etiopia nei confronti dell'Eritrea e che abbiamo dichiarato da tempo che siamo pronti a che essi siano considerati entro ragionevoli limiti.

4) Cirenaica. Avendo io esposto la nostra tesi, concludendo che tenendo conto degli impegni inglesi nei confronti dei senussi, chiediamo ancora che la questione della Cirenaica e della immigrazione italiana in quella regione sia esaminata tra noi e gli arabi interessati per vedere se è possibile giungere ad un accordo, Graham mi ha ripetuto che eventuali contatti tra noi e gli arabi sulla questione sarebbero del tutto inutili. Ho chiarito che noi vedevamo un negoziato con gli arabi per la Cirenaica come cosa da svolgere parallelamente ai nostri contatti col Governo britannico ed in forma di reciproca intesa fra tutti gli interessati. Graham mi ha ripetuto che questo negoziato con i senussi o comunque con gli arabi non avrebbe senso, perché non avremmo che un rifiuto netto degli arabi. Ho replicato, in tono non grave, che trovavo molto generoso da parte sua di prendere in conto del Foreign Office un rifiuto la cui responsabilità poteva invece cadere sul Senusso.

Graham ha finito col dirmi che, in ogni modo, il contatto tra noi e gli arabi sulla questione della Cirenaica si sarebbe avuto davanti alla Commissione dei supplenti alla Conferenza futura per le colonie, dove sia noi che gli arabi avremmo esposti i nostri punti di vista. Gli ho detto che questa era una procedura totalmente diversa da quella suggerita da noi ormai da un anno di un negoziato vero e proprio per risolvere di accordo il problema italo-senussita. Graham ha concluso che non poteva dirmi altro sull'argomento.

242 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

243

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2559/693. Washington, 22 marzo 1947 (per. il 18 aprile).

Non appena ricevuto comunicazione ufficiale della ratifica degli accordi di Bretton Woods da parte della nostra Assemblea costituente 1 ho ritenuto opportuno informarne direttamete il presidente della Banca Internazionale McCloy, e cogliere l'occasione per felicitarmi anche con lui per la definitiva sua assunzione a tale importante carica. Tale passo ho anche compiuto per dissipare certe apprensioni e critiche che si erano diffuse negli ambienti del Fondo e della Banca Internazionale a seguito di alcune pubblicazioni giornalistiche (tra cui come ebbi a telegrafare a codesto Ministero il New York Times del 16 marzo) secondo le quali l'Italia si disponeva a chiedere una diminuzione delle sue quote di partecipazione alla Banca ed al Fondo. McCloy ha accolto con marcato compiacimento la notizia della decisione della nostra Assemblea costituente ed ha tenuto subito a dirmi che egli aveva sempre considerato con molto simpatia i problemi economici italiani in quanto «egli aveva praticamente fatto la sua prima esperienza di affari e di banca in Italia dove si era trattenuto per un lungo periodo di tempo anni fa entrando in contatto con molte banche, case commerciali e complessi industriali italiani».

Al riguardo egli ha avuto espressioni molto elogiative per il nostro sistema bancario e per l'onestà e la correttezza dei nostri metodi di affari. Ho ringraziato McCloy e gli ho dichiarato che l'Italia guardava ora con grande fiducia alla Banca Internazionale che essa avrebbe avvicinato fra non molto per studiare le richieste di prestiti da formulare.

McCioy ha tenuto ad illustrarmi brevemente l'attuale situazione della Banca confermandomi presso a poco le circostanze che ho già ripetutamente segnalato a codesto ministero. In sostanza, egli ha detto, la Banca si trova nell'attuale momento di fronte ad un dilemma che si propone di risolvere con ogni energia: essa ha ricevuto richieste di prestiti che ammontano già finora a qualche miliardo di dollari mentre possiede una disponibilità liquida che appena raggiunge i 600 milioni. Occorre pertanto che la Banca da una parte si imponga al mercato americano dando garanzie di sicurezza e di serietà onde poter piazzare le proprie obbligazioni e raccogliere i capitali necessari per un vasto lavoro di finanziamento. D'altra parte fino a quando tali capitali non saranno raccolti, la Banca dovrà corrispondere soltanto parzialmente alle richieste di prestiti di vari Paesi riducendole in proporzioni alle sue attuali disponibilità. Egli si è dimostrato fiducioso di riuscire a vincere e specialmente per l'autorità che circonda i collaboratori che egli ha assunto con sé, alcune resistenze degli ambienti finanziari americani e di ottenere che le legislazioni dei singoli Stati

consentano l'acquisto da parte della case bancarie ed assicuratrici americane dei titoli che la Banca lancerà sul mercato. Per quanto riguarda l'Italia egli ha consigliato che si cominci al più presto a presentare qualche progetto specifico anche di modeste proporzioni (McCloy si è mostrato particolarmente interessato alla ripresa dell'industria turistica) che possa essere preso in rapido esame e costituire una presentazione di facile studio da parte degli uffici competenti della Banca stessa.

Egli non ha escluso tuttavia la presentazione di un piano generale ma, ha soggiunto, come è avvenuto per il piano Monnet 2 per la Francia, «ci troveremmo necessariamente costretti a segmentarlo in qualche limitato progetto specifico di pratica ed immediata attuazione».

McCloy non ha neppure escluso che, essendo disponibili i capitali necessari alla Banca Internazionale, questa possa prendere in considerazione finanziamenti per gli acquisti di carbone, mentre, egli ha decisamente dichiarato, la Banca sarebbe certo riluttante a far fronte ai finanziamenti di grano e dei generi alimentari.

Ho tratto in sostanza l'impressione che McCloy intende iniziare il suo lavoro con ogni possibile energia e che è individuo preciso e pratico, ben disposto, secondo quanto egli stesso ha dichiarato, verso l'Italia.

Ho colto l'occasione per preannunciare a McCloy la venuta della missione Lombardo e l'ho pregato fin d'ora di prestare ad essa ogni utile consiglio ed assistenza per i contatti che la missione stessa stabiliterà con il suo istituto.

243 1 Con T. 4549/170 del 19 marzo Fransoni aveva comunicato che l'Assemblea costituente, nella seduta del 15. aveva approvato la ratifica di tali accordi.

244

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 374/178. Atene, 22 marzo 1947 (per. il 28).

Mio rapporto n. 252/116 del 1° marzo 1947 1• Con telespresso a parte, invio altri articoli, tradotti dalla stampa ateniese, a commento delle dichiarazioni fatte da V.E. al giornalista Callonas.

Mi sembra utile, frattanto, di riferire brevemente il contenuto di una interessante conversazione che ho avuto in questi giorni con il deputato Mavros, ex ministro della giustizia e uno dei membri più influenti dell'unico partito parlamentare rimasto all'opposizione, il partito liberale di Sofulis. L'on. Mavros mi ha detto anzitutto che l'intervista accordata da V.E. era stata giudicata di tale importanza che essa era stata sottoposta ad uno esame approfondito da parte del Comitato direttivo del Partito. In questa occasione tanto il vecchio presidente

ricostruzione francese. 244 1 Vedi D. 135.

Sofulis quanto il suo probabile successore, Rendis, già ministro degli affari esteri nell'ultimo gabinetto liberale e considerato l'esperto di politica internazionale del Partito, avevano esposto il loro punto di vista. Entrambi si erano dichiarati d'accordo sulla necessità che il partito liberale, come unico partito d'opposizione, manifestasse ufficialmente il proprio pensiero su tutto il problema dei rapporti con l'Italia. Le dichiarazioni di V.E. sono state giudicate la premessa necessaria, e la più propizia, sullo sviluppo delle nuove relazioni tra i due Paesi. E Sofulis, che già altra volta mi aveva annunciato la sua intenzione di sottolineare pubblicamente la necessità di stabilire e sviluppare queste relazioni in uno spirito di cordiale amicizia, non appena fosse diventato capo del Governo, ha confermato, con l'approvazione dei suoi colleghi, il proposito di farlo come capo dell'opposi

. . . .

zwne m una pross1ma occasiOne.

A vendo espresso il mio compiacimento per questa decisione e la speranza che l'amicizia tra l'Italia e la Grecia nell'ordine della cooperazione mediterranea, possa affermarsi, come una premessa fondamentale della politica dei nostri due Paesi e, come tale, venga posta al disopra del contrasto dei partiti, Mavros mi ha assicurato che l'evoluzione più recente dell'opinione pubblica greca, soprattutto dopo l'intervista Callonàs, tendeva chiaramente verso questa meta. Mi ha confermato, ciò che del resto mi risulta anche direttamente dai numerosi colloqui che ho avuto in questi giorni con uomini politici e di governo appartenenti a vari partiti, che l'idea della ripresa di intimi rapporti con l'Italia sta facendo rapidi progressi in ogni settore; e che molti deputati della maggioranza e dell'opposizione fanno pressioni sul Governo perché formuli con la chiarezza e l'autorità necessaria questa nuova politica.

In questo ordine di idee segnalo un articolo del signor Lagakos, deputato del partito socialista republicano, e uomo molto vicino a Papandreu. L'articolo, che mi risulta essere stato approvato da quest'ultimo, è stato pubblicato sul giornale settimanale Hellas, che è l'organo ufficiale del Partito e il portavoce personale del suo capo. Ne accludo una traduzione 2 •

Un certo rilievo ha avuto sulla stampa e alla radio una notizia proveniente da Londra -pubblicata originariamente, a quanto sembra, dalla rivista settimanale The People -secondo la quale gli Stati Uniti intenderebbero promuovere un'alleanza tra Italia, Grecia e Turchia. La notizia è stata riportata da vari giornali, tra cui l'ufficioso Messager d'Athènes, senza commento. Tuttavia accenni più o meno espliciti all'idea di un'alleanza fra i tre Stati Mediterranei, si trovano in vari articoli comparsi in questi ultimi tempi, e già segnalati dalla rappresentanza; fra l'altro, nell'articolo del prof. Kulumvakis, in quello dell'on. Vamvetzos, membro della Commissione per gli affari esteri, in quello dello stesso Lagakos, nonché in un articolo a carattere storico pubblicato sul Messager d'Athènes dal prof. Zakynthinòs, insegnante all'Università di Atene. Questi scrive testualmente: «Sin da ora una federazione tripartita tra Grecia e Turchia e di queste due Potenze con l'Italia si presenta come una eventualità favorevole alla pace e all'intesa mondiale».

243 2 Allude al piano di modernizzazione elaborato da Jean Monnet, in vista del coordinamento della

244 2 Non pubblicata.

245

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1088/218. Budapest, 22 marzo 1947 (per. il 28).

Mio rapporto n. 914/178 dell'8 corrente 1• Facendo seguito a precedenti comunicazioni e, da ultimo, al mio telegramma

n. 66 del 19 corrente 2 , trasmetto, qui unito, per opportuna documentazione di codesto Ministero, i testi delle seguenti note scambiate tra i rappresentanti americani, britannici e russi di questa Commissione di controllo in merito alla nota questione dell'arresto del Béla Kovàcs ed alla situazione politica interna ungherese:

a) seconda nota americana del 17 marzo (Allegato A) 3 ; b) risposta russa a detta nota (Allegato B) 4 ; c) testo della prima nota britannica indirizzata, analogamente a quella ame

ricana, al presidente della Commissione di controllo il 7 marzo (Allegato C) 5 ; d) testo della seconda nota britannica del 19 marzo (Allegato D) 5 . Come noto anche gli inglesi si sono associati ai passi americani, senonché le note britanniche sono state presentate con qualche giorno di ritardo nei confronti di quelle americane, evidentemente dopo che le relative istruzioni erano pervenute da Londra; le note stesse poi, non entrano specificamente nel merito della questione e fanno espressa menzione di associarsi al passo americano, in seguito a richiesta del Governo di Washington a quello di Londra. Come era logico, le note americane, alle quali, ancora prima che la stampa le pubblicasse, questa legazione degli Stati Uniti aveva dato con mezzi propri (l'Ufficio stampa della Legazione stessa è costituito di quasi un ventina di impiegati) la più larga diffusione, hanno qui prodotto vivissima impressione in tutti gli ambienti rafforzando indubbiamente la posizione molto scossa del Partito dei piccoli proprietari e calmando la bellicosità di quello comunista (secondo informazioni avute, che peraltro non ho modo di controllare, il Partito comunista avrebbe ricevuto da Mosca dei consigli di moderazione); di ciò è apparsa come conseguenza l'accordo rapidamente raggiunto tra i partiti per risolvere quella crisi politica che, come ho avuto occasione di riferire in vari precedenti rapporti, travagliava da lunghi mesi la vita politica di questo Paese e che con la questione del complotto aveva avuto. la sua massima acutizzazione. La crisi si è risolta con l'uscita dal Partito dei piccoli proprietari di altri cinque deputati (invece di circa una sessantina reclamata dai comunisti), con la sostituzione di cinque ministri (restando peraltro i portafogli

attribuiti agli stessi partiti) e con un accordo scritto e firmato dai capi dei singoli partiti, in cui vengono fissati i principi di una comune azione di Governo.

Come reazioni interne ungheresi al passo americano, vanno registrati alcuni articoli fortemente polemici dei giornali comunisti e socialisti ed un vivace discorso pronunciato dal capo del Partito socialdemocratico Szakasits che ha destato meraviglia e scontento in larghi strati dal partito stesso e che è stato attribuito piuttosto ad una manovra dei comunisti, ai quali la persona del Szakasits sembra particolarmente vicina. Mi è stato al riguardo riferito che il discorso del capo del Partito socialdemocratico sarebbe stato inteso, in certo modo a spingere il Governo a rispondere all'«intervento» americano senonché lo scopo non sarebbe stato raggiunto in quanto il Governo stesso, nonostante le pressioni dei socialisti e dei comunisti in seno al Consiglio dei ministri, avrebbe deciso di non prendere alcun atteggiamento ufficiale nei confronti delle note scambiate tra i Grandi alleati e, comunicate in sostanza solo per opportuna conoscenza al Governo ungherese. E questa realistica decisione di considerare ufficialmente lo scambio di note anglo-russo-americane come una res inter alias acta può dirsi rispondere ai sentimenti generalmente qui diffusosi e che possono così riassumersi: soddisfazione per l'interessamento così apertamente dimostrato dall'America per la situazione ungherese e speranze che ciò possa in definitiva assicurare al Paese almeno una non completa ed esclusiva soggezione all'influenza russa; sensazione che la situazione ungherese non è che un aspetto del tutto particolare di una divergenza di assai più ampia e vasta portata esistente fra le grandi Potenze e conseguente necessità di massima cautela e riserva, evitando quanto più possibile, ogni forma di aperta compromissione per l'uno o l'altro dei contendenti di fronte alle incognite del futuro, rappresentate soprattutto dall'eventualità di compromessi che possano intervenire tra i Grandi in questo ed in altri settori della politica mondiale.

245 1 Vedi D. 179. 2 Riferiva circa il contenuto della nota sovietica di cui al punto b) del presente documento. 3 Non pubblicato, ma vedi Foreign Relations of the United States, 1947, vol. IV, cit., p. 285. 4 Non pubblicato, edito ibid., pp. 285-286. 5 Non pubblicato.

246

IL CAPO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO 31/143/INT. Roma, 23 marzo 1947.

In relazione all'Ordine di servizio del 7 corrente ho l'onore di sottoporre alla

S.V. un promemoria -preparato da questo Servizio -relativo alle possibilità e convenienza di una nostra ammissione nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, nonché ai problemi che tale eventuale ammissione rende per noi necessario di affrontare e risolvere.

Mentre il promemoria in questione si trovava alla copia è pervenuto il telegramma dell'ambasciata d'Italia in Washington n. 204 del 20 corrente\ che fa

assumere alla questione della nostra ammissione nell'O.N.U. un carattere di particolare urgenza. Appare pertanto opportuno che le decisioni da prendere in merito a quanto è stato prospettato dal Dipartimento di Stato all'ambasciatore Tarchiani, vadano inquadrate nelle considerazioni esposte nel promemoria qui unito.

ALLEGATO

IL CAPO DELL'UFFICIO PRIMO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, SCOLA CAMERINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

PROMEMORIA RISERVATO. Roma, 22 marzo 1947.

L'entrata in vigore del trattato di pace, che si dovrebbe supporre ormai prossima, porrà il nostro Paese in una posizione di parità teorica con gli altri, rimuovendo quegli ostacoli di carattere giuridico che si sono frapposti sinora al nostro ingresso nell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Tale ingresso era stato da noi vivamente auspicato prima della redazione definitiva del trattato di pace, non solo allo scopo di dimostrare la nostra volontà di collaborazione internazionale, ma anche a quello di ottenere -per questa via indiretta -un miglioramento delle clausole del trattato di pace stesso. E per converso nulla era stato fatto, da parte delle Grandi Potenze, per venire incontro a questo nostro desiderio, proprio ad evitare che dell'Organizzazione tentassimo di avvalerci per far apportare modifiche a quel progetto di trattato che era stato faticosamente preparato dai Quattro Grandi attraverso un complesso giuoco di equilibrismi e di compromessi.

Tuttavia, una volta entrato in vigore il trattato di pace, le suaccennate posizioni possono modificarsi in modo sostanziale, né si può escludere che tendano addirittura ad un rovesciamento.

L'appartenenza all'O.N.U. comporterebbe per noi una serie di vantaggi dei quali si indicano, qui di seguito ed in modo schematico, i principali: l) aumento di prestigio, specie se venissimo ammessi nell'Organizzazione prima degli altri Stati ex nemici; 2) dimostrazione della nostra volontà di collaborazione internazionale in un clima di concordia: 3) maggiori possibilità per noi di creare un clima favorevole alla revisione del trattato di pace impostaci; 4) creazione delle premesse indispensabili perché le nostre ex colonie, o almeno parte di esse, ci vengano affidate in regime di amministrazione fiduciaria;

5) possibilità, attraverso l'appartenenza alle varie organizzazioni dipendenti dall'O.N.U. (Organizzazione dei rifugiati, F.A.O., Organizzazione dell'aviazione civile, U.N.E.S.C.O.), di avvalerci dei benefici che dalle Organizzazioni stesse derivano ai varì Paesi;

6) possibilità di ottenere una revisione delle clausole militari del trattato di pace, allegando la necessità di doverci conformare agli obblighi che lo statuto dell'O.N.U. impone ai singoli Stati membri;

7) possibilità di avere maggior voce in capitolo nelle questioni relative al Territorio Libero di Trieste che dipendono dall'O.N.U., ecc.;

8) possibilità di concludere accordi politici nel quadro degli accordi regionali previsti nel capitolo 8° dello statuto dell'O.N.U., e come tali non suscettibili di eventuali interpretazioni sfavorevoli da parte di qualche Potenza.

La partecipazione all'O.N.U. comporta peraltro alcuni svantaggi che non possono essere ignorati. Anzitutto si tratta di un'organizzazione che -come già la Società delle Nazioni -è congegnata e manovrata in modo da poter non soltanto cercare di assicurare la pace e la collaborazione internazionale, ma anche da servire ai fini particolaristici di determinate potenze. Entrando a farne parte, non mancherebbe di presentarsi per noi occasioni in cui -pur discutendosi problemi che non c'interessano direttamente -potremmo essere costretti a prese di posizione suscettibili di metterei in difficoltà con qualche Potenza o gruppo di Potenze, a seconda che ci schieriamo per l'una o l'altra delle tesi dibattute. Infine non debbono essere del tutto trascurati gli oneri finanziari in valuta estera che dovremmo accollarci, in relazione all'appartenenza all'O.N.U. e alle Organizzazioni da essa dipendenti.

Comunque non sembra che, nell'insieme, debbano sussistere per noi serì dubbi circa la convenienza di entrare prima o poi-e a determinate condizioni-a far parte dell'O.N.U. Il problema sembra perciò doversi spostare verso la prassi da seguire ed il momento da prescegliere per la nostra domanda di ammissione.

Un preventivo sondaggio presso i Governi dei cinque Membri permanenti del Consiglio di sicurezza (Regno Unito, Stati Uniti, U.R.S.S., Francia e Cina) appare indispensabile, tanto più quando si tenga presente ciò che si è verificato lo scorso anno per le domande di ammissione di nuovi Membri. Infatti ben cinque di esse -su nove presentate -non conseguirono la raccomandazione favorevole del Consiglio di sicurezza, e rimasero pertanto lettera morta; e se il rappresentante sovietico giustificò il suo veto nei riguardi dell'Irlanda, Portogallo e Transgiordania con il fatto che tali Paesi non intrattengono relazioni diplomatiche con l'U.R.S.S., è peraltro indubitabile che il suddetto veto dipendeva principalmente dalla decisione presa dalla maggioranza dei Membri del Consiglio contro l'ammissione dell'Albania e della Mongolia.

Ammessa la necessità di tali sondaggi, occorre considerare se ci convenga di effettuarli non appena entrato in vigore il trattato di pace, oppure di attendere che almeno uno dei Membri permanenti del Consiglio di sicurezza ci suggerisca di far domanda di ammissione all'O.N.U. assicurandoci il proprio appoggio. Indubbiamente la seconda ipotesi, qualora si verificasse a breve scadenza, sarebbe di gran lunga preferibile alla prima. Ma vi sono attualmente possibilità in tal senso? Alcuni elementi porterebbero a rispondere in senso affermativo; così: l) l'aspirazione dell'O.N.U. all'universalità, aspirazione che è stata ripetutamente esternata da molti delegati al Consiglio di sicurezza e all'Assemblea generale; 2) l'importanza dell'Italia in relazione alla sua posizione geografica, importanza che appare sottolineata dall'atteggiamento assunto dagli Stati Uniti nei confronti della Grecia e della Turchia, quale è stato recentemente annunciato dal presidente Truman; 3) l'eventuale desiderio dei vincitori di compiere, nei nostri riguardi, un gesto amichevole che non costerebbe loro nulla e che sarebbe particolarmente opportuno dopo l'imposizione di un durissimo trattato di pace; 4) non ultime, infine, le buone disposizioni ripetutamene manifestate riguardo all'Italia da tante Repubbliche di oltre Oceano; 5) il fatto che nell'Assemblea generale sia stato largamente criticato l'atteggiamento sfavorevole del Consiglio di sicurezza rispetto a molte domande di ammissione. Inoltre possono considerarsi sintomatici gli insistenti inviti rivoltici dagli Stati Uniti a far domanda di ammissione all'U.N.E.S.C.O.

Contro tali elementi, se ne rilevano però altri che vanno tenuti presenti. Così il fatto che ancora non sia stata risolta la questione dell'ammissione dell'Albania, della Mongolia e dell'Irlanda, ecc.; e così pure il fatto che l'U.R.S.S. potrebbe non vedere di buon occhio l'ammissione dell'Italia qualora non abbia contemporaneamente luogo quella della Bulgaria e forse dell'Ungheria e della Romania.

Tenuto conto di quanto precede non sarebbe forse inopportuno di chiedere ai nostri ambasciatori a Londra, Washington, Mosca, Parigi e Ghung King se ritengano probabile che invito del genere possa presto esserci rivolto -sia pur confidenzialmente -dal Governo presso il quale essi sono accreditati. In via sussidiaria si potrebbe anche studiare l'opportunità di avvicinare qualche Repubblica sud-americana per vedere se sia disposta a suggerire al Governo degli Stati Uniti di rivolgerei l'auspicato invito.

Nel considerare i problemi di cui sopra, va altresì tenuto presente che quest'anno il termine utile per la presentazione delle domande di ammissione si aggirerà probabilmente intorno al 15 luglio. Tale era infatti il limite fissato per lo scorso anno; esso venne posticipato al 18 agosto soltanto quando venne deciso di rinviare al 23 settembre l'inizio dtiti'Assemblea.

E ciò sempreché non venga decisa la convocazione di un'assemblea straordinaria o in anticipo, appunto in vista dell'ammissione di nuovi Membri.

Qualora si addivenga alla conclusione che è conveniente per l'Italia di presentare quanto prima la domanda di ammissione all'O.N.U., tre ordini di questioni dovranno essere particolarmente e tempestivamente esaminati; e cioè la portata degli art. 53 e 107 dello statuto dell'O.N.U. nonché le riserve da avanzare rispetto a taluni obblighi cui il nostro Paese non è attualmente in grado di adempiere, la formazione della delegazione italiana all'Assemblea generale, la linea di condotta che tale delegazione dovrà seguire.

I) Sotto il titolo «Accordi transitori relativi alla sicurezza», il capitolo XVI dello statuto comprende, all'art. 107, la seguente disposizione: «Nulla nel presente statuto potrà infirmare

o precludere un'azione nei confronti di uno Stato, che nella seconda guerra mondiale sia stato nemico di uno dei firmatari del presente statuto, intrapresa o autorizzata -come conseguenza di quella guerra -da parte dei Governi che hanno la responsabilità di una tale azione». Una prima interpretazione logica di questo articolo, e la sua stessa collocazione, potrebbero portare alla conclusione che -una volta entrato in vigore il trattato di pace che pone termine nei confronti dell'Italia alla seconda guerra mondiale e ammessa l'Italia nelle Nazioni Unite-non possa esservi più questione di un'applicazione eventuale dell'articolo stesso che inficierebbe tutti i nostri diritti come membri dell'O.N.U.

D'altra parte però va tenuto presente che il concetto relativo agli Stati ex nemici è ribadito anche nel Capitolo VIII dello Statuto circa gli accordi regionali e le azioni coercitive intraprese in base ad essi e precisamente all'art. 53 che stabilisce quanto segue: «L'espressione «Stato nemico» quale è usata nel paragrafo I di questo articolo si riferisce a qualunque Stato che durante la seconda guerra mondiale sia stato nemico di un firmatario del presente Statuto». Per evitare quindi situazioni delicate che potrebbero sorgere ove qualche Stato pretendesse di fondare nel futuro una sua azione su queste disposizioni, è necessario richiedere-al momento della nostra ammissione nell'Organizzazione-una dichiarazione che riconosca che le disposizioni discriminatorie nei riguardi degli Stati ex nemici sono ormai divenute inoperanti nei confronti dell'Italia. Anche se tale nostra richiesta non dovesse ottenere l'esito desiderato, essa costituirà comunque un punto fermo cui dovrà ispirarsi e su cui potrà basarsi una nostra ulteriore azione in questo campo.

Il Capitolo VII dello statuto prevede che il Consiglio di sicurezza possa ordinare ad uno Stato membro di fornire forze armate, assistenza, facilitazioni, diritti di passaggio, ecc., in relazione all'azione da intraprendersi contro uno Stato aggressore. L'adempimento di tale obbligo può automaticamente comportare per Io Stato membro il sorgere dello stato di guerra con Io Stato aggressore. Data la condizione di grave inferiorità in cui il trattato di pace pone l'Italia non solo per il limitato numero di forze e armi terrestri, navali ed aeree ma anche e soprattutto per la smilitarizzazione delle frontiere, e la loro modifica che ci ha privato delle nostre difese naturali, sarebbe facile un'invasione del nostro territorio per uno Stato che si consideri in stato di guerra con noi a seguito di una anche esigua nostra partecipazione e una azione collettiva da parte delle Nazioni Unite. Il prodursi di conseguenze così gravi come l'invasione e J'utililzzazione del territorio italiano ai fini bellici potrebbe risultare dannoso anche per gli interessi generali dell'O.N.U., ma soprattutto deve essere seriamente considerato da parte dell'Italia che ha il dovere di cautelarsi di fronte a tale eventualità. Non solo dunque all'atto della stipulazione degli accordi speciali per la determinazione delle forze, assistenza ecc. che i singoli membri dovranno fornire al Consiglio di sicurezza, ma già all'atto della sottoscrizione dello statuto (che comporta di per sé un vincolo a concludere quegli accordi ulteriori), dovrebbe essere ben chiaro e risultare da una esplicita riserva che -ove non sia concessa all'Italia una revisione delle clausole militari -l'Italia stessa non potrà assumersi ih concreto obblighi la cui esecuzione metterebbe ad eccessivo repentaglio la sua sicurezza. Ove questa revisione non si potesse ottenere, potremmo cercare -analogamente a quanto, sebbene per tutt'altro ragioni, sta tentando di fare la Svizzera -di limitare al massimo i nostri obblighi assumendoci invece l'onere di prestare all'O.N.U. certe forme di collaborazione come, ad esempio, una assistenza anche assai estesa di carattere umanitario diretta ad alleviare le conseguenze delle operazioni militari. Va peraltro tenuto presente che quest'ultima soluzione potrebbe facilitare un eccessivo prolungarsi delle clausole militari del trattato di pace, e ci toglierebbe evidentemente un valido argomento per richiedere insistentemente la revisione delle clausole stesse.

II) La formazione della delegazione italiana dovrebbe essere stabilita tempestivamente e con il maggior anticipo possibile sulla data in cui avrà luogo la sessione dell'Assemblea generale. I nostri delegati potrebbero così studiare a fondo i vari problemi che figureranno all'ordine del giorno dell'Assemblea, e si troverebbero perciò in grado di fornire -sin dal momento dell'ammissione -il maggior contributo possibile alla loro soluzione. Quanto alla tempestività della formazione della delegazione dovrebbero fin da ora essere designate -a parte il capo della delegazione -varie personalità in virtù della loro capacità, conoscenza dì ambienti internazionali, preparazione, e anche possibilità che rechino un contributo positivo agli interessi diretti del Paese attraverso i contatti che abbiano occasione di stabilire durante la sessione dell'Assemblea. Sarà perciò indispensabile che i delegati conoscano bene almeno una delle lingue ufficiali dell'O.N.U. (francese, inglese, spagnolo, cinese, russo), possibilmente l'inglese e il francese.

In linea di massima, tenuto anche conto della formazione delle varie delegazioni estere durante i due periodi in cui ha avuto luogo la prima sessione dell'Assemblea generale, apparirebbe opportuno che la delegazione italiana fosse composta di cinque delegati, tre vice delegati («alternate delegates»), alcuni consulenti tecnici e un congruo numero di segretari.

Dei cinque delegati, oltre il primo delegato, due potrebbero essere personalità politiche di primo piano, analogamente a quanto si fece l'anno scorso per la Conferenza della Pace a Parigi; un quarto dovrebbe essere un eminente giurista di risonanza internazionale, esperto di conferenze e convegni; il quinto dovrebbe essere un funzionario del ministero con rango di ambasciatore o di ministro.

Dei tre vice delegati uno potrebbe essere una personalità politica di rango inferiore a quelle suindicate; e almeno due dovrebbero essere funzionari del Ministero affari esteri (ambasciatori o ministri plenipontenziari) da utilizzare particolarmente nei lavori delle commissioni e in quell'indispensabile «lavoro di corridoio» che è più opportuno affidare a persone esperte ma non di primissimo piano quali sarebbero i delegati.

Fra i consulenti tecnici dovrebbero essere compresi almeno un tecnico designato dallo Stato Maggiore Generale, e un consulente giuridico (specialista in diritto internazionale) del Ministero affari esteri.

Quanto alla Segreteria della delegazione, il suo nocciolo dovrebbe essere costituito dalla «delegazione permanente», di cui si farà cenno più avanti, opportunamente integrata da un congruo numero di segretari ed impiegati.

III) La linea di condotta cui la delegazione dovrà conformarsi andrà fissata con un certo anticipo sull'epoca in cui la sessione dell'Assemblea avrà luogo, e potrà essere deteminata in relazione ai vari problemi che si presenteranno a quell'epoca.

Qualche osservazione può essere opportuna in merito alla composizione del Consiglio di sicurezza, del Consiglio economico e sociale, e del Consiglio per l'amministrazione fiduciaria, anche agli effetti delle possibilità -per l'Italia -di divenire membro temporaneo di almeno uno di tali organi.

A) li Consiglio di sicurezza è composto di undici membri: cinque di essi, e più precisamente Regno Unito, Stati Uniti, U.R.S.S., Cina e Francia, sono membri permanenti; gli altri sei -che rimangono in carica per un periodo di due anni e non sono immediatamente rieleggibilì-vengono eletti dall'Assemblea generale a gruppi di tre all'anno. Nell'elezione si avrà, ai termini dello statuto, speciale riguardo al contributo dei Membri elìgendi al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed agli altri fini dell'Organizzazione, ed inoltre ad un'equa distribuzione geografica.

I primi sei eletti sono stati Australia, Brasile, Polonia, Egitto, Messico e Paesi Bassi: questi ultimi tre sono cessati dalla carica il 31 dicembre u.s. e sono stati eletti in loro sostituzione Siria, Colombia e Belgio. Come si può rilevare, questa volta il criterio geografico è stato rispettato e l'equilibrio politico è rimasto inalterato.

Il 31 dicembre p.v. scadrà il termine per l'Australia, Brasile e Polonia: tutto dovrebbe far supporre che la prima sarà sostituita da un altro Dominion, il secondo da una repubblica sud-americana di qualche entità, e la terza da uno Stato che rientri nell'orbita sovietica (Bielorussia, o Ucraina, o Cecoslovacchia, o Jugoslavia, o -se sarà stata ammessa nell'O.N.U. -Albania).

Le probabilità di un'elezione dell'Italia nel Consiglio di sicurezza sembrano anche scarse -se pur superiori a quelle per il 1948-per l'anno 1949. Si tratterebbe per noi, allora, di far valere la nostra candidatura per sostuire o il Belgio (come Potenza dell'Europa occidentale) o la Siria (come Potenza del bacino mediterraneo). Ma anche allora è probabile che la preferenza sia data rispettivamente a Lussemburgo (o Svezia, o Danimarca, o Norvegia) oppure a Grecia (o Turchia o Libano).

Sembra quindi che, ove non abbia luogo una profonda trasformazione nella situazione politica internazionale, difficilmente noi possiamo fare un certo assegnamento sulla possibilità di essere eletti membri del Consiglio di sicurezza.

B) Maggiori sembrano invece le speranze per la partecipazione al Consiglio economico e sociale. Esso è composto di 18 membri che restano in carica per tre anni ciascuno e vengono eletti dall'Assemblea generale a gruppi di sei ogni anno. A differenza di quanto avviene per il Consiglio di sicurezza, tali membri sono immediatamenre rieleggibili.

L'anno scorso il Consiglio economico e sociale era composto dai seguenti Stati: Belgio, Canadà, Cile, Cina, Francia e Perù (il mandato dei quali scade il 31 dicembre 1948), Cuba, Cecoslovacchia, India, Norvegia, Regno Unito e U.R.S.S. (scadenza del mandato: 31 dicembre 1947) e Colombia, Grecia, Jugoslavia, Libano, Stati Uniti ed Ucraina che hanno cessato dal loro mandato il 31 dicembre u.s. Degli ultimi sei Stati, soltanto due sono stati rieletti, e precisamente Stati Uniti e Libano; gli altri eletti dall'Assemblea generale sono stati Bielorussia, Nuova Zelanda, Turchia, Venezuela e Paesi Bassi (che hanno preso il posto ceduto dal Belgio e il cui mandato scade il 31 dicembre 1948 mentre quello degli altri sei eletti scade il 31 dicembre 1949).

Tenendo conto del fatto che le elezioni dei sei Stati che entreranno in carica il 1° gennaio avranno luogo durante la sessione dell'Assemblea generale che avrà inizio nel mese di settembre p.v., la nostra partecipazione al Consiglio economico e sociale per il triennio 1948-50 appare quanto mai improbabile. Assai maggiori possono invece essere le speranze per noi per quanto riguarda il triennio 1949-51, quando cioè la nostra posizione in seno all'O.N.U. si sarà presumibilmente rafforzata, sia per il più lungo periodo di tempo trascorso dalla fine della guerra, sia per la collaborazione che-in un anno e più di attività in qualità di membri --avremo saputo dare all'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Tenuto conto di quanto precede, sembra particolarmente opportuno che -non appena entrati a far parte dell'O.N.U. --noi cerchiamo di «puntare» in un primo tempo sulla partecipazione al Consiglio economico e sociale, anziché volgere le nostre energie verso un'elezione a membri del Consiglio di sicurezza che -almeno per ora -appare prematura.

C) Il Consiglio per l'amministrazione fiduciaria è composto da un numero variabile di membri, e precisamente: una metà è costituita dagli Stati che amministrano territori sotto regime di amministrazione fiduciaria (tali Stati sono attualmente l'Australia, il Belgio, la Francia, la Nuova Zelanda e il Regno Unito); l'altra metà è composta dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza che non rientrino nel gruppo suindicato (e cioè, attualmente, Cina, Stati Uniti e U.R.S.S.) e da Stati appositamene eletti per un triennio dalla Assemblea generale (alla fine del 1946 sono stati eletti in tale gruppo l'Iraq e il Messico).

Non è escluso che nell'anno in corso vengano approvate dall'O.N.U. nuove proposte di accordo per l'amministrazione fiduciaria di altri territori. Gli Stati Uniti hanno già preparato un progetto del genere per le isole Marianne, Caroline e Marshall: tale progetto sarà sottoposto alla approvazione del Consiglio di sicurezza perché si tratta di «zone strategiche» (altrimenti andrebbe approvato dall'Assemblea generale). In caso di approvazione gli Stati Uniti passerebbero nel gruppo degli Stati da cui dipendono territori sotto amministrazione fiduciaria, e si renderebbe necessaria -da parte dell'Assemblea generale-l'elezione di altri due Stati per mantenere la parità numerica fra i due gruppi di membri del Consiglio in questione. Qualora l'Unione del Sud-Africa presentasse -secondo la raccomandazione fattale dall'Assemblea generale alla fine del 1946 -un accordo per l'amministrazione fiduciaria dell'Africa del Sud Ovest, un altro Stato ancora verrebbe eletto dall'Assemblea a far parte del Consiglio per l'amministrazione fiduciaria.

Poiché la partecipazione al suddetto Consiglio sarebbe per noi di particolare interesse non solo nella nostra qualità di Potenza colonizzatrice, ma anche e soprattutto per intensificare l'azione mirante ad assicurare nuovamente all'Italia l'amministrazione delle colonie sottratteci con il trattato di pace, sembra necessario di conoscere sin d'ora se sia probabile che Stati diversi da Australia, Belgio, Francia, Nuova Zelanda e Regno Unito intendano sottoporre all'Assemblea generale dell'O.N.U. -nella sua prossima sessione -accordi per l'amministrazione fiduciaria di qualche territorio. Informazioni a tale scopo potrebbero essere richieste alle nostre rappresentanze e particolarmente a Washington, a Pretoria e ali'Aja.

In conclusione, richiamandosi a quanto sopra esposto, appare necessario tenere presente che -mentre fino al momento in cui il testo del trattato di pace non era definitivo poteva essere per noi conveniente di entrare nell'O.N.U. senza esitazioni-oggi la posizione è assai diversa. Il nostro ingresso nelle Nazioni Unite appare, in linea di massima, oppurtuno; ma se può essere opportuno per noi, può anche non essere meno desiderabile per l'Organizzazione stessa o per alcuni fra i principali dei suoi Membri. Evidentemente non possiamo porre delle vere e proprie condizioni al nostro ingresso: ma dobbiamo certamente cercare di negoziare la presentazione della nostra domanda di ammissisone (e a questo proposito non dovrà essere trascurata la questione dell'assunzione di funzionari italiani nel Segretariato dell'O.N.U.). Le linee di tale negoziato, che è di particolare delicatezza per le conseguenze che un nostro rifiuto a partecipare all'O.N.U. può avere, dovranno essere dettate dalle direttive della nostra politica estera in generale ed inquadrate -sul piano tecnico -nell'ambito delle considerazioni contenute nel presente promemoria. Esse dovranno comunque comprendere la riaffermazione del principio della revisione del trattato di pace. Tale revisione, che si ispira del resto ai principì generali di giustizia riaffermati dallo Statuto dell'O.N.U., potrà basarsi sulle varie disposizioni contenute nello Statuto stesso e particolarmente su quelle relative alla necessità del mantenimento di relazioni amichevoli fra gli Stati Membri, alla necessità di evitare situazioni che possano portare ad attriti internazionali, agli obblighi che ci deriveranno -nel campo militare -dall'appartenenza alle Nazioni Unite, nonché alla necessità di assicurare quelle condizioni di stabilità e di benessere che sono riconosciute come necessarie per avere rapporti pacifici ed amichevoli fra le Nazioni.

Si ritiene infine opportuno di sottoporre alla S.V. alcune altre considerazioni di carattere pratico che-pur non essendo vincolate alla nostra partecipazione all'O.N.U.-presentano una stretta connessione con i problemi sopra prospettati.

L'attività dell'O.N.U. va facendosi sempre più intensa, anche in relazione allo sviluppo che stanno prendendo le varie Organizzazioni internazionali che da essa dipendono. Da Roma non è assolutamente possibile di seguire in modo efficiente tale attività. La documentazione che viene distribuita dall'O.N.U. è di mole così considerevole da non poter essere inviata per corriere aereo: pertanto essa giunge a Roma con enorme ritardo, tale da render la di utilità pressoché nulla da un punto di vista che non sia esclusivamente retrospettivo; e mancando negli Stati Uniti chi sia in grado di interessarsi della cosa per nostro conto e di valutare perciò l'importanza dei singoli argomenti trattati, restiamo per lungo tempo all'oscuro anche su questioni di rilevante interesse per noi. L'ambasciata a Washington non ha, anche per ragioni di dislocazione, la possibilità di seguire l'attività delle Nazioni Unite: lo stesso dicasi per il consolato generale di New Y ork, che è completamente assorbito dal complesso lavoro di sua competenza.

Appare pertanto necessario di costituire a New Y ork un apposito ufficio incaricato di seguire in modo continuativo l'attività dell'O.N.U., non solo, ma anche di studiarne a fondo l'organizzazione interna al fine di mettere questo Ministero in grado di meglio valutare le nostre possibilità di inclusione di funzionari italiani nei ruoli del Segretariato e l'utilità connessa a tale inclusione a seconda degli incarichi che venissero loro affidati. Quest'ultimo punto riveste particolare interesse in quanto l'inclusione di funzionari italiani nel Segretariato sarà per noi vantaggiosa, sempre che si tratti di persone particolarmente capaci e disposte in ogni circostanza a far prevalere gli interessi italiani su quelli inerenti alla loro posizione personale in seno all'Organizzazione: il che sarà più facilmente ottenibile quando si tratti di funzionari del Ministero degli affari esteri i quali -oltre alla specifica preparazione ed esperienza professionale -hanno anche il vantaggio e la tranquillità di sapere che il loro avvenire non è strettamente ed esclusivamente legato alla loro posizione personale in seno al Segretariato dell'O.N.U.

Comunque, si ripete, appare necessario che sia formata nella città dove ha sede l'O.N.U. una delegazione permanente incaricata di studiare e seguire l'attività dell'Organizzazione, di informare tempestivamente questo Ministero delle discussioni e iniziative in corso o in via di preparazione, di mantenere i necessari contatti con le consimili delegazioni o uffici delle altre Potenze, così da poter anche costituire l'ossatura della Segreteria delle delegazioni italiane che parteciperanno alle sessioni annuali dell'Assemblea generale, e da preparare il terreno per le conferenze di organizzazioni internazionali delle quali facciamo parte in qualità di Membri o di osservatori.

Questa delegazione permanente, la cui costituzione dovrebbe essere indipendente dal più o meno prossimo ingresso dell'Italia nell'O.N.U., dovrebbe -ad avviso del Servizio scrivente --essere formata sin d'ora ed essere inviata a New York possibilmente entro il mese di maggio o di giugno p.v. in modo da poter seguire da presso tutto il lavoro di preparazione della sessione dell'Assemblea che avrà inizio in settembre: l'esperienza insegna infatti che l'impostazione di quasi tutti i problemi che vengono discussi dall'Assemblea generale ha luogo con un largo anticipo; e che, attraverso le sedute del Consiglio di sicurezza, del Consiglio economico e sociale, della Commissione per l'energia atomica, ecc. e di tutte le varie commissioni e sottocommissioni dipendenti, si può avere un quadro abbastanza preciso di quello che sarà l'aspetto della futura sessione dell'Assemblea generale.

La delegazione permanente, a prescindere dalla denominazione ufficiale che si riterrà di attribuirle, potrebbe inizialmente essere formata da un funzionario di rango elevato e da uno o possibilmente due funzionari meno anziani -uno dei quali sia in grado non solo di coadiuvarlo ma anche di farne tempestivamente le veci ove occorra -nonché da due o tre impiegati di ordine. Soltanto in base all'esperienza si potrà considerare --in un secondo tempo -l'opportunità di un ampliamento o meno della delegazione.

246 1 Vedi D. 228.

247

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. 3345/917. Parigi, 23 marzo 1947 1•

Grazie della sua lettera 2 : sono contento di vedere che, in linea di massima almeno, ella condivide il mio pensiero.

Ho rivisto H erri o t dopo che aveva ricevuta la sua lettera 3 : è stato pieno di buone parole ma, in pratica, non ha il coraggio di far niente: è terrorizzato dai comunisti, ha ancora l'impressione che i russi non vedano di buon occhio un

247 1 Nella copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Non rinvenuta. 3 Vedi D. 216.

riavvicinamento italo-francese (ed in questo ha ragione): è ossessionato dal pericolo tedesco, ma vede la salvezza della Francia in termini di Piccola Intesa, sotto l'egida della Russia: teme quindi di poterle dispiacere, e non osa parlare di questioni franco-italiane. Era tutto emozionato perché era riuscito a far accettare da Cachin il messaggio, piuttosto anodino, di risposta della Commissione degli affari esteri al messaggio della nostra Assemblea nazionale.

Blum, che ho visto ieri l'altro, è stato più che amichevole e mi ha pregato di inviarle un messaggio di amicizia e di simpatia. Credo non sarebbe inutile che lei gli scrivesse, nello stesso senso che ad Herriot. È l'unico che avrà il coraggio di dire apertamente qualche cosa a nostro favore.

Nei riguardi della nota questione di Tenda e di Briga non c'è un francese con cui abbia parlato -eccezion fatta dei funzionari del Quai d'Orsay e dei comunisti -che non sia stato il primo a dirmi che era stato un grave errore da parte francese: ma non c'è egualmente nessuno che osi dire apertamente quello che pensa. C'è una sola persona in Francia che potrebbe, se lo volesse, restituirei Tenda e Briga, de Gaulle. Basterebbe che in un suo discorso dicesse che bisogna farlo, perché la cosa fosse fatta: tutti gli altri hanno il terrore di non essere considerati abbastanza nazionalisti se abbandonano una rivendicazione promossa da lui ed appoggiata da Thorez.

Per tutti gli altri negoziati, mi si continua a ripetere che fra giorni saranno pronti a parlarmene; la crisi ministeriale e la Conferenza di Mosca però stanno paralizzando tutte le attività.

248

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4027/130. Mosca, 24 mar:':o 1947, ore 20,13 (per. ore 7,30 del 25).

Ho oggi ricevuto nota a firma Vyshinsky, in risposta al messaggio di V.E. a Molotov ed alla mia nota ai sostituti l, in cui è detto: «Ho l'onore di informarla, per incarico Governo sovietico, che Governo sovietico considera positivamente che ai rappresentanti italiani sia concessa la possibilità esporre proprio punto di vista sulla questione trattato pace con Germania, in conformità procedura che sarà stabilita dal Consiglio dei ministri affari esteri».

Si tratta adesione di massima che pur lasciando insolute modalità nostro intervento, di cui ai miei telegrammi precedenti, conforma volontà Governo sovietico sostenere almeno entro certi limiti nostra tesi.

248 1 Vedi DD. 198 e 208.

249

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 4040/132. Mosca, 24 marzo 1947 1 .

Stamane ho intrattenuto Graftey Smith sulla questione economica di Trieste.

Egli mi ha detto essere intenzione delegazione britannica portare al più presto questione in discussione dei Quattro; si attende a tal fine arrivo esperti americano e francese.

Mi ha tuttavia precisato che discussione non verterebbe su noto rapporto della Commissione alleata inchiesta, che senza ulteriori esami, così come è stato redatto, sarebbe presentato a suo tempo al governatore Territorio Libero. Per ora Conferenza quattro ministri si limiterebbe probabilmente esaminare seguenti questioni:

a) assegnazione Territorio Libero materie prime da parte organi internazionali che disciplinano distribuzione tali materie;

b) erogazione da parte Alleati fondi a industria e commercio per avviare normali traffici Territorio Libero. Graftey Smith presume che almeno su questione erogazione fondi i russi faranno opposizione alla tesi favorevole degli inglesi e proporranno che problema iniziale finanziamento vita economica Trieste venga risolto da Italia e Jugoslavia in base trattative dirette.

Così chiarito tema discussione si intende ora sua portata politica e importanza che Bevin vi attribuisce.

I russi cercano impedire controllo economico anglo-americano su Territorio Libero e temuta loro penetrazione economica territorio danubiano e perciò loro opposizione sarà indubbiamente seria. Noi, mentre possiamo scarsamente influire in senso positivo favore tesi inglese, certamente dichiarandoci disposti tentare prima trattative dirette potremmo apportare notevole contributo tesi russa. Occorre quindi risolvere punto se ci convenga favorire finanziamento americano prima aver esaurito ogni possibile tentativo accordo con jugoslavi. Senza dubbio fallimento tali trattative escludendo o anche solo ritardando aiuto finanziario potrebbe determinare Trieste grave turbamento economico e sociale.

Tuttavia vincoli finanziari Trieste verso anglosassoni pregiudicherebbero gravemente nostra futura libertà movimento per soluzione autonoma tale problema e viceversa trattative Jugoslavia su questo tema potrebbero ampliarsi e consentire eventualmente accordi di più vasta portata politica.

Decisione potrebbe quindi implicare scelta fin da ora tra una politica controllo unilaterale Trieste appoggiata da anglo-sassoni e altra diretta esaurire prima ogni tentativo di accordi transitori e definitivi con Jugoslavia.

Non conoscendo stato attuale conversazioni Jugoslavia non ho elementi sufficienti per decidere pur non nascondendo mia preoccupazione di non troncare prematuramente possibilità accordi diretti; prego pertanto V.S. inviarmi opportune urgenti istruzioni dato che questione verrà discussa tra giorni 2 .

249 1 Spedito il 25 alle ore 3,30 e pervenuto alle ore 8,30.

250

L'AMBASCIATORE A CITTÀ DEL MESSICO, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 746/172. Città del Messico, 24 marzo 1947 (per. il l O aprile).

Mio telegramma n. 19 del 18 marzo 1947 1•

Come ho accennato col mio telegramma del 18 marzo, la ragione principale del mancato consenso del Messico a stipulare un trattato di pace bilaterale con l'Italia e, in genere, ad assumere nei riguardi del trattato di pace firmato a Parigi, atteggiamenti divergenti da quello delle grandi Potenze firmatarie, deve essere ricercata nella peculiare politica di prestigio che il Messico viene conducendo nei riguardi delle grandi potenze ed entro le Nazioni Unite.

Tra i vari effetti che la recente guerra ha determinato in questo continente vi è stato indubbiamente anche quello di rivelare quanto necessari siano per gli Stati Uniti le collaborazioni attive degli altri, piccoli e grandi, Paesi americani. In guerra

o fuori della guerra, tutto il continente americano ha finito col partecipare allo sforzo bellico degli Stati Uniti, rendendo possibile quella gigantesca concentrazione di mezzi e di energie che, sola, ha potuto conseguire la vittoria. Ed è superfluo dire che la solidarietà attiva del continente costituisce una esigenza elementare e pregiudiziale nell'ipotesi di un nuovo conflitto mondiale cui partecipino gli Stati Uniti.

Il Messico, per la sua contiguità geografica, per le sue risorse minerarie ed agricole, per la sua economia a basso livello, ha rappresentato per la Confederazione nord-americana -durante la guerra -un prezioso punto d'appoggio, luogo di rifornimento, centro di produzione e via di transito. Se questa funzione ha assicurato al Messico vantaggi cospicui ed insperati -per cui non di sacrifizi occorrerebbe parlare, ma di enormi benefizi -sta anche di fatto che la partecipazione economico-industriale di questo Paese al complessivo sforzo bellico non è stata priva di importanza ai fini generali, e fornisce oggi a questo Governo un buon argomento per chiedere che il Messico continui ad avere, anche in tempo di pace, quella posizione che le necessità della guerra gli avevano conferito.

A questa ragione di carattere esterno -dipendente dalla situazione politica internazionale esistente durante e dopo la guerra -si aggiunge un impulso di

250 1 Non pubblicato, anticipava in sintesi il contenuto di questo telespresso.

carattere interno, mirante anch'essa a conferire a questo Paese dignità di grande nazione americana. Questo impulso interno è dato dalla progressiva trasformazione del movimento rivoluzionario messicano in un regime più stabile, simpatizzante quindi con la grande Nazione capitalistica del Nord e tendente -in certo senso -ad apparire, nel consesso delle nazioni americane, non tanto come uno dei molti Paesi dell'America latina, ma piuttosto come l'unico Paese latino-americano a regime stabilizzato, avente la specifica funzione di saldare l'America del Nord all'America del Sud, e quindi avente, anche nel campo internazionale, mia fisionomia sua propria.

La solidarietà con gli altri Paesi latini è infatti sentita in questo Paese più in funzione delle possibilità che il Messico ha nella politica generale di questo continente e nei confronti degli Stati Uniti che in funzione esclusivamente latina e regionale. Il che spiega -anche se non giustifica -la divergenza che esiste tra la situazione effettiva di questo Paese -che ha un'economia assai precaria e una consistenza etnico-sociale assai debole-e l'impostazione della sua politica estera.

Occorre inoltre tener presente che l'attuale regime di Aleman, per conto suo, sembra aver già operato una chiara scelta in quella lotta ideologica-che minaccia di dividere attualmente il mondo -. Impellenti necessità economiche da un lato e dall'altro l'anzidetta evoluzione del movimento rivoluzionario messicano fanno sì che, con gli attuali dirigenti, il Messico è già potenzialmente nel campo nord-americano ed in questo campo intende «valorizzare» al massimo ogni sua possibilità da quelle che gli conferisce la sua qualità di membro dell'O.N.U. a quelle che gli sono date dal possesso di preziose materie prime. Una specie di New Dea! all'interno per l'industrializzazione del Paese e l'elevamento del livello economico della sua popolazione; una politica di dignità e di prestigio all'estero che, basandosi sulle «possibilità» più che sulle «attualità» messicane, consolidi e sviluppi l'importanza che il Messico ha di fatto conseguito nell'epoca del petrolio, dell'uranio e di quell'unificazione militare del continente che è perseguita con tanta tenacia dagli Stati Uniti.

L'attuale ministro degli esteri, Jaime Torres Bodet, considerato uno degli uomini più colti di questo Paese, si propone indubbiamente di svolgere una parte importante in questo ambizioso programma. Ambizioso egli stesso di più alte funzioni (già si delinea in seno al Governo un suo contrasto con il ministro delle finanze Beteta, aspirando entrambi alla presidenza della Repubblica al termine del mandato di Aleman), Torres Bodet non tralascia occasione per sottolineare la posizione del Messico in seno all'O.N.U. e per ribadire i suoi diritti nei riguardi delle grandi Potenze. L'esclusione del Messico dall'elaborazione dei trattati di pace con l'Italia, Ungheria, Romania e Finlandia, ed ora dai trattati di pace con Germania ed Austria, ha ferito la suscettibilità di questi ambienti politici più di quanto essi stessi non ammettono. Articoli di vivace intonazione polemica sono apparsi in vari giornali per esprimere la profonda delusione del Paese dinanzi all'egoismo dei grandi, con battute particolarmente mordenti nei confronti dell'U.R.S.S. che, secondo questa stampa, si sarebbe tenacemente opposta all'ammissione del Messico e di altre Nazioni, malgrado la nota dichiarazione delle Nazioni Unite che le impegnava tutte a non fare paci separate.

In questo stato di cose, il Governo messicano ritiene di dover più che mai continuare a battersi oltre che per il riconoscimento dell'eguaglianza di diritti in seno all'O.N.U. per una posizione che lo avvicini per lo meno al rango di Grande Potenza, conformando il suo atteggiamento ad una rigorosa osservanza dei diritti e dei doveri sanciti dall'O.N.U. stessa, ed astenendosi da tutto quanto, contrastando con questa sua linea di condotta, potrebbe indebolire le sue rivendicazioni ed aspirazioni.

Quanto precede spiega i motivi per cui, almeno finora, il Governo messicano non ha creduto di seguire l'esempio del Panama, di Cuba ed Equatore nei riguardi del trattato di pace con l'Italia. Seppure -sostanzialmente-la posizione di tali Paesi verso l'Italia non sia molto diversa da quella del Messico (a parte le questioni tuttora pendenti tra Messico e Italia), questo Governo non gradisce di essere messo sullo stesso piano di Cuba, Panama ed Equatore, ritenendo, da un lato, di avere nei riguardi delle grandi Potenze diritto a maggiore considerazione e dall'altro di avere, nei riguardi dell'Italia, interessi piu considerevoli di quelli dei Paesi sopra menzionati. La risultante di tutto ciò è che il Governo messicano, pur essendo animato senza dubbio da sincera ed indiscutibile amicizia verso l'Italia (il trattamento fatto agli italiani durante la guerra lo dimostra), non vuole pregiudicare, la sua posizione firmando un trattato bilaterale che, se non nei riguardi dell'Italia, lo indebolirebbe certamente-esso ritiene-nei riguardi dell'O.N.U. e delle grandi Potenze.

L'atteggiamento di Torres Bodet risponde al sentimento ed all'opinione del popolo messicano? Credo di poter rispondere senz'altro negativamente. A parte il fatto che la politica estera è fatta in questo Paese-come la politica interna-da poche persone, che hanno ben scarsi contatti con la cosidetta «pubblica opinione», e che non possono quindi essere considerate rappresentative del Paese -è altresi certo che nei vari ambienti politici e non politici di questa Capitale un gesto di amicizia e di solidarietà verso l'Italia riscuoterebbe la quasi unanimita dei consensi. È su questo terreno quindi che mi adopero per convogliare le innumerevoli simpatie pro-italiane qui esistenti verso la formazione di un movimento d'opinione suscettibile -eventualmente -e col concorso di altre circostanze di politica estera -di avere le sue ripercussioni in seno al Governo. Le prime manifestazioni avutesi al riguardo sono autorevoli e significative. Il 6 marzo l'Istituto messicano-italiano di relazioni culturali inviava alla Segreteria generale dell'O.N.U. e faceva pubblicare sui giornali un telegramma a firma del suo presidente, Emilio Portes Gil, ex presidente della Repubblica messicana, per chiedere la revisione del trattato di pace con l'Italia. Altro telegramma veniva inviato al conte Sforza. Il 7 marzo, l'illustre storico messicano José Vasconcelos, direttore della Biblioteca nazionale, pubblicava sull'importante quotidiano Novedades un vibrante articolo per la revisione del trattato intitolato Paz de Castigo. Il non meno importante Excelsior ha pubblicato ieri un altro efficace articolo dell'autorevole giornalista Aldo Baroni, incitando il Governo messicano a fare verso l'Italia quello che altri Paesi latino-americani hanno già fatto. L'Ordine degli avvocati messicani sta preparando un messaggio all'O.N.U. e telegrammi individuali di protesta. Un manifesto degli intellettuali del Messico a tutti gli intellettuali dell'America latina è egualmente in preparazione. Anche la colonia italiana di Messico si accinge a fare una grande manifestazione di solidarietà verso la madre patria.

A parte tutto ciò, non tralascio di valermi di influenti uomini politici locali perché, presso il presidente della Repubblica Alemàn, di cui conosco la sincera simpatia per l'Italia, contribuiscano a chiarire l'opportunità di associarsi agli altri Paesi, che già hanno preso posizioni nei riguardi del trattato, in una maniera, che senza compromettere il prestigio e gli interessi del Messico, nel quadro dell'O.N.U., dia soddisfazione alla generale amicizia che il popolo messicano nutre verso l'Italia.

249 2 Per la risposta vedi D. 271.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 4827/182. Roma, 25 marzo 1947, ore 6.

Suo 204 1•

V.S. vorrà esprimere costì vivo apprezzamento Governo italiano per favorevoli disposizioni codesto Governo nostra pronta ammissione O.N.U. Confermi che anche noi desideriamo potervi presto partecipare recando nostro deciso e fattivo contributo al suo consolidamento nell'interesse generale della pace e della collaborazione fra i popoli. Abbiamo intanto subito messo allo studio questione che, sia sotto aspetto giuridico e procedurale sia sotto quello politico, richiede siano opportunamente vagliati e chiariti taluni punti, in particolare quelli connessi con art. 107, 53 e 41 e seguenti Statuto O.N.U., questi ultimi in relazione anche clausole militari nostro trattato pace. Segue telespresso dettagliato 2 .

252

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL MINISTRO A L'AVANA, SCADUTO MENDOLA

T. 4846/20. Roma, 25 marzo 1947, ore 16,40.

Suo 25 1 .

D'accordo per trattato se codesto Governo lo preferisce. Facciamo peraltro presente, anche al fine non svalorizzare gesto cubano, convenienza che esso venga firmato prima entrata in vigore trattato Parigi. Proposta attendere parere altri Governi sudamericani sembra quindi da scartarsi in quanto condurrebbe ad inevitabili ritardi. Tenga presente che con Panama stiamo regolando questione mediante scambio note.

Vedi D. 274. 252 1 Vedi D. 217, nota 2.

251 1 Vedi D. 228.

253

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4128-4133/210-211. Washington, 25 marzo 1947, ore 23 (per. ore 13 del 26).

Mi riferisco ai telegrammi di codesto ministero nn. 168 1 e 1842 .

Sebbene la comunicazione del Dipartimento di Stato che ho riferito con il telegramma di questa ambasciata n. 185 ·1 sia stato completamente superata da nota decisione riunione interministeriale che è stata riferita dettagliatamente con i telegrammi di questa ambasciata nn. 190 e 1974, ho continuamente insistito presso Dipartimento di Stato nel modo più vivo nel senso delle istruzioni inviatemi da V.E.

Sono lieto di apprendere dal telegramma di codesto ministero che giungerà qui con il Saturnia una parte della nostra delegazione.

Ho provveduto a informare subito il Dipartimento di Stato, che mi ha dato assicurazione che si potranno comunque effettuare scambi di idee su importanti argomenti che ci interessano, in seguito ai quali e concorrentemente con sviluppi note iniziative questo Governo e amministrazione con Commissioni Congresso (attualmente appena agli inizi) potrà poi decidersi di concreto quali questioni possano essere suscettibili di negoziati specifici.

La presenza qui di alcuni nostri delegati esperti sarà anche giovevole per contatti con Banca e Fondo Internazionale ed Import-Export.

Mi sembra anche che sia superfluo che l'assicuri che come questa ambasciata ha fatto in ogni occasione precedente, non mancherà di tenere ora il più possibile bene orientata la nostra delegazione.

Rispondo qui di seguito ai vari quesiti tecnici di cui ai telegrammi di codesto ministero nn. 152 5 , 168 e 184.

l) Per quanto riguarda punto quinto agenda americana, richiamo ad ogni buon fine telespresso n. 416 in data 22 febbraio 6•

2) Per quanto riguarda punto ottavo ho segnalato, con telegramma per corriere n. 038 7 , che Dipartimento di Stato, in seguito a viva insistenza di questa ambasciata, ha convenuto procedere appena possibile alla negoziazione di un vero e proprio trattato di commercio, il cui schema potrebbe essere approntato da parte americana per prima quindicina di maggio. Malgrado difficoltà, continuiamo ad

2 Con T. 4863/184 del 25 marzo Fransoni aveva sollecitato una risposta al D. 219 e aveva preannunciato l'arrivo di una parte delle delegazione italiana. 3 Vedi D. 96, nota 2. 4 Vedi D. 219, nota l. 5 Con T. 4045/152 dell'Il marzo Fransoni aveva richiesto alcune informazioni tecniche ed aveva

comunicato che il «Governo italiano sarebbe disposto autorizzare delegazione spingersi oltre semplici dichiarazioni generiche, mettere fondamento trattato commerciale sulla base Nazione più favorita e sulla stessa base concludere subito accordo provvisorio».

6 Non rinvenuto.

Del 18 marzo, anticipava le informazioni contenute nel presente capoverso.

292 insistere affinché possibilmente schema americano sta pronto prima dell'epoca predetta.

3) Per quanto riguarda punto settimo (ultimo capoverso telegramma 152 di codesto ministero), come già segnalato, dichiarazione richiesta circa controllo cambi potrà essere puramente generica, limitandosi ad indicare che Governo italiano intende perseguire politica liberale nei riguardi restrizioni sui cambi nella misura in cui situazione valutaria italiana lo consente. Al riguardo attiro l'attenzione sull'art. 14, sezione Il, accordi di Bretton Woods per il Fondo internazionale, cui eventualmente potremmo richiamarci.

4) Circa infine conteggi trasferimenti attivi e liquidativi a cui accenna telegramma di codesto ministero n. 168, richiamo ad ogni buon fine telespresso di questa ambasciata n. 118 del 26 gennaio u.s. 8 su difficoltà che persistono per ottenere riconoscimento nostre partite attive dato «colpo di spugna» che americani intendono applicare sulle loro.

L'arrivo dei nostri delegati che è stato preannunciato, sarà essenziale per illustrare nostre richieste che fino ad ora questa ambasciata ha potuto illustrare solamente in modo generico, in mancanza di elementi richiesti nel telespresso citato.

253 1 Vedi D. 219.

254

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4134-4149/214-215. Washington, 25 marzo 1947, ore 12 (per. ore 22 del 26).

Telegrammi di V.E. nn. 4539/c. 1 e 4776/c. 2 .

Dipartimento di Stato conferma informazioni riferite da nostra ambasciata a Mosca circa atteggiamento delegazione americana la quale, giusta note assicurazioni date da segretario di Stato, continua essere pienamente favorevole partecipazione al trattato per Germania di tutte Potenze che dichiararono guerra alla Germania (e quindi Italia e anche Romania ma non Albania).

Mi si è parlato con vivo apprezzamento dell'attività del nostro ambasciatore a Mosca, la quale ha destato massima simpatia delegazione americana che l'ha qui segnalata.

253 R Non pubblicato. 254 1 Del 18 marzo, con esso fu ritrasmesso alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington il T. 36911113 del 17 marzo di Brosio relativo all'atteggiamento francese e statunitense circa la partecipazione italiana al trattato di pace con la Germania.

2 Vedi D. 221, nota l.

È stato aggiunto che, pur non potendo ancora prevedere esito finale discussioni in corso, si riteneva ormai assicurata una partecipazione dell'Italia. Ho naturalmente insistito affinché essa sia la più ampia.

Oggi al Dipartimento di Stato si esprimeva soddisfazione per notizie pervenute da Mosca circa andamento lavori supplenti per trattato Austria. È stato rilevato come da parte sovietica si sia mostrato al riguardo negli ultimi giorni spirito largamente conciliativo e che varie questioni sulle quali non si era potuto raggiungere accordo a Londra erano state ora risolte favorevolmente punti di vista americano. Restava ancora grossa questione controversa beni tedeschi in Austria, ma al Dipartimento di Stato si considerava che anche questa potesse avere soluzione soddisfacente in modo da consentire conclusione trattato quanto più possibile sollecita.

Come già segnalato con mio telegramma 175 3 raggiungere a Conferenza di Mosca trattato per l'Austria è precipuo immediato obiettivo politica americana per conseguente ritiro truppe di occupazione russe in Austria, Ungheria e Romania.

Sotto tale riflesso, qui considerato di preminente importanza, trattato Austria verrebbe a completare cinque trattati di pace già conclusi rendendone più urgente entrata in vigore. Ratifica nostro trattato di pace (che già presenta agli americani vantaggio ritiro truppe russe da Bulgaria e pertanto alleggerimento pressione su Turchia e Grecia) potrebbe esserne quindi accelerata. In queste ultime settimane invece priorità urgente richiesta del presidente Truman per assistenza Grecia e Turchia ha segnato per il nostro trattato battuta di arresto che si è immediatamente utilizzata per cercare di indurre senatori americani a maggiormente riflettere su ingiustizia trattato ed almeno su necessità che Stati Uniti d'America appoggino azione italiana per legittima revisione.

255

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4104/109. Vienna, 25 marzo 1947, ore 23,40 (per. ore 7,30 del 26).

Mio telegramma 81 1•

Gruber che mi aveva chiesto recarmi da lui in questa settimana per farmi conoscere punto di vista austriaco circa progetto Innocenti relativo optanti, in vista sua improvvisa partenza per Mosca mi ha ieri assicurato di aver dato precise istruzioni ai suoi uffici perché fra giorni mi siano comunicate osservazioni anzidette che egli aveva approvato.

Ministro Gruber, al quale avevo fatto presente opportunità di conoscere altresì punto di vista austriaco sugli altri accordi previsti da intesa De Gasperi-Gruber mi ha detto essere sua intenzione rinviare decisione su accordi commerciali e ferroviari per Alto Adige a dopo conclusione trattato di pace per l'Austria.

254 3 Vedi D. 154. 255 1 Vedi D. 131.

256

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4155-4153/216-217. Washington, 25 marzo 1947 1•

Suo telegramma 130 2 e mio telegramma 168 3•

Senatore Vandenberg, per il tramite ufficiale dell'acting segretario di Stato Acheson, assicura che il messaggio indirizzatogli da nostra Assemblea costituente 4 verrà da lui comunicato tanto al Senato quanto a Commissione senatoriale degli affari esteri (quando quest'ultima riprenderà esame nostro trattato di pace sospeso da varie settimane come riferito anche in mio telegramma 215 5).

Vandenberg mi assicura inoltre che il «messaggio riceverà al Senato ogni possibile considerazione». Nell'occasione egli ha chiesto confidenzialmente se a mio avviso fosse esatta sua interpretazione che la nostra Assemblea costituente, nel suo messaggio, richiedesse unicamente appoggio americano per la futura legittima revisione trattato di pace.

Ho immediatamente risposto ad evitare ogni possibilità di eventuali malintesi in sede discussione pubblica Commissione senatoriale degli affari esteri che il messaggio indicava inequivocabilmente quanto trattato di pace sia dal popolo italiano e da suoi legittimi rappresentanti considerato ingiusto ed oltremodo oneroso in ogni sua parte, dalle arbitrarie mutilazioni territoriali alle clausole militari ed agli insostenibili pesi economici e finanziari. Sicché richiesta appoggio americano in futura legittima revisione non costituiva un massimo ma solo un minimo qualora Senato americano avesse ritenuto di non potere non approvare ratifica trattato.

Il senatore Vandenberg mi ha inoltre comunicato seguente sua risposta al messaggio indirizzatogli da presidente del Consiglio De Gasperi, di cui al telegramma V.E. 131 6 :

Egli è animato da maggior comprensione e simpatia per l'appello rivoltogli. Condivide pienamente il vivo desiderio del Governo e dell'opinione pubblica americana di aiutare la nuova democrazia italiana a stabilizzarsi. Egli è tuttavia fidu

2 Vedi D. 146, nota l.

1 Del 3 marzo, con il quale Tarchiani aveva assicurato di aver consegnato al Dipartimento di Stato il messaggio dell'Assemblea costituente.

4 Vedi D. 146, nota l.

5 Vedi D. 254.

6 Vedi D. 136.

cioso che il suo amico De Gasperi si renderà conto come per quanto concerne le direttive della politica estera americana non gli sia possibile prendere impegni diversi da quelli che possono essere presi in primis solo dal presidente Truman e dal Dipartimento di Stato.

Vandenberg mi ha poi pregato di rinnovare al presidente del Consiglio l'assicurazione della sua grande simpatia per la nuova Italia e del suo costante intreressamento per i problemi e le necessità italiane. A tale proposito egli ha insistito nel ricordare la simpatia e l'interessamento per l'Italia che, a suo avviso, vennero chiaramente indicate dalla delegazione degli U.S.A. alla Conferenza Parigi (nella quale come è noto egli ebbe purtroppo parte precipua e le cui decisioni lo impegnano tuttora). Nel ripetere ogni benevole assicurazione sulle attuali intenzioni americane nei riguardi del nostro Paese, Vandenberg ha infine lasciato intendere che, in occasione della discussione al Senato sulla ratifica del trattato di pace, egli sarebbe disposto ad accennare alla opportunità di una futura pacifica legittima revisione di alcuni aspetti del trattato stesso.

Continuo, per parte mia, a svolgere ogni possibile azione diretta e indiretta sui senatori componenti la Commissione esteri e su altri senatori per indurre alla riflessione sulle stipulazioni ingiuste e oppressive del trattato a danno dell'Italia. Azione di questa ambasciata mira inoltre a far sì che vari ex ambasciatori a Roma, influenti giornalisti amici, esponenti italo-americani, Berle ecc. vengano invitati a deporre di fronte Commissione affari esteri, affinché almeno sia registrato maggior numero possibile di voci contro il trattato per gli effetti su opinione pubblica e per predisporre opinione pubblica americana a futura revisione.

Vi è motivo di ritenere che tale azione possa aver qualche effetto. Allo stato attuale delle cose non posso peraltro che richiamare quanto già ripetutamente segnalato circa prevedibile ratifica trattato.

256 1 Spedito il 26 alle ore 13,29 e pervenuto alle ore 7,30 del 27.

257

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI

TELESPR. 09138/39. Roma, 25 marzo 1947.

Telespresso n. 2609/384 di codesta rappresentanza 1•

Si approva la procedura suggerita dalla S.V. in merito alle conversazioni preliminari non ufficiali che dovranno aver luogo costì in materia di revisione delle opzioni. Si concorda inoltre con le considerazioni di cui ai punti 2 e 3 del rapporto citato.

Per quanto si riferisce al punto 4, questo Ministero si riserva di stabilire d'accordo con la presidenza del Consiglio la sede ed il modo di condurre le ulteriori conversazioni, quando sarà per essere ultimata la parte preparatoria che la S.V. va svolgendo.

257 1 Vedi D. 188.

258

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3174/473. Vienna, 25 marzo 1947 (per. il JO aprile) 1 .

Mio telespresso n. 2609/384 dell'li marzo 1947 2•

Ho avuto, nei giorni scorsi, una conversazione coi signori Schoner e Kripp, i due funzionari di questo ministero esteri incaricati dello studio della questione alto-atesina.

Ho ripetuto loro quanto avevo avuto occasione di comunicare in un mio recente colloquio al ministro Gruber (vedi mio telespresso n. 2609/384 dell'Il marzo u.s.) circa il carattere delle consultazioni itala-austriache in merito alla revisione delle opzioni e circa la natura puramente interna ed italiana che avrebbe dovuto avere la definitiva regolamentazione della questione.

I funzionari in parola hanno preso atto senza obiezione delle mie premesse.

Prima ancora di venire ad esaminare, nelle singole disposizioni, come era stato concordato con il ministro Gruber, il progetto di revisione delle opzioni che fu elaborato dal prefetto Innocenti, i due funzionari hanno voluto dichiararmi che non risultava loro quale fosse il significato dell'adesione data a suo dempo dalla Siidtiroler Volkspartei al progetto in parola. Poiché sembrava che tanto il sig. Kripp che il sig. Schoner mettessero in dubbio che tale adesione fosse stata effettivamente data, ho presentato loro una pubblicazione della sezione VIII del Capitanato provinciale del Tirolo (Unterlagensammlung n. 7) che contiene una traduzione ufficiale del progetto di legge della revisione delle opzioni e in cui è espressamente ricordato che il progetto stesso ha avuto a suo tempo l'approvazione dei competenti organi del Partito popolare alto-atesino.

I funzionari del Ministero degli affari esteri austriaco si sono intrattenuti poi sul criterio che dovrebbe servire di base alla revisione delle opzioni ed hanno insistito perché da parte nostra si esamini la possibilità di ammettere che la revisione si estenda automaticamente ad interi gruppi o categorie di optanti. Ho subito controbattuto la possibilità di adottare un simile criterio che comporterebbe l'abbandono totale dei princìpi cui si è ispirato il nostro progetto sulla revisione delle opzioni.

Scendendo ad esaminare la questione più da vicino, i funzionari austriaci hanno espresso l'opinione che la procedura prevista dal progetto Innocenti, secondo la quale le domande di rimpatrio degli optanti dovrebbero essere esaminate da una Commissione composta di una decina di membri, sarebbe troppo complicata per consentire che l'operazione abbia un corso altrettanto sollecito quanto sarebbe necessano.

2 Vedi D. 188.

I funzionari austriaci hanno insistito soprattutto, m vta preliminare, sopra questi tre concetti:

l) che al più presto possibile possa aver luogo l'effettivo ingresso degli optanti in Alto Adige. Ho risposto al riguardo che il Governo italiano non avrebbe mancato di dare esecuzione, per quanto lo concerneva, alle promesse fatte a suo tempo.

2) Che gli uffici o le commissioni competenti per giudicare della revisione delle opzioni siano muniti di tutta la documentazione che possa consentire il più obiettivo svolgimento del lavoro. Il sig. Kripp e il sig. Schoner chiedevano pertanto se si sarebbe potuto tener conto del materiale raccolto da parte delle autorità austriache al riguardo. Ho risposto che non vedevo in principio alcuna obiezione a che, non soltanto tale materiale ma qualsiasi altra documentazione attinente alla questione, fosse tenuta presente dalle commissioni giudicanti.

3) Che per evitare che le lungaggini burocratiche connesse con l'esame delle pratiche portassero in definitiva ad una proroga o ad un rallentamento dei rimpatri, sarebbe sembrato opportuno che alle commissioni previste dal nostro progetto fosse fissato un termine, entro il quale esse avrebbero dovuto porre fine al loro lavoro. Ho risposto che al riguardo non mi sembrava si dovesse scartare la possibilità di includere nel testo una simile clausola, beninteso tenendo presente le reali possibilità di lavoro delle commissioni. Ho subito aggiunto ai funzionari di questo Ministero degli affari esteri che, come era stato concordato con Gruber, non mi sembrava utile che la conversazione si portasse sopra problemi di carattere generale, ma mi sembrava più conveniente che essa si limitasse concretamente all'esame del cosidetto progetto Innocenti.

Il sig. Kripp e il sig. Schoner hanno accolto il mio punto di vista e mi hanno promesso di presentarmi nel corso della presente settimana, d'intesa con il ministro Gruber, le osservazioni austriache al nostro progetto. A tale riguardo sarebbe già stato preparato un memorandum che il ministro Gruber dovrebbe esaminare e approvare prima della sua partenza per Mosca, prevista per domani.

Sullo stesso tema della revisione delle opzioni, che è senza dubbio quello su cui da parte austriaca più si insiste, anche per l'evidente interesse di sbarazzarsi degli alto-atesini attualmente dimoranti in questo Stato, ho avuto una conversazione col rappresentante austriaco a Roma, principe Schwarzenberg, il quale si è trattenuto alcuni giorni a Vienna, dove è stato chiamato in qualità di testimonio al processo dell'ex-ministro Guido Schmidt e dove ha avuto in tale occasione vari colloqui con gli uffici competenti di questo Ministero degli esteri. Premettendo di parlare a puro titolo personale, il principe Schwarzenberg mi ha detto che, pur rendendosi conto delle ragioni amministrative e pratiche che rendevano inevitabile un esame individuale delle richieste di riassunzione della cittadinanza italiana da parte degli optanti, egli si domandava se non fosse possibile che tale esame avvenisse, in un certo senso, preventivamente, in base a liste che eventualmente il Governo austriaco ci avrebbe sottoposto in modo che, avvenuto l'esame delle liste predette, in un secondo tempo il rimpatrio degli optanti potesse avvenire in blocco.

Ho fatto rilevare al principe Schwarzenberg l'anomalia di una simile procedura, sia perché, in tal caso, si sarebbe dovuto esaminare l'eventualità del rimpatrio di persone che in un secondo tempo avrebbero potuto non domandarlo, sia perché un rimpatrio in blocco, nel senso indicato, avrebbe potuto avere la più sfavorevole ripercussione sopra l'economia della regione alto-atesina.

Per quanto, da parte austriaca, si sia accolto come base di conversazione il cosidetto progetto Innocenti e quindi implicitamente il principio della revisione individuale delle opzioni, è indubbio che questo continuo ritorno dei funzionari austriaci al concetto di un rimpatrio in blocco o per categorie degli optanti, risponde a dei motivi più profondi connessi con la stessa politica alto-atesina svolta sino ad ora da questo Governo.

Tali motivi possono essere ricondotti soprattutto al timore che una volta che la questione della revisione delle opzioni fosse affidata individualmente, alla decisione di Enti italiani, essi frustrino, nella sua portata, il provvedimento, concedendo il rimpatrio a un numero relativamente basso di individui o, in ogni caso, fissando unilateralmente una quota massima di rimpatrianti.

Questo timore mi è stato confidato esplicitamente dai miei interlocutori cui ho subito dichiarato che mi sembrava assolutamente ingiustificato, sia perché un simile atteggiamento del Governo italiano sarebbe contrario alla lettera dell'accordo De Gasperi-Gruber, sia perché potevo aggiungere a titolo personale che mi risultava che il Governo italiano intendeva dare alle commissioni competenti per giudicare circa il rimpatrio degli optanti, delle disposizioni affinché le operazioni della revisione delle opzioni venissero effettuate con la massima sollecitudine e con i criteri della massima larghezza.

Un altro argomento che mi è sembrato fosse motivo di preoccupazione per i miei interlocutori, erano le condizioni economiche in cui si verranno a trovare dopo il rimpatrio, la maggior parte degli optanti. Mentre richiamo al riguardo il mio telespresso n. 2074/304 del 25 febbraio 3 , ritengo di non poter escludere che da parte austriaca si cerchi di avere qualche assicurazione circa la possibilità di lavoro delle masse dei rimpatrianti.

Mi riservo in ogni caso di ritornare sopra l'argomento, appena i rappresentanti austriaci mi avranno presentato il loro memorandum circa il progetto di legge Innocenti.

Mi sembra ad ogni modo importante richiamare le mie considerazioni fatte con il telespresso n. 2437/347 del 7 marzo 3 in merito ai sentimenti degli optanti residenti particolarmente nel Tirolo circa i provvedimenti relativi alla revisione delle opzioni e mi permetto di ripetere l'avviso già espresso con il telespresso n. 2609/384 dell' 11 marzo circa il reale interesse, da parte italiana, di risolvere con una certa sollecitudine il problema senza di che, con il ritorno della buona stagione e con la possibilità di un più facile rimpatrio clandestino ci si troverà davanti al fatto che la maggior parte degli alto-atesini sarà rimpatriata senza che da parte nostra si sia potuto controllare il fenomeno e si sia potuto prendere alcun provvedimento al riguardo 4 .

258 1 Il documento reca a margine la seguente annotazione di Zoppi: «A Innocenti attirandone l'attenzione sulle ultime righe per i provvedimenti da prendere onde evitare immigrazione clandestina ciò che non dovrebbe essere difficile dato che tali provvedimenti dovranno essere presi anche per respingere i clandestini di altra origine».

258 3 Non rinvenuto. 4 Con il T. 5115/81 del28 marzo Zoppi comunicò a Coppini l'approvazione del ministero alla sua linea di condotta.

259

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4178-4184-41811218-222-223. Washington, 26 marzo 1947, ore 1,53 (per. ore 12,15 del 27 ).

Telegramma ministeriale 181 1•

Accettazione adesione istituti Bretton Woods avviene mediante presentazione lettera a segretario di Stato quale depositario accordi e firma in originale accordi stessi. In questa lettera, di cui questa ambasciata ha già esemplare, Governo italiano dovrà dichiarare di accettare, in conformità disposizioni leggi italiane:

a) articoli accordi per Fondo e Banca; b) termini e condizioni prescritte in risoluzioni Board of Governors 2 e 3 ottobre 1946 per ammissione italiana Fondo e Banca nonché assicurare che sono stati presi tutti i provvedimenti necessari perché Italia possa far parte obblighi conseguenti sua adesione.

Sarò grato a V.S. autorizzarmi firmare lettera in questione di cui invio testo per via aerea, facendo presente ad ogni buon fine che contemporaneamente a deposito lettera questa ambasciata dovrà provvedere noti due versamenti (dollari 18 mila al Fondo e 3 milioni e 600 mila alla Banca). Prego disporre d'urgenza accreditamento

o autorizzazione prelevarli temporaneamente da disponibilità delegazione tecnica.

Circa punto 2° telegramma citato non è specificato da accordi Bretton W oods (richiamo in merito articolo 20 sez. 2), né richiesto da istituti che atto accettazione debba essere autorizzato da capo dello Stato trattandosi di questione da decidersi in conformità nostre disposizioni di legge.

Competenti rappresentanti americani in Banca e Fondo internazionale mi hanno oggi confidenzialmente informato con particolare urgenza che Governo australiano, avendo appreso imminente ingresso Italia Istituti Bretton Woods, sta bruciando tempi per deposito propria ratifica allo scopo preciso precederei. Se ciò avvenisse, disposizione voti per elezione direttori esecutivi rappresentanti Stati nuovi ammessi (Australia avendo diritto a 2250 voti) verrebbe totalmente capovolta a nostro sfavore, comportando nostra eventuale esclusione da possibile elezione nostri rappresentanti nei due Istituti.

Azione Australia va vista nel quadro manovra britannica già segnalata da questa ambasciata nell'autunno scorso (telegramma n. 1048 del 30 settembre e rapporto 2852 del 7 ottobre) 2 e a suo tempo potuta sventare. Rappresentanti americani mi hanno oggi confermato loro maggiore appoggio.

Essi ritengono peraltro essenziale immediato deposito nostro strumento adesione e firma, potendo un nuovo ritardo permettere precedenza Australia.

Dato quanto precede salvo istruzioni telefoniche contrarie di V.E. provvederei domani a formalità deposito strumento e firma, in base delega conferitami con decreto ministeriale 17 settembre 1946.

Pregasi informare di quanto precede d'urgenza ministro del tesoro.

Malgrado che, ai termini risoluzione 2 e 3 ottobre 1946 Fondo e Banca, ingresso Italia due Istituti sia solo condizionato firma e deposito strumento adesione ha pure autorevolmente consigliato, in vista anche paragrafi rispettivi 3 e 4 di dette risoluzioni perfezionare contemporaneamente formalità nostro ingresso Bretton W oods con noti versamenti richiesti e ciò allo scopo evitare eventuali contestazioni interessata manovra inficiare legalità nostra ammissione. A tale riguardo:

a) confermo richiesta immediata autorizzazione prelevare temporaneamente da Delegazione tecnica somma dollari 3 milioni 618 mila (18 mila per Fondo e 3 milioni 600 mila Banca) che provvederei versare subito;

b) informo occorre disporre apertura credito in lire a favore Banca internazionale presso Istituto designato da nostro Governo (Banca d'Italia) per ammontare corrispondente a 13 per cento nostra quota 180 milioni dollari. Circa tale deposito ho richiesto a questo rappresentante Banca d'Italia porsi in comunicazione diretta, con suo Istituto che dovrà inviare a Banca internazionale telegramma confermante avvenuto accreditamento.

259 1 Del 25 marzo, con il quale Fransoni aveva richiesto informazioni sulle modalità previste per l'adesione agli accordi di Bretton Woods. 2 Non pubblicati.

260

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. PRECEDENZA ASSOLUTA 4896/177. Roma, 26 marzo 1947, ore 14.

Per Menichella 1 .

D'accordo con Campilli ritengo preferibile che ella venga Roma lasciando delegazione costì. Se Governo approverà proposta di cui ella sarà latore, delegazione potrà rientrare immediatamente dopo. Altrimenti daremmo impressione che consideriamo fin da ora proposte britanniche come offerte da prendere o lasciare escludendo quindi possibilità ogni ulteriore discussione 2 .

2 Per la risposta di Menichella vedi D. 269.

260 1 Sforza risponde ad una richiesta di istruzioni di Menichella il quale, con T. 4083/296 del 25 marzo, faceva il punto dello stato delle trattative e concludeva: «Inglesi faranno comunicazione definitiva oggi o domani e hanno dichiarato che delegazione italiana potrebbe rientrare Roma per riferire Governo anche perché eventuale stesura accordo risulta semplice imputazione e potrebbe farsi distanza essendo formula accordi monetari già concordata con Banca d'Inghilterra. Ritengo inglesi difficilmente modificheranno loro ultima proposta sopra riferita. Partirò giovedì latore ultime proposte che si attendono da Cancelliere dello Scacchiere. Prego telegrafare urgenza o telefonarmi se devo lasciare qui parte delegazione ovvero rientrare tutti proponendo questo ultimo caso stesura Roma accordi caso accettazione».

261

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4152/137. Mosca, 26 marzo 1947, ore 21,30 (per. ore 7,30 del 27 ).

Impressione generale alla ripresa di ieri delle riunioni Consiglio ministri tende a un certo ottimismo, anche per reazione al pessimismo di apertura. Si riconosce che sul tema politico le posizioni si sono avvicinate ammettendo la Russia largo decentramento ed autonomia dei Liinder e consentendo altre Potenze ad istaurazione Governo centrale provvisorio. Rimane una maggiore accentuazione federalistica francese specialmente in quanto Francia vorrebbe escludere Camera eletta suffragio diretto ammettendo soltanto Camera formata dai rappresentanti degli Stati ma è evidentemente superabile. Eventuale accordo su tali punti si tradurrebbe a quanto si dice in istruzioni al Comitato controllo alleato Berlino.

Soluzione appare tuttora più difficile quanto a problemi economici ove Ruhr da un lato, livello industriale e riparazioni dall'altro, attendono tuttora una soluzione accettabile.

Sulla Ruhr pare che punto di vista americano si avvicini ammissione controllo quadripartito evitando in tal modo isolamento posizione francese e costringendo forse Bevin a compromesso.

È confermato che Marshall avrebbe anche maggiormente appoggiato Bidault se questi avesse aderito fusione tre zone occidentali ma Francia ha rifiutato non volendo legarsi blocco occidentale.

Notizie circa colloquio Stalin-Bevin fanno prevedere possibilità che ne esca prolungamento alleanza anglo-russa essendo stato questo uno dei temi principali della discussione, inoltre è stato commentato in taluni ambienti della Conferenza un certo avvicinamento Bevin a tesi russa su questione procedura trattato nella seduta ieri.

Quanto ad Austria ieri sostituti hanno raggiunto accordo su alcuni temi circa controllo militare e difesa contro nazismo.

Naturalmente accordo su Germania sarà solo provvisorio fornendo base per ulteriore lavoro sostituti ed altra conferenza, ma da esso potrebbe forse scaturire possibilità di conclusione su Austria.

Atteggiamento americano sempre fermo ma non su linea aspra del discorso Truman; atteggiamento russo sempre conciliante e manifestamente diretto ad evitare rottura.

Per ciò che riguarda situazione Italia essa rimane per ora quella da me già segnalata ossia che Italia non sarebbe ammessa in parità di situazione con Potenze alleate che hanno combattuto contro Germania.

Discussione avvenuta ieri riguardo Albania e Iran conferma che permane atteggiamento dei Quattro diretto a non ammettere Stati ex-nemici su piede di parità con Alleati.

262

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4174/139. Mosca, 26 marzo 1947 1•

Come telegrafato con mio telegramma stampa odierno n. 138 2 , domani si deciderà avanti Consiglio dei ministri esteri se Italia e Jugoslavia saranno ammesse presentare loro punto di vista sopra questioni economiche Trieste.

Prego quindi sollecitare istruzioni richieste con mio telegramma 132 del 24 corrente 3 tenendo presente che ove in caso ammissione venisse chiesta da Jugoslavia a Consiglio ministri di trattare direttamente con Italia per finanziamento Stato Libero ci sarebbe assai difficile rispondere negativamente.

263

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4183/219. Washington, 26 marzo 1947 1 (per. ore 11,40 del 27).

Suoi telegrammi 4423/c. 2 e 4830/c. 3•

In varie conversazioni questi giorni presso Direzione generale affari politici Dipartimento di Stato, si è avuto piena conferma che inglesi hanno di recente qui molto insistito per immediata riunione a Londra Consiglio quattro supplenti Comitato colonie onde iniziare subito discussione circa procedura lavori e costituire Commissione d'inchiesta con intesa che quest'ultima partirebbe per colonie contemporaneamente perfezionamento trattato di pace. Secondo informazioni avute, Dipartimento di Stato ha accolto vivo desiderio inglese per sede Comitato a Londra, mentre inglesi aderirebbero richiesta americana affinché unica Commissione compia vari sopraluoghi. Alcuni giorni fa, rispondendo successiva proposta ufficiale inglese indirizzata a Washington, Parigi e Mosca, Dipartimento di Stato ha comunicato propria adesione, nominando supplente, come precedentemente annunziato, ambasciatore americano a Londra.

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 249. 263 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

2 Vedi D. 209, nota l.

3 Del 25 marzo, con esso vennero trasmesse alle ambasciate a Mosca, Parigi e Washington alcune notizie di stampa segnalate da Carandini (T. s.n.d. 3886/279 del 21 marzo) relative al presunto desiderio statunitense di far svolgere i lavori del Comitato a Washington.

Anche francesi hanno subito aderito. A tutt'oggi si è qm m attesa risposta russa e non si ha ancora alcuna notizia intendimenti Governo sovietico. Ove Mosca aderisse proposta inglese, riunione del Comitato Londra potrebbe aver luogo dopo una diecina di giorni.

Dipartimento di Stato assicura di aver già accennato, tanto a Londra che a Parigi, posizione americana favorevole a che Italia abbia ampia opportunità esporre propri punti di vista e propri desideri sia a Comitato supplenti sia a Commissione d'inchiesta.

Circa procedura per quanto concerne quest'ultima, che d'altronde deve essere decisa ad unanimità da quattro supplenti, risulta che non sono state ancora concretate istruzioni definitive per rappresentanti americani. Persiste qui tenace opposizione inglese che batte su già segnalati argomenti analoghe pretese Dominions ed altri interessati (miei telegrammi 102 e 160) 4• Comunque, stante istruzioni di massima segretario di Stato, anche elementi Dipartimento di Stato più sensibili opposizione inglese ammettono ora che nostri esperti siano uditi nelle colonie da Commissione, pur non seguendola in tutti suoi spostamenti. Vi è inoltre tendenza a fare passare Commissione da Roma nel viaggio di andata nelle colonie per ampie consultazioni con noi.

Questa ambasciata non manca adoperarsi nel modo più chiaro e insistente per ancorare Dipartimento di Stato a posizione quanto più favorevole possibile 5 .

262 1 Spedito il 27 alle ore 5,30 e pervenuto alle ore 8,45.

264

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4202-4211/220-221. Washington, 26 marzo 1947 1 .

Suoi telegrammi 4379 e 4829 2 . Per quanto concerne notizie fonte francese, segnalate nei telegrammi surriferiti, riferisco ad ogni buon fine seguenti informazioni Dipartimento di Stato:

l) Circa atteggiamento francese per nostra partecipazione a Commissione colonie su piede di parità si confermano comunicazioni di cui ai miei telegrammi l02 e 160 3 . Più di recente Quai d'Orsay si è espresso qui favorevolmente, seppure senza particolare impegno e in forma vaga per consultazione nostri osservatori ed

; Vedi D. 264. 264 1 Spedito il 27 marzo alle ore 0,57 e pervenuto alle ore 19,30.

2 Vedi rispettivamente D. 183, nota l e D. 233, nota l.

1 Vedi DD. 30 e 126.

304 esperti da parte detta Commissione. È stata data impressione che iniziative francesi comportanti maggiore impegno sarebbero molto utili per bilanciare resistenze britanniche.

2) Governo francese avrebbe aderito senza obiezioni fin dal 19 corrente a proposta ufficiale inglese per riunione immediata Commissione supplenti (mio 219) 4•

3) Utter dovrebbe essere effettivamente esperto americano Commissione d'inchiesta, data sua conoscenza delle questioni Africa settentrionale compresa Libia dove è stato da 1941 in poi. Al di lui ritorno da Parigi si sono avute con lui conversazioni approfondite. Pur condividendo in parte, per cosidetti motivi pratici, noti argomenti britannici, si è espresso pienamente d'accordo che nostri esperti siano uditi in Africa da Commissione. Ha anzi suggerito che si prepari senza indugio a Roma elenco dettagliato località che vogliamo siano visitate e persone che desideriamo consultare da Commissione. Ha spontaneamente fatto dichiarazioni sua simpatia per Italia e per nostra opera civiltà in Africa e in Egeo, pur facendo molte riserve su trattamento indigeni. Come maggioranza americani è contrario vecchi sistemi coloniali che giudica superati. Riferisco per corriere altri dettagli assicurando che si avranno con lui ulteriori conversazioni per continuare opera persuasiva iniziata.

4) Al Dipartimento di Stato si smentisce recisamente e unanimamente notizia negoziati con inglesi per concessione basi ad americani: negoziati o per meglio dire conversazioni sarebbero state, a quanto si afferma, limitate a soli argomenti di cui al mio telegramma 219.

Oltre tutto sono note aspirazioni britanniche a mantenere proprie basi specie in Cirenaica e dati stretti rapporti anglo-americani, tutte le basi inglesi sono aperte ad americani senza necessità speciali concesssioni.

Comunque questa ambasciata non mancherà seguire questioni con la massima cura 5 .

Con riferimento ai suoi telegrammi 4777 e 4789 6 , in conversazioni ieri ed oggi al Dipartimento di Stato, competenti interlocutori americani mostravano di escludere ogni possibilità che questione coloniale possa esser trattata dai quattro ministri esteri a Mosca. È stato rilevato che oltre tutto questione non è iscritta all'ordine del giorno Conferenza già sovraccarico. Informazioni date da Harvey a Brosio trovano pertanto qui conferma.

Va del resto osservato che stato rapporti tra America ed U.R.S.S., che specialmente coinvolge Mediterraneo orientale, difficilmente consentirebbe ora negoziati su problema tanto complesso. Anzi, ove non si possa giungere ad auspicata prossima chiarificazione conciliativa di tali rapporti, sarebbe tutt'altro da escludere che

5 Questa parte del telegramma fu trasmessa a Londra, Mosca e Parigi con T. 5200/c. del 30 marzo.

6 Vedi rispettivamente D. 227, nota l e D. 235, nota l.

americani modifichino radicalmente posizione assunta fin dalla Conferenza Londra 1945 (trusteeship multiplo). Comunque non si potranno avere indicazioni definite di nuovi orientamenti americani prima ritorno segretario di Stato Marshall da Mosca.

263 4 Vedi DD. 30 e 126.

264 4 Vedi D. 263.

265

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4182/225. Washington, 26 marzo 1947 1•

Segnalo ad ogni buon fine che, in conversazione presso Direzione generale affari politici Africa, interlocutore americano ha insistentemente suggerito opportunità che, allo scopo tutelare interessi connazionali in Etiopia, Governo italiano voglia considerare convenienza riprendere con quel Paese rapporti se non diplomatici almeno consolari. Da parte loro U.S.A. sarebbero pronti ad agire come intermediari associandosi, come è prassi costante ad Addis Abeba, a passo collettivo con inglesi e francesi. Ove codesto ministero ritenesse utile iniziativa in tal senso sarebbe pertanto necessario interessare tre predetti Governi 2 .

266

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4226/226. Washington, 26 marzo 1947 1 .

Suo telegramma per corriere n. 4543 2 .

Dipartimento di Stato manca sin oggi di dirette informazioni su precisi intendimenti del Governo sovietico in materia di ratifica trattati di pace, compreso nostro. Mi è stato accennato che si aveva attualmente al riguardo una sola notizia indiretta proveniente da rappresentante britannico in Finlandia. Questi aveva riferito Londra di aver appreso da suo collega sovietico che il Kremlino avrebbe intenzione di ratificare i trattati di pace con Italia e con i tre Stati danubiani pochi giorni dopo loro ratifica da parte del Senato americano.

Non rinvenuto.

265 1 Spedito il 27 marzo alle ore l ,29 e pervenuto alle ore Il. 2 Per la risposta vedi D. 293. 266 1 Spedito il 27 marzo alle ore 12,30 e pervenuto alle ore 7,30 del 28.

267

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 4396/08. Ankara, 26 marzo 1947 (per. il 31).

Ho presentato ieri credenziali al presidente della Repubblica. Contrariamente al cerimoniale d'uso ed alle sue abitudini, che riducono udienze, in occasioni siffatte, a pochi minuti e a quattro chiacchiere formali, presidente mi ha intrattenuto per mezz'ora, molto cordialmente ed amichevolmente. Assisteva il ministro degli affari esteri.

Ismet Inonii, che è sordo d'orecchie ma di spirito certamente acuto, ha evitato nonostante i miei accenni, di parlare della cosidetta «dottrina Truman» e di quanto essa comporta per la Turchia, come di argomento già sotto la troppa diretta luce dei riflettori.

Tenevo fra l'altro a possibilmente accertare se Truman si fosse per avventura deciso ad agire, e in tono e forma così perentori, in seguito a fatti nuovi e preoccupanti da parte sovietica ai danni della Turchia, ciò che sarebbe stata indicazione interessante. Ritengo di poterlo escludere. Né il presidente, né altri mi hanno fatto cenno di motivazione di questo genere.

Le cose stanno dunque tuttora sulle vecchie posizioni, almeno per quanto concerne la Turchia ed alla cosidetta guerra dei nervi, ciò che del resto non è poco.

Presidente mi è sembrato soprattutto preoccupato della possibilità che assistenza nord-americana possa suscitare nell'opinione pubblica internazionale discussioni incresciose sulla effettiva democraticità del Governo e del regime cui egli presiede, come infatti già avviene, sia all'estero che all'interno, da parte di un'opposizione che è del resto appena agli inizi del suo mestiere.

Mi ha chiesto, ad esempio, con insistenza quale fosse oggi la posizione di Salazar in Portogallo, ove sapeva ero stato qualche tempo fa, quasi ad assicurarsi che sotto l'ala anglo-americana possano vivere indisturbati anche esemplari di democrazia non perfettamente ortodossa.

Ha colto invece con calore e con convinzione, come precedentemente il suo ministro degli esteri, ogni mio accenno alla solidarietà mediterranea ed alla saggezza di dare incremento all'amicizia fra i popoli mediterranei in generale, fra l'Italia, Turchia e Grecia in particolare.

Si è informato con evidente interesse della situazione attuale dei nostri rapporti con Atene ed alle mie assicuraziDni che essi si avviano rapidamente sulla buona strada ha espresso la sua aperta soddisfazione. In particolare si è vivamente compiaciuto dell'accordo commerciale in corso di conclusione parallelamente a quello con la Turchia -coincidenza che mi è sembrata felice -e della probabile elevazione ad ambasciata delle rispettive legazioni a Roma ed ad Atene.

Debbo aggiungere che nessuno, almeno in questi primi contatti, si spinge più in là di questa constatazione, sia pure molto aperta e convinta di solidarietà fra Italia, Grecia e Turchia e giunge alle implicazioni politiche che potrebbero trarsene. Sia, appunto, perché si tratta di primi contatti, sia perché si giudicano i tempi e le

circostanze non ancora maturi, sia per la forse inevitabile sensazione di definitivo schieramento che siffatti sviluppi, oggi, a torto od a ragione, comporterebbero. Dove siano tutti d'accordo è, mi pare, sugli aspetti economici e culturali di codesta solidarietà, politicamente inoffensivi, ma atti a costruire solide piattaforme di concreti interessi comuni.

Anche Ismet Inonii, che si è informato con molto interesse della nostra situazione, ha espresso la sua certezza: nonostante la pace ingiusta, di una rapida rinascita del popolo italiano, per le cui qualità di paziente ricupero ha avuto parole di ammirazione vive e cordiali.

268

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 984/646. Londra, 26 marzo 1947 1•

A seguito del mio telespresso n. 886/583 del 22 corrente 2 informo che Cerulli ha avuto una conversazione con Sir Robert Howe, sottosegretario di Stato al Foreign Office ed in questi giorni nominato governatore generale del Sudan (vedi telespresso n. 923/612 del 17 corrente) 3 .

Non ho bisogno di insistere sul fatto che, come da me espressamente fu convenuto con Bevin, si tratta di contatti non ufficiali e di carattere assolutamente segreto.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE CERULLI AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

APPUNTO. Londra, 24 marzo 1947.

Ho incontrato Sir Robert Howe. Egli ha detto che per suo conto desiderava molto di pormi un quesito: se l'Italia avesse la scelta per conservare una sola delle sue quattro colonie, quale sceglierebbe? Gli ho risposto che probabilmente ad un quesito di questo genere dovremmo rispondere che una soluzione così restrittiva e negativa non potrebbe essere, per parte nostra, oggetto di scelta e cioè risultato di un negoziato.

268 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 242. 3 Non rinvenuto.

Mi ha chiesto allora se vi sia, a mio parere, una graduazione di preferenza tra i vari territori e per quali motivi. Gli ho detto che, a mio parere personale, l'opinione pubblica italiana era profondamente sensibile alla Tripolitania, dove ancor oggi 45 mila italiani vivono e dove tante migliaia di profughi anelano di ritornare; ed alla Somalia che è totalmente una creazione del lavoro italiano.

L'opinione pubblica italiana sente che, nelle circostanze attuali, occorre per l'Eritrea venire incontro a quelle richieste etiopiche che siano ragionevoli e si rende analogamente conto della situazione della Cirenaica, che, se volessimo esaminare il problema non dal punto di vista delle reazioni dell'opinione pubblica ma da quello concreto degli interessi economici, dovrebbe anzi venire in prima linea. Sir Robert si è limitato a dire che quanto io gli dicevo circa la Somalia lo ha molto interessato.

Abbiamo quindi discusso l'Eritrea: ed il mio interlocutore ha particolarmente sottolineato i claims etiopici. Che cosa consideravo io dovesse esser fatto dell'Eritrea, una volta soddisfatti quei claims? Un mandato all'Italia avrebbe senso, quando l'Etiopia include nella sua richiesta Asmara e Massaua e quindi, in tal caso, dell'Eritrea non resterebbe che un piccolo lembo? Ho risposto che dare all'Etiopia la regione di Asmara, che è una città completamente europeizzata ed è stata da noi trasformata in un moderno centro industriale, significherebbe in pratica tendere proprio allo scopo opposto di quello del trusteeship. Questo, a parte la questione dei 75 mila italiani dell'Eritrea, quasi tutti concentrati appunto nella zona cui egli accennava.

Quanto a Massaua, ho poi chiarito, non vedevo alcuna consistenza del claim etiopico. Massaua è stata da noi acquistata dalla Turchia, che la occupava dal 1557: ed i Turchi l'avevano conquistata sui portoghesi che la tenevano dal 1508. Non mi pareva che fosse necessario risalire ancora più lontano nei precedenti storici; e comunque è noto che Massaua è un paese totalmente musulmano. Sir Robert Howe mi ha detto che questo è giusto, ma che l'Etiopia non chiede quei territori per ragioni etniche o religiose, ma semplicemente per ragioni economiche per giungere al mare.

Ho replicato che come sbocco al mare noi avevamo da tempo dichiarato di essere pronti a venire incontro all'Etiopia nella regione di Assab. Ho aggiunto che avevo parlato di claims etiopici «ragionevoli», perché credevo che la questione dell'Eritrea andasse esaminata «ragionevolmente» proprio nell'interesse della stessa Etiopia. Infatti, mentre il Governo di Addis Abeba è, dal 1941, di nuovo in gravi difficoltà per mantenere la situazione nel Tigré, è evidente che l'eventuale acquisto di una parte notevole dell'Eritrea sposterebbe ancora di più il centro politico dello Stato etiopico verso nord, esasperando la crisi interna di un Paese come quello nel quale l'equilibrio dei vari gruppi etnici è così delicato. Quanto alle zone musulmane dell'Eritrea, quale è l'interesse di assoggettarle allo Stato etiopico cui esse sono state sempre estranee ed avverse, e quali sarebbero le ripercussioni di ciò nei vari paesi musulmani? Sir Robert Howe mi ha risposto che si rendeva conto della mia tesi circa l'equilibrio politico interno dell'Etiopia nei confronti delle genti del Tigré; e che, quanto ai musulmani, trovava che, siccome già cinque milioni di musulmani sono sudditi etiopici (a Harar, Gimma e nelle regioni del Sud) l'annessione di altre zone musulmane in Eritrea poteva anche non avere grandi ripercussioni. Mi ha poi detto che sapeva bene come il vero naturale sbocco al mare del commercio etiopico è Gibuti e non può economicamente essere un altro; ma che nulla vieta che, per ragioni dipendenti da particolari situazioni politiche, il commercio etiopico possa giungere al mare altrove che a Gibuti; ed a questo riguardo mi ha citato l'esempio dell'azione svolta dall'Amministrazione britannica dell'Etiopia durante la guerra, quando Gibuti era nelle mani del Governo di Vichy. È da notare che Howe, come si vede, ha soltanto parlato dell'Etiopia, e non ha accennato ad alcun claim da altre parti sull'Eritrea.

269

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 4151/306. Londra, 27 marzo 1947, ore 2,03 (per. ore 6,20).

Si trasmette il seguente telegramma di Menichella:

«È pervenuto il telegramma ministeriale 177 1 . Porterò a Roma le ultime proposte inglesi che ci sono state consegnate oggi ma che sono alquanto peggiori di quelle che potevamo prevedere in questi giorni. Nell'eventualità che si possa raggiungere un accordo in merito siamo stati richiesti di discutere i testi onde evitare a distanza errate od equivoche interpretazioni. Tale discussione si è iniziata oggi e proseguirà domani e forse venerdì. Pertanto molto probabilmente la mia partenza avverrà sabato. Stante l'imminenza delle ferie pasquali difficilmente si potrebbe firmare prima. Inoltre gli inglesi ci hanno lasciato libera scelta sulla eventuale sede della firma che potrebbe essere Londra o Roma dove gli inglesi invierebbero i loro delegati. Meraviglierebbe certamente gli inglesi la conseguente permanenza a Londra della nostra delegazione e farebbe loro ritenere che noi siamo disposti senz'altro a firmare l'accordo precludendoci una ultima possibilità di ottenere ancora qualche concessione finale che potrebbe essere richiesta da Roma.

Interpretando i suoi contatti di questi due ultimi giorni col Foreign Office, l'ambasciatore Carandini è della opinione da me condivisa che sia utile partire tutti. Sottopongo tale proposta attendendo una urgente risposta» 2 .

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLA RAPPRESENTANZA A LONDRA E ALLE AMBASCIATE A MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. S.N.D. 4967/c. Roma, 27 marzo 1947, ore 13.

(Per Mosca) Suo 126 1•

(Per tutti) Ho ricevuto ieri rappresentanti americano britannico francese sovietico e ho loro manifestato mia sorpresa che partecipazione Italia elaborazione trattato Germania, una volta decisa in principio, sia ancora oggetto discussioni per

2 Con T. s.n.d. 5032/182 in pari data, Sforza accettava la richiesta di Menichella circa il rientro della missione, e prevedeva che la firma degli accordi avrebbe avuto luogo a Roma, salvo diversa convemenza. 270 1 Vedi D. 239.

310 quanto si riferisce momento e modalità. Ho loro ripetuto che nostra richiesta non è motivata da ragioni prestigio, ma unicamente dalla necessità per una Nazione europea di 45 milioni, avente diretti ed estesi interessi in Germania, di essere presente alla soluzione di un problema vitale per l'avvenire proprio e dell'Europa. Ho sottolineato che questione modalità nostra partecipazione va considerata sotto tale aspetto costruttivo e non sulla base di formalistiche distinzioni che non hanno aderenza con la realtà: si guardasse insomma finalmente all'avvenire e non al passato.

Suddetti rappresentanti mi hanno assicurato che avrebbero subito riferito mia comunicazione a rispettivi Governi. Prego V.S. voler prendere contatto con (per Mosca) Segreteria Conferenza (per Parigi, Washington, Londra) codesto Ministero affari esteri, esponendo analoghi concetti. A questi sembrerebbero del resto ispirate anche proposte che -se sono esatte notizie agenzie stampa) -sarebbero state avanzate ieri da Bidault 2 .

269 1 Vedi D. 260.

271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. S.N.D. URGENTE 4976/54. Roma, 27 marzo 1947, ore 17.

Suo 24 corrente n. 132 1 .

Il Governo italiano ha già avuto occasione di manifestare chiaramente il suo punto di vista sulle varie questioni relative all'assetto economico di Trieste in occasione della venuta a Roma della Commissione internazionale finanziaria d'inchiesta: tale nostra posizione è stata comunicata alla S.V. con dispaccio per corriere in data lO corrente2 con telegramma n. 45 del 13 u.s. 3 .

D'altra parte lo stadio attuale dei nostri rapporti con la Jugoslavia non ci consente ancora di dire se la questione potrà formare oggetto di trattative dirette fra i due Paesi. La nostra rappresentanza diplomatica a Belgrado non è ancora aperta e la missione economica parte solo in questi giorni sicché ancora varie settimane dovranno sicuramente trascorrere prima che si possa avere un quadro abbastanza chiaro degli argomenti e dei limiti del negoziato.

Nell'attesa prego pertanto la S.V. di voler seguire attentamente gli ulteriori sviluppi dell'importante questione ispirando la sua azione alle direttive contenute nelle comunicazioni sopra richiamate e riferendo 4•

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 194.

4 Vedi D. 277.

270 2 Per le risposte vedi DD. 300, 298 e 279. La risposta da Parigi non è stata rinvenuta.

271 1 Vedi D. 249.

272

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 42271142. Mosca, 27 marzo 1947 1•

Riferendo mi a mio telegramma stampa di ieri n. 138 2 oggi ho chiesto a Smith precisazioni sul significato della estensione della partecipazione al trattato Germania richiesto ieri da Marshall a favore delle Potenze alleate che hanno dichiarato guerra a Germania. Smith mi ha risposto che si dovrebbe dare a suo avviso alla formula usata una interpretazione larga e non intendere Potenze alleate in senso stretto; mi ha aggiunto che la formula era volutamente un poco vaga per consentire alla delegazione americana una elasticità di trattative ma a suo avviso essa non dovrebbe escludere gli ex nemici cobelligeranti. Inoltre Smith ha precisato che Stati Uniti chiedono la estensione essenzialmente per includere Stati centro e sud America ma ciò a suo parere dovrebbe implicare a maggior ragione nostra inclusione.

È mia impressione tuttavia che la misura e modalità nostra partecipazione sia tuttora del tutto incerta e renda prematuro ogni ottimismo.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DELLE FINANZE E DEL TESORO, CAMPILLI

L. 09726/251. Roma, 27 marzo 1947 (per. il 29).

Vorrei tornare a raccomandare al tuo personale interessamento la questione dell'indennità da corrispondere al Governo cinese a titolo di risarcimento di danni subiti in Italia da suoi cittadini e di rimborso delle spese sostenute da quel Governo per l'internamento di cittadini italiani in Cina.

Come rammenterai, si è avuto occasione di parlarne dallo stesso ambasciatore di Cina in occasione del pranzo dato martedì scorso, 18 marzo, in onore del presidente De Gasperi. Sai anche come l'ambasciatore Yu Tsune-Chi ebbe allora a sollecitare insistentemente l'intervento del presidente e il nostro richiamandosi, tra l'altro, agli affidamenti che considerazioni politiche di ordine generale avevano indotto la nostra delegazione alla Conferenza della pace di Parigi a dare ai rappresentanti cinesi. La questione ha infatti carattere eminentemente politico, investendo il quadro generale dei nostri rapporti con la Cina, e, se il suo regolamento costituisce la indispensabile premessa alla ripresa di più intensi e proficui scambi commerciali

fra i due Paesi, essa deve ora essere vista specialmente in funzione della urgente, immediata necessità di salvaguardare i nostri cospicui interessi in quello Stato dal pericolo di misure più o meno arbitrarie, che potrebbero essere prese dal Governo centrale o da autorità periferiche, civili o militari.

Da Nanchino sono già stati segnalati fatti del genere, ancora fortunatamente sporadici, ma che potrebbero estendersi successivamente con nostro gravissimo danno.

Urge pertanto che le trattative in corso siano condotte a termine per impegnare quel Governo al pieno rispetto dei nostri interessi in Cina, i quali, per i soli beni demaniali, rappresentano un valore complessivo non inferiore al mezzo miliardo di lire.

Qui unito mi permetto di farti tenere copia della comunicazione da ultimo diretta dal Ministero degli affari esteri al competente servizio del tuo dicastero.

Per parte mia ritengo ora di dover sottoporre al tuo giudizio l'opportunità che da parte nostra si accolga integralmente la sollecitudine raccomandata dalle considerazioni suesposte la richiesta cinese per il pagamento integrale di 100 milioni di lire, da essere spese in Italia, oltre al rimborso della somma di 18.498 dollari U.S.A. per le spese sostenute da quel Governo per l'internamento dei nostri cittadini.

In attesa di conoscere il tuo pensiero al riguardo, ti prego, caro Campilli, di accogliere l'espressione della mia cordiale amicizia 1 .

272 1 Spedito il 28 alle ore l e pervenuto alle ore 7,30. 2 Non pubblicato.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

TELESPR. URGENTISSIMO RISERVATISSIMO 31/153/I. Roma, 27 marzo 1947.

Riferimento a mio telegramma del 25 corrente 1 .

In seguito alla firma del trattato di pace, il competente serviZIO di questo ministero aveva redatto l'acclusa memoria relativa alla nostra eventuale partecipazione all'Organizzazione delle Nazioni Unite 2• In essa sono delineati vari elementi che debbono essere attentamente valutati alla luce della situazione che si determinerà nei confronti dell'Italia dopo la cessazione del suo stato giuridico di Potenza «tecnicamente nemica», e si indicano i termini di vari problemi connessi con il nostro possibile ingresso nell'Organizzazione.

Sforza) Ricorderai che anche De Gasperi ti espresse a voce, me presente, parere favorevolissimo al pagamento». 274 1 Vedi D. 251.

2 Vedi D. 246, Allegato.

Quanto comunicato dalla S.V. con il telegramma del 20 corrente 3 realizzando una delle premesse fissate nell'acclusa memoria, e cioè l'invito rivoltoci da uno dei principali fra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, ha portato la questione sul terreno pratico, consentendoci così di stringere i tempi.

Il passo americano riveste il massimo interesse per noi, tanto più che dobbiamo attenderci che gli Stati Uniti appoggeranno la nostra domanda con il massimo calore ed efficacia: va peraltro considerata l'opportunità di eventuali sondaggi miranti ad ottenere l'indispensabile preventivo accordo anche-degli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza.

Per fissare la linea di condotta da seguire mi occorre pertanto di conoscere ogni utile elemento che V.S. possa dedurre dalla conversazione avuta presso codesto Dipartimento di Stato, nonché dagli ulteriori contatti che potrà avere in proposito.

Codesto Paese è quello dove meglio si possono cogliere le disposizioni dell'ambiente delle Nazioni Unite e gradirò pertanto avere le impressioni della S.V. circa l'accoglimento che la nostra domanda di ammissione potrebbe riscuotere in tale ambiente, gli aventuali ostacoli che rischierebbe di incontrare e da quali Stati essi potrebbero provenire 4•

Mentre prego la S.V. di volermi fornire con cortese urgenza gli elementi suaccennati, le sarò grato se ~ anche alla luce delle considerazioni contenute nell'acclusa memoria delle quali ella potrà avvalersi, con le necessarie cautele, nei suoi contatti costì~ vorrà esprimermi il suo personale avviso circa la convenienza per il nostro Paese di aderire al suggerimento fattole presso codesto Dipartimento di Stato. Personalmente di tal convenienza sono convinto 5 .

273 1 La lettera reca in calce la seguente annotazione anonima: «P.S. (Aggiunto a mano dal ministro

275

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 548/228. Ankara, 27 marzo 1947 (per. il 31).

Seguito telegramma per corriere 26 marzo n. 08 1 . È stato pubblicato qui il 25 marzo il testo del progetto di legge presentato da Truman il 18 corrente per gli aiuti alla Grecia e alla Turchia.

I giornali riportano i vari punti in cui sono previste le condizioni alle quali gli aiuti sarebbero subordinati: in primo luogo è previsto che i funzionari americani (in numero molto limitato secondo gli ambienti americani locali) dovranno avere il

4 Vedi D. 326.

5 L'ultima frase del presente documento è stata aggiunta a mano da Sforza. Per la risposta vedi D. 326 275 1 Vedi D. 267.

314 diritto di entrare e uscire liberamente dai Paesi interessati per constatare che il Governo si attiene ai suoi impegni e che l'aiuto accordato viene utilizzato nella maniera convenuta.

In secondo luogo, per prendere conoscenza e per pubblicare quanto sarà stato constatato, i rappresentanti della stampa e della radio americane riceveranno tutte le necessarie autorizzazioni.

Tutti i diritti così come le informazioni, o le merci e in genere ciò che i Paesi interessati avranno ricevuto in relazione alla legge di cui si tratta, non potrà essere trasferito ad altri Paesi senza un'autorizzazione del presidente degli Stati Uniti. E chi non sia funzionario ufficiale, o facente parte del personale, o rappresentante del Governo che usufruisce dell'aiuto americano, non potrà essere messo al corrente di notizie riguardanti gli aiuti, né valersene, senza l'autorizzazione del presidente.

Infine tutte le misure di sicurezza richieste dagli Stati Uniti per la salvaguardia delle notizie e degli aiuti, dovranno essere adottate a cura dei Governi interessati.

I commenti dei giornali sono prevalentemente sobri, quantunque intonati in senso favorevole alla conclusione degli accordi in corso; si tende a mettere in rilievo più la portata politica dell'iniziativa americana che il lato tecnico o l'importanza militare della questione. E si sottolinea che si tratta ancora di progetti e che gli accordi definitivi dovranno essere oggetto di ulteriore esame.

Secondo voci provenienti da fonte informata, il ministro turco della difesa nazionale, accompagnato da diversi militari, tecnici e specialisti, si preparerebbe a partire per gli Stati Uniti dove sarebbero previste conversazioni allo scopo di definire al più presto tutte le questioni inerenti alla concessione degli aiuti.

274 3 Vedi D. 228.

276

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI

T. 5051/80. Roma, 28 marzo 1947, ore 17.

Suo 109 1•

Non appena in possesso osservazioni codesto Governo circa questione opzioni pregola venire conferire. Ad ogni utile fine attiro sin da ora sua attenzione su contenuto nostro telespresso del 24 febbraio n. 05659/142 recante chiarimenti in particolare per quanto riguarda articoli l e 19 noto progetto legge per revisione opzioni.

276 1 Vedi D. 255. 2 Vedi D. 188, nota l.

277

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4303/146. Mosca, 28 marzo 1947, ore 22,09 (per. ore 8,30 del 29 ).

Mio telegramma stampa 144 1•

Nella notte di ieri segreteria generale conferenza Consiglio ministri esteri mi ha inviato copie rapporto Commissione Trieste comunicandomi con nota la decisione presa dal Consiglio di consentire osservazioni scritte dell'Italia e Jugoslavia. Spedisco oggi corriere aereo speciale due copie rapporto.

Ho chiesto chiarimenti a Graftey Smith il quale mi ha detto quanto segue: l) Consiglio ministri non ha fissato termine per osservazioni ma Graftey ritiene che dato interesse inglese a decidere questione in questa sessione problema potrebbe essere ripreso in esame anche nel caso che non pervenissero tali osservazioni da entrambe o da una delle parti; ha aggiunto tuttavia che russi e jugoslavi tendono invece a differire discussione; 2) Graftey ritiene tuttora che Consiglio si limiterà esame pochi punti essenziali del rapporto e principalmente delle due già note questioni materie prime e prestito. Egli consiglia pertanto far pervenire subito rilievi su tali punti riservando ogni altra deduzione da presentare in seguito a Consiglio sicurezza o governatore Territorio Libero. Parlandomi prestito ha precisato che Commissione lo proporrà nella misura di cinque milioni dollari.

Richiamando mio telegramma 132 cui S.V. ha cortesemente risposto oggi con telegramma 54 rilevo che da questo telegramma nonché dal telegramma di

V.S. 45 del 13 corrente e dal telespresso di V.S. 44/07033 del 7 corrente 2 non risulta una risposta diretta allo specifico quesito da me posto e cioè se dobbiamo o no appoggiare finanziamento a Territorio Libero proposto da anglo-americani. Dal contesto di quei documenti desumo tuttavia indirizzo affermativo da parte nostro Governo; tuttavia dovendo presentare osservazioni sottoscritte impegnative Consiglio ministri esteri mi sarebbe gradito sapere pensiero esplicito V.S. su quel punto nonché quelle altre precisazioni che dopo lettura rapporto integrale V.S. ritenesse utile includere nel nostro promemoria. Prego inoltre precisarmi se debbo presentare detto promemoria appena ricevuto telegramma V.S. oppure se dovrò in qualche modo facilitare tendenza russo-jugoslava a rinviare discussioni 3 .

277 1 Non pubblicato. 2 Per i riferimenti telegrafici vedi rispettivamente DD. 249, 271 e 194. Il telespresso non si pubblica. 3 Per la risposta vedi D. 290.

278

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4313/232. Washington, 28 marzo 1947, ore 22,30 (per. ore 10,45 del 29 ).

Mi riferisco per ultimo alla conversazione telefonica di ieri con segretario generale.

In seguito nuovi passi fatti presso Dipartimento di Stato, mi si è confermato che si è d'accordo per invio qui nostra delegazione. Dipartimento di Stato preferirebbe arrivo Washington l o maggio, dato ritardo verificato si per attuali contingenze internazionali in discussione (hearings) nostro trattato di pace da parte Senato, questo Governo intendendo inserire in discussioni stesse noti provvedimenti circa rinunzia claims americani e sblocco beni. Al riguardo, come già segnalato Dipartimento di Stato, onde assicurare più sollecita liquidazione questioni stesse, continua ritenere non consigliabile procedura trattato bilaterale che comporterebbe tra l'altro discussioni più approfondite e pericolo di una certa opposizione presso Comitati parlamentari nonché necessità approvazione da parte due terzi Senato.

Dipartimento di Stato, che telegrafa in conformità a codesta ambasciata U.S.A., non ha per altro nulla in contrario, qualora da parte nostra lo si ritenesse preferibile, che delegazione giunga qui con Saturnia metà aprile.

Ove V.E. scegliesse tale ultima data, missione potrebbe svolgere subito seguente attività:

l) Conversazioni con Fondo Internazionale. Quest'ultimo dopo avvenuta firma accordo Bretton Woods, ha fatto oggi presente opportunità comunicazione da parte nostra elementi onde stabilire periodo di tempo per dichiarazione nostra parità monetaria. Trattasi risposta al questionario rimesso da Fondo Internazionale a ministro Campilli e Menichella in occasione loro conversazioni qui. Elementi in questione potrebbero essere opportunamente discussi da delegazione.

2) Conversazioni preliminari con Fondo Internazionale circa presentazione nostre future richieste prestiti.

3) Trattative con Export-Import Bank. Ove queste discussioni fossero ritenute opportune, sarebbe di essenziale importanza che delegazione giunga con noti elementi concreti richiesti da Banca in trattative gennaio. In caso affermativo, si soprassederebbe temporaneamente da parte nostra insistere per invio esperti Banca a Roma, come invece richiesto a delegazione tecnica da Comitato ricostruzione.

4) Contatti eventuali circa sistemazione obbligazioni italiane prebelliche in dollari in relazione noto comunicato da diramarsi come già riferito.

Inoltre concorrentemente con sviluppi accennate discussioni Senato e relative consultazioni tra organi governativi e Commissioni parlamentari, che il Dipartimento di Stato confida poter esaurire in aprile, delegazione potrà trattare sistemazione, che attualmente qui si desidera effettuare mediante singoli scambi di note, seguenti argomenti finanziari;

5) rinuncia claims. Confermo che Dipartimento di Stato mostra sempre più aspettativa per rinuncia nostri claims (scontata da stipulazione trattato di pace) anche quale contropartita a rinuncia claims americani che qui si considerano ben più rilevanti. Richiamo al riguardo mio precedente carteggio. Comunque Dipartimento di Stato si dichiara disposto esaminare e discutere nostre singole richeste che occorrerà documentare.

6) Sblocco beni.

7) Proprietà vested. AI riguardo si potrà addivenire a speciale accordo tra due Governi, dovendo provvedimento liberativo essere formalmente approvato da Congresso. Dipartimento di Stato, d'accordo con altri ministeri, sta studiando procedura parlamentare semplificata affinché eventuale accordo possa essere approvato semplice maggioranza anziché maggioranza due terzi.

Infine, a seguito insistenze questa ambasciata, Dipartimento di Stato assicura che per primo maggio sarà pronto progetto americano trattato commercio amicizia e navigazione che nostra delegazione potrà allora cominciare a discutere e negoziare.

279

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4328/238. Washington. 28 marzo 1947, ore 22,52 (per. ore 14,30 del 29). Telegramma di V.E. 4967/c. 1•

Ho subito, in conservazione odierna Dipartimento di Stato, posto in rilievo comunicazione fatta da V.E. ai rappresentanti dei Quattro circa nostra partecipazione trattato Germania. Mi è stato assicurato ambasciatore Dunn aveva immediatamente telegrafato le sue dichiarazioni al Dipartimento di Stato e per risparmio di tempo direttamente al segretario di Stato a Mosca. Non si dubitava che Marshall, unico competente a decidere, avrebbe preso sua comunicazione nella migliore considerazione. Mi è stato chiesto che ripercussione aveva avuto a Roma la posizione assunta da Marshall alla Conferenza sul diritto di partecipazione al trattato degli Stati che avevano dichiarato guerra alla Germania, posizione che ovviamente qui si considerava la più favorevole alla nostra richiesta.

279 1 Vedi D. 270.

280

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4355/239. Washington, 28 marzo 1947 1 .

Suo telegramma n. 192 2•

Direzione affari politici Dipartimento di Stato mi aveva posto al corrente di un telegramma qui pervenuto circà conversazione avuta luogo ultimamente costà con funzionario rappresentanza americana relativamente accordo status truppe. In conversazione odierna in seguito premure rivolte, è stato assicurato da interlocutore americano che sarebbero stati inviati schema accordo e dettagliate istruzioni a codesta ambasciata americana, non appena ultimate discussioni in corso tra Dipartimento di Stato e questo Ministero della guerra e Ministero della marina.

Mi è stato accennato confidenzialmente che per periodo 90 giorni Governo americano, oltre continuare corrispondere paga truppe e conti sospesi, avrebbe anche pagato una somma globale per r~quisizioni. 'Ammontare relativo a tale ultima partita, attualmente qui tuttora in discussione, avrebbe potuto aggirarsi sui 250 mila dollari, somma che amministrazioni militari americane consideravano equa dato che requisizioni sarebbero andate man mano riducendosi durante tale periodo.

Per contro questo Governo non riteneva poter addossarsi alcun ulteriore onere per requisizioni eccetera da lo giugno anno 1946 ad entrata in vigore trattato, poiché, dato tempo trascorso da proposta concludere noto accordo affari civili relativo revisione armistizio, non erano più disponibili somme già accantonate all'uopo su bilancio Ministero della guerra.

In merito Dipartimento di Stato si è richiamato note ripetute comunicazioni fatte sia costà che qui.

Riguardo infine disposizioni inglese per accreditamenti da giugno anno 1946 in poi, interlocutore americano ha in via del tutto confidenziale richiamato attenzione tra l'altro su pagamenti liquidi fatti da Governo americano per paghe truppe e conti sospesi, su liberale accordo a suo tempo concluso per surplus e infine su intenzione Stati Uniti d'America rinunziare propri claims per fornitura viveri popolazioni civili ecc. 3 .

2 Vedi D. 129, nota 2.

3 Con T. s.n.d. per corriere 6700/074 del 15 maggio Tarchiani confermò le notizie qui comunicate relative al pagamento della somma di 250 mila dollari e alla comunicazione dei pagamenti a titolo di «troops pay» e di «suspense accounts», per il periodo di 90 giorni dall'entrata in vigore del trattato di pace. Per la risposta di Sforza vedi D. 444.

280 1 Spedito il 29 alle ore 12,35 e pervenuto alle ore 8 del 30.

281

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

L. 534 SEGR. POL. Roma, 28 marzo 1947.

Ho letto con molto interesse la sua lettera del 2 marzo (n. 2034/521) 1 relativa al suo colloquio con Marshall e concordo nella valutazione che ella fa delle disposizioni del segretario di Stato nei nostri confronti. Un maggiore orientamento, specie sui diversi punti da lei trattati, potrà aversi dopo il ritorno di Marshall da Mosca anche perché i risultati della Conferenza in corso non mancheranno a loro volta di influire sugli ulteriori orientamenti del Dipartimento.

In merito alla revisione e alla ratifica del trattato di pace, desidero attirare la sua attenzione sulle continue insistenze che ci vengono fatte da parte britannica perché l'Assemblea costituente proceda al più presto a perfezionare, con la sua approvazione, la firma da noi apposta a Parigi il lO febbraio. Anche nel corso del colloquio che ebbe con me il 25 u.s. a proposito della nostra partecipazione ai lavori per il trattato germanico (vedi mio telegramma n. 4967/c.) 2 sir Noci Charles mi ha detto che a Londra, pur rendendosi perfettamente conto delle ragioni di politica interna che ci inducono a presentare il trattato per la ratifica alla Assemblea, dopo che sarà intervenuta la ratifica americana, non si nasconde tuttavia un certo disappunto per il ritardo che ne deriva. Sir Noel Charles mi ha anzi aggiunto che tale disappunto sarebbe condiviso da parte americana e che lo stesso Dipartimento di Stato avrebbe fatto dei passi presso il Forcing Office perché prema a Roma per la nostra ratifica. Ho naturalmente risposto che da parte degli Stati Uniti non avevamo avuto alcuna pressione in tal senso e ho ripetuto ancora una volta le ragioni, note anche a lei, per cui preferiamo attendere la ratifica del Congresso: ragioni cioè eminentemente psicologiche di ordine interno e per nulla derivanti da calcoli macchiavellici. Converrà tuttavia che ella svolga qualche indagine costi per appurare se e quale consistenza abbia l'informazione datami dall'ambasciatore Charles. Al caso ella potrà riesporre il nostro punto di vista e contemporaneamente sottolineare che il Governo italiano, come si è assunto la responsabilità di firmare il trattato, così è anche convinto della necessità della ratifica: nessun dubbio deve esistere su ciò. Che se poi da parte americana ci venisse data, sin da ora, assicurazione che il Congresso sicuramente lo ratificherà, e ci dovrebbe venire anche promesso l'appoggio degli Stati Uniti nella questione della revisione. Verrebbero così automaticamente a trovarsi superati i motivi per cui abbiamo ritenuto opportuno che l'Italia proceda alla ratifica subito dopo gli Stati Uniti.

Ciò dico non per prudenza governativa, e neppure per esclusivo interesse italiano, ma per evitare il sorgere di nuovi germi, neo-nazionalisti, come accadde perfino dopo il trattato di Rapallo; di che tutti si soffrirebbe3 .

2 Vedi D. 270.

3 Per la risposta vedi D. 315.

281 1 Non rinvenuta, ma vedi D. 124.

282

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1464/400. Il Cairo, 28 marzo 1947 (per. l'Il aprile).

Telespresso ministeriale n. 34702/c. in data 18 ottobre 1946 1 e telegramma ministeriale n. 29 in data 10 febbraio c.a. 2 .

Come avevo riferito a codesto ministero con telegramma per corriere n. 024 in data 11 febbraio scorso 1 , questa rappresentanza aveva subito provveduto a comunicare al ministro di Transgiordania al Cairo la nostra intenzione di accreditare quale incaricato d'affari presso il re di Transgiordania il nostro console generale a Gerusalemme.

Questa legazione di Transgiordania ha ora risposto con Nota verbale n. 6/111099 in data 27 corrente, che allego in traduzione\ con la quale fa conoscere che il Regno di Transgiordania preferirebbe la nomina di un nostro ministro plenipotenziario residente ad Amman, ma in via subordinata gradirebbe anche l'accreditamento presso il suo sovrano del nostro ministro a Bagdad od a Damasco, declinando quindi implicitamente l'accreditamento per la Transgiordania del console generale d'Italia in Gerusalemme.

In un colloquio avuto contemporaneamente col ministro di Transgiordania, questi ha espresso l'opinione che il suo Governo potrebbe eventualmente accettare anche l'accreditamento ad Amman del nostro ministro del Libano, qualora le sedi di Bagdad e Damasco dovessero rimanere ancora per qualche tempo scoperte.

Ho informato questo ministro di Transgiordania che avrei subito comunicato a Roma quanto fatto presente dal suo Governo e prego pertanto codesto ministero di volere cortesemente riesaminare la questione e farmi pervenire ulteriori istruzioni circa lo stabilimento dei rapporti diplomatici con la Transgiordania.

283

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 4320/319. Londra, 29 marzo 1947, ore 1,50 (per. ore 16,30).

Trascrivo qui di seguito telegramma dr. Menichella diretto a V.E.: «Questo pomeriggio, avendo esaurito preparazione testi eventuale accordo, siamo stati

convocati al Foreign Office dove ci sono state comunicate ultime decisioni di merito del Cancelliere dello Scacchiere. Esse rappresentano miglioramento rispetto irrigidimento giorni scorsi. Abbiamo preso congedo e domani partiremo con treno poiché non vi sono partenze aeree sabato e domenica. Lunedì sarò a Roma. Sotto riserva di approvazione da parte di V.E. ho concordato seguente testo comunicato chiusura lavori: "Durante due scorse settimane hanno avuto luogo a Londra tra delegazione finanziaria italiana, la quale è presieduta da dr. Menichella, e funzionari britannici discussioni in merito ad un certo numero di questioni finanziarie pendenti tra il Governo italiano e quello inglese. Principali questioni in esame sono state le seguenti:

l) conclusione di un accordo per il regolamento dei pagamenti commerciali e finanziari;

2) regolamento reciproci crediti inclusi crediti del Governo britannico rispetto ai materiali residuati di guerra -surplus -al Governo italiano;

3) rinunzia da parte del Governo britannico al diritto derivante dall'art. 79 del trattato di pace con l'Italia di sequestro dei beni italiani in Inghilterra. Le discussioni hannÒ fatto soddisfacenti progressi su tutti i punti ed il dr. Menichella ritorna ora a Roma per riferire al suo Governo e ricevere istruzioni".

Qualora testo incontri approvazione di V.E. il ministero può darne avviso a codesto ambasciatore d'Inghilterra concordando data e ora pubblicazione anche prima del mio arrivo costì. Da parte mia mi astengo da qualunque intervista con la stampa prima di aver conferito con V .E.» 1 .

282 1 Non pubblicato. 2 Trasmetteva istruzioni di Fransoni per lo stabilimento di relazioni diplomatiche tra l'Italia e la Transgiordania.3 Non pubblicata.

284

IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, ROVASENDA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4353/8. Assunzione, 29 marzo 1947, ore 18,30 (per. ore 8 del 30).

Telegramma di V.S. n. 61•

Questo ministro degli affari esteri mi ha assicurato stamane di essere personalmente favorevole a che Paraguay aderisca iniziativa Equatore affinché tutti gli Stati sud-americani si uniscano nel chiedere O.N.U. revisione nostro trattato di pace. Ministro si dichiarò convinto iniquità trattato e rammentò con compiacimento essere stato uno dei firmatari messaggio inviato ai quattro ministri affari esteri nel

approvato accordi Menichella diramando apposito comunicato. Nel darne comunicazione codesto Governo voglia V.E. dichiarare che siamo disposti firmare Roma al più presto». 284 1 Vedi D. 237, nota 6.

maggio scorso da personalità paraguayane pro giusta pace Italia. Sottoporrà presidente della Repubblica e Consiglio dei ministri adesione Paraguay iniziativa Equatore e prevede esito favorevole.

283 1 Con T. urgentissimo 5264/183 del 1° aprile Sforza comunicava: «Consiglio ministri stamane ha

285

IL MINISTRO A GUATEMALA, SILENZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4400/7. Guatemala, 29 marzo 1947, ore 19,23 (per. ore 13 del 31).

Mi riferisco al telegramma V.E. n. 4486 1 .

Questo ministro degli affari esteri presso quale ho svolto da tempo azione nel senso indicato dal telegramma di V.E. 4059 11 corrente 2 mi ha ora confidenzialmente assicurato buone disposizioni suo Governo al riguardo. Ha soggiunto che sta sondando opinione altri Governi America Centrale per comune atteggiamento. Ho svolto contemporaneamente passi analoghi anche presso altri Paesi America centrale sia direttamente con rispettivi ministri esteri sia indirettamente con presidenti vari Stati, ritengo che prospettiva sembra buona sebbene io non sia in grado dare ancora precise assicurazioni e non possa ottenere risposta definitiva fino dopo feste pasquali.

286

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 3462/959. Parigi, 29 marzo 1947.

Mi riferisco al dispaccio ministeriale n. 335 segr. pol. del 7 corrente 1 .

Vorrei prima di tutto premettere che non sono io che ho trovato che la presentazione del nostro caso poteva prestarsi ad essere interpretato come un tentativo di riaprire la questione dei nostri reclami contro la Germania risolta, contro di noi, dal trattato di pace: si trattava invece di interpretazione che il nostro passo era stata data a Mosca -dove la cosa mi è stata detta con la franchezza un po' brutale dei russi -e qui a Parigi -dove lo stesso mi è stato detto con cortesia francese. La questione è ormai del resto superata perché il promemoria consegnato da Brosio a Mosca mette le cose bene in chiaro 2•

Vedi D. 186. 286 1 Non rinvenuto. 2 Vedi D. 208.

La questione della nostra partecipazione sembra, di fatto almeno, essere stata risolta in senso a noi favorevole: ed è già un considerevole passo avanti: sarebbe bene però adesso non costruire troppo -sopratutto non lasciare che la nostra opinione pubblica lo faccia-sulla portata e sugli effetti di questa nostra partecipaZione.

Nonostante tutto continuo ad essere assai pessimista circa i risultati effettivi della Conferenza di Mosca: sarà già molto se si riuscirà ad evitare un clash rumoroso: è assai difficile comunque che i lavori di Mosca vadano tanto avanti da rendere possibile -e consigliabile -una partecipazione effettiva degli altri, partecipazione di cui, in realtà, nessuno dei Quattro è entusiasta. Prima che si possa cominciare a parlare di un vero trattato di pace con la Germania, di conferenze se ne dovranno tenere parecchie. Nel complesso, questo andare le cose per le lunghe, ai nostri fini, non è inopportuno: più passa il tempo, e meno si parlerà della nostra minorazione giuridica, e più si farà sentire, con la forza dei fatti, il vero argomento valido della nostra richiesta: che non si può cioè escludere dalla soluzione di un problema vitale per l'Europa la prima, per popolazione, Potenza europea.

Nella nostra ultima comunicazione (quella fatta a Mosca) noi abbiamo messo in rilievo il nostro interesse a non essere esclusi da progetti di controllo e di ripartizione delle risorse naturali e della produzione industriale della Germania. Evidentemente è questo per noi, il punto realmente importante, ma è soprattutto in questo campo che occorre non farsi illusioni. Ho, a più riprese, segnalato da Mosca quanto la stampa sovietica veniva rivelando sull'accaparramento che di tutta l'economia germanica venivano facendo gli americani, e in seconda linea gli inglesi. Voglio ammettere che in tutto questo ci possa essere della esagerazione da parte russa: ma quel poco che mi è stato possibile di accertare da Parigi mi permette già di dire che sostanzialmente, tutto questo è vero. La situazione di fatto del bacino carbonifero della Ruhr è troppo noto ormai perché convenga insisterei. Mi è stato confermato qui che la Farben Industrie è ormai passata completamente in mani americane: che la A.E.G. sta subendo lo stesso processo: l'assorbimento della industria automobilistica tedesca da parte degli americani è, anch'esso, in via di avanzata realizzazione. Sarebbe bene, a questo proposito che le indagini che continuerò a fare a Parigi, siano completate da analoghe indagini fatte a Londra, Washington, Bruxelles, l'Aja e Berna: le segnalazioni della stampa sovietica possono utilmente servire a mettere le nostre ricerche sulla buona strada. È necessario per noi, il giorno che dovremo affrontare il problema, sapere esattamente dove stiamo.

Come che sia, dettagli di esecuzione a parte, nell'esaminare il problema della nostra eventuale partecipazione alla distribuzione delle risorse tedesche bisogna che noi qui teniamo presente un dato di fatto: che le principali di queste risorse sono già, sotto il controllo effettivo americano od inglese: e ci resteranno -a meno che, cosa del resto assai poco probabile, gli sforzi concordati della Russia e della Francia e di altri Stati riescano a fare accettare agli americani il principio del controllo pluripartito della economia tedesca. Dico poco probabile perché, a mio avviso, in questo accaparramento delle risorse tedesche non bisogna vedere soltanto una caccia agli utili, anche se ingenti: è una operazione che fa parte di un piano assai vasto come concezione e come esecuzione, di portata sopratutto politica.

Il messaggio Truman è un atto di grandissima importanza: sopratutto se si considera che è solo la prima manifestazione aperta di una evoluzione politica che si stava preparando da alcuni mesi. Noi ci troviamo in presenza di una campagna precisa, diretta ad inquadrare, volens nolens, Francia, Italia e gli altri Paesi dell'Europa occidentale, nella politica americana. Il primo obiettivo che questa campagna si propone per quello che riguarda Italia e Francia è quello di portarci a costituire dei Governi da cui siano esclusi i comunisti. Quello che ci dicono, a tutti e due, gli americani, sempre con meno ambagi è: comunisti al governo, niente crediti, niente grano, niente carbone; governo senza comunisti, allora si comincia a ragionare. Attiro la sua attenzione sul parallelismo fra le dichiarazioni fatte da Caffery in Francia e da Dunn in Italia, troppo analoghe per potere essere dismissed come manifestazione personale dei due ambasciatori. La situazione dei nostri due Paesi è difficile, perché tutti e due, seppure in differente misura, abbiamo bisogno di crediti, grano e carbone: il momento è particolarmente delicato, perché la Russia, adesso e per parecchio tempo, non sarà in grado di darci nessuno dei tre. Potrebbe restare per noi l'alternativa tedesca: tutte le misure sono state prese -e si continua a prenderne -perchè anche questa alternativa si trovi nelle stesse mani. E la teoria del robinetto che Bidault vorrebbe applicare per l'acciaio ai tedeschi ma che nel frattempo gli americani stanno applicando alla Francia ed a noi.

Il che equivale a dire, che, data la situazione di fatto che si è creata in Germania, per la parte economica, quale che sia la nostra partecipazione effettiva alle trattative per la pace con la Germania, noi saremo ammessi a partecipare ad avere accesso alle risorse tedesche solo se -e nella misura nella quale -ci saremo inquadrati nella politica americana; e che la mainmise americana su queste risorse, in quanto essa durerà, resterà una delle non ultime garanzie che noi restiamo in questo inquadramento.

Si ricade quindi nella questione di cui ho già parlato in precedenti rapporti: la necessità che noi prendiamo posizione sulle questioni relative alla Germania: d'accordo che possiamo esimerci dal prendere posizione sulla questione delle frontiere sia orientali che occidentali: ma per il resto delle questioni tedesche, siano esse economiche e politiche, questo non è possibile.

Nessuno più di me desidererebbe vedere l'Italia prendere e prendere con autorità, una posizione intermedia fra i due maggiori antagonisti: ossia ad avere, nella sua politica quel tanto di indipendenza che la sua posizione le permette. Purtroppo però andiamo rapidamente incontro ad un periodo in cui questo non è possibile; ci troviamo di fronte a due avversari che non conoscono le sfumature, che sono tutti e due di una intransigenza assai primitiva: tutte e due applicano a loro modo il detto evangelico: chi non è con me è contro di me. I francesi, e particolarmente Bidault, hanno cercato di tenere questa via media, con il risultato che i russi lo considerano come schiavo degli anglo-sassoni e gli americani come comunista. Questa convinzione che, piaccia o no bisogna prendere posizione, comincia a farsi strada anche in Francia: temo che i fatti si incaricheranno di convincerne tutti nel prossimo avvenire: forse anche brutalmente.

È da sperare che si tratti di un solo stato di fatto temporaneo: che a mano a mano che la situazione economica nostra e mondiale, ridiventerà normale questa emprise americana non sarà più così forte: probabilmente però il riacquistare una certa indipendenza è al di fuori delle forze individuali dei singoli Stati dell'Europa occidentale: per arrivarci bisognerà che lavoriamo insieme, con uno scopo comune: questa visione è ancora purtroppo ben lontana dall'essere di dominio generale: comunque oggi, per la questione tedesca, come per molte altre questioni, è inutile farsi delle illusioni, non si potrà a lungo esitare di prendere posizione.

Mi rendo conto delle difficoltà che questo presenta per noi, anche dal punto di vista della politica interna: questo non cambia molto i dati del problema perché tutti e due gli avversari in lotta non capiscono e non vogliono capire le sottigliezze e le complicazioni della nostra politica interna: possiamo ancora un pò rimandare il problema, fintanto che non saremo chiamati realmente a far parte delle conferenze internazionali: ma il giorno che lo saremo l'alternativa si presenterà come inevitabile.

285 1 Vedi D. 186, nota 3.

287

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

L. 31/l75/I 1 . Roma, 31 marzo 1947.

Ti trasmetto qui acclusa copia di un telegramma di Tarchiani in merito ad un passo americano per il nostro ingresso nell'O.N.U. 2 , copia del telespresso ministeriale n. 31/153/I in data 27 corrente\ contenente le istruzioni inviate a Tarchiani in argomento, nonché copia del pro-memoria consegnatomi il 26 corrente da questo incaricato d'affari degli Stati Uniti 4•

Dal contenuto del telespresso sopracitato, e particolarmente dal pro-memoria allegato al medesimo", potrai rilevare come -in attesa che Tarchiani faccia pervenire le informazioni richiestegli -sia opportuno di non fare alcun passo

o sondaggio presso codesto Governo o codesti ambienti diplomatici. È tuttavia opportuno che tu conosca sin d'ora quale sia il pensiero del Ministero in merito alle questioni connesse con il nostro ingresso nell'O.N.U. ed ho pertanto tenuto ad informarti subito.

Mentre mi riservo di comunicarti gli ulteriori sviluppi della questione, anche in relazione all'azione che sarà necessario di svolgere a suo tempo costì colgo l'occasione per inviarti i miei più cordiali saluti 6 .

e Carandini (L. 311178/I).

2 Vedi D. 228.

3 Vedi D. 274.

4 Non pubblicato.

5 Vedi D. 246, Allegato.

6 Per le risposte di Quaroni, Brosio e Carandini vedi DD. 311, 370 e 368. Non risulta che Fenoaltea abbia risposto.

287 1 Fransoni inviò in pari data identiche lettere a Brosio (L. 31/176/1), Fenoaltea (L. 311177/I)

288

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1015/668. Londra, 31 marzo 1947 1•

Seguito telespresso in data 26 marzo 1947, n. 984/646 2 .

Cerulli ha avuto una nuova conversazione sulla questione coloniale col signor Scott Fox, capo dell'Egyptian Department del Foreign Office, come concordato da questa ambasciata.

Unisco un appunto sulla conversazione.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE CERULLI ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

APPUNTO. Londra, 28 marzo 1947.

Ho ripreso l'esame della questione delle colonie in una conversazione con Mr. Scott Fox. Egli mi ha, prima di entrare in argomento, parlato dell'Etiopia chiedendomi la mia opinione circa l'avvenire economico di quel Paese. Gli ho brevemente accennato le ragioni, per le quali il futuro sviluppo dell'Etiopia dipende essenzialmente dall'agricoltura e che in tale campo l'Etiopia può davvero diventare un territorio di vastissima produzione e quindi capace di mantenere una numerosa popolazione. Egli mi ha poi domandato se era possibile che l'Etiopia facesse questo da sola; ed in risposta io gli ho detto ritenere l'attuale Negus di gran lunga superiore alla media corrente dei capi etiopici e tale comunque da poter fare il meglio per il suo Paese, se non contrastato dagli estremisti dei due opposti partiti all'interno. Ho concluso dicendo che per mio conto ritenevo che, come stanno le cose oggi, bisogna dare tempo e credito all'Etiopia come è uscita dalla guerra.

Circa la Tripolitania, Scott Fox mi ha detto che è stato recentemente in visita in quella zona e sinceramente è rimasto impressionato dalle nostre realizzazioni nel campo agricolo. Si è posto però il quesito se non avessimo agito per il maggior utile dell'Italia impiegando i capitali nostri, anziché nel mandare contadini a Tripoli, nell'intensificare l'agricoltura nelle terre incolte dell'Italia meridionale. Gli ho risposto che la questione meridionale, che è molto meno semplice di quanto appaia prima facie, è una questione

288 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 268.

-se mai -di carattere sociale e cioè di eventuale distribuzione migliore della proprietà terriera (in uno dei suoi aspetti); ma, quanto ad un aumento ulteriore della popolazione dell'Italia del sud da annullare la necessità migratorie dell'Italia, esso è cosa impossibile. Basti pensare alla densità attuale della popolazione dell'Italia meridionale ed al fatto che geograficamente, ad eccezione della piana pugliese e dei dintorni di Napoli, il resto del paese pel suo carattere montagnoso è inadatto a produzioni agricole intensive. Scott Fox mi ha detto che voleva chiarirmi che il suo quesito era stato formulato soltanto sul piano economico e non su quello politico (e qui ha avuto anche egli un breve accenno a ciò che gli arabi potrebbero chiedere in fatto di limitazione dell'emigrazione italiana) e che del resto egli riconosce che già sarebbe un vantaggio per l'Italia il fatto che i 45 mila italiani che oggi sono a Tripoli ci rimangano.

Circa la Somalia, Scott Fox mi ha detto che egli non ha avuto occasione di studiare particolarmente il problema, ma che è pronto a credere all'esattezza di quello che io gli avevo esposto.

Quanto alla Cirenaica egli mi ha ripetuto ancora una volta che la mia richiesta di un negoziato diretto anche con gli arabi interessati per giungere ad un accordo non può essere accolta, perché è del tutto hopeless l'idea che gli arabi della Cirenaica accettino di nuovo gli italiani colà. Ha aggiunto che questa è, chiaramente e senza alcun dubbio, la situazione di oggi; ma le situazioni possono cambiare col tempo e non è detto che in un avvenire più

o meno lontano non possa ad un certo momento cambiare anche l'atteggiamento degli arabi della Cirenaica.

Circa l'Eritrea, Scott Fox mi ha detto che il claim etiopico comprende Asmara e Massaua e quindi, tolte quelle regioni, non resterebbero dell'Eritrea che lembi di territorio non tali da poter costituire una unità politica. Gli ho ripetuto le nostre ragioni, sviluppando ulteriormente quanto avevo già esposto a Sir Robert Howe. Scott Fox, al mio accenno ad una collaborazione itala-britannica nelle industrie dell'Eritrea, ha tagliato corto dicendo che l'Inghilterra in questo momento non ha capitali da impiegare fuori. Avendo io parlato dell'atteggiamento del Governo italiano circa lo sbocco al mare dell'Etiopia nella regione di Assab, egli mi ha detto che l'Etiopia non ritiene che Assab sia conveniente come suo sbocco al mare.

Ho replicato che mi pareva singolare questo atteggiamento etiopico perché quando venti anni fa si pose la questione tra l'Italia e l'Etiopia, il Governo di Addis Abeba chiese invece proprio il porto di Assab sul quale fu raggiunto l'accordo in sede di trattato di amicizia itala-etiopico. Scott Fox mi ha risposto che egli ignorava questo precedente che gli pareva interessante.

Concludendo, gli ho detto che quando alla Conferenza di Parigi Molotov, appoggiato da Bidault, aveva proposto il trusteeship all'Italia sui quattro territori africani (Tripolitania, Cirenaica, Eritrea e Somalia), Bevin aveva replicato chiedendo trusteeship britannico sulla Cirenaica.

L'opinione pubblica italiana aveva sentito molto questa fase, dalla quale era derivato il rinvio di un anno della questione. Ora dai miei contatti preliminari di questi giorni a Londra avevo la sensazione di ulteriori difficoltà anche per .l'Eritrea e ciò non aveva mancato di impressionarmi in relazione alla situazione passata ed in relazione agli sviluppi prevedibili di circostanze di tal genere nell'opinione pubblica da noi. Ho ripetuto che la questione delle colonie è il test case delle relazioni itala-britanniche («Ne sono convinto e questo la rende specialmente difficile» mi ha interrotto il mio interlocutore); e che, se anche noi non fossimo d'accordo, come invece vedevo che siamo, su questo valore della questione, ce ne persuaderemmo lo stesso quando ci si ripete anche da tutte le parti che la questione è prevalentemente itala-britannica.

289

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3395/510. Vienna, 31 marzo 1947 (per. 1'11 aprile).

A seguito del mio telespresso n. 3393/508 del 31 marzo 19471 trasmetto qui acclusa copia di un memorandum che mi è stato consegnato stamane dai competenti funzionari di questo Ministero degli esteri in merito alla questione della revisione delle opzioni effettuate in seguito agli accordi italo-tedeschi del 1939 concernenti l'Alto Adige.

Mi è stato fatto rilevare dal consigliere Kripp, al momento della consegna del documento qui unito, che le idee contenute nel memorandum in parola non hanno carattere impegnativo, cosa che deve essere intesa, come il predetto funzionario ha chiarito a mia domanda, nel senso che da parte austriaca ci si riserva eventualmente di presentare più tardi altre osservazioni sopra punti che non sono stati esaminati dal memorandum in questione e che anche le idee contenute nel documento qui accluso, che pure sono state approvate dal ministro Gruber, sono suscettibili di alcune variazioni di carattere prevalentemente formale.

Mi è sembrato, al riguardo, che, con questa premessa, l'ufficio competente del Ballhaus volesse riservare al ministro una maggiore libertà d'azione.

Come il consigliere Kripp ha voluto farmi rilevare, il memorandum, che appare ispirato sostanzialmente dai principi già esposti nel telespresso sopra citato, non si discosta notevolmente dal così detto progetto Innocenti, se non per quanto concerne le disposizioni contenute nell'articolo 5 del progetto stesso, in cui, come si vedrà, il punto di vista austriaco diverge sostanzialmente da quello italiano.

Mi riservo di formulare le osservazioni del caso sul documento che allego e che, data la necessità di affidare il presente rapporto al corriere, non mi è possibile anche di riassumere oggi 2 .

In occasione della consegna del documento in parola, il consigliere Kripp mi ha dato altresì lettura, per desiderio del ministro Gruber, di una nota di cui trascrivo il testo in tedesco quale è stato da me raccolto.

Esso si riferisce al desiderio austriaco di ottenere che il Governo italiano consenta al rimpatrio in Alto Adige, indipendentemente dall'emanazione di norme giuridiche circa la revisione delle opzioni, di un primo gruppo di lO mila optanti da scegliere, da parte italiana, in base a liste che verrebbero compilate dall'Aussenstelle di lnnsbruck, dalla Cancelleria federale o da altri Enti austriaci. Sei mesi dopo il rimpatrio di tale primo gruppo il Governo italiano dovrebbe comunicare il numero degli optanti che ha riacquistato la cittadinanza italiana.

Ho subito fatto presente che tale proposta mi sembrava inattuabile, non solo per considerazioni di opportunità e non solo perché, in definitiva, essa verrebbe a rallentare una soluzione della questione degli optanti che le autorità austriache

Vedi D. 331.

affermano dinanzi alla loro opinione pubblica debba essere risolta con ogni urgenza; ma soprattutto perché, come ho fatto presente, la legislazione italiana in vigore non consente il riacquisto della cittadinanza, in via normale e in termine così breve, ad ex cittadini italiani che si trovano nella situazione giuridica degli optanti alto-atesini.

I funzionari austriaci hanno prospettato, a titolo personale, la possibilità che il ministro Gruber receda dalla sua proposta qualora speciali assicurazioni potessero essere date da parte italiana a favore degli optanti rientrati finora clandestinamente in Alto Adige.

Ho fatto rilevare che mi sembrava strano che si dovessero prendere provvedimenti proprio a favore di coloro che sono rientrati in via illegale nel territorio della Repubblica. In ogni modo, era impossibile che tali provvedimenti venissero presi se non in base ad una domanda individuale dei singoli interessati ed ad uno speciale provvedimento legislativo. Il che faceva presupporre già risolto, da un punto di vista giuridico, il problema generale della revisione delle opzioni.

Ho aggiunto che in ogni caso prendevo nota del desiderio del ministro Gruber

ad referendum.

ALLEGATO l

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO ALLA RAPPRESENTANZA ITALIANA A VIENNA

MEMORANDUM. [Vienna. 31 marzo 1947].

Zur Regelung der Frage der siidtiroler Optanten ergeben sich folgende vorliiufige Bemerkungen:

l.) An erster Stelle solite die Rechtslage der nichtabgewanderten Optanten mi:iglichst rasch normalisiert werden und zwar in folgender Weise: a) Noch nicht von Deutschland eingebiirgerte Optanten:

Die italianischen Staatsbiirger, welche auf Grund des deutsch-italienischen Abkommens vom 23. Juni 1939 und der darauf folgenden Vereinbarungen fiir die deutsche Staatsbiirgerschaft optiert haben, ohne jedoch die deutsche Staatsbiirgerschaft erworben zu haben und im Inlande ihren Wohnsitz oder Aufenthalt haben, bleiben italienishe Staatsbiirger, wenn sie nicht innerhalb zweier Monate nach lnkrafttreten der vorliegenden Regelung erkliiren, die Option aufrecht erhalten zu wollen.

Fiir diejeningen, welche die Erkliirung nicht abgeben, ist die OptionserkHirung als nichtig anzusehen und jeder diesbeziigliche Beisatz aus den Listen der i tal. Staatsbiirger zu streichen. b) Von Deutschland eingebiirgerte Optanten:

Diejeningen italienischen Staatsbiirger, die im Hinblick oder auf Grund des deutsch-italienischen Umsiedlungsabkommens vom 23. Juni 1939 und der folgenden Vereinbarungen fiir die deutsche Staatsbiirgerschaft optiert haben und denen eine Einbiirgerungsurkunde oder ein gleichwertiges Dokument ausgehandigt wurde, die aber ihren Wohnsitz nicht ins Ausland verlegt haben, ki:innen innerhalb zweier Monate vom Zeitpunkt des lnkrafttretens der vorliegenenden Regelung erklaren, dass sie die Option widerrufen und auf die deutsche und jede andere fremde Staatsbiirgerschaft verzichten, welche sie allenfalls erworben haben. -Soba1d diese Erkliirung abgegeben ist, sind diese Personen, falls sie aus den Listen der italianischen Staatsbiirger gestrichen wurden oder ihre Option durch einen Beisatz ersichtlich gemacht wurde, sofort und ohne jeden Beisatz in diese Listen wieder einzutragen bzw. ist dieser Beisatz zu streichen. Dieselben sind so zu behande1n, a1s ob die Streichung nie erfo1gt ware und nach wie vor a1s ita1ienische Staatsbiirger anzusehen.

2.) Was die aus Siidtiro1 abgewanderten Optanten betrifft, drangt sich fo1gende grundsatz1iche Rege1ung auf: a) Noch nicht in Deutsch1and eingebiirgerte Optanten:

Die ita1ienischen Staatsbiirger welche im Hinb1ich und auf Grund des deutsch-ita1ienischen Abkommens vom 23. Juni 1939 und der darauf fo1genden Vereinbarungen fiir die deutsche Staatsbiirgerschaft optiert haben, ohne jedoch die deutsche Einbiirgerung erha1ten zu haben, und die im Zeitpunkt des Inkrafttretens der vorliegenden Regelung ihren Wohnsitz oder Aufenthalt im Aus1ande haben, miissen innerha1b zweier Jahre vom Inkrafttreten der vorliegenden Rege1ung ab erk1aren, ob sie die ita1ienische Staatsbiirgerschaft beibehalten wollen. Das Unterlassen einer Erk1arung hat den Verlust der ita1ienischen Staatsbiirgerschaft zur Fo1ge. Die Erkalrung, die italienische Staatsbiirgerschaft beibeha1ten zu wollen, macht die seinerzeitige Optionserk1arung ungiltig.

b) Von Deutsch1and eingebiirgerte Optanten:

Fiir diejenigen ita1ienischen Staatsbiirger, we1che auf Grund des deutsch-ita1ienischen Abkommens vom 23. Juni 1939 und der fo1genden Vereinbarungen fiir Deutsch1and optiert, vor oder nach der Option ihren standigen Wohnsitz ausserha1b Ita1iens genommen und die deutsche Staatsbiirgerschaft erworben haben, gi1t der Verlust der italienischen und der Erwerb der deutschen Staatsbiirgerschaft a1s ruckgangig gemacht, wenn sie spatestens innerha1b von zwei Jahren nach Inkrafttreten der vorliegenden Regelung die Erk1arung abgeben, dass sie die Option widerrufen und auf die deutsche und jede andere fremde Staatsbiirgerschaft verzichten, welche sie allenfalls erworben haben und zwar unter der Bedingung, dass sie ihren W ohnsitz nach Ita1ien wieder verlegen oder verlegt haben. Dieser W ohnsitzverlegung diirfen keinerlei Hindernisse bereitet werden. Es wird nicht a1s Wohnsitzverlegung angesehen, wenn sich jemand zeitweise aus Studiengriinden, zu Geschaftszwecken oder aus ahn1ichen Griinden oder im Zusammenhang mit dem Mi1itardienst oder im Arbaitsdienst ins Aus1and begeben hat.

3.) Zur Norma1isierung der Lage der abgewanderten und bereits bis jetzt zuriickgekehrten Optanten werden sich fo1gende Bestimmungen empfehlen:

Diejenigen in Siidtirol geborenen italienischen Staatsbiirger, welche auf Grund des deutsch-ita1ienischen Abkommens vom 23. Juni 1939 und der fo1genden Vereinbarungen fiir Deutschland optiert, vor oder nach der Option ihren standigen Wohnsitz ausserhalb ltaliens genommen und bis zur vorliegenden Regelung wieder nach Siidtirol zuriickgekehrt sind, sollen den in Punkt 1.) Abs.b) genannten Personen g1eichgestellt und von keinerlei Massnahmen getroffen warden, welche ihre G1eichstellung mit den nichtabgewanderten von Deutschland eingebiirgerten Personen beeintrachtigt.

4.) Beziiglich des Ortes der Abgabe der Erkliirungen und der Fristen wird vorgesch1agen:

Die oben in Pkt.l)a !)b) 2a) und 2b) vorgesehenen Erklarungen sind von der Partei selbst oder von einem ihrer Bevollmiichtigten zu unterschreiben, welcher hiezu eine von einem Notar, einem Gericht oder einer Gemeinde beglaubigte Vollmacht besitzt. Die Erklarungen sin d einzureichen:

a) Fiir diejenigen, welche ihren Wohnsitz oder Aufenthalt in den Provinzen Bozen, Trient, Belluno und Udine haben, bei der Gemeinde des Wohnsitzes oder Aufenthaltes.

b) Wenn der Betreffende in einer anderen Provinz des italienischen Staates seinen Wohnsitz oder Aufenthalt hat bei der Priifektur Bozen.

c) Wenn der Betreffende seinen Wohnsitz oder Aufenthalt im Auslande hat, bei einer italienischen diplomatischen oder konsularischen Vertretungsbehorde oder bei der Prafektur Bozen.

Der Termin fiir die in den Punkten !)a) und !)b) vorgesehenen Erklarungen betragt sechs Monate fiir diejenigen, welche sich im Zeitpunkte des Inkrafftretens der vorliegenen Regelung ausserhalb ltaliens befinden.

Fiir die Kriegsgefangenen und Internierten laufen die im Punkt l)a) und l)b) vorgesehenen Fristen von dem Termine ihrer Freilassung ab, wenn sie sich innerhalb des italienischen Staatsgebietes befinden, oder von dem Zeitpunkt ihres Wiedereintreffens auf ital. Staatsgebiet, wenn sie sich im Auslande befinden; die im Punkt 2)a) und 2)b) festgesetzten Fristen beginnen fiir diese Personen mit ihrer Freilassung zu laufen.

5.) Wegen vorgekommener Falle von besonderer Harte wird weiters die Aufnahme folgender Bestimmung dringend empfohlen:

Diejeningen 6sterr. Staatsbiirger, welche am 23. Juni 1939 im Siidtirol ihren Wohnsitz hatten und denselben infolge des Abkommens vom 23. Juni 1939 verlegen mussten, ist die Riickverlegung ihres Wohnsitzes nach ltalien gestattet. Erwerb der deutschen Staatsbiirgerschaft auf Grund der Besetzung Oesterreichs durch das deutcheol Reich kommt hiebei nicht in Betracht. Die Betreffenden haben ihre diesbeziigliche Anmeldung bei der Prafektur Bozen einzureichen.

6.) Ablehnung bestinmter Personen durch die italienische Regierung:

Grundsatzlich soli die Behandlung der nationalsozialistisch tatig gewesenen Optanten nicht strenger sein als die Behandlung der iibrigen italienischen Staatsbiirger wegen faschistischer Betatigung.

Die italienische Regierung kann gegen den Wiedererwerb der ital. Staatsbiirgerschaft oder gegen die Riickverlegung des Wohnsitzes gemass Punkt 5) Einspruch erheben;

a) Bei denjenigen, welche ihren Wohsitz nicht ins Ausland verlegt haben, wenn sie von einer Gerichtsbehorde oder von einem Gerichte der Alliierten Machte als Kriegsverbrecher, wegen schwerer Verbrechen des Kollaborationismus, wegen Akten der Grausamkeit oder anderer schwerer Verfolgungsakte gegen ital. oder auslandische Staatsbiirger rechtskraftig verurteilt worden sind.

b) Bei denjenigen, welche ihren Wohnsitz ins Ausland verlegt haben, ausser bei den unter a) genannten Fallen, auch bei Verurteilung durch ein auslandisches Gericht wegen der gleichen oder analogen Tatbestande.

Der Einspruch ist beziiglich der unter a) genannten Personen innerhalb von zwei Monaten nach Ablauf der Erklarungsfrist gemass Punkt l)b), beziiglich der unter b) genannten Personen innarhalb von vier Monaten nach Abgabe der Erklarung gemass Punkt 2)b) zu erheben. Beziiglich der unter obigen Punkt 5.) genannten Personen ist der Einspruch innerhalb zweier Monate nach Einreichung der Anmeldung zu erheben.

Ueber diesen Einspruch entscheidet eine gemischte Kommission bestehend aus 7 Migliedern, davon die Halfte italienischer und die Halfte deutscher Sprache, welche in Siidtirol ihren Wohnsitz haben, unter Vorsitz eines Gerichtsbeamten, der wenigstens den Rang eines Appellgerichtsrates besitzt. Gegen die Entscheidung dieser Kommission kann der Betroffene innerhalb dreier Monate Rekurs an eine Apellkommission einreichen. Gegen deren Entscheidung steht sodann die Beschwerde an den Staatsrat offen.

7.) Familienmitglieder: Der beschriinkte Entmiindigte, der Volljiihrig-Erklarte und die Ehegattin, auch wenn sie nicht gerichtlich geschieden ist, haben die Erklarungen nach Punkt l)a, l)b), 2)a) und 2)b) selbststiindig abzugeben. Fiir die voli Entmiindigten und die Minderjahrigen gibt die Erkliirung der Vormund oder derjenige ab, welcher die vaterliche Gewalt ausiibt.

8.) Bei Ablehnung der Wiederverleihung der ital. Staatsbiirgerschaft unterliegen die Betroffenen keinen hiirteren Vorschriften als den fiir auslandische Staatsbiirger im allgemeinen bestehenden.

9.) Die in der vorliegenden Regelung vorgesehenen Akte und behordlichen Verfiigungen sind stempel-und gebiihrenfrei.

IO.) Ueber die Regelung der mit der Option zusammenhangenden vermogens-rechtlichen Fragen diirfen spatere Vorschlage vorbehalten bleiben.

ALLEGATO Il

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO ALLA RAPPRESENTANZA ITALIANA A VIENNA

TRASCRIZIONE DI NOTA. [Vienna, 31 marzo 1947}.

Der Herr Bundesminister fiir Auswartige Angelegenheiten regt die moglichst baldige Riickfiihrung von emigrierten Optanten in einzelnen «Blocken» an. Damit solite womoglich schon begonnen werde, ehe ein endgiiltiges Abkommen in der rechtlichen Frage erreicht wird. Die Auswahl bliebe vorerst den italienischen Stellen iiberlassen. Die rechtliche Frage konnte inzwischen bis zur grundsatzlichen Regelung offen gelassen werden. Es wiirde osterreichischerseits begriisst werden, wenn italienischerseits etwa nach sechs Monaten (von heute an) nachgewiesen werden konnte wieviele emigrierte Optanten schon zur Riickkehr zugelassen wurden, etwa durch Listen die nachweisen wieviele emigrierte und nun zuriickgefiihrte Optanten die italienische Staatsbiirgerschaft wieder erlangt haben. Es wird an ein konkretes «Gentlemen's agreement» iiber die Riickfiihrung vorerst eines Blockes von etwa 10000 Optanten gedacht. Die von der Aussenstelle Innsbruck oder sonst erfassten Optanten miissten in Listen aufgenommen werden, die dem italienischen Partner iibergeben wiirden. Zwecks Auswahl jener die im ersten Block in kurzer Frist zuriickkehren konnen.

289 1 Non pubblicato, anticipava le notizie contenute nel presente documento.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. S.N.D. 5261/60. Roma, 1° aprile 1947, ore 12,40.

Suo 146 1 .

Non appena ricevuta copia rapporto Commissione Trieste provvederemo comunicarle con mezzo più rapido nostro punto di vista da notificare Consiglio ministri esteri onde facilitare discussione questione in presente sessione.

Del resto, in documenti inviatile ella ha già sufficienti elementi per sua norma di linguaggio.

Nel confermare intanto miei telegrammi 45 e 54 2 chiarisco che nostra situazione finanziaria e previsioni circa equilibrio economico finanziario Territorio Libero consigliano incoraggiare iniziative. finanziarie prospettate in attesa di auspicabili dirette intese italo-jugoslave.

Vedi DD. 194 e 271.

290 1 Vedi D. 277.

291

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 5279/61. Roma, 1° aprile 1947, ore 16.

Prego E.V. comunicare se corrisponda a verità notizia stampa secondo cui sostituti ministri esteri avrebbero approvato clausola limitante restituzione beni in Austria asportati da tedeschi a beni di proprietà delle Nazioni Unite, e se pertanto Italia risulti esclusa da suddetta restituzione.

Nel telegrafare precisazioni circa esatta portata clausola, la prego ugualmente chiarire se disposizione escluderebbe anche altri Paesi già aderenti Asse.

292

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4481-4476/242-243. Washington, r aprile 1947, ore 20,51 (per. ore 14 del 2 ). Suo 193 1•

Questa ambasciata aveva già compiuto passi con Dipartimento di Stato fin da due settimane fa in connessione situazione fondi delegazione tecnica. Dipartimento di Stato aveva fatto presente che Ministero della guerra attendeva dati aggiornati da Comando alleato Italia e che avrebbe preferito effettuare unico versamento in coincidenza ritiro truppe dopo entrata in vigore trattato di pace. Si è allora sollecitato sostanziale acconto versamento per cui Dipartimento di Stato assicurò suo migliore interessamento.

Ho oggi rinnovato richiesta personalmente a sottosegretario Clayton il quale ha, in presenza mia, telefonato sottosegretario guerra ottenendo assicurazione che si sarebbe accelerato al massimo versamento acconto.

In colloquio odierno con Clayton, ho sollecitato nel modo più vivo interessamento Dipartimento di Stato per concessione grant-in-aid. Clayton mi ha fatto presente che Amministrazione era consapevole urgenti necessità italiane e che stava esercitando ogni pressione su Congresso per accelleramento procedura di approvazione legge, ora praticamente collegata in discussione Comitati parlamentari con noto stanziamento per Grecia e Turchia. Clayton mi ha confermato quanto da me riferito (per ultimo con telespresso 719 del 25 marzo u.s.) 2 che decisione spetta

2 Non pubblicato.

ormai al Congresso e che fino a quando non sarà votato definitivamente stanziamento non è possibile conoscere ammontare aiuti trimestrali che potranno essere fissati per Italia.

Egli mi ha assicurato comunque suo più attivo interessamento 3 .

292 1 Del 29 marzo, con il quale Reale segnalava l'aggravarsi della situazione valutaria e richiedeva di intervenire presso il Dipartimento di Stato per ottenere il versamento del saldo del suspense account e della quota di aiuti post-U.N.R.R.A.

293

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 5332/197. Roma, 1° aprile 1947, ore 22.

Suo 225 1 .

Tramite ambasciata Parigi e legazione Cairo e quelle rappresentanze etiopiche abbiamo chiesto a Governo Addis Abeba poter riprendere rapporti diretti anche inviando missione temporanea per prima presa contatto. Benché rappresentanti etiopici incaricati trasmettere nostra richiesta l'abbiano accolta favorevolmente ed appoggiata, nessuna risposta è ancora pervenuta. Saremo grati a codesto Governo se volesse interessare sua rappresentanza Addis Abeba raccomandare a Governo etiopico accettazione nostra proposta 2•

294

IL CAPO DELLA COMMISSIONE CONFINI, CASARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 1° aprile 1947.

l. Gli anglo-americani, tramite le rispettive ambasciate, hanno, lo scorso febbraio, invitato il Governo italiano ad inviare rappresentanti a Trieste per prendere accordi con il locale A.M.G. per concordare le modalità di restituzione all'Amministrazione italiana dei territori della Venezia Giulia che il trattato di pace lascia all'Italia.

2. Il Governo italiano, aderendo all'invito, ha inviato ai primi di marzo a Trieste due funzionari i quali hanno stabilito con lo A.M.G. tutta una serie di accordi esecutivi relativi appunto alla presa in consegna dei territori in questione.

Department sta predisponendo accreditamento altri 25 milioni di dollari fondo sospeso. Versamento dovrebbe avvenire entro qualche giorno». 293 1 Vedi D. 265.

2 Con T. 4557/250 del 3 aprile, Tarchiani comunicò di aver eseguito le presenti istruzioni e di aver ricevuto l'assicurazione del pieno appoggio statunitense.

3. -Nessun accordo è stato invece raggiunto per quanto concerne la consegna dei territori compresi entro la linea Morgan che il trattato attribuisce alla Jugoslavia. Sin dalla prima seduta (3 marzo) lo A.M.G. sollevò la questione, suggerendo che i rappresentanti italiani prendessero contatto con quelli jugoslavi per concordare le modalità di consegna di detti territori, evidentemente intendendo che tale consegna venisse fatta direttamente tra Italia e Jugoslavia. A seguito di istruzioni ricevute da Roma, i rappresentanti italiani dichiaravano (6 marzo) che tali problemi avrebbero potuto essere trattati solo dopo la ratifica. Intanto, su istruzioni del presidente De Gasperi, l'ufficio italiano di collegamento con le autorità alleate in Roma aveva già compiuto un passo presso queste ultime, per fare presente il desiderio del Governo italiano che la consegna agli jugoslavi degli uffici pubblici italiani a Pola venisse a suo tempo effettuata dalle autorità alleate. Tale richiesta veniva tuttavia respinta. Infatti le autorità alleate facevano sapere verbalmente che, su parere del suo consulente giuridico, il Comando Supremo Alleato a Caserta aveva inviato dirette istruzioni allo A.M.G. di Trieste nel senso che le consegne amministrative di Pola avrebbero dovuto essere effettuate agli jugoslavi direttamente dalle Autorità italiane. Analoga comunicazione veniva fatta nei giorni appresso dallo A.M.G. di Trieste al rappresentante italiano, vice prefetto Meneghini. Da rilevare, incidentalmente, che analoga questione non è stata sollevata sino ad ora per quanto riguarda l'Alto Isonzo. L'omissione, peraltro, è probabilmente da ascrivere a semplice dimenticanza. 4. -Non è chiaro se questo atteggiamento del Comando Supremo Alleato sia dovuto a scrupoli giuridici, oppure risponda ad altri propositi. La prima ipotesi non sembra rispondere a motivi fondati. Tutta la zona A, infatti, è stata sin dall'inizio amministrata direttamente dallo A.M.G. con gelosa esclusione di ogni ingerenza del Governo italiano. I locali funzionari ed impiegati italiani che hanno continuato a prestare servizio erano considerati dallo A.M.G. come operanti esclusivamente alle proprie dipendenze e verso di esso direttamente responsabili. Tutto ciò trova conferma nel fatto che lo A.M.G. considera necessario procedere a regolari consegne alla Amministrazione italiana di quella parte di territorio (e relativi uffici pubblici) che ci viene restituita: consegna che non avrebbe ragione d'essere se lo

A.M.G. considerasse che detti territori hanno continuato ad essere indirettamente amministrati dalle autorità italiane; e che è in aperto contrasto con la pretesa che a Pola la consegna venga fatta da noi. In tali circostanze è almeno legittimo prospettarsi la seconda ipotesi, e cioè che altri motivi abbiano ispirato l'atteggiamento del Comando Supremo Alleato. Una spiegazione potrebbe essere che da parte alleata si voglia di proposito marcare il fatto che è stato il Governo italiano ad effettuare le consegne, in modo da non poter domani invocare una propria non responsabilità nelle medesime.

5. Tale ipotesi merita attenta considerazione, in relazione ad un'altra delicata questione, e cioè la effettiva e piena esecuzione del trattato da parte jugoslava. Nessun accordo è stato ancora preso per la delimitazione dei confini del Territorio Libero e per l'evacuazione delle truppe jugoslave da quella parte della zona B che il trattato attribuisce al Territorio Libero. Sappiamo che in primo tempo gli Alleati avevano deci5o di invitare il Governo italiano a inviare una delegazione per partecipare a detta delimitazione, ed un passo in tal senso avrebbe dovuto esser compiuto dalle quattro ambasciate a Roma. Poi sono sorte difficoltà tra le medesime ed il passo non è stato fatto. È lecito supporre che siano state fatte obiezioni da parte degli jugoslavi o, per loro, dai russi; e che gli Alleati siano preoccupati di come costringere gli jugoslavi ad evacuare di fatto la zona da loro occupata. Il consigliere dell'ambasciata britannica, interrogato su quest'ultimo punto, ha dichiarato che questo è un compito che spetterà al governatore: ciò starebbe a indicare che gli anglo-americani vorrebbero spostare la responsabilità sul Consiglio di sicurezza, disimpegnando la propria.

6. -Dato quanto precede apparirebbe tanto più necessario che gli Alleati non evacuino Pola e l'Alto Isonzo sino a quando non abbiano la garanzia che gli jugoslavi evacueranno contemporaneamente la zona di Capodistria. Da un insieme di elementi potrebbe dedursi che gli Alleati non ci sentono da questo orecchio: in recenti comunicazioni hanno infatti sempre insistito nel proposito di consegnare alla Jugoslavia i territori ad essa attribuiti al momento stesso dell'entrata in vigore del trattato. È ovvio che, in ultima analisi, non abbiano modo di impedirlo. Ma se noi riteniamo che la preoccupazioone di successive «chicanes» da parte jugoslava non è infondata, non vi è motivo perché, sia pure indirettamente, ci si renda corresponsabili di questa consegna. A prescindere dalla questione di fondo, è anche troppo facile prevedere di quali attacchi sarà fatto oggetto il Governo italiano se, avendo partecipato .a tale consegna, gli jugoslavi non evacueranno la zona di Capodistria. 7. -Meriterebbe pertanto considerare le seguenti eventualità: (a) diffidare formalmente gli anglo-americani, in quanto responsabili dei territori da loro occupati a titolo fiduciario e della effettiva esecuzione del trattato, a non evacuare Pola e l'Alto Isonzo sino a quando non abbiano sufficiente garanzia dell'esecuzione del trattato da parte dei jugoslavi; (b) rifiutarci di partecipare alla consegna di P o la e dell'Alto Isonzo sino a quando tale condizione non sia soddisfatta. Circa il punto

(b) è da osservare che gli Alleati non hanno alcun mezzo di costringerci ad eseguire tali consegne.

8. -Praticamente si potrebbe seguire la seguente tattica: (a) Fare un passo formale presso i quattro Governi insistendo che venga senz'altro provveduto alla delimitazione dei confini del Territorio Libero (in modo che essa sia ultimata per la data della entrata in vigore del trattato) e chiedendo notizia delle misure adottate per assicurare la evacuazione delle truppe jugoslave. (b) Qualora essi rispondessero negativamente o anche solo evasivamente, saremmo autorizzati a far presente che il trattato è un tutto inscindibile, e che pertanto in mancanza di tale delimitazione e di tali misure, chiediamo che le autorità alleate non procedano alla consegna agli jugoslavi di Pola e dell'Alto Isonzo. (c) Nel frattempo assumere un atteggiamento passivo nei riguardi della richiesta alleata che siano le autorità italiane ad effettuare la consegna amministrativa dei territori da cedere alla Jugoslavia. Potremmo, come fanno le autorità alleate, !imitarci a dire che la questione è <mnder consideration». Eventualmente potremmo far capire che la nostra risposta è subordinata ad una favorevole soluzione su i due precedenti punti. 9. -È comunque necessario stabilire una precisa linea di azione e poi mantenerla. Si rischia infatti che mentre il ministro degli esteri dice una cosa, la Presidenza ne dice un'altra, l'ufficio di collegamento una terza, ed il rappresentante italiano a Trieste una quarta.

292 3 Con T. urgente 4526/246 del 2 aprile Tarchiani aggiungeva di aver appreso da Clayton che «War

295

L'AMBASCIATORE A LIMA, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4595/20. Lima, 3 aprile 1947, ore 14,52 (per. ore 11,30 del 4 ).

Mio telegramma 17 1 .

Ministro degli affari esteri mi ha detto che, perdurando preoccupazione Equatore possa invocare precedente Italia per domandare revisione trattato con Perù, preferisce non (dico non) rispondere suggestione quel Governo in nostro favore. In tal modo eviterebbe far risultare atteggiamento negativo suo Paese e soprattutto motivi che lo hanno ispirato, cioè necessità non (dico non) ammettere principio revisione.

Ho replicato ancora una volta che non si tratta ora accettare o meno suggestione Equatore ma nostra proposta protesta collettiva davanti O.N.U. Dopo tanti anni passati dalla conclusione trattato Equatore Perù si è già constatato nessun pericolo ne è derivato per il mantenimento pace. Non ricorrono pertanto estremi per eventuale revisione detto trattato davanti O.N.U.

D'altra parte è quasi certo che questo Governo non vede di buon grado che iniziativa in nostro favore sia stata presa dall'Equatore. Pertanto ho rilevato ancora che in dichiarazione che il Perù si decidesse fare non occorre citare iniziativa Equatore tanto più che nostra proposta è essenzialmente differente perché si riferisce

O.N.U. e non Stati firmatari.

Ministro degli affari esteri mi ha promesso continuare esame questione. Continuerò insistere e riferirò 2 .

296

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4558/155. Mosca, 3 aprile 1947, ore 18,30 (per. ore 7,30 del 4).

Suo 61 1 .

Ieri ho parlato con Gruber il quale mi ha detto che nel trattato pace con Austria sarebbe prevista soltanto restituzione beni asportati da tedeschi in danno Nazioni Unite senza cenno Italia od altri Stati. Gruber si è dichiarato disposto a trattative dirette bilaterali fra Italia ed Austria per tale restituzione.

2 Vedi D. 310. 296 1 Vedi D. 291.

In successivo colloquio ho precisato situazione con ministro Austria Bischoff il quale si è raccomandato che Governo italiano eviti sollevare questione nella Conferenza scopo soprattutto impedire analoghe richieste specialmente da parte Ungheria e Romania. Richiamandosi poi ad offerte Gruber e precisandole formalmente mi ha confermato che suo Governo è disposto iniziare anche subito trattative dirette per restituzione reciproca beni sottratti da tedeschi esistenti in Austria ed Italia pur riconoscendo che praticamente beni asportati dall'Austria in Italia quasi non esistono. Ha aggiunto che nostro Governo potrebbe subito interpellare costì Schwarzenberg richiamando assicurazioni datemi da Gruber e Bischoff. Ho risposto riservandomi chiedere istruzioni mio Governo e facendo presente anche per riservarmi maggiore libertà azione che inclusione clausola a nostro favore nel trattato potrebbe tuttavia essere necessaria per ottenere restituzione di quei beni italiani che si trovano in Austria in possesso degli Alleati.

Da informazioni assunte altra fonte mi risulta che alla Conferenza tutta questione è impregiudicata. Ho impressione che ove si voglia come ritengo agevolare sviluppo nostri amichevoli rapporti con Austria sia forse preferibile aderire offerta Gruber eventualmente richiedendogli dare formali istruzioni a Schwarzenberg tanto più che mi parrebbe difficile impegnare nel trattato con Austria Alleati a restituzione verso noi eventuali beni italiani loro possesso. Prego comunque V.S. volermi far pervenire urgenti istruzioni 2•

295 1 Del 27 marzo, con il quale Cicconardi aveva prospettato la diffidenza del Perù ad aderire alla proposta di revisione equatoriana per il timore che potesse costituire un precedente per iniziative di revisione del trattato tra Perù ed Equatore.

297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 54571199. Roma, 3 aprile 1947, ore 22,30.

Voglia costì valorizzare importanza per Italia e sacrifizio a nostro favore fatto attraverso recenti accordi di Londra da Gran Bretagna nella sua attuale difficilissima situazione economica. Infatti Inghilterra:

-rinuncia ogni riparazione e applicazione art. 79;

-libera beni italiani sequestrati;

-riceve soli otto milioni di sterline a tacitazione suoi crediti verso di noi ammontanti a 131,7 milioni sterline (meno nostri crediti 26 milioni a partire l o giugno u.s.) più cessione surplus (da noi stessi valutati in 60 milioni sterline); -contro deposito dieci milioni sterline assicurasi convertibilità nostri attuali saldi oltre quelli che si formeranno entro 15 luglio, o acquisto merci area sterlina; -rimane aperta possibilità sostenere nostri claims dal l o giugno indietro.

Ciò è stato da noi opportunamente illustrato questa ambasciata americana osservando che ci attendiamo che così benevolo trattamento sia della maggior influenza in trattative che siamo per fare con altri Paesi, fra cui codesto.

296 2 Vedi D. 305.

298

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4574/156. Mosca, 3 aprile 1947 1•

Telegramma di V.S. 4967/c. 2 .

Oggi ho chiesto a Couve de Murville precisazioni sulle recenti dichiarazioni Bidault cui si è riferita V.S. con telegramma suindicato. Egli mi ha risposto che non si tratta nuova proposta la quale suggerisca diverso raggruppamento degli Stati tale da costituire base di compromesso. Trattasi soltanto richiamo a precedenti discussioni così che notizie di agenzia debbono considerarsi sostanzialmente inesatte. Naturalmente ho preso occasione per ribadire ancora una volta nostre ragioni e per suggerire che una tale proposta seppure non ancora fatta avrebbe potuto utilmente prospettarsi da delegazione francese in avvenire.

Couve tuttavia pur assicurandomi che nulla è ancora pregiudicato e che problema procedura è strettamente connesso con questioni sostanziali e quindi lontano ancora da soluzione e pur mostrando di intendere le nostre ragioni non mi ha potuto dare alcuna assicurazione ed ha messo in rilievo che una differenza fra le diciotto Potenze e le altre esiste fin da Londra !asciandomi capire che non sarà facile superarla.

Questa ambasciata americana cui mi ero rivolto per sondare effetti su Marshall della comunicazione fattagli da Dunn dopo colloquio con S.V. mi comunica che effettivamente Marshall esaminato personalmente rapporto Dunn e mi riferisce quale è pensiero segretario Stato. Marshall riconferma buone disposizioni Governo americano verso Italia e rileva che tesi americana, rimanendo quella includere tutti Stati che hanno dichiarato guerra Germania, favorisce anche Italia. Tuttavia Marshall fa sapere altresì che permane forte opposizione altre Potenze ad allargare oltre diciotto numero Stati che saranno ammessi effettiva redazione trattato. È impressione questa ambasciata americana che nonostante buona volontà piena soddisfazione nostra richiesta rimane tuttora assai incerta.

Vedi D. 270.

298 1 Spedito il 4 alle ore 0,26 e pervenuto alle ore 8.

299

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 724/153. Mosca, 3 aprile 1947 (per. il 12).

La Conferenza di Mosca si sta avviando in questi giorni al suo punto di massima tensione, a quel limite in cui talune delegazioni lasciano cautamente intendere che vi potrebbe essere rottura: gli americani, per esempio, fanno dire ai loro giornalisti che fra pochi giorni, se non si sarà concluso, il generale Marshall se ne tornerà a casa. E del resto lo stesso Marshall lo ha dichiarato ufficialmente, quando ha chiuso il suo discorso di lunedì osservando che gli Stati Uniti preferivano la mancanza di accordo a un accordo puramente apparente.

Probabilmente la Conferenza non si arresterà: essa ha una sua forza viva, e bene o male giungerà, salvo imprevisti eccezionali, ad una qualsiasi conclusione: ma sembra più che mai certo che sarà seguita da altre conferenze, prima che si giunga al trattato di pace con la Germania.

Fra le altre, secondo ogni probabilità rimarrà insoluta, in tutto o in parte, la questione della procedura, e probabilmente anche quella sul modo col quale l'Italia potrà farsi sentire: cosicché in ogni caso non mi sembra inutile riassumere lo stato di questa limitata questione, sia per spiegare quello che è avvenuto, sia per facilitare l'eventuale azione futura.

È indubbio, che il tentativo di far ammettere l'Italia a Mosca in condizioni di parità con tutte le altre Potenze, comprese quelle alleate, era ostacolato dalla situazione già maturata, fondata a sua volta su ragioni evidenti, anche se a noi possono sembrare ingiuste, o sorpassate.

A N uova Y ork era stato deciso che diciotto Stati, gli Stati alleati, potessero presentare le loro proposte per il trattato con la Germania: questi erano: Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canadà, Cecoslovacchia, Cina, Danimarca, Grecia, India, Jugoslavia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Norvegia, Olanda, Polonia, Sud Africa, Ucraina.

Quasi tutti si valsero della loro facoltà, e a Londra i sostituti dei ministri degli affari esteri poterono realizzare il loro disaccordo valendosi non soltanto delle proposte dei Quattro Grandi, ma anche tenendo conto dei desiderata degli altri quattordici.

L'intensa ed intelligente attività diplomatica svolta a Londra riuscì a conseguire un successo, facendo sì che la nostra partecipazione non fosse senz'altro esclusa in quella sede, ma rimanesse in forse a Mosca; era quanto si poteva ottenere in quel momento, ma ciò non impedì che la Conferenza di Mosca si aprisse quando la differenza fra gli Alleati e gli altri Stati era ormai segnata in modo netto: gli uni erano già ammessi e avevano parlato, gli altri facevano anticamera.

A Mosca i punti di discussione si individuarono tosto in due: si disputò sul numero dei partecipanti, si disputò sul modo della partecipazione.

Su entrambi i punti i russi furono per una tesi restrittiva, gli americani -appoggiati dagli inglesi -per una tesi estensiva.

Quanto al numero, furono i russi a proporre l'ammissione dell'Albania; e forse questo spiraglio aperto non fu una buona mossa tattica, perché diede modo agli americani di farvi passare più agevolmente la proposta a favore di tutte le nazioni che dichiararono guerra alla Germania, abbiano o no effettivamente combattuto.

Quanto al modo, si è rimasti d'accordo che la semplice audizione delle Potenze direttamente interessate (secondo l'accordo di Potsdam) limitata ai punti di loro diretto interesse, non bastava. Gli Stati Uniti cercarono in un primo tempo di far leva su questa clausola di Potsdam per sostenere che alla audizione di una singola Potenza dovessero assistere le altre come osservatori, ma con facoltà di proporre a loro volta le loro osservazioni: cosicché ciascuna di queste audizioni si sarebbe in tal modo trasformata in una piccola conferenza. Questa proposta è stata ora messa in sordina e forse verrà abbandonata.

Si fu d'accordo invece di creare un organo permanente di collaborazione per le potenze minori: e si decise così di creare la Commissione consultiva e informativa, che si può considerare ormai stabilita. Gli Stati Uniti, tuttavia, non si contentarono di questa partecipazione assai platonica, in cui le minori Potenze sarebbero assai più spettatrici che collaboratrici, e richiesero la loro inclusione nei quattro Comitati permanenti di redazione del trattato (politico, territoriale, militare, economico).

Chi poi potesse partecipare alla Commissione, o ai Comitati, o soltanto essere udito saltuariamente avanti il Consiglio o dai sostituti, o presenziare alla futura e ancor lontana formalità della Conferenza di Pace, questo non è stato ancora deciso, e rientra nella prima questione, sul numero e sulla ripartizione degli Stati ammess1.

Gli interessi politici che spiegano tali proposte sono evidenti.

La partecipazione ai Comitati permanenti, con un vero e proprio lavoro di redazione e non soltanto di consultazione, è richiesta dai Dominions britannici, e sopratutto dal Canada. Essi ne fanno una questione di principio: invocano la misura, indiscutibilmente grande, del loro sacrificio militare ed economico a fianco dei Grandi, e affermano che non intendono assolutamente fare la parte di semplici spettatori, né sottoscrivere un atto alla cui preparazione non hanno sostanzialmente partecipato. La Germania è il cuore dell'Europa, alla sistemazione dell'Europa è interessato il mondo intero, essi aggiungono; noi abbiamo tutto il diritto di condividerne le responsabilità. L'ambasciatore del Canada mi ha detto chiaramente fin dall'inizio, e tale posizione ha assunto ormai pubblicamente, che il Canada rifiuterebbe senz'altro qualsiasi diversa modalità di ammissione: o fare il trattato insieme agli altri, o non firmare. Fino a che punto tale intransigenza sarà mantenuta, e fino a che punto sia condivisa realmente dall'Inghilterra e dall'America, è dubbio: certo queste ultime desiderano dare soddisfazione alle richieste del Canada e degli altri Dominions, ma è probabile che preferirebbero una loro collaborazione un po' meno invadente. Qui essi si rendono difensori più o meno spontanei di un interesse che è loro fino a un certo punto.

Diversa e più diretta è la ragione per la quale gli Stati Uniti vorrebbero adottare la formula più ampia, inclusiva di tutti coloro che dichiararono la guerra.

Essi non si preoccupano tanto di avere dei collaboratori con larghi poteri, quanto di averne molti con moderati poteri: una grande conferenza in cui ci siano quasi tutti, e specialmente gli Stati del centro e del sud America. Qui la Repubblica nordamericana spera di trovare il valido appoggio del numero che già trova nelle assemblee dell'O.N.U., ed i suoi rappresentanti non nascondono che se anche trovano difficoltà a sostenere moralmente la causa di talune piccole repubbliche la cui partecipazione alla lotta è rimasta sulla carta, tuttavia la patrocinano con calore, come avviene quando si patrocina la causa ch'è pure propria. Si rimane un po' interdetti quando si sente Marshall vantare il contributo del Messico, che non ha dato soldati ma avrebbe voluto darli: è la carta migliore ch'egli ha su questo punto, e che l'aiuta ad accompagnare le altre peggiori.

Le ragioni che guidano la Russia sono anche più trasparenti: essa si rifiuta di trasformare, come va ripetendo, i comitati di redazione in clubs di discussione, perché non vuoi pregiudicare il principio pur esso essenziale della preminenza dei Quattro, riconosciuto dall'O.N.U. non meno che da Potsdam; perciò ha cura non soltanto di evitare l'allargamento dei comitati, ma anche di precisare che la stessa Commissione consultiva e informativa dovrà essere un organo del tutto distinto dal Consiglio dei ministri, al quale dovrà essere riservata la vera e propria redazione del trattato. Così pure essa non ammette che la semplice dichiarazione di guerra sia titolo sufficiente, non certo soltanto per far dispetto alla Turchia, ma per evitare di essere sommersa dalla maggioranza delle Repubbliche americane.

Da ciò trae conferma la previsione già accennata all'inizio nei riguardi del problema generale della procedura, e si può ricavare qualche indicazione circa le possibilità di una più effettiva ammissione dell'Italia.

Indubbiamente, il problema di procedura è grave, perché tocca problemi di fondo connessi non soltanto alla Conferenza di Mosca, ma ai principi stessi della organizzazione internazionale: come sfondo alla posizione procedurale attuale della Russia sta il diritto di veto, da essa esercitato ancora recentemente per la disputa fra Albania ed Inghilterra sulle mine del Canale di Corfù. Regolare la procedura senza avere messo quantomeno le basi essenziali di un accordo sulla sostanza può implicare per essa, più ancora che per gli altri grandi, un rischio inaccettabile. La più logica previsione è quindi quella che anche questo tema di discussione troverà difficilmente qui una soluzione definitiva; naturalmente può accadere l'imprevisto, ma questa è la supposizione più normale.

Quanto alla posizione dell'Italia, è chiaro che essa preoccupa le grandi Potenze fino a un certo punto. In sostanza, quelle che avevano dato affidamenti ritengono di avervi tenuto fede con quella ammissione in linea di principio, che si può considerare ormai acquisita, ma non sappiamo se sboccherà in una annessione ai comitati o alla commissione, oppure in una semplice audizione avanti i Quattro,

o meno ancora, in una presenza del tutto formale alla grande cerimonia finale.

Le maggiori e logiche richieste dell'Italia sono qui accolte con assai minore interesse e con qualche fastidio: in primo luogo perché, malgrado tutto, la qualità di ex nemico non è ancora dimenticata e gli Alleati minori recalcitrano ad accompagnarsi con noi su un piede di assoluta parità; in secondo luogo, perché nessuno sa veramente se alla Conferenza potrà contare sul nostro appoggio; in terzo luogo perché coloro che più spererebbero, a torto o a ragione, di averci favorevoli (gli angloamericani) considerano che la nostra posizione è stata dai russi appaiata a quella della Romania e della Bulgaria, due sicuri satelliti dell'U.R.S.S.

Il punto che qui si è indubbiamente guadagnato nel corso della conferenza è costituito dallo scioglimento delle riserve dell'U.R.S.S. per quel che riguarda l'ammissione nostra in linea di principio: il fatto che la Russia, nel considerarci insieme alla Romania e alla Bulgaria, abbia voluto distinguere nettamente la nostra situazione da quella dell'Ungheria e della Finlandia, Paesi ad essa assai più vicini, ha costituito una indubbia, benché prudente, manifestazione di serenità nei nostri riguardi.

Oltre a questo però, quella ammissione piena e uguale che noi riteniamo di dover avere, dipenderà ancora una volta da un contrasto di interessi a noi estraneo. Si tratta di vedere se le Potenze troveranno un terreno di compromesso, sul quale possa poggiare la nostra inclusione.

Si potrebbe pensare in questo ordine di idee del tutto ipoteticamente ad una soluzione, media sia quanto al modo sia quanto al numero dei partecipanti: ossia, una ammissione di un gruppo limitato di Potenze minori nei comitati, con un regolamento dei comitati stessi che non pregiudicasse le tesi essenziali della Russia. In questo caso, la parziale estensione del numero dei partecipanti potrebbe essere per la Russia una contropartita: ad esempio se gli Stati ammessi fossero ventiquattro anziché diciotto, aggiungendovi Italia, Romania, Bulgaria, Iran, Messico, Albania, la Russia potrebbe indubbiamente trovarvi un vantaggio positivo, oltre a quello negativo di tener lontana la massa delle altre Potenze minori.

Ci si è domandato se non mirasse a questo una dichiarazione fatta da Bidault, e rilevata dalla S.V. con telegramma 4967/c.l, nella quale si propone la divisione degli Stati in due gruppi: di coloro che hanno combattuto, e di coloro che hanno dichiarato soltanto la guerra.

In realtà, quella dichiarazione, come mi è stato chiarito da Couve de Murville 2 in seguito, non aveva la portata che appariva dalle comunicazioni della stampa: era semplicemente un richiamo a quel criterio di distinzione che già era prevalso a Londra, e che separava gli alleati combattenti dagli alleati non combattenti: i diciotto dagli altri. Non vi è in Bidault, almeno finora, l'intenzione di abbandonare ogni distinzione fra alleati ed ex nemici, e di contrapporre più semplicemente quelli che hanno combattuto, prima o poi, ex nemici o no, a coloro che si sono limitati a manifestazioni sulla carta. Un tale atteggiamento permanentemente restrittivo è comprensibile anche perché la Francia vuole soprattutto appoggiare le aspirazioni del Belgio, il quale mira anch'esso ad una attiva partecipazione alle trattative, ma possibilmente in limitata compagnia. Gli americani dal canto loro, come ho già ripetutamente riferito, tenderebbero a dare alla espressione alleati un significato

299 1 Vedi D. 270. 2 Vedi D. 298.

ampio, ma poiché non distinguono fra combattenti e non combattenti, la loro proposta pecca per eccesso, anziché per difetto.

Infine non è mancato da parte di Vyshinsky, in una delle prime riunioni dei sostituti, un accenno ad ammettere nella commissione consultiva e informativa diciotto o ventiquattro Stati: è un accenno che non ha avuto seguito finora, ma potrebbe significare che, di fronte a una proposta transattiva di questo genere, non troppo estesa e non troppo ristretta, essi non avrebbero alcun interesse ad opporsi.

È su questa linea, mi sembra, che occorre cercare il punto di coincidenza fra le nostre aspirazioni e gli altrui interessi: poggiare sulla palese equità della distinzione fra combattenti e non combattenti, respingere ogni ulteriore gerarchia fra alleati ed ex nemici cobelligeranti, e trame le logiche conseguenze.

Una tale tesi, sostenuta con cautela, badando a non prendere di petto la più estensiva tesi americana, ci darebbe una posizione adeguata alla lotta combattuta ed alla entità dei nostri interessi in Germania, senza confonderci con una massa di piccoli Stati che furono lontani dalla guerra così come ora sono lontani dai fondamentali problemi della pace europea.

300

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4621/338. Londra, 4 aprile 1947, ore 15,15 (per. ore 10,30 del 5).

Telegramma circolare 4967 1• Millar mi ha detto che V.E. è stata informata da sir Noel Charles che intera questione viene trattata a Mosca.

Dalla conversazione avuta con lui ho tratto impressione che qui ci si rende perfettamente conto che non si può seriamente pensare alla reinserzione Germania in un sistema europeo senza la collaborazione italiana e si riconosce interesse italiano ristabilire dei rapporti economici essenziali alla nostra ricostruzione.

Difficoltà che si intravedono alla messa in pratica di questo principio provengono in primo luogo, secondo gli apprezzamenti britannici, dalla necessità di preliminarmente intendersi fra i Quattro e in secondo luogo da quella di evitare che nostra immediata partecipazione alla elaborazione futuro assetto Germania abbia a dare impressione ai Dominions che si fanno discriminazioni a loro danno persino nei confronti di un Paese ex nemico.

Da alcune considerazioni fatte a titolo puramente personale mi è parso che Millar volesse con l'occasione suggerirei di non premere oltre misura sulla delegazione britannica a Mosca, data atmosfera di preoccupazione che agisce anche su Bevin il quale, nei nostri confronti, mostra soprattutto attendere che ratifichiamo trattato.

300 1 Vedi D. 270.

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 5447/64. Roma, 4 aprile 1947, ore 17.

Circa relazione Commissione Trieste ella potrà consegnare Consiglio ministri esteri nota seguente tenore:

«Governo italiano ha esaminato con dovuta attenzione relazione Commissione inchiesta Trieste e ritiene necessario far conoscere Consiglio ministri esteri sue osservazioni su principali problemi relativi assetto economico Territorio Libero:

l) Governo italiano rendesi perfettamente conto difficoltà raggiungimento pareggio bilancio pubblico e comprende ragioni che consigliano sostanziale riduzione spese. Deve tuttavia avanzare riserve circa opportunità includere nel programma riduzione licenziamento circa 40'Y<) impiegati pubblici. Tale misura infatti avrebbe gravi ripercussioni su situazione economica, occupazione e reddito nazionale, e per conseguenza provocherebbe altresì riduzione cespiti entrata. È del resto noto che situazione economica Trieste già difficilissima attualmente diverrà addirittura insostenibile quando popolazione civile non potesse più contare su rifornimenti alimentari alleati. Sembra pertanto che considerazione imprescindibile per evitare completo collasso economico e finanziario in attesa di diretti accordi itala-jugoslavi del futuro Stato Libero sia un sostanziale aiuto finanziario e valutario da parte Nazioni Unite in una misura globale non inferiore a cento milioni di dollari.

2) Circa mantenimento circolazione in Trieste della moneta italiana per un periodo provvisorio, durante il quale Italia dovrà fornire necessari mezzi valutari e monetari, Governo italiano desidera sottolineare che tale soluzione è possibile solo a condizione che venga mantenuto sistema di controllo doganale e bancario attualmente in vigore, e cioè un sistema identico a quello vigente in Italia. Tale necessità è stata chiaramente indicata nel memorandum n. 5 presentato da nostra delegazione alla Commissione inchiesta nonché nella risposta n. l data da Governo italiano alla stessa Commissione il 16 febbraio u.s. in Roma. Qualunque soluzione che non tenesse conto di questa esigenza imprescindibile renderebbe impossibile funzionamento sistema con gravi inconvenienti valutari per ambedue economie italiana e triestina.

3) Circa adozione in regime definitivo di una moneta autonoma, Governo italiano prende atto che Commissione inchiesta ha suggerito moneta appoggiata ad

una riserva in oro e valuta con parità in grammi oro. Esso deve constatare che Commissione non ha tenuto conto insistenti richieste ambienti economici triestini, appoggiate anche da delegazione italiana, circa necessità che la moneta autonoma fosse particolarmente vincolata alla lira o garantita ad una riserva in lire, riserva che Trieste potrebbe facilmente costituirsi mediante le lire italiane che verranno ritirate dalla circolazione al momento del cambio della moneta locale. Tale tesi triestina ha per fondamento la considerazione che le esportazioni industriali di Trieste sono dirette per 1'80'/"o verso il mercato italiano. Da ciò deriva l'interesse assoluto dei produttori triestini di avere non una moneta forte, ma una moneta equivalente a quella italiana, onde non trovarsi in posizione di svantaggio sul mercato italiano. Dato assoluto fondamento economico tale richiesta Governo italiano insiste perché proposta Commissione venga riesaminata sulla base esposizione contenuta memorandum n. 2 presentato a Trieste da nostra delegazione.

4) Circa istituzione Banca centrale alcune delegazioni Commissione hanno proposte istituzione di una Banca centrale di intera proprietà dello Stato e controllata da questo. Nessun conto è stato tenuto dalle proposte avanzate dalla Camera di commercio di Trieste per l'istituzione di una Banca centrale formata esclusivamente dalla partecipazione delle banche commerciali operanti sulla piazza di Trieste. In un particolareggiato rapporto della predetta Camera di commercio sono state esposte le ragioni per le quali si teme che una Banca centrale controllata dallo Stato possa venire utilizzata dal Governo del Territorio Libero solamente per le necessità della Tesoreria e con evidente danno alla stabilità dell'economia e della moneta locale. Anche su tale punto, dato assoluto fondamento economico tesi triestina, Governo italiano deve insistere perché soluzione sia riesaminata tenendo conto sia della richiesta triestina, sia delle proposte concretate dal Governo italiano nel memorandum n. 2 conseganto alla Commissione in Trieste.

5) Governo italiano crede necessario insistere anche su punto di vista da esso sostenuto nel memorandum n. 8 circa le non applicabilità delle disposizioni del paragrafo l annesso l O alle partecipazioni industriali possedute nel Territorio Libero dall'I.R.I., il quale da nessun punto di vista può essere considerato ente parastatale.

Nell'attirare la particolare attenzione del Consiglio dei ministri sulle questioni sopra specificate il Governo italiano deve sottolineare che in generale soluzione suggerita nel rapporto Commissione inchiesta costituisce soltanto in apparenza una soluzione di equidistanza fra i Paesi confinanti, ma in realtà essa è tale da creare una situazione economica del tutto sfavorevole ai rapporti commerciali e industriali italo-triestini, consolidati da lunga tradizione che ha permesso favorevole sviluppo attività produttivo triestine e incrementato benessere popolazione.

Pertanto Governo italiano spera fermamente che Consiglio ministri voglia riesaminare complesso soluzioni proposte tenendo maggiore conto delle fondate argomentazioni presentate sia da nostra delegazione sia da ambienti responsabili economia triestina».

· V.S. vorrà nel presentare predetto documento maggiormente illustrare e ampliare i nostri punti di vista sulla scorta delle istruzioni contenute telegramma e documenti precedentemente inviati, riferendo al più presto circa esito passi svolti.

302

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4630/159. Mosca, 4 aprile l 947, ore 23,15 (per. ore 10,30 del 5).

Telegramma di V.E. 63 1•

Questo ministro Austria mi ha detto che questione beni tedeschi è lungi essere risolta. Tutti sono ormai d'accordo che ai russi, in base decisioni Potsdam, devono essere attribuiti beni tedeschi zona orientale austriaca ma dissenso sorge per i beni diventati tedeschi dopo Anschluss. Mentre tutti sono anche d'accordo escludere da consegna beni austriaci diventati tedeschi in seguito forcible action sovietici ritengono che spetti agli austriaci provare caso per caso che vi sia stata forcible action. Invece austriaci e anglo-americani sostengono che tutti i beni diventati tedeschi dopo Anschluss devono supporsi essere stati trasferiti in seguito ad azione illegale e quindi onere provare caso per caso che non vi sia stato forcible action spetterebbe ai sovietici.

Bischoff ha poi aggiunto che Gruber sarebbe propenso risolvere questioni transattivamente, rinunziare discussione sull'onere della prova della forcible action e trovare base di accordo pratico con i Soviet sul quantitativo di beni diventati tedeschi dopo Anschluss da cedere ai russi.

303

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4633/163. Mosca, 4 aprile 1947, ore 24 (per. ore 10,30 del 5 ).

Bevin mi aveva fissato un appuntamento per domattina e oggi lo ha rinviato a martedì. Stasera mi ha fatto pervenire lettera a firma Sir William Strang 1 , di cui invio testo per corriere, la quale risponde al messaggio della S.V. ai quattro ministri ed alla mia nota successiva ai sostituti 2 . Strang, scrivendo espressamente a nome di Bevin, ricorda anzitutto le discussioni avanti i ministri ed i sostituti circa il raggruppamento dei vari Stati ammessi alla Conferenza della pace, e precisa che tale discussione è ancora in corso. Aggiunge che l'Inghilterra ha proposto e gli altri Stati hanno accettato l'ammissione degli ex-nemici in un ulteriore stadio da determinare ad esprimere il proprio punto di vista su trattato.

Bidault relativa ai beni tedeschi in Austria. 303 1 Non rinvenuta.

Vedi DD. 198 e 208.

Successivamente prosegue testualmente così: «Nello stesso tempo debbo chiarire che la delegazione inglese non potrà appoggiare alcuna proposta avente l'effetto di mettere gli Stati ex-nemici, qualunque sia stata la loro successiva contribuzione a causa alleata, su un piede parità per preparazione trattato pace germanico con Stati alleati che sono confinanti Germania o che hanno preso parte con loro forze armate a guerra contro Germania».

Lettera conchiude che tutta questione è sotto esame e che nella discussione la richiesta Italia sarà pienamente presente a delegazione inglese. È chiaro tuttavia che la chiusa ha valore prevalentemente formale mentre sostanza lettera sta nel brano precedente.

Trovano quindi conferma dubbi da me ripetutamente espressi circa riluttanza Quattro Grandi parificare ex-nemici ad Alleati nonostante i riconosciuti nostri titoli cobelligeranza; ciò malgrado, martedì prossimo non mancherò, vedendo Bevin, tornare opportunamente su argomento 3 .

302 1 Del 3 aprile, con il quale Grazzi aveva chiesto informazioni su di una presunta proposta di

304

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4669/86. Atene, 5 aprile 1947, ore 8,30 (per. ore 7,30 del 6).

Mio telegramma stampa 83 1 .

È confermato che ambasciatore sovietico rientrerà a Mosca «nei prossimi giorni». Come è noto richiamo è stato presentato da una parte stampa mondiale come prima reazione ufficiale sovietica a messaggio Truman. Al riguardo è da osservare:

l) Annuncio partenza coincide con chiusura lavori commissione O.N.U. Si ricorderà (mio rapporto 61 del l o febbraio) 2 che Rodionov era ritornato ad Atene assieme a delegazione sovietica da Berlino. Parte della stampa ateniense nota peraltro coincidenza richiamo questo ambasciatore con contemporanea partenza per conferire di tutti i rappresentanti sovietici nei Balcani.

2) Dal lato formale improvvisa morte re Giorgio avrebbe posto ambasciatore che, come è noto, non aveva lettere credenziali per defunto sovrano, nella necessità presentare le nuove al successore contemporaneamente agli altri rappresentanti stranieri (mio rapporto 174/83 dell'8 febbraio) 2 .

3) Pur non escludendosi naturalmente che intervento americano in Grecia abbia influito sulla decisione, richiamo in questo momento riporta posizione sovietica sostanzialmente negli stessi termini verificatisi all'indomani referendum l o di settembre e conferma non (dico non) riconoscimento sovietico regime monarchico in Grecia.

304 1 Del 3 aprile, non pubblicato.

2 Non pubblicato.

303 3 Vedi D. 317.

305

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, REALE, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. S.N.D. 5522/66. Roma, 5 aprile 1947, ore 14.

Preso atto sue informazioni secondo cui questione restituzione beni italiani in Austria è ancora impregiudicata 1•

Da parte italiana si è favorevoli accettare offerte Gruber evitando di insistere per inclusione apposita clausola in trattato pace qualora Gn.Ìber accetti scambiare immediatamente note con V.E. attraverso le quali ci si impegni reciprocamente restituzione beni sottratti dai tedeschi ed esistenti in Austria e in Italia abilitando rispettive missioni svolgere opera ricupero nei due Paesi 2 .

306

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 5 aprile 1947.

Affinché il viaggio di S.E. il ministro a Londra non abbia a risolversi in una semplice visita di cortesia con reciproco scambio di dichiarazioni di «good will» che indubbiamente lascerebbero disillusa l'opinione pubblica italiana, converrebbe esaminare con l'ambasciatore conte Carandini la possibilità di presentire il Governo britannico sulle sue reali intenzioni circa il suo desiderio di un effettivo riavvicinamento italo-britannico e sulle possibilità di sostanziarlo da una parte e dall'altra con qualche concreto apporto, tale da creare veramente solide basi e fiduciose premesse per una costruttiva cooperazione fra i due paesi in Europa e nel Mediterraneo.

L'opinione pubblica italiana, che all'indomani della «liberazione» aveva riposto nelle possibilità di tale cooperazione le sue migliori speranze, di fronte al progressivo irrigidirsi dell'attitudine ufficiale britannica nei confronti dell'Italia-che sembrava quasi fatta apposta per convalidare a posteriori taluni di quelli che erano stati i più abusati temi della propaganda fascista -è venuta perdendo fiducia nella Gran Bretagna e si è fatta scettica sulla possibilità di un effettivo ripristino degli antichi vincoli di amicizia fra i due Paesi: da qui certe manifestazioni che, se viste da Londra parvero una rinascita di motivi anti-britannici, non furono e non sono in realtà se non l'espressione di sentimenti e aspirazioni deluse che sta solo alla politica britannica di superare.

305 1 Risponde al D. 296. 2 Per la risposta vedi D. 313.

La frattura che si è verificata nei rapporti italo-inglesi e che l'irrigidimento del Governo di Londra tende a prolungare, non è la causa ultima, né una delle minori, del presente disorientamento dell'opinione pubblica italiana che, sia in politica interna che estera, tende a dividersi e a riporre le proprie speranze, a seconda dei casi, a Mosca o a Washington: e ciò appunto in difetto di quell'elemento di equilibrio che solo può essere costituito da una collaborazione con la Gran Bretagna, i cui interessi sono per tanti aspetti simili ai nostri quando anche non si identifichino coi nostri. Occorre dunque per il bene reciproco superare questo punto morto dei rapporti italo-britannici, scongelarli e cercare di riportarli su quello stesso piano e in quello stesso clima in cui essi poterono mantenersi e svilupparsi dal Risorgimento alla fine della prima guerra mondiale, anche nei più difficili periodi della Triplice, e sinanco nel primo periodo del fascismo. Dipende essenzialmente dalla politica britannica il volere, se effettivamente lo vuole, ripristinare questo clima di fiducia e questa collaborazione fra i due Paesi, e il crearne le premesse: possibilità e occasioni non mancano e le buone carte sono per la massima parte in mani inglesi. Da parte del Governo italiano sono state date ripetute prove della migliore buona volontà a tale riguardo: da ultimo con la missione Menichella e con la comprensione che abbiamo dimostrato in questa circostanza per le necessità britanniche. Anche da parte inglese si è in questo negoziato venuti incontro alle mostre aspettative, ma un accordo di regolamento di debiti e crediti, per quanto importante, utile e vantaggioso ad una parte o ad entrambe, non ha, per il suo stesso carattere più rivolto al passato che al futuro, se non un valore politico indiretto, in quanto cioè può aprire la via a nuove e più feconde intese. Le dichiarazioni fatte in questa occasione da Mc Neillasciano adito a favorevoli aspettative: tentiamo quindi di svilupparle.

Da parte italiana converrebbe chiarire al Governo britannico le nostre intenzioni nei riguardi della Jugoslavia e dissipare ogni diffidenza che potesse insorgere a Londra su tale questione. La distensione dei rapporti italo-jugoslavi, lo stabilimento per quanto possibile di amichevoli rapporti politici e di intensi rapporti economici fra l'Italia e il suo vicino orientale, sono per noi esigenze essenziali. È nostra convinzione che esse non siano per nulla in contraddizione con una politica di intesa italo-britannica, mentre anzi valgono a rafforzare quelle condizioni indispensabili al mantenimento della pace in Europa che costituiscono un desiderio e una necessità anche per l'Inghilterra. Analogamente ---ma sempre nello stesso spirito e con gli stessi scopi -faremo il possibile per stabilire e mantenere amichevoli rapporti con l'U.R.S.S. e coi Paesi balcanici.

Tenderemo pure a intensificare le nostre tradizionali relazioni economiche e politiche coi Paesi del Levante: anche questa è una necessità vitale per un Paese mediterraneo come il nostro, ma sarebbe errato vedervi alcunché che miri a contrastare gli interessi britannici in quel settore, interessi che pienamente riconosciamo.

E del resto, nel quadro di una sincera collaborazione anglo-italiana, i due Paesi non potranno che trarre reciproco giovamento dai buoni rapporti che l'uno e l'altro di essi mantengono coi terzi. In tale ordine di idee noi potremmo anche spingerei sino a considerare con simpatia il riaffermare, anche in un patto scritto, quei principi sui quali i rapporti fra Roma e Londra saldamente si mantennero -come dianzi ricordato -nel lungo periodo della Triplice. Nell'attuale sistema di alleanza in Europa e tenuto conto delle trattative in corso fra Londra e Mosca per il prolungamento da venti a cinquanta anni dell'attuale alleanza anglo-sovietica, un patto del genere non dovrebbe dare ombra ad alcuno.

Ciò dovrebbe naturalmente implicare, da parte britannica, l'abbandono di ogni diffidenza nei nostri riguardi e il riconoscimento di talune nostre esigenze il cui mancato soddisfacimento impedirebbe a qualsiasi Governo italiano di fondare su una profonda e duratura adesione del Paese una politica di collaborazione costruttiva con la Gran Bretagna.

Queste esigenze sono rappresentate da una politica di revisione di talune clausole del trattato, almeno di quelle nei confronti delle quali il Governo di Londra può avere libertà di iniziativa (esempio Marina), da un atteggiamento britannico più comprensivo dei nostri interessi nella questione coloniale di quanto non lo sia stato sinora, nell'appoggio inglese perché all'Italia siano ridati nel consorzio internazionale il posto e la considerazione che derivano dalla effettiva funzione che essa può svolgervi (esempio appoggio per la nostra partecipazione alla pace con la Germania) mettendola in grado di collaborare completamente alla edificazione di un mondo migliore. Concetti che potrebbero essere più dettagliatamente esposti in separati appunti 1•

307

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 5087/010. Mosca, 6 aprile 1947 (per. il 15).

L'ultimo numero della Novoe Vremia in un articolo intitolato «Campagna della reazione italiana contro il trattato di pace» attacca fortemente la polemica di talune correnti politiche italiane contro il trattato di pace.

Esso individua nei liberali, nei socialisti di Saragat, nei monarchici e qualunquisti i principali promotori di tale campagna; aggiunge che anche i repubblicani e gli azionisti hanno una posizione incerta temendo di apparire antipatriottici; rileva che i democristiani, pur non potendo sconfessare la politica di De Gasperi, tengono un contegno equivoco.

L'articolo precisa che tale campagna mira ad evitare la ratifica puntando anzitutto sugli Stati Uniti e sperando che il Senato americano rifiuti la ratifica medesima.

Indagando poi le cause di tali atteggiamenti, le ritrova: anzitutto in ragioni di sfruttamento elettorale dei sentimenti patriottici; in secondo luogo nell'interesse dei magnati del capitalismo italiano a prolungare il più possibile la protezione dell'occupazione anglo-americana ed a legare sempre più l'economia italiana al capitale statunitense; infine nella persistenza e nell'attività dei circoli nazionalisti fascisti

e militaristi italiani. Fa al riguardo notare che l'occupazione costa all'Italia sei miliardi mensili ossia in pochi mesi più delle stesse riparazioni e che le spese militari ammontano al 25 per cento dell'uscita di bilancio.

L'articolo allarga poi l'esame all'orientamento generale di larghe correnti italiane tendenti ad asservire l'Italia alla politica americana facendone base strategica aeronavale degli Stati Uniti; cita il Corriere della Nazione e la sua approvazione alle violenze contro la missione jugoslava il IO febbraio; connette tale attitudine agli articoli dei giornalisti americani Pearson, Baldwin, Lippman orientati a includere l'Italia nel blocco occidentale e ai progetti italiani di un blocco mediterraneo turco-greco-italiano; conclude infine ricordando l'atteggiamento contrario dei comunisti, dei socialisti e del giornale Il momento e proclamando l'interesse dei lavoratori italiani alla ratifica ed esecuzione del trattato quale garanzia per una politica italiana veramente democratica e per la indipendenza italiana da occupazioni e influenze straniere.

Accanto a tale articolo è da segnalare una notizia Isvestia che oggi riferisce e commenta criticamente dichiarazioni dell'ambasciatore Dunn a Milano mettendolo in luce quale un esponente della invadenza capitalistica americana in Italia.

Con tali manifestazioni i Soviet riaffermano la loro decisa ostilità ad ogni politica contraria alla ratifica o anche soltanto favorevole alla revisione del trattato considerandole entrambe come nazionalistiche e insieme come dirette ad asservirci a Potenze occidentali: due valutazioni logicamente non coerenti ma assai significative circa la diffidenza tuttora qui persistente verso il nostro orientamento.

306 1 Vedi DD. 417 e 418.

308

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTISSIMO 4726-4703/260-261. Washington, 7 aprile 1947, ore 10,26 (per. ore 16,30 dell'8).

Suo n. 208 1 e mio telespresso n. 794 del 29 marzo scorso 2•

Come già riferito per corriere, in seguito anche insistenti consigli americani, avevo inviato lo aprile lettera a presidente Fondo e Banca Internazionale per

V.E. nominativi governatore e vice governatore da lei già richiesti; frattanto voglia V.E. intervenire riunione e possibilmente appoggiare desiderio australiano rinviare elezione alcune settimane tenendo presente averci Governo britannico promesso in contraccambio appoggio australiano a suo tempo a nomina direttore italiano a Banca, contro appoggio italiano a nomina direttore australiano al Fondo».

2 Non pubblicato.

sollecitare decisione Board of directors circa elezione nuovi direttori. Decisione potrebbe essere presa in riunione Board of directors già domani mattina.

Stamane venuto a trovarmi questo rappresentante australiano per rivolgermi proposta analoga a quella di cui suo telegramma. Gli risposi che avrei subito riferito a V.E. e nello stesso tempo gli suggerii che anche Australia compisse un gesto amichevole verso l'Italia accelerando ripresa relazioni. Successivamente è venuto da me consigliere finanziario britannico con intenti identici preannunziandomi istruzioni da Roma di compiere passo analogo presso Dipartimento di Stato per rinvio elezioni. Gli diedi uguale risposta non essendomi ancora pervenuto il suo telegramma.

Attualmente situazione è la seguente:

l) Riunioni Board direttori per decidere circa procedura elezioni, (cui prima di quest'ultime non abbiamo veste partecipare), hanno dato luogo in giorni scorsi a dibattutissime discussioni fra inglesi ed americani. Inglesi tendono adozione procedura che rinvii elezioni a dopo ammissione Australia non ancora avvenuta, e ciò per aumentare peso gruppo inglese nel Fondo mediante elezione a direttore di un australiano che verrebbe a rappresentare oltre 6 mila voti. Americani invece vogliono limitare elezioni tredicesimo direttore a solo quattro Stati ultimamente ammessi (che raggiungono prescritti 4 mila voti) e favorire elezione direttore esecutivo italiano anche per Fondo oltre che per Banca. È da rilevare che in tale caso sarebbe esclusa per Australia ogni possibilità giuridica presentare candidatura in tale gruppo di cui non fa parte. Americani dichiarano però esser disposti proporre che in seguito prevista prossima ammissione Australia e Nuova Zelanda e altri Paesi si costituisca nuovo gruppo 4 mila voti con possibilità Australia due suoi quattordicesimi direttori.

2) Determinazione americana, che è tutt'oggi fermissima, è dovuta interesse questo Governo evitare aumento influenza inglese nel Fondo. Ciò stante qualora chiedessimo domani mattina 8 aprile rinvio elezione, prima inizio ore 10 Washington seduta che può essere decisiva, oltre perdere possibilità ottenere eventuali elezioni nostri direttori esecutivi in ambedue Istituti, rischieremmo seriamente inimicarci americani che hanno peso preponderante in Fondo e Banca.

3) Ove in riunione domani americani facessero prevalere loro punto di vista (di cui più sopra numero l) magari con compromesso appoggiare nuova elezione quattordicesimi direttori esecutivi da parte nuovo gruppo Stati da ammettersi comprendente Australia, potremmo forse giustificarci con inglesi e australiani, adducendo sia particolare ristrettezza tempo sia promettendo loro nostro appoggio per la creazione dell'indicato nuovo gruppo e a favore candidatura australiana. D'altra parte governatori non intervengono in riunione di domani che riguardando semplicemente questione procedurale è tenuta esclusivamente da direttori esecutivi; pertanto non ho alcun modo di parteciparvi. Potrei soltanto informare Istituti che rinunziamo elezioni sollecite, o rivolgermi in tal senso a Dipartimento di Stato, ciò che avrebbe ovvia sfavorevole ripercussione presso americani.

4) Se poi riunione di domani non portasse ad alcuna decisione o vemsse rinviata all'ultimo momento (mi risulta che inglesi svolgono intensissima attività preannunziando nostra richiesta rinvio elezioni), avremmo maggior tempo per decidere linea di condotta preferibile.

Qualora peraltro V.E. ritenga che, tutto considerato, sia opportuno accedere senz'altro desiderio inglese, pregherei darmene immediata conferma telefonica possibilmente entro ore tre pomeridiane di Roma affinché io possa agire opportunamente prima della riunione'.

308 1 T. 5582/200 (Londra) 208 (Washington) del 7 aprile con il quale Fransoni trasmetteva a Washington, e per conoscenza a Londra, le seguenti istruzioni: «Ambasciatore inglese nome suo Governo ha chiesto oggi che Governo italiano appoggi domanda di rinvio ad elezione tredicesimo direttore Fondo e Banca internazionali su richiesta analoga Governo australiano. Governo italiano riservasi comunicare

309

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4699/38. Ankara, 7 aprile 1947, ore 20,40 (per. ore 8,30 del/'8).

Mi riferisco al telegramma di V.E. 40 1•

Impegno turco diventa operante dopo firma accordo. È naturale per conseguenza ambasciata di Turchia a Washington non ne fosse ancora informata. Lo sarà tempestivamente.

Nostra delegazione commerciale ed io con essa ritenevamo sino ad ora si trattasse nomina di un solo direttore.

Nonostante trattative per accordi siano già concluse praticamente, sono intervenuto subito presso Ministero degli affari esteri per spiegare che trattasi di due direttori e non di uno e che ci attendiamo appoggio turco per ambedue. Segretario generale mi assicura non ritenere possa esservi difficoltà da parte del suo Governo per ambedue nomine ed è anzi certo che il voto turco sarà esteso secondo il nostro desiderio.

Ministro Cortese concreterà impegno con delegazione commerciale turca.

Non ho creduto opportuno toccare adesso questione supplenti che, posta innanzi tardivamente, potrebbe oggi compromettere nomina due [direttori], che mi pare l'essenziale.

308 " Fransoni rispose (T. s.n.d. personale 5690/213 del 9 aprile) che, in considerazione della delicatezza della questione. si era preferito comunicare all'ambasciata di Gran Bretagna che: «l) V.E. non aveva veste intervenire riunione 8 corrente limitata a direttori esecutivi (il che del resto si era già avanti ieri accennato come probabile ad ambasciata britannica); 2) perciò non ha potuto ufficialmente appoggiare richiesta rinvio; 3) tuttavia ha esperito opportuna azione ''en coulisse"». 309 1 Del 3 aprile, ritrasmetteva il T. 4485/241 del l" aprile con il quale Tarchiani aveva comunicato che l'ambasciata turca a Washington non aveva ancora avuto istruzioni di appoggiare la candidatura di un direttore italiano alla Banca Internazionale, e aveva chiesto di accertare se questo appoggio sarebbe stato incondizionato (per due direttori esecutivi e loro sostituti italiani) o se sarebbe stato chiesto come contropartita l'appoggio italiano ad una eventuale candidatura turca di un direttore o di un sostituto.

310

L'AMBASCIATORE A LIMA, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 5297/029. Lima, 7 aprile 1947 (per. i/19).

Faccio seguito a quanto già riferito per telegrafo 1 .

Segretario generale Ministero affari esteri mi ha assicurato che questione intervento peruviano in nostro favore per revisione trattato impostaci continua ad essere esaminata col desiderio aderire nostra domanda protesta davanti O.N.U. Egli ha aggiunto che sussistono tuttavia preoccupazioni per eventuale azione Governo equatoriano, diretta ottenere revisione trattato con Perù, in base precedente che si verrebbe a stabilire per Italia.

Tali preoccupazioni, secondo il signor Delgado Yrigoyen, appaiono giustificate dal fatto che tuttora stampa equatoriana conduce vivace campagna per ottenere revisione di quel trattato. Egli ha osservato che qualsiasi incidente frontiera tra due Paesi potrebbe essere invocato come prova del fatto che il mantenere in vita quel trattato costituisce pericolo per pace mondiale o per sicurezza internazionale, secondo disposizioni statuto O.N.U.

Persistente tensione tra due Paesi è dimostrata anche da recente protesta equatoriana per pretesa parziale inadempienza trattato pace da parte Perù in rapporto delimitazione confini, presentata a Washington e presso altri Stati garanti trattato.

Ho fatto osservare al signor Delgado Yrigoyen che suo Governo avrebbe comunque una specie di rivalsa verso Cile, col quale pure venne sottoscritto trattato oneroso per il Perù. Egli mi ha risposto che oramai opinione pubblica si è adottata all'idea della definitiva rinunzia a quei territori che si dovettero cedere al Cile, dopo di aver perduto la guerra. Ma suo Governo molto interessato -per ragioni economiche e strategiche -a conservare status quo verso frontiera equatoriana, non desidera affatto sollevare questioni di revisione di trattati, secondo gli impegni assunti solennemente in San Francisco.

Ho messo in rilievo come timori per l'Equatore siano ingiustificati o almeno appaiano esagerati ed ho preso atto delle assicurazioni fornitemi al principio della conversazione circa la buona volontà da parte del Governo peruviano di venire incontro ai nostri desideri. Oltre ad avvalermi dei noti argomenti, ho insistito soprattutto -col dovuto garbo -sull'inammissibilità di un paragone tra la situazione determinata dal trattato con l'Equatore e quella del trattato imposto all'Italia in rapporto pericolo per pace mondiale e sicurezza internazionale, previsto dallo statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

310 1 Vedi D. 295.

311

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

L. 305/3768/1047. Parigi, 7 aprile 1947 1 .

Ti ringrazio per le comunicazioni di cui alla tua lettera n. 31/175/1 del 31 marzo u.s. 2 : fra gli allegati mancavano le copie del telegramma di Tarchiani e del pro-memoria dell'incaricato d'affari di America: sebbene capisca, più o meno, di quello che si tratta, ti sarei grato di farmele avere appena possibile.

In attesa che voi decidiate circa l'azione che eventualmente si potrebbe svolgere, nel senso desiderato, anche a Parigi, vorrei esporti alcune mie considerazioni circa la memoria del competente servizio acclusa alle istruzioni dirette a Tarchiani 3 .

In linea di massima, per quello che ho avuto occasione di sentire, sia a Mosca che a Parigi, nelle due capitali si considera la nostra ammissione all'O.N.U. come una cosa già fatta: non sono quindi da prevedere obiezioni di massima alla nostra ammissione. Ma questo atteggiamento favorevole, di massima, potrebbe, specialmente dal lato russo, cambiare se noi insisteremo troppo su, o anche solo imposteremo alcune questioni, che mi sembrano accennate nel pro-memoria. E non escludo che un mutato atteggiamento russo possa avere delle influenze anche sull'atteggiamento francese: la Francia cerca, alla meglio, di barcamenarsi fra i due contendenti dato che sostanzialmente, in molti affari importanti la Francia si trova in opposizione alla Russia, essa ama ·appoggiarla in questioni di importanza secondaria, come potrebbe essere -per la Francia -appunto l'ammissione dell'Italia all'O.N.U.

l) Il pro-memoria dice nel settore vantaggi: «aumento di prestigio specie se venissimo ammessi nell'organizzazione prima degli altri Stati ex nemici»: la Russia non accetterà mai e poi mai che l'Italia, patrocinata dagli Stati Uniti, sia ammessa nell'O.N.U. prima degli ex nemici che si trovano nella sua zona. Ho tutti i dubbi, dati anche molti precedenti, se le forze che noi potremo mobilitare a nostro favore -che sono specialmente l'America latina-potrebbero riuscire a mettere in iscacco l'opposizione russa: mi domando poi se ci conviene di dare battaglia su di un punto di importanza così relativa: personalmente ritengo che converrebbe di non preoccuparci affatto di queste varie questioni di precedenza.

2) Le stesse considerazioni valgono per l'argomento revisione: la Russia è assolutamente contraria anche alla sola parola revisione: la Francia, vi è, tradizionalmente, contraria non meno della Russia. Questo mi è stato detto qui con cortese chiarezza: ogni accenno che noi facciamo alla questione della revisione, crea una opposizioine russa alla nostra ammissione: la opposizione russa tanto più forte, quanto più forte sarà la nostra impostazione revisionistica, e può arrivare fino al veto. Aggiungi che, quale che sia l'opinione che vi venga d'altra parte, né gli inglesi, né gli americani

2 Vedi D. 287.

3 Vedi D. 246, Allegato.

sono a quanto mi consta favorevoli ad una nostra politica revisionistica. Già conosci del resto il mio pensiero sull'argomento quindi è inutile ritornarci.

3) La nostra ammissione all'Amministrazione fiduciaria delle nostre colonie dipende, esclusivamente, dall'atteggiamento inglese: la nostra partecipazione all'O.N.U. non cambia un ètte del problema.

4) La possibilità di rivedere le clausole militari del trattato di pace allegando la necessità degli obblighi dello Statuto è una dolce illusione: la Germania ha tentato, a suo tempo, di farlo a Ginevra e tu lo sai con che risultato: le clausole militari del nostro trattato sono suscettibili di revisione, quando noi avremo i mezzi per avere un esercito -il che non è ora ~ e quando, noi essendo inquadrati nella politica di una delle due parti, questa parte potrà avere interesse a che l'Italia abbia una forza militare: la revisione sarà tanto più facile quanto meno noi ne parleremo: ma se speriamo di ottenere qualche cosa richiamandoci agli obblighi dell'O.N.U., se noi crediamo di essere furbi, gli altri non sono scemi.

5) Quanto al punto 8 anche esso è illusorio: dato lo stato dei rapporti internazionali se noi faremo degli accordi politici con qualche Stato, siamo o non siamo nell'O.N.U., lo Stato o gli Stati a cui questi accordi non garbano, continueranno imperterriti a darne delle interpretazioni sfavorevoli.

Riassumendo quindi, secondo me, di tutta l'elencazione dei vantaggi, gli unici reali sono quelli di cui ai punti 2. 5 e 7: gli altri sono tutte delle pie illusioni che possono diventare anche delle pericolose illusioni.

6) Quanto agli svantaggi, concordo pienamente con quanto dice l'ufficio che cioè il fatto di essere parte dell'O.N.U. ci obbligherà a prendere posizione per l'uno o per l'altro gruppo, in tante questioni che non ci interessano. Questo, caro Fransoni, è purtroppo oggi il punto chiave di tutta la nostra politica e non solo della nostra entrata nell'O.N.U. Ogni passo che noi facciamo nella grande politica. in un momento in cui sia Stati Uniti che Russia continuano a mostrarsi sempre più intolleranti ed intransigenti, ci mette nella necessità di dovere prendere posizione.

7) Il risultato del sondaggio sarà certamente positivo, si tratterà di sapere adesso chi prenderà ufficialmente il nostro patronato: l'iniziativa americana ha la sua importanza, però, non ci dimentichiamo: l'America tiene a che noi entriamo nell'O.N.U. perché conta di avere nell'O.N.U. il nostro voto, in tutte le questioni che la interessano, e perché conta di avere, con il rubinetto degli aiuti in mano, una garanzia sufficiente della nostra condotta all'O.N.U.

8) Ho presenti le disposizioni di cui al capitolo XVI art. l 07 e VIII art. 53. Il significato di questi articoli è perfettamente chiaro: O.N.U. o non O.N.U. la distinzione fra Stati ex alleati e ex nemici perdura anche dopo il trattato di pace e dopo la nostra ammissione all'O.N.U., esattamente come esso perdurava a Ginevra: e qualsiasi riserva che noi faremo non ha nessun valore.

9) Quanto all'obiezione relativa agli obblighi di cui al capitolo VII, ci troviamo di fronte al problema che si è presentato a Ginevra: la situazione degli Stati deboli di fronte agli Stati forti. Sostanzialmente i due contendenti, russi ed americani, nei riguardi nostri, o di altri Stati, non si preoccupano affatto di quello che può essere il concorso delle nostre truppe, si preoccupano solo della importanza che può avere, per loro, il nostro territorio, i nostri porti, le nostre basi: e che ciò facendo essi mettano a repentaglio la nostra situazione c'est le moindre de leurs soucis. Sostanzialmente ritengono che più noi siamo deboli meno obiezioni ci saranno da parte nostra a che facciano il loro comodo a casa nostra. Lo scopo vero dell'O.N.U. -come quello di Ginevra -è quello di rendere impossibile la neutralità. Ora cosa andiamo a domandare noi in realtà? Ammettiamo che noi abbiamo libertà illimitata di armarci: se anche dovessimo spendere tutto quello che possiamo per i nostri armamenti ci basterà questo per assicurarci contro un attacco russo od americano? Certo no: la prova da noi fatta in questa guerra dovrebbe averci tolte delle illusioni sulle reali possibilità delle nostre forze armate. Se invece si tratta il solo caso della Jugoslavia isolata: ebbene le forze della Jugoslavia sola, nonostante la montatura che noi ne facciamo, non bastano a metterei in pericolo, nemmeno adesso.

lO) Quanto all'ultima questione, ammissione del personale italiano nel Segretariato, l'impressione che ho riportata da quel poco che ho visto dell'O.N.U. è che tutti i posti importanti sono stati già occupati dagli americani, dagli inglesi e dagli scandinavi: per noi c'è pochissimo posto-direi niente-nel personale direttivo: quanto al personale subalterno, anche esso è in gran parte occupato: poi, non ci dimentichiamo che noi abbiamo pochissimi elementi che abbiano i requisiti di efficienza richiesti per poter lavorare all'O.N.U. (conoscenza di lingue, abilità nello stenografare in varie lingue, scrivere a macchina ecc.). Tu ti ricordi quello che è accaduto a Ginevra, quando noi eravamo in ben altre condizioni? Il quantitativo di personale italiano che abbiamo potuto cacciarci dentro è sempre stato ridottissimo: all'O.N.U. sarà cento volte peggio.

Resta quindi la questione: ci conviene o non ci conviene di fare domanda di ammissione?

Io capovolgo la domanda: esiste una possibilità morale di scelta? Mi sembra che noi siamo presi da una specie di isterismo di prendere parte, a qualsiasi condizione, e con qualsiasi mezzo a qualsiasi convegno internazionale. Data la forma che assume questo «reinserimento» chi è che da noi può prendersi la responsabilità di dire non entriamo a far parte dell'O.N.U. se non si accettano certe condizioni? Se io non mi sbaglio, e se questo è il nostro stato d'animo, allora piuttosto che porre delle condizioni, per le quali non avremo, certamente, nessuna risposta affermativa, ma soltanto delle risposte vaghe -e questo nella migliore delle ipotesi -e poi entrare lo stesso, meglio vale non porre nessuna condizione, entrare all'O.N.U. e, una volta entratici, vedere che cosa si possa fare di concreto in nostro favore lavorando.

Se io mi sbaglio, se cioè esiste la possibilità che noi arriviamo fino a rifiutare di entrare a far parte dell'O.N.U., allora piuttosto che fare tante piccole condizioni ci converrebbe farne una sola: che ci venga assegnato un seggio permanente, alle stesse condizioni che alle altre Potenze con seggio permanente. Per motivare questa richiesta noi abbiamo delle ottime ragioni: le avevamo a Ginevra, siamo, dopo la Germania, il complesso etnico più grosso di tutta l'Europa.

A mio avviso, questa questione, che è capitale per il nostro reinserimento vero nella vita politica internazionale -è evidente che una volta ottenuto questo noi rientriamo di plein pied in tutti i consessi internazionali senza dovere ogni volta mendicare l'ammissione, farci del cattivo sangue e scocciare tutti, come stiamo facendo adesso -conviene porla senz'altro, adesso, con tutta chiarezza: parlare e trattare solo di questa ad esclusione di ogni altra questione minore. Si tratta solo di decidere in che forma porre la nostra richiesta: ci sono solo due forme possibili:

l) metterla come condizione sine qua non, ossia dicendo che solo a questa condizione noi accettiamo di far parte dell'O.N.U.: questa sarebbe la via più rapida per arrivare alla soluzione del problema, se non che parte dal presupposto che noi siamo capaci di stare per un anno o due ancora al di fuori dell'O.N.U., senza inviare dei nostalgici saluti ad ogni sua riunione; e che tutti i nostri aspiranti all'O.N.U. hanno la forza di nervi di aspettare il posto per un po' di tempo ancora.

2) L'altra maniera è quella invece di chiedere l'ammissione pura e semplice ma di aggiungere che l'Italia, pur non facendone una questione sine qua non, ritiene di aver diritto al seggio permanente, la richiede e continuerà a richiederla. Se noi scegliamo questa seconda alternativa, che è indubbiamente più lunga ma ci permette di non restare fuori, bisognerebbe fin da adesso cominciare una azione presso gli Stati dell'America latina, che sono gli unici suscettibili di aiutarci, perché almeno qualcuno di essi appoggi in partenza la nostra richiesta: così il processo di digerimento sarà più rapido.

Di tutto questo ne parleremo a voce a Roma fra qualche giorno: te ne ho voluto scrivere perché tu sappia quali sono le mie idee in proposito: lascio a te di decidere se far vedere questa mia lettera anche al ministro con cui pure vorrei parlarne, in occasione della mia venuta.

311 1 Nella copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo.

312

IL MINISTRO A QUITO, PERRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4732115. Quito, 8 aprile 1947, ore 14 (per. ore 7,15 del 9).

Telegramma di V.E. n. 5330/c. 1•

Questo ministro esteri col quale mi sono lungamente intrattenuto in proposito mi ha affermato che preoccupazioni Perù gli sembrano assolutamente infondate in quanto proposte equatoriane tendono ottenere pacifica revisione di un trattato imposto con la forza ed alla cui redazione non ha preso parte uno dei principali contraenti. Il che rende attuale questione italiana fondamentalmente differente da quella sudamericana ove trattati di cui alcuni Stati temono revisione sono stati invece sottoscritti solo dopo che Governi interessati avevano avuto possibilità discuterci ampiamente prima della firma. A suo avviso adozione proposta Equatore non dovrebbe costituire un precedente pericoloso per alcuna nazione americana. Data precisa dizione memorandum Equatore, egli ritiene superflua ogni ulteriore precisazione.

Ad ogni modo, egli ha aggiunto, qualunque cosa possa dichiarare Equatore è ormai evidente che Perù non intende associarsi domanda di revisione trattato italiano comportandosi cioè come Cile il quale, probabilmente per analogo motivo, ha ora risposto maniera recisamente negativa.

D. 295, nota l, con l'istruzione a Perrone di provocare da parte del Governo di Quito «una qualche precisazione atta a rassicurare Perù».

Ambasciatore Perù, con il quale ho pure parlato questione, mi ha fatto ampie dichiarazioni di simpatia assicurandomi che l'Italia potrà sempre contare amicizia suo Paese. Non mi ha nascosto però che era stato errore parlare di «revisione». Secondo lui qualunque altra parola come «riesame» ed altra simile avrebbe destato minor allarme e preoccupazione.

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto anche che Repubblica Domenicana ha risposto affermativamente e che egli ha fondati motivi ritenere prossima adesione del Brasile Venezuela e Repubbliche dell'America Centrale.

312 1 Del l o aprile, ritrasmetteva alle rappresentanze sudamericane il T. 17 da Lima, per il quale vedi

313

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4728/169. Mosca, 8 aprile 1947, ore 17,18 (per. ore 20).

Telegramma di V.S. 66 1 .

Gruber mi ha comunicato a mezzo ministro Bischoff che egli, pur riaffermando sua volontà trattare anche subito per sistemazione diretta restituzione reciproca beni asportati dai tedeschi, non è in grado effettuare scambio immediato note impegnative non conoscendo esattamente portata problema né ancora quali saranno impegni che al riguardo verranno conchiusi con Nazioni Unite. Ho quindi oggi richiamato al Consiglio dei ministri richiesta già fatta a Londra per inclusione clausola nostro favore su tale argomento nel trattato pace Austria. Mi riservo appoggiarla presso questo ministero e presso varie delegazioni alla Conferenza 2 .

314

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARPESANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4778/94. Buenos Aires, 8 aprile 1947, ore 20,42 (per. ore 12,15 del 9).

Seguito telegramma 77 1 .

Ho avuto ampio colloquio con questo ministro esteri relativo forma passo da lui ritenuto necessario per revisione trattato. Egli mi ha confermato che iniziativa

2 Fransoni rispose col T. s.n.d. 5701/68 del IO aprile: «Approvo sua azione e pregola insistere presso varie delegazioni acché nostra richiesta per inserzione trattato pace con Austria clausola circa restituzione nostri beni asportati venga accolta». 314 1 Del 14 marzo, con il quale Arpesani, rispondendo al T. 4059/c. (vedi D. 186), aveva comunicato l'adesione dell'Argentina al passo da effettuarsi presso l'O.N.U.

361 in corso da parte Equatore trova consenso Governo argentino notificato in questi giorni Quito, ma Argentina è disposta anche far passo autonomo che assuma particolare significato e possa avere maggiore efficacia. Ho ventilato suggerimento di azione in due tempi e cioè presentazione nota a singole cancellerie e successiva presentazione all'Assemblea O.N.U. appoggiata da dichiarazione pubblica da parte delegazione Argentina. Ministro mi ha detto di aderire, mi chiede che noi gli suggeriamo termine modalità ed epoca che Governo italiano preferisce per maggior efficacia passo. Ringraziando mi sono riservato precisare dopo chieste istruzioni. Se possibile e qualora risponda direttive azione italiana riterrei utile fosse esaminata possibilità indirizzare passo verso più precise concrete indicazioni di revisione 2 .

313 1 Vedi D. 305.

315

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 4773-4774/263-264. Washington, 8 aprile 1947, ore 21,30 (per. ore 12,15 del 9).

Lettera di V.E. 534 del 28 marzo 1 .

In conversazione confidenziale odierna, acting segretario di Stato Acheson mi ha smentito in modo esplicito che Dipartimento di Stato abbia eseguito alcun passo presso Foreign Office per sollecitare nostra ratifica trattato. Ha aggiunto che U.S.A. avevano sempre declinato associarsi a richieste inglesi né ci avevano rivolto accenni diretti in tal senso: Dipartimento di Stato è per parte sua soddisfatto nostre decisioni ratificare dopo Senato americano.

Secondo altre notizie avute presso Direzione affari politici, inglesi continuerebbero premere qui ma senza esito. Ultimamente hanno informato Dipartimento di Stato che ratifica inglese potrebbe aver luogo fine corrente mese anziché per 15 aprile (come giusta resoconto qui comunicato sarebbe stato detto 21 marzo da Sargent a Carandini).

Per quanto concerne assicurazione che Senato americano ratificherà sicuramente trattato, al Dipartimento di Stato si afferma che non si è in grado darci alcuna garanzia precisa al riguardo.

Senatore Vandenberg mi ha detto oggi che hearings per trattato presso Commissione affari esteri Senato potrebbero essere ripresi tra una diecina di giorni. Mi ha confermato (richiamo mio telegramma 217) 2 che in tale occasione pronuncerà

amichevole atteggiamento assunto. Conviene tuttavia fargli presente che iniziative singole e sporadiche si sono nel passato dimostrate del tutto inefficaci e che preferiremmo azione collettiva Paesi sudamericani. Sta quindi a questi ultimi, attraverso accordi da prendersi per via diplomatica fra di loro, concretare formula che consenta tale azione. Insista in questo senso». 315 1 Vedi D. 281.

2 Vedi D. 256.

discorso testimoniante sua calorosa simpatia per l'Italia con accenni nostra aspettativa futura legittima revisione.

Non è tuttavia da escludere che ripresa hearings subisca maggiori ritardi. Data anche attuale atmosfera Congresso influenzata da «dottrina Truman», su senatori potranno avere ripercussioni esito Conferenza di Mosca ed in particolare sorte trattato Austria.

Nonostante grande impegno senatori Vandenberg e Connally per ratifica, aumenta sia pure lentamente comprensione delle gravi ingiustizie che trattato infligge all'Italia. Senatore Taft (che va assumendo atteggiamento divergente da Vandenberg) ha dichiarato a un giornalista di «favorire rinvio ratifica a quando trattato di pace con Austria, se non con Germania, sia ultimato e presentato al Senato». Trattasi peraltro di dichiarazioni fatte a giornalisti italo-americani a uso italo-americani ciò che ne diminuisce valore.

Riferirò ulteriormente.

314 2 Con T. 5886/94 del 14 aprile Fransoni rispondeva: «Ringrazi codesto ministro affari esteri per

316

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTISSIMO 4775/265-266-267. Washington, 8 aprile 1947, ore 21,45 (per. ore 12,30 del 9).

Seguito telegramma 260-261 1 .

Stamane ha avuto luogo soltanto riunione Board direttori esecutivi Fondo Internazionale che ha animatamente discusso procedura elezioni tredicesimo direttore Fondo stesso. Americani hanno vibratamente insistito per limitare elezioni a quattro nuovi Stati già ammessi che raggiungano 4 mila voti prescritti da statuto. Rappresentante inglese ha controbattuto facendo presente accordo raggiunto tra Governi australiano e italiano.

Nonostante tale precisa dichiarazione, rappresentante americano ha nettamente affermato che questione doveva essere subito decisa da Board, esclusivamente in base statuto e senza tener conto accordi presi in via diplomatica tra i Paesi interessati.

Cinque successive votazioni chieste da inglesi si sono tutte risolte a favore americani, i quali hanno però notificato che avrebbero a suo tempo favorito, in relazione future ammissione nuovi gruppi Stati, nomina quattordicesimo direttore australiano.

Secondo informazioni avute Board ha pertanto approvato proposta americana limitare elezione gruppo quattro Stati già ammessi. Dato che tra questi, come già riferito, Italia possiede maggioranza assoluta voti (2.050 su 4.060) e salvo eventi eccezionali ed imprevedibili qui ritenuti del tutto improbabili, americani affermano ormai acquisita nomina nostro direttore Fondo.

Restano ancora da decidere dettagli procedurali circa modo in cui dovranno essere tenute elezioni, su cui non mancherò riferire.

Stamane, subito prima della riunione direttori esecutivi Fondo Internazionale, delegati americani (informati da inglesi circa intesa italo-australiana) hanno dichiarato a questa ambasciata che anche in caso di nostra presa di posizione a favore tesi rinvio anglo-australiana, essi avrebbero mantenuto in pieno propria direttiva di battersi per rigida applicazione statuto e quindi a favore nomina tredicesimo direttore esecutivo italiano. Hanno affermato di essere sicuri ottenere la maggioranza, osservando che una nostra iniziativa divergente dalla loro, mentre non avrebbe sortito alcun esito, sarebbe stata considerata come poco amichevole per americani che si erano tanto adoperati per nostra ammissione Istituti Bretton Woods.

Nella situazione, considerando che presentazione a Fondo Internazionale ovvero a Dipartimento di Stato ufficiale nostra domanda rinvio decisione (unica nostra possibilità azione nella circostanza) oltre tutto sorpassava la lettera delle istruzioni inviatemi con suo telegramma 208 2 , ho ritenuto di non poter prendere iniziativa suddetta suscettibile ripercussioni in campo tanto delicato senza nuove precise istruzioni di cui al mio telegramma 261.

Board direttori esecutivi Banca Internazionale non si è riunito stamani per decidere nota questione tredicesimo direttore, avendo preferito attendere conclusioni Fondo. Nonostante due Istituti abbiano in passato generalmente adottato decisioni analoghe non è da escludere che in vista particolare impegno rappresentanti britannici a favore Australia e tensione verificatasi in riunione odierna Fondo, a seguito nuove insistenti pressioni inglesi, Banca possa adottare diversa procedura in modo che Australia almeno consegua posto tredicesimo direttore Banca (ritenuto meno importante da americani data loro assoluta prevalenza in gestione Banca).

Mi risulta peraltro che direttore esecutivo americano presso Banca ha istruzioni uniformare sua azione a quella svolta oggi da suo collega Fondo. Comunque allo stato attuale delle cose prospetto eventualità che potrebbero verificarsi:

a) In caso decisione Banca simile quella Fondo, dovrebbe essere facile nomina nostro rappresentante anche Banca. Come riferito con mio telespresso 794 3 , gruppo attualmente considerato comprende oltre noti quattro membri anche Colombia con 610 voti. Non abbiamo quindi maggioranza assoluta; ci riuscirebbe però facile raggiungerla con appoggio di un solo Paese.

b) Nel caso invece Board Banca adottasse tesi inglese accettando che a votazione rinviata partecipino, oltre ai noti cinque ammessi, Australia e eventualmente altri Paesi da ammettere quali Siria Libano e forse Nuova Zelanda, potremmo scegliere a ragion veduta se competere con Australia (che disporrebbe di 2250 voti)

o fare tempestivo gesto di rinunzia in favore quest'ultima.

Non è ancora accertato quano avrà luogo riunione direttori esecutivi Banca. Comunque vorrà giudicare V.E. se sia possibile temporeggiare con inglesi, in attesa

decisione Banca, come esclusivamente dal punto di vista del nostro stretto interesse potrebbe essere preferibile.

Non mancherò tenere V.E. dettagliatamente informata sia della tendenza del Board direttori esecutivi sia dell'atteggiamento americano in modo che codesto ministero disponga ogni elemento giudizio.

316 1 Vedi D. 308.

316 2 Vedi D. 308, nota l. 3 Non pubblicato.

317

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4810/171. Mosca, 9 aprile 1947, ore 20,50 (per. ore 7,30 del 10 ).

Stamane ho parlato con Bevin e richiamando mi a lettera Strang 1 ho svolto ampiamente le ragioni che sconsigliavano di tenere Italia in stato di inferiorità specialmente quando si tendeva ad estendere il numero degli Stati partecipanti al trattato oltre i diciotto e a Nazioni quali Albania, Iran, Messico e Repubbliche americane i cui titoli non erano paragonabili con quelli italiani. Mi ha ascoltato con molta cortesia ma con estrema riserva; ha poi rilevato che la posizione dell'Italia sarebbe migliore se avesse già approvato ratifica trattato.

Gli ho spiegato le ragioni per cui ritenevo opportuno che Assemblea costituente la discutesse dopo che ogni dubbio su ratifica americana fosse stato eliminato e la necessità di aprire la discussine in momento opportuno manifestandogli a titolo personale opinione e previsione favorevole alla ratifica. Bevin mi ha promesso di tenere in considerazione le nostre ragioni accennandomi che probabilmente Consiglio ministri avrebbe esaminato argomento oggi stesso. Ha chiuso dandomi notizia conclusione accordi finanziari italo-inglesi con espressioni di compiacimento e di simpatia.

318

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4827/172. Mosca, 9 aprile 1947 1•

Oggi ho rivisto Bischoff il quale mi ha precisato che presentazione nostra richiesta 2 Consiglio ministri restituzione beni italiani sottratti dai tedeschi non

318 1 Spedito il l O alle ore 0,46 e pervenuto alle ore 7 ,30.

Vedi D. 313.

ostacola inizio trattative dirette costì con Schwarzenberg che sarebbe anzi desiderabile. Bischoff mi ha chiarito in via strettamente confidenziale che mancata adesione a scambio immediato note dipende anzitutto da preoccupazione di Gruber di non suscitare alcuna diffidenza negli Alleati e specialmente nei sovietici e, in secondo luogo, essenzialmente da insufficienti informazioni sulla portata pratica dell'impegno di restituzione. Tali informazioni S. V. potrà, o ve lo creda, facilmente fornire a Schwarzenberg aprendo così via ad accordo bilaterale indipendentemente da quello che sarà stabilito nel trattato con l'Austria. Ciò sempre allo scopo di rafforzare i rapporti amichevoli fra i due Paesi.

317 1 Vedi D. 303.

319

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4828/173. Mosca, 9 aprile 1947 1 .

Stamane ho fatto visita a Simié il quale mi ha presentato nuovo ministro jugoslavo a Roma signor Mladen Ivekovic che fa parte delegazione per trattato Austria. Nel lungo colloquio discorso caduto fra l'altro su tema Trieste relativamente al quale, mia richiesta, Simié, risposto in termini che parrebbero contrastare quelli Popovié cui a mio telegramma 101 2 : ha cioè affermato che Jugoslavia, pur non avendo voluto Territorio Libero, intenderebbe, oggi lealmente riconoscerlo e sostenerlo in amichevole accordo con Italia e che di tale suo atteggiamento avrebbe dato prova con posizione assunta di fronte rapporto Commissione alleata, atteggiamento da lui qualificato costruttivo che offrirebbe a Trieste ogni aiuto materie prime e crediti.

Ha aggiunto che invece taluni atteggiamenti italiani potevano apparire piuttosto ispirati facilitare controllo altre Potenze su Trieste anziché la sua autonomia nell'ambito cooperazione itala-jugoslava.

Nel corso della conversazione Simié ha precisato che tale accettazione jugoslava sarebbe condizionata soltanto a regime realmente democratico in Trieste, su cui non ha esposto dettagli limitandosi accennare una più ampia epurazione; nonché agevolazione sviluppo non soltanto commerciale ma anche industriale del Territorio Libero.

Mentre prospettava tale atteggiamento da lui qualificato collaborativo e conciliativo nei riguardi della sistemazione definitiva di Trieste, Simié ammetteva esistenza di problemi provvisori ossia necessità di finanziamenti immediati in valuta e materie prime per imprimere all'economia cittadina indispensabile avviamento; al riguardo non si mostrava assolutamente contrario a un finanziamento internazionale, purché al più presto si cercasse poi di rimborsarlo in modo da ridare alla città la sua autonomia.

319 1 Spedito il IO alle ore 0,45 e pervenuto alle ore 7,30. 2 Vedi D. 190.

Si è soffermato ancora sulla necessità della nomina di un governatore imparziale che non si sia compromesso con atteggiamenti politici troppo filo-occidentali ed ha espresso l'opinione essere anche interesse italiano eliminare con un accordo effettivo colla Jugoslavia il problema di Trieste che impedisce nostro Paese avere libertà movimento nella sua politica estera.

Nel corso della lunga discussione parlando sempre a titolo personale ho manifestato mia inclinazione cercare accordo bilaterale più idoneo fare di Trieste punto di unione anziché di dissidio tra le due Nazioni, rilevando tuttavia la necessità di distinguere fra sistemazione provvisoria d'urgenza e sistemazione permanente Territorio Libero e di proseguire attuale regime provvisorio senza ritardare gli aiuti immediati indispensabili alla città fino a che non sia possibile suo stabile risanamento economico e finanziario.

Ho manifestato a Simié mia impressione che sue attuali dichiarazioni potessero costituire una deviazione dalla linea precedentemente seguita dalla Jugoslavia alle Conferenze di Parigi e New Y ork e nel colloquio Tito-Togliatti, e Simié ha mostrato non dissentire da tale mia interpretazione.

Ove la S.V. ritenga utile che io abbia altri incontri esplorativi con Simié o forse anche con lo stesso Kardelj mi sarebbe gradito avere istruzioni circa linea da seguire.

320

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5039-5035-5036-5038/047-050-049-048. Washington, 9 aprile 1947 (per. il 14).

Appena ricevuto il telegramma di V.E. 1 che mi chiama a Roma, mi sono nuovamente recato dal sottosegretario di Stato per gli affari economici, onde essere in grado di riferire con precisione sull'attuale stadio dei vari provvedimenti in corso a favore del nostro Paese. Riassumo, per sommi capi, il lungo colloquio durato circa un'ora in attesa di fare tra pochi giorni una più completa relazione verbale.

l) Suspense accounts. Clayton mi ha confermato essere ormai imminente il versamento dell'acconto da noi richiesto che ammonterà, come è noto, a 25 milioni di dollari. Ha aggiunto che, giusta i calcoli compiuti dagli uffici competenti del Dipartimento della guerra, ci verrà fatto tra qualche tempo un nuovo versamento di pari cifra (25 milioni). Col ritiro delle truppe americane si procederà poi al conto finale e relativa totale liquidazione.

2) Grant-in-aid. Il disegno di legge per l'assistenza americana post-U.N.R.R.A. deve essere ancora discusso dal Congresso. Finché esso non sarà stato approvato l'Amministrazione non può essere sicura se la somma richiesta (350 milioni per i vari Paesi considerati) sarà effettivamente stanziata. Prendendo tale cifra come base, Clayton ritiene che la somma da utilizzarsi per l'Italia sarà tra le cifre già enunciate come ipotesi: ossia tra 106 e 158 milioni di dollari. Egli si augura che il denaro possa cominciare ad essere utilizzato entro maggio e successivamente in quote trimestrali. Tali quote potranno dipendere anche dall'entità del nostro raccolto di cereali e quindi dalla misura dele nostre reali necessità.

3) Crediti dell'Export-Import Bank. Clayton trova molto opportuno che gli esperti della Banca, da noi invitati a venire in Italia, partano al più presto possibile. In proposito solleciterà subito il direttore Martin.

4) International Bank. Il sottosegretario è anch'egli dell'opinione che il nostro piano di ricostruzione per il 1948-50, possa trovare un finanziamento da parte di detto organismo internazionale. Occorre però che l'Italia faccia effettivi sforzi di risanamento finanziario e riesca ad assettare meglio il proprio bilancio e la propria amministrazione.

5) Altri aiuti per il 1948-50. Clayton mi ha ripetuto che, come già noto, tale possibilità è connessa con la stabilità del nostro regime democratico.

6) Possibile visita di Clayton a Roma. Il sottosegretario si imbarcherà il 9 corrente a New Y ork per l'Europa e sarà il 15 a Ginevra dove presiederà la delegazione americana alla riunione della Commissione preparatoria dell'I.T.O. Si tratterrà a Ginevra probabilmente sei settimane. Gli ho quindi chiesto, in via personale di non tralasciare questa occasione per una breve visita nel nostro Paese, dove egli è stato tante volte ed ha numerosi amici onde rendersi conto de vLçu della situazione e paterne riferire qui personalmente al suo ritorno.

Clayton ha aderito calorosamente al mio suggerimento. Egli non desidererebbe un invito ufficiale né speciali ricevimenti. Telefonerà all'ambasciatore Dunn di combinargli un «informai voyage» a Milano e a Roma. Sarebbe molto lieto di rivedere in via amichevole e confidenziale il presidente del Consiglio, V.E., Campilli, ed esaminare con loro la situazione ed i possibili eventuali rimedi.

A conclusione del colloquio egli mi ha nuovamente espresso i suoi sentimenti di antica provata amicizia ed il suo massimo interessamento per l'Italia. Ho avuto coll' Acting Secretary of State, Dean Acheson, un cordiale colloquio durato circa un'ora. Lo riassumo brevemente:

l) Ratifica italiana del trattato di pace. Come ho oggi telegrafato a V.E. 2 Acheson ha nettamente smentito che lo State Department abbia mai espresso alcun disappunto in argomento al Foreign Office, ovvero lo abbia mai consigliato di esercitare pressioni sul Governo italiano, affinché la nostra ratifica precedesse quella del Senato americano. A questo suo reciso diniego Acheson ha poi aggiunto che, del resto, l'America neanche ci aveva mai rivolto in tal senso richieste dirette od

accenni. Lo State Department è pienamente soddisfatto del proposito del Governo italiano di far procedere alla ratifica dopo che il Senato americano avrà ratificato, senza altrimenti affrettarsi a rendere definitivo un trattato che la nostra opinione pubblica considera ingiusto.

(Come ho del pari accennato nel mio telegramma filo, secondo altre informazioni avute in questi giorni al Dipartimento di Stato, l'ambasciata d'Inghilterra insisterebbe qui di continuo affinché l'America aderisca e si associ al noto punto di vista di Londra. Detta ambasciata comunicò qui il resoconto dettagliato della conversazione svoltasi il 21 marzo scorso tra l'ambasciatore Carandini e Sargent, pregando il Dipartimento di assumere analoga posizione. Successivamente informò che la ratifica inglese avrebbe potuto aver luogo entro il corrente mese. Da ultimo consegnò una nota verbale urgente per informare dei passi che sarebbero stati recentemente conclusi dagli inglesi e chiedere analoghe iniziative americane. A tale nota il Dipartimento non ha ancora dato alcuna risposta).

2) Eventuale domanda italiana di ammissione all'O.N.U. Acheson mi ha confermato che gli Stati Uniti daranno il loro pieno appoggio alla nostra domanda ed ha nuovamente consigliato di presentarla al più presto. Egli è d'opinione che non incontreremo alcuna seria opposizione quando essa sarà discussa tanto al Consiglio di sicurezza quanto all'Assemblea del settembre prossimo: al massimo vi potrebbe essere qualche tentativo di abbinamento con la domanda già invano presentata dall'Albania o con quelle da presentarsi dalla Bulgaria ecc. a suo parere è opportuno quindi, ai fini procedurali, che la nostra domanda possa precedere queste ultime.

3) Crediti ed aiuti economici e finanziari. Dopo il colloquio avuto il giorno precedente con Clayton, sono tornato a battere con Acheson sugli stessi argomenti.

Gli ho esposto lo stato d'animo in Italia in seguito ai ritardi nell'esecuzione di alcuni provvedimenti decisi, in massima, nell'occasione della visita del presidente del Consiglio e nel constatare i larghi aiuti che, in vero in differenti condizioni, venivano apprestati con carattere di urgenza per altri Paesi.

Acheson ha rilevato che l'aiuto a Turchia è molto più modesto di quello che sarà dato all'Italia. Quanto alla Grecia è in istato di collasso totale e se non riceve una pronta assistenza farà bancarotta, sarà in preda al caos.

Oltre i provvedimenti in corso, ad esecuzione dei noti affidamenti datici (pagamento dei «suspense account», grant-in-aid, crediti dell'Export-Import Bank) gli Stati Uniti sono disposti ad un aggiustamento di tariffe doganali che sarà discusso da Clayton a Ginevra, nonché ad adoprarsi nel miglior modo per la concessione di un eventuale altro prestito a lungo termine, da trattarsi con l'International Bank. Per cominciare le discussioni preliminari circa quel prestito, la nostra delegazione che verrà prossimamente in America sarebbe bene portasse seco la più dettagliata e convincente documentazione. Acheson ha rilevato che agevolando la trattazione di un prestito per la ricostruzione dell'economia italiana, l'America mostrerà il massimo suo interessamento per l'avvenire del nostro Paese e spera che il nostro popolo si renda conto dell'opera di costante amicizia ed assistenza svolta dal Governo degli Stati Uniti.

L'America domanda all'Italia solo sensibilità politica ed una sana economia in modo che i risparmiatori americani che investiranno nelle obbligazioni della International Bank abbiano l'impressione di impegnare senza eccesso di rischio il proprio denaro.

Acheson si è dichiarato convinto che, continuando l'amichevole cooperazione tra i due Paesi l'Italia potrà con la sua capacità e con il suo lavoro uscire dalla stretta attuale.

Ho pregato Acheson che occorre che l'America si preoccupi anche del lato morale della situazione italiana che avrebbe indubbio giovamento dall'appoggio concreto ed amichevole degli Stati Uniti. Al riguardo ho anche accennato alla aspettativa italiana che gli Stati Uniti sostengano efficaciemente, a suo tempo, la revisione legittima del trattato di pace.

Il colloquio si è concluso con nuove affermazioni di Acheson ribadenti i sentimenti di amicizia del Governo degli Stati Uniti e suoi personali per il nostro Paese.

Ho fatto visita al senatore Vandenberg, presidente del Senato «pro tempore» nonché della Commissione degli Esteri, il quale è come noto, l'esponente della corrente del partito repubblicano attualmente più incline a collaborare colla Amministrazione Truman. Vandenberg alla pari del senatore Taft, del governatore Dewey e di altri è uno dei possibili candidati repubblicani alla Presidenza nelle elezioni del 1948.

Gli ho chiesto quali previsioni egli facesse circa la ratifica del nostro trattato da parte del Senato: come già si è altre volte riferito, egli insieme al leader democratico senatore Connally è pienamente impegnato a favore della ratifica.

Vandenberg mi ha risposto che le discussioni e gli «hearings» della Commissione degli esteri dovrebbero poter riprendere tra una diecina di giorni. Saranno udite associazioni e personalità americane ed italo-americane che sosterranno la tesi dell'ingiustizia del trattato e della necessità della sua revisione, ed alcune anche quelle del rinvio.

Secondo Vandenberg queste opinioni, per quanto rispettabili, non hanno probabilità di mutare i sentimenti della maggioranza dei senatori, che egli ritiene essere per la ratifica: e ciò non perché il trattato, sia perfetto o soddisfacente, ma perché rappresenta il solo compromesso che fosse stato possibile raggiungere nel 46, ed un modo per permettere ora all'Italia di rientrare subito, in parità di condizioni e di diritti, nella famiglia delle Nazioni. In altre parole sempre secondo i senatore Vandenberg, il trattato sarebbe il minor male, e verrebbe quindi accettato come tale al Senato.

Secondo le previsioni di Vandenberg, dunque, il trattato potrebbe essere ratificato verso la fine di aprile od i primissimi di maggio. Egli mi ha poi confermato che, pur sostenendo la necessità della ratifica, egli darà in Senato una calda dimostrazione pubblica dei sentimenti di amicizia degli Stati Uniti verso l'Italia, assicurandola sia del concorso americano per la sua ricostruzione, sia dell'interessamento del Congresso per una eventuale revisione del trattato per le vie legali dell'O.N.U., quando tale processo appaia praticamente attuabile.

Mi ha anche dichiarato che farà del suo meglio per affrettare le discussioni nel disegno di legge per il grant-in-aid ed ogni altra iniziativa governativa in favore del nostro Paese, che desidera vedere strettamente cooperante con l'America per i fini comuni di assestamento e di giustizia internazionale.

Ho riferito per telegramma filo circa le dichiarazioni fatte dal senatore Taft circa un rinvio della ratifica del trattato sin quando fosse completato (e forse presentato al Senato) il trattato austriaco, anche alcuni senatori amici del governatore Dewey adotterebbero analogo atteggiamento. È, d'altronde, comprensibile che le due predette personalità del partito repubblicano non si rammaricherebbero di un insuccesso del loro pericoloso concorrente, sponsor della sollecita ratifica del trattato, perché indotto da Byrnes a partecipare alla Conferenza di Parigi.

Giusta alcuni calcoli, forse un pò ottimisti, di persone ed enti impegnati contro la ratifica, all'incirca venti senatori avrebbero già assicurato di votare contro di essa. Tale numero non comprenderebbe il senatore Taft ed alcuni del suo gruppo.

Come ovvio, data l'atmosfera del Congresso influenzata dalla «dottrina di Truman», l'esito della Conferenza di Mosca, ed in particolare il completamento

o meno del trattato per l'Austria, potranno aumentare o diminuire il numero dei consensi alla ratifica del nostro trattato.

Allo stato delle cose è ben difficile arrischiare delle previsioni sullo stato d'animo dei senatori quando avrà luogo la votazione finale del trattato, data anche la nota impressionabilità e le frequenti oscillazioni di questa opinione pubblica. Oggi ancora, le previsioni di Vandenberg appaiono giustificate per quanto concerne il voto della maggioranza del Senato. È invece da accogliersi con riserva la di lui indicazione circa la data approssimativa della ratifica. Certo si è che si sente ora negli ambienti più diversi esprimere comunemente l'opinione che se il nostro trattato fosse ancora in fase di negoziazione, la posizione degli Stati Uniti sarebbe molto più ferma e restia ai noti compromessi realizzati nel 1946 a danno dell'Italia.

È questa certo una magra consolazione adesso, ma è almeno una speranza di futura revisione se e quando le circostanze permetteranno.

In connessione con la mia partenza per Roma, mi è sembrato opportuno chiedere udienza al presidente Truman per prendere temporaneo congedo da lui ed interessarlo sempre più alle questioni ed alle necessità italiane. Truman mi ha subito fissato appuntamento per oggi. Riassumo brevemente il colloquio, che è stato molto cordiale, riserbandomi di riferire a voce i dettagli.

Ho minutamente illustrato al presidente le tormentose difficoltà in cui si dibatte il popolo italiano nell'attuale nostra situazione alimentare, economica e finanziaria e la necessità che gli Stati Uniti ci vengano incontro, non solo per superare le immediate gravi contingenze ma anche per facilitare la preparazione di un adeguato programma per gli anni 1948-50. A tale ultimo riguardo gli ho accennato anche al noto progetto della costituzione di un Comitato misto di esperti (attualmente allo studio degli Uffici del Dipartimento di Stato) con l'incarico di cooperare al piano di ricostruzione da far finanziare dalla International Bank.

Gli ho parlato poi dell'altra necessità che gli Stati Uniti si adoperino concretamente ad assicurare al nostro Paese, in questa difficile fase della sua storia, tutte le possibili soddisfazioni morali. Ho indicato fra queste l'opportunità che il Governo americano sostenga a fondo l'iniziativa già da esso accennata, per la nostra ammissione quanto più possibile sollecita alle Nazioni Unite. Gli ho ricordato che la nostra opinione publica considerava a ragione ingiusto ed oppressivo il trattato di pace e confidava che, mercè l'appoggio americano, sarebbe stato presto possibile avviarne la legittima revisione, appunto nel quadro dell'O.N.U.

Il presidente mi ha risposto che si rendeva perfettamente conto che l'Italia aveva bisogno di assistenza economica e finanziaria nell'attuale situazione. Ha riconosciuto l'utilità di un coordinamento tra tecnici americani e italiani per un nostro piano di ricostruzione finanziato a Washington. Ne avrebbe parlato con Acheson, col quale del resto avevo già discusso ieri di tali questioni.

Truman mi ha assicurato calorosamente che avrebbe tenuto particolare conto dei miei suggerimenti e mi ha infine dichiarato che intende fermamente fare tutto quanto gli è possibile per aiutare il nostro Paese.

Nel congedarmi, mi ha detto che mi vedrà volentieri al mio ritorno.

320 1 Con T. urgente personale 5592/209 P.R. del 7 aprile· Sforza aveva comunicato: «Presidente ed io preghiamo V.E. venire Roma possibilmente entro due o tre giorni conferire circa crediti americani impostati suo viaggio costì, mentre io circa ratifica desidero conferire intorno suoi preliminari necessari ed immediati».

320 2 T. s.n.d. personale 4843/270 con il quale Tarchiani aveva dato sintetica comunicazione del contenuto dei colloqui oggetto del presente telegramma.

321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

TELESPR. RISERVATO 5/1957/c. 1 . Roma, 9 aprile 1947.

L'art. 2, paragrafi l e 4, del trattato di pace sancisce il principio che la nuova linea di frontiera tra Italia e Francia nelle zone del Piccolo S. Bernardo e delle Alte Vallate della Tinea, Vesubia e Roja seguirà la linea spartiacque. Nella descrizione particolareggiata della linea di frontiera contenuta nell'allegato II tale principio non viene peraltro osservato, e in numerosi punti la linea stessa si allontana anche più di l Km. dallo spartiacque, sempre a danno nostro.

Lo Stato Maggiore Generale, nel notare che le deviazioni del tracciato si verificano in zone di particolare interesse militare e tenendo presente d'altro lato che le disposizioni dell'art. 5 del trattato (relative alla possibilità di spostamenti sul terreno della linea di frontiera sino a 500 metri) non si applicano ai confini occidentali, ha sollecitato un intervento presso i Quattro onde mettere in rilievo e chiedere che venga ovviato alla grave discrepanza ed alle conseguenze ingiustamente peggiorative a danno dell'Italia.

Concordando questo Ministero nella opportunità di tale azione, si trasmette in allegato il testo di una nota verbale e relativa documentazione cartografica, che la S.V. vorrà rimettere a codesto Ministero degli affari esteri.

Ella potrà spiegare con l'occasione, se lo ritiene opportuno, che la presente nota viene indirizzata individualmente ai quattro Governi interessati, dato che non risulta esservi una sede fissa del segretariato del Consiglio dei ministri degli affari esteri.

ALLEGATO

NOTA VERBALE. [Roma, 9 aprile 1947].

Il Governo italiano ha rilevato che dall'esame del testo definitivo del trattato di pace emerge uno stridente contrasto tra quanto è stabilito all'articolo 2 e quanto invece indicato nell'allegato II.

In effetti mentre all'art. 2 parag. l e 4 è sancito il principio che la nuova linea di frontiera nella zona del Piccolo S. Bernardo e delle alte Vallate della Tinea, della Vesubia e della Roja segua la linea spartiacque («shall follow along the watershed»), nella descrizione particolareggiata dell'Allegato II tale principio è violato in più punti e sempre a danno dell'Italia.

I punti principali nei quali la linea descritta nell'Allegato II si spinge oltre la displuviale, nelle due zone indicate, sono i seguenti:

Zona Passo del Piccolo San Bernardo:

A Monte Belvedere dove si descrive la linea come «skirting its summit and leaving the latter in French territory 120 meters away from the frontier» (cartina allegata 1) 2•

Zone alte vallate della Tinea, Vesubia e Roja:

l) Zona di Colla/unga: la displuviale passa per le quote 2703-2685-2623-2557 -per poi risalire alla testa dell'Autaret, mentre la linea descritta passerebbe per q. 2719, 1562, Colle della Seccia (cartina allegata l bis.).

2) Zona Testa Colle Auta: la linea descritta anziché seguire la displuviale lascia in territorio francese il sentiero di cresta «and along the ridge path which is left in French Territory» (cartina allegata 2).

3) Zona di Monte Clapier: la linea descritta non segue la displuviale ma contorna a nord il monte !asciandone la cima in territorio francese: «winds round the north and east of Mt. Clapier along the administrative boundary shown in the map» (cartina allegata 3).

4) Dalla Rocca dell'Abisso al Colle di Tenda: la linea descritta non segue la displuviale chiaramente marcata ma in primo tempo segue i limiti amministrativi e si preoccupa quindi di mettere la strada, che corre sul versante italiano, in territorio francese: «The line still continues along the administrative boundary marked on the map ..... The path and the section of highway mentioned above remains in French territory» (cartina allegata 4).

5) Zona Cima del Becco -Col della Boaria: la linea descritta non segue la displuviale ma corre oltre la strada costruita sul versante italiano «bearing north ward and along the administrative boundary shown on the map it reaches the Col della Perla, follows the path which skirts the rocky outcrop in Cima del Cuni to Col della Boaria, where it leaves it to follow the ridge to the north. The above -mentioned path remains in French territory» (cartina allegata 5).

6) Zona Monte delle Carsene: la linea descritta lascia l'intera cresta terminale in territorio francese: «and reaches point 2355 of Monte delle Carsene which is left in French soil» (cartina allegata 6).

7) Zona Colla Rossa -Cima Missun: la linea descritta non segue la displuviale ma lascia la strada, costruita sul versante italiano, in territorio francese: «where it rejoins the summit path which it then skirts passing through points 2179 and 2252 up to Cima Missun, then, winding round the east of this mountain summit, the line follows the above mentioned path which remains in French territory» (cartina allegata 7).

8) Zona Cima Ventosa-M. Tanarello-M. Saccarello: la linea descritta anziché seguire la displuviale è tracciata in maniera da lasciare in territorio francese la strada che segue la linea di cresta in versante italiano ed i fabbricati costruiti lungo la strada : «it then leaves the path and winds round Cima Ventosa to the east, after which it joins the Passo di Tanarello path and leaves in France the constructions beside this path. The line then passes along Mt. Tanarello, crosses Passo Basera, skirts Mt. Saccarello which is left approximately 300 meters to the westwards» (cartina allegata 8).

9) Zona di M. Col/ardente: la linea descritta non segue la displuviale, ma scende sul versante italiano per lasciare alla Francia il possesso della strada costruita su detto versante: «and comes to Mt. Collardente leaving on French soil the path which crosses it» (cartina allegata 9).

IO) Zona di Testa della Nava -Cima di Marta-M. Ceriana: in questo tratto la linea descritta si allontana ancora più marcatamente dalla displuviale in quanto lascerebbe alla Francia le quote, le strade e le costruzioni esistenti in questa zona sul versante italiano: «where it reaches these works, it leaves the road rejoins at the ridge the road along the Testa della Nava ridge which remains in French territory, and follow it as fan as the works to the south cast of the Cima di Marta or Mt. Vacche, skirting it from the cast. From there, passing along the ridge road left in French territory, it skirts Mt. Ceriana» (cartina allegata 10).

Il) Zona M. Grai -Monte Pietravecchia: anche in questo tratto la linea descritta oltrepassa la displuviale per lasciare alla Francia la strada costruita sul versante italiano: «leaves the road to reach Mt. Grai and joins it again at the col (1875) follows it to skirt Cima della Valletta and Mt. Pietravecchia» (cartina allegata Il).

12) Zona Monte Scarassan -Colle Pegairole: la linea descritta oltrepassa la displuviale per lasciare alla Francia la strada costruita sul versante italiano: «Along the ridge road, left in French territory, it runs to Mt. Scarassan, to the south of Mt. Battolino and of point 1358 and reaches Colle Pegairole» (cartina allegata 12).

13) Zona Colle Pegairole-Colle Sgora: in questo tratto la linea descritta lascia ancora più decisamente la displuviale per seguire esclusivamente le strade costruite sul versante italiano che verrebbero sempre lasciate in territorio francese: «From Colle Pegairole the line follows the administrative boundary marked on the map, leaving Cisterna to France, climbs

M. Simonasso, drops as far as the col and follows the road to Margheria Suan which it leaves in French territory, the Chalets remaining in Italian territory. Continuing to follow the road, left in French territory, it passes to the cast of Testa d'Alpe to Fontana dei Draghi to the springs at point 1406, to point 1297, skirts Colle Sgora on the cast» (cartina allegata I3).

È convinzione del Governo italiano che il testo del trattato, nello stabilire il principio della linea displuviale, indubbiamente rispecchia il vero intendimento dei quattro Ministri degli affari esteri compilatori del testo stesso nonché dell'Assemblea plenaria della Conferenza a Parigi che l'ha approvato. Poiché l'andamento particolareggiato descritto nei documenti annessi costituirebbe invece una deviazione da tale intendimento, esisterebbe una divergenza fra la volontà di chi ha formulato il trattato e la concretizzazione di tale volontà.

E poiché tale divergenza si risolve in tutti i casi citati in un ulteriore ingiustificato danno per l'Italia, il Governo italiano è del parere che l'inviolabilità della linea displuviale, là dove essa è stata esplicitamente sancita dal trattato, debba essere rispettata e confida pertanto che vengano apportate alle descrizioni contenute nell'Allegato II del trattato le modifiche del caso.

321 1 Diretto anche alle rappresentanze a Londra, Mosca e Washington.

321 2 La documentazione cartografica non si pubblica.

322

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 1126/735. Londra, 9 aprile 1947 1•

Cerulli ha avuto un'altra conversazione con Scott Fox, di cui riferisce con l'unito appunto. Come si vede, è interessante notare che, sia pure a titolo ufficioso, per la prma volta un funzionario responsabile del Foreign Office è stato esplicito per quanto concerne la Somalia. È ovvio che occorre sviluppare gli accenni dello stesso Scott Fox in altre direzioni.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE CERULLI ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE

APPUNTO. Londra. 8 aprile 1947.

Ho incontrato nuovamente Scott Fox. Abbiamo parlato della eventuale nomina, da parte della prossima Conferenza dei supplenti, di una Commissione di esperti che vada nei territori. Egli mi ha detto che è sua opinione che la Commissione di esperti sarà unica ed andrà in tutti i quattro territori, nonostante le difficoltà della prossima stagione estiva. La Commissione degli esperti non ha altro compito che quello di redigere un rapporto tecnico, che la Conferenza dei supplenti esaminerà poi dal punto di vista politico. Ma il Governo britannico ritiene di fondamentale importanza questo accertamento dei desideri delle popolazioni interessate; e la soluzione della questione, nell'opinione di Londra, avrà a base le proposte che gli esperti faranno.

Avviatasi poi la discussione sulle difficoltà di una soluzione, ho ripetuto a Scott Fox che il nostro punto di vista sulla Libia (Tripolitania e Cirenaica), al di fuori dei dettagli tecnici di cui avevamo parlato altra volta, poteva così riassumersi in due parole: la presenza dell'Italia in Libia aveva creato, quaranta anni fa, la premessa per una fattiva collaborazione italo-britannica. Richiamati alla nostra naturale attività nel Mediterraneo dagli accordi con l'Inghilterra e la Francia noi acquistammo, con la nostra andata a Tripoli, un campo di contatti e di lavoro comune che giovò nell'insieme della nostra politica estera ad equilibrare la nostra azione nei confronti degli interessi continentali cui invece la Triplice Alleanza ci richiamava. Del resto, oltre tutto, nella situazione di oggi l'Italia ha una funzione da esercitare in Libia e. del resto, nell'interesse generale dell'Europa. Conviene infatti fare della Libia, ad ovest dell'Egitto, un territorio non europeo? E non è utile che in Libia permanga invece una popolazione italiana con tutte le possibilità di sviluppo che solo l'immigrazione italiana ha in quelle regioni? Scott Fox mi è parso abbastanza sensibile a questi due argomenti, e mi ha obbiettato che evidentemente anche il Governo di Londra ha le sue difficoltà nella sua politica nel Medio Oriente. Ho proseguito chiarendo che nessuno, d'altra parte in Italia pensa che si possa tornare in Libia altrimenti che d'accordo con gli arabi e che a tali accordi poi siamo pronti. Abbiamo quindi ripreso la discussione delle singole colonie e qui di seguito, come è ovvio, riassumo specificamente le dichiarazioni di Scott Fox, senza dettagliare

le mie risposte e contestazioni che è facile immaginare, per ovvi motivi di brevità. Scott Fox mi ha detto che il problema della Cirenaica era, nella sua opinione, da mettere in questi termini. Il senusso Idris è considerato come un eroe nazionale; il suo prestigio è indiscusso. Anche i capi delle tribù che in altri tempi potevano seguire solo per paura le direttive della Senussia ora si volgono ad Idris. Qualunque consultazione dovesse avvenire in Cirenaica darebbe oggi almeno 1'85% in favore di uno Stato Senusso con Idris alla testa. Il prestigio della Senussia anzi, ha egli aggiunto, è tale che, se Idris dicesse che è utile al Paese che gli italiani ritornino, la popolazione accetterebbe il ritorno degli italiani. Ho insistito ovviamente a questo punto sull'opportunità di trattare direttamente la questione, ma la risposta è stata ancora una volta negativa. Per la Tripolitania Scott Fox ha insistito ex nova sulle difficoltà di un trusteeship all'Italia. Le difficoltà verrebbero dalla popolazione araba, che non crederebbe ad un effettivo mantenimento degli impegni del trusteeship da parte dell'Italia e che penserebbe invece che tutto si ridurrebbe ad un ripristino della amministrazione coloniale. Ho risposto naturalmente che mi pareva enorme che si potesse dubitare dell'esecuzione di impegni che noi prenderemmo con l'O.N.U. Scott Fox mi ha detto che questo era ovvio per noi europei, ma che gli arabi restavano praticamente nella loro diffidenza. La sua opinione personale è che in Tripolitania è giusto ed utile che restino i 45 mila italiani che si trovano attualmente laggiù ma che poco più di questo ci sia da fare per noi. Circa la Somalia ho chiesto a Scott Fox quale fosse il suo punto di vista. Ed egli mi ha chiaramente dichiarato che ritiene che per la Somalia la nostra richiesta di trusteeship sia in assai buona posizione. Il problema della Somalia si presenta facile in vostro favore, ha egli aggiunto, perché appunto lì voi non avete alcun passato che vi divida dall'ambiente indigeno, anzi vi è riconoscimento della vostra buona amministrazione.

Per l'Eritrea, invece, vi sono le difficoltà del claim etiopico, ha detto Scott Fox. Abbiamo brevemente discusso la richiesta egiziana di avere Massaua e mi è stato facile dimostrare l'infondatezza delle ragioni di tale richiesta: punto sul quale Scott Fox mi ha detto di convenire perfettamente. La richiesta etiopica é invece, secondo il mio interlocutore, da prendere in seria considerazione. I punti difficili sono due: l'Etiopia non ritiene che Assab sia un adeguato sbocco al mare; comunque, se anche vi sono dubbi per dare all'Etiopia il porto di Massaua, sussiste il fatto che sembra soluzione naturale dare all'Etiopia l'altipiano eritreo (e quindi l'Asmara) ed allora non è facile scindere il destino di Massaua da quello dell'Asmara. Alle mie contestazioni Scott Fox ha convenuto che la situazione effettivamente è complicata, al punto che a lui risultava come in una regione dell'Eritrea, di cui egli non ricordava il nome, la maggioranza della popolazione di religione copta vede non già con favore, ma con diffidenza un'eventuale annessione all'Etiopia, mentre invece una minoranza cattolica indigena che abita nella stessa regione è tutta in favore della tesi etiopica. La sua impressione è che la situazione dell'Eritrea è talmente complicata che qualunque soluzione si adotterà apparirà ingiusta verso qualcuno. Comunque gli pare che non si possa contestare la fondatezza del claim etiopico sul punto che effettivamente noi abbiamo due volte utilizzato l'Eritrea come base per attaccare militarmente l'Etiopia.

Ho riportato la discussione sul tema di politica generale e Scott Fox ha nuovamente insistito sul concetto della consultazione delle popolazioni e sul valore del futuro rapporto degli esperti, rapporto dal quale difficilmente Bevin potrebbe staccarsi e, staccandosene, spiegare ai Comuni il suo operato. Gli ho detto che la nostra esperienza sulla commissione esperti per la Venezia Giulia ed il rapporto che fu allora redatto non è certo tale da rassicurare l'opinione pubblica italiana. Allora si ebbero quattro diverse proposte di cui le più favorevoli a noi erano l'americana e poi l'inglese e la più sfavorevole quella sovietica. E la soluzione finale è stata, in fondo, la più vicina alla tesi più sfavorevole. Come sarebbe accolta in Italia un'analoga conclusione per il problema africano, tenendo presente che si rischia in questo caso che la soluzione più sfavorevole sia quella britannica? Scott Fox mi ha detto che egli sinceramente si augura che invece venga adottata la soluzione più favorevole, anche se questa capiti essere quella sovietica. Gli ho detto allora che come soluzione sovietica noi ricordavamo la proposta Molotov alla Conferenza di Parigi per il trusteeship

all'Italia sulle quattro colonie, e che per noi anzi quella seduta della Conferenza era il punto di partenza. Scott Fox mi ha detto che lo sapeva bene e se ne rendeva ben conto.

Concludendo, ho detto che noi dobbiamo considerare due opposti pericoli: uno che la questione delle colonie venga decisa come uno dei terreni di equilibrio tra le maggiori Potenze senza riferimento agli interessi concreti di quei Paesi «a ciò ovvierà appunto la Commissione esperti», mi ha risposto Scott Fox: e l'altro che la questione, al contrario, venga risolta troppo ristrettamente con riferimento soltanto a situazioni e claims locali e non già nel quadro delle relazioni italo-britanniche nel quale invece noi dobbiamo vederla. Su questo secondo punto Scott Fox mi ha detto che conviene.

322 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

323

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 4903/275. Washington, 10 aprile 1947, ore 10 (per. ore 13,15 dell'Il). Suo 213 1•

Per quanto concerne Banca Internazionale vi è oggi novità ammissione Siria, che dispone di 315 voti (Siria non ha ancora chiesto ammissione Fondo, che se avvenisse non muterebbe situazione riferita con telegramma 273 2).

Numero Stati non ancora rappresentati da direttore esecutivo Banca sono quindi sei.

Perdura in ambienti Banca incertezza già segnalata anche circa data riunione Board direttori tuttavia ritenuta possibile settimana prossima. Ovviamente decisione finale circa elezione immediata o rinvio potrà dipendere in buona parte da intensificarsi azione degli inglesi a favore Australia (non è da escludere che essi continuino avvalersi a tal fine cosiddetta intesa itala-australiana).

Gli Stati Uniti, cui peso può essere ovviamente decisivo, dopo pieno successo riportato in questione Fondo, potrebbero non reagire con energia in questione Banca sia per non acutizzare malcontento inglese sia per prevalente posizione che essi già hanno nella Banca. Ciò tanto più qualora Governo italiano non fosse in grado di agire apertamente per la soluzione più utile ai nostri interessi nella Banca.

In pubblicazioni inviate a suo tempo a codesto ministero è indicata attuale composizione Board direttori esecutivi Banca. Nella situazione non mancherà giudicare codesto ministero se ed in quale misura ci sia possibile avvicinare cautamente alcuni Governi amici rappresentati direttori.

Per parte mia oltre che seguire atteggiamento americano manterrò cauto contatto con colleghi polacco, cubano e cileno, direttori di tali ultimi due Paesi rappresentanto Stati America Latina nel Board.

Sarei grato vivamente di ogni eventuale ulteriore indicazione di V.E. 3 .

323 1 Vedi D. 308, nota 3. 2 Pari data, non pubblicato.

Vedi D. 336.

324

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4853/65. Il Cairo, 10 aprile 1947, ore 12,47 (per. ore 16,15).

Mi riferisco al telegramma circolare di codesto ministero n. 5595 1 . Con mio telespresso n. 1303/379 in data 21 marzo 1947 2 ho riferito circa impressione che messaggio del presidente Truman ha qui prodotto.

Confermo che, anche negli ambienti della Lega araba, aiuti americani alla Turchia ed alla Grecia vengono considerati con favore come prima misura per fronteggiare minaccia russa che incombe su Medio Oriente.

Preciso inoltre che, in seguito a sondaggi che ho fatti, sembrerebbe che il silenzio da parte della stampa araba al riguardo del recente messaggio del presidente degli Stati Uniti sia intenzionale e dovuto al desiderio di mantenere una cauta posizione di equilibrio fra Russia ed America, evitando di urtare comunque suscettibilità di ambedue i Paesi. Si tratterebbe quindi di temporanea prudente riserva in attesa di futuri sviluppi inevitabili e nella speranza che gli Stati Uniti d'America, come ebbi ad accennare (pag. 3 del mio telespresso n. 1303/379) diano loro appoggio nelle questioni che in questo momento più preoccupano mondo arabo. Tali questioni sono: Grande Siria, problema egiziano, problema palestinese.

325

IL MINISTRO A BOGOTÀ, CASSINIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4893/6. Bogotà, 10 aprile 1947, ore 19,18 (per. ore 9,20 dell'll ).

Mi riferisco al telegramma di V.E. n. e telegramma circolare successivo 2 .

Perdurando crisi ministeriale ho avuto lungo colloquio con questo segretario generale Ministero degli affari esteri. Dopo avergli ricordato mie replicate insistenze in conformità istruzioni impartitemi, ho concluso dicendo che atteggiamento negativo Colombia in questo caso appariva ingiusto, troppo affrettato ed in contrasto con le dichiarazioni cordiali ripetutamente espressemi. Segretario generale mi ha

2 Non rinvenuto. 325 1 Il testo del T. 2, del 17 marzo, era il seguente: «Occorre insistere, come già opportunamente fatto da V.S., nella circostanza che trattato non fu negoziato. Su ciò si basa quindi moralmente e giuridicamente richiesta revisione».

2 T. 4486/c del 18 marzo, per il quale vedi D. 186. nota 3.

spiegato che la risposta data iniziativa equatoriana era stata trasmessa soltanto dopo accertamento mancanza di unanime consenso di tutti i Governi interpellati e che suo contenuto dipendeva ~come è noto ~da ragioni di principio alle quali Colombia non poteva derogare da questione forma proposta che secondo opinione Governo colombiano non sembrava né opportuna né efficace tenuto conto deplorevole esito precedenti interventi. Mi ha inoltre promesso memorandum con maggiore precisazione anche per quanto riguarda posizione delegato Colombia nel Consiglio sicurezza per evitare alla dichiarazione indifferenza grandi Potenze. Tuttavia nello stesso tempo mi ha confermato che appena se ne presenterà possibilità Colombia intende dar prova tangibile suoi sentimenti solidarietà causa italiana. Gli ho risposto che avrei riferito E.V. per chiarire speciale situazione in cui si trova questo Governo ma che per mio conto sia pure ammettendo buone intenzioni non potevo dichiararmi soddisfatto.

324 1 Dell'8 aprile, indirizzato alle legazioni a Beirut, Il Cairo, Teheran ed al consolato a Gerusalemme, con il quale Fransoni aveva chiesto ai rispettivi rappresentanti di riferire circa le eventuali ripercussioni del discorso di Truman presso gli ambienti della Lega araba.

326

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. URGENTE RISERVATISSIMO 3197/903. Washington, 10 aprile 1947 (per. il 14).

In conformità alle istruzioni impartite col telegramma di V.E. del 25 marzo

u.s. e col successivo telespresso n. 31/153/Jl, onoromi assicurare che non si è mancato di avere ulteriori conversazioni al Dipartimento di Stato circa le prospettive della nostra ammissione all'O.N.U., secondo le previsioni ed i propositi americani.

Del pari sono stati iniziati gli opportuni sondaggi nell'ambiente delle Nazioni Unite a New Y ork. Altri contatti ho qui avuto con alcuni dei miei colleghi latino-americani, ed in particolare cogli ambasciatori del Brasile e della Colombia, i cui Paesi fanno attualmente parte del Consiglio di sicurezza, nonché coll'ambasciatore di Cuba, entusiasta amico dell'Italia e che gode sia qui (anche alla Unione Panamericana), sia a Lake Success di considerevole influenza personale.

Riassumo brevemente: l) per quanto concerne gli Stati Uniti, come è noto a codesto Ministero, fino dalla Conferenza di San Francisco abbiamo qui continuamente battuto sulla necessità di una sollecita ammissione dell'Italia all'O.N.U.: nell'estate 1946 il Dipartimento di Stato prese in concreto esame la eventualità che l'Italia potesse presentare domanda di ammissione all'O.N.U. in tempo per l'Assemblea generale d'ottobre 1946. La questione sarebbe stata anche portata all'esame della Casa Bianca con esito pienamente favorevole. Si sarebbero anche avviati dei contatti cogli inglesi, ma il Foreign Office avrebbe allora espresso l'avviso che l'iniziativa fosse prematura e che occorreva attendere la conclusione del trattato di pace. V.E. ricorderà che

i propositi americani trapelarono anche negli ambienti dell'O.N.U., provocando un comunicato di quei rappresentanti britannici.

Comunque, a quanto è stato affermato al Dipartimento di Stato, Byrnes avrebbe nell'autunno parlato della questione con Bevin, ottenendo una certa modifica del primitivo atteggiamento britannico.

La questione sarebbe stata allora discussa sembra nel Comitato dei supplenti che redigeva il trattato di pace, almeno tra americani, inglesi e francesi. Questi ultimi avrebbero dichiarato-e la dichiarazione sarebbe registrata agli atti di tale Comitato-che la Francia non avrebbe potuto appoggiare la domanda di ammissione dell'Italia, più quando il trattato di pace non fosse stato ratificato ed entrato in vigore. Non è stato ancora possibile accertare esattamente la data ed il luogo di tale discussione: forse a Londra dopo la Conferenza di Parigi, forse a New York.

Alcune settimane fa, la Divisione del Dipartimento di Stato che si occupa dell'O.N.U., nell'incominciare l'esame delle questioni che avrebbero potuto essere discusse all'Assemblea del prossimo settembre, riprese in considerazione il progetto americano dell'anno scorso.

Alla luce dei precedenti delle animate discussioni procedurali svoltesi nel settembre scorso per l'ammissione di nuovi membri alle Nazioni Unite, la Divisione presentò un rapporto, nel quale si sosteneva l'opportunità che, ad evitare abbinamenti e conseguenti manovre e ritardi, la domanda di ammissione dell'Italia fosse presentata all'O.N.U. al più presto possibile e prima delle domande di altri Stati, in modo da assicurarci, secondo la procedura stabilita nel 1946, una priorità nelle discussioni.

Il Contenzioso espresse il parere che non vi era alcun ostacolo giuridico a che la nostra domanda di ammissione fosse presentata prima della ratifica del trattato di pace. La questione fu sottoposta all'Acting Secretary of State, il quale approvò l'iniziativa. Di conseguenza, la Direzione degli affari politici ci fece il 20 marzo la comunicazione riferita a V.E. 2 . Contemporaneamente l'ambasciatore Dunn veniva incaricato di fare costà analoga comunicazione. Come è noto un consimile avviso è stato espresso al Governo austriaco. Altra comunicazione del genere potrà essere fatta quanto prima al Governo ungherese.

Il Dipartimento, per il particolare interesse che si annette all'ammissione quanto più sollecita possibile dell'Italia, auspica ovviamente che la nostra domanda possa precedere quella di Vienna, ed a maggior ragione, quella che potrà presentare l'Ungheria, per non parlare, come naturale, della Romania o peggio della Bulgaria. Il Governo bulgaro è qui tutt'altro che ben visto e non è da escludere che si prevedano particolari dibattiti per la sua ammissione all'O.N.U., che si vorrebbe evitare possano essere maggiormente complicati da eventuali tentativi di abbinamento coll'ammissione dell'Italia.

Ho riferito a V.E. con mio telegramma per corriere dell'8 corrente 3 le esplicite dichiarazioni fattemi da Acheson circa il pieno appoggio americano che è assicurato alla nostra domanda, nonché circa l'opportunità che questa, per le anzidette ragioni, sia presentata quanto prima.

Il Dipartimento è d'opinione che la nostra ammissione non dovrebbe incontrare particolari ostacoli, specie ove la priorità della presentazione consenta di evitare connessioni. Evidentemente vi è la presunzione che in settembre, quando si riunirà l'Assemblea delle nazioni Unite, il nostro trattato di pace sarà stato regolarmente ratificato, assicurando pertanto il concorso dei Quattro Grandi a sostegno della nostra domanda. È impossibile prevedere ora la situazione che potrebbe derivare dalla complicazione di una mancata ratifica.

Il Dipartimento non prevede alcuna difficoltà da parte della Cina ed è sicuro della maggioranza che voterebbe a favore della nostra domanda nell'Assemblea (circostanza che potrebbe non verificarsi per qualche altro Paese).

2) Secondo anche le informazioni assunte riservatamente a Lake Success, finora non vi sono nuove domande di ammissione da esaminarsi dal Consiglio di sicurezza, il quale come è noto deve passare poi le domande all'Assemblea generale. Le cinque domande presentate l'anno scorso dall'Albania, dall'Irlanda, dal Portogallo, dalla Transgiordania e dalla Mongolia Esterna che non vennero accolte nell'autunno scorso dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, furono da quest'ultima rinviate ad uno speciale Comitato da essa nominato. Questo Comitato, -composto da delegati degli Stati Uniti, U.R.S.S., Inghilterra, Australia, Svizzera e Svezia -dovrà riferire in merito alla Assemblea generale del settembre prossimo. Negli ambienti deli'O.N .U. si mostra attualmente di ritenere che le domande dell'Albania e della Irlanda avrebbero scarse possibilità di essere accolte esistendo un abbinamento, che potrebbe anche esservi per almeno due delle restanti tre domande.

3) Per quanto riguarda l'atteggiamento degli Stati latino-americani, che ovviamente sono tutti favorevoli alla nostra ammissione, ho intrattenuto confidenzialmente questi ambasciatori del Brasile e della Colombia. Il collega brasiliano mi ha assicurato che avrebbe visto nei prossimi giorni l'ex ministro degli esteri Aranha, che rappresenta il suo Paese nel Consiglio di sicurezza e mi avrebbe subito dopo comunicato le informazioni ottenute e l'avviso del predetto.

L'ambasciatore di Colombia mi ha risposto che, in via personale, poteva assicurarmi che la Colombia, membro del Consiglio di sicurezza, ci avrebbe certo appoggiato e che era sua convinzione che non vi sarebbe stata alcuna seria opposizione, dati anche gli impegni presi dai Quattro a Potsdam. Nell'Assemblea l'Italia avrebbe potuto contare sulla solidarietà di tutti gli Stati latino-americani e certo su molte altre Nazioni amiche. Egli è convinto che, anche dal punto di vista del contributo che certo daremo ai lavori delle Nazioni Unite, la presenza dell'Italia sia molto desiderata.

Riferisco più estesamente le dichiarazioni fattemi dal mio collega cubano, che è anche membro autorevole del Consiglio economico sociale dell'O.N.U.: «A mio parere l'Italia è la Nazione che ha maggiori probabilità di entrare senza opposizione. È già acquisito in suo favore un blocco di ventisette Stati, cioè gli Stati Uniti, venti Repubbliche latino-americane, le Filippine, i cinque Stati arabi. È evidente che avrete poi l'adesione di molte altre Nazioni; ma di quelle indicate sono certo fin d'ora».

Alla mia osservazione che gli Stati arabi potrebbero forse pencolare per via delle questioni coloniali, Belt ha risposto: «Gli Stati arabi sono legati con noi indissolubilmente, e impegnati a votare d'accordo, perché noi li sosteniamo nella questione della Palestina. Altrimenti rimarrebbero soli ed assolutamente impotenti. Io giudico che di fronte ad uno schieramento di questa portata, in partenza, non vi dovrebbe essere grave rischio di abbinamento, l'U.R.S.S. non avendo alcun interesse ad urtare il gruppo sudamericano data anche la grande differenza sostanziale fra il caso dell'Italia e gli altri eventuali. Quella dell'Italia è una battaglia vinta.

Anche Belt ha consigliato vivamente di presentare la domanda comunque prima del 15 maggio, quando si adunerà la sessione speciale delle Nazioni Unite per esaminare il problema della Palestina; perché in tale occasione altre domande potrebbero essere presentate.

Forse la valutazione di Belt, nella grande simpatia che lo anima per il nostro Paese, può un po' peccare di ottimismo. Egli è però qui unanimamente considerato persona molto seria e bene informata.

4) Per quanto riguarda poi la portata degli articoli 53 e 107 dello Statuto dell'O.N.U., (pag. 5 del promemoria allegato al telespresso cui rispondo 4), la questione è stata discussa in varie conversazioni al Dipartimento di Stato. Gli interlocutori americani hanno pienamente convenuto colla nostra interpretazione logica, che è anche quella dei giuristi del Dipartimento, secondo la quale, una volta ammessi all'O.N.U., detti articoli automaticamente decadranno nei nostri confronti.

Gli stessi interlocutori sono di parere contrario a che l'Italia ponga condizioni prima di essere ammessa. A loro avviso tanto la accennata dichiarazione circa l'inefficacia di tali disposizioni, quanto le questioni relative al capitolo settimo dello Statuto potrebbero essere facilmente regolate dopo il nostro ingresso nell'O.N.U.. Comunque vi sarà modo di ritornare sull'argomento almeno per quanto concerne gli Stati Uniti e l'Italia, nonché i Paesi latino-americani.

5) L'E.V. chiede anche il mio personale avviso sulla convenienza di aderire al suggerimento del Dipartimento di Stato. Io sono personalmente persuaso che non guadagneremmo a lasciar sfuggire l'occasione e condivido la convinzione che l'E.V. espnme.

Mi sembra d'altra parte che tutte le nostre speranze di revisione del trattato siano attualmente imperniate sull'O.N.U., sicché quanto prima ci entriamo, tanto prima ci sarà possibile dare inizio a questo nostro programma. Mi rendo conto anche di un certo aspetto suggestivo che può presentare la tesi opposta dell'«attendismo»: attendere cioè fin quando, a ricostruzione italiana largamente avviata, ci sia possibile ottenere dei seggi al Consiglio di sicurezza ed agli altri organismi dell'O.N.U., con un peso consono alle nostre tradizioni ed al nostro avvenire di grande Potenza. Ma l'attendere ci porterebbe a rinunciare a quei concreti vantaggi che potremmo intanto già avere. E certo si è che l'O.N.U. pur con i suoi evidenti difetti, con i suoi rischi, le sue incertezze e debolezze, è oggi la via unica per arrivare ad una pacifica organizzazione internazionale.

Una volta che il Governo abbia risolto coll'affermativa la tesi di principio, non riterrei che sia nel nostro interesse né giovevole al nostro prestigio di lasciar precedere la domanda dell'Italia da quelle dell'Austria, dell'Ungheria o di altri, con conseguente attesa in anticamere ed oltretutto maggiori rischi di complicazioni e pericolosi abbinamenti.

326 1 Vedi DD. 251 e 274.

326 2 Vedi D. 228. 3 Vedi D. 320.

326 4 Vedi D. 246, Allegato.

327

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3199/905. Washington, 10 aprile 1947 (per. il 9 maggio).

Asaf Ali, primo ambasciatore dell'India negli Stati Uniti, è venuto a farmi la visita di presentazione. Dà l'impressione di essere un uomo colto e vivace che ha buona conoscenza dei problemi internazionali. Egli si è dimostrato molto fiero di rappresentare il suo Paese «finalmente libero» e mi ha dimostrato simpatia per l'Italia, Nazione, come la sua, di antica civiltà. Non mi ha nascosto la sua preoccupazione per l'avvenire del mondo che risente del crescente antagonismo di due gruppi divergenti e della loro politica così spesso in contrasto con i principi enunciati.

Gli ho detto come, durante il mio soggiorno a Washington, avevo potuto notare attraverso l'attività dei delegati indiani nelle varie commissioni ed organismi internazionali quanto questi si fossero sempre mostrati competenti e preparati nel trattare le varie questioni, acquistando maggior considerazione e prestigio al loro Paese.

Abbiamo parlato a lungo della questione delle colonie italiane alle quali egli ha mostrato molto interessamento. Egli è evidentemente un fermo sostenitore dell'indipendenza delle popolazioni coloniali; ammette peraltro che qualche gruppo etnico ha ancora bisogno di essere guidato ed aiutato da Paesi più progrediti e civili, ciò che mi ha dato modo di porgli in evidenza illiberale trattamento usato dall'Italia ai nativi delle sue colonie, considerati --a differenza di quanto si verifica in altri sistemi coloniali -membri di uno stesso consorzio sociale.

Per tranquillizzarlo sulle nostre direttive politiche gli ho detto che nessuna Nazione era stata tanto larga quanto l'Italia nel dichiararsi pronta ad includere i suoi territori africani in un consorzio internazionale che comprendesse tutti i territori africani che occorre sviluppare nell'interesse generale; gli altri Stati coloniali non hanno neppure preso in esame questa possibilità.

Asaf Ali si è mostrato particolarmente interessato alla sorte della Cirenaica. Gli ho spiegato come oggi l'Italia abbia in quella regione un notevole interesse per la ripresa e l'espansione del lavoro agricolo di una nostra numericamente modesta emigraziOne.

Egli ha mostrato poi una certa curiosità circa la voce corsa tempo fa di disegni americani tendenti ad assicurarsi, in Cirenaica, eventuali basi a sostegno della politica degli Stati Uniti nel Mediterraneo orientale. Gli ho detto che --almeno per oggi -non consideravo la cosa verosimile, ma che non escludevo che la Marmarica, data la sua importanza strategica potesse essere presa in considerazione qualora si fosse riuscito ad istituire -col consenso di tutti gli Stati interessati -una organizzazione per la sicurezza internazionale. Ma questo, nelle presenti condizioni delle relazioni mondiali, era ancora al di là da vemre.

328

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3875/931. Washington, 10 aprile 1947 (per. il 9 maggio).

Ho incontrato parecchie volte Kosanovic ed ho avuto amichevoli conversazioni con lui anche prima della ripresa delle relazioni tra Roma e Belgrado.

Giorni or sono -in seguito a tale ripresa -Kosanovic mi ha mandato una nota di presentazione alla quale ho subito risposto. È poi venuto a farmi la sua prima visita ufficiale.

Kosanovic è nato e cresciuto a Fiume; parla benissimo italiano e dichiara sentimenti concilianti verso il nostro Paese. Gli ho detto parecchie volte che le mie simpatie per una leale cooperazione italo-jugoslava sono antiche e ben fondate sui permanenti nostri comuni interessi.

Gli ho parlato della missione Mattioli a Belgrado, illustrandogli la personalità del suo capo, accertandolo che non si sarebbe potuto fare una migliore scelta nell'intento di addivenire ad un costruttivo accordo economico tra i due Paesi.

Gli ho parlato quindi della nota questione delle navi e del relitto del Rex di cui Belgrado si è impossessato o vorrebbe impossessarsi anche se nelle acque del Territorio Libero, facendogli intendere che non si tratta solo di una controversia italo-jugoslava, ma di una questione della quale non possono non interessarsi gli anglo-americani.

Mi ha detto di non conoscere i particolari della questione; di sapere soltanto che Belgrado ha dato una risposta negativa all'ambasciata americana. Si informerà e mi farà sapere; non presto perché i suoi contatti con Belgrado sono piuttosto lenti.

Kosanovic con argomenti molto simili a quelli di Novikov, mi ha espresso la sua apprensione per l'atteggiamento della stampa americana e di gran parte dell'opinione pubblica nei riguardi della Russia, e di tutti i problemi connessi con l'U.R.S.S. Mi ha anche parlato con molta critica della politica di Truman in Grecia ed in Turchia, a sostegno di Governi anti-democratici che non rappresentanto le rispettive Nazioni.

Gli ho domandato il suo avviso se la situazione al confine greco giustificasse la preoccupazione che qui si ha di ingerenze straniere in Grecia sotto la pressione di Mosca. Ha risposto che le prove che si sono raccolte sono di minima portata. Secondo lui si tende ad esagerare. Da una intervista data dal maresciallo Tito al giornalista del New York Times Sulzberger, per dare una prova dell'avidità jugoslava su Salonicco si tolse la riserva dell'intervistato che suonava così: «Per mezzo di decisioni delle Nazioni Unite», falsando quindi tutto il concetto.

L'opinione di Kosanovic è che l'Europa intera va a sinistra e che non vi è alcuna possibilità per l'Inghilterra e gli Stati Uniti di frenare un tale movimento con degli interventi destinati a mantenere situazioni artificiali.

A proposito del regime interno jugoslavo l'ambasciatore mi ha fatto presente che non v'è alcuna ragione di allarme per «qualche nazionalizzazione di industrie che rendevano enormemente a capitalisti privati e stranieri, per esempio le miniere di Bor».

Per la Venezia Giulia Kosanovic ha espresso il parere che italiani e slavi, data l'entità dei comuni interessi, potranno convivere pacificamente e prosperare.

Gli ho detto naturalmente che condividevo quella opinione, purché si stabilissero le condizioni necessarie di buon vicinato e di leale interesse tra i due Paesi, eliminando parecchie attuali ragioni di diffidenza e di attrito.

Kosanovic era dispiaciuto ed irritato di non essere riuscito ad ottenere grano dagli Stati Uniti per l'approvvigionamento del suo Paese in difficoltà; ed era assai preoccupato degli ostacoli che incontrava per il trasporto di 50 mila tonnellate di patate che gli erano state concesse.

Nella conversazione si è anche parlato della scelta di un governatore per Trieste. Mi ha ripetuto una sua idea che mi aveva comunicato altre volte: La Guardia come governatore ideale del Territorio Libero. Gli ho risposto che tale scelta sarebbe stata ottima; vi si opponeva però attualmente la decisione di non nominare cittadini dei Quattro. La Guardia del resto disse a me, qualche tempo fa, che la funzione era «troppo piccola» per lui.

Della cosa si era anche avuto modo di parlare col Dipartimento di Stato. Né si poteva escludere completamente che, tra qualche tempo, cadendo tutte le candidature per le probabili reciproche opposizioni dei delegati dei Quattro, si possa anche affacciare l'ipotesi La Guardia.

329

L'INCARICATO D'AFFARI A BEIRUT, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4904/47-48. Beirut, 11 aprile 1947, ore 10,45 (per. ore 18,50).

Telegramma ministeriale n. 5595/c. in data 8 corrente 1•

Dichiarazioni Truman sono state accolte con molto favore in questi ambienti governativi. Difficoltà complicazioni e incertezza della politica inglese (cui viene qui attribuito anche inviso progetto della grande Siria) avevano già provocato tentativo interessare maggiormente America tutela indipendenza e interessi libanesi. Presa di posizione americana che, come mi ha confessato una delle maggiori personalità locali, nessuno attendeva tanto improvvisa e tanto esplicita, ha avvivato molte speranze in una estensione più o meno palese degli aiuti americani al Libano.

Ciò non tanto per timore della Russia (una delegazione libanese già ospite della Russia ha fatto rientrando dichiarazioni filo-sovietiche che hanno avuto favorevoli ripercussioni) quanto per cercare di fare qui affluire dollari destinati rimpiazzare le cessate fonti di denaro francese ed inglese che arricchirono Libano durante la guerra. Nulla risulta per ora di accordi concreti ma è qui opinione diffusa che il Governo cerchi trarre partito dalla situazione e di fare estendere al

Libano una promessa di aiuti americani. Si crede qui che questa legazione degli Stati Uniti tenti essere favorevole a tale promessa.

Dichiarazioni Truman sembrano aver avuto ripercussioni analoghe in tutti gli altri Stati della Lega araba compresa Siria. Tutti sembrano pronti a diventare clienti degli Stati Uniti specialmente se ben retribuiti.

Dichiarazioni hanno anche notevolmente migliorato posizione britannica non solo nel Libano ma anche negli altri Stati della Lega. Personalità predetta mi ha detto che anche in Egitto atteggiamento antibritannico si è fatto più esitante e che se dichiarazioni Truman fossero state fatte un mese addietro Governo egiziano non avrebbe forse troncato trattative con Londra.

329 1 Vedi D. 324, nota l.

330

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4934/178-179. Mosca, l I aprile 1947 1

Seguito telegramma stampa 176 di ieri 2 e mio telegramma 171 del9 corrente 3 .

Effettivamente, come preannunziatomi da Bevin, Consiglio dei ministri intendeva il giorno 9 occuparsi delle questioni di procedura ma non avendo i sostituti esaurito lavoro la discussione è continuata per ora fra questi ultimi.

Accordo non è ancora raggiunto e ciò determina una oscillazione di posizioni che rende difficile dare con sicurezza il punto preciso della situazione.

Questa grosso modo può tracci arsi così: il giorno l O i sostituti si sarebbero messi d'accordo su due punti di ordine generico: l) i soli Alleati avranno piena facoltà di esporre loro punto di vista su qualsiasi problema del trattato sia ai ministri sia a sostituti; 2) gli altri Stati fra cui gli ex nemici saranno invitati a prender parte alla discussione solo sulle questioni in cui sono direttamente interessati.

A questa restrittiva fissazione principii generici i sostituti hanno fatto seguire giorno 11 discussione più specifica trattando ancora una volta della partecipazione ai comitati e sottocomitati permanenti da un lato, e alla Commissione o Conferenza consultiva informativa dall'altro.

Circa comitati apparirebbe sempre più chiaro accordo di includere, secondo Russia Francia i soli Quattro, secondo altri i soli diciotto o diciannove; sulla seconda vi è ancora maggiore incertezza perché Stati Uniti resistono sulla proposta includere nella Commissione consultiva informativa i cinquantasei Stati che dichiararono guerra inclusi quindi ex nemici. A ciò resistono russi mentre inglesi e francesi tengono atteggiamento intermedio ma non ben precisato.

330 1 Spedito il 12 alle ore 10 e pervenuto alle ore 11,30. 2 Non pubblicato.

Vedi D. 317.

Mentre mi riservo ulteriori chiarimenti man mano discussione continua e specialmente quando tema ritornerà ai ministri, osservo fin d'ora che tendenza a netta distinzione fra vari gruppi di Stati permane con tale persistenza da farla ritenere difficilmente modificabile. Aggiungo che stessa ambasciata Stati Uniti mi ha oggi lasciato intendere proposta americana estensione Commissione consultiva ai cinquantasei Stati non avrebbe molte speranze successo.

331

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 5706/564. Vienna, 11 aprile 1947 (per. i/15).

Faccio seguito al mio telespresso n. 3395/510 del 31 marzo u.s. 1 .

Ho avuto delle nuove conversazioni con i competenti funzionari di questo Ministero degli affari esteri, sigg. Kripp e Schoner, in merito al memorandum costà trasmesso dalla nota sopra citata.

Mentre mi riservo di esporre, più ampiamente, a voce, in occasione della mia venuta a Roma, le obiezioni che ho sollevato circa le singole proposte in esso contenute, faccio notare che ho attirato immediatamente l'attenzione dei miei interlocutori sulla portata delle richieste contenute al punto 3) del memorandum stesso, richieste secondo le quali gli optanti a suo tempo emigrati ed ora ritornati clandestinamente in Alto Adige non dovrebbero formare oggetto di alcuna misura che ditTerenziasse la loro posizione da quella degli optanti naturalizzati di nazionalità tedesca che non hanno abbandonato tale regione.

È superfluo rilevare al riguardo che l'accoglimento del punto di vista austriaco, costituirebbe un indebito premio per coloro che illegalmente sono rientrati ai loro Paesi d'origine e soprattutto costituirebbe un incoraggiamento al rientro clandestino, particolarmente nell'attuale favorevole stagione, delle masse di optanti emigrati che si trovano attualmente nel Tirolo.

Ho fatto notare altresì ai miei interlocutori che le disposizioni contenute nel paragrafo 5) del memorandum austriaco non riguardano la revisione delle opzioni e che pertanto converrebbe fossero trattate a parte.

II consigliere Kripp mi ha dichiarato in merito che sarebbe intenzione del Governo austriaco di approfittare della circostanza per ottenere il riesame di una serie di casi di acquisti della cittadinanza germanica che, pur non potendosi riconnettere giuridicamente con gli accordi italo-tedeschi per l'Alto Adige, andavano tuttavia connessi con l'atmosfera che era creata da tale accordo.

Ho subito risposto che, a quanto mi sembrava, tale argomento superava il quadro delle nostre conversazioni.

331 Vedi D. 289.

Da parte austriaca mi è stata nuovamente manifestata una seria preoccupazione circa le condizioni economiche in cui si verranno a trovare gli optanti al loro rientro in Italia. Mi è stato subito accennato che non si voleva fare oggetto di conversazione dell'argomento che era, evidentemente, di esclusiva competenza italiana.

Non ritengo tuttavia da escludere che, in un secondo tempo questo Ministero degli esteri non intenda allargare il tema delle conversazioni anche agli effetti finanziari degli accordi italo-tedeschi del 1939.

332

IL MINISTRO A MONTEVIDEO, ERRERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4994/28. Montevideo, 12 aprile 1947, ore 12,46 (per. ore 8 de/13).

Telegramma per corriere 5218/c. del 31 marzo 1 .

Questo ministro affari esteri mi ha precisato definitivamente che Uruguay ha consultato in via diplomatica Paesi americani in merito iniziativa Equatore ricevendone risposte discordi. Ha tuttavia dato effettivamente istruzioni all'incaricato d'affari Uruguay in Quito di comunicare adesione questo Governo alla iniziativa Governo equatoriano lasciando a quest'ultimo libertà circa modo di procedere.

Quanto atteggiamento repubbliche americane, da informazioni assunte a questo Ministero affari esteri e da colleghi, mi risulta Colombia non aderisca poiché non desidera per ragioni politica interna revisione trattati firmati. Perù obbietta analoghe ragioni. Cile sarebbe d'accordo in principio ma propende per azione individuale; Argentina ugualmente d'accordo vorrebbe riservare alla decisione Governo italiano scelta epoca del passo da compiere.

333

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, PERSICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4985/31. Santiago, 12 aprile 1947, ore 12,48 (per. ore 8 del 13).

Suo telegramma 4059/c. 1• Ministro affari esteri mi ha chiarito punto di vista Cile circa iniziativa Equatore: signor Juliet mi ha detto Cile non è favorevole passo collettivo per motivi di

quale Perrone aveva riferito sulla posizione di alcuni Stati latino-americani di fronte alla proposta equatoriana di revisione del trattato di pace con l'Italia. 333 1 Vedi D. 186.

politica generale essendo contrario a qualsiasi iniziativa che abbia carattere di blocco latino americano. Tale linea di condotta individualistica contraria a azione comune Continente era da me segnalata codesto ministero con telegramma n. 01 2 e mi è stata confermata da ambasciatore Uruguay che su mia richiesta aveva preso contatto con ministero degli esteri per preparare terreno mio passo. Nel mio colloquio di ieri ho illustrato a ministro affari esteri ingiustizia trattato e necessità sua revisione. Signor Juliet si è mostrato favorevole a azione individuale nostro interesse in seno O.N.U. aggiungendo che Cile saprà dimostrare a momento opportuno sua sincera amicizia per Italia.

332 1 Ritrasmetteva alle rappresentanze in America latina il T. 4118/10 del 25 marzo da Quito, con il

334

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DONINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1540. Varsavia, 12 aprile 1947 (per. il 5 maggio).

Arrivato in sede il 2 aprile, in piena Settimana Santa, ho trovato che quasi tutti i dirigenti del Governo o avevano già lasciato la città o si preparavano a prendere alcuni giorni di riposo fuori di Varsavia in occasione delle feste pasquali. Il direttore generale del protocollo diplomatico, Adam Gubrynowicz, che era venuto alla stazione a ricevermi, mi aveva infatti comunicato che il ministro degli esteri Modzelewski sarebbe partito il giorno seguente e si scusava con me se si vedeva costretto a rimandare il nostro primo incontro al 9 o al l O, al suo ritorno in città. Modzelewski, a quanto mi è stato detto, non solo lavora moltissimo -si trattiene spesso in ufficio sino alle tre o alle quattro del pomeriggio, senza interruzione, e poi di nuovo dalle sei a tarda notte-ma è seriamente malato di cuore. Le ferie per lui sono anche una necessità di salvaguardia della salute.

Ho approfittato della settimana libera da impegni ufficiali per orientarmi un po' sulla situazione in Polonia e per familiarizzarmi con il lavoro della nostra ambasciata. Devo subito dire che ho avuto l'impressione di un'organizzazione efficiente e capace, in perfetto ordine, che si sforza di sopperire con un più intenso lavoro alla insufficienza numerica dei funzionari e degli impiegati. Aggiungo che la premurosa assistenza ricevuta da tutti, e in modo speciale dal consigliere conte Soardi, veterano del lavoro diplomatico in Varsavia, mi è stata di grande aiuto e vantaggio in questa mia prima presa di contatto.

L'altro ieri, appena rientrato in Varsavia, il ministro degli esteri mi ha ricevuto in forma ufficiale alle due del pomeriggio e mi ha trattenuto in lungo colloquio, nel suo gabinetto di lavoro, sino alle quattro. Il consigliere conte Soardi, che mi

aveva accompagnato al Ministero, ha preso parte alla conversazione iniziale e poi si è ritirato.

Modzelewski, dopo avermi pregato di ricambiare il saluto personale che io gli avevo esteso a suo nome, signor ministro, mi ha subito annunciato che il presidente della Repubblica, Bierut, mi avrebbe ricevuto due giorni dopo, il 12 corrente, per la cerimonia della presentazione delle credenziali. Chiusa questa parentesi, il colloquio ha proseguito assumendo una forma sempre più cordiale e amichevole. Il ministro è effettivamente molto pallido e tradisce una grande stanchezza nel volto; ma le sue reazioni di pensiero e di parola sono quelle di un uomo forte, acuto, pieno di pacata volontà, che si manifesta anche di tanto in tanto in rapidi scatti nervosi. Poche ore prima di ricevermi, egli aveva tenuto una importante conferenza stampa, nel corso della quale aveva dichiarato che il Governo polacco «respingeva le proposte» formulate il giorno precedente a Mosca dal segretario di Stato americano Marshall a proposito della revisione delle frontiere occidentali della Polonia sull'Oder e sulla Nissa e che «considerava questo problema come definitivamente risolto e chiuso». Modzelewski mi ha ripetuto questa sua dichiarazione, illustrandomela con una breve storia delle discussioni che avevano portato agli accordi di Yalta e di Potsdam; ma non si è sofferamto a lungo sulla cosa, quasi a dimostrarmi con il suo atteggiamento che si tratta ormai per la Polonia de re judicata.

Dopo avermi chiesto alcune informazioni sulla situazione politica ed economica dell'Italia, sul progresso dei lavori dell'Assemblea costituente e sullo stato d'animo del popolo italiano dopo la firma del trattato di pace -Modzelewski mi ha detto di sfuggita, a questo proposito, che il Sejm polacco ratificherà il trattato di pace con l'Italia nel corso della sessione che si apre il 15 di questo mese e che si prolungherà per circa un mese e mezzo (mio telegramma n. 64 del 13 corrente) 1 -il ministro ha tenuto a darmi un quadro dettagliato della situazione in Polonia. Il governo che si è formato dopo le elezioni, egli mi ha detto sostanzialmente, è solido e duraturo. Hanno ben torto quei circoli internazionali i quali continuano a mettere in dubbio i risultati elettorali, nella speranza che l'opposizione riprenda vigore e crei degli imbarazzi al Governo di blocco democratico. La realtà è che Mikolajczyk ci ha reso un grande favore rifiutando l'offerta che gli avevamo fatto di partecipare al blocco elettorale con il 30'1<, di deputati assicurati del mandato (egli chiedeva il 75'Yo!); con 120 o 130 deputati egli avrebbe potuto creare una forte opposizione e forse anche cercar di rovesciare a suo vantaggio la situazione, mentre oggi i suoi 28 deputati non hanno che il valore di un simbolo. È vero che una parte dei membri del P.S. L. 2 sta cercando di entrare in massa nel partito socialista, nel tentativo di orientare il P.P.S.' verso alcune forme di incipiente opposizione (telespresso di questa ambasciata 6 marzo u.s. n. 877/262) 1; ma è egualmente vero

2 Polskie stronnictwo ludowe (Partito popolare polacco).

1 Polskia partia socjalistycna (Partito socialista polacco).

390 che il blocco governativo basato sulla collaborazione tra P.P.R. 4 e P.P.S. si rafforza alla base e specialmente in vista del primo maggio le manifestazioni di unità vanno assumendo quest'anno uno sviluppo che noi stessi non avevamo previsto (i giornali hanno infatti pubblicato le parole d'ordine comuni dei due partiti per la celebrazione della festa dei lavoratori).

La legge di amnistia è stata un successo per il Governo; più dei due terzi dei membri delle «bande clandestine» sono già rientrati nella legalità e prima dell'estate potremo dire di aver liquidato quello che ancora un anno fa sembrava un pericolo gravissimo per la nostra compagine nazionale. Le bande di terroristi ucraini comandati da ex ufficiali tedeschi, e riforniti di armi anche da alcuni gruppi reazionari stranieri, operano in un settore molto ristretto: sono essi che hanno assassinato il nostro indimenticabile generale «Walter» (Swierczeski). Per costoro, non c'è amnistia che tenga: noi ci proponiamo di sterminarli fino all'ultimo o di ridurli alla resa, e per far questo tra poco inizieremo il trasferimento nelle terre occidentali delle poche popolazioni che vivono mescolate ai ribelli in quella zona di confine e dalle quali i terroristi traggono i loro mezzi di sussistenza. Naturalmente la vita e la sicurezza della Polonia dipendono dagli sviluppi di tutta la situazione internazionale; ma è certo che la minaccia che si è affacciata alla conferenza di Mosca a proposito delle nostre «terre recuperate» tende a consolidare, anziché a diminuire, lo spirito di unità nazionale intorno al Governo.

Dopo queste affermazioni ottimistiche sullo stato dei rapporti politici nel Paese, ch'io ho voluto riferire senza commenti nella loro stessa immediatezza, il ministro Modzelewski ha precisato che tutto invece non è così roseo per quel che riguarda la situazione economica. La necessità di investire buona parte delle risorse della Nazione nella creazione di un forte apparato industriale pesa sulle popolazioni, che reclamano una maggiore quantità di prodotti di consumo e una più intensa politica di ricostruzione edilizia, specialmente nelle grandi città. Le difficoltà che abbiamo incontrato nella nostra ricerca di crediti all'estero-egli ha detto-hanno contribuito a rendere più lento questo processo. Ora le cose accennano a migliorare: ed è anche per questo motivo che noi diamo tanta importanza ai vari accordi commerciali che stiamo stipulando e tra questi all'accordo che abbiamo firmato con l'Italia e che ci auguriamo possa avere la più completa applicazione, foriera di ulteriori sviluppi. Il ministro ha voluto più volte sottolineare la simpatia con cui il Governo della nuova Polonia guarda al popolo italiano, lasciando capire che la strada è aperta ad una proficua collaborazione sul terreno economico e culturale, e anche sul terreno politico, in vista di uno sforzo comune di difesa della pace e del progresso.

Su altri punti toccati dal ministro Modzelewski nel corso della nostra lunga conversazione, mi riserbo di riferire di volta in volta, quando dovrò trattare di determinati problemi che interessano più da vicino i rapporti tra l'Italia e la Polonia.

333 2 Del 1° aprile, non pubblicato.

334 1 Non pubblicato.

334 4 Polskia partia robotnicza (Partito operaio polacco).

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BEIRUT, ALESSANDRINI

T. 5678/31. Roma, 13 aprile 1947, ore 15,50.

Suo 46 1•

Nel comunicare avvenuta ammissione Siria Banca Internazionale Ricostruzione pregasi possibilmente svolgere azione onde assicurarsi appoggio Governo siriano in favore candidato italiano elezione amministratore esecutivo Banca.

Poiché decisioni siriane potrebbero accelerare decisioni libanesi riguardo adesione istituti Bretton Woods giudicherà V.S. quali passi convenga rinnovare presso codesto Governo nel senso precedenti istruzioni.

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. PERSONALE 5876/219. Roma, 13 aprile 1947, ore 16,45.

Suo 275 1 . Precisole che accordo itala-australiano è nei termini di cui mio telegramma

n. 213 2 e cioè era subordianto tesi rinvio elezione Fondo che non ha prevalso. Giacché oggi ulteriori intese con Australia non hanno avuto luogo per elezione Banca riteniamo non avere impegni che limitino possibilità nostra candidatura.

Ho telegrafato in data odierna ambasciata Ankara 3 pregando la ottenere conferma voto turco a nostro favore. In caso risposta affermativa osservo che basteranno i 680 voti turchi assicurarci maggioranza nel quadro sei votanti 4 .

Nel caso poi che ai sei votanti dovesse aggiungersi Australia, e anche nella speranza che a voto turco in nostro favore aggiungasi voto siriano, per cui ho disposto opportuni passi, nostra maggioranza non potrebbe essere raggiunta se non avessimo favorevoli anche voti Columbia e Venezuela.

Mentre concordo quindi circa passi che V.E. possa riservatamente fare presso venezuelani e colombiani, osservo che dati speciali rapporti che vincolano costoro con Governo Stati Uniti decisione in caso ammissione Australia a voto sarebbe comunque in mani nordamericane.

le quali il Libano, qualora avesse aderito agli accordi di Bretton Woods, avrebbe considerato la candidatura italiana alla carica di amministratore esecutivo della Banca Internazionale. 336 1 Vedi D. 323.

2 Vedi D. 308, nota 3.

3 Vedi D. 337.

4 Con T. 5890/221 del 14 aprile Fransoni comunicò che il Governo turco aveva assicurato l'appoggio alle candidature italiane presso entrambi gli Istituti di Bretton Woods.

Ritengo quindi nostro atteggiamento dovrebbe essere tenuto in stretta dipendenza dalle interazioni che le risulteranno presso Dipartimento di Stato, tenendo sopratutto presente che elezione a Banca è quella che maggiormente ci interessa.

Prego urgenti comunicazioni 5 .

335 1 Con tale telegramma, del 4 aprile, Alessandrini aveva riferito circa le favorevoli disposizioni con

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS

T. S.N.D. 5877/44. Roma, 13 aprile 1947, ore 15,30.

Suo 38 1 .

Comunicasi che giorno 5 maggio avverrà votazione per elezione amministratore esecutivo Fondo Internazionale, cui parteciperanno esclusivamente Italia, Turchia, Danimarca e Venezuela. È pertanto da ritenere che elezione candidato italiano sia automaticamente assicurata da nostra maggioranza assoluta con i soli voti italiani.

Situazione diversa si verifica invece per Banca Internazionale per le cui elezioni, in data non ancora precisata ma imminente, concorrerebbero oltre predetti quattro Stati probabilmente anche Siria e Columbia.

In questo caso appoggio turco sarebbe decisivo in nostro favore ed è quindi indispensabile che V.E. ne consegua preciso impegno.

Tale situazione potrebbe essere comunque interessante anche nel caso che nel complesso votazioni potesse inserirsi anche Australia, giacché voto turco sarebbe in ogni caso necessario per poterei assicurare base maggioranza unitamente accordi con altri Paesi.

Attendo urgenti comunicazioni telegrafiche 2 .

338

IL MINISTRO A TEHERAN, PORTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5072118. Teheran, 14 aprile 1947, ore 15,30 (per. ore 11 de/15).

Suo telegramma 5595 1 .

Atteggiamenti questo Governo e tono stampa confronto presa posiziOne presidente Truman si ispirano a consueta grande circospezione. Tuttavia im

2 Non rinvenute. 338 1 Vedi D. 324, nota l.

pressione prodotta queste sfere governative è stata favorevole. Qui si considera che un conflitto tra Potenze occidentali ed U.R.S.S. sarà prima o poi inevitabile e che esso condurrà in ultimo ad una maggior indipendenza politica dell'Iran.

Ciò in quanto vittoria anglo-americana su cui qui attualmente si punterebbe condurrebbe a probabile distacco da Mosca zone centro asiatiche Unione Sovietica e loro sostituzione Stati indipendenti come pure Iran. Pertanto rinforzo americano a politica inglese Mediterraneo è visto con molta simpatia.

336 5 Vedi D. 342. 337 1 Vedi D. 309.

339

L'INCARICATO D'AFFARI A MANILA, STRIGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5064/21. Mani/a, 14 aprile 1947, ore 19,46 (per. ore 11 del 15).

Mio telegramma 15 1 e mio rapporto 43 del 18 marzo scorso 2 .

Vice presidente Elpidio Quirino mi ha informato stamane partirà 26 corrente per Stati Uniti d'America per ispezionarvi uffici consolari Filippine recentemente aperti; conta proseguire in giugno per Londra Parigi e Roma ove studierà condizioni apertura legazione in quelle capitali e sarà di ritorno Manila primi luglio. Elpidio Quirino ha manifestato desiderio firmare trattato di amicizia con l'Italia prima della partenza o almeno parafarlo qui e firmarlo con V.E. in occasione sua visita Roma. Ha aggiunto che sarebbe disposto accettare sunto miei poteri inviati telegraficamente.

Elpidio Quirino conta firmare prima partire anche trattato di amicizia con la Cina per il quale ha ripreso i negoziati settimana scorsa. Schema concordato fra Elpidio Quirino e ministro Cina -che mi ha mostrato stamane -è stato inviato Nankino per approvazione.

In esso sono state soppresse clausole concernenti commercio navigazione che avevano generato controversia (mio telespresso 35 del 5 marzo u.s.) 3 cui discussione è stata rinviata a ulteriori negoziati per trattato di commercio e navigazione. Prego telegrafare istruzioni 4•

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 160.

4 Con T. 6126/10 del 18 aprile Fransoni rispondeva che lo schema di accordo era all'esame dei dicasteri competenti.

339 1 Vedi D. 220.

340

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 5182/051. Parigi, 14 aprile 1947 (per. il 17).

Seguito mio 050 1•

In colloquio con Chauvel ho creduto opportuno di attirare sua attenzione su varie questioni relative trasferimento territori attribuiti Francia da trattato pace. Ho fatto presente a Chauvel che mentre Quai d'Orsay mostrava massima fretta per costituire Commissione militare delimitazione confini e per definire istruzioni da impartirle, nessuna risposta aveva ancora dato circa questioni contenute nel nostro promemoria di cui a mio telegramma 041 2 presentato oltre un mese fa, questioni che dovrebbero logicamente avere priorità su quelle relative Commissione confini, la quale, come è noto, ha sei mesi da entrata in vigore trattato per ultimare suo compito.

Gli ho anche accennato che, mentre attendevamo tale risposta, erano pervenute voci -voci a cui il Governo italiano non prestava fede ma che tuttavia credevo utile riferire -secondo cui il Governo francese si starebbe apprestando ad occupare militarmente territori da trasferire.

Chauvel ha riconosciuto che Quai d'Orsay era alquanto in ritardo per risposta a nostro promemoria, il quale effettivamente, Chauvel ha concordato, presenta maggiore urgenza che Commissione confini. Egli ha dato spiegazione seguente: per Commissione confini iniziativa è stata presa da Ministero guerra ed ha quindi marciato più rapida, per questioni di cui a nostro promemoria è stato necessario interpellare vari ministeri tecnici e si attendono loro risposte. Ha comunque assicurato avrebbe sollecitato.

Quanto a eventualità occupazione militare, essa è, ha detto Chauvel, assolutamente «impensabile»; essa sarebbe materialmente impossibile perché Francia non ha truppe alla frontiera italiana e comunque simile atteggiamento non corrisponderebbe allo spirito delle relazioni che Francia ha con Italia.

Sugli argomenti sopra indicati analoghe considerazioni ed assicurazioni sono state fatte anche da Coulet con cui si è intrattenuto funzionario di questa ambasciata.

2 Con tale telegramma, del 14 marzo, Quaroni comunicava di aver consegnato al Quai d'Orsay un promemoria redatto in base alle istruzioni ricevute (T. 4089/105 dell'Il marzo) di prendere accordi preventivi sulle varie questioni relative al trapasso dei poteri nelle zone da cedersi alla Francia.

340 1 Del 14 aprile con il quale Quaroni comunicava l'intenzione francese di iniziare al più presto i lavori della Commissione militare per la delimitazione del confine.

341

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DONINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1574/438. Varsavia, 14 aprile 1947 (per. il 2 maggio).

Mio telegramma del 12 corrente n. 63 1•

Nel riferire circa la cerimonia con la quale ho proceduto alla consegna delle lettere credenziali al signor Bierut, presidente della Repubblica di Polonia, mi viene fatto anzitutto di richiamarmi al telespresso n. 23/6 del 27 settembre 1945 2 con cui il mio predecessore, on. Reale, aveva dipinto il quadro e le circostanze della analoga cerimonia svoltasi al suo arrivo allorché il Governo polacco stava ancora dibattendosi tra le difficoltà del primo periodo successivo alla sua installazione nella capitale distrutta.

Se, malgrado gli sforzi ed i lavori compiuti in quest'anno e mezzo, lo spettacolo delle rovine di Varsavia rimane tuttora allucinante, il protocollo diplomatico per l'accreditamento dei capi missione stranieri si è riavvicinato alle forme dei tempi normali.

Le macchine della presidenza della Repubblica, con le quali il capo del protocollo del Ministero degli affari esteri venne a rilevare me ed il personale dell'ambasciata nel pomeriggio del 12 corrente, erano due lussuose Buick guidate da autisti con berretti gallonati. Secondo le regole che erano state stabilite per la prima volta in occasione della recente elezione del presidente della Repubblica, era prescritto l'abito da visita. Al nostro arrivo nel cortile del palazzo del Belvedere, sede del capo dello Stato, una banda militare ha eseguito l'inno di Mameli ed un battaglione di fanteria con bandiera ha reso gli onori.

La presentazione delle credenziali è avvenuta con le formalità di rito in presenza del ministro degli affari esteri Modzelewski, del direttore del dipartimento degli affari politici, ministro plenipotenziario Olszewski, del direttore del protocollo e dei capi delle case civile e militare del presidente della Repubblica.

Tra il sottoscritto ed il presidente Bierut sono state scambiate le allocuzioni di cui mi onoro accludere il testo 2 .

Dopo la consegna delle lettere di richiamo dell'an. Reale e di quelle che mi accreditano come ambasciatore, il presidente Bierut mi ha intrattenuto a colloquio per circa quaranta minuti, in un'atmosfera di grande cordialità, alla quale ha contribuito non poco la presenza del ministro degli affari esteri Modzelewski, che fungeva da interprete in un francese impeccabile. Sin dal nostro primo incontro, avvenuto due giorni prima, Modzelewski aveva infatti tenuto a dare ai nostri rapporti un particolare accento di simpatia e di amicizia, frutto senza dubbio dell'ottima impressione lasciata in tutti gli ambienti politici della capitale polacca dall'ambasciatore Reale.

334. 2 Non pubblicato.

Il presidente Bierut mi ha colpito come un uomo solido, serio, nella piena forza dei suoi cinquantacinque anni, un po' più preoccupato di Modzelewski di mantenersi su un tono di corretta ufficialità; ma la voce e lo sguardo tradiscono spesso l'interesse appassionato ch'egli sente per certi problemi. Come Modzelewski, ha l'aspetto calmo ma risoluto di gente che sa quello che vuole e non si lascia facilmente smuovere da ostacoli e opposizioni. Dopo lo scambio iniziale di cortesie protocollari, il presidente ha ricambiato i saluti personali che gli avevo esteso da parte del capo provvisorio dello Stato, on. De Nicola, e del ministro degli esteri, conte Sforza, e mi ha pregato di parlargli brevemente della situazione politica ed economica dell'Italia e specialmente dello svolgimento dei lavori per la nuova Costituzione. Particolare interesse il presidente Bierut ha inoltre dimostrato per il carattere della nostra produzione industriale e per il livello ch'essa potrebbe raggiungere se al Paese non facessero difetto le materie prime; sul terreno politico, ha chiesto dei ragguagli sul modo come funzionano le nostre municipalità elettive (il sistema qui è completamente diverso) e sui dibattiti che hanno accompagnato l'approvazione dell'art. 7 della nuova Costituzione, compiacendosi che fosse stata evitata, <<com'è anche cura e intenzione del Governo e del popolo della Polonia», un'aspra polemica di carattere religioso.

Poiché a diverse riprese, nel corso del colloquio, il presidente aveva dichiarato che «il rafforzamento della democrazia in Italia era essenziale alla solidità della nuova Europa», io ho ritenuto opportuno di ricordare che la difesa della democrazia in Italia è strettamente legata alla difesa della nostra vita economica, alla possibilità di dar lavoro alle nostre maestranze e di far funzionare in pieno le nostre fabbriche, salvate grazie all'eroismo dei nostri partigiani e dei nostri soldati nella guerra contro gli invasori tedeschi. Anche da questo punto di vista, gli ho detto, il popolo italiano fa grande affidamento sugli accordi commerciali recentemente stipulati fra la Polonia e l'Italia, e specialmente su un progressivo aumento degli invii di carbone. Ho tenuto a parlare sia pure brevemente di «carbone», perché il Governo polacco sta moltiplicando gli accordi commerciali per l'esportazione del prezioso materiale in mezzo mondo e d'altra parte le recenti disastrose inondazioni hanno fatto sorgere in certi ambienti la tendenza a scagionare d'anticipo la Polonia se per caso non riuscisse a far fronte nell'immediato futuro a tutti gli impegni assunti per l'esportazione di certi suoi prodotti. «Ogni treno di carbone polacco che arriva da noi -ho dichiarato al presidente Bierut -è un mattone di più per l'edificio della nuova democrazia italiana». Al che il presidente, sorridendo con malcelata soddisfazione, replicò testualmente: «Noi vi promettiamo di farvi avere quanti più mattoni di questo genere ci sia possibile».

Sulla controversia che si è aperta di nuovo alla Conferenza di Mosca, a proposito delle frontiere occidentali della Polonia con la Germania, dopo le note dichiarazioni di Marshall, il presidente non ha detto parola. Tuttavia, dopo avermi chiesto quale impressione io avessi ricevuto dello sforzo di ricostruzione del Paese, egli mi ha invitato a recarmi a visitare, non appena ne avessi la possibilità, le regioni ricuperate della Slesia e della bassa Odra, «per convincermi dell'immenso lavoro che è stato svolto in meno di due anni su quelle terre, che sono ritornate alla patria dopo secoli di occupazione tedesca».

La cerimonia ha quindi avuto termine ed il battaglione ha reso gli onon all'uscita del palazzo eseguendo l'inno nazionale polacco.

Lo stesso giorno ha rimesso le credenziali di ambasciatore il signor Hejret, sinora rappresentante con rango di ministro della Cecoslovacchia, la cui legazione è stata elevata ad ambasciata in occasione della recente firma del patto di amicizia e di mutua assistenza tra i due Paesi (telespresso di questa ambasciata n. 955/275 del 12 marzo u.s-)3.

Contrariamente a quanto sarebbe stato da prevedere dati i particolari legami che, malgrado le vertenze territoriali e minoritarie rimaste insolute, uniscono le due vicine nazioni slave, il mio accreditamento è avvenuto un'ora prima di quello dell'ambasciatore Hejret, dando così a me la precedenza su di lui. Ciò è stato voluto personalmente, a quanto mi risulta, dal ministro degli affari esteri Modzelewski e costituisce un atto di cortesia verso l'Italia non privo di significato nel momento attuale. È pure da tener presente la circostanza che, in seguito al recente trasferimento degli ambasciatori di Gran Bretagna, degli Stati Uniti e di Francia i cui successori non hanno ancora raggiunto Varsavia, l'ambasciatore italiano verrà a trovarsi, nell'ordine delle precedenze, al quarto posto dopo quelli dell'U.R.S.S. (decano del corpo diplomatico), di Romania e di Jugoslavia.

Anche sulla stampa la notizia della presentazione delle credenziali del signor Hejret è apparsa soltanto oggi, mentre i quotidiani di ieri hanno dato alla cerimonia dell'accreditamento dell'ambasciatore d'Italia un notevole rilievo, come si può desumere dai ritagli qui uniti a cui è aggiunta la traduzione del resoconto diramato dalla P.A.P 3 .

Parecchi dei titoli, pubblicati su due o su tre colonne in seconda ed in prima pagina, hanno sottolineato la frase contenuta nella mia allocuzione in cui, prendendo lo spunto dai recenti accordi commerciali italo-polacchi, ho affermato che nell'opera per la rinascita della prosperità, della giustizia e della fiducia tra le Nazioni amanti della pace l'Italia fa affidamento sulla Polonia così come la Polonia

può fare affidamento sicuro sull'Italia. Isolati dal testo, i titoli «L'Italia conta sulla Polonia, la Polonia può contare sull'Italia» hanno assunto un significato evidentemente più forte. In questi giorni, in cui la Polonia vede attaccate a Mosca le proprie frontiere occidentali, ogni dettaglio atto a dimostrare che questo Paese gode di amicizie e di simpatie da parte di Nazioni straniere sembra essere messo volentieri in evidenza, anche quando si tratti dell'Italia posta sino a ieri nel campo dei vinti e risollevantesi ora a fatica dalla tragedia della guerra tra le pastoie delle dure condizioni di pace impostele dai vincitori.

A pochi giorni di distanza dall'arrivo in sede, sarebbe prematuro da parte mia esprimere giudizi di carattere generale circa l'atteggiamento del Governo polacco verso di noi. Mi limiterò pertanto a concludere che le accoglienze riservatemi ed i primi contatti da me avuti con il capo dello Stato e con il ministro degli esteri mi hanno dato una impressione molto favorevole che mi sembra di buon auspicio per la missione che mi appresto ad iniziare in questo Paese.

341 1 Con tale telegramma Donini aveva comunicato di aver presentato le credenziali. Vedi anche D.

341 3 Non pubblicato.

342

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5134/280. Washington, 15 aprile 1947, ore 11,28 (per. ore 18 del 16).

Telegramma V.E. n. 219 1 .

Domani 16 aprile direttori esecutivi Banca Internazionale terranno riunione settimanale. Da informazioni raccolte è peraltro incerto se verranno trattate le elezioni immediate direttori esecutivi o rinvio.

Riassumo situazione oggi: l) Uffici competenti Dipartimento di Stato e Tesoro dichiarano propendere per soluzione analoga quella adottata da Fondo riconoscendo illogicità due diverse procedure. 2) Ambienti nord americani Banca Internazionale sono stati informati confidenzialmente nostra attuale situazione con Australia. Essi sono tuttavia perplessi nella tema eventuale acuto contrasto con gruppo che ritiensi favorevole tesi rinvio (che potrebbe comprendere oltre britannici anche Francia, Belgio ecc.) tanto più che contrasto risaputo e divulgato stampa potrebbe avere ripercussione a Wall Street proprio ora che Banca, dopo aver iniziato delicata fase suo riassestamento, si accinge emissione obbligazioni su mercato New York. Ambienti stessi non conoscono ancora con precisione atteggiamento inglese. Preferirebbero quindi temporeggiare in seduta domani. 3) Direttori esecutivi Cuba e Cile (che ho opportunamente informato), assicurano loro propositi sostenere tesi a noi più favorevole. 4) Ambasciatore Polonia mi ha comunicato che il gruppo tre Stati slavi, rappresentato da direttore esecutivo polacco, non è attualmente concorde: mentre rappresentante Cecoslovacchia si è dichiarato a favore della nomina direttore italiano, quello jugoslavo sarebbe nettamente contrario; delegato polacco si adopererebbe per comporre divergenza. 5) Ho oggi intrattenuto in via confidenziale ambasciatore di Colombia pregandolo adoperarsi efficacemente affinché rappresentante suo Paese voti per direttore esecutivo italiano quando avranno luogo elezioni. Mi ha assicurato suo interessamento. Ne riferirà a suo Governo. Ha consigliato anche nostro passo diretto a Bogotà, tanto più che trovasi colà governatore Colombia signor Toro. 6) Vedrò domani incaricato d'affari Venezuela. Suppongo che anche egli dovrà riferire a Caracas, ciò che potrà rendere opportuno nostro diretto passo colà. Questa ambasciata non manca tenersi in contatto con americani. Telegraferò ulteriormente2•

342 1 Vedi D. 336. 2 Con T. 6172/227 del 18 aprile Fransoni comunicò di aver incaricato le legazioni a Caracas e Bogotà di intervenire presso i rispettivi Governi.

343

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, SILIMBANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5118/14. Gerusalemme, 15 aprile 1947, ore 19,40 (per. ore 7,30 del 16).

Rispondo al telegramma di V.E. 5595/c. 1 .

Politica mediterranea presidente degli Stati Uniti sebbene valutata sua importanza non ha determinato ripercussione degna di rilievo Palestina polarizzata proprio problema. Organismi ebraici nutrono moderata speranza presenza America Mediterraneo possa agevolare gradualmente raggiungimento loro aspirazione. Ambienti arabi ostentano indifferenza e riserve considerando sviluppo politico U.S.A. come conseguenza diretta ad accrescere interesse americano Paesi arabi il che imprime incremento economico Paesi stessi ma limitazione loro indipendenza. Data tendenza emancipazioni tutela britannica presenza America viene considerata utile elemento manovra, stampa araba ebraica riporta corrispondenza agenzie estere senza commenti.

344

IL RAPPRESENTANTE AD OTTAWA, FECIA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 5523/09. Ottawa, 15 aprile 1947 (per. il 24).

Essendomi stato ufficiosamente (verbalmente) fatto sapere che Governo canadese non intende più accreditarci altre somme oltre quella di 3.900.000 concessaci nell'ottobre scorso in conto am-lire, ho chiesto udienza al ministro esteri St. Laurent per trattare questione.

Durante visita gli ho consegnato un appunto ponendo in rilievo nostre urgenti e gravi necessità alimentari; ho messo in evidenza verbalmente, che se Governo canadese non ci fornirà più valuta ci sarebbe stato difficile in futuro acquistare soprattutto cereali in Canada.

Da parte mia, comunque, ho fatto in proposito e per iscritto le più ampie riserve sulla decisione del Governo canadese che ritengo unilaterale.

Ho anche prospettato possibilità, ove Governo canadese non sarà più in grado accreditarci ulteriori somme in conto am-lire, di fornirci sotto altra forma mezzi pagamento per nostri acquisti grano e farina canadese. Egli mi ha in tale occasione prospettato situazione finanziaria canadese tutt'altro che florida avendo bilancio

pagamenti con U.S.A. un deficit accertato di circa mezzo miliardo di dollari U.S.A. (mio rapporto n. 2694/327 del 13 aprile corrente) 1 .

Ministro St. Laurent mi ha verbalmente comunicato che Governo canadese intende rinunciare a richiederci pagamento delle somme di circa dollari 25 milioni corrispondente agli aiuti forniti dai militari canadesi alla popolazione italiana (quota canadese equipaggiamenti esercito italiano e rifornimenti popolazione civile).

Ho anche appreso, da altra fonte, che Governo canadese avrebbe in animo di istituire un fondo per venire in aiuto a taluni Paesi europei, fornendo gratuitamente quantitativi di generi alimentari e l'Italia ne verrebbe compresa.

Ho successivamente incontrato questo sottosegretario agli esteri Pearson al quale ho anche accennato alle più importanti questioni tuttora pendenti con questo Paese.

Nel corso della conversazione si è prospettata la convenienza di esaminare, di comune accordo, le più importanti questioni che sono tuttora in sospeso o che sono solo parzialmente risolte. Premesso che ho attentamente evitato di accennare in qualsiasi modo a ratifica trattato di pace ho tratta precisa impressione che ~secondo quanto mi ha detto ministro St. Laurent e ribadito sottosegretario Pearson ~questo Governo proponesi di sottoporre al Parlamento la ratifica dei trattati di pace assai presto e probabilmente durante il corso dell'attuale sessione del Parlamento.

Sarebbe, pertanto, assai utile ed urgente iniziare un preliminare esame dettagliato, da parte mia (con addetto commerciale per questioni sua competenza) con funzionari canadesi ~ulle principali questioni tuttora in sospeso. È ovvio che sarà mia cura di intrattenere, per prime, queste autorità sulla questione degli acquisti italiani di prodotti alimentari in Canada e del relativo finanziamento.

Faccio presente che le questioni non sono numerose e neppure complicate e di semplice trattazione in quanto come è noto questo Governo da tempo ha già concesso la tariffa intermedia per le merci italiane (equivalente alla clausola della nazione più favorita); ha sbloccato le successioni italiane apertesi in Canada dopo l'ottobre 1945; è intenzione del Canada (come detto più sopra) di rinunciare a richiederci il rimborso degli aiuti fomiti dalle truppe canadesi alla popolazione italiana.

Agli argomenti più sopra accennati potrebbero aggiungersi quelli dello sblocco delle proprietà e beni italiani sequestrati dal Canada; della immigrazione e degli scambi culturali. Questo sottosegretario mi ha inoltre espresso desiderio includere in questo preliminare ed ufficioso esame questione ristabilimento completo relazioni diplomatiche con nostro Paese.

Conversazioni avrebbero pertanto carattere puramente informativo ed esplorativo ad eccezione di quanto riguarda questione am-lire ed acquisti in Canada.

Prego pertanto codesto Ministero volermi telegrafare con cortese urgenza se concordi in quanto da me sopra prospettato ed inoltre farmi pervenire istruzioni circa eventuali altre questioni che potrebbero da me essere discusse con queste autorità2•

2 Con T. 6657/34 del 29 aprile Grazzi rispondeva: «Nullaosta inizio esame preliminare questioni pendenti con autorità canadesi sulle linee rappresentate dalla S.V. Argomenti indicati nel suo telegramma per corriere n. 09 sembrano per ora esaurire agenda questioni economiche da discutere con codesto Governo».

343 1 Vedi D. 324, nota l.

344 1 Non rinvenuto.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

L. Roma, 15 aprile 1947.

Desidero innanzi tutto dirle il mio compiacimento per l'attività svolta dall'ambasciata durante la Conferenza di Mosca, sia per il servizio informativo, sia per l'esecuzione delle istruzioni inviatele; se non si sono potuti conseguire i risultati sperati, cui continuiamo a mirare, la fondatezza della nostra richiesta di partecipazione alla pace con la Germania è stata riconosciuta in principio, e poiché la questione è destinata a trascinarsi ancora per qualche tempo, resta aperta la possibilità per noi di agire ulteriormente affinché le modalità della nostra partecipazione siano adeguate alla concretezza dei nostri interessi. In· questo senso mi riprometto di insistere nei contatti che avrò a Londra in occasione della mia prossima visita a Bevin; un messaggio confidenziale che il segretario Marshall mi ha fatto pervenire tre giorni fa attraverso Dunn 1 mi ha assicurato del più caldo appoggio americano

. .

per un prosstmo avvemre.

Per eventuale sua norma di linguaggio, ritengo necessario chiarirle che la mia visita a Londra, -che avrà luogo per invito di Bevin -ha essenzialmente lo scopo di consolidare la normalizzazione dei rapporti italo-britannici, così come, col viaggio del presidente De Gasperi negli Stati Uniti si sono ripresi fiduciosi rapporti con quel Paese. Nell'isolamento in cui siamo venuti a trovarci ciò è indispensabile anche per poter a poco a poco rendere al Paese quella fiducia in se stesso e nella collaborazione internazionale che sono presupposti fondamentali per la nostra rinascita. Noi desideriamo in sostanza poterei reinserire nella comunità internazionale e a tal fine non possiamo che vedere con simpatia gli incoraggiamenti che ci vengono dati e le opportunità che ci vengono offerte di ristabilire con tutti i Paesi e in primo luogo con le maggiori Potenze le antiche amichevoli relazioni. È quindi evidente che una possibilità in tal senso e a tali fini, anche nei confronti dell'U.R.S.S., non potrebbe che essere accolta da noi con uguale interesse, e sarebbe considerata dal Governo e dall'opinione pubblica italiana nel modo più favorevole. Codesto Paese, col senso politico realistico di cui ha tante volte dato felice prova, è stato il primo a riporre su di una base di normalità -all'indomani stesso dell'armistizio -le relazioni diplomatiche con l'Italia e a dimostrare le sue effettive intenzioni di ristabilire con l'Italia quei rapporti di amicizia che nulla aveva per secoli turbato; il trattato di pace è ormai firmato e sarà prossimamente ratificato: le modificazioni che esso necessita non sono un problema immediato. Ciò che più mi preme ora è che le nostre relazioni con la Jugoslavia si distendano; non dovrebbero quindi esservi difficoltà per un serio tentativo di riavvicinamento anche con

l'Unione Sovietica. Lascio a lei di considerare questa possibilità e di sondare, nella maniera che riterrà più opportuna, codesti ambienti, facendomi poi conoscere il suo pensiero.

345 1 Cfr. Foreign Relations of the United States, 1947, vol. Il, cit., pp. 497-498.

346

IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI ALLA LEGAZIONE DI JUGOSLAVIA A ROMA

NOTA VERBALE 5/1971. Roma, 15 aprile 1947.

Il Ministero degli affari esteri presenta i suoi complimenti alla legazione della Repubblica federativa popolare jugoslava e la prega di voler portare a conoscenza del suo Governo quanto segue:

Come noto nel febbraio scorso i Governi degli Stati Uniti, del Regno Unito, dell'U.R.S.S., della Francia, con un passo collettivo fatto a Belgrado ed a Roma, invitavano i Governi jugoslavo ed italiano ad inviare loro delegati a Trieste perché, sotto l'egida di una Commissione mista delle quattro Potenze sopra menzionate, procedessero ad una delimitazione provvisoria della nuova frontiera itala-jugoslava, in attesa dell'espletamento dei lavori di demarcazione definitiva a norma del trattato. Tale invito essendo stato accettato dalle due parti le delegazioni si riunivano a Trieste ai primi di marzo.

In occasione dell'inizio dei lavori fu costituita una «Supervisory Commission» formata da rappresentanti delle quattro Potenze che dettò anche le direttive cui i delegati jugoslavi ed italiani erano invitati ad attenersi. Nel corso della prima riunione plenaria delle delegazioni italiana e jugoslava e dei membri della Commissione, tenutasi in data 4 marzo, il capo della delegazione jugoslava sollevò eccezione ai poteri di supervisione -anche se esercitati in linea provvisoria -della Commissione in caso di divergenza di interpretazione della lettera del trattato, mentre il capo della delegazione italiana dichiarò di non aver obiezioni da formulare in proposito. Di fronte al contrasto, il presidente della Commissione decise di rinviare tale questione di principio alla decisione dei Governi delle quattro Potenze, senza peraltro dilazionare l'inizio dei lavori.

In occasione del primo lodo emesso recentemente dalla Commissione per dirimere la divergenza sorta circa la linea provvisoria di confine nel settore Mernico-Recca, il capo della delegazione italiana ha dichiarato al capo della delegazione jugoslava di esser pronto a dare esecuzione al lodo stesso purché in ogni altro caso analogo venisse riconosciuto, per entrambe le delegazioni, valore normativa ai verdetti della Commissione. A tale richiesta del colonnello De Renzi -non solo ispirata a criteri di assoluta equità ed intesa a facilitare il rapido compimento dei lavori, ma di valore tanto più apprezzabile in quanto il lodo per il settore Mernico-Recca è stato favorevole alla tesi jugoslava-il capo della delegazione jugoslava si è limitato a rispondere che confermava il parere negativo già espresso circa i poteri della Commissione. Ad una successiva proposta del colonnello De Renzi di chiedere precisazioni alla Commissione con una lettera stilata di comune accordo, ha opposto un rifiuto ed ha avanzato richiesta che il caso venisse risolto sul terreno, osservando anche che a suo parere i verdetti della Commissione non hanno valore normativa ma possono essere accolti solo se conformi al testo del tratato di pace. Di fronte a tale atteggiamento, il capo della delegazione italiana si è visto costretto a precisare che non riteneva possibile risolvere casi in concreto finché non venisse definita la questione di principio circa la competenza ed i poteri della Commissione, in merito ai quali i Governi delle quattro Potenze a suo tempo interessati non hanno sinora fatto conoscere il loro pensiero.

La posizione assunta dal capo della delegazione jugoslava, mentre sembra peccare di coerenza, non apporta elementi utili per l'auspicabile risoluzione della vertenza e costituisce senza dubbio una remora al rapido compimento dei lavori di delimitazione provvisoria del nuovo confine.

È evidente che se si sostiene il principio della non validità delle deliberazioni della Commissione nei casi controversi, non è lecito prevalersi delle decisioni della stessa quando queste siano favorevoli alla propria tesi e riservarsi di non tenerne conto quando siano avverse.

Né è argomento producente l'asserire l'accoglibilità dei verdetti della Commissione soltanto quando questi siano conformi al testo del trattato perché è precisamente il testo del trattato che si tratta di interpretare nei punti dove dà luogo ad incertezze, allo scopo di comporre i dissidi che ne insorgono. La circostanza che a norma dell'art. 5 parag. 3 del trattato di pace le divergenze circa la definitiva delimitazione dei confini in sede di esecuzione del trattato devono essere sottoposte al consiglio dei quattro ambasciatori in Roma non implica che in sede di demarcazione provvisoria non si possa ed anzi non sia utile far luogo ad un lodo che, pur non rivestendo carattere definitivo, permetta il picchettamento di una linea provvisoria senza soluzioni di continuità, preventivamente al ritiro delle truppe alleate. Ciò era implicito nel suggerimento formulato dalle quattro Potenze ed è in questo spirito che il Governo italiano vi aveva aderito e che la delegazione italiana aveva intrapreso i lavori.

Se il Governo jugoslavo entrasse nell'ordine di idee di accogliere con valore normativa provvisorio le deliberazioni della Commissione in caso di divergenze, il che costituirebbe la naturale conseguenza dell'adesione anche da esso data a suo tempo alla proposta delle quattro Potenze, il Governo italiano -come sin dall'inizio ebbe a far presente per bocca del capo della delegazione italiana -non avrebbe obiezioni da sollevare.

Ove invece non si adottassero determinazioni al riguardo od il Governo jugoslavo non credesse di recedere dalla posizione assunta dalla sua delegazione, le finalità che sono alla base dei lavori non si potrebbero raggiungere, né potrebbe addossarsene la responsabilità il Governo italiano che con la presente nota torna a confermare il suo fermo desiderio che la delimitazione provvisoria del nuvo confine possa essere rapidamente ed utilmente portata a termine.

Il Governo italiano confida che il Governo jugoslavo vorrà riesaminare la situazione in spirito di collaborazione, dando le necessarie istruzioni alla propria delegazione, e resta in attesa di cortesi comunicazioni.

347

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, AL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI

T. 5973/98. Roma, 16 aprile 1947, ore Il.

Suoi 129 e 130 1•

Anticipando quanto riferito con telegramma per corriere 5840 2 non ancora pervenuto costì comunicasi che questione restituzione beni italiani asportati è tuttora impregiudicata a Conferenza Mosca. In seguito segnalazione ambasciatore Brosio questo ministero aveva espresso parere favorevole scambio note Brosio-Gruber inteso risolvere direttamente questione. Non essendo stato possibile ottenere adesione Gruber proponesi analogo scambio qui a Roma con ministro Austria. Ritienesi pertanto opportuno sganciare provvisoriamente questione stessa da quella blocco beni austriaci in Italia limitando azione relativa ricupero a semplice reperimento beni stessi sia pure attraverso azione Commissione paritetica e lasciando impregiudicata successiva risoluzione problema.

348

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5169/106. Rio de Janeiro, 16 aprile 1947, ore 22,06 (per. ore 8 del 17).

Telegramma ministeriale 61 1 e telespresso ministeriale 25333 del 9 corrente 2•

In colloquio con il presidente Dutra è stato ripreso discorso sull'argomento emigrazione. Avevo già nel frattempo lavorato terreno per evitare invio delegazione brasiliana in Italia prima che due Governi, anche in conformità istruzioni di cui al telegramma 60 3 , siano venuti, tramite questa ambasciata, ad intesa di massima.

Nomina Latour a presidente Consiglio emigrazione dopo mio primo colloquio col presidente contrariamente le relazioni del 14 febbraio, mio telegramma 53 4, offre possibilità di intesa che precedente presidenza Joao Alberto quanto meno intralciava. Ho tenuto perciò, già avanti nomina, contatti Latour, il quale mi ha anche in suo telegramma dichiarato: «Sono grato manifestare in tale occasione

2 Non rinvenuto.

3 Vedi D. 132.

4 Vedi D. 77.

simpatia attenzione speciale che la desiderata emigrazione italiana avrà dal mio incarico». Superato implicitamente progetto per l'invio delegazione brasiliana Roma, presidente Dutra mi ha dichiarato che darà istruzioni a Latour di conferire in argomento con me. Da parte mia, ho riassunto al presidente nostro pensiero sopra alcuni punti che già segnalai e che codesto ministero confermò nel suo telegramma

61. Naturalmente ho insistito su base indispensabile conoscenza piani brasiliani. Presidente e Latour (che è stato ricevuto più volte dal presidente) considerano importanza non solo accordo emigrazione diretta, ma anche di costituzione ente italo-brasiliano colonizzazione. Riservomi naturalmente riferire specificamente.

Nel frattempo, e data delicatezza fase questione, sono anche io pienamente avviso evitare pubblicità stampa che turbi svolgimento colloqui nonché evitare interferenze e discussioni all'infuori organi responsabili.

347 1 Dell'Il e 12 aprile relativi allo sblocco dei beni austriaci in Italia ed alla proposta di istituzione di una Commissione paritetica per l'individuazione dei beni italiani asportati in Austria. 2 Del 12 aprile, non pubblicato.

348 1 Riferimento errato.

349

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5200-5201/286-287. Washington, 16 aprilé 1947, ore 23,49 (per. ore 16 del 17) 1 .

Annunzio udienza concessa da Stalin a segretario di Stato ha suscitato il più vivo interesse quest'opinione pubblica che lo attendeva oramai con impazienza e fondava in anticipo su essa migliore aspettativa. Circoli politici, pur consapevoli che Marshall intendeva chiedere di essere ricevuto da Stalin nel momento culminante della Conferenza, si auguravano anche essi che ne derivassero benefici effetti sia su rapporti tra i due Paesi sia su esito lavori Quattro.

Peraltro primi telegrammi stampa qui pervenuti da Mosca sono molto cauti e non ottimisti specie per quanto concerne note divergenze del negoziato per la Germania.

Prime impressioni derivanti sono stasera alquanto migliorate da recentissime dichiarazioni di Molotov favorevoli completamento trattato austriaco in attuale sessione, che qui vengono ricollegate a udienza Stalin.

Ambienti generalmente bene informati sono molto cauti valutare possibili conseguenze benefiche dell'udienza ottenuta dal segretario di Stato dopo un'attesa van gwrm.

Al Dipartimento di Stato si affermava oggi non aver ancora conoscenza del primo rapporto telegrafico inviato da Marshall al presidente e si mostrava intanto il più prudente riserbo. È stato tuttavia confidenzialmente ammesso che segretario di Stato aveva intenzione illustrare su basi assoluta franchezza attuali direttive politica estera americana e aspetti negativi situazione. Sicché salvo improvvisi colpi

di scena, il colloquio -in sé non facile --avrebbe potuto non prestarsi immediatamente a importanti risultati tangibili. La diretta conoscenza delle reciproche posizioni da parte di Stalin e di Marshall avrebbe comunque potuto facilitare esame formule conciliative, che qui si afferma sempre auspicare.

Anche per quanto concerne situazione tedesca non sembrava prevedibile che notevoli divergenze trovassero loro composizione in quest'udienza.

Nel valutare riflessi colloquio, rilevo oltre tutto che qui prosegue violenta campagna contro discorso Wallace all'estero, mentre Congresso si accingerebbe ad approvare con maggior rapidità legge per assistenza Grecia e Turchia. Interpretazione meno cauta e più ottimistica udienza Stalin potrebbe quindi introdurre nella situazione interna americana un nuovo elemento di un certo peso: ovviamente sarebbe questo, semmai, interesse sovietico.

Portata colloquio potrà essere meglio valutata a seconda coincidenza o meno rispettive interpretazioni e alla luce sia atteggiamento questi circoli dirigenti e maggiori notizie che si potranno ottenere nei prossimi giorni al Dipartimento di Stato sia eventuale riserva o precisazione sovietica.

Ritelegraferò.

349 1 La seconda parte del presente telegramma fu spedita il 17, alle ore 2,59, e pervenne il 18 alle ore 2.

350

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5171/187. Mosca, 16 aprile 1947 1•

Colloqui avuti in questi giorni e valutazione situazione mi fanno ritenere che malgrado voci qui assai diffuse circa rapida chiusura e brusco fallimento Conferenza questa dovrebbe continuare ancora in modo da consentire normale svolgimento almeno da punto di vista formale agenda prestabilita. Previsioni sono nel senso che si arriverà al massimo fissazione alcune direttive generali per ulteriore lavoro sostituti in vista sessione successiva. Tuttavia è da considerare che russi pur non volendo sacrificare loro posizioni fondamentali hanno mostrato finora vivo desiderio arrivare in Mosca a risultato positivo se pure parziale e quindi non si esclude qui del tutto per tale via possibilità sorpresa favorevole all'ultimo momento.

Smith che ho visto stamane, dopo cioè colloquio Marshall-Stalin, è stato riservatissimo ma ha riconosciuto che le posizioni sono tuttora lontane non solo su terreno economico ma anche su terreno politico. In altri termini anche la tendenza russa a realizzare presto un forte Governo centrale germanico appoggiato alle organizzazioni antifasciste sindacali e di partito trova negli Stati Uniti la più netta opposizione. Smith mi diceva stamane che il chiarire le singole posizioni potrebbe già costituire un risultato e mi ricordava che alla prima Conferenza di Londra si

era troppo concesso ai russi prima di effettuare prudentemente tale bilaterale chiarimento. Siamo stati ingenui allora, egli mi ha detto, non lo saremo più oggi.

Ha poi aggiunto: «la nostra posizione è molto semplice, non vogliamo dominare alcun Paese né Grecia, né Turchia, né Germania ma non permetteremo mai ad alcun altro Paese di farlo». Queste dichiarazioni fatte subito dopo l'incontro Marshall-Stalin mi paiono piuttosto significative per far dubitare che tale colloquio abbia segnato un rilevante progresso ai fini della Conferenza. Smith mi ha pure escluso ogni rapporto fra la ripresa delle trattative lend-lease con la Russia e il corso della Conferenza di Mosca.

Quanto all'Austria la discussione riprende oggi: non si esclude totalmente un accordo e gli austriaci lavorano intensamente per trovare un compromesso su beni tedeschi in Austria, problema che essi tendono a qualificare sopravalutato e risolubile ma la conclusione del trattato o di un accordo di massima appare tuttavia più che mai incerta.

I francesi appaiono pessimisti specialmente dopo il rifiuto dei russi sulla Saar, che si attribuisce qui essenzialmente alla mancata adesione di Bidault a controllo esclusivamente quadripartito della Ruhr e in considerazione che non vi è alcun apprezzabile riavvicinamento fra le posizioni francese ed inglese.

Per ciò che riguarda particolarmente nostri interessi Smith mi ha assicurato appoggio americano aggiungendomi che a suo personale avviso gli americani sosterrebbero una tripartizione ossia: l) redazione trattato riservata ai diciotto alleati insieme ai Grandi, 2) Conferenza consultiva aperta a tutti coloro che hanno combattuto, 3) Conferenza generale inclusiva di tutti gli Stati che dichiararono guerra alla Germania.

Infine Smith, per ciò che riguarda restituzione beni asportati dai tedeschi in Austria, mi ha accennato alla possibilità che essa sia prevista a favore non solo di Potenze· alleate ma anche di Potenze associate, il che includerebbe soddisfazione nostra domanda ma il problema è ancora in discussione.

350 1 Spedito il 17 alle ore 0,35 e pervenuto alle ore 8.

351

IL SEGRETARIO DELL'UFFICIO PRIMO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, SCOLA CAMERINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

APPUNTO RISERVATISSIMO 31/224/1. Roma, 16 aprile 1947.

Promemoria di questo Servizio del 22 marzo 19471 .

Il recente invito rivoltoci dagli Stati Uniti d'America a presentare la domanda di ammissione nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ha parzialmente spostato i termini di alcune considerazioni svolte nel promemoria citato in riferimento,

408 e particolarmente rende necessario di considerare con sollecitudine il fondo del problema, anche in relazione alla risposta da dare al Governo americano ed a quelli che ~spontaneamente o dietro suggerimento degli Stati Uniti ~potessero rivolgerei un analogo invito.

Il punto principale da considerare è se convenga all'Italia di entrare senz'altro a far parte dell'O.N.U., oppure se la nostra partecipazione debba essere subordinata alla realizzazione di determinate condizioni. La questione può anche porsi in altri termini, e cioè:

l) esistono serie probabilità che dopo il nostro ingresso nell'O.N.U. noi possiamo ~ in virtù della nostra appartenenza a quella Organizzazione ~ raggiungere entro un breve limite di tempo i fini che ci dobbiamo prefiggere, specie per la revisione delle clausole del trattato di pace, l'assegnazione delle nostre colonie in Amministrazione fiduciaria, ecc.?

2) Oppure possiamo fondatamente sperare che, pur di indurci a presentare la domanda di ammissione, i principali membri dell'O.N.U. (o almeno alcuni di essi) ~ interessati alla nostra partecipazione all'Organizzazione stessa ~ siano disposti a far sì che vengano accolte in sede preliminare determinate nostre richieste? Mentre invece, se aderissimo al loro invito sic et simpliciter, essi non sentirebbero forse altrettanto impellente la necessità di adoperarsi con la dovuta energia, una volta che facciamo parte dell'Organizzazione, per fare accogliere le suaccennate richieste?

Questo Servizio è portato a ritenere che ~dei due quesiti ~il secondo sia quello che meglio risponde alla situazione reale, e che non convenga ~almeno nel momento attuale ~di sacrificare a considerazioni di altra natura la possibilità di assicurarsi ~prima della presentazione della domanda di ammissione ~il soddisfacimento di un certo minimo di richieste.

L'ammissione nell'O.N.U. rappresenterebbe senza dubbio un qualche aumento di prestigio per l'Italia nel caso in cui essa precedesse nell'Organizzazione tutti gli altri Stati che durante la guerra combatterono fino a un certo momento a lato della Germania: l'Italia si è schierata a fianco degli Alleati un anno prima della Bulgaria e Romania e pertanto l'ingresso nell'O.N.U. insieme a una di queste due Potenze non potrebbe costituire per noi un lusinghiero affiancamento. E pertanto se la Romania ~come sembra ~presenterà ora la domanda di ammissione, non dovrebbero certo essere motivi di prestigio a indurci a compiere un gesto analogo.

Quale dovrebbe essere il minimo di richieste di cui chiedere l'accoglimento per deciderci a presentare la domanda di ammissione?

a) Anzitutto vi è la questione degli articoli 53 e 107 dello Statuto dell'O.N.U. Secondo l'art. 107, inserito nel capitolo relativo agli «Accordi transitori relativi alla sicurezza», nulla nello Statuto potrà infirmare o precludere un'azione nei confronti di uno Stato, che nella seconda guerra mondiale sia stato nemico di uno dei firmatari dello statuto, intrapresa od autorizzata, come conseguenza di quella guerra, da parte dei governi che hanno la responsabilità di una tale azione.

Ad evitare che alcuno Stato intenda avvalersi di tale articolo per intraprendere un'azione contro di noi, occorrerà chiedere che venga chiaramente stabilita, prima del nostro ingresso nell'O.N.U., l'inapplicabilità di tale articolo all'Italia. A tale scopo nessuna modifica dello Statuto sembra essere indispensabile, apparendo sufficiente che una dichiarazione in tal senso sia fatta -a titolo di interpretazione dello statuto e in considerazione dell'entrata in vigore del trattato di pace con l'Italia -da un organo competente dell'O.N:U. (Segretario generale o Consiglio di sicurezza o Comitato degli esperti ecc.).

L'art. 53 prevede che azioni coercitive possano essere intraprese anche senza l'autorizzazione del Consiglio di sicurezza contro uno Stato nemico (e in tale categoria l'art. stesso comprende «qualunque Stato che durante la seconda guerra mondiale sia stato nemico di un firmatario» dello Statuto), o nel senso previsto dall'art. l 07 oppure in base ad accordi regionali diretti contro il rinnovarsi della politica aggressiva di un tale Stato. Qui la questione è assai più grave che non nel caso previsto dall'art. 107. Infatti agli Stati membri che rientrino sotto la definizione di «Stati nemici» contenuta nell'art. 53, viene riservato con carattere permanente un trattamento differenziale che non solo è incompatibile con la dignità degli Stati stessi, ma mette la loro sicurezza a grave repentaglio consentendo l'effettuazione di azioni coercitive a loro danno senza un preventivo esame o decisione da parte di organi internazionali responsabili quali possono essere il Consiglio di sicurezza

o l'Assemblea generale. Si tratta di una spada di Damocle che penderebbe sul nostro capo finché non intervenga un emendamento dello Statuto. D'altra parte non possiamo illuderci che lo Statuto venga emendato ora, per venire incontro ai nostri desideri: e ciò tanto più in quanto l'art. 53 è stato probabilmente redatto a richiesta francese e per colpire un eventuale risorgere della Germania.

In tali circostanze le soluzioni possibili sembrano due. La prima, di gran lunga preferibile alla seconda ma putroppo assai difficilmente accettabile dalla controparte, consisterebbe nell'ottenere che l'O.N.U. riconoscesse ~-attraverso una dichiarazione di un suo organo competente (Segretario generale, Consiglio di sicurezza, ecc.) -che l'art. 53 si riferisce agli Stati ex nemici solo e in quanto essi non facciano ancora parte delle Nazioni Unite. La seconda soluzione, sulla quale si potrebbe ripiegare ove la prima si rivelasse irrealizzabile, potrebbe essere di:

l) chiedere a ciascuno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza-e in modo tutto particolare a Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e U.R.S.S. -l'assicurazione che si adopereranno affinché non vengano conclusi accordi regionali diretti contro il rinnovarsi di una politica aggressiva da parte nostra;

2) chiedere alle suddette Potenze l'assicurazione che-quando per un qualsiasi motivo lo Statuto debba essere emendato -esse si adopereranno affinché l'art. 53 sia opportunamente modiììcato secondo le linee indicate negli schemi qui allegati (ali. l) 2•

In ogni caso le argomentazioni a favore della nostra tesi non mancherebbero. Anzitutto vi è la questione del principio della parità fra i membri dell'O.N.U., principio con cui l'art. 53 è in aperto contrasto. In secondo luogo, per quanto riguarda il nostro Paese, si può far valere il fatto che -degli Stati ex nemicisiano stati di gran lunga i primi a dichiarare e condurre attivamente la guerra

contro la Germania. Si potrà infine far notare che l'affidare a singoli Stati, reciprocamente collegati da un accordo regionale, la decisione su un 'azione coercitiva contro un terzo Stato -sia pur che si tratti di un ex nemico -è cosa assai pericolosa; il che è del resto anche provato dal fatto che, per decidere azioni coercitive in ogni altro caso, lo Statuto esige che la decisione sia presa dal Consiglio di sicurezza, e cioè dall'organo più importante dell'O.N.U., e con una maggioranza qualificata. Comunque occorre tener presente che il concludersi o meno di accordi regionali del genere dipenderà in gran parte dall'abilità e dalla saggezza cui saprà ispirarsi la nostra politica estera, nonché dalla fiducia che la nostra politica -sia estera che interna -ispirerà negli altri Stati in genere e nei membri permanenti del Consiglio di sicurezza in particolare.

b) La questione degli obblighi derivanti agli Stati membri dalle disposizioni contenute nel capitolo VII dello Statuto dell'O.N.U. («azione rispetto alle minaccie della pace, alle violazioni della pace, ed agli atti di aggressione») è strettamente connessa con la revisione delle clausole militari del trattato di pace.

Le condizioni in cui ci ha posti il trattato di pace, sia dal punto di vista di effettivi militari ed armamenti che da quello della smilitarizzazione delle frontiere, sono tali che una qualsiasi azione da parte nostra in base agli obblighi derivanti dal capitolo VII (anche una semplice autorizzazione al transito di truppe) potrebbe mettere a grave repentaglio la sicurezza nazionale che è assoluto dovere del Governo di tutelare. Appare molto dubbio che possiamo assumere l'impegno di rispettare gli obblighi derivanti dal capitolo VII, se non vengono prima modificate le clausole militari del trattato di pace. Per stabilire se tale modifica sia indispensabile ed eventualmente entro quali limiti minimi possa essere contenuta, questo servizio è d'avviso che occorra presentire il competente Stato Maggiore Generale o l'organo che ne faccia ora le veci.

Si potrebbe anche considerare l'ipotesi, prospettata nel citato promemoria, di ottenere --anziché una revisione immediata delle clausole militari -una temporanea riduzione degli obblighi del nostro Paese ai sensi del capitolo VII, assumendoci invece l'onere di prestazioni di altro genere (assistenza di carattere umanitario ecc.). Ma ciò non mancherebbe di consacrare -e proprio attraverso un accordo da noi invocato -uno stato di inferiorità che è sancito in un trattato che ci siamo visti costretti a firmare ma di cui abbiamo denunciato preventivamente l'inaccettabilità e l'ingiustizia; e ci toglierebbe un valido argomento per richiedere insistentemente quella totale abolizione delle clausole militari che --in ogni caso -dobbiamo proporci di ottenere.

c) Anche la questione della posizione che ci verrà riservata in seno all'Organizzazione dovrebbe essere discussa prima del nostro ingresso; e precisamente dovrà prospettarsi la nostra candidatura per gli organi principali dell'O.N.U. (Consiglio di sicurezza, Consiglio economico e sociale, Consiglio per l'Amministrazione fiduciaria). Nel promemoria indicato in riferimento è stata chiarita la formazione dei suddetti organi anche in relazione alla possibilità di una nostra ammissione nel medesimo.

Pur rimanendo d'avviso che le difficoltà maggiori dovrebbero riferirsi alla nostra elezione a membri del Consiglio del sicurezza, tuttavia questo servizio ritiene che tale ammissione andrebbe senza altro richiesta appunto perché -presentandoci come Paese vinto e umiliato dal trattato di pace -dobbiamo cercare con quel mezzo di ottenere un successo di prestigio che rialzi la posizione morale del nostro Paese. A questo proposito potrebbe non essere inopportuno di far rilevare ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza che l'Italia era membro permanente del Consiglio della Società delle Nazioni e che pertanto la sua richiesta di essere semplicemente eletta membro temporaneo del Consiglio di sicurezza è relativamente modesta: ed è tanto più opportuno di soddisfarla in quanto i Quattro Grandi dimostreranno così al mondo che, mentre i trattati di pace hanno posto la parola «fine» alla guerra passata, l'O.N.U. dimostra la propria volontà di collaborazione internazionale e di giustizia rifiutando di perpetuare la suddivisione delle Nazioni in popoli giusti e popoli reietti.

Questo Servizio è peraltro d'avviso che l'eventuale respingimento, in sede provvisoria, delle nostre richieste di partecipazione al Consiglio di sicurezza non dovrebbe -in linea di principio-indurci a non presentare senz'altro la domanda di ammissione nell'O.N.U. Comunque tale nostra presa di posizione potrebbe per lo meno facilitare-per addolcire il primo rifiuto-l'assicurazione che i membri permanenti del Consiglio di sicurezza si adopereranno per la nostra immediata elezione nel Consiglio economico e sociale e in quello per l'Amministrazione fiduciaria (la recente approvazione -da parte del Consiglio di sicurezza -del progetto di accordo degli Stati Uniti per l'amministrazione fiduciaria delle isole Marianne, Caroline e Marshall, comporta da parte della prossima Assemblea generale dell'O.N.U. l'elezione di due Stati a membri del Consiglio per l'Amministrazione fiduciaria).

Questo Servizio non ha elementi di giudizio per stabilire se altre questioni (concessione nostre ex colonie in amministrazione fiduciaria, ecc.) debbano essere sollevate in via preliminare alla presentazione della nostra domanda di ammissione. E gradirà, a tale proposito, di conoscere l'avviso della S.V.

Qualora si entri nella determinazione di sottoporre la presentazione della nostra domanda di ammissione ad alcune condizioni (quelle tratteggiate più sopra, od altre), rimane da fissare la linea di condotta da seguire per raggiungere lo scopo.

In attesa che, dall'ambasciata d'Italia in Washington, pervengano gli elementi richiesti con il telespresso n. 31/153/I del 27 marzo u.s. 3 questo Servizio esprime l'avviso che l'azione di sondaggio per ottenere le garanzie che riteniamo necessarie per poter partecipare all'O.N.U. debba essere svolta presso i Governi dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, e principalmente presso i Governi britannico, americano e sovietico.

Evidentemente non potremo presentare le nostre richieste come vere e proprie condizioni, ma piuttosto come mezzi indispensabili per assicurare -da parte nostra -un'azione utile ed efficace a favore delle tesi che quei Governi vorranno far prevalere nelle decisioni che i vari organi dell'O.N.U. dovranno adottare sui vari problemi dei quali è agli organi stessi demandata la soluzione.

Occorrerà, in una parola, lasciar comprendere che ci rendiamo perfettamente conto che -in seno all'Organizzazione -noi saremo una pedina di un grande scacchiere; che è nostro desiderio, nell'interesse della pace e della cooperazione

351 Vedi D. 274.

internazionale, di muoverei nel senso desiderato da quegli Stati che -per la loro particolare posizione politico-economico-militare -di tale cooperazione e pace sono i migliori tutori e garanti; che per assolvere in modo efficace tale compito dobbiamo essere messi in grado -attraverso l'accoglimento delle nostre richieste-di presentarci su un piede di parità con gli altri Stati, con l'assicurazione che ci verrà riservata una posizione dignitosa e senza dover nutrire troppe serie preoccupazioni per la nostra sicurezza in relazione agli obblighi derivanti dal capitolo VII dello Statuto.

Questo Servizio gradirà di conoscere l'avviso della S.V. in merito alle considerazioni svolte nel presente appunto.

P.S. Dopo la redazione del presente appunto è pervenuto il rapporto dell'ambasciata d'Italia in Washington n. 3197/903 del IO corrente4 che non sembra -nell'insieme -apportare nuovi elementi di particolare importanza, se si esclude la piena riconferma dell'interesse che gli Stati Uniti annettono alla nostra ammissione nell'O.N.U. ·

Circa le particolari questioni trattate nel sopracitato rapporto, questo Servizio ritiene opportuno di rilevare quanto segue:

l) molto interessante appare la notizia che gli americani considerino che gli articoli 53 e 107 decadano automaticamente nei confronti degli Stati ex nemici che entrino a far parte dell'O.N.U. Tuttavia la questione-specie per l'art. 53-è di importanza tale che questo Servizio non può non confermare quanto ha sopra esposto in argomento, particolarmente per quanto riguarda la necessità di una interpretazione autentica e preliminare di tali articoli;

2) ove non venga modificata quest'anno la procedura sinora seguita per l'esame delle domande di ammissione, il fatto che la nostra preceda quelle di altri Paesi appare di carattere secondario. Infatti, anzitutto è ovvio che -quando vi sia più di una domanda di ammissione -i membri del Consiglio di sicurezza, in sede di «corridoio», si consultino preventivamente in qualche modo circa l'accoglienza da riservare a ciascuna di esse. In secondo luogo è vero si che l'anno scorso le domande furono discusse secondo l'ordine cronologico di presentazione; ma è altrettanto positivo che la votazione del Consiglio dei sicurezza per l'accoglimento delle domande stesse venne effettuata dopo che erano state esaminate e discusse tutte le domande e cioè quando già si conosceva -rispetto a ciascuna di esse quale sarebbe stato l'atteggiamento dei singoli votanti;

3) è naturale che gli emericani --interessati alla nostra partecipazione all'O.N.U. -preferiscano che presentiamo la domanda senza avanzare richiesta alcuna; ciò non esclude però che tale preferenza possa non coincidere con l'interesse del nostro Paese;

4) non sembra che l'ambasciata d'Italia a Washington consideri probabile una pronta ammissione dell'Italia in alcuno dei maggiori organismi dell'O.N.U. (Consiglio di sicurezza, ecc.);

351 Vedi D. 326.

5) per quanto riguarda infine la convenienza di ottenere soddisfazione a un certo minimo di richieste prima di presentare la domanda di ammissione, questo Servizio -pur riconoscendo che la questione è di valutazione assai difficile e complessa -rimane, per quanto lo riguarda, dell'avviso precedentemente espresso.

351 1 Vedi D. 246, Allegato.

351 2 Non si pubblicano.

352

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5153-5154/190-191. Mosca, 17 aprile 1947, ore 21 (per. ore 7,30 del 18).

Ieri ad ambasciata Francia ho incontrato Bidault il quale mi ha espresso notevole scetticismo su risultati Conferenza Mosca ridottasi a suo dire ad una accademia discussioni casuistiche più che politiche senza quindi possibilità di seri progressi e di intese. A mia domanda se, come da voci correnti, Conferenza potesse considerarsi praticamente finita e insuscettibile di sostanziali progressi ha risposto annuendo tanto più, ha aggiunto, che la si potrebbe in un certo senso considerare non mai cominciata. Egli intendeva dire che Conferenza si è limitata ad una esposizione di tesi più che ad un loro riavvicinamento. Suo scetticismo si riferisce ugualmente a irremovibilità dottrinaria dei russi, ad incomprensione inglesi e alla baldanzosa sicurezza degli americani.

Dopo discorsi generali su necessità costruire prima o poi Europa unita e sui rapporti fra tale necessità ed atteggiamento russo, Bidault mi ha pure parlato situazione Italia nei riguardi Conferenza manifestando, pur con molte parole simpatia e comprensione per noi, un atteggiamento sostanzialmente restrittivo. Egli mi ha chiarito che allorquando propose distinguere fra Stati combattenti ed ex combattenti non pensava a ex nemici e ha aggiunto che a suo giudizio persino americani quando propongono estendere Conferenza finale a tutti Stati che dichiararono la guerra non intenderebbero comprendere ex nemici almeno tìno a che loro trattati di pace non siano stati ratificati. Ciò ha dato modo a Bidault toccare argomento ratitìca di cui riferisco con successivo telegramma 1•

Poco dopo Catroux mi ha riferito aver parlato con sig. Paris, sostituto francese per trattato Austria, circa nostra richiesta restituzione beni asportati dai tedeschi e di potermi dire a suo nome che probabilmente trattato dovrebbe contenere clausola per noi soddisfacente. Ciò coinciderebbe con informazioni datemi da Smith ieri mattina 2 . Circa Conferenza, Catroux confermato che essa è ormai verso la fine che a suo avviso nemmeno per Austria vi sarà trattato o accordo anche perché

352 1 Si riferisce alla seconda parte del presente telegramma. 2 Vedi D. 350.

414 discorso Truman avrebbe irrigidito Russia su questo punto inducendola prolungare occupazione militare per parare supposta minaccia da Grecia c Turchia. Secondo lui tutta Conferenza avrà valore soltanto come una riunione preliminare di scambio e di chiarificazione punti di vista.

Mi permetto attirare attenzione S. V. su dichiarazioni circa la ratifica del trattato di pace da parte nostra fattemi sia da Bidault sia da Catroux. Bidault mi ha chiesto esplicitamente chiarimenti sulle intenzioni dell'Italia accennandomi all'opportunità di ratificare presto. Avendogli precisato che intenzione nostro Governo è di proporre sollecitamente ratifica alla Costituente ma che sarebbe preferibile, per facilitare una approvazione con notevole maggioranza, avere prima ratifica Quattro Grandi e specialmente Stati Uniti, egli mi ha risposto in modo esplicito che tale ratifica vi sarà e assai presto da parte dci Quattro. Successivamente Catroux è entrato di sua iniziativa nello stesso argomento comunicandomi che fra gli alleati e specialmente tra gli inglesi vi sarebbero dei dubbi sul nostro atteggiamento circa la ratifica e ciò indebolirebbe la nostra posizione. A questo proposito ha precisato che il passo Carandini a Londra per informarsi su opinioni inglesi circa nostra ratifica avrebbe suscitato una certa diffidenza essendo stato interpretato come una nostra massa dilatoria.

Naturalmente ho illustrato la portata del passo Carandini e ho dato chiarimenti circa nostro atteggiamento ripetendo a Catroux quanto detto a Bidault circa opportunità preventiva rapida ratifica Quattro Grandi e specialmente Stati Uniti. Catroux ha tenuto sottolineare la sua conversazione come un vero e proprio consiglio amichevole a noi dato per una sollecita ratifica. Tali premure francesi acquistano maggiore rilievo se messe in rapporto a dichiarazioni Bevin ed Harvey di cui ai miei telegrammi 171 e 123 '·

353

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 17 aprile 1947.

Nello scorso autunno, anche in relazione all'andamento per noi sfavorevole che aveva preso la discussione fra i Quattro del problema coloniale italiano, e prima ancora che venisse riaperta la nostra rappresentanza al Cairo, venne deciso di tentare lo stabilimento di contatti confidenziali, non ufficiali, con i capi arabi più influenti, presenti in Egitto, tra i quali alcuni libici.

Fu scelto a tale scopo, come fiduciario, il connazionale L., persona favorevolmente nota al ministero, già insegnante nelle scuole italiane in Egitto, il quale, richiamato come ufficiale di complemento, aveva prestato servizio all'Ufficio informazioni militari per il settore arabo che conosce in modo particolare. Il L., che si trasferì in Egitto dove si è dedicato ora ad attività economiche, è ben visto negli ambienti della Corte egiziana e dallo stesso re Faruk.

Nel corso degli ultimi mesi del 1946 e dei primi mesi del 1947 il L. ha avuto varì colloqui di carattere personale col segretario della Lega araba, Azzam bey, e con altre personalità arabe, nonché con gli influenti capi tripolini Taher el Mrayed e Mahmoud Muntasser attualmente al Cairo.

I predetti capi hanno recentemente chiesto di entrare in contatto anche con la nostra rappresentanza al Cairo e h::mno avuto un incontro, ai primi di aprile, con un funzionario di quella rappresentanza stessa. Si allega copia dèi rapporti 1 redatti dopo tale incontro, nei quali è riassunta la sostanza anche delle precedenti conversazioni.

Da essi risulta: l) un crescente stato d'animo «anti inglese» sia da parte della Lega araba che da parte dei libici; 2) una netta presa di posizione nazionalista e indipendentista da parte della Lega araba nei confronti sia della Libia che della Tunisia, Algeria, Marocco; 3) una altrettanto netta posizione contraria ai Senussi e alla spartizione della Libia (Tripolitania, Cirenaica, Fezzan) e una richiesta di appoggio all'Italia per il mantenimento dell'unità del territorio libico. 4) Per quanto in particolare si riferisce ai rapporti fra Italia e Libia s1 propone:

a) che l'Italia si dichiari favorevole all'indipendenza di quella regione; b) gli italiani in essa residenti godranno gli stessi diritti dei libici e parteciperebbero, unitamente ai libici, al Governo e all'amministrazione del Paese; c) l'Italia godrebbe di particolari privilegi nel campo economico, culturale migra torio.

È da rilevare che, mentre le dichiarazioni di Azzam bey sono ispirate a particolare intransigenza su taluni punti, in particolare su quello della «immediata e assoluta indipendenza», qualle dei capi libici appaiono meno rigide. Tutti poi dimostrano di essere preoccupati per l'avvenire del Paese, e non può non essere sintomatico del loro apprezzamento della situazione, il desiderio da tutti espresso di continuare a collaborare sopratutto con l'Italia e a ricercare-pur nelle presenti circostanze -il nostro appoggio.

Sembra alla Direzione generale degli affari politici che le aperture fatteci non debbano essere lasciate cadere, né che si debbano interrompere i contatti stabiliti anche se le proposte che ci vengono fatte sono ancora lontane dai nostri desiderata.

Vi sono alcuni punti nel programma espostoci sui quali possiamo senz'altro

dichiararci concordi perché rispondono anche ai nostri interessi:

l) l'unità della Libia. È più che problematico, allo stato attuale della questione, poter assicurare l'unità della Libia dove, mentre da parte britannica si sembra ora più propensi ad accettare un mandato all'Italia sulla Tripolitana, esistono le note aspirazioni francesi sul Fezzan, e le note riserve inglesi per la Cirenaica. Comunque noi possiamo senza inconvenienti dichiararci favorevoli al principio, caldeggiato dagli arabi, della unità della Libia -che se poi tale unità non potrà essere salvaguardata la responsabilità, e quindi il malcontento che ne deriverà, ricadrà sugli altri.

2) Collaborazione itala-araba. Da parte nostra è stata anche in altre occasioni sostenuta la necessità-per un interesse generale europeo-di favorire la trasformazione dei Paesi dell'Africa settentrionale in Paesi arabo-europei. La formazione di un Governo e di una Amminisitrazione italo-araba, così come la parità di diritti agli arabi e agli italiani in Libia rientra in questo ordine di idee e perciò il principio può essere accolto da parte nostra senza inconvenienti.

Vi sono altri punti sui quali si può discutere ulteriormente:

l) Ulteriori immigrazioni di italiani. Da parte araba non si sono fatte obbiezioni fondamentali al riguardo, pur lasciando comprendere che si preferirebbe una immigrazione di elementi tecnici anziché di coloni. Nostro interesse è tuttavia anche quello di immettere nella Libia altri coloni: sia in ragione della pressione demografica interna italiana, sia per aumentare l'elemento italiano in quella regione. Dovrebbe essere questa materia di ulteriore trattazione. ·

2) Indipendenza. Su questo punto da parte araba, soprattutto da parte degli esponenti della Lega, ci si mostra intransigenti. A parere della Direzione generale scrivente si tratta più di una questione di tempestività che di principio. In altre parole: sul principio possiamo dichiararci d'accordo, ma pel momento occorre lasciare aperta la via all'accoglimento da parte dei Quattro della nostra richiesta di amministrazione fiduciaria. È una questione delicata; dovremmo perciò sforzarci di convincere gli arabi che difficilmente la Commissione d'inchiesta dichiarerà il Paese maturo per una indipendenza immediata; che se tuttavia a ciò si addivenisse, dato anche il nuovo interessamento americano pel Mediterraneo, si tratterebbe probabilmente di una indipendenza più formale che sostanziale e che in tali condizioni è preferibile per essi adattarsi a un periodo di assistenza italiana durante il quale di comune accordo prepareremmo le basi, incominciando subito, della futura independenza.

3) Atteggiamento antibritannico della Lega araba. Occorre anche chiarire agli arabi che non possiamo né intendiamo schierarci contro l'Inghilterra con cui è nostro desiderio e nostra esigenza fondamentale collaborare a ciò anche nel loro interesse.

Resta poi ad esaminare quando convenga mettere al corrente dei contatti già avuti il Foreign Office.

352 1 Vedi DD. 317 e 235.

353 1 Non rinvenuti.

354

IL MINISTRO A KABUL, CALISSE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 239/122. Kahul, 17 aprile 1947 (per. il 16 maggio).

Ho l'onore di trasmettere, qui acclusa, una lettera diretta all'on. Sforza da questo ministro degli affari esteri, S.E. Alì Mohammed Khan, in risposta a quella del 20 febbraio c.a. 1 da me personalmente recatagli.

Tale lettera che mi è pervenuta chiusa, con preghiera del capo del Cerimoniale di curarne l'inoltro, era accompagnata da una copia, pure in persiano, a me diretta. In mancanza di un buon interprete, ho cercato di farne fare una traduzione che allego, ma che ritengo meriti di essere controllata.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AFGHANO. ALÌ MOHAMMED, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L.

Ho ricevuto con molto piacere la lettera di V.E. in data 20 febbraio per mezzo di S.E. Alberto Calisse, ministro plenipotenziario e inviato straordinario dell'Italia, che mi ha recato i vostri sinceri e gentili sentimenti così come quelli della nobile Nazione italiana e ve ne sono molto grato.

La Nazione afghana è. stata molto addolorata per le difficoltà incontrate dall'Italia nella recente guerra: ma ora questa antica e storica Nazione mantenendosi nel moderno progresso sarà in grado di superare le possibili difficoltà e di ottenere la posizione di cui è degna. L'Afghanistan desiderando ogni prosperità c progresso dclrltalia ed essendo animato delle stesse idee si studierà di rafforzare e sviluppare la cooperazione fra queste due Nazioni amiche.

Posso assicurare V.E. che seguendo le raccomandazioni del mio amato sovrano sarà data tutta la possibile assistenza e tutto l'aiuto a S.E. Alberto Calissc nominato ministro plenipotenziario c inviato straordinario alla Corte del mio amato re in modo che egli potrà condurre a termine il suo compito di rafforzare le sincere e cordiali relazioni fra i due Paesi.

Nello stesso tempo sono molto lieto che il precedente ministro plenipotenziario e inviato straordinario M. Abdul Samad Khan, durante la sua missione nel Paese di V.E. abbia saputo rappresentare c interpretare degnamente i sentimenti della Nazione afghana.

354 1 Vedi D. 90.

355

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, CITTADINI CESI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 942/440. Stoccolma. 17 aprile 1947 (per. il 21 ).

Telegramma stampa n. l del 15 marzo u.s. 1 .

l recenti sviluppi della situazione internazionale sono stati segmti con vivo interesse dalla stampa e dall'opinione pubblica svedese le quali hanno gradualmente spostato la loro attenzione dai lavori della Conferenza di Mosca alle manifestazioni immediate e inedia te della politica estera degli Stati Uniti d'America.

Circa la Conferenza infatti si è fatta qui strada la convinzione che essa sia ormai votata all'insuccesso, pur non escludendosi la possibilità di un accomodamento in articulo martis che peraltro servirebbe più a salvare le apparenze che a fornire un elemento costruttivo all'edificio della pace. Questa visione negativa della Conferenza di Mosca ha come conseguenza il sorgere di uno stato di preoccupazione non solo generica per l'allontanarsi della realizzazione di un riassetto mondiale, ma anche specifica per quanto concerne la sistemazione del problema tedesco alla quale la Svezia è per tanti motivi interessata. È di questi giorni un censimento dell'Istituto Gallup svedese i cui risultati hanno mostrato il grande numero di persone che si preoccupano dell'avvenire della Germania.

Per ciò che si riferisce all'atteggiamento degli Stati Uniti d'America, l'interesse svedese è andato continuamente crescendo dal giorno della pubblicazione del messaggio Truman sugli aiuti alla Turchia e alla Grecia che è stato qui considerato fin dall'inizio un documento di grande importanza, ma la cui portata eccezionale, come enunciazione permanente di un nuovo indirizzo politico, è apparsa per intero in occasione del discorso pronunciato dal presidente degli Stati Uniti alla celebrazione del «Jefferson day».

Con particolare attenzione venivano anche seguite sul piano della politca interna statunitense le contemporanee accuse di «quinta colonna» mosse al partito comunista americano nonché le misure di epurazione nei confronti dei funzionari comunisti.

Essendo queste le condizioni dell'opinione pubblica svedese, non può destare meraviglia la notevole impressione suscitata da una corrispondenza da Ankara al conservatore Svenska Dagbladet sulla situazione nel Mediterraneo alla luce dei nuovi orientamenti politici degli Stati Uniti. In essa è detto tra l'altro che l'aiuto economico alla Grecia ed alla Turchia provocherà dei profondi rivolgimenti in tutta la regione dato che si discute già della possibilità di un'alleanza tra Italia, Turchia e Grecia con lo scopo di assicurarvi lo status qua sotto l'egida americana; che, secondo le parole di un eminente uomo politico turco, non nominato, la nuova politica dell'America va interpretata nel senso che un attacco alla Turchia o alla Grecia sarebbe considerato come un attacco contro la pace mondiale e contro gli

stessi Stati Uniti; mentre d'altra parte tale politica rappresenta la difesa dei principii democratici contro le aspirazioni dei comunisti in politica interna, e la protezione dei Paesi che lottano per la propria indipendenza contro i tentativi di espansione dei Soviet e dei loro satelliti, in politica estera. Sempre secondo tale corrispondenza, ad Ankara e ad Atene si sottolinea la comunità di interessi dei due Paesi nonché la già menzionata possibilità di arrivare ad un'alleanza dei medesimi con l'Italia la quale diventerebbe un anello di congiunzione tra l'occidente democratico e la Turchia nonché tra l'occidente democratico ed i Paesi del vicino oriente ugualmente minacciati dall'espansionismo sovietico.

A portare la situazione nel bacino del Mediterraneo al primo piano dell'attenzione di questa opinione pubblica ha contribuito la notizia pubblicata il giorno 12 con particolare evidenza dal liberale Dagens Nyheter secondo la quale le truppe americane che si apprestavano a lasciare l'Italia, avrebbero ricevuto l'ordine di rimandare la partenza a tempo indeterminato ed il nostro Paese avrebbe già cominciato ad essere usato come base per l'invio di materiali americani in Grecia ed in Turchia.

Contemporaneamente e con lo stesso rilievo il citato giornale riferiva la notizia della presenza a Roma di esperti finanziari americani con il compito di trattare la concessione all'Italia di un prestito di un miliardo di dollari destinato alla ricostruzione industriale.

Dalle notizie relative all'intensificarsi dell'attività americana nel Mediterraneo, il pomeridiano socialdemocratico Aftontidningen trae lo spunto per riportare una corrispondenza da Mosca secondo la quale l'America spiega altrettanta attività in Scandinavia cercando assorbire imprese svedesi od ex tedesche situate in Svezia e favorendo in questo Paese la costruzione di grandi aeroporti. Mentre quest'ultimo accenno deve considerarsi un'eco della polemica relativa alla costruzione dell'aeroporto di «Halmsjon» su cui questa legazione ha già riferito con telespresso n. 327711757 del 29 dicembre u.s. 2 ; per quanto si riferisce ad attività del capitale americano nel campo dell'industria svedese, mi riservo di svolgere indagini tornando, se del caso, sull'argomento.

Sembra prematuro considerare oggi se e quali mutamenti nella linea politica svedese sia per determinare la nuova situazione internazionale conseguente all'atteggiamento americano, basti per ora tener presente che gli ambienti governativi e l'opinione pubblica svedese seguono gli sviluppi di tale situazione con vigile interesse e con crescente apprensione, sempre considerandoli alla stregua delle maggiori o minori probabilità che essi offrono al mantenimento della politica di neutralità della Svezia. Si può peraltro fin d'ora osservare che in qualche ambiente si fa luce, in altri si rafforza, il sospetto che il Governo abbia sopravvalutato la potenza sovietica e si sia per così dire troppo sbilanciato verso la Russia. Sintomatica di questo stato d'animo sembra la frase di un rappresentante dell'industria che mi diceva alcuni giorni or sono, commentando le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti: «Se Truman avesse usato questo linguaggio qualche mese pnma, CI avrebbe risparmiato il trattato commerciale con la Russia».

355 1 Non pubblicato.

355 2 Non pubblicato.

356

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, ALL'AMBASCIATORE A NANCHINO, FENOALTEA

T. 6125/55. Roma, 18 aprile 1947, ore 17.

Sua lettera 381/72 1 .

Considerazioni svolte da V.S. sono state sempre tenute presenti e continueranno ad esserlo da questo Ministero nelle trattative con questa ambasciata di Cina. Circa andamento dette trattative codesta ambasciata è stata tenuta al corrente per quanto consentito da corrispondenza telegrafica stante nota lentezza corrieri. Devesi per altro tener presente che trattative sinora svolte vertevano preliminarmente su fissazione somma globale da risarcire che è stata di comune accordo stabilita in cento milioni lire in Italia e circa 18 mila dollari costi (telegramma ministeriale n. 48) 2 . Seconda fase trattative, che ora si inizia, verterà su dissequestro nostri beni costi in relazione art. 78 e 79 tenendosi anche conto spirito articoli 24, 25, 26.

357

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A LA PAZ, CULTRERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 5327/13. La P az, 19 aprile 1947 ore 8,33 (per. ore 8 del 20).

Il presente telegramma segue al telegramma n. 12 1•

Da questo segretario di Stato per gli affari esteri ho saputo che il presidente della Repubblica non solo ha dato assicurazioni circa il suo incondizionato appoggio alla richiesta di revisione del trattato di pace con l'Italia dinanzi alle Nazione Unite, ma ha espresso anche il suo proposito che la richesta venga fatta con effusione calorosa. Egli mi ha inoltre autorizzato ad informare il Governo italiano fin da ora che al delegato di questo Governo verrà dato l'incarico di leggere, dinanzi all'Assemblea delle Nazioni Unite che avrà luogo il 23 di questo mese, il testo della dichiarazione che questo Consiglio dei ministri approverà nella riunione del prossimo martedì. Al riguardo telegraferò notizie definitive.

2 Del 28 marzo, con il quale Fransoni aveva comunicato il proposito del Governo italiano di accogliere la richiesta cinese di pagamento d'indennità, pur se esorbitante, ma subordinandola alla rinuncia da parte della Cina all'applicazione degli articoli 78 e 79 del trattato di pace. 357 1 Dell'Il aprile, riferiva voci di possibili riserve del ministro degli esteri boliviano circa l'iniziativa equatoriana di revisione del trattato di pace.

356 1 Vedi D. 222.

358

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5331/197. Mosca, 19 aprile 1947 1•

Mi risulta che prossima settimana Consiglio ministri esteri esaminerà questione Trieste non si sa ancora se subito dopo chiusura discussione Austria o se soltanto prima sciogliersi e dopo ripresa discussione Germania. Graftey Smith mi ha detto oggi che consegna promemoria jugoslavo non ancora avvenuta ma è imminente. A sua volta delegazione inglese ha presentato promemoria insistendo limitare discussione alle note questioni materie prime e prestito sulla quale ultima, per rendere più difficili obiezioni, ha proposto non già il prestito immediato cinque milioni dollari ma raccomandazione al Consiglio sicurezza aderire eventuali richieste di finanziamento del Governatore. Conto avere riservatamente copia promemoria jugoslavo appena presentato e riferirò. Finora sembra che né Italia né Jugoslavia saranno ammessi discutere oralmente davanti Consiglio.

359

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5355-5356/198-199. Mosca. 19 aprile 1947 1•

Pravda di oggi pubblica interessante articolo che conferma e spiega voci sulle difficoltà trattative in corso per prolungamento e revisione trattato anglo-russo. Esso smentisce anzitutto energicamente notizia Reuter secondo la quale Russia pretenderebbe limitare libertà di azione Gran Bretagna nei riguardi altre Potenze. Riferendosi note dichiarazioni Stalin articolo precisa quali sono condizioni cui oggi l'alleanza è subordinata e che dovrebbero essere eliminate.

Si tratterebbe di alcune parti articoli 3 e 4 sostanzialmente superate perché redatte quando mancava ancora l'O.N.U. e tali da poter essere considerate come eccessivamente limitative degli impegni reciproci ora che O.N.U. è stato costituito. Pravda aggiunge che sovietici non sono affatto contrari ai buoni rapporti Gran Bretagna con alcuni altri Stati né in specie con la Francia, e U .S.A., purché naturalmente cooperazione fra tali Stati non sia diretta contro U.R.S.S. Infine articolo precisa che, secondo popolo sovietico, trattati o accordi diretti a stabilire amicizia genuina fra Potenze, debbono escludere partecipazione di ciascuna delle

parti contraenti ad ogni blocco o azione diretta contro l'altra parte in qualsiasi modo tale partecipazione sia mascherata, e ripete che se trattato anglo-russo deve essere prolungato a cinquanta anni dovrebbe legare entrambi contraenti a non partecipare a qualsiasi accordo o misura rivolta anche indirettamente contro l'altra parte. Evidentemente è quest'ultima la parte essenziale dell'articolo e dall'interpretazione ed applicazione del criterio in essa esposto dipenderà esito trattative.

Sembra chiaro che, malgrado energica smentita iniziale, articolo esprime soprattutto preoccupazione russa per un blocco anti-sovietico il che traducendosi in proposte di formule trattato rende entrambe le parti estremamente caute e dubbio l'esito trattative.

358 1 Spedito il 20 alle ore 0,52 e pervenuto alle ore 8. 359 1 Spedito il 20 alle ore 19,18 e pervenuto alle ore 22.

360

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5357/295. Washington, 19 aprile 1947 1•

Seguito telegramma 283 2•

Esponente Comitato giusta pace New York mi ha oggi riferito, in via strettamente confidenziale, colloquio riservato avuto stamane con senatore Vandenberg. Questi, dopo aver accennato sue note previsioni e punti di vista circa trattato (di cui al mio telegramma per corriere 049)3, gli ha affermato categoricamente risultargli che il Governo italiano desidera sollecitare ratifica americana (richiamo telegramma 216) 4 . Gli ha inoltre detto che Commissione senatoriale affari esteri già esaminato quesito se mancato accordo Conferenza di Mosca per il trattato austriaco potesse rendere consigliabile differimento ratifica trattato italiano: opinione membri Commissione sarebbe stata prevalentemente contraria ad un tale differimento. Tuttavia Vandenberg ha poi confidato che predetta Commissione aveva deciso consultare telegraficamente segretario di Stato a Mosca, per conoscere di lui avviso. Ovviamente risposta Marshall, sino ad oggi non pervenuta, avrebbe potuto avere effetto decisivo.

Sempre secondo interlocutore, Vandenberg gli era sembrato meno sicuro dell'atteggiamento numerosi senatori, a loro volta influenzati da attuale orientamento opinione pubblica e da pressioni elettori italo-americani.

Vandenberg e interlocutore hanno convenuto convocare hearings, salvo imprevisti, per 30 aprile p.v. mantenendo per ora riservata tale notizia che ove del caso verrebbe resa pubblica un paio di giorni prima.

2 Del 16 aprile, con il quale Di Stefano aveva comunicato alcune informazioni circa l'inizio degli «hearings» per la ratifica del trattato di pace.

3 Vedi D. 320.

4 Vedi D. 256.

360 1 Spedito il 20 alle ore 12,39 e pervenuto alle ore 7,30 del 21.

361

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5358/296. Washington, 19 aprile 1947 1•

Seguito telegramma 281 2•

In conversazione confidenziale al Dipartimento di Stato circa nomina govenatore Trieste, mi si è confermato che rappresentanti americani e inglesi Consiglio sicurezza O.N.U. avevano comunicato a Gromyko che candidato sovietico Branting era inaccettabile. Mi è stato aggiunto che del pari inaccettabile era qui considerata candidatura ex ambasciatore Azcarate, ritenendo oltre tutto inopportuna nomina uno spagnolo che difficilmente avrebbe potuto sottrarsi influenza passioni di parte.

Anche candidatura del belga Buisseret, sostenuta da francesi (e circa la quale codesta ambasciata americana aveva qui riferito opinione favorevole on. Nitti) non è qui ritenuta soddisfacente, essendo egli considerato di capacità non adeguata difficile compito.

D'altra parte segretario generale O.N.U. aveva suggerito nomina svedese Ehrensviird sul cui conto Dipartimento di Stato aveva ricevuto anche direttamente ottime informazione, mentre permanevano candidatura svizzera generale Guisan, svedese generale Nordenskiold e sudafricano Egeland tutti qui ritenuti idonei.

A tale riguardo mi è stato fatto presente, in via personale, che desiderandosi qui accelerare per quanto possibile tempi, Governo americano sarebbe stato lieto conoscere d'urgenza, beninteso a titolo strettamente confidenziale, eventuali preferenze Governo italiano circa suindicati quattro ultimi nominativi, affinché Dipartimento di Stato sia possibilmente in grado orientare sua azione in conseguenza.

Mi è stato detto che ovviamente, dopo raggiunto accordo Quattro circa designazione governatore, Governo italiano ed jugoslavo verranno ufficialmente presentiti a norma trattato. Non era ancora stata fissata relativa procedura ossia se comunicazione sarebbe stata fatta da C.F.M. ovvero Consiglio sicurezza

O.N.U. Sarei grato eventuali cortesi istruzioni telegrafiche 3 .

3 Con T. s.n.d. 6363/235 del 23 aprile Fransoni rispose: «Mentre è per ovvi motivi difficile stabilire ordine preferenze in base elementi a disposizione si ritengono senz'altro buone candidature di Egeland, di cui è stato apprezzato atteggiamento alla Conferenza Parigi, di Guisan, unanimemente giudicato persona seria obbiettiva, nonché di Sandstrom. Generale Nordenskiiild sembrerebbe non privo atteggia-• menti critici verso Italia. Sono state richieste informazioni circa Ehrensvard». Con successivo T. s.n.d. 6682/248 del 29 aprile egli aggiungeva: «Sciogliendo riserva mio 235 ella potrà comunicare che informazioni raccolte fanno ritenere senz'altro buona anche candidatura Ehrensvard».

361 1 Spedito il 20 alle ore 12,40 e pervenuto alle ore 7,30 del 21.· 2 Del 16 aprile, con il quale Di Stefano aveva comunicato alcune notizie sulle candidature proposte dai Quattro per la nomina del Governatore di Trieste.

362

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5359/297. Washington, 19 aprile 1947 1 .

Sono stato confidenzialmente informato al Dipartimento di Stato delle conversazioni che hanno avuto luogo in via diplomatica tra i Quattro circa delimitazione frontiere Territorio Libero Trieste. Dopo aver accennato con deplorazione a comunicazione isolata al riguardo fatta costà, forse per errore, da rappresentante diplomatico francese, mi è stato detto che Governo sovietico aveva testé risposto che considerava tale delimitazione prematura e che occorreva attendere entrata in vigore trattato di pace ed ufficiale assunzione carica da parte governatore.

A quanto comunicatomi anglo-americani e francesi riterrebbero tuttavia dare egualmente corso a delimitazione provvisoria e farebbero prossimamente al riguardo passi costà per la frontiera tra l'Italia e Territorio libero. Analogo passo avrebbe luogo a Belgrado. In caso mancata adesione Jugoslavia autorità militari anglo-americane procederebbero intanto da sole a delimitare parte Zona A frontiera tra Territorio Libero Trieste e Jugoslavia.

363

L'AMBASCIATORE A CITTÀ DEL MESSICO, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5454/22. Città del Messico, 22 aprile 1947, ore 9,23 (per. ore 16 del 23 ).

Telegramma di V.E. 6278/c. 1

Questo ministro degli affari esteri mi ha stamane rimesso (a titolo confidenziale e con preghiera non darvi pubblicità) testo di risposta Governo messicano ed iniziativa Governo equatoriano pro revisione trattato pace. Trasmetto per corriere documento, nel quale Governo messicano, dopo aver ricordato sua non partecipazione redazione trattato e suo atteggiamento costantemente favorevole ad una giusta pace con l'Italia, dichiara che non avrebbe difficoltà ad aderire a nobile iniziativa Governo equatoriano sempre che sia salvo suo diritto a valersi dell'articolo 88 del trattato. Per esaminare più a fondo proposta Equatore Governo messicano chiede inoltre a Governo equatoriano se iniziativa raccoglie unanimità Paesi latino-americani.

363 1 Del 21 aprile, ritrasmetteva alle rappresentanze in America latina il T. 5216/17 del 17 aprile da Quito con il quale Perrone aveva riferito che il Messico aveva aderito all'iniziativa equatoriana riser vandosi però il diritto di valersi dell'art. 88 del trattato.

Confermandomi che inderogabili esigenze costituzionali non consentono Governo messicano deliberare intorno trattato finché non sia riunito Congresso, ministro esteri mi ha ripetuto sentimenti profonda amicizia Messico verso Italia, che trovano espressione concreta nella ferma intenzione di realizzare appena possibile una immigrazione italiana.

362 1 Spedito il 21 alle ore 0,33 e pervenuto alle ore 7,30.

364

L'INCARICATO D'AFFARI A BEIRUT, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5407/55. Beirut, 22 aprile 1947, ore 10,50 (per. ore 14,15).

Telegramma di V.E. 31 1•

In seguito adesione Siria e Libano a Bretton W oods ho rinnovato miei passi presso i due Governi, recandomi anche Damasco, segnalare loro appoggio elezioni amministratori Banca. Nostra richiesta analogamente a quella relativa nostra ammissione I.C.A.O., è stata discussa a Damasco dai rappresentanti Lega araba colà riuniti.

Mentre per I.C.A.O. esito è stato pienamente favorevole, per nostra candidatura elezioni amministratori Banca questo segretario generale Ministero degli affari esteri mi ha detto che «non è stata ancora presa una decisione e che probabilmente tale decisione che deve essere comune sarà presa sul posto al momento delle elezioni dei delegati dei Paesi della Lega Araba». Ho impressione che nostra candidatura malgrado tentativo Libano e Siria di appoggiarla (tentativo che mi risulta effettivamente compiuto) incontra seria resistenza specialmente da parte degli Stati maggiormente legati all'Inghilterra cui interesse nella questione è evidente.

Continuo per parte mia a rinnovare pressioni, dirette ed indirette, a Beyrouth ed a Damasco.

365

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE IN AMERICA LATINA

T. 6334/c. Roma. 22 aprile 1947. ore 19.

Dal complesso informazioni pervenute e ritrasmesse anche a V.S. può dedursi che nota iniziativa Equatore incontra difficoltà per diffidenza suscitata in talune

capitali dalla parola «revisione» che temesi possa costituire precedente per trattati interessanti frontiere alcuni Stati sudamericani. In conseguenza essa rischia trasformarsi in manifestazioni varie e diversamente intonate compiute individualmente e soltanto da alcuni Paesi; non si potrebbe in tal modo raggiungere nemmeno quell'effetto morale che dall'attuazione iniziativa suddetta sarebbe possibile attendersi. In vista superare tali difficoltà e per non lasciar cadere progetto che ha per noi indubbio interesse, voglia rappresentare codesto Governo opportunità basare passo O.N.U. su formula che, pur non contenendo parola «revisione», sottolinei tuttavia ingiustizia trattato. Tale formula potrebbe ad esempio consistere in un rilievo circa procedura seguita redazione trattato attirando attenzione

O.N.U. sul fatto che esso non è stato con noi negoziato e che è stato imposto il che è contrario alla natura di un «trattato». Passo dovrebbe venire compiuto presso O.N.U. e per essere efficace dovrebbe avere identico tenore anche se fatto singolarmente dai vari Governi.

364 1 Vedi D. 335.

366

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5430/205. Mosca, 22 aprile 1947, ore 23,09 (per. ore 8 del 23).

Oggi Consiglio ministri ha discusso e conchiuso questione Trieste ascoltando relazione dei sostituti che si erano radunati stamane. È stata presa seguente decisione: Consiglio ministri considerato rapporto Commissione Trieste e osservazioni Governi jugoslavo e italiano deciso quanto segue:

l) Soluzione questione bilancio pagamenti, valuta estera, questioni doganali ed altre questioni economiche finanziarie esaminate in rapporto Commissione viene rimessa a governatore, Consiglio e Assemblea popolare conformità articolo relativo dello statuto permanente. Fino entrata in vigore statuto permanente soluzione tali questioni affidata governatore e Consiglio provvisorio, conformità rispettivi articoli per regime provvisorio. Nella soluzione dette questioni indipendenza Territorio Libero deve essere assicurata conformemente dette disposizioni e in particolare capitolo 4° art. 25 statuto permanente.

2) Consiglio ministri raccomanda che dalla costituzione Consiglio provvisorio fino ad introduzione nuovo regime doganale da parte autorità Trieste regime attuale sia mantenuto ed importazioni da Italia e Jugoslavia siano esenti imposizioni doganali a condizione regime reciprocità per prodotti originari Territorio Libero. Governatore e Consiglio provvisorio dovranno fare ogni sforzo per introdurre nuovo regime doganale entro tre mesi.

3) Nella eventualità disavanzo in valuta estera bilancio pagamenti periodo luglio-settembre Consiglio ministri ritiene Consiglio sicurezza O.N.U., se richiesto aiuti finanziari da governatore e Consiglio provvisorio per necessità urgenti in detto periodo, debba raccomandare messa a disposizione cinque milioni dollari da risorse

O.N.U. 4) Consiglio ministri deciso incaricare segretario generale O.N.U. trasmettere

per conoscenza a governatore non appena nominato rapporto Commissione Trieste, testo presente decisione e osservazioni Italia Jugoslavia.

Successivamente Consiglio ministri radunatosi in seduta segreta durata circa cinquanta minuti presumibilmente su trattato Austria.

367

IL CAPO DELL'UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO, PERASSI, AL SEGRETARIO DELL'UFFICIO PRIMO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, SCOLA CAMERINI

APPUNTO 7/1751. Roma, 22 aprile 1947.

Su gli artt. 53 e 107 dello Statuto dell'O.N.U. L'art. 53 dello Statuto dell'O.N.U., dopo aver stabilito il principio che i Membri dell'O.N.U. non potranno intraprendere un'azione coercitiva in base ad accordi regionali senza l'autorizzazione del Consiglio di sicurezza, ammette due eccezioni:

a) per le misure contro uno Stato nemico quali sono previste dall'art. 107 dello Statuto, secondo il quale «nulla nel presente Statuto potrà infirmare o precludere un'azione nei confronti di uno Stato, che nella seconda guerra mondiale sia stato nemico di uno dei firmatari del presente Statuto, intrapresa od autorizzata, come conseguenza di quella guerra, da parte dei Governi che hanno la responsabilità di una tale azione».

b) per le misure contro uno Stato nemico quali sono previste «da accordi regionali diretti contro un rinnovarsi della politica aggressiva da parte di un tale Stato>ì.

La portata e la sfera di applicabilità di queste due eccezioni che l'art. 53 ammette al principio generale, in esso stabilito, non possono essere precisate senza inquadrare l'art. 53 nel sistema delle norme dello Statuto.

A questo riguardo, si devono richiamare i seguenti principi dello Statuto:

l) «L'Organizzazione è fondata sul principio della sovrana eguaglianza di tutti i suoi Membri» (art. 2, 1). Questo principio significa che nell'ambito dell'ordinamento dell'O.N.U. tutti i Membri sono posti in una condizione d'uguaglianza di trattamento giuridico.

2) Lo Statuto non si limita a stabilire obblighi per i Membri soltanto per quanto concerne le loro relazioni inter se, ma limita la libertà di condotta dei singoli Membri anche nelle loro relazioni con Stati non Membri. Esso, infatti, (art. 2, par. 4), stabilisce che tutti i Membri «dovranno regolare le loro controversie internazionali con mezzi pacifici e dovranno astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.

Il fatto che lo Statuto obbliga gli Stati membri anche nelle loro relazioni con Stati non membri a risolvere con mezzi pacifici le controversie e a non ricorrere all'uso della forza, è decisivo per intendere la portata delle due eccezioni prevedute nell'art. 53 dello Statuto. Esso costituisce il presupposto di queste eccezioni e conseguentemente ne delimita la sfera di applicabilità.

Le eccezioni prevedute dall'art. 53 nei riguardi di uno Stato nemico costituiscono eccezioni agli obblighi dei Membri nelle loro relazioni con Stati non Membri. In altri termini nell'art. 53 l'espressione «Stato nemico» significa Stato non membro, che si sia trovato in guerra con un firmatario dello Statuto. Tali eccezioni non sono applicabili nei riguardi di uno Stato ex nemico, che sia diventato Membro dell'O.N.U., perché, altrimenti, esse contrasterebbero con l'art. 2, n. l dello Statuto, secondo il quale l'O.N.U. «è fondata sul principio della sovrana uguaglianza di tutti i Membri». Le relazioni dei Membri inter se non possono essere regolate se non da regole uniformi che prevedono un'eguaglianza reciproca di obblighi e di diritti. Il principio fondamentale dell'uguaglianza sovrana di tutti i Membri sarebbe interamente disconosciuto se l'art. 53 venisse interpretato nel senso che certi Membri dell'O.N.U. possano intraprendere, senza l'autorizzazione del Consiglio, un'azione coercitiva contro un altro Membro. Con una simile interpretazione lo Statuto stabilirebbe una discriminazione perpetua fra certi Membri e certi altri. Poiché tale discriminazione non è compatibile col principio di uguaglianza di tutti i Membri, espressamente affermato nell'art. 2 dello Statuto, l'interpretazione dell'art. 53, che porterebbe a stabilire quella discriminazione, è inammissibile.

In conclusione, quando l'art. 53 si considera, come si deve fare, non isolatamente, ma inquadrandolo nel sistema delle norme dello Statuto, si deve ritenere che le eccezioni in esso prevedute nei riguardi di uno «Stato nemico» sono applicabili soltanto finché uno «Stato nemico» non sia diventato Membro dell'O.N.l!.

Secondo quanto ha comunicato l'ambasciatore a Washington nel rapporto 10 aprile 1947 1 , i giuristi del Dipartimento di Stato sarebbero del medesimo avviso, e cioè che le disposizioni degli artt. 53 e l 07 automaticamente diventeranno inapplicabili nei riguardi dell'Italia con la sua ammissione nell'O.N.U.

Comunque sarebbe desiderabile che, prima di presentare la domanda di ammissione, si facesse conoscere ai Governi delle Grandi Potenze il punto di vista italiano sulla questione, e si ottenesse da ciascuno di essi una dichiarazione di adesione.

367 1 Vedi D. 326.

368

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

T. S.N.D. 5457/399. Londra, 23 aprile 1947, ore 13,55 (per. ore 19,30).

Dai documenti allegati alla sua lettera del 31 marzo n. 31/178/1 1 indirizzata all'ambasciatore risulta che da parte americana:

l) si tiene a che la nostra domanda ammissione alle Nazioni Unite sia presentata al più presto;

2) a tal fine non si giudica indispensabile attendere entrata in vigore trattato di pace;

3) Dipartimento di Stato avrebbe già consultato Foreign Office in proposito.

Pur non avendo compiuto alcun sondaggio specifico, mi permetto segnalare quello che potrà essere punto di vista inglese in argomento.

Anche a prescindere dal fatto che tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza sono firmatari del nostro trattato di pace che in un certo senso li impegna nel preambolo ad appoggiare la nostra domanda, è fuori dubbio nella sostanza che questo Governo vedrà con favore la nostra partecipazione alle Nazioni Unite.

Anche Gran Bretagna cercherà evitare che la questione della nostra ammissione possa venire abbinata a quella dell'ammissione di altre Nazioni (quali Albania e Mongolia) ed è quindi probabile che anche qui si veda di buon occhio una tempestiva presentazione della nostra domanda che ci dia una precedenza cronologica su altri candidati.

Devo peraltro ritenere che tanto qui che a Washington si consentirà a che la nostra domanda sia presentata e forse discussa prima della nostra ratifica, ma si insisterà perché la nostra effettiva ammissione e partecipazione alle Nazioni Unite sia subordinata alla ratifica stessa.

Comunque, qualora codesto ministero autorizzi, non dovrebbe essere difficile accertare punto di vista Foreing Office senza che ci sia bisogno di citare iniziativa americana di cui alla lettera in riferimento Non vedo inconvenienti in proposito tanto più se il Governo americano lo ha già intrattenuto in argomento.

368 1 Vedi D. 287, nota l.

369

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5497/300. Washington, 23 aprile 1947, ore 22 (per. ore 9,40 del 24 ).

Seguito telegramma 295 1•

Sicura fonte americana mi viene confidenzialmente confermato che senatore Vandenberg ha effettivamente telegrafato al segretario di Stato a Mosca facendo presente necessità suo nuovo intervento personale in hearings presso Commissione senatoriale affari esteri pronunciandosi esplicitamente se ritiene ancora indispensabile o non -in relazione esito Conferenza Mosca -sollecitare ratifica nostro trattato di pace. Per stabilire durata in hearings Marshall è stato pregato comunicare presumibile data suo ritorno Washington. Segretario di Stato non ha fino ad oggi risposto.

Stessa fonte mi ha del pari confermato che Vandenberg comincerebbe nutrire qualche serio dubbio circa opportunità ratifica trattato e ciò date esitazioni molti senatori per ragioni indicate in mio telegramma suindicato.

Peraltro fino ad ora Amministrazione rimane ferma su intendimento far ratificare trattato: sicché, qualora non intervengano nuovi elementi, votazione Senato dovrebbe potere riunire maggioranza due terzi necessaria per approvazione trattato 2 .

370

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

L. 975/182. Mosca, 24 aprile 1947 (per. il JV maggio).

Il suo telegramma n. 76 del 23 corrente 1 mi costringe a precipitare la risposta circa questa questione, che avrei preferito meditare ancora, dato che la sua del 31 marzo 2 non mi faceva pensare alla urgenza di inviarle la mia opinione. Per approfittare del corriere prossimo, mi affretto quindi a esporre rapidamente il mio punto di vista, anche se ne scapiteranno un po' la chiarezza, la completezza del pensiero e se la mia opinione apparirà suscettibile di approfondimento.

Premetto che sono profondamente convinto della grande utilità dell'O.N.U. e degli immensi servizi che essa potrà rendere oggi e più ancora nel futuro: indub

2 Con T. s.n.d. 5623/313 del 25 aprile Di Stefano comunicò: «Apprendo in via confidenziale che Marshall ha da Mosca risposto telegraficamente a Vandenberg non elevare difficoltà a che hearings abbia luogo 30 corrente ed esprimendo speranza che ritardo non pregiudicherà ratifica trattato di pace». 370 1 Con tale telegramma Fransoni aveva sollecitato una risposta al D. 287.

2 Vedi D. 287.

431 biamente le grandi Potenze tendono a servirsene come strumento dei loro interessi, ma vi è nel suo principio e nelle aspirazioni ch'essa incarna sia pure imperfettamente, un potenziale che alla lunga supererà le previsioni e i calcoli egoistici. Se vi è una possibilità di spostare le ineliminabili lotte degli uomini e delle nazioni su un piano diverso da quello del conflitto armato, essa è sulla via tracciata dall'O.N.U.

Perciò l'Italia non può assumere di fronte ad essa un atteggiamento troppo scettico né mercanteggiare il suo ingresso nell'Organizzazione quasi che essa rappresentasse unicamente un interesse altrui e non comune, un affare dei Quattro Grandi o degli Stati Uniti d'America rispetto al quale l'Italia sarebbe oggetto e non soggetto. Un simile atteggiamento ci manterrebbe in realtà in una posizione di ostilità ai Quattro, che rievocherebbe, coscientemente o no, la posizione di ostilità del tempo di guerra. L'Italia deve essere non solo formalmente, ma sostanzialmente disposta a collaborare nell'O.N.U. come ad un organismo cui essa pure è profondamente cointeressata: scambiare l'ingresso nell'O.N.U. con qualche vantaggio esterno all'O.N.U. stessa e relativo unicamente al nostro interesse particolare, significherebbe precisamente farle atto di ostilità, considerarla come strumento di potenza altrui e non come tentativo ed ideale comune.

Tale posizione, oltre a non essere conforme alla funzione di civiltà e di pace che vogliamo svolgere, sarebbe sopra tutto praticamente sterile, in quanto susciterebbe contro di noi legittima diffidenza inchiodandoci praticamente a quella situazione di ex nemici che noi vorremmo al più presto far dimenticare. Se noi chiedessimo, ad esempio, di ottenere una situazione di parità quanto agli armamenti, prima di entrare all'O.N.U., certamente riceveremmo un secco rifiuto e susciteremmo legittime ostilità. La Germania a suo tempo negoziò abilmente l'entrata in una Società delle Nazioni alla quale non credeva e che intendeva utilizzare come mezzo di ascesa, e buttare poi al momento buono come un impaccio ingombrante: si è visto dove portava tale politica, che non può essere certo la nostra.

Ciò non significa tuttavia che dobbiamo entrare all'O.N.U. subito, al primo invito, ad occhi chiusi, e considerando come un onore e un vantaggio il fatto stesso di esservi ammessi; questo sarebbe l'errore opposto e trapasserebbe dall'ostilità a un certo servilismo, e ad una certa ingenuità. L'O.N.U. è giuridicamente una associazione di Stati uguali (salva la situazione particolare dei Cinque Grandi): dal punto di vista giuridico e morale, l'interesse al suo allargamento a tutti gli Stati, specialmente quando hanno una importanza notevole quale quella dell'Italia, è interesse comune. Dal punto di vista pratico, poi, considero una illusione il supporre che entro l'O.N.U. si possano ottenere sul serio vantaggi notevoli per quelle questioni che ci potrebbero interessare, quale quella del trusteeship sulle colonie o, meno ancora, quella della revisione del trattato di pace. Su simili questioni di fondamentale importanza rimarrà decisivo anche nell'ambito dell'O.N.U. l'interesse e il volere dei Quattro Grandi.

Non voglio qui trattare ex professo del. problema del trusteeship: ma mi par certo che esso dipende ormai unicamente dall'atteggiamento dell'Inghilterra e degli Stati Uniti, e prima di tutto dell'Inghilterra. Solo se riusciremo tempestivamente (del che dubito assai, malgrado tutta la buona volontà ed abilità dei nostri rappresentanti) a convincere gli inglesi che un nostro ritorno in Africa potrebbe rappresentare nella nuova situazione del dopoguerra non un pericolo, ma un vantaggio per loro, potremo nutrire serie speranze a questo riguardo; e solo in tal caso

potremmo tentare di superare l'ostacolo americano, che in questi ultimi tempi si è parato contro le nostre aspirazioni, sconcertando le nostre previsioni. Non parliamo poi della revisione: se questa deve riguardare l'essenziale, ossia le questioni territoriali, Briga e Tenda o Trieste, solo un accordo colla Francia

o colla Jugoslavia ce la può consentire, altrimenti avremo per lo meno il veto. Entrare all'O.N.U. per sventolare le nostre pretese a modificare il trattato di pace ci attirerebbe, io penso, più antipatie che favori.

Dunque: da un lato non dobbiamo né possiamo condizionare il nostro ingresso a vantaggi particolari; dall'altro non possiamo sperare di conseguire tali vantaggi per il solo fatto di entrare fra le Nazioni Unite.

Il problema rimane così ristretto alle condizioni di tempo e di modo del nostro ingresso. ma io le ritengo abbastanza importanti perché valga la pena di segnalarle.

l) Anzitutto, non vedo bene l'utilità di entrare all'O.N.U. prima della ratifica del trattato di pace. Secondo i Grandi, esso entrerà in vigore dopo la loro ratifica, e quindi nessun ostacolo ci potrebbe essere frapposto a questo titolo dopo d'allora. Ma finora la nostra interpretazione, sostenuta anche in un discorso De Gasperi, è stata l'opposta. Di qui due conseguenze: primo, la mancanza di ratifica potrebbe esserci eccepita da qualche contradditore, ad esempio l'Inghilterra o l'Unione Sovietica, secondo, la domanda prima della ratifica ci porrebbe nella pratica impossibilità di entrare a parità di condizioni, specialmente in rapporto agli articoli 53 e 107 della Carta delle Nazioni Unite.

2) La difficoltà più grave, specialmente per chi guardi qui da Mosca, è costituita dal pericolo di entrare nell'O.N.U. in veste di cliente dell'uno o dell'altro dei Grandi, mettendoci in difficoltà (come rileva giustamente il rapporto) nei riguardi delle Potenze contrapposte. L'atteggiamento del Governo sovietico di fronte all'O.N.U. è noto: è un atteggiamento di diffidenza, dipendente dallo stato di minoranza in cui la Russia vi si trova. Essa se ne serve talora per impedire talune mosse un po' troppo ardite di altri Grandi, come quella dell'aiuto alla Grecia e alla Turchia, ma è questa una funzione più che altro negativa: dal punto di vista positivo difficilmente vi ha trovato finora un appoggio. L'ingresso dell'Italia su invito o con l'adesione degli Stati Uniti potrebbe rappresentare per la Russia la previsione di un voto di più a favore degli Stati Uniti in molte questioni, e comunque sarebbe da essa considerato come un nuovo passo nostro entro l'orbita del temuto blocco occidentale. In linea generale ciò implica ancora una volta la valutazione della nostra linea politica generale, se di autonomia effettiva dai due gruppi

o di riavvicinamento a uno di essi; nel primo caso, entrare all'O.N.U. con l'appoggio isolato degli Stati Uniti potrebbe essere un errore. In linea particolare poi, questo significherebbe diniego da parte della Russia, oppure mercanteggiamento da parte sua, per fare entrare accanto a noi, a bilanciare le nostre supposte tendenze, questo o quello degli Stati ex nemici, Romania, Bulgaria o altri; quanto meno, in ogni caso, ci obbligherebbe a un faticoso e poco onorevole lavoro di richiesta e di pressione-per non dire di supplica-inteso ad ottenere l'entrata all'O.N.U. che ci sarebbe elargita con difficoltà e come un sommo favore. Ma è proprio questo che non deve avvenire: pur con tutta la nostra seria volontà di potenziare l'O.N.U. e di lavorarvi attivamente, io penso che noi dobbiamo entrarvi dignitosamente, su piede di eguaglianza, e senza che il modo del nostro ingresso ci qualifichi come clienti di alcuna Potenza o gruppo di Potenze. Il che significa, in altri termm1, entrare dietro invito dei Quattro Grandi, per avere la sicurezza di non fare anticamera e di avere una posizione di piena autonomia.

3) Gli articoli 53 e 107 sono a mio avviso uno ostacolo alla nostra partecipazione, che deve essere rimosso come condizione assoluta della nostra adesione. Il rapporto ministeriale 3 accenna alla richiesta di eliminarlo, ma sembra accontentarsi, subordinatamente, della soddisfazione di averla fatta e di avere messo i punti sugli

i: a me non pare che ciò basti. Nel momento in cui entriamo all'O.N.U. la nostra qualità di ex nemici deve essere completamente dimenticata, né possiamo rimanerci in condizioni di inferiorità.

4) Infine, rimane il problema se noi dobbiamo proprio entrare come semplici membri dell'Assemblea, alla stregua del Guatemala, di Costarica, di Haiti, o della Transgiordania, oppure attendere fino a che vi siano per noi concrete garanzie di immediato o prossimo ingresso nel Consiglio di sicurezza. A chi pensi alla nostra passata situazione nella Società delle Nazioni, ed alla rarità e scarsa influenza delle riunioni di Assemblea generale, potrebbe facilmente apparire che un ingresso senza condizioni a questo riguardo ci porrebbe in una situazione non corrispondente alla nostra importanza. A questo proposito da un lato non bisogna dimenticare che quando si accenna ad utilizzare la nostra qualità di membro dell'O.N.U. per avere maggiore voce in capitolo sulle questioni relative al Territorio Libero di Trieste, si dice cosa esatta solo supponendo che l'Italia faccia parte del Consiglio di sicurezza; dall'altra è da tenere presente che l'entrata all'O.N.U. implica obblighi gravi che si possono spingere fino a porre il nostro territorio e i nostri mezzi a disposizione delle Nazioni Unite per un'azione bellica, il che pure rafforza la esigenza di una nostra situazione adeguata. Questa quarta condizione potrebbe essere tenuta in sospeso e valutata insieme alla seconda, giacché, come quella, esige tempo: non si può pretendere che da un momento all'altro i Quattro abbiano interesse ad invitarci, né che ci possano offrire, per sopramercato, una certa situazione di prestigio all'O.N.U. Ciò dipenderà dal miglioramento della nostra posizione politica ed economica: è qui appunto che il tempo lavorerà a nostro vantaggio, purché sappiamo spenderlo consolidando la nostra situazione interna e conservando un dignitoso riserbo nelle relazioni estere, anziché agitandoci per ottenere qua e là effimeri vantaggi, nel che perdiamo piuttosto che riguadagnare prestigio.

5) Il rapporto ministeriale accenna giustamente alle limitazioni militari che il trattato ci impone, per suggerire una riserva circa gli obblighi militari che potrebbero scaturire dal nostro ingresso all'O.N.U. Sotto questo profilo la nostra preoccupazione è ragionevole e non potrebbe suscitare reazioni ostili. lo penso tuttavia che non ci convenga a questo riguardo fare riserve, precisamente perché (come nota il rapporto) esse potrebbero implicare una stabilizzazione delle nostre limitazioni attuali. È meglio entrare all'O.N.U. assumendone tutti gli obblighi, salvo poi farli valere al momento opportuno per trame le logiche conseguenze quanto alla nostra facoltà di armarci. Il problema, in fin dei conti, non è di immediato interesse, giacché per qualche tempo

l'utilizzazione razionale dei limiti massimi concessi dal trattato di pace è più che sufficiente per impegnare le nostre capacità finanziarie e di organizzazione del nostro esercito. Anche qui il fattore tempo giocherà la sua parte.

Concludendo, se dovessi fare di mia iniziativa un passo verso i russi direi loro (probabilmente dopo avere atteso la ratifica, anche da parte nostra) che noi abbiamo avuto amichevoli inviti ad entrare all'O.N.U., ma non desideriamo farlo se non con il loro preventivo e pieno appoggio; aggiungerei genericamente che noi intenderemmo entrare in una posizione di uguaglianza e di dignità adeguata alla nostra situazione. Poi aspetterei.

Comprendo che l'argomento può prestarsi a molte valutazioni differenti e sarò lieto di sentire quale è al riguardo l'opinione del conte Sforza e la sua.

369 1 Vedi D. 360.

370 3 Vedi D. 246, Allegato.

371

L'AMBASCIATORE A LIMA, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5586/22. Lima, 25 aprile 1947, ore 12,57 (per. ore 7,15 del 26).

Telegramma ministeriale 6334/c. 1 .

Ho spiegato al ministro degli affari esteri che, per eliminare qualsiasi preoccupazione derivante dalla parola «revisione», Governo italiano suggerisce ora basarsi passi dei Governi America latina presso O.N.U. esclusivamente su ingiustizia trattato di pace senza alcun accenno da parte loro alla revisione. Ho fatto pure altro suggerimento indicato nel telegramma cui mi riferisco e significato necessità che il passo anche non collettivo abbia identico tenore.

Ministro degli affari esteri ha mostrato interesse per modificazione proposta e mi ha promesso riprenderne studio per cercare formula adatta ed esaminare procedura da seguire presso O.N.U.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A BUENOS AIRES, ARPESANI, E A RIO DE JANEIRO, MARTINI

T. 6507/101 (Buenos Aires) 90 (Rio de Janeiro). Roma, 25 aprile 1947, ore 13.

Anche per sollecitazione Governo Washington stiamo in questi giorni esaminando questione nostra partecipazione O.N.U., e opportunità avanzare sino da ora

371 Vedi D. 365.

relativa domanda anumsswne che Stati Uniti vedrebbero con favore. È evidente importanza che questione riveste per l'Italia che, una volta ammessa O.N.U., potrà riprendere sua posizione nel consorzio internazionale in condizioni parità morale e giuridica con tutte le Nazioni Unite. Appunto in considerazione della importanza di tale evento, di cui ci rendiamo pienamente conto, noi desidereremmo peraltro che esso venisse preceduto e accompagnato da una manifestazione di incoraggiamento e solidarietà da parte Paesi tradizionalmente e spiritualmente a noi vicini quali sono Paesi americani. Voglia pertanto V.E. sondare con la maggiore sollecitudine codesto Governo e suggerirgli in via amichevole e confidenziale assumere iniziativa proporre altri Governi latino-americani di rivolgere un invito collettivo a Governo italiano perché presenti domanda ammissione O.N.U. assicurando in tal modo all'Italia patrocinio America latina al suo ingresso fra le Nazioni Unite. Telegrafi.

Telegrafato Buenos Aires e Rio Janeiro.

373

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5591/210. Mosca, 25 aprile 1947, ore 17 (per. ore 7,25 del 26).

Ieri si è chiusa la Conferenza e stasera i capi delegazione lasciano Mosca. Negli ultimi giorni e fino all'ultimo momento, quando già le trattavie per trattato Germania erano evidentemente arenate, si sperava ancora qui in un accordo almeno per Austria e specialmente delegazione austriaca continuava a lasciare diffondere notizie ottimistiche in tal senso. Ma nessun accordo si è verificato sui punti sostanziali nemmeno per Austria e nomina di una Commissione di delegati con sede in Vienna deve interpretarsi come una soddisfazione data alle deluse aspettative austriache e come mezzo di non diffondere la sensazione di una rottura dando impressione che trattative continuano.

In realtà il rapporto degli esperti secondo ogni probabilità non sarà esaminato prima della sessione di Londra di novembre e nulla autorizza ritenere che Russia abbia rinunciato alla sua logica posizione di abbinamento dei due trattati. Stasera Bevin in conferenza stampa ha cercato di dare una interpretazione ottimistica dei risultati della Conferenza affermando che la solidarietà dei Quattro è intatta e Marshall ha voluto dichiarare che la Conferenza è stata una delusione ma non un fallimento ed entrambi hanno sottolineato l'utilità del chiarimento di posizioni avutosi nella sessione ora chiusa.

Ma è evidente che il chiarimento delle posizioni era il minimo che si potesse aspettare da sei settimane di discussioni e che contentarsi di questo significa mascherare appena il sostanziale fallimento della Conferenza. È verità indubbia che nessuna questione sostanziale è stata risolta e che nemmeno un sistema provvisorio di unità politica od economica della Germania è stato instaurato, cosicché la separazione della Germania e dell'Europa permane con tutte le incognite che ne derivano. Anzi l'accordo per il carbone dell'ultima ora spostando la situazione della Francia ha approfondito la separazione zone ed atteggiamento stampa sovietica, che ne ha fatto breve cenno senza il minimo commento a due giorni dall'avvenimento, manifesta il disappunto della Russia al riguardo. Volendo accennare alle ragioni dell'insuccesso è da rilevare anzitutto l'intransigenza americana apertamente dichiarata e rigorosamente mantenuta durante tutta la Conferenza. Specialmente sulle due fondamentali richieste sovietiche della creazione di un forte governo centrale germanico e delle riparazioni su produzione corrente, Stati Uniti non hanno nulla concesso seguendo una linea palesemente preordinata.

In secondo luogo è mancata qualsiasi oscillazione nell'atteggiamento britannico e la saldezza del binomio anglo-americano ha rafforzato la posizione degli Stati Uniti. In terzo luogo la Francia, pur avendo tentato una coraggiosa posizione di autonomia, non è riuscita in definitiva a trovare linea comune coi sovieti nemmeno su Ruhr e Saar e alla fine ha dovuto ripiegare sull'intesa a tre per il carbone togliendo un appoggio alla Russia. Infine è mancato totalmente quel cedimento dei russi che taluno aspettava come un gesto dell'ultima ora per salvare la Conferenza. Anzi, di fronte al discorso Truman ed alla fermezza americana, i russi si sono a loro volta irrigiditi rendendo impossibile qualsiasi soluzione.

Malgrado tutto ciò non si può dire che Conferenza termini in una atmosfera di tensione né tale da compromettere le trattative ulteriori, anzi può dirsi che la Conferenza si chiude in situazione psicologica tale da consentire futuri accordi sempreché non si verifichino fatti nuovi in contrario. È questa, ma importante, la sola nota ottimistica sostanziale rilevabile la quale dà pure una certa consistenza ai tenui progressi realizzati sui punti secondari concordati.

Quanto all'Italia aggiungo che questione beni Nazioni Unite asportati in Austria da tedeschi è ancora insoluta e quindi è impregiudicata la nostra domanda al riguardo.

Così pure quanto alla nostra partecipazione trattative pace Germania discussioni non hanno fatto passi avanti negli ultimi giorni e divergenze principali rimangono insolute restando però fermo forte orientamento verso trattamento preferenziale a Stati alleati e una situazione di inferiorità agli ex nemici. Segue rapporto 1•

374

IL MINISTRO A MONTEVIDEO, ERRERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5590/30. Montevideo, 25 aprile 1947, ore 18,37 (per. ore 7,25 del 26).

Ho compiuto passi secondo le istruzioni di cui al telegramma di V.E. 6334 circolare 1 .

chiusura della conferenza vedi D. 388. 374 1 Vedi D. 365.

Ministro degli affari esteri mi ha autorizzato comunicare che il suo Governo seguirà con tutta simpatia nuova strada la quale appare più adatta in quanto dovrebbe evitare opposizione taluni Stati americani tra cui Perù e Colombia. Mi ha assicurato potremo contare sul suo esplicito appoggio.

373 1 R. 1102/195 del 7 maggio, non pubblicato. Per le ulteriori comunicazioni di Brosio dopo la

375

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5612-5625/311-312. Washington, 25 aprile 1947 1•

Nonostante da parecchi giorni notizie Conferenza Mosca ne lasciassero prevedere imminente fine e scarsi frutti, questi ambienti politici e opinione pubblica hanno sperato sino iersera in accordo od intese dell'ultima ora specie per perfezionamento trattato austriaco. Delusione quindi è stata oggi non poca. Né prossima convocazione a Vienna apposito Comitato ed esperti dei Quattro né risultati Conferenza in varie questioni considerati minori, valgono ancora ad attenuare diffuso senso di scetticismo su possibilità agevole composizione a breve scadenza delle sostanziali divergenze. Mentre stampa ha immediatamente iniziato aspra polemica su cause attuale situazione e reclama continuazione ed intensificazione «politica di fermezza» ripercussione è stata particolarmente sensibile al Congresso dove si mostra temere intensificarsi richiesta stanziamenti per assistenza economica all'estero e spese mi lit ari.

Marshall ritorna qui domani. Vi è viva aspettativa per rapporto radio alla Nazione che egli dovrebbe tenere al più presto, secondo uso introdotto da suo predecessore, e che si presume chiarificherà posizione americana.

Riassumo impressione questi circoli dirigenti.

l) Vari elementi più acuti riconoscono che «dottrina Truman» abbia potuto allontanare dirigenti sovietici da soluzioni conciliative nell'assunto che queste sarebbero state interpretate come primo frutto della nuova politica americana. Rilevano che negoziatori russi erano usi a Byrnes e alla sua fretta di concludere alla meno peggio; Marshall invece ricercherebbe soluzioni che investano alle radici problema per raggiungere un sano accordo fra i due. Occorre quindi lasciare anche all'U.R.S.S. tempo trovare formule che riconcilino interessi basilari delle due parti. Né vi è ragione di esagerati pessimismi: sia U.R.S.S. che Stati Uniti rifuggono dalla idea di un irreparabile conflitto.

2) Altri elementi esprimono opinione che Stati Uniti debbono ormai porre accento meno su soli aspetti politici negativi della situazione e più sul lato positivo di aiutare attivamente ricostruzione Paesi amici Europa.

Essi sottolineano Conferenza Mosca ha riavv1cmato Francia ed angloamericani. Si tratterebbe ora di intensificare cooperazione economica nella sfera occidentale, ponendo termine al processo di dissolvimento provocato dalla guerra e dimostrando alla Russia i vantaggi che le assicurerebbe una sua estesa e fiduciosa collaborazione. In questa attesa tutti legittimi interessi russi dovrebbero essere scrupolosamente considerati in modo evitare pericolo ulteriore aggravamento tensione.

3) Per contro numerosi altri vanno molto più in là e sostengono, a tutela asserita sicurezza americana, necessità direttive intransigenti U.S.A. che, senza attendere oltre, inizi organizzazione anche politica «mondo occidentale» che non consenta «nuovi vuoti aperti ad espansione» e neanche si disinteressi da Nazioni dell'orbita orientale.

Formula semplicistica da essi usata, sulla quale batte anche la stampa, è: la guerra è finita ormai da due anni ed è tempo organizzare la pace come si può, con

o senza la Russia.

375 1 Spedito il 26 alle ore 2,19 e pervenuto alle ore 18,30.

376

IL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. RISERVATISSIMO PER CORRIERE 5771/016. Atene, 25 aprile 1947 (per. il 30).

Ho avuto, a sua richiesta, lunga conversazione con ministro dell'interno Papandreu. durata quasi due ore. Sono stati toccati vari argomenti sui quali riferirò a parte. Riassumo qui sostanza del suo pensiero circa relazioni italo-greche.

Secondo Papandreu, Stati Uniti, con messaggio Truman su aiuto alla Grecia e Turchia, hanno inaugurato, per ora soltanto in via sperimentale, nuova politica. Innovazione è di grandioso disegno ma non è ancora assicurata su solide basi; sia perché mancano all'America tradizioni di politica estera paragonabili a quelle inglesi e indipendenti da fluttuazioni situazione interna, sia perché suoi interessi mondiali comportano largo margine manovra in singoli settori, sia infine perché eventuale crisi economica, che egli ritiene altrettanto probabile di quella scoppiata nel '29, potrebbe causare forte mutamento di rotta con parziale ritorno a vecchie posizioni isolazionismo (recente discorso Truman in occasione banchetto Associated Press sembrami prospettare precisamente questa eventualità).

Inoltre, interesse americano nel Mediterraneo coincide in modo generale con conservazione status quo, ma soltanto in modo parziale con interesse collettivo Stati mediterranei e singoli di ciascuno di essi. Sia nell'una che nell'altra ipotesi ~che l'America sia definitivamente installata in questo mare o sia per farvi soltanto breve apparizione ~è dovere e interesse comune degli Stati mediterranei, in particolare dell'Italia, Grecia e Turchia, stabilire intese per una solida cooperazione fra di loro. Se attuale politica americana si conferma, soltanto così potremo essere, argomenta Papandreu, al tempo stesso utili, apprezzati e relativamente indipendenti entro il nuovo ordine di Potenze; soltanto così potremo far coincidere interesse americano generale con nostro specifico. Se Stati Uniti dovessero domani ritirarsi avremo comunque costituito raggruppamento politico capace di cercare, con qualche speranza di successo, suo adattamento ed eventuale nuova situazione. Questa associazione di interessi avrebbe perciò, o potrebbe avere, funzione ambivalente.

Ha aggiunto che aveva letto e studiato con molto interesse intervista di V.E. al giornalista Callonas, e che proprio da essa traeva spunto e incoraggiamento a espormi queste sue idee.

Non ho bisogno di illustrare a V.E. figura di Papandreu. Per quanto capo di un piccolo partito e soltanto ministro dell'interno egli sovrasta tutti gli altri per autorità, influenza e intelletto. È considerato il più grande oratore della Grecia, e ne è certamente la mente politica più lucida, di una dialettica e di una logica brillanti ed impeccabili. A queste sue straordinarie qualità intellettuali non corrispondono sempre, si dice, un eguale istinto e realismo politico 1•

377

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. RISERVATISSIMO PER CORRIERE 61 77/062. Washington, 25 aprile 1947 (per. il 9 maggio).

Riferimento: telespresso n. 402/c. segr. pol. del 15 marzo u.s. 1•

In conformità alle istruzioni di codesto ministero non ho mancato di intrattenere ripetutamente il Dipartimento di Stato sulla estrema gravità di una richiesta di consegna alla Jugoslavia, in base all'art. 45 del trattato di pace, di cittadini italiani presunti criminali di guerra. In varie conversazioni confidenziali presso la Divisione degli affari politici dell'Europa sud-orientale (che comprende i «deskas» italiano e jugoslavo), ho insistito sull'opportunità di una dichiarazione singola americana di rinuncia a richiederci la consegna di presunti criminali di guerra, affidandone l'eventuale giudizio alla magistratura italiana competente. Al riguardo ho rimesso anche, con lettera personale al capo dell'Ufficio Italia, un breve memoriale che riassume gli argomenti indicati da codesto ministero. È superfluo ch'io rilevi come, dato anche lo stato dei rapporti tutt'altro che soddisfacenti tra America e Jugoslavia, il Dipartimento mostri confidenzialmente di rendersi conto delle apprensioni e di condividere le osservazioni di codesto ministero.

Mi risulta che la questione è stata discussa, con sincero desiderio di venire incontro alle nostre richieste, in riunioni tra i vari competenti uffici del Dipartimento di Stato. Oggi mi è stato comunicato che, sentito anche il parere degli esperti giuridici e dopo aver sottoposta la questione all'Acting Secretary of State Acheson,

il Dipartimento, per parte sua, sarebbe disposto a fare a questa ambasciata una comunicazione nel senso desiderato. Prima di farla, gli occorreva peraltro intrattenere il Dipartimento della guerra ed attenerne il consenso; in merito si sarebbe provveduto con tutta la possibile sollecitudine e-si confidava-senza imbattersi in intoppi. Ho concordato con l'interlocutore americano il tenore del nostro memorandum ufficiale, ritenuto necessario, che si limita a porre genericamente le due domande che ci interessano, senza alcun riferimento alla Jugoslavia, in modo da evitare di imbarazzare sia il Dipartimento nella sua risposta e sia anche noi.

Trasmetto a parte con telespresso di pari data, per opportuna documentazione, la copia tanto del memoriale rimesso con lettera personale, quanto del memorandum ufficiale2 .

Questa ambasciata si riserva di ritornare sull'argomento appena possibile.

376 1 Per la risposta vedi D. 406. 377 1 Non rinvenuto.

378

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5677/315. Washington, 26 aprile 1947, ore 8,34 (per. ore 12,20 del 27).

Reazione circoli dirigenti e opinione pubblica americana per mancati risultati Conferenza Mosca (miei telegrammi 311-312) 1 sembra aver attualmente rafforzato in Senato tendenza, precedentemente limitata, favorevole rinvio ratifica nostro trattato di pace. Un maggiore numero di senatori si va pubblicamente dichiarando persuaso che in passate trattative di pace Stati Uniti hanno fatto troppe concessioni contrarie a giustizia nonché a interessi politici americani e che cedimenti sono particolarmente flagranti in nostro trattato. A tali atteggiamenti non sono estranee note considerazioni politica interna (telegramma per corriere 049)2.

Giovedì ha avuto luogo al Senato secondo banchetto offerto da organizzazioni itala-americane che mirano:

l) a rinvio ratifica trattato;

2) a successiva solenne dichiarazione del Congresso che proclami cessazione stato di guerra tra America e Italia. Risultano intervenuti altri diciotto senatori, parecchi dei quali influenti.

Mi viene ripetutamente affermato che numero senatori dichiaratisi per il rinvio ratifica oltrepasserebbe la trentina e potrebbe ancora aumentare (come noto un terzo dei votanti è sufficiente per bloccare ratifica). Sicché attualmente non potrebbero escludersi a priori eventualità che fino ad ora non sembravano meritevoli considerazione.

2 Vedi D. 320.

Vandenberg, di fronte questa situazione, avrebbe detto anche a capo associazione «Figli d'Italia» che si sarebbe limitato a fare proporre da Commissione senatoriale affari esteri ratifica trattato per note ragioni ripetendo affermazione circa desiderio Governo italiano in tal senso, ma che non si sarebbe impegnato a fondo in seduta plenaria Senato. Avrebbe anche ampliato promesse di includere in suo discorso spunti revisionistici e appoggio per aiuti economici all'Italia.

Non sono attualmente in grado valutare effettiva portata informazioni che forse peccano ottimismo; né, dati improvvisi mutamenti opinione qui frequenti, sarebbe possibile ora indovinare risultato votazione finale che potrebbe smentire logiche previsioni. Oltre tutto speciale peso potranno esercitare definitivi intendimenti amministrazione e suoi interventi diretti e indiretti (miei telegrammi 300 e 313) :l. N o tizie di cui al mio telegramma 314 4 dimostrano che Governo si preoccupa effettivamente delle accennate tendenze di parte del Senato. Comunque sembra ormai accertato che si avranno in Senato rilevanti manifestazioni contro ingiustizia trattato ed a favore tesi revisione.

377 2 Nn pubblicate. 378 1 Vedi D. 375.

379

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 5661/409. Londra, 26 aprile 1947, ore 22 (per. ore 9,45 del 27).

Prime reazioni inglesi al riconosciuto fallimento Conferenza Mosca sono volutamente serene e anche la stampa evita drammatizzare. In attesa ritorno Bevin e delle non facili spiegazioni che dovrà dare agli elementi estremisti o comunque dissidenti del suo partito, si fa qui punto della situazione sulle seguenti linee:

l) Russia ha fatto fallire di proposito, con la sua intransigenza, ogni possibilità di accordo perché considera momento attuale il più sfavorevole per i suoi interessi dato che campagna anticomunista in America è ora all'apice ed è troppo recente enunciazione progetto Truman nei confronti Mediterraneo perché si possa pensare che U.S.A. accondiscendano ad un compromesso. Nell'opinione inglese russi, in una errata valutazione della crisi economica in Inghilterra e della portata dei movimenti facenti capo a Wallace in America ed ai cosiddetti ribelli in questa coalizione, ritengono che non sia conveniente arrivare ora a un accordo, sia pure limitato all'Austria, che porterebbe ritiro truppe dall'Europa centro-orientale (cui non sono ancora disposti) quando col passar del tempo è possibile che si raggiunga accordo a miglior mercato. Per gli stessi motivi hanno lasciato cadere l'idea patto a quattro che consacrerebbe ingerenza americana in Europa in un momento in cui

378 3 Vedi D. 369. 4 Del 26 aprile, non pubblicato.

necessità tale ingerenza è sentita in America non in un senso anti-tedesco ma con significato anti-russo.

2) Gran Bretagna non ha rinunziato includere tra i principi fondamentali della sua politica estera quello della collaborazione con la Russia e ci si preoccupa di continuare sottolinearla; ma non considera accordo così urgente da dover accettare ulteriori sacrifici né è particolarmente disposta finanziare indirettamente riparazioni tedesche alla Russia. Di conseguenza, pur evitando parlare di blocco, ci si augura qui (e si intende lavorare in tal senso) che unione della zona americana e inglese in Germania diventi completa realtà e si superino divergenze militari e politiche che sino ad ora ne hanno impedito proficua attuazione. Accordo sulla esportazione carbone è buon auspicio di una possibile adesione della Francia e si lascia comunque aperta la porta alla partecipazione dei russi.

3) In un campo più generale, mancato accordo con l'U.R.S.S. sul riassetto della Germania obbliga Gran Bretagna guardare all'Europa con più immediato interesse: ciò dovrebbe consentire di scontare fin da ora un migliorarsi dell'atteggiamento inglese anche nei confronti dell'Italia, una rivalutazione delle nostre possibilità di collaborazione nel Mediterraneo, comprovati dall'interesse che suscita conferma annunziata visita di V.E. e desiderio razionalizzare rapporti di complementarietà tra l'industria inglese e quella francese o italiana.

In relazione mi permetto attirare l'attenzione di V.E. su odierni telegrammi stampa 126 e 127 1 riassumenti rispettivamente editoriali Economist e Times che, se non direttamente ispirati, rispecchiano abbastanza fedelmente a mio avviso opinione Foreign Office.

380

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 6183/068. Washington, 26 aprile 1947 (per. il 9 maggio).

Telegramma di codesto ministero n. 197 e risposta di questa ambasciata n. 250 1 .

In conversazione odierna al Dipartimento di Stato, il vice direttore generale per gli affari politici d'Africa mi ha informato della risposta testé pervenuta dalla legazione d'America ad Addis Abeba, incaricata, come è noto, di accertare il seguito avuto dalle due nostre richieste e le attuali disposizioni etiopiche circa la ripresa di rapporti diretti anche mediante l'invio colà di una nostra missione temporanea.

In sostanza la risposta del Governo etiopico alle raccomandazioni americane è che «per dar seguito alla nostra richiesta esso preferiva attendere la ratifica del trattato di pace, che riteneva d'altronde molto prossima». (Il tenore della risposta potrebbe anche dare adito al dubbio che non vi sia estraneo qualche consiglio britannico, data la nota posizione del Foreign Office in argomento).

Ho osservato al mio interlocutore come tale comunicazione fosse per noi tutt'altro che soddisfacente: il Governo italiano, secondo almeno il mio pensiero personale, avrebbe potuto anche attendere per parecchi mesi, senza alcuna impazienza, la ovvia ripresa di relazioni coll'Etiopia, se non vi fosse la grave questione di migliaia di italiani colà residenti, i quali, pur apportando un contributo non indifferente al benessere ed alla civiltà di quel Paese, erano poi abbandonati senza alcuna protezione ad ogni eventuale angheria e -come egli sapeva -non ne erano mancate.

Nelle condizioni attuali noi non potevamo provvedere a tutelare i più elementari interessi di questi nostri pionieri della razza bianca; malgrado le nostre ripetute richieste, nessuno se ne voleva occupare, neanche gli americani, il Dipartimento di Stato avendo opposto i suoi noti motivi in contrario.

D'altra parte chi poteva assicurare che il trattato sarebbe stato ratificato ed entrato in vigore con sollecitudine? Non gli erano certo ignoti, ad esempio, gli attuali umori del Senato americano; né lungaggini di ogni genere potevano essere escluse. Le necessità di assicurare una adeguata tutela agli italiani in Etiopia non potevano essere trascurate ancora per un tempo, sia pur relativamente, lungo.

Il mio interlocutore, pur con qualche lieve abbiezione, ha riconosciuto la fondatezza delle argomentazioni espostegli.

Siamo rimasti d'intesa che si sarebbe riparlato della questione a breve scadenza, quando saranno più evidenti le intenzioni di questo Senato circa la ratifica del trattato. Si fa riserva pertanto di riferire ulteriormente, appena possibile.

Questa ambasciata sarebbe intanto grata di ogni eventuale ulteriore indicazione di codesto ministero.

379 1 Non pubblicati. 380 1 Vedi D. 293.

381

IL MINISTRO A PRAGA, TACOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO PERSONALE 747/454. Praga, 26 aprile 1947 (per. il 7 maggio).

Come ho comunicato al dott. lvella, ho consegnato, di ritorno a Praga, il suo messaggio per il presidente Bend al cancelliere Smutny 1• A questi ho fatto qualche vago accenno alle nostre direttive di politica estera: quel tanto necessario per invogliare il presidente a chiamarmi in udienza. Preferivo infatti di avere un collo

quio con il presidente quando egli fosse stato già al corrente degli argomenti espostigli da V.E.: mi sarei allora trovato in condizioni migliori per saggiare le intenzioni e per sviluppare la conversazione secondo le istruzioni impartitemi. Le cose si sono svolte come avevo sperato, perché il presidente mi ha invitato ad andare da lui ieri mattina 25 aprile.

La conversazione è stata lunga e cordialissima. La riassumerò nei suoi punti principali.

In primo luogo, il presidente ha tenuto ad esprimere il piacere provato nel ricevere la lettera di V.E. ed i sentimenti di profonda antica amicizia che a V.E. lo legano. Egli ha rievocato molti incontri, tra cui principalmente Spa e Rapallo, e indimenticabili conversazioni, anche del tempo di esilio, tra cui un week-end un po' clandestino in terra inglese. Ha poi manifestato l'apprezzamento più vivo per le altre doti di V.E. e l'ammirazione per «l'integrità di un carattere che non si era mai piegato né ad allettamenti né a minacce».

Entrando poi a parlare della lettera, mi ha pregato di comunicare a V.E. che egli intende di inviare una diretta risposta, ma che intanto, sia per maggiore sollecitudine, sia perché gli «riusciva più facile di dire a voce certe cose e di dar loro un accento di completa sincerità», desiderava di chiarire a me il suo pensiero perché io ne riferissi col mezzo più sicuro e più discreto.

Che V.E. abbia sempre avuto una larga e illuminata visione dei problemi europei e un'esatta comprensione dell'interesse per l'Italia a buoni rapporti con i vicini orientali, è, anche per Benes, dato così pacifico e di così antica data da rassicurare pienamente sulla serietà dei propositi ora manifestati nei riguardi della Jugoslavia.

Ma appunto questa circostanza, unita all'altra della profonda amicizia personale, spingono Benes ad attirare l'attenzione di V.E. sulla sincerità delle sue riserve circa l'efficacia dell'azione che egli potrà svolgere. Anzi le riserve stesse, anche per la delicata natura della loro motivazione, debbono valere come prova di quella sincerità.

Dopo queste premesse il presidente mi ha dichiarato che egli non si lascerà sfuggire occasione per presentare alla Jugoslavia il vero nuovo volto dell'Italia e per dimostrarle il suo stesso interesse a rapporti di buon vicinato con noi.

E qui le riserve. Il presidente Bendi sa di non avere più sugli attuali dirigenti della Jugoslavia quell'influenza e quel potere di persuasione che può avere avuto sui suoi governanti di altro tempo. Non che egli si sia trovato d'accordo con i metodi spicciativi e quasi dispotici di re Alessandro e tanto meno con la subdola e cinica mentalità del principe Paolo, «malato di un intellettualismo di decadente». Ma alcuni periodi, che V.E. ben conosce, vi furono nel passato durante i quali la voce della Cecoslovacchia e di Benes trovavano facile ascolto a Belgrado. Ora con Tito e con il suo Governo la rispondenza non è né pronta né agevole. Il regime jugoslavo è prettamente comunista o si proclama prettamente comunista. In Cecoslovacchia esiste un forte partito comunista ma non vi è un governo comunista. In Jugoslavia il capo dello Stato è -o dice d'essere -soprattutto comunista, in Cecoslovacchia è, proclama d'essere e tutti sanno che è un democratico. La Jugoslavia è pienamente sotto l'influenza russa. La Cecoslovacchia è alleata della Russia ma gelosamente custodisce la sua indipendenza. Da questa disparità di condizioni i governanti jugoslavi traggono il convincimento che essi sono all'avanguardia, essi sono i progressisti, essi soprattutto sono i «puri», mentre il Governo cecoslovacco è retrivo e il partito comunista cecoslovacco è non ortodosso e non di sicura fede. Questa concezione influisce grandemente sulla sostanza dei rapporti tra i due Paesi per poco che si vada sotto le apparenze e le forme: influisce tanto più in quanto essa è avvelenata dal sospetto: «l'inguaribile male del comunismo in ogni paese». Se poi dagli ambienti dirigenti cecoslovacchi si passa alla persona del presidente, si trova che da parte jugoslava il calore e la riposante fiducia fanno ancor più difetto. Bene§ è ritenuto come l'esponente primo della concezione democratica e lo strenuo difensore della libertà dell'individuo, a tal segno che l'affermarsi di un regime totalitario nel suo Paese troverebbe in lui il maggior ostacolo. L'ostacolo è poi rafforzato dall'affetto devoto o riconoscente del popolo che induce gli stessi comunisti a un atteggiamento più moderato che viene tacciato di compromesso se non proprio di eresia. ·

Da tutto quanto sopra deriva che mentre il presidente Bene§ è perfettamente conscio del vantaggio che Italia e Jugoslavia hanno a stabilire tra loro buoni rapporti nel reciproco interesse e nell'interesse dell'Europa, e mentre pertanto egli si propone di non trascurare occasione per favorire un riavvicinamento, non è però a credere che la sua parola possa essere efficacemente pronunciata in qualsiasi momento, né che possa facilmente conseguire lo scopo desiderato.

Credo di avere fedelmente riassunto il lungo esposto del presidente su questo punto. Debbo ancora sottolineare che scopo primo delle «confidenze» del presidente è di fare persuasa V.E. della sincerità dei suoi intenti: egli non può trovare mezzo migliore che manifestare con chiarezza e perciò con fidente stima il limite delle sue possibilità.

Quanto alle mie impressioni aggiungerò che esse vengono a confermare il mio primo giudizio espresso verbalmente al dott. Ivella, che cioè la voce di Praga, e di Benes in ispecie, può trovare risonanza a Belgrado qualora passi per l'altoparlante di Mosca. Con tutto ciò il messaggio è risultato utile, non soltanto in attesa di occasioni favorevoli nei confronti della Jugoslavia, ma anche perché ha servito a riaffermare, con l'autorità della parola di V.E., il convincimento di Benes sulle nostre intenzioni e sulle nostre direttive.

Dopo il riassunto di che sopra mi consenta V.E. di riferire, quasi testualmente, qualche frase che il presidente ha pronunciato per mettere in chiara luce il suo pensiero.

«lo sono un democratico e non ho mutato in nulla le mie opinioni. La mia è la tradizione di Masaryk. Nel passato passavo, agli occhi dei dirigenti jugoslavi, per troppo a sinistra, ora passo per troppo a destra. In realtà io sono fermo in una concezione che non invecchia. È la Jugoslavia che da troppo a destra mi è passata troppo a sinistra ... se sinistra si può chiamare.

Il popolo cecoslovacco non è comunista, anche se in Cecoslovacchia vi è un forte partito comunista del quale si deve tener conto. Il 38% di voti riportati da questo partito alle ultime elezioni non corrisponde forse più alla situazione attuale, ma ciò che più conta è che la percentuale dei convinti delle teorie marxiste è molto minore. Non si saprebbe tollerare, in questa situazione, un esperimento totalitario. E se comunque fosse tentato, anche a seguito di libere elezioni, io non starei più a questo posto.

Se ci si dovesse battere con i tedeschi sarei dalla parte dei russi. E dei russi la Cecoslovacchia è alleata fedele. Ma ne ho custodito e ne custodisco gelosamente l'indipendenza. Se dovessi vedere il mio Paese, nei confronti della Russia, nella stessa situazione della Polonia o della Jugoslavia: ebbene, ancora una volta, non sarebbe da questo posto che lo vedrei.

Quando Tito è venuto a Praga e si discusse per addivenire a un trattato di alleanza, non obbiettai nulla in via di massima ma pretesi che un testo fosse accuratamente steso nel dovuto tempo e con molte precisazioni. Questo testo ho riveduto personalmente e molte modifiche sono partite da me. Tutto ciò non è fatto per accendere nei cervelli dei governanti jugoslavi l'entusiasmo per Benes».

Ho poi domandato alla così cordiale benevolenza del presidente qualche giudizio sulla situazione internazionale dopo il «niente di fatto» a Mosca.

Egli mi ha ripetuto i già espressi concetti circa il pericolo dell'irrigidirsi delle due parti nelle loro ideologie (vedi mio rapporto del 7 febbraio n. 2811179) 2• Ha poi aggiunto considerazioni sulle persone che mi sembrano di qualche interesse.

Il maresciallo Stalin è mente perfettamente equilibrata e Benes si sente sicuro che, posto di fronte a un immanente pericolo di guerra, lo eluderebbe a qualsiasi costo e con la sua consumata abilità. Diverso è il suo giudizio su Molotov che ritiene più pericoloso, soprattutto perché più teorico. Stalin scrive di marxismo ma ne è meno prigioniero nella pratica. Molotov non ne scrive, ma tende a farne una rigida applicazione. Poi vi è l'esasperato senso di prestigio della maggioranza dei dirigenti moscoviti. Dopo tanti anni, durante i quali la Russia è stata praticamente tagliata fuori dalle competizioni politiche europee, ora essa è ritornata sul palcoscenico come una delle primissime parti e i suoi capi ritengono di non potere lasciare passare occasione alcuna per affermarlo. Ora è vero che Stalin esercita un'influenza di primissimo piano, ma non si deve pensare che egli possa non fare i conti con gli uomini del Politbureau. È forse anche sintomatico che Benes abbia apertamente dichiarato a Zorin (l'ambasciatore russo a Praga) recatosi a visitarlo il 24 corrente, subito prima di partire per Mosca, che egli riteneva che una guerra rappresenterebbe un disastro per il mondo, non esclusa e anzi non ultima certo, la Russia. Egli ha pregato Zorin di manifestare chiaramente questa sua opinione a Molotov e Vyshinsky e possibilmente al maresciallo Stalin.

D'altra parte il presidente Benes vede un grave pericolo non tanto in un precisarsi della politica americana, quanto nel temibile e temuto affermarsi negli Stati Uniti delle correnti più fortemente capitaliste e guidate dai grandi industriali. Benes, come sempre, esponeva le sue opinioni con tanta serenità che ho osato di chiedergli se egli non vedeva una garanzia di salvamento in un riavvicinamento dei popoli europei che, gelosi della propria indipendenza, cercassero di stringere rapporti di maggiore solidarietà e di sottrarsi per tal modo al fatale fenomeno del «satellismo» che li condanna in anticipo a partecipare a uno scontro dei colossi e a divenirne l'arena. «Certamente -egli su per giù mi ha risposto -dopo l'altra guerra vi fu maggior rispetto per "i piccoli" e i "piccoli" ebbero un maggior senso di orgoglio e di dignità». «Non so-ha aggiunto in un sorriso-se questo peggio

ramento sia un successo della democrazia». Ma mentre è certo che un riavvicinamento delle Nazioni europee sarebbe la migliore garanzia per la pace, esso non può avvenire che lentamente e, per ora, non può neppure avere vero inzio e ciò a ragione della instabilità della situazione politica ed economica all'interno dei diversi Paesi che prima debbono trovare il proprio assestamento. «Forse tra un paio d'anni quando l'ineluttabile crisi economica avrà fatto sentire il suo morso e quando l'ideologia comunista avrà fatalmente perduto terreno le condizioni dei diversi Paesi consentiranno la loro benefica intesa». Ho voluto -con intenzione -avanzare il dubbio che forse l'ideologia comunista trova terreno favorevole là dove imperversi una crisi economica. «È vero, mi ha risposto, in generale, ma non se le più gravi conseguenze della crisi si verifichino dove già il comunismo è in atto

o al potere. E gli uomini non possono più costruire cortine che non lascino filtrare idee e notizie».

Finalmente, dopo avere ringraziato il presidente per il suo personale appoggio alla mia opera intesa a consentire e favorire le prossime trattative, l'ho pregato di volere nuovamente intervenire perché siano revocate e per l'avvenire impedite le espulsioni e le nuove confische che ho dovuto lamentare in numero così notevole in questi ultimi giorni, nonostante le assicurazioni che ogni provvedimento sarebbe stato sospeso fintantoché fossero compiuti i lavori della delegazione. Il presidente mi ha assicurato che continuerà a seguire le nostre trattative per l'esito delle quali ha fatto i migliori voti e circa ai nuovi casi di espulsioni e di confische mi ha invitato a dargli seduta stante alcuni particolari. Non ho mancato all'invito e ho avuto modo di illustrare alcuni casi di più flagrante ingiustizia specie contro piccolissimi possidenti che vivono in Cecoslovacchia da varie diecine di anni del loro onesto lavoro. Ho concluso che mi sembrava che le piccole autorità periferiche, sottraendosi agli ordini del centro, avessero stabilito un sistema ai danni nostri (così come di altri stranieri) e che esse, quasi obbedendo a una parola d'ordine, si affrettassero ad impadronirsi dell'altrui fin che si era in tempo. Benes ha preso appunti, mi ha richiesto delle copie delle note da me inviate al ministero, mi ha assicurato del suo personale intervento. Poi, con l'aria di chi deve fare un'amara confessione, ha osservato che i casi esposti si erano verificati in distretti a maggioranzà democratica dove si accusano i comitati d1 liberazione a prevalenza comunista di altri distretti di praticare il brigantaggio e si erano del pari verificati sotto l'egida di comitati di liberazione comunisti che accusano quelli democratici di favoritismo per i più abbienti. Tutto ciò sta a provare come la mentalità malata della guerra abbia abbassato il senso morale, cosicché ogni pretesto vale per razziare dove si può mascherando l'avidità e la disonestà sotto le più diverse ideologie e facendo passare per libertà la licenza e l'indisciplina.

Così autorevole diagnosi che ritengo perfettamente esatta mi dispenserà da molti commenti sulla situazione. Il presidénte mi ha raccomandato di trasmettere a V.E. i suoi pensieri e le sue confidenze in via «strettamente personale». Ho l'onore di farlo con la presente 3 .

381 1 Non rinvenuto.

381 2 Vedi D. 34.

381 3 Il rapporto reca al margine il seguente appunto manoscritto di Sforza: «Ringrazio; dica al presidente (ma senza cercare l'occasione, quando venga) che so quanto egli abbia ragione in tutte le osservazioni che le ha fatto».

382

IL CAPO DELL'UFFICIO PRIMO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, MASCIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO 31/272/1. Roma, 27 aprile 1947.

La presentazione della domanda di ammissione all'Organizzazione delle Nazioni Unite solleva, dal punto di vista interno, problemi che si ha l'onore di sottoporre all'esame dell'E.V.

La domanda dovrebbe contenere, per disposizioni precise dell'art. 4 dello Statuto, la seguente dichiarazione:

«Il Governo italiano accoglie pienamente i principì sanciti dallo Statuto delle Nazioni Unite ed è disposto ad assumere gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Organizzazione».

Tali obblighi vertono su questioni di ordine politico, politico-economico-militare e finanziario: ed appare il caso di domandarsi se, da un punto di vista costituzionale, convenga che il Governo assuma senz'altro tali impegni sotto la sua responsabilità o debba invece esservi regolarmente autorizzato dall'Assemblea costituente.

1) Gli obblighi di carattere politico derivano principalmente dagli articoli 24 e 25 in base ai quali i membri delle Nazioni Unite convengono di accettare e di eseguire le decisioni del Consiglio di sicurezza (art. 25) al quale conferiscono la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale (art. 24).

2) Gli impegni di carattere politico-economico-militare sono indicati nel capitolo VII relativo alla «azione rispetto alle minacce alla pace, violazione della pace e atti di aggressione». In particolare il Consiglio di sicurezza potrà invitare i Membri delle Nazioni Unite ad applicare misure di interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni, ed eventualmente la rottura delle relazioni diplomatiche con un determinato Stato (art. 41). Il Consiglio di sicurezza potrà inoltre richiedere agli Stati membri di fornire contingenti militari, navali ed aerei, per svolgere un'azione di forza contro uno Stato (artt. 44 e 45), concedere assistenza, facilitazioni e diritti di passaggio in relazione a tale azione (art. 43). La misura e le modalità degli obblighi di carattere militare verranno determinate in base ad accordi da concludersi tra il Consiglio di sicurezza -su iniziativa del medesimo -e gli Stati membri, accordi che saranno soggetti a ratifica da parte degli Stati firmatari in conformità alle norme costituzionali (art. 43 par. 3). A tale riguardo sembra opportuno sottolineare che gli accordi stessi verteranno sulla misura e le modalità degli aiuti da fornire, ma che l'impegno a fornire gli aiuti preesiste agli accordi in quanto che esso sorge per il fatto stesso dell'appartenenza dello Stato interessato all'Organizzazione.

3) Gli impegni di carattere finanziario si riferiscono alla partecipazione di ogni Membro alle spese dell'Organizzazione e dei vari istituti dipendenti (artt. 17 e 57).

Dai problemi sopraccennati scaturisce la questione se adottare una procedura d'urgenza che prescinda~-in un primo tempo-da un'autorizzazione dell'Assemblea costituente, oppure se sottoporre la domanda all'Assemblea stessa mediante presentazione di un disegno di legge che autorizzi il Governo a fare le pratiche necessarie per l'ammissione.

Nella prima ipotesi si può incorrere nel rischio che l'annuncio della presentazione della domanda offra lo spunto a qualche deputato per provocare quel dibattito alla Costituente che si sarebbe voluto evitare, e ciò inoltre in condizioni meno favorevoli per il Governo stesso. Nella seconda ipotesi appare probabile che la procedura richieda un lungo periodo di tempo e che comunque possa dare luogo a pubbliche discussioni che converrebbe forse di evitare nell'attuale momento politico.

Una soluzione pratica per conciliare le diverse esigenze potrebbe essere quella di presentare all'Assemblea costituente il disegno di legge per l'autorizzazione e di promuovere immediatamente una discussione in seno alla Commissione dei trattati internazionali, nella quale sono rappresentati tutti i gruppi parlamentari. Davanti alla Commissione sarebbero spiegate le ragioni politiche che inducono a presentare la domanda e-dalle dichiarazioni dei rappresentanti i diversi gruppi-si avrebbe un'indicazione sicura di quella che potrà essere la decisione dell'Assemblea. Dopo di che, se la Commissione apparirà in massima favorevole, la domanda potrebbe essere presentata senza attendere la formale approvazione del disegno di legge da parte della Costituente.

Per quanto riguarda i termini per la presentazione della domanda, si rileva che essi non sono indicati nello Statuto. Sembra perciò opportuno riferirsi alla procedura seguita nello scorso anno. Il 17 maggio 1946 il Consiglio di sicurezza fissò al 14 luglio il termine utile per la presentazione delle domande, in modo da avere un mese e mezzo di tempo per esaminarle prima che si riunisse l'Assemblea. E quando venne deciso il rinvio della sessione dell'Assemblea, il suddetto termine di presentazione fu prorogato ulteriormente.

Dagli atti risulta che, in un colloquio con l'ambasciatore Tarchiani, il rappresentante cubano ha consigliato di presentare la domanda prima del 15 maggio, quando si adunerà la sessione speciale dell'Assemblea delle Nazioni Unite; e ciò perché in tale occasione altre domande potrebbero essere presentate. A prescindere dal fatto che le domande vanno esaminate dal Consiglio di sicurezza prima di essere sottoposte all'Assemblea, si fa presente che la sessione «speciale» del maggio è convocata soltanto per esaminare il problema palestinese.

È comunque opportuno ricordare che il sottosegretario di Stato americano Acheson, riferendosi all'accoglimento che potrà essere riservato alla domanda di ammissione dell'Italia, ha precisato all'ambasciatore Tarchiani che la domanda stessa verrebbe discussa dall'Assemblea nella sua sessione di settembre.

La Direzione generale degli affari politici e l'Ufficio del contenzioso diplomatico sono d'accordo su quanto sopra esposto.

383

L'INCARICATO D'AFFARI A BEIRUT, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. RISERVATO 5707/57. Beirut, 28 aprile 1947, ore 24 (per. ore 7 del 29 ).

Questo ministro affari esteri mi ha informato confidenzialmente che durante riunione Damasco Consiglio politico Lega araba è stata unicamente trattata impostazione questione rimaneggiamento e preparazione difesa tesi araba davanti all'O.N.U. Non si è parlato delle colonie italiane.

Ministro esteri Pharaon mi ha ora incaricato informare riservatamente conte Sforza che il Libano è pronto presentare e sostenere in seno alla Lega nostra tesi per il regolamento questione nostre antiche colonie contro «atteggiamento altri Stati membri Lega che sono certamente assai meno favorevoli progetto italiano». Egli ha aggiunto ritenere che la questione non tarderà essere esaminata e che sarebbe pertanto utile Governo italiano lo mettesse in grado conoscere il più esattamente possibile punto di vista e nostre ragioni.

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI INCARICA TI D'AFFARI A LONDRA, MI GONE, E A WASHINGTON, DI STEFANO

T. PER CORRIERE 6619. Roma, 28 aprile 1947.

Ho fatto conoscere confidenzialmente alle ambasciate degli Stati Uniti e di Gran Bretagna le caratteristiche del recente progetto accordo con Jugoslavia attualmente sotto esame organi tecnici. In particolare ho fatto osservare:

l) è per noi necessario conseguire distensione con nostro vicino attraverso negoziati commerciali;

2) tale distensione è nell'interesse di tutti;

3) prevista nostra collaborazione industriale permetteci ottenere talune materie prime smaltendo prodotti industriali che non collocheremo certo negli Stati Uniti;

4) che più nostra economia si riassesterà attraverso scambi normali con Paesi ad economia complementare, minore sarà sforzo che Nazione americana dovrebbe compiere in futuro per aiutarci;

5) che talune clausole non possono non risentire dell'organizzazione interna jugoslava che non aderisce principi I.T.O., ha monopolio commercio estero e applica completa pianificazione statizzata.

385

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 5765/125. Rio de Janeiro, 29 aprile 1947, ore 14,15 (per. ore 10,50 del 30). Suo telegramma segreto n. 90 1 .

Oggi ho veduto ministro Fernandes e l'ho intrattenuto sulla questione della nostra ammissione O.N.U. secondo le istruzioni impartitemi.

Fernandes mi ha detto è pienamente favorevole acché Brasile appoggi nostra domanda. Quanto all'iniziativa proporre manifestazione collettiva per favorire presentazione domanda ammissione Fernandes mi ha detto non (dico non) ritiene possibile Brasile assuma tale iniziativa. Ha però subito aggiunto, su mia precisa domanda, Governo brasiliano è disposto farci conoscere singolarmente ed ufficialmente suo atteggiamento, pur pregandomi attendere informare V.E. dopo che egli avrà avuto approvazione presidente Dutra che avrei ragione ritenere consenziente. Avendo io opportunamente insinuato che iniziativa invito collettivo potrebbe essere presa da altri, ho compreso che Fernandes aveva qualche sentore possibilità intervento argentino.

Premessa solita dichiarazione amicizia Brasile-Argentina, dichiarandomi comprendere che l'Italia valuti suoi rapporti anche con quella repubblica, Fernandes mi ha fatto rilevare che, anche posto stato relazioni Argentina U.S.A. e la non belligeranza Argentina, Italia non (dico non) avrebbe troppo ascolto su questa questione. In sostanza ripetesi atteggiamento seguito dalla Cancelleria brasiliana al tempo preparazione Conferenza Parigi. A vendo gli osservato che allora fu fatto in qualche modo un significativo passo collettivo sud-americano, Fernandes ha precisato, sia pure en passant, che allora gli Stati sud-americani seguirono il metodo di convogliare sul Brasile, membro del Consiglio, i loro voti. Mia impressione è che non potrebbe forse escludersi che il Brasile fosse disposto assumere anche in questa occasione atteggiamento simile, specialmente se incoraggiato dagli U.S.A. 2•

2 Con T. 6714/138 del 21 maggio Martini aggiungeva: «In colloquio odierno ministro interinale Accioly, al quale ho anche comunicato notizia presentazione nostra domanda ammissione O.N.U., confermando precedente dichiarazione (miei telegrammi 125 e 131) ha assicurato aver impartito istruzioni ambasciatore Moraes Barros comunicare codesto ministero che il Brasile dà suo pieno appoggio nostra richiesta. Ha aggiunto potersi dare pubblicità alla notizia». Il T. 131, dell'8 maggio. non si pubblica.

385 1 Vedi D. 372.

386

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5764/126. Rio de Janeiro, 29 aprile 1947, ore 20,36 (per. ore 10,15 del 30).

Suo 6334 1 . In odierno colloquio con mm1stro Fernandes sono tornato sulla questione azione brasiliana nei riguardi trattato secondo linea descrittami.

Ministro conferma non dico non essere favorevole passo comune s1a pure effettuato singolarmente a causa specifica posizione del Brasile quale membro Consiglio O.N.U. e firmatario trattato.

Quanto azione brasiliana separata ministro, confermando atteggiamento tenuto Parigi dal Brasile, condivide nostri concetti circa procedura seguita in preparazione e conclusione trattato ed è d'avviso che azione da assecondare -invece che di concretarsi in una pubblica manifestazione formale-possa essere piu efficacemente sviluppata a mezzo passo diplomatico rappresentanti brasiliani presso varie Cancellerie, inteso preparare favorevolmente Assemblea O.N.U. Assicura che egli sta agendo in questo senso con ogni cura.

In merito contenuto trattato rileva che, mentre non crede che si riuscirà rivedere soluzione adottata per la Venezia Giulia ancorché essa sia considerata non equa, egli ritiene invece possibile, per quanto occorra superare non lievi egoismi, indirizzare nostro favore soluzione problema colonie. In questo -egli ha soggiunto -è possibile utile lavoro Brasile particolarmente in contatti con gli U.S.A.

387

IL MINISTRO A L'AJA, BOMBIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 5985/025. L'Aja, 29 aprile 1947 (per. il 5 maggio).

I commenti della stampa e le impressioni dell'opinione pubblica olandesi sulla chiusura della Conferenza di Mosca -i cui lavori sono stati qui seguiti in tutti gli ambienti con interesse vivissimo -possono così riassumersi:

l) La conferenza-come del resto molti avevano preveduto-è stata effettivamente uninsuccesso con risultati concreti scarsissimi; ciò fu dovuto alla rigidezza con cui i due principali antagonisti hanno insistito sui rispettivi punti di vista, ma soprattutto è dovuto al troppo intransigente atteggiamento (specialmente sulla

questione austriaca) del Governo sovretlco; il quale, messo improvvisamente di fronte alla <<nuova dottrina Truman», non aveva avuto forse il tempo necessario per rielaborare la propria politica ed adattarla alla mutata situazione.

2) Non si deve tuttavia credere che tale insuccesso significhi la definitiva rottura tra i due blocchi antagonisti, con tragiche conseguenze per tutto il mondo; un riavvicinamento tra gli opposti punti di vista è tuttora possibile; le Cancellerie continueranno certamente a lavorare in tal senso e non è escluso che, prima che i Quattro Grandi si riuniscano nuovamente a Londra, la soluzione del problema tedesco abbia fatto reali e concreti progressi. È tuttavia doloroso constatare come tale ritardo faccia perdere del tempo preziosissimo per la ricostruzione e la pacificazione dell'Europa ed aggravi le già critiche condizioni dell'Austria.

3) Per quanto riguarda gli interessi diretti olandesi è forse meglio che non sia stata presa alcuna decisione, anziché una in contrasto con tali interessi; d'altra parte, se i punti di vista dei due gruppi non potessero trovar modo di conciliarsi, ciò porterebbe alla divisione della Germania in due separate zone ed alla organizzazione di quella anglo-franco-americana in funzione della economia dell'Europa occidentale; in questo caso, verrebbe rialzato il livello della produzione industriale e delle possibilità economiche di tale zona, mentre essa dovrebbe sempre ricorrere in larga misura all'estero per i prodotti agricoli che non potrebbe avere dalla zona orientale (e ambedue queste ipotesi coincidono con gli interessi olandesi).

386 1 Vedi D. 365.

388

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1015/183. Mosca, 29 aprile 1947 (per. il 13 maggio).

Chiusa la Conferenza di Mosca, le unisco un insieme di documenti 1 che potranno essere utili per uno studio approfondito dei suoi problemi, e soprattutto per orientare chi dovrà seguire i lavori della prossima sessione.

Per ciascuno dei tre temi principali -trattato Germania, procedura trattato Germania, trattato Austria -unisco un riassunto dei punti di accordo e di disaccordo, quali si sono potuti desumere dai resoconti sovietici.

Per il trattato Germania il riassunto si appoggia a un documento ufficiale (rapporto 23 aprile dei sostituti al Consiglio dei ministri) e lo integra; per il trattato dell'Austria esso parte dal progetto iniziale quale era stato redatto dalla Conferenza dei sostituti a Londra e lo integra col risultato delle discussioni successive; per la procedura tutto si limita alle risultanze di resoconti ufficiosi sovietici. Allego pure il testo completo delle proposte e dichiarazioni ufficiali della delegazione francese, nonché alcune delle dichiarazioni delle altre delegazioni:

inglese, americana, austriaca, jugoslava; osservando che non esistono equivalenti documenti sovietici, le dichiarazioni di Molotov e di Vyshinsky risultando però dalla stampa sovietica.

Penso che presso taluno dei Governi britannico, americano e francese si potranno probabilmente avere, in via riservata, taluni documenti che qui le rispettive ambasciate non si sono assunte la responsabilità di trasmettere: mi riferisco specialmente al documento CFM/47/M/132 e al rapporto dei sostituti CFM/47/M/125 di cui è cenno rispettivamente a pagg. 5 e 16 del rapporto dei sostituti CFM/47/M/148 del 23 aprile, qui allegato e sopra ricordato: da quei due documenti si potrebbe desumere in modo ufficiale ed analitico lo stato esatto degli accordi e dei disaccordi su ogni singola questione germanica, sia per la sostanza, sia per la procedura.

2) Gli effetti pieni della session~ di Mosca si potranno giudicare meglio fra qualche tempo: qualche riflessione si può fare fin d'ora. In primo luogo, pur non volendo usare formule ad impressione -fallimento, insuccesso, delusione -si deve obiettivamente e serenamente riconoscere che la riunione ha dato risultati inferiori alla aspettativa. Si era certi che il trattato non sarebbe stato conchiuso, ma si sperava in alcuni accordi su principi direttivi, in una sistemazione provvisoria, e soprattutto nella conclusione del trattato per l'Austria. Non ne è uscito nulla, nemmeno l'accordo per la procedura.

I russi non vogliono sentir parlare di fallimento: come prima della Conferenza erano ottimisti, lo vogliono essere pure ora: ciò rientra nella loro linea politica generale, che tende evidentemente ad evitare ogni ragione di frizione ed a creare una atmosfera di distensione, escludendo ogni addebito di cattiva volontà a loro carico. Ma quando essi debbono indicare i risultati positivi della Conferenza, debbono forzatamente limitarsi a punti assai modesti. Essi cominciano con la liquidazione della Prussia, che era già decisa prima ed all'infuori delle riunioni di Mosca; proseguono con gli accordi parziali e secondari raggiunti sulla demilitarizzazione, sulla democratizzazione, sulla procedura, sull'Austria, trascurando il fatto che il disaccordo è rimasto sulle questioni essenziali; e infine vantano anch'essi come risultato utile in sé quel chiarimento delle posizioni rispettive, che è la premessa, non certo lo scopo di una conferenza. A questa si va per accordarsi sulle divergenze, ed è una magra soddisfazione il constatare semplicemente che si è riusciti a chiarire i disaccordi.

Si è dunque realizzato meno di quel che si sperava: ma indubbiamente si è chiusa la Conferenza senza rottura, senza contrasti drammatici, e in una situazione tale da consentire la ripresa normale delle trattative.

In nessun momento della discussione si è avuto un urto tale da mettere in pericolo la possibilità di un accordo futuro: ed è questo, certo, l'elemento positivo più sensibile della Conferenza.

3) Indubbiamente, la posizione degli Stati Uniti durante tutta la sessione è stata quella di una tranquilla, ferma intransigenza, che ha raggiunto, alla fine, taluni risultati.

Sulla sistemazione politica della Germania, la Russia non è riuscita a realizzare alcun sensibile progresso sulla via della unificazione: la divisione delle zone è rimasta, prolungando uno status quo che è conforme alle attuali preoccupazioni degli Stati Uniti, i quali temono, creando troppo presto una unità politica germanica, di dare uno strumento formidabile in mano ai sovietici. Né i russi sono riusciti ad ottenere alcun risultato sul punto delle riparazioni dalla produzione corrente: Marshall vi ha aderito solo nella misura in cui sarebbero corrispondentemente ridotte le consegne di impianti, il che non può certo offrire un appoggio molto forte ai russi per il futuro. I maggiori progressi sono stati realizzati sul trattato per l'Austria, ossia proprio sul solo punto ove era interesse degli angloamericani smuovere la situazione ed innovare sullo status quo: neppure su questo tema si può dire che si sia fatto molto, né che i russi abbiano minimamente rinunciato al loro principio, di tenere legati i problemi degli assets tedeschi in Austria e delle riparazioni germaniche: ma insomma, qui almeno una scalfittura si è prodotta con quella nomina di una commissione che lavorerà, bene o male, e tenderà a creare le basi per un accordo separato sull'Austria. La Russia non ha ceduto, ma ha vacillato su questo punto.

Infine, i russi non sono riusciti su alcuna questione a staccare Bevin da Marshall: anzi, Bevin, con un indiscutibile prestigio personale, è apparso spesso a Mosca come l'alfiere delle tesi statunitensi; e per di più, alla fine i russi hanno perso anche il contatto coi francesi, perché le tesi russa e francese sulla Ruhr non sono riuscite ad armonizzarsi. Gli uni volevano il controllo a quattro, l'altro il controllo a sette: ossia, i francesi volevano assicurare sul bacino della Ruhr il predominio proprio attraverso l'appoggio del Belgio, dell'Olanda e del Lussemburgo. Di qui è nato il rifiuto di Molotov al distacco della Saar a favore della Francia, e infine l'accordo a tre sul carbone, che è stato in sostanza uno scacco russo. Proprio oggi la Pravda se ne occupa per la prima volta, ripetendo che l'accordo non giova alla Francia economicamente, e la compromette politicamente in quanto implica un riconoscimento dell'azione unilaterale degli angloamericani sulla Ruhr, e un tentativo di risolvere pure unilateralmente il problema della Sarre: ciò significa, in altri termini, che la Russia si dichiara insoddisfatta dell'accordo e non lo riconosce, perché fatto alle sue spalle.

Si può dire in sostanza che gli americani hanno respinto le richieste russe dove loro conveniva di mantenere lo status quo; hanno smosso le acque dove volevano conseguire mutamenti; ed hanno consolidato i loro accordi con gli altri Grandi di fronte ai russi. Tutto ciò è a loro vantaggio.

4) È bene precisare, a questo riguardo, che dallo sviluppo della Conferenza è risultata, a mio avviso, la preminente importanza delle questioni politiche sulle questioni economiche. Ciò è nella natura di ogni contrasto politico, e il ricordarlo costituirebbe quasi una banalità: sono i problemi economici che si risolvono in termini politici e non viceversa. Ma è necessario ricordarlo, perché si è troppo spesso ripetuto, durante la Conferenza, che il centro del dibattito era il problema delle riparazioni, e della sistemazione economica della Germania, tanto da farne quasi un luogo comune fra i commentari della Conferenza.

Altri, forse più esattamente, hanno sostenuto che l'accentuare i problemi delle riparazioni è stata una abile mossa di Molotov, tendente a mettere in luce le ragioni di contrasto maggiormente sentite dal popolo russo, che vive in condizioni difficili e non comprende perché ci si preoccupi tanto del benessere dei tedeschi invasori e tanto poco dei milioni di morti e dei miliardi di danni subiti dai russi aggrediti.

Certo è che leggendo attentamente lo sviluppo delle discussioni, si vede come la delegazione degli Stati Uniti sia stata di una assoluta intransigenza sul problema

della sistemazione politica provvisoria della Germania, e non abbia certo peccato di sottovalutazione di questo aspetto strettamente politico del contrasto.

In questo campo, ci si è fermati ad un accordo del tutto generico per la creazione di dipartimenti amministrativi centrali, ma quando si è passati a discutere come dovevano essere composti e in quali rapporti col Consiglio di controllo, coi comandanti di zona e col Consiglio consultivo, tutto si è arenato.

Anche là dove francesi e inglesi davano il loro consenso, gli americani bloccavano ogni progresso e si opponevano sistematicamente a fare dei dipartimenti e del Consiglio consultivo degli strumenti di politica unitaria democratica al modo russo. Su questo cammino gli americani hanno dimostrato chiaramente di non voler fare nessun passo, tanto che in fondo in fondo non si poteva dare del tutto torto ai russi, quando si lagnavano che gli americani tendessero a prolungare la separazione delle zone e prestassero al principio della unità della Germania un ossequio puramente verbale.

Gli Stati Uniti vogliono essere ben certi di non far nulla che dia mòdo ai russi di creare una Germania unita e politicamente forte, impregnata dei principii democratici difesi dai sovietici, amica della Russia: questo è il punto essenziale, e per tenere questo punto gli americani non cedono sulle riparazioni. Per Bevin si tratta di una difesa del contribuente inglese, per Marshall si tratta soprattutto di non dare respiro, nemmeno economico, ai russi, fino a che il problema politico fondamentale non sia sistemato a suo vantaggio.

5) Tuttavia, se la fermezza degli americani ha assicurato loro qualche successo, non si può dire certo che i russi, pur essendo in momentanea fase discendente, abbiano ceduto o dimostrato una qualsiasi debolezza.

Essi non hanno cessato di battere sui loro punti fondamentali: Yalta e Potsdam come fondamento del diritto alle riparazioni e della unità politica della Germania, e non hanno piegato. La Conferenza è appena cessata, ed essi tornano già a ribadire i loro punti di vista, richiamandosi ancora una volta a Potsdam ed a Yalta e ricordando che se di fallimento si può parlare, non si deve intendere fallimento della Conferenza, ma fallimento delle speranze di coloro che si illudevano che i sovietici capitolassero.

Fin qui, essi sono nel vero; e probabilmente si illudono gli americani, se pensano di piegarli a concessioni politiche sostanziali con l'arma economica. Essi hanno bisogno di riparazioni ed hanno bisogno di prestiti, ma da questo a cedere per conseguirli ci corre assai.

I russi, evidentemente, continuano in una azione di lenta e tenace conservazione delle loro posizioni e sperano di poter ancora conquistare, palmo a palmo, le posizioni altrui. In questo senso si spiega e si giustifica ch'essi annuncino come successi della Conferenza i piccoli accordi raggiunti su questioni alquanto secondarie; si tratta dal loro punto di vista di successi, perché a quei punti raggiunti essi intendono attenersi e farsene punti di partenza per nuove estenuanti trattative e nuovi progressi, sia pure lenti.

È chiaro che il momento del grande slancio è per loro passato, ma essi non ammettono che sia venuto quello del ripiegamento: anzi, ci tengono a far rilevare che pur nel momento della difficoltà e della lotta più serrata, essi non cedono le posizioni conseguite e non rinunciano ancora a progredire, sia pure lentamente.

A tal fine essi contano evidentemente sulle modificazioni di situazione che interverranno nell'immediato futuro: come già ho rilevato più volte, contano sul tempo. Sperano che da oggi a Londra la loro situazione economica interna migliori, la solidità della posizione politica di Bevin vacilli, e forse l'opinione pubblica americana non segua più con uguale fermezza la politica duramente anticomunista dei suoi capi. Ieri ancora, chiusi appena i battenti della Conferenza, la stampa russa è tornata sul tema delle difficoltà finanziarie inglesi, dello scontento nelle file laburiste per la politica estera del loro governo, e delle divergenze angloamericane circa i principi direttivi della amministrazione delle zone riunite in Germania: è questo un tema che ritorna ormai costantemente, ed esprime una speranza che non viene ancora meno.

6) Se la situazione si può riassumere ~secondo le osservazioni svolte ~in un irrigidimento americano da una parte, cui corrisponde una imperturbabile resistenza russa dall'altra, evidentemente potrebbero anche giustificarsi previsioni pessimistiche sull'avvenire: ma dubito del loro fondamento.

Indubbiamente, vi è un pericolo nel fatto stesso del rinvio: è il pericolo, non solo dell'aggravamento delle situazioni interne in Germania ed in Austria, ma anche e soprattutto del consolidamento delle separazioni di zona. È chiaro che gli angloamericani utilizzeranno questo rinvio per organizzare le loro zone, in modo da renderle autosufficienti il più possibile. Essi lo faranno per potersi presentare più forti alle prossime trattative, ma non è escluso del tutto che, col tempo, la separazione o la volontà di separazione diventino croniche. Tuttavia, non credo che ciò avverrà e che il futuro accordo ne sarà impedito. Occorre riflettere che una certa misura di separazione delle zone dovrà necessariamente rimanere in ogni caso, anche dopo il trattato di pace con la Germania, perché tutti sono d'accordo che continuerà, per un tempo non ancora precisabile, l'occupazione militare, la quale non può non essere suddivisa fra gli occupanti. Non vi è dunque incompatibilità assoluta fra conclusione del trattato e permanente suddivisione di zone: è questione di grado, di intensità di questa separazione.

Certo, sarà questo uno dei punti politici più delicati delle prossime trattative: giacché i russi i quali insistono più di ogni altro sulla unità politica, sono anche i più decisi a volere la continuazione della occupazione militare: questo significa che essi tenderebbero a mantenere la situazione attuale nella zona orientale, e a conseguire invece la possibilità politica di influire dall'interno nella zona occidentale. In contrasto con questa posizione sta l'atteggiamento angloamericano assai prudente sulla unità politica, ma molto deciso sulla unità economica e sulla libertà di movimento e di commercio fra zona e zona: in altri termini, gli angloamericani temono evidentemente l'influenza ideologica russa, ma vogliono che, quantomeno, se la lotta deve risolversi in un conflitto di ideologie e di influenze politiche nell'interno della Germania, essa si estenda con uguaglianza di posizioni e di libertà su tutto il territorio.

Lo scoglio non si supererà, se da un lato gli occidentali non si decideranno ad affrontare il rischio della democrazia di massa appoggiata dai russi, superando la paura del comunismo, e dall'altro i russi non si presteranno ad aprire le porte della loro zona. Prima o poi a questa soluzione si dovrà venire, perché se non ci si arrivasse, il consolidamento delle barriere fra i due settori rappresenterebbe una minaccia permanente alla pace del mondo; ed io sono convinto che, fortunatamente, nessuno dei due blocchi è deciso ai passi estremi.

388 1 Non pubblicati.

389

IL MINISTRO AD OSLO, RULLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. l 052/382. Osio. 29 aprile 1947 (per. il 6 maggio).

Telespresso di cui questa legazione n. 714/226 del 25 marzo u.s. 1•

La Conferenza di Mosca, come ho avuto l'onore di riferire, era attesa con notevole scetticismo qui. A formare questo stato d'animo avevano contribuito sia le difficoltà intrinseche del problema tedesco e degli altri connessivi e sia la nuova politica europea degli Stati Uniti che faceva prevedere pressocché irrealizzabile una transazione basata sull'arrendevolezza degli anglo-sassoni.

Questa opinione pubblica e lo stesso Governo avevano per un momento ritenuto ~e molti sperato ~che in un regolamento generale delle principali questioni anche le Svalbard venissero sul tappeto; ma quest'ipotesi si è rivelata presto inconsistente, dato l'indirizzo assunto dai lavori. Di conseguenza, il già scarso interessamento è andato ancora scemando e ritengo che oggi la quasi totalità dei norvegesi sia convinta che regna il disaccordo tra le parti, ma che ben pochi di essi sappiano su quali punti è stata raggiunta un'intesa.

Gli ambienti ufficiali, invece, hanno seguito con molta attenzione il corso delle riunioni. Per essi l'irrigidimento americano comporta nuovi e preoccupanti problemi connessi con il mantenimento della politica di equilibrio finora seguita dalla Norvegia. La speranza, nutrita agli inizi, che la Russia diventasse più conciliante è qui considerata sfumata e quindi ci si attende a nuove pressioni da occidente e da oriente.

Come è noto l'inimicizia russa rappresenta per la Norvegia un pericolo gravissimo che si vuole ad ogni costo evitare. D'altra parte, questo Paese si trova nella necessità di far ricorso al credito degli Stati Uniti, cioè al mezzo di cui oggi gli americani si servono come strumento politico in funzione antirussa. Si prevede quindi in questi ambienti responsabili che la Norvegia possa, a non lunga scadenza, trovarsi al bivio fra una crisi economica e finanziaria grave e l'assorbimento entro la sfera delle potenze occidentali con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

La stampa, pur dedicando larghi spazi al notiziario da Mosca, si è limitata a commenti scarsi e anodini. Il più interessante, anche perché rappresenta il pensiero del Governo, è un editoriale deii'Arbeiderbladet dal titolo: «Dopo Mosca». In esso, il redattore di politica estera del giornale afferma che Bevin, Marshall, Bidault hanno fino all'ultimo atteso che Molotov facesse delle concessioni, in altre parole che egli cedesse all'offensiva dei nervi sferrata dagli americani. Questa attesa si è rivelata vana anche perché i russi non hanno nessun desiderio di giungere rapidamente a un accordo che comporti l'evacuazione di Paesi che hanno per essi un interesse strategico e politico grandissimo. Posizioni meno elastiche, quindi, ma d'altra parte i negoziati non sono definitivamente interrotti. L'autore sostiene poi che la situazione odierna non è più grave di quella determinatasi lo scorso anno

e conclusasi poi felicemente. Successivamente però egli ammette che la politica «aggressiva» degli americani è un elemento nuovo del quale occorre tener conto. In che modo si estrinsicherà questa politica? Secondo l' Arbeiderbladet, gli Stati Uniti continueranno nell'offensiva del dollaro e nella guerra dei nervi, ma allo stesso tempo saranno pronti a negoziare ove la Russia ne prende l'iniziativa. Concludendo, il giornale afferma che gli americani tendono a chiudere la Russia entro una barriera che va dalla Grecia all'India mentre che cercano di attrarre anche la Francia in una più stretta collaborazione, cui Bidault non si sarebbe mostrato contrario.

L'articolo, di intonazione nel complesso anti-americana come quelli che lo hanno preceduto dal discorso Truman in poi, è notevole anche perché per la prima volta si nota nell'organo ufficioso del Governo un malcelato pessimismo sulla situazione· internazionale.

389 1 Non pubblicato.

390

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1016/184. Mosca, 30 aprile 1947 (per. il 13 maggio).

In riferimento al mio rapporto di ieri 1 relativo alla conferenza di Mosca, credo utile riferire il contenuto di un lungo colloquio avuto oggi col generale Catroux il quale mi ha riferito il suo punto di vista sull'esito della Conferenza di Mosca.

«Ho sempre pensato, -mi ha detto in sostanza il generale -che il trattato di pace germanico, per la sua importanza e per la gravità delle questioni, avrebbe richiesto un lungo periodo di trattative, forse due anni, e lo penso tuttora. Prevedevo quindi che questa prima sessione non avrebbe dato risultati concreti, e si sarebbe limitata a chiarire le posizioni. Speravo tuttavia nella conclusione del trattato per l'Austria, e non soltanto per le mie illazioni soggettive, ma perché in un colloquio con Molotov il 22 o il 23 febbraio, questi si era manifestato assai nettamente in tale senso. Che cosa ha potuto fare mutare le intenzioni dei russi? Due ragioni: anzitutto il legame fra la questione dei beni tedeschi in Austria e le riparazioni, la quale però, come lei mi obietta giustamente, non poteva essere ignota a Molotov al momento della sua dichiarazione; e in secondo luogo e sopratutto, il discorso di Truman che ha indubbiamente irritato e irrigidito i sovietici. La posizione assunta dagli americani in Grecia e in Turchia, infatti, rappresenta per i russi una vera e propria minaccia strategica, alla quale essi intendono riparare non rinunciando all'occupazione dell'Austria, dove pare abbiano tuttora 200 mila uomini, e sopratutto non rinunciando alla protezione delle linee di comunicazione che dall'Austria alla Russia passano per l'Ungheria e la Rumania.

È indubbio che la Conferenza ha dimostrato una grande intransigenza da parte degli americani ed ha segnato un punto a loro favore e a danno dei russi, i quali lo sanno. Non ho mancato di dire a Marshall verso la fine della Conferenza che se si voleva giungere ad un progresso bisognava pure concedere qualcosa, e questo qualche cosa non poteva trovarsi che sulle riparazioni: ma Marshall è stato irremovibile. Gli americani hanno trattato con una fermezza e un rigore che talora si sono spinti fino alla mancanza di psicologia.

La situazione che si è formata non è una situazione di rottura, ma è indubbiamente una situazione delicata perché il periodo di sei mesi da oggi a Londra è troppo lungo, e nel frattempo è più facile avvenga un distacco che un riavvicinamento. Gli angloamericani da un lato lavoreranno al consolidamenteo delle loro zone e questo naturalmente renderà più difficile il successivo accordo e più facile quella separazione della Germania e dell'Europa in due settori, i cui pericoli sono evidenti. D'altro lato i russi pur avendo incassato molto bene la durezza americana ne sono profondamente risentiti: essi non dimenticano il discorso Truinan, non dimenticano che non li si è voluti nella Ruhr e glielo si è detto piuttosto brutalmente, sentono infine profondamente come una ingiustizia il rifiuto delle riparazioni dopo i grandi sacrifici compiuti e i danni sopportati. Alla prima occasione cercheranno di replicare, e questo non faciliterà certo gli accordi.

Naturalmente, la posizione della Francia in questa situazione è estremamente delicata ed importante. Se essa in questo periodo aderisse alla fusione delle tre zone trasformando in politico l'accordo economico del carbone, potrebbe in un certo senso suggellare il distacco fra le due parti dell'Europa aggravando evidentemente la situazione. Io non credo che la Francia farà questo, qualunque governo sia al potere (e le possibilità di una crisi sono tutt'altro che escluse); ma è chiaro che è difficile spesso segnare il confine netto fra un accordo economico e un accordo politico. Prendiamo ad esempio, questo accordo del carbone: i russi non hanno torto quando dicono che esso ci serve a poco economicamente. L'anno prossimo noi avremo bisogno, per attuare il piano Monnet, di un milione di tonnellate mensili: con questo accordo ne avremo al massimo 500 mila, trecento dalla Ruhr e 200 mila dalla Saar. Economicamente, è un accordo magro ed ha avuto più un valore politico che economico: non già perché noi abbiamo voluto legarci con esso agli angloamericani, anzi: abbiamo fatto loro capire chiaro che non potevamo essere molto grati delle modeste concessioni fatteci. Il carattere politico dell'accordo è invece di politica interna: Bidault riceveva continuamente telegrammi da Parigi che lo assillavano per il carbone, e non poteva tornare a mani vuote su questo punto, di qui l'accordo. Ma esso, in definitiva, se dà qualche vantaggio di politica interna non fa che irritare contro di noi i russi, senza darci un vantaggio economico che compensi effettivamente il danno politico. Non si può dunque dire in alcun modo che l'accordo a Tre sia stato voluto come un primo passo verso un legame politico più profondo: ma l'avvenire dipenderà non soltanto dalla volontà francese, che non è diretta a legarsi agli americani, ma pure da necessità economiche impellenti. E d'altro lato bisogna riconoscere che i russi non hanno stretto a sufficienza la mano che i francesi avevano loro tesa.

Indubbiamente, sono d'accordo con lei che l'opinione pubblica americana non consentirebbe secondo ogni logica probabilità una guerra, e quindi ci si dovrà metter d'accordo; ma non mi nascondo che siamo in una fase di irrigidimento specialmente del gwvane imperialismo amencano, la quale legittima qualche preoccupazione».

In complesso, dunque, Catroux mi è parso assai v1cmo alla valutazione dei risultati della Conferenza, e delle prospettive avvenire, da me accennata, con un certo maggior pessimismo tuttavia, in quanto si prospettava come seriamente possibile un distacco profondo fra le due zone nei prossimi sei mesi, senza escludere che la Francia sia costretta a parteciparvi; e non si nasconde la gravità di un tale fatto.

Nel corso della nostra conversazione Catroux è ritornato sul tema della ratifica del trattato,~ da me stesso accennato~ per comunicarmi che se non sopravverrà una crisi ministeriale, il Parlamento francese dovrebbe entro un mese al massimo addivenirvi, e così pure a suo dire farebbero gli inglesi. Quanto agli americani, vi sarebbe secondo sue informazioni, una tendenza nel Senato americano diretta a ritardare la ratifica dei trattati di pace, come ritorsione contro il rifiuto del patto a Quattro da parte dei russi; ma egli ritiene che tale non sarà l'idea né di Marshall né della maggioranza, e che quindi anche negli Stati Uniti la ratifica sarà sollecita, il che consentirà la ratifica italiana e faciliterà, a suo dire, un miglioramento della posizione dell'Italia anche per quel che riguarda la partecipazione al trattato della Germania, la cui procedura, egli ha aggiunto, non è ancora stabilita e non ha definitivamente pregiudicato alcuna posizione.

390 1 Vedi D. 388.

391

IL CAPO DI GABINETTO, PAVERI FONTANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNT0 1 . [Roma, ... aprile 1947 j2.

Dopo l'espresso invito rivoltoci dal Dipartimento di Stato sembra sia opportuno non procrastinare oltre la presentazione della domanda di ammissione alle Nazioni Unite, anche per non farci precedere da altri Paesi (com'è già avvenuto da parte dell'Ungheria). Secondo l'art. 4 dello Statuto delle Nazioni Unite l'appartenenza all'Organizzazione è «aperta a tutti gli altri Stati amanti della pace» e l'ammissione viene effettuata «con decisione dell'Assemblea generale su proposta del Consiglio per la sicurezza».

Dopo che è stato firmato ed è in via di ratifica il trattato di pace e dopo che sono stati approvati gli artt. 5 e 6 della nuova Costituzione italiana (ricezione automatica delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e ripudio della guerra) non sembra sia possibile non comprendere l'Italia fra gli Stati amanti

della pace. Quello che importa quindi è avere fin d'ora la certezza che il Consiglio per la sicurezza farà la prescritta proposta.

A norma dell'art. 27 dello Statuto delle Nazioni Unite la proposta dovrebbe essere approvata «con voto favorevole di sette membri, compresi i voti concordanti dei membri permanenti». Ora per il disposto del preambolo del nostro trattato di pace tutti e cinque i membri permanenti del Consiglio per la sicurezza si sono impegnati ad appoggiare la nostra domanda di ammissione, e degli attuali membri non permanenti (Australia, Brasile, Polonia, Belgio, Siria e Colombia) i primi quattro sono anch'essi impegnati dal trattato; e non è prevedibile che vi possa essere opposizione da parte della Siria e della Colombia. Non solo, ma dei cinque membri permanenti uno ci ha addirittura invitati a presentare la domanda e gli altri ci hanno riconfermato il loro appoggio.

D'altra parte occorre tener presente che:

l) con solenne dichiarazione del Consiglio dei ministri, portata ufficialmente a conoscenza dei varì Governi, è stato da noi chiesto nell'aprile 1945 di essere invitati a partecipare alla Conferenza di San Francisco che ha approvato la costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite;

2) nel gennaio 1946, in occasione della prima Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il Governo italiano ha rivolto un nuovo appello a tutte le delegazioni presenti per affrettare l'ingresso dell'Italia nell'Organizzazione. Tale appello, dopo discussione in seno al Comitato generale, è stato inserito nel bollettino ufficiale ed il presidente dell'Assemblea Spaak ne ha dato notizia ufficiale con un suo personale telegramma. (Questi precedenti potrebbero forse essere utilmente invocati per ottenere almeno la priorità della discussione della nostra domanda rispetto a quelle che fossero state presentate nel frattempo).

Anche per essere coerenti con questa precedente azione del Governo italiano sembra quindi opportuno dare istruzioni all'ambasciatore Tarchiani perché presenti subito al suo ritorno a Washington la domanda di ammissione all'O.N.U. 3 . È da considerare anche che l'Italia è ormai stata ammessa, effettivamente o virtualmente, in tutti gli organismi internazionali dipendenti dall'O.N.U. (O.I.L.; U.N.E.S.C.O.; F.A.O.; LT.O.; I.C.A.O. ecc.).

Circa la discriminazione contenuta negli artt. 53 e 107 dello Statuto delle N.U. nei confronti degli «Stati nemici» sembra logico ch'essa debba operare solo contro gli Stati non membri che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 53, numero 2 («l'espressione "Stato nemico" si riferisce a qualunque stato che durante la seconda guerra mondiale sia stato nemico di un firmatario del presente Statuto»). L'art. 2 dello Statuto infatti al numero l sancisce che «l'Organizzazione è fondata sul principio della sovrana eguaglianza di tutti i suoi membri».

Se questa non fosse la retta interpretazione e la discriminazione dovesse operare nei confronti dell'Italia anche dopo la sua ammissione nelle N.U. è evidente che nessun Governo potrebbe darci concrete assicurazioni in contrario ma sarebbe necessario far approvare dall'Assemblea generale un emendamento agli articoli in

parola. Non vi può esser dubbio che un'azione in tal senso, se necessaria, avrebbe maggiori possibilità di successo dopo che l'Italia fosse stata già ammessa fra le

N.U. e la Germania e il Giappone ne fossero ancora esclusi 4 .

391 1 In una copia è annotato: «Redatto dal Gabinetto senza consultare il Servizio affari generali». 2 La data può essere desunta dal fatto che nell'appunto si allude alla presenza di Tarchiani a Roma, che ebbe termine alla fine dell'aprile 1947.

391 3 A questo punto Sforza ha cancellato la seguente frase: «E occorrerebbe in conseguenza annullare la sollecitazione per un invito collettivo da parte dei Paesi latino-americani».

392

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, ARPESANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5841/116. Buenos Aires, ] 0 maggio 1947, ore 16 (per. ore 10 del 2 ).

Mio telegramma 115 1 .

Sottosegretario di Stato affari esteri mi ha comunicato che Governo argentino accogliendo nostro suggerimento ha deciso prendere iniziativa proporre altri Paesi latino-americani rivolgere invito collettivo Governo italiano presentare domanda ammissione O.N.U. Nei prossimi giorni verranno presi contatti in proposito con i Governi interessati. Seguo attentamente sviluppo iniziativa e telegraferò 2 .

393

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 5846/324. Washington, l'r maggio 1947, ore 17,59 (per. ore 10 del 2).

Seguito telegrammi 315 1 e 322 2 .

Situazione Senato circa ratifica trattato di pace permane quale descritta in suindicato telegramma 315. Probabilità per il blocco trattato da parte dei gruppi senatoriali sembrano attualmente rafforzate.

Ho incontrato iersera Vandenberg, che ho trovato mutato da nostra conversazione (di cui al telegramma per corriere 049) 3 nel senso di una evidente perplessità circa necessità ratifica immediata. Mi ha chiesto che effetto morale produrrebbe in

Non smentire passi già fatti». 392 1 Del 29 aprile, con il quale Arpesani aveva riferito di aver intrattenuto il sottosegretario agli esteri argentino circa un'eventuale iniziativa argentina per l'ammissione dell'Italia all'O.N.U.

2 Vedi serie decima, vol. VI, D. l. 393 1 Vedi D. 378. 2 Del 30 aprile, con il quale Tarchiani aveva comunicato la ripresa degli hearings presso la Commissione senatoriale per la ratifica del trattato di pace italiano.

Vedi D. 320.

Italia mancata ratifica da parte U.S.A. Mi ha inoltre detto che attuali hearings continuerebbero questi giorni date molte richieste pervenutegli da Enti e persone che desiderano essere udite. Egli non poteva ancora prevedere quando trattato sarebbe stato discusso in seduta plenaria e non escludeva che si potesse andare per le lunghe. D'altra parte mi viene riferito che stesso Vandenberg avrebbe stamane detto ad esponente Comitato New York (di cui al telegramma 295) 4 che sperava aver domani maggiori informazioni su atteggiamento Governo italiano. ·

Mi risulta in via confidenzialissima che anche al Dipartimento di Stato comincerebbe esserci qualche incertezza su opportunità ratifica. Segretario di Stato sino a ieri non avrebbe preso decisione definitiva che potrà esercitare notevole peso forse decisivo. Ovviamente anche ogni eventuale atteggiamento del nostro Governo circa trattato non mancherebbe qui giocare in un senso o nell'altro.

Ritelegraferò appena possibile 5 .

391 4 Il documento reca a margine la seguente annotazione autografa di Sforza: «Bene. Affrettare!!

394

IL MINISTRO AD ASSUNZIONE, ROVASENDA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5882114. Assunzione, ] 0 maggio 1947, ore 18,35 (per. ore 8 del 3).

Mi riferisco al telegramma di V.E. 6334/c. 1 .

Questo Ministero affari esteri, presso il quale ho fatto sabato i passi prescritti, mi ha rinnovato sue espressioni viva simpatia verso Italia, dichiarandosi convinto iniquità trattato.

Ha preso in favorevole considerazione opportunità che passo presso O.N.U. si basi su formula da noi indicata, in via di esempio, e si consulterà al riguardo con altri Governi latino-americani. Manifestò però dubbi che momento attuale sia il meglio indicato per fare valere presso O.N.U. nostre giuste ragioni. Ha aggiunto che influirà molto sull'attitudine degli Stati sudamericani la linea di condotta che su questione formula verrà adottata dal Brasile il quale ha preso parte alla Conferenza di Parigi ed ha firmato il trattato di pace, sia pure costrettovi dalle circostanze.

Non mancai di osservare che passo concorde dell'America latina presso O.N.U. avrebbe dato vieppiù ragione alla tesi sostenuta dal Brasile in favore Italia parlando a nome Stati latino-americani in Parigi, ed avrebbe dovuto costituire quindi per Brasile un fatto gradito e per tutti i Paesi latino-americani una importante affermazione morale.

Presente telegramma viene spedito soltanto ora a causa interruzioni comunicazioni telegrafiche a seguito avvenimenti interni.

5 Vedi D. 400. Sforza rispose il 3 maggio (T. s.n.d. 6954/358): «Mio pensiero rimane chiaramente fissato nella mia lettera del 28 marzo [vedi D. 281]». 394 1 Vedi D. 365.

393 4 Vedi D. 360.

395

IL MINISTRO A PANAMA, MARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 6336/03 1 . Panama, 2 maggio 1947 (per. il 12).

Riferimento telegramma 6334 2 .

Questo ministro degli affari esteri, pur essendo d'accordo circa difetto di procedura nostro trattato, ha espresso i suoi dubbi sui risultati raggiungibili con una formula che alluda all'imposizione fattaci, essendo tale elemento presente in vari trattati di pace fra Stati americani che l'hanno ripetutamente quanto invano invocato come il Perù Bolivia e lo stesso Panama.

Secondo lui non dovrebbe essere difficile invece trovare altre parole come «modifica, rettifica» o simili. Soprattutto egli si dichiara per un'azione concertata fra i rappresentanti dell'America latina presso O.N.U. nel senso che ingiusto trattato non permette all'Italia riprendere posto cui ha diritto sia per i suoi contributi passati sia per quelli che le Nazioni latino-americane ancora da lei si attendono ai fini della civiltà e della pace. Si impone quindi una modifica di questo trattato 3 .

396

IL CAPO DELL'UFFICIO PRIMO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 2 maggio 1947.

Il primo segretario dell'ambasciata britannica, preannunciandosi stamane alle 9 per una comunicazione di carattere urgente, è venuto a visitarmi alle 12.

Si è riferito alle precedenti comunicazioni 1 relative alla proposta britannica di istruttori per il nostro esercito ed ha accennato ad una conversazione avuta dal conte Sforza e dal ministro Gasparotto con l'ambasciatore Sir Noel Charles nel corso della quale i nostri ministri avrebbero espresso un'opinione favorevole all'accettazione della proposta inglese, ed il conte Sforza in particolare avrebbe dichiarato

Vedi D. 365.

·' Con T. 8245/26 del 26 maggio Fransoni rispondeva: «Concordasi con quanto suggeritole da codesto Ministero esteri». 396 1 Vedi DD. 107. 118 e 231.

di far pervenire al più presto una risposta scritta. Tale conversaziOne sarebbe avvenuta all'incirca tre settimane or sono.

Il sig. Hankey mi ha detto che data l'imminente entrata in vigore del trattato di pace, e la prevedibile partenza degli ufficiali ed esperti militari britannici dall'Italia, il Governo inglese era desideroso di avere al più presto una risposta definitiva sull'argomento. Egli ha tenuto a insistere sul carattere puramente «tecnico» della nota proposta, sottolineando come essa non intendeva menomamente le'dere alla nostra sovranità.

Hankey mi ha pregato di fargli avere al più presto un cenno di risposta verbale in attesa del riscontro ufficiale per iscritto 2 .

395 1 Ritrasmesso alle rappresentanze in America latina con T. 8267/c. del 27 maggio. Ad esso Arpesani rispondeva con T. 7473/018 del 3 giugno riferendo circa la disponibilità del Governo argentino a compiere passo per proprio conto presso l'O.N.U. per la revisione del trattato di pace dell'Italia. Con T. 94061153 del 18 giugno Fransoni comunicava infine ad Arpesani di ritenere preferibile, allo stato delle cose, soprassedere all'iniziativa argentina anche per non diminuirne l'importanza ed il significato.

397

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1538/904. Londra, 2 maggio 1947 1•

Cerulli ha avuto una conversazione con Jebb, di cui riferisce con l'unito appunto. Nell'apprezzare tale conversazione bisogna tener conto che Jebb è il designato rappresentante britannico alla Conferenza dei Quattro per le colonie e che la risposta sovietica all'invito non è ancor oggi pervenuta.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE CERULLI AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

APPUNTO. Londra, 2 maggio 1947.

In una conversazione con Jebb sulla questione dei territori italiani di Africa ho anzi tutto riassunto i risultati delle mie precedenti conversazioni con Scott F o x 2 per quanto concerne la Somalia e le difficoltà che ci siamo esposte, reciprocamente, per gli altri territori. Jebb mi ha detto che, per quanto concerne la Tripolitania e la Cirenaica, il Governo britannico è nella necessità di guardare tale problema in relazione alla situazione attuale del mondo arabo e particolarmente del settore Palestina-Egitto nell'interesse generale della pace mondiale. Vi è anche da considerare il movimento della Lega araba che, per quanto concerne la Libia, sta cercando di creare un partito favorevole all'indipendenza totale di una Libia

2 Vedi DD. 288 e 322.

unita (Tripolitania e Cirenaica insieme), «ciò che va inteso, ovviamente, come un programma massimo da parte loro e di cui essi stessi non aspettano il successo totale» (ha egli chiarito). Gli ho risposto che da parte nostra noi non avevamo mai pensato né pensiamo ora che ad una soluzione del problema libico si possa arrivare né contro gli interessi britannici né contro le ragionevoli aspirazioni degli arabi. Jebb ha poi avuto un breve accenno alle difficoltà per l'Eritrea in confronto dell'Etiopia ed ha confermato che la nostra posizione appariva invece facile per quanto concerne la Somalia.

Gli ho chiesto allora se, in attesa della riunione della Conferenza (per la quale egli ha confermato che non si ha ancora l'adesione russa), non sarebbe possibile -a latere dei contatti sul problema principale-cercare nell'ambito dei rapporti anglo-italiani una qualche soluzione provvisoria che consenta anche in questo delicato campo politico un segno di ripresa, analogamente a quanto è avvenuto nel campo economico. Mi sono riferito ad accenni già scambiatici nelle conversazioni avute l'anno scorso a Parigi con lui e con Lord Hood sull'amministrazione provvisoria dei territori per i quali risulti non esservi speciali contestazioni, e ad un eventuale abbassamento delle barriere, nei confronti del commercio e dell'emigrazione (citando, a titolo di esempio, la Tripolitania). Jebb mi ha molto nettamente escluso che, nella sua opinione, sia possibile per la Tripolitania una alterazione del regime attuale, che -secondo egli ha detto -è fondato sulla responsabilità assunta dal Governo britannico di mantenere in buon ordine il Paese in attesa delle decisioni definitive. È naturale perciò, ha egli soggiunto, che l'amministrazione della Tripolitania non voglia esporsi al rischio di suscitare spiacevoli reazioni da parte degli arabi locali (o degli Stati arabi del Levante) riaprendo visibilmente la porta in questo momento al traffico ed all'emigrazione italiana. Questo, ha aggiunto Jebb, ha tanto più valore in quanto la Conferenza è già convocata e tre Potenze sono d'accordo sulla prossima riunione; e d'altronde localmente nessuno ha mai contestato né contesta la permanenza in Tripolitania dei 45 mila italiani che attualmente lì si trovano. Alle mie ovvie obiezioni su questo punto egli ha continuato a rispondere che personalmente gli pareva inverosimile che il Governo di Londra potesse essere indotto a rischiare nuove difficoltà aggiuntive col mondo arabo proprio ora e proprio quando una Conferenza è in corso.

Jebb ha poi detto che egli si rendeva conto dell'importanza del problema della sorte delle colonie per l'Italia e ritiene utile che sul problema (come soluzione definitiva) continuino i contatti, ma sempre nel senso di rendere più agevole una soluzione nel quadro della Conferenza dei Quattro e quindi del trattato di Parigi. Ha chiarito che il Governo britannico, nel diramare gli inviti, è stato dell'opinione che la Conferenza si può riunire anche in pendenza della ratifica del trattato, restando per altro inteso che il termine di un anno per la decisione decorre in ogni caso dalla futura data della ratifica.

396 2 Con annotazione manoscritta a parte, non firmata, si precisava: «Effettivamenteil ministro Sforza e il ministro Gasparotto hanno fornito le assicurazioni alle quali si riferisce Sir Noel Charles». 397 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

398

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN

T. 6939/57. Roma, 3 maggio 1947, ore 17.

Si è tenuta riunione con rappresentanti questa ambasciata Cina in vista sollecita conclusione trattative in corso.

Nostre offerte: l) pagamento cento milioni lire a titolo risarcimento danni subiti da cinesi in Italia; 2) pagamento diciottomila quattrocentottantanove dollari americani a titolo rifusione spese internamento italiani in Cina; 3) destinazione proprietà Marina a scopi culturali di interesse comune da decidersi in ulteriore accordo, lasciando intendere essere noi disposti larga comprensione eventuali richieste cinesi in merito tali beni.

Nostre richieste: l) riconoscimento nostra proprietà consolati Shanghai, Tientsin, Hankow e circoli italiani Shanghai e Tientsin; 2) concessione uso perpetuo

o almeno novantanovennale per scopi ufficiali terreno Pechino ove trovansi le quattro palazzine ambasciata di proprietà demaniale; 3) piena garanzia proprietà private, con rilascio -ove necessario -di nuovi titoli cinesi di locazione perpetua in sostituzione vecchi titoli proprietà rilasciati da autorità italiane.

Ambasciatore Fenoaltea informato.

399

IL MINISTRO A GUATEMALA, SILENZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5940/14. Guatemala, 3 maggio 1947, ore 18,50 (per. ore 7,30 del 4 ).

Seguito telegramma 13 1 .

Dopo lunghe tergiversazioni questo ministro affari esteri in un colloquio recentissimo mi ha fatto intendere difficoltà accettazione proposte Equatore dipende precisamente parola «revisione». Ho pertanto presentato ieri nuova nota con argomenti suggeriti da V.E. 2 illustrandola verbalmente. Esso ministro mi ha detto che modificazioni apportate nostra richiesta facilitano notevolmente suo compito e spera gli permetteranno assicurare adesione Guatemala nuovo progetto ed eventualmente anche da parte altri Paesi America centrale che interpellerà; atteggiamento El Salvador non differisce sostanzialmente da quello Guatemala. Costarica avrebbe inoltre timore vedere pregiudicate sue note richieste indennizzo. Nicaragua ritarda sua decisione a causa cambiamento presidente della Repubblica.

Dai vari colloqui con questo ministro affari esteri ho riportato impressione che Governo del Guatemala benché riconosca ingiustizia trattato di pace abbia esitato seguire esempio Honduras anche per timore di fare cosa sgradita Governo

S.U. Data enorme influenza di Washington in questi Stati America centrale non si può escludere che effettivamente vi sia una pressione contro predetta iniziativa che si potrebbe anche esercitare contro le progettate modifiche.

399 1 In pari data, con il quale Silenzi aveva riferito circa il memorandum rimessogli dal ministro degli esteri dell'Honduras con il quale si manifestava l'intenzione di non valersi dell'art. 88 del trattato di pace. 2 Vedi D. 365.

400

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5939/334. Washington, 3 maggio 1947, ore 21,05 (per. ore 7,30 del 4).

Seguito telegramma 324 1 .

Mi risulta che segretario di Stato ha preso decisione intervenire personalmente in hearings martedì prossimo presso Commissione senatoriale affari esteri pronunciandosi per sollecita ratifica trattato. Suo atteggiamento sarebbe stato determinato, oltre che da scrupoli solidarietà verso opera ministro degli affari esteri Byrnes, da persuasione inopportunità riaprire ora problemi già faticosamente sistemati rischiando compromettere auspicata regolamentazione generale europea.

Posizione netta che verrebbe assunta da Marshall dovrebbe esercitare ragguardevole peso su note esitazioni di parte del Senato.

In ambienti Commissione senatoriale e Dipartimento di Stato si mostrava oggi ritenere che Commissione, come del resto previsto (mi richiamo al telegramma n. 315) 2 , si sarebbe pronunciata per ratifica: ciò probabilmente già nel corso prossima settimana e in tal caso discussione plenaria da parte Assemblea Senato dovrebbe iniziarsi subito dopo. Predetti ambienti convengono peraltro su necessità attendere sviluppi tali discussioni per trarre precisi elementi circa esito votazione finale. Per parte mia dovrei ritenere che, allo stato attuale delle cose, atteggiamento veramente fermo del segretario di Stato e dell'Amministrazione dovrebbe assicurare ratifica del trattato.

Riferirò ulteriormente'.

401

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5955/238. Parigi, 3 maggio 1947, ore 21,20 (per. ore 8,30 del 4).

Mi sono accordato con Couve per iniziare conversazioni per rettifica di frontiera lunedì 12 corrente 1 .

Mi ha detto che da parte francese si preferirebbe procedura seguente: perfezionare gli accordi sia per parte economica sia per revisione frontiera ed eventualmente anche parafarli prima che trattato di pace sia diventato esecutivo con avve

Vedi D. 378.

Vedi D. 407. 401 1 Vedi D. 440. Allegato.

nuta ratifica da parte dei Quattro e dell'Italia ma procedere dopo alla loro firma. Mi ha aggiunto che trattandosi di accordi che importano rinuncia da parte francese a benefici sia economici che territoriali acquisiti con trattato accordi in questione dovranno anche essere ratificati da Parlamento francese.

Per mio conto nulla avrei da obiettare a simile procedura. Prego tuttavia V.E. volermi telegrafare se è d'accordo 2•

400 1 Vedi D. 393.

402

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, PRUNAS, E A PARIGI, QUARONI

TELESPR. 11/13890. Roma, 3 maggio 1947.

Telespresso dell'ambasciata in Parigi n. l 0072/2992 del 28 ottobre u.s. 1 . La normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e i Paesi del Medio Oriente è ora pressoché completata.

In Persia, Egitto e Libano le nostre rappresentanze sono da tempo in funzione; è imminente la riapertura di quelle in Siria e in Arabia Saudita; anche con il Governo di Transgiordania è stato recentemente raggiunto un accordo in proposito.

È pertanto vivo desiderio del Governo italiano di giungere sollecitamente alla ripresa dei rapporti con l'Iraq.

Nel settembre 1945 furono compiuti da parte italiana passi in tal senso presso il reggente dell'Iraq allora di passaggio per Roma. Per quanto in forma generica il reggente si espresse sin da allora in senso favorevole.

La questione venne ripresa nel successivo settembre 1946 in un colloquio avuto dal governatore Cerulli con il ministro dell'Iraq in Parigi il quale, nel dichiararsi favorevole alla ripresa delle relazioni diplomatiche fra Roma e Bagdad, assicurò che avrebbe chiesto in proposito istruzioni al proprio Governo.

Sollecitato alla fine del mese di ottobre da parte del nostro incaricato d'affari a Parigi a fornire una risposta, il predetto ministro dichiarò che le attese istruzioni non gli erano ancora pervenute, attribuendo il ritardo alla crisi ministeriale allora imminente in Iraq.

Nel portare quanto sopra a conoscenza delle loro Signorie si prega l'ambasciatore in Parigi di voler nuovamente intrattenere, nel modo che riterrà più opportuno, codesto rappresentante d'Iraq sulla opportunità di addivenire al più presto alla normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi.

Si prega in pari tempo l'ambasciatore in Ankara di intrattenere della questione codesto ministro dell'Iraq perché voglia opportunamente interessare il proprio Governo ad un sollecito sviluppo della questione.

401 2 Per la risposta vedi D. 416. 402 1 Non pubblicato.

403

L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, CITTADINI CESI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1023/478. Stoccolma, 3 maggio 1947 (per. il 6).

Per ultimo telespresso di questa legazione n. 635/308 del 12 marzo u.s. 1 .

L'impressione suscitata nella stampa e nell'opinione pubblica svedese dalla chiusura della Conferenza di Mosca va considerata nel quadro di limitate speranze che in Svezia si riponevano nel successo di tale Conferenza. Dato che, come veniva riferito col telespresso di questa legazione sopra citato, gli svedesi non si aspettavano gran cosa dalla riunione dei Quattro Grandi, non si può dire che il fallimento dei loro negoziati sia stato qui drammatizzato.

Tuttavia la stampa delle varie tendenze, ad eccezione di quella comunista, ha preso atto di tale fallimento. Ma mentre i giornali liberali e di informazione mettono l'accento sui contrasti tra la Russia e le Potenze occidentali e li considerano quali un aspetto ormai acquisito della situazione internazionale, la stampa socialdemocratica manifesta la speranza che nuovi tentativi di accordo possano sortire un migliore esito e si chiede in che misura la politica americana nei confronti della Grecia e della Turchia abbia influito sui negoziati di Mosca.

Quanto ai giornali conservatori, l'elemento più interessante che é emerso dalle conversazioni di Mosca sarebbe costituito dall'accordo di massima delle tre Potenze occidentali in contrasto con l'Unione Sovietica rimasta isolata nel consiglio dei Quattro.

Il solo organo comunista Ny Dag contesta il fallimento della Conferenza di Mosca ed esprime l'avviso che «le esaurienti discussioni che hanno chiarito il pensiero dei rispettivi Governi in varie questioni controverse, ha!lno gettato una buona base per gli ulteriori incontri dei ministri degli esteri».

Sostanzialmente maggiore interesse dei commenti sulla Conferenza di Mosca stessa hanno suscitato le dichiarazioni del generale Marshall che ne sono state il primo corollario internazionale. Nel commentare tali dichiarazioni, che sono state riportate in larga misura da tutta la stampa svedese, gli organi liberali e di informazione mettono in rilievo come esse costituiscano nella loro essenza una requisitoria contro la Russia dalla quale risulta che il segretario di Stato americano esclude la possibilità di una soluzione sulla base di compromessi che si risolverebbero in pratica in una serie di pericolose concessioni anglosassoni.

Discutendo la possibilità di un ritorno degli Stati Uniti d'America alla politica isolazionista, il liberale Stockholms Tidningen sostiene che tale eventualità non costituisce oggi un pericolo mancando in questa fase il potente elemento isolazionista che alla vigilia delle due precedenti guerre mondiali è stato costituito dai cospicui

gruppi etnici di lingua inglese che avevano interesse a prevenire un conflitto tra gli Stati Uniti e le rispettive patrie di origine.

Altro elemento positivo che viene sottolineato dalla stampa svedese è la personalità del generale Marshall il quale ha dato l'impressione non solo di fermezza nel desiderio di superare le difficoltà presenti, ma anche di chiarezza di vedute e di decisione circa la linea politica da seguire a lunga scadenza.

L'organo comunista Ny Dag interpreta le dichiarazioni del generale Marshall nel senso che egli sia convinto del desiderio dell'Unione Sovietica di addivenire ad un compromesso per assicurare la pace, compromesso al quale, peraltro, egli desidererebbe arrivare attraverso concessioni unilaterali dell'Unione Sovietica. Il suddetto giornale polemizza inoltre con la tesi americana in materia di riparazioni e termina accusando gli anglosassoni di aver volontariamente determinato una crisi alimentare in Germania e di mantenere la produzione tedesca ad un livello irrazionalmente basso.

Gli ambienti responsabili svedesi hanno seguito con preoccupazione l'andamento della Conferenza di Mosca ed il ministro Hagglof, di passaggio in questi giorni per Stoccolma diretto all'assemblea dell'O.N.U., mi diceva confidenzialmente che pur essendo convinto dell'utilità agli effetti della pace e dell'ordine mondiale della netta presa di posizione americana costituita dalla politica di Truman, aveva riportato da Mosca l'impressione che la tecnica adottata nel corso dei negoziati dal generale Marshall ignorando la natura orientale dei russi e la loro abitudine di mercanteggiare, aveva reso più difficile un accordo, togliendo ai sovietici la possibilità di cedere senza «perdere la faccia». I sovietici, che si tengono sulla difensiva da diverso tempo e sono stati particolarmente allarmati dalla fusione delle zone americana e britannica della Germana e dalla politica di Truman, hanno finito per essere disorientati dalla trattativa di Marshall che ha decisamente scartato il sistema, a loro caro, di discutere tutte le questioni e di !asciarle insolute per poter poi addivenire ad un compromesso finale. Relativamente alla possibilità di un patto a due russo-britannico di cui si parlava ancora, dopo tramontato il progetto di patto a quattro, Hagglof mi ha detto che, secondo quanto gli aveva assicurato Sir William Strang, la delegazione inglese non attribuiva a tale progetto alcuna importanza sostanziale ma ne perseguiva la realizzazione al solo scopo di permettere a Bevin di tornare in Inghilterra con un successo personale.

403 1 Vedi D. 192.

404

IL MINISTRO A QUITO, PERRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. PER CORRIERE 6493/05. Quito, 5 maggio 1947 (per. il 16).

Mi sono lungamente intrattenuto con questo ministro degli affari esteri circa nota iniziativa americana a favore del nostro Paese.

Gli ho ricordato la inefficacia e la pratica inutilità delle iniziative isolate prese in passato da vari Stati, suggerendogli quindi di trovare una «formula» che, dissipando ogni diffidenza, possa trovare l'unanime appoggio di tutti gli Stati sudamericani. A titolo di esempio gli ho suggerito di adoperare una qualche frase analoga a quella menzionata dall'E. V.

Il mio interlocutore ha convenuto pienamente circa la grande utilità di una azione concorde latino-americana ma ha però subito aggiunto che a suo avviso tale concordia era purtroppo assolutamente irrealizzabile nel caso che ci interessa. La sola ipotesi dell'eventuale modifica di trattati ingiusti e che possano compromettere la pace del mondo incontra infatti la intransigente opposizione di alcuni Stati americani ed a San Francisco (allorché si trattava di stabilire i termini dello statuto dell'O.N.U.) il delegato equatoriano dovette sostenere violentissime discussioni in proposito particolarmente con il Perù. E ciò, ha continuato il mio interlocutore, nonostante la circostanza che egli abbia a varie riprese dato formali e solenni assicurazioni che l'Equatore, pur ritenendo il trattato di Rio fondamentalmente ingiusto, non ha tuttavia affatto l'intenzione di attenerne la modifica con mezzi violenti. (Come l'E.V. rileverà tali assicurazioni non sembrano invece escludere la possibilità di una revisione pacifica del famigerato trattato, cosa che non mi stupirebbe fosse effettivamente tra le segrete ma vane aspirazioni di questo Governo).

Nel caso del trattato italiano si tratta di una opposizione di sostanza e non soltanto di forma; è quindi del tutto inutile, ha continuato il dottore Trujillo, sforzarsi di trovare altre formule: sarebbe una ingenuità ed un inutile ipocrisia (sono le sue parole) che non riuscirebbe ad ingannare nessuno e finirebbe invece col compromettere la granitica base di una causa fondata sulla giustizia. Qualunque sia la formula adoperata si tratta in realtà, di ottenere dall'O.N.U. la modifica di un trattato (sia pure non liberamente discusso da uno dei firmatari) ed è questa una cosa che troverà sempre irremissibilmente ostili alcuni Stati sudamericani pieni di diffidenza e di pregiudizi.

Il dottor Trujillo mi ha detto che per il momento occorre attendere che l'O.N.U. risolva la spinosissima questione palestinese. E subito dopo l'Equatore unitamente agli Stati latino-americani disposti ad appoggiarlo (attualmente essi sarebbero l'Argentina, la Bolivia, Cuba, il Panama, la Repubblica Dominicana e l'Uraguay, ma si spera che altri ancora aderiscano nel frattempo) chiederà formalmente che la questione della revisione del trattato di pace italiano sia iscritto all'ordine del giorno della sessione ordinaria dell'O.N.U. nel prossimo mese di settembre.

La discussione sarà molto dura e difficile (egli ha detto) anche perché ci troveremo di fronte all'opposizione dei Quattro Grandi. Ma non è impossibile, se l'attuale tensione fra la Russia e gli Stati Uniti dovesse continuare, che si finisca con l'avere l'appoggio di questo ultimo Stato.

È evidentemente poco probabile, ha concluso, che si possa ottenère qualche cosa di concreto immediatamente, ma la causa della giustizia finirà indubbiamente col trionfare in un breve volgere di anni.

405

IL RAPPRESENTANTE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CHARLES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

PROMEMORIA. Roma, 5 maggio 1947.

From time to time statements bave been made in tbe Italian press or by Italians officials, (e.g. by tbe ltalian representative at tbe Politica! and Territorial Commission for Italy during tbe Conference at Paris) from wbicb it would appear tbat certain misconceptions exist in Italy regarding tbe manner in wbicb tbe former Italian Colonies are being administered by tbe Britisb Military Autborities. Consequently tbe following brief statement bas been prepared in order to sbow tbe true position in respect of tbose aspects of tbe administration of tbese territories wbicb seem to bave caused most concern. Il will be appreciated, bowever, tbat tbese comments toucb only on certain limited aspects of tbe work of tbe Britisb Military Administration. Furtber details could be easily obtained, bowever, on any points on wbicb tbe Italian Government may desire to bave more information.

(a) -Tbe policy of His Majesty's Government in regard to tbe entry of Italians into tbe colonies is govemed by considerations of economics and of security. In Lybia tbere is intense opposition amog tbe native Arab population to tbe retum of Italians. Tbis opposition to tbe return to Italy of ber former colonies bas in no way been fostered by tbe Administrations. It is tbe natura! outcome of tbe growtb of Arab and Somali national consciousness. Italian illegal immigration into Tripolitania (wbicb bas bappily now ceased) and tbe return of tbe Italians mentioned in (b) below provoked violent protest from tbe Arabs and a generai strike was organised as a protest against illegal immigration. Tbe responsability for maintaining order and for protecting tbe Italiens against possible violence falls upon tbe Britisb Military Administrations wbo must bave tbe final word in regard to Italian immigration. (b) -His Majesty's Government are as generous as possible in allowing tbe return of genuine compassionate cases. Tbe military administration in Somalia bave recently stated tbat tbey sould bave no objection to tbe return to Somalia of people who are economically useful to the territory (i.e. doctors and technicians) provided their names and qualifications are first submitted to and approved by tbe Cbief Administrator. Of tbe cbildren evacuated to Italy in 1940, 1.490 returned in late 1945 and early 1946, 500 more returned in October 1946, and tbe move of a furtber

1.000 is in train. Dependente of tbese usefully employed in Tripolitania are returning. Tbe bead-for-bead excbange continues satisfactorily.

(c) -ltalian missions and journalists bave been allowed to visit Tripolitania, Eritrea and Somalia to enquire into conditions of tbe Italians residents tbere. Tbe Italian Mission to Somalia bas expressed its appreciation of tbe belpful attitude of tbe Administration. Tbe question of allowing ltalian Missionaries to enter tbe territories is now being discussed between Arcbbisbop Matbew (tbe new Apostolic Delegate) and tbe administrators of the territories. Tbose nuns and missionaries wbo remained in tbe territories bave done excellent medicai and educational work. (d) -Tbe ltalian Government bas been recently informed tbat His Majesty's Government would welcome tbe institution of a scbeme for granting leave to ltalian

Civil Servants in Eritrea and Tripolitania. Agreement with the ltalian Goverment has been sought o n the question of provisio n of an d payment for shipping for such moves.

(e) -To meet the generai increase in the cost of living a scheme is at present being considered for the improvement of the salaries and conditions of employment of ltalian Civil Servants in their former colonies. (f) -Complaints have been made that Italian are being deliberately ill-treated in order to induce them to leave the territories. The true facts are that on the contrary large sums are being paid out to the ltalians for relif purposes. In Eritrea, for example, the continued and unproductive payment to Italians alone of some L. 6,000 a month in relief is a serious drain on the exchequer. The majority of the un-employed are techinicians for whom there is no prospect of employment in the territory. 1t should be added that the British Military Administrations in East Africa did ali in their power to persuade the ltalian doctors, educationalists, technicians and those in useful employment in Somalia, who seized the opportunity in November last for repatriation by S.S. Toscana, to remain in the territory. But owing to personal reasons -their long separation from ltaly and the possibility of more remunerative employment there -the Military Administration were unable to prevail upon them to stay. (g) -The British Military Adrninistrations, labouring under the restrictions of the Hague Convention, have tried to provide for ali inhabitants of their territories with impartiality, and, contrary to allegations made in the press, there has been no discrimination against ltalians. Both medicai and educational services have been maintained at pre-war standards. In preventive medicine particularly these standards have been improved. Throughout the period of the British occupation there has been dose liaison with Italy on the question of education. Text books and syllabuses have been provided from ltaly in order that continuity of education is assured and so that higher education might be pursued by these children on their return to ltaly. (h) -With regard to the Italian population in Tripolitania His Majesty's Government are conscious of the economie contribution which the presence of the Italian agriculturalists there are making, and they have publicly expressed the hope that the eventual settlement will take account of the presence of the Italian minority.
406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE AD ATENE, GUIDOTTI

T. S.N.D. 7055. Roma, 6 maggio 1947, ore 12.

Suo 016 1•

Ho letto con interesse quanto ha riferito V.S. sulla conversazione avuta con ministro Papandreu. Considerazioni fatte dal suo interlocutore e conclusioni cui egli pervenne circa comune interesse che Stati mediterranei avrebbero di stabilire

solida cooperazione fra di loro ai fini da lui indicati, rientrano nell'ordine di quei principi da noi perseguiti per il rispetto degli interessi materiali e morali delle Nazioni nel nuovo ordine delle Potenze. Concordando dunque in via di principio con idee ministro Papandreu, ritengo però che loro eventuale pratico sviluppo debba avere luogo con la più oculata discrezione nel tempo e nelle forme, appunto per non rischiare di ostacolare i fini perseguiti.

406 1 Vedi D. 376.

407

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 6073-6070/338-339. Washington, 6 maggio 1947, ore 20.17 (per. ore 9,10 del 7 ).

Seguito telegramma del 3 corrente 1• Commissione senatoriale ha oggi udito Marshall e Byrnes, i quali, come ovvio, si sono pronunciati per immediata ratifica trattato di pace.

Segretario di Stato ha risposto, con categoriche affermazioni, alle critiche principali mosse al nostro trattato nelle precedenti sedute della Commissione, sottolineando ripetutamente che mancata ratifica avrebbe compromesso futuri negoziati tra i Quattro. Egli ha dato lettura di una lettera indirizzatagli dal presidente, nella quale Truman dichiara sollecita ratifica americana è «vitale per politica estera americana» e che mancanza di essa costituirebbe «grande sciagura e duro colpo per leadership U.S.A. negli affari mondiali».

Byrnes ha, come naturale, difeso strenuamente propria opera. Ad obiezioni mosse da due senatori ha risposto che «mancata ratifica avrebbe ritardato sforzi dell'Italia per propria ricostruzione politica ed economica». Egli si è dichiarato d'accordo con Vandenberg che «porta è aperta ad eventuale revisione trattato ma che è attualmente impossibile raggiungere nuovi accordi per migliori condizioni pace».

Mentre la lettera di Truman insiste per ratifica tutti quattro trattati di pace senza alcun speciale riferimento al nostro, dichiarazioni Marshall e Byrnes come tutta la discussione hanno avuto per quasi esclusivo oggetto nostro trattato, contro il quale continua appuntarsi opposizione larga parte Senato.

Rinvio per dettagli a dispaccio agenzie stampa.

Intervento risoluto del segretario di Stato a favore immediata ratifica, benché atteso e per così dire scontato, non ha mancato destare impressione. Circostanza che egli abbia fatto ricorso a intervento del presidente, producendo nota lettera, è chiara conferma di quanto Amministrazione fosse preoccupata da crescente opposizione alla ratifica nostro trattato da parte cospicuo gruppo senatori.

Tono deciso della lettera Truman e delle dichiarazioni Marshall e categorico accento posto sulle conseguenze mancata ratifica per «consistenza» della politica

estera americana nonché polemica contro argomenti adottati da oppositori sono spiegati dal fatto che una posizione più debole da parte dell'Amministrazione (premuta anche da insistenze inglesi e francesi) sarebbe stata interpretata come acquiescenza Governo a rinvio ratifica.

Strenua calorosa autodifesa di Byrnes non sembra avere avuto particolare effetto. Commissione senatoriale affari esteri ha rinviato discussione data imprecisata, che però Vandenberg crede prossima.

407 1 Vedi D. 400.

408

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO SEGRETO. Roma, 6 maggio 1947.

Con due note in data 27 febbraio e 20 marzo 1 il ministro Gasparotto ha formulato le seguenti osservazioni in merito alla richiesta britannica di mantenere in Italia, anche dopo l'entrata in vigore del trattato di pace e dopo trascorso il periodo di novanta giorni previsto per il totale sgombero dall'Italia, una missione militare:

l) Gli esempi tratti dalla prassi internazionale illustrano che sono oggetto di missioni militari solo potenze di terzo ordine. 2) Le missioni militari straniere sono di pregiudizio per l'indipendenza politica e interferiscono profondamente nella politica dei Paesi che le ospitano.

3) L'addestramento di tipo inglese delle nostre forze armate mira a facilitare l'inserimento di queste entro il quadro della politica militare britannica; tanto più che le dotazioni britanniche riservate alle nostre forze armate hanno caratteristiche ed entità tali che esse non sarebbero in grado di condurre nemmeno pochi giorni di operazioni se non costantemente rifornite dalle industrie inglesi. Ciò costituirebbe da parte nostra un'adesione manifesta ad un indirizzo politico che può procurare

o incrementare verso l'Italia l'ostilità di determinati raggruppamenti di forze verso i quali è opportuno condurre una politica di distensione. D'altra parte non mancano anche in Italia possibilità e opportunità di orientamenti più conformi agli interessi nazionali. Limitandosi all'aspetto tecnico ed economico, non mancano possibilità di addestramento più conformi al temperamento del nostro soldato, né possibilità di dotazioni di mezzi da parte delle nostre industrie.

4) Data la gravità delle considerazioni su esposte, il ministro della difesa riterrebbe che soltanto una adeguata contropartita potrebbe far prendere in considerazione i sacrifici che ci deriverebbero dall'accettazione della richiesta britannica e precisamente una soluzione conforme agli interessi italiani in altri settori (economico, coloniale, flotta, ecc.). Anche in tal caso tuttavia la richiesta britannica non potrebbe essere accolta se non con limitazioni varie di ordine formale e sostanziale.

La Direzione generale affari politici concorda nelle considerazioni del ministro della guerra, di cui ai punti l, 2, 3 alle quali ritiene di dover aggiungere per parte sua le seguenti:

a) l'adesione alla richiesta britannica solleverebbe immediate reazioni di ordine politico interno;

b) sarebbe difficile poter aderire alla richiesta britannica e negarsi ad accogliere una analoga richiesta americana. I francesi, che per ragioni di formale prestigio non vogliono esserè da meno di altri, non ritirerebbero la missione militare attualmente in Italia. Infine una analoga richiesta, cui non potremmo opporre un rifiuto, potrebbe venirci fatta da parte sovietica (quest'ultimo argomento potrebbe essere opposto agli inglesi);

c) in realtà la richiesta britannica ha pura sostanza politica in quanto anche gli inglesi, che si sono trovati per tre anni di fronte il soldato italiano, sanno che questo ultimo non necessita di istruttori britannici per il proprio addestramento. Ciò deve renderei alquanto prudenti nell'esaminare la questione. Tanto più che le eventuali contropartite cui accenna il ministro della difesa (colonie, flotta) vengono già trattate in altra sede.

Per le ragioni su esposte la Direzione generale affari politici esprime per parte sua parere contrario alla permanenza in Italia di una missione militare britannica. Agli inglesi potrebbe esser detto che l'accoglimento di una simile richiesta da parte nostra susciterebbe certamente sfavorevole impressione nell'opinione pubblica italiana la quale lo interpreterebbe come conseguente ad una imposizione britannica o ad una tendenza britannica a non abbandonare i privilegi armistiziali; susciterebbe diffidenze e finirebbe perciò col nuocere più che giovare a quel processo di distensione dei rapporti fra i due Paesi che è comune aspirazione. Per di più ci metterebbe in condizione di non poter rifiutare analoghe richieste americane, francesi o sovietiche. Si potrebbe aggiungere che, dopo ricuperata la nostra piena indipendenza, nel quadro di generali accordi anglo-italiani, potremmo volentieri riesaminare eventualmente la questione impostandola sulla base di «contatti di ordine tecnico» fra le due parti. Intanto, se da parte britannica si dovesse insistere, si potrebbe ripiegare sulla proposta di invio a Londra di qualche ufficiale italiano per una missione di studio, come fatto per la Polizia.

408 1 Vedi DD. 118 e 231.

409

L'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN, AL CAPO DELL'UFFICIO SESTO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, ZAPPI

L. RISERVATA 606/143. Nanchino, 6 maggio 1947 (per. il 21).

Ritengo che questa mia giungerà costì quando l'ambasciatore sarà già partito per rientrare in sede. La indirizzo quindi a te direttamente.

Ho ricevuto il telegramma ministeriale col quale sono stato messo al corrente delle nostre nuove offerte e richieste. Da un'indiscrezione avevo già saputo qui che era pervenuto al Wai Chiao-pu un telegramma dell'ambasciata di Cina a Roma sui nuovi sviluppi delle conversazioni in corso. Il funzionario col quale mi intrattenevo mi disse che la risposta del Wai Chiao-pu era già in preparazione, e mi fece comprendere che da parte cinese si era orientati nel senso di !asciarci la proprietà dell'ambasciata dei consolati e dei due clubs, mentre si vorrebbero assorbire tutte le proprietà militari. Mi accennò specificamente alle caserme ed alla Radio.

Lo stesso funzionario aggiunse che era desiderio cinese di venire a capo della questione il più presto possibile, che la risposta sarebbe partita da un giorno all'altro e che si sperava che entro la prima decade di maggio tutto sarebbe stato concluso.

Se le cose stessero effettivamente in questi termini ne sarei lieto perché verrebbe meno la preoccupazione di azioni unilaterali cinesi. È infatti sempre in piedi l'eventualità -più volte segnalata da Tallarigo -che il Governo municipale di Pechino proceda, pendenti le conversazioni di Roma, all'esecuzione delle disposizioni a suo tempo emanate dallo Yuan esecutivo nei riguardi delle proprietà ex nemiche.

Tallarigo a Pechino ed io qui -anche in base alle istruzioni di massima impartitemi dall'ambasciatore prima della sua partenza -abbiamo fatto il possibile per scongiurare una tale eventualità.

Il capo dell'ufficio competente di questo Ministero degli esteri con il quale mi sono più volte intrattenuto su tale problema, mi ha fatto chiaramente comprendere che, !ungi dalle intenzioni del Governo cinese di infierire contro di noi, esiste tuttavia una legge di cui, per forza propria, non può evitarsi l'applicazione. Secondo il mio interlocutore se gli americani oggi occupano alcune proprietà italiane ciò avviene per «graziosa concessione» del Governo cinese. Andando via essi, le proprietà «ritornano» ai cinesi. Con ciò non s'intende minimamente compromettere la destinazione finale di tali beni poiché un'eventuale azione cinese avrebbe unicamente carattere cautelativo. Ha aggiunto -e te lo riferisco perché sei stato in Cina ed apprezzerai l'umorismo di tale dichiarazione -che tale cautela poteva essere nel nostro stesso interesse per evitare che, usciti da una parte gli americani, potessero entrare dall'altra i militari cinesi.

Di fronte a queste poco incoraggianti considerazioni, corrispondenti ripeto ai timori di Tallarigo, ho creduto opportuno fare un passo formale presso il vice ministro per ribadire il nostro punto di vista che, essendo in corso conversazioni a Roma, nessuna iniziativa unilaterale dovesse essere presa qui senza che avesse formato oggetto di previo esame costì.

Il vice ministro, nell'accogliere il mio aide-mémoire, pur non pronunciandosi nel merito, mi ha rinnovato amichevoli espressioni, sottolineando che il Governo cinese aveva già dato concrete prove delle sue buone disposizioni nei nostri riguardi.

Può darsi che questa mia giunga costì quando ormai il problema è risolto. Se ciò non fosse mi permetterei tuttavia di suggerire che studiaste costà un modus vivendi per la salvaguardia delle nostre proprietà che vengono mano mano evacuate dagli americani. Una possibilità, la quale tuttavia mi risulta potrebbe incontrare qualche resistenza, sarebbe quella che la custodia delle nostre proprietà venisse affidata a Tallarigo oppure congiuntamente a un rappresentante della Municipalità ed a Tallarigo.

Per tua migliore informazione ti invio qui, in allegato, copia di due recenti lettere di Tallarigo 1 .

409 1 Non pubblicate.

410

IL MINISTRO A STOCCOLMA, BELLARDI RICCI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZOPPI

L. RISERVATA 1056. Stoccolma, 6 maggio 1947 (per. il 16).

Non appena ritornato a Stoccolma, mi sono immediatamente intrattenuto con questo ministro di Finlandia in merito a quanto da te prospettatomi con la tua lettera del 22 marzo u.s., n. 08769/14\ relativamente alla riapertura della nostra legazione a Helsinki.

Il signor Gripenberg si è reso perfettamente conto delle nostre osservazioni e mi ha promesso di riferirle immediatamente al suo ministero. Egli mi ha fatto presente che il ritardo nel darci una risposta è anche causato dall'attuale crisi governativa finlandese che, apertasi un mese fa, non è ancora stata risolta.

Comunque, dall'insieme della mia conversazione col mio collega di Finlandia, ho avuto l'impressione che il Governo sovietico non intralcerà in alcun modo la ripresa di piene e normali relazioni diplomatiche tra Italia e Finlandia. Non è qundi, a mio subordinato avviso, assolutamente il caso di far qualsiasi passo a Mosca. Piuttosto, pur riservandomi di trasmetterti al più presto la risposta che il signor Gripenberg mi ha promesso di farmi avere sollecitamente, ritengo che si possa senz'altro sin d'ora presentare la domanda di gradimento per il nostro ministro a Helsinki.

Quanto alla successiva nomina di un ministro di Finlandia a Roma ho compreso che, se essa non sarà immediata, non dovrà tuttavia tardare molto. In via strettamente confidenziale, il signor Gripenberg mi ha lasciato intendere che, nell'impossibilità per la Finlandia di avere due ministri in Italia, cioè uno presso la Repubblica ed uno presso il Vaticano, si rinuncerebbe a quest'ultimo 2 .

411

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

TELESPR. RISERVATISSIMO 31/313/J. Roma, 7 maggio 1947.

Prego l'E.V. di voler provvedere a far pervenire, nella forma che riterrà più opportuna, al segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite l'acclusa domanda per l'ammissione dell'Italia nell'Organizzazione stessa.

Nell'effettuare la predetta trasmissione, prego l'E.V. di voler contemporaneamente far presente a codesto Dipartimento di Stato che il Governo italiano ha

2 Con T. 6382/63 del 13 maggio Bellardi Ricci comunicava di aver avuto da Gripenberg conferma dell'intenzione finlandese di procedere alla nomina di un ministro a Roma subito dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, e che sarebbe stata gradita la nomina di un ministro d'Italia a Helsinki.

preso questa importantissima decisione -e nelle attuali circostanze -soprattutto in seguito alle premure fattegli dal Governo americano tanto in codesta sede, quanto per il tramite della sua ambasciata in Roma.

Nel compiere oggi tale passo il Governo italiano conta su tutto l'appoggio del Governo degli Stati Uniti, affinché la nostra ammissione avvenga con quella procedura e con la speditezza che si conviene ad una Nazione che ha già dato prove indubbie, con i sacrifici fatti, dal suo attaccamento alla causa degli alleati ed alla suprema causa della pace.

Trasmetto inoltre all'E.V. copia di un telespresso (con allegati) inviato in data odierna alle ambasciate in Parigi, Londra, Mosca e Chungking 1 , il quale contiene tutte quelle considerazioni di ordine politico e giuridico che è bene siano fatte in questa occasione ai Governi interessati, incluso il Governo degli Stati Uniti.

Con particolare riguardo alle questioni relative agli articoli 107 e 53 dello Statuto delle Nazioni Unite, prego l'E.V. di voler ottenere una conferma --nella forma più esplicita che le sarà dato avere -della opinione già espressa ali'E.V. dal Dipartimento di Stato, in varie occasioni, secondo la quale una volta ammessa l'Italia nell'O.N.U. detti articoli automaticamente decadranno nei suoi confronti. Il Governo italiano è stato confortato nella sua attuale decisione proprio dal parere espresso dal Dipartimento di Stato su questi due importanti articoli dello Statuto, e conta perciò sulla sua azione verso gli altri Governi interessati per dissipare gli eventuali dubbi che potessero ancora sussistere al riguardo 2 .

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SEGRETARIO GENERALE DELL'O.N.U., TRYGVE LIE

NOTA 31/311/L Roma. 7 maf{gio 1947.

A nome del Governo italiano. in base a quanto dispone l'art. 4 dello Statuto delle Nazioni Unite. ho l'onore di presentarle la domanda formale di ammissione dell'Italia nell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Il Governo italiano accoglie pienamente i principi sanciti dallo Statuto delle Nazioni Unite ed è disposto ad assumere gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Organizzazione. Il mio Governo è perfettamente conscio che l'Organizzazione delle Nazioni Unite, fondandosi sul principio della sovrana uguaglianza di tutti i suoi membri, costituisce il miglior strumento al fine di tutelare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e di assicurare la sempre maggiore e più efficiente collaborazione tra le varie Nazioni; principi ai quali la nuova Italia democratica è fermamente decisa ad ispirarsi nelle sue relazioni internazionali.

Il Governo italiano è fiducioso che l'Organizzazione delle Nazioni Unite saprà apprezzare il volenteroso contributo che verrà dato alla sua attività dalla partecipazione dell'Italia che ha già dimostrato, con i suoi sacrifici, la volontà di cooperazione alla causa comune anche attraverso il contributo fornito alle Nazioni Unite in guerra, durante due anni di cobelligeranza.

411 Vedi D. 412. 2 Per la risposta vedi D. 437.

410 1 Vedi D. 240.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A CHUNG KING, MOSCA E PARIGI E ALLA RAPPRESENTANZA A LONDRA

TELESPR. RISERVATISSIMO 31 /314/Jl. Roma, 7 maggio 1947.

Questo ministero, allo scopo di consentire il pieno reinserimento dell'Italia nella politica internazionale, e per dare una nuova prova del desiderio di collaborazione che anima il nostro Paese, ha inviato al segretario generale dell'O.N.U. formale domanda d'ammissione all'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Nel prendere questa importantissima decisione, il ministero ha tenuto presente non solo lo spirito degli articoli 5 e 6 del progetto di Costituzione, già votati dall'Assemblea costituente, ma anche il desiderio espresso dalla Commissione dei trattati della predetta Assemblea nelle sedute del 6 corrente.

Ma oltre alle ragioni sopra elencate, vi è stata anche una considerazione di ordine internazionale che ha spinto il Governo italiano a compiere il passo di cui trattasi.

È opinione generalmente condivisa che la nostra entrata nell'Organizzazione delle Nazione Unite non può avvenire che a ratifica effettuata del trattato di pace, non solo da parte nostra, ma anche delle quattro grandi Potenze.

Potrebbe quindi sembrare, a prima vista, prematura la domanda d'ammissione presentata oggi a ratifica non effettuata.

A tale proposito occorre tener presente che, qualora -per un qualsiasi motivo -il deposito delle ratifiche e quindi l'entrata in vigore del trattato venissero rimandati, l'Italia vedrebbe scadere quel termine del 15 luglio che viene considerato come limite massimo per la presentazione delle domande d'ammissione all'O.N.U. e [si troverebbe] a dover attendere così una successiva Assemblea, che presumibilmente sarebbe quella del settembre 1948.

In tal caso, a decorrere dall'entrata in vigore del trattato di pace e fino al momento della sua ammissione all'O.N.U., l'Italia verrebbe a trovarsi in condizioni sulla cui gravità è necessario richiamare sin d'ora tutta l'attenzione di codesto Governo. Infatti l'Italia mentre da un lato rimarrebbe senza la difesa delle truppe alleate e priva di tutte quelle garanzie internazionali previste per i membri della Organizzazione delle Nazioni Unite, dall'altro sarebbe esposta, in forza degli articoli 53 e 107 dello Statuto, ancora operanti nei suoi riguardi, ad un'eventuale azione di forza da parte di uno Stato ex nemico, sia come azione non «infirmata o preclusa» dallo Statuto dell'O.N.U. ed intrapresa «come conseguenza della guerra» (art. 107), sia contro un presunto rinnovarsi di una sua politica aggressiva (art. 53).

L'eventualità-per quanto allo stato delle cose non prevedibile-è tuttavia troppo grave perché il Governo della Repubblica non abbia sentito il dovere di preoccuparsene. Ha perciò stabilito di presentare oggi formale domanda all'Organizzazione, nella fondata presupposizione che, alla data della votazione della nostra ammissione alle Nazioni Unite, il trattato di pace sarà stato regolamente ratificato ed entrato in vigore, permettendo così all'Italia di entrare a far parte del supremo consesso da par inter pares.

L'E.V. è già al corrente del duplice passo americano per indurci a presentare tale domanda. L'ambasciatore Tarchiani, durante la sua recente visita a Roma, ha confermato il precipuo interesse che gli Stati Uniti annettono alla nostra partecipazione all'O.N.U. ed ha tratto -dai contatti avuti in proposito a Washington -l'impressione che potremmo contare anche sull'appoggio degli Stati centro e sud-americani nonché degli Stati arabi.

Noi desideriamo entrare nell'Organizzazione perché ci rendiamo conto che la pace, la sicurezza ed il benessere dell'umanità sono strettamente legati al successo dell'Organizzazione stessa. Ed a questo riguardo è bene sia chiaro che non vogliamo porre condizioni al nostro ingresso, ma intendiamo soltanto chiarire alcuni punti relativi a determinate norme statutarie, alla posizione dell'Italia nell'O.N.U. nonché all'accoglienza che i vari Stati membri -particolarmente i membri del Consiglio di sicurezza -potranno riservare alla nostra domanda.

V.E. conosce le legittime preoccupazioni che può destare per l'Italia-nell'attuale situazione di Paese disarmato-il rischio di formare oggetto di un'aggressione. D'altra parte questo Ministero si rende conto che una richiesta di revisione delle clausole militari del trattato, quale condizione preliminare per il nostro ingresso nell'Organizzazione, potrebbe incontrare fortissimi ostacoli dovuti anche a questioni di principio. Tuttavia tale nostra situazione va tenuta nella dovuta considerazione per tutti quegli impegni che hanno tratto a richiesta di cattere militare che eventualmente ci potrebbero essere fatte in dipendenza dell'art. 43.

La posizione particolamente difficile e precaria in cui il nostro Paese è venuto a trovarsi in seguito al trattato di pace è questione che va continuamente tenuta presente e opportunamente ricordata in ogni utile occasione. Questo Ministero è d'avviso che, nelle attuali circostanze, il miglior modo per garantire il nostro Paese dai pericoli connessi con la situazione suaccennata, sia di assicurargli una posizione di rilievo in seno all'O.N.U.

Richiamandoci a quanto sopradetto in merito agli articoli 53 e 107 si accludono (ali. 1) 2 alcune considerazioni formulate dal competente Servizio di questo Ministero. Un chiarimento su tale questione appare necessario; tanto più che-mentre può considerarsi pacifico che l'art. 107 non si possa applicare a stati ex nemici dopo l'entrata in vigore del trattato di pace -l'interpretazione da dare all'art. 53 pare più dubbia. Nell'accludere copia (ali. 2) 3 del parere espresso in merito dall'Ufficio del Contenzioso diplomatico, si fa presente che anche l'interpretazione data all'ambasciatore Tarchiani da funzionari e giuristi del Dipartimento di Stato

412 2 È il punto A del D. 351. 3

Vedi D. 367.

484 americano concorda con quella del Contenzioso diplomatico, nel senso dell'inapplicabilità dell'art. 53 degli Stati ex nemici qualora questi divengano membri dell'O.N.U. È necessario tuttavia conoscere con chiarezza anche il pensiero di codesto Governo su tale importante questione.

V.E. vorrà far presente costì tali considerazioni, informando, con cortese sollecitudine, questo ministero su quale accoglimento si ritenga che la nostra domanda di ammissione potrà ricevere dai vari Stati membri e riferendo altresì le reazioni che gli argomenti da lei svolti avranno destato.

Si acclude anche il testo (ali. 3) 4 della domanda inviata al segretario generale dell'O.N.U.

412 1 Questo telespresso era accompagnato da una lettera in pari data di Sforza (L. 31/312/I diretta anche all'ambasciata a Washington) nella quale egli aggiungeva: «Desidero chiarire sin d'ora che le considerazioni di cui alla pagina 2 di tale telespresso -e relative alla situazione in cui l'Italia verrebbe a trovarsi qualora la ratifica del trattato avesse luogo troppo tardi per l'ammissione del nostro Paese all'O.N.U. entro il corrente anno-hanno più che altro un carattere giuridico che prescinde da ogni situazione politica. Comunque, ad evitare errate interpretazioni, che in questo caso sarebbero fuori luogo ma che non si possono escludere a priori, lascio all'E.V. di giudicare in quale misura ed in quale forma sia più opportuno di prospettare le suddette consi~erazioni a codesto Governo».

413

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 4224/1149. Washington, 8 maggio 1947 1•

Mio telespresso n. 2053/540 del 6 marzo u.s. 2 .

Al mio ritorno a Washington sono andato a trovare il mio collega dell'U.R.S.S. Novikov, a sua volta rientrato in sede. Egli mi aveva fatto visita poco prima della sua partenza per Mosca, dove ha partecipato alla Conferenza dei Quattro. Abbiamo avuto una lunga conversazione molto cordiale.

Gli ho domandato le sue impressioni della Conferenza. Dopo aver accennato al noto andamento dei lavori dei quattro ministri degli esteri ed alle non meno note difficoltà ed ostacoli, N ovikov mi ha in sostanza detto che i circoli dirigenti di Mosca sono molto meno pessimisti di quelli americani, sebbene si preveda che le trattative per la Germania andranno molto per le lunghe. Ha rilevato come in America non si rendano sufficientemente conto delle enormi perdite che ha subito la Russia per l'invasione tedesca e della necessità di ripararle, obbligando la Germania a dare tutto il contributo che può alleviare i danni da essa inferti.

Mi ha, a sua volta, domandato delle relazioni nostre con la Jugoslavia. Gli ho illustrato il valore politico ed economico dell'accordo commerciale che è stato recentemente parafato a Belgrado, e le caratteristiche degli scambi integrativi delle due economie, e quindi relativamente facili. Novikov -alla pari di me -è convinto che una cooperazione italo-jugoslava nel Territorio Libero è possibile, se non intervengono fattori psicologici di discordia.

A proposito della situazione economica nel Territorio Libero, si è venuti a parlare del progetto di legge per il grant-in-aid che verrà in questi giorni in discussione

in seduta plenaria del Senato: tra i Paesi beneficiari dovrebbe esservi appunto anche il Territorio Libero. Novikov ha espresso l'opinione che le restrizioni che la Camera dei rappresentanti ha cercato di applicare a tale progetto di legge per il grant-in-aid (tentando di ridurre lo stanziamento da 350 a 200 milioni) siano esclusivamente dirette ai danni dei Paesi inclusi nella zona di influenza sovietica. Gli ho dimostrato che anche l'Italia ne avrebbe grave danno. Ed a proposito di queste restrizioni, l'ambasciatore ha avuto un accenno ironico ai 400 milioni di dollari che gli Stati Uniti vogliono spendere per armare la Grecia e la Turchia, secondo lui in pura perdita. La Grecia, secondo le sue informazioni, è completamente prostrata, e non reagirebbe lavorando a fondo come l'Italia. Ovviamente non avendo adeguate possibilità industriali, con un territorio di scarsissimo rendimento, e con condizioni politiche di agitazioni e di conflitti, la Grecia non può facilmente riaversi.

Secondo Novikov il raccolto russo sarebbe quest'anno buono. Non aveva notizie delle prospettive del raccolto in Romania, che, secondo questo ministro di Romania sarebbero negative per causa della siccità che imperversa da tre anni.

Nell'insieme ho trovato Novikov meno pessimista di quando partì per Mosca. Dà l'impressione di essere persuaso che il Cremlino, pur mantenendo le sue posizioni, non intenderebbe spingere a fondo alcun problema in questo periodo.

412 4 Vedi D. 411, Allegato. 413 1 Sulla copia conservata in Archivio manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 164.

414

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SFORZA

T. S.N.D. 6223/434. Londra, 9 maggio 1947, ore 18,15 (per. ore 8,40 del 10).

Ho avuto ieri colloquio con Sargent al quale ho riconfermato soddisfazione di V.E. per accordo monetario riferendogli impressioni favorevoli da me constatate nella opinione pubblica italiana. Egli ha manifestato soddisfazione per concreta prova solidarietà che l'Inghilterra ha potuto darci lamentando che atmosfera sia turbata da campagna nostra stampa intorno caso Pasquinelli 1 . A questo proposito mi ha detto che il Governo britannico è favorevole concessione grazia e che anche autorità militari si stanno orientando in questo senso dipendendo però decisione finale da comandante supremo americano. È quindi tempo premere in tale direzione.

Mi ha confermato che il Governo britannico vede con grande favore venuta a Londra di V.E. non appena trattato sarà da noi ratificato. Premesso che V.E.

IO febbraio 1947, nel quadro delle agitazioni che accompagnarono la firma del trattato di pace. Condannata a morte, pena commutata nell'ergastolo, fu in seguito graziata.

non potrà attendersi dalla Gran Bretagna ulteriori aiuti economici perché ogni possibile sforzo è stato ormai compiuto in questo senso, mi ha affermato che si intende dare all'incontro un significato politico che costituisca indubbiamente partenza per una piena concreta rinnovata collaborazione fra i due Paesi. Circa nostra ratifica trattato ha compreso perfettamente nostra necessità attendere quella americana tanto più dopo recenti manifestazioni Washington favorevoli sospensione ratifica e solo corrette da ultime pressioni Marshall in favore immediato perfezionamento trattati. Venendo alle questioni da trattare a Londra da V.E. gli ho essenzialmente suggerito un sondaggio della questione coloniale inteso a ricercare una formula capace di contemperare esigenze britanniche ed italiane con speciale riguardo al mondo arabo che intendiamo riavvicinare nel futuro non (dico non) in funzione antibritannica ma nello spirito di una reale comprensione e collaborazione italo-inglese. Secondo i concetti espressimi in proposito da V.E. ho insistito su questo punto che parmi essenziale affermare in principio e praticare in sostanza. Come già avevo segnalato a Roma a V.E., pur non respingendo a priori questa apertura, Sargent mi ha manifestato suoi dubbi circa possibilità giungere ad un accordo italo-inglese prevenendo lavori che si stanno per aprire a questo riguardo fra i Quattro e alle cui multiple esigenze una definitiva soluzione dovrà adottarsi. Ho allora insistito su necessità rivedere la politica del Governo militare inglese nelle nostre colonie rendendola più possibile e più consona ai legittimi interessi italiani che si identificano con quelli delle popolazioni locali e che è tempo adeguare ai nuovi rapporti di solidarietà stabiliti in ogni altro campo fra i nostri due Paesi. Mi ha risposto che ad una revisione si potrà addivenire non appena trattato sarà stato ratificato. In effetti mi risulta da altra fonte che Bevin attende la nostra ratifica per dare un più decisivo colpo di timone alla politica verso l'Italia.

Ho poi accennato agli altri argomenti particolari che potrebbero essere discussi e di cui Sargent ha preso nota con benevolo interesse. Mi risulta che Bevin, esaurita la discussione di politica estera alla Camera dei Comuni e superato il congresso laburista che avrà luogo fine mese, desidera avere dieci giorni per studiare questione italiana che dovrà discutere con V.E. Sargent mi ha confermato che se la nostra ratifica avverrà in tempo Bevin è libero per ricevere V.E. nel corso mese gmgno.

Circa avvenuta presentazione nostra domanda ammissione O.N.U. di cui riferisce questa stampa, Sargent si è espresso favorevolmente apprezzando criterio assicurare precedenza cronologica alla nostra domanda e dando come ovvio appoggio britannico.

Seguito successiva richiesta telefonica di Sargent gli ho trasmesso oggi, a titolo personale, elenco delle questioni 2 da mettere allo studio per la visita di V.E. Prego volermi segnalare ogni eventuale nuovo argomento che V.E. ritenga utile suggerire 3 . •

414 1 Maria Pasquinelli si rese responsabile dell'uccisione del generale britannico Robin De Winton il

414 2 Non rinvenuto, ma vedi D. 442, Allegato. 3 Per la risposta vedi D. 427.

415

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 6245/344. Washington, 9 maggio 1947, ore 9,39 (per. ore 10 del 10).

Seguito telegramma 341 1 . Come già segnalato, Commissione affari esteri ha oggi unanimemente approvato dopo lunga discussione invio trattato di pace ad assemblea plenaria Senato.

Al Dipartimento di Stato si prevedeva questo pomeriggio che dibattito relativo avrà inizio martedì prossimo e che, in seguito nota posizione assunta da Governo e suoi continui interventi presso senatori, sollecita ratifica non dovrebbe mancare 2 .

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

L. 5/2055. Roma, 9 maggio 1947.

Ricevo il suo telegramma n. 238 del 3 corrente 1 in cui ella riferisce circa la procedura suggerita da Couve per le conversazioni relative alle rettifiche di frontiera.

Nulla ho da obiettare in linea di massima a tali suggerimenti. È certo però che, qualora fosse stato possibile concludere l'auspicato accordo prima dell'entrata in vigore del trattato, l'Assemblea costituente, cui i due strumenti avrebbero potuto essere sottoposti congiuntamente, avrebbe forse più facilmente superato le naturali riluttanze a concedere il proprio avallo al trattato di pace.

Non dobbiamo nasconderei che il progettato accordo implica un nostro tacito riconoscimento di abbandono di ulteriori rivendicazioni alla frontiera occidentale, mentre è evidente l'intenzione francese di dare a tale accordo, e quindi al nostro implicito riconoscimento, un marcato carattere politico. Ora, se tale accordo non dovesse contenere più sostanziose concessioni di quelle fatte all'on. Arpesani e se l'intenzione francese dovesse estrinsecarsi in una apposita seduta del Parlamento con relativi discorsi ed in articoli di giornali atti a gonfiare l'importanza politica dell'accordo stesso, l'azione francese potrebbe provocare spiacevoli reazioni nell'opinione pubblica e nella stampa italiana e lo stesso Governo italiano, che avrà anche bisogno di un voto del Parlamento, rischierebbe di essere messo in serie difficoltà.

In sostanza, tanto maggiore è lo sfruttamento politico che si è intenzionati di fare dell'accordo, tanto più sostanziali dovrebbero essere le concessioni fatteci.

Se il ripristino di amichevoli rapporti con la Francia è sempre in primo piano nelle nostre preoccupazioni e nei nostri desideri, è soltanto attraverso più sostanziali concessioni2 che la Francia arriverebbe a soddisfare la evidente e naturale attesa italiana. Solo così l'auspicato accordo potrebbe veramente assurgere, anche agli occhi delle rispettive opinioni pubbliche, al grado di strumento politico atto a mettere su nuove e durature basi di reciproca intesa e fiducia le relazioni fra i due Paesi.

È inutile che mi dilunghi su argomenti sui quali l'ho del resto già intrattenuta; mi affido alla sua esperienza per cercare di convincere i francesi ed arrivare così ad un accordo soddisfacente e pertanto fecondo per ambedue le parti.

Da ultimo la prego di voler prospettare al Quai d'Orsay che la nostra delicata situazione politica interna esige che le presenti conversazioni abbiano carattere assolutamente segreto e che pertanto lo preghiamo vivamente di evitare qualsivoglia pubblicità e la divulgazione di qualsiasi indiscrezione sulle trattative in corso.

Voglia tenermi informato degli ulteriori sviluppi delle sue conversazioni e comunicarmi il suo giudizio sulle possibilità che esse presenteranno 3 .

415 1 Dell'8 maggio, con il quale Tarchiani anticipava le notizie contenute nel presente telegramma. 2 Per il seguito vedi D. 426. 416 1 Vedi D. 401.

417

LA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 9 maggio 1947.

Altra questione da trattarsi a Londra è quella relativa alla pace con la Germania. Abbiamo già esposto in più occasioni le ragioni che ci spingono ad insistere per una partecipazione italiana ai lavori per la redazione del trattato germanico. Non sono ragioni di prestigio, ma ragioni di interesse in quanto gran parte delle nostre esportazioni-importazioni si svolgeva prima della guerra con la Germania e l'assicurare la ripresa di tale movimento di prodotti è necessità essenziale per l'equilibrio della nostra bilancia dei pagamenti. Si pensi soltanto alla questione del carbone, così indispensabile per assicurare il lavoro delle nostre industrie e per assorbire la nostra disoccupazione. La Germania è il solo Paese nel quale potevamo acquistare notevoli quantità di carbone senza sborsare valuta, in quanto lo pagavamo coi prodotti tipici italiani. Lo stesso può dirsi per gli acciai.

Il consentire all'Italia -una volta tanto -di esporre il suo punto di vista non le consente una adeguata tutela dei suoi effettivi interessi. Gli interessi italiani economici-e anche quelli politici-connessi col problema germanico sono assai

3 Vedi D. 440.

489 più importanti di quelli di altri Paesi europei, o non europei che invece, in base alla fittizia distinzione che si intende fare fra belligeranti e cobelligeranti, saranno ammessi a discutere.

Tale distinzione non risponde ad una visione realistica delle situazioni effettive, ma tende a perpetuare fra i vari Paesi una divisione che è controproducente ai fini di un sincero e duraturo riavvicinamento fra i popoli. Se Londra desidera veramente questo riavvicinamento -come lo desideriamo noi -deve decidersi a lasciar cadere questo residuo di bardatura di guerra.

Con l'occasione si prospetta un'altra questione connessa con la nostra situazione in Germania.

Da parte britannica -proprio recentemente -è stata fatta ritirare la nostra Missione militare di collegamento nella zona tedesca di occupazione inglese. Circa ottomila connazionali sono rimasti senza protezione e assistenza. Ad Amburgo la sede del nostro consolato è rimasta intatta ed inoccupata. I nostri archivi vi sono custoditi da un guardiano. Il Governo britannico non riesce a decidersi a consentirci di mandare colà un nostro funzionario. In tema di «Germania» anche questa questione potrebbe essere sollevata e risolta favorevolmente in conversazioni fra tecnici.

416 2 Nota del documento, autografa di Sforza: «Quando scrivo concessioni intendo e deve farsi intendere ai francesi, intese; superamento cioè nell'interesse comune di meschine concezioni statiche».

418

LA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 9 maggio 1947.

Un'altra questione che potrebbe essere discussa in occasione del viaggio del ministro a Londra è quella relativa ai «criminali di guerra italiani».

Come è noto l'art. 45 del trattato di pace obbliga l'Italia a procedere «all'arresto e alla consegna in vista del loro processo» delle persone accusate di aver ordinato e commesso dei crimini di guerra. Una clausola analoga già esisteva nel testo dell'armistizio e di essa gli inglesi si sono valsi con rigore sin troppo eccessivo nel processare e condannare ufficiali italiani accusati anche semplicemente di sevizie verso prigionieri di guerra laddove essi in realtà non si erano comportati che con severità, e senza tener conto del fatto che nei campi di prigionia britannici i nostri prigionieri ebbero assai più a soffrire, specie moralmente, di quanto non soffersero i prigionieri inglesi in Italia. L'art. 45 non avrebbe comunque per sé stesso grande importanza se di esso non potesse valersi la Jugoslavia i cui metodi di giustizia sommaria sono pur troppo noti.

Valendosi della circostanza che da parte americana non ci è stata mai chiesta la consegna né è stato mai proceduto all'arresto di italiani accusati di crimini di guerra, e considerato che la maggior parte dei criminali ricercati dagli inglesi sono ormai stati da questi processati e che pochi ne rimangono da porre sotto giudizio, pel tramite dell'ambasciata a Londra abbiamo già richiesto al Governo britannico di voler, per parte sua, rinunciare all'applicazione dell'art. 45, deferendo alla magistratura italiana l'esame dei pochi casi rimasti in sospeso. Ciò, mentre non recherebbe alcun danno agli inglesi, creerebbe a nostro vantaggio un favorevole precedente da invocare eventualmente nei confronti della Jugoslavia, tanto più che, come noto, stanno per iniziarsi da parte della nostra magistratura procedimenti penali a carico di criminali di guerra italiani riconosciuti tali dall'apposita Commissione di inchiesta nominata dal Ministero della guerra.

Si potrebbe sin d'ora dare istruzioni all'ambasciata a Londra di trattare la questione in base alle direttive da essa già ricevute al riguardo.

419

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

NOTA 106855/36435.2.6/1.6.1. Roma, 9 maggio 1947.

Come è noto, il nostro rappresentante politico a Vienna ha ricevuto dal Governo austriaco un memorandum 1 nel quale, a titolo confidenziale, si tracciano le linee di un progetto per la revisione delle opzioni, secondo il punto di vista di quel Governo.

A detto memorandum era unita una richiesta del ministro degli affari esteri austriaco2 diretta ad ottenere che, nelle more della emanazione della legge sulle opzioni, si facesse luogo ad un rimpatrio in blocco, di almeno 10 mila optanti emigrati.

Anche a seguito delle delucidazioni fornite in questi giorni dal nostro rappresentante politico a Vienna si è fatto luogo alla redazione dell'unito progetto di legge e dell'acclusa nota a commento del progetto stesso, in risposta al memorandum austriaco.

Circa la richiesta del ministro degli affari esteri austriaco, questa Presidenza esprime l'avviso nettamente contrario al suo accoglimento per le ragioni indicate a pag. 2 della nota allegata. Tuttavia si è venuti incontro al desiderio del ministro Gruber con quegli accorgimenti e termini di procedura nonché colle istruzioni da impartire alla Commissione di revisione di cui è fatta parola a pag. 3 dell'anzidetta nota.

Come potrà poi rilevare codesto Ministero da un raffronto fra il memorandum austriaco e la nostra nota di risposta, due sono i punti di particolare divergenza: a) il Governo austriaco avrebbe desiderato di parificare, nella procedura di revisione, gli optanti naturalizzati residenti in Italia a quelli emigrati all'estero nel

419 1 Vedi D. 289, Allegato l. 2 Vedi D. 289, Allegato II.

senso che gli individui appartenenti alle due categorie anzidette riacquisterebbero automaticamente la cittadinanza italiana, ove non sussistessero gli addebiti di cui all'art. 5. Il punto di vista, invece, di questa Presidenza è quello di mantenere una netta distinzione fra le due categorie perché avendo gli uni trasferito la loro residenza all'estero, è indispensabile far luogo agli opportuni accertamenti sulla condotta dagli stessi tenuta nel periodo dell'emigrazione e quindi subordinare la concessione o meno ai risultati di questi accertamenti. E questa valutazione di natura discrezionale, in ordine anche ad apprezzamenti di carattere politico, non può essere riservata altro che al ministro dell'interno.

b) Il Governo austriaco tiene a restringere i casi di inibizione al riacquisto della cittadinanza italiana solamente a quelli nei quali l'interessato sia stato colpito da condanna penale. Esclude anche dalla possibilità di tale sanzione, coloro i quali abbiano rivestito cariche importanti negli enti, uffici, organizzazioni, ecc. durante il periodo delle opzioni e quello dell'occupazione tedesca. Questa Presidenza invece per le ragioni addotte a pagina 7 ed 8 della nota allegata ritiene di mantenere ferma la formulazione di cui all'art. 5 del progetto.

Non si nasconde che questo punto possa determinare una forte divergenza fra i due Governi; per cui codesto ministero vedrà se al momento opportuno, ad evitare un reciproco irrigidimento nelle conversazioni da tenersi a Vienna, non possa essere prospettato al Governo austriaco che malgrado l'anzidetto nostro punto di vista, il Governo italiano terrà conto di quello espresso dal Governo austriaco in merito a qualche caso che possa interessarlo in modo particolare.

Indipendentemente, infine, da quelle altre istruzioni che codesto Ministero crederà impartire al nostro rappresentante politico a Vienna, questa Presidenza fa rilevare nuovamente tutta l'urgenza di definire al più presto questo problema e quindi l'opportunità che detto rappresentante ci faccia conoscere sollecitamente l'esito di queste ulteriori conversazioni che dovrebbero avere per risultato un avvicinamento pressoché conclusivo dei punti di vista dei due Governi in ordine alla desiderata soddisfacente soluzione del problema di cui trattasi.

ALLEGATO

PROGETTO DI NOTA DA RIMETTERSI AL GOVERNO AUSTRIACO IN RISPOSTA AL «MEMORANDUM» AUSTRIACO SULLE OPZIONI

Si deve premettere che il Governo italiano ha un particolare interesse a risolvere nel modo più rapido possibile il problema attinente alla revisione delle opzioni. La definizione di questo problema non è da considerare solo nel quadro delle relazioni italo-austriache ma anche e soprattutto come una necessità inderogabile per la normalizzazione della vita sociale, economica e politica dell'Alto Adige; normalizzazione che non consente ulteriori rinvii.

Fu per questo motivo che il Governo italiano, subito dopo la liberazione, predispose vari progetti al riguardo e l'ultimo di questi, redatto in cordiale collaborazione con numerosi esponenti della minoranza etnica di lingua tedesca, aveva ricevuto anche l'approvazione, di massima, del Consiglio dei ministri del tempo. Ne fu sospesa l'esecuzione a seguito delle intese di Parigi del settembre scorso.

In seguito al «Memorandum» confidenziale consegnato al nostro rappresentante politico a Vienna dal Ministero degli affari esteri austriaco è stato compilato un nuovo progetto che pur riproducendo, in sostanza, quello cui sopra si è fatto cenno, tiene conto -dove è stato possibile -dei desideri del Governo austriaco particolarmente per quanto attiene al rientro in Italia di quegli optanti che, emigrati a suo tempo dall'Alto Adige, saranno ammessi ad acquistare la originaria cittadinanza italiana.

Il concetto informatore del progetto è che da parte di tutti coloro i quali a suo tempo optarono per la Germania sussista una precisa dichiarazione individuale di voler essere cittadini italiani. Nel sistema giuridico italiano lo stato di cittadinanza non può essere presunto ma deve essere determinato da una inequivocabile manifestazione di volontà. Ragione per cui il Governo italiano è dolente di non poter accogliere la proposta del Governo austriaco di autorizzare l'ingresso in «blocchi» di optanti emigrati prima della emanazione della legge in questione e, prima che vi sia da parte degli interessati una precisa dichiarazione di volontà. Il loro rientro in Italia, infatti, non può essere che una conseguenza del riacquisto della cittadinanza italiana e, quindi, posteriore all'accoglimento della loro domanda.

Tuttavia il Governo italiano, ha voluto tenere nel massimo conto il desiderio del Governo austriaco di facilitare il ritorno in Italia degli optanti emigrati e di regolarizzare la posizione di coloro fra questi che siano rientrati in Italia sia pure clandestinamente.

A tale scopo il progetto di legge prevede che:

a) la Commissione di cui all'art. 6 possa suddividersi in sottocommissioni, si occupi esclusivamente dell'esame delle domande che saranno presentate da detta categoria di optanti;

b) sulle dette domande, che non diano luogo a contestazioni di addebiti, sarà adottata una decisione entro il termine massimo di sei mesi dalla presentazione della domanda (art. 12, 3° comma).

Inoltre, saranno impartite istruzioni alla presidenza della Commissione perché le domande di cui è parola siano esaminate nell'ordine seguente:

l) quelle degli optanti emigrati e naturalizzati, successivamente ritornati in Italia clandestinamente. Queste saranno esaminate in ordine di data della presentazione; 2) quelle degli optanti emigrati e naturalizzati, tuttora residenti all'estero.

In tal modo il Governo italiano ritiene di poter adottare una decisione nei confronti di questa categoria di optanti in un termine relativamente breve e per un numero di individui superiore a quello del «blocco» dei diecimila proposto dal ministro Gruber.

In merito ai singoli punti del memorandum si osserva quanto segue:

l) L'art. l del progetto allegato prevede anche per gli optanti non naturalizzati, siano essi in Italia o all'estero, l'obbligo di una dichiarazione individuale di voler revocare l'opzione e mantenere la cittadinanza italiana. Tale disposizione è stata introdotta per adeguarla allo spirito della nostra legislazione in materia di cittadinanza e previo concorde avviso, espresso nei giorni 23 e 24 aprile scorso, dai dirigenti il S.V.P.

Una simile norma non fu inclusa nel precedente progetto perché gli elementi locali di lingua tedesca temevano che, avvenuta tale dichiarazione da parte degli interessati, il Governo italiano se ne servisse alla Conferenza della pace, a sostegno della propria tesi. Per ovvie considerazioni, questo timore non ha più ragion di essere.

2) Ai fini di una più sollecita procedura -com'è nei desideri del Governo austriaco il Governo italiano pensa che non sia opportuno prolungare fino a due anni (come si chiede al n. 2 del memorandum) il termine utile per la presentazione delle domande per il riacquisto della cittadinanza da parte di chi si trova all'estero, sembrando più che sufficiente quello di un anno stabilito all'art. 3.

3) Per quanto riguarda gli optanti naturalizzati che successivamente all'acquisto della cittadinanza germanica abbiano acquistato altra cittadinanza straniera (punto 2/b del memorandum), il Governo italiano non ritiene di poter concedere loro il beneficio previsto dalla presente legge a favore dei naturalizzati germanici in quanto essi hanno fatto luogo ad una ulteriore manifestazione di volontà che non rientra nel quadro e negli scopi della presente legge (art. 17 progetto).

4) L'ultimo capoverso dell'art. 13 stabilisce che il riacquisto della cittadinanza importa il diritto di ristabilire la residenza in Italia. Né il Governo italiano intende frapporre alcun ostacolo al loro ritorno in Italia come teme il Governo austriaco nell'accenno da esso fatto al riguardo al punto 2 lettera b) del memorandum.

Si può anzi assicurare che con istruzioni a parte saranno concesse delle facilitazioni -specie ai fini doganali -per il rientro in Italia degli anzidetti individui.

La questione poi del trasferimento in Italia dell'eventuale patrimonio dei singoli al momento del loro rientro in Italia, formerà oggetto di particolari intese fra le autorità competenti. Da parte italiana la questione è già allo studio.

5) Circa i desideri espressi al punto 3 del memorandum, in merito agli optanti naturalizzati rientrati clandestinamente in Italia, il Governo italiano, pur deplorando l'accaduto, si rende conto della opportunità di sistemare al più presto la loro posizione.

Non ritiene tuttavia di poter accettare la proposta del Governo austriaco di parificarli ai fini del riacquisto della cittadinanza italiana, ai naturalizzati germanici residenti in Italia (art. 2 del progetto) in quanto un simile provvedimento non solo costituirebbe una immeritata sanatoria a chi ha compiuto un atto illegale ma sarebbe d'incitamento al ritorno clandestino in Italia degli alto-atesini naturalizzati germanici ed ancora residenti all'estero.

Ciò nonostante nessuna misura di polizia sarà presa nei loro confronti ed anche quei pochi che tuttora sono nei campi di concentramento in Italia saranno liberati se potrà accertarsi che essi non vi si trovino per altri motivi.

Gli stessi, infine, beneficeranno della più rapida procedura di cui si è fatto cenno al punto l) della premessa alla presente nota.

6) Per quanto concerne il punto 4 del memorandum; si viene incontro al desiderio espresso dal Governo austriaco avendo stabilito nell'art. 4 del progetto che la procura da rilasciare alla persona incaricata di sottoscrivere le dichiarazioni per conto dell'interessato, può essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

E come noto, circa il carattere dell'atto pubblico, vale la norma focus regit actum.

7) Il problema del quale si fa cenno al punto 5 del memorandum non può trovare la sua naturale soluzione in questa legge.

Tuttavia il Governo italiano non ha difficoltà di emanare apposite istruzioni per consentire di ristabilire la propria residenza in Italia a coloro che risiedevano stabilmente in Alto Adige prima dell'inizio della guerra e che avevano dovuto abbandonare l'Italia in seguito ed a causa degli accordi del 1939.

Siffatta autorizzazione potrà essere concessa a seguito di una documentata domanda da parte dei singoli interessati. Naturalmente questi ricadranno, comunque, sotto il regime degli stranieri.

8) Circa il primo capoverso del punto 6 del memorandum il Governo italiano condivide il pensiero del Governo austriaco ed il progetto allegato prevede per tutti i cittadini italiani e quindi anche per gli optanti che si sono resi colpevoli dei delitti e degli atti di cui all'art. 5, non già la perdita della cittadinanza ma le stesse sanzioni che le leggi italiane (D.L.L. 26 aprile 1946 n. 149) contemplano nei riguardi dei fascisti politicamente pericolosi.

A proposito del punto di vista del Governo austriaco espresso nella rimanente parte del

n. 6 del memorandum, il Governo italiano fa rilevare che non è possibile limitare l'inibizione del riacquisto della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 5 del progetto agli optanti naturalizzati, nei soli casi che abbiano riportata condanna penale ma deve essere estesa a tutti coloro che abbiano commesso i fatti previsti nel comma 3 dell'art. 5, anche senza aver riportato una condanna perché a seguito delle sopravvenute amnistie gran parte dei fatti criminosi ivi indicati non sono stati né possono più oltre essere perseguiti penalmente. Il Governo austriaco può, comunque, essere sicuro che questi ultimi casi saranno limitati a quelle sole persone che ~ se le amnistie non fossero intervenute ~ sarebbero state dall'Autorità giudiziaria ritenute responsabili dei fatti loro addebitati.

Per ovvie ragioni il Governo italiano nell'esercizio di un suo potere sovrano deve inoltre riservarsi la possibilità di inibire il riacquisto della cittadinanza italiana a quegli stranieri che abbiano commesso delitti per i quali essi risultino socialmente pericolosi. E la dizione prevede, per l'applicazione della sanzione, un estremo così preciso da non far temere arbitrarie estensioni.

Né si può fare a meno di insistere perché il riacquisto della cittadinanza italiana sia inibito anche a coloro che hanno ricoperto le cariche (si badi: quelle importanti) negli enti, uffici, organizzazioni ecc. indicati nel comma I dell'art. 5. E tanto evidenti sono apparse le ragioni di questo procedimento che l'elencazione degli anzidetti uffici fu stabilita dopo lungo e ponderato esame d'accordo cogli elementi locali di lingua tedesca fra i quali figuravano in larga misura i dirigenti il Siidtiroler Volkspartei. E ciò in considerazione della natura politica delle cariche stesse (e per questo furono limitate a quelle «importanti»), per il modo antitaliano colle quali le stesse venivano generalmente esercitate e perché~ fra l'altro~ è notorio che esse venivano affidate ad elementi conosciuti per la loro italofobia.

Né si potrà ragionevolmente chiedere che dalla stessa sanzione siano esentati i naturalizzati che hanno dato prova di fanatismo e faziosità nella nota attività propagandistica spiegata a favore delle opzioni delle quali oggi gli alto atesini portano le dannose conseguenze.

A prescindere dalle ragioni anzidette non si comprende, poi, come il Governo austriaco invochi, a questo riguardo, norme più favorevoli di quelle chieste dagli elementi locali di lingua tedesca.

9) Sempre al punto 6, ultimo comma del memorandum austriaco, si chiede l'istituzione di una Commissione di appello alla quale ricorrere, contro le decisioni adottate dalla Commissione di cui all'art. 6.

La istituzione di tale organo determinerebbe un notevole ritardo ed un appesantimento della procedura, nonché ci porrebbe di fronte alla difficoltà pratica di creare una seconda commissione di origine diversa dalla prima.

È sembrato invece più efficace ai fini della tutela dell'interessato stabilire (articoli 9 e 12) che il ministro dell'interno, qualora intenda negare il riacquisto della cittadinanza italiana, debba sentire il Consiglio di Stato che per la natura delle sue funzioni e la qualità dei magistrati che lo compongono offre assoluta garanzia di competenza ed obiettività.

IO) In merito al rilievo di cui al n. 8 del memorandum, il Governo italiano dichiara che a coloro ai quali sarà inibito il riacquisto della cittadinanza italiana, non sarà fatto un trattamento diverso da quello usato agli stranieri.

Il) L'articolo 23 del progetto tratta delle questioni patrimoniali connesse colle opzioni e tale formula è stata concordata, in via di massima, coi rappresentanti gli elementi locali di lingua tedesca.

12) Ai due ultimi capoversi delle lettere a) e b) del punto l del memorandum si insiste perché dai registri di cittadinanza sia cancellata «qualsiasi aggiunta» relativa alla avvenuta opzione poi revocata.

A ciò si provvede in modo esplicito all'art. 18 del progetto ,allegato.

420

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GAJA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 4860/731. Vienna, 9 maggio 1947 (per. il 16).

A seguito di precorsa corrispondenza si trasmette copia di un promemoria aggiuntivo contenente altre osservazioni austriache circa il progetto per la revisione opzioni, elaborato a suo tempo dal prefetto Innocenti, al cui riguardo questa rappresentanza ha già trasmesso un promemoria 1 rimessole da queste autorità.

Il promemoria aggiuntivo che si acclude è stato elaborato dal consigliere Kripp in seguito alle conversazioni avute col ministro Gruber dopo il suo ritorno da Mosca.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRIACO ALLA RAPPRESENTANZA ITALIANA A VIENNA

PROMEMORIA AGGIUNTIVO.

Zu Punkt l) a) Die nichteingebiirgerten, nicht abgewanderten Optanten sollen auch innerhalb der zweimonatigen Frist die ausdriickliche Erklarung abgeben konnen, die Option nicht aufrecht zu erhalten, in welchem Falle der Widerruf der Option bereits mit dieser Erklarung eintritt.

Zu Punkt 6) mochte die osterreichische Regierung auch an den mittlerweile in der italienischen verfassungsgebenden Nationalversammlung angenommenen Artikel 18 erinnern, wonach niemandem die Staatsbiirgerschaft aus politischen Motiven entzogen werden darf.

Miindliche Verhandlungen iiber Riickerwerb der italienischen Staatsbiirgerschaft durch Siidtiroler oder Siidtirolerinnen, welche dieselbe nicht im Zusammenhang mit der Option verloren haben, darf vorbehalten werden, ebenso iiber Riickverlegung des Wohnsitzes jener Personen nicht vormals italienischer Staatsbiirgerschaft, die aber infolge der Option zwangsweise ausgesiedelt wurden; beide Kategorien umfassen wenige Falle.

420 1 Vedi D. 289.

421

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2205/644. Il Cairo, 9 maggio 1947 (per. il 14).

Mio telegramma n. 70 del 16 aprile u.s. 1• L'emiro Seif el Islam Abdallah dello Yemen si trova al Cairo da alcuni giorni, in procinto di rientrare in patria insieme al fratello Yahya. Ho incaricato il primo segretario Archi di recarsi a visi tarlo: allego la relazione da lui fattami sull'incontro avuto con l'emiro.

Durante il suo soggiorno in Egitto, il Seif el Islam Abdallah è stato oggetto di varie attenzioni da parte delle autorità egiziane ed è stato anche invitato a partecipare-come risulta dall'unito stralcio di Le Journal d'Egypte di oggi -a manifestazioni ufficiali di carattere interno.

ALLEGATO

IL PRIMO SEGRETARIO ARCHI, AL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS

APPUNTO. Il Cairo. 6 maggio 1947.

Ieri mi sono recato a visitare l'emiro Seif el Islam Abdallah, figlio dell'imam Yahya dello Yemen, che si trova al Cairo da qualche giorno, dopo un lungo soggiorno a Londra e a Parigi. L'emiro che, prima di venire in Egitto, doveva-come è noto-visitare alcuni Paesi d'Europa, ha invece ricevuto ordine dal padre di recarsi insieme al fratello Yahya direttamente al Cairo e di proseguire poscia per Sanaa.

Egli mi ha detto di essere stato molto dispiacente di non avere potuto visitare l'Italia, Paese che non conosce, ma per il quale nutre la più viva simpatia, dato che due suoi fratelli, che lo hanno visitato in passato, ne hanno riportato il più grato ricordo e data l'ottima affermazione fatta nello Yemen dai sanitari italiani. L'emiro mi ha detto che sarebbe desiderabile che altri medici e tecnici italiani si recassero nello Yemen e che intendeva intrattenerne l'imam, come pure sull'opportunità di aumentare gli scambi commerciali fra il suo Paese e l'Italia.

L'emiro ha poi parlato dell'attuale situazione politica nel Medio Oriente, in relazione soprattutto ai vari problemi che interessano il mondo arabo. Non mi ha nascosto il suo disappunto e la sua delusione per quanto si sta attualmente decidendo alla Assemblea dell'O.N.U. a proposito del problema palestinese. Teme che anche la questione egiziana, se verrà sottoposta al giudizio del Consiglio di sicurezza, possa provocare una decisione tale da non soddisfare nemmeno parzialmente le aspirazioni dell'Egitto. Ha soggiunto che gli Stati arabi negli scorsi mesi si erano fatti delle illusioni, ma che lo sviluppo degli ultimi avvenimenti deve farli molto riflettere e convincerli che essi non devono fare grande affidamento sulla comprensione e tanto meno sull'appoggio delle altre Potenze.

Nonostante ciò, l'emiro mi ha fatto nel complesso l'impressione di essere personalmente simpatizzante per la Gran Bretagna (effetto forse del prolungato soggiorno a Londra e dei probabili aiuti finanziari ricevuti dal Governo inglese) e pieno di ammirazione per gli Stati Uniti, per quanto consideri la loro penetrazione nel Medio Oriente piuttosto pesante e decisa ad imporsi con ogni mezzo. Nei confronti dell'U.R.S.S. non ha voluto esprimere alcun giudizio, ma ha detto che gli arabi-nell'attuale situazione-devono cercare di mantenere i migliori rapporti con tutte le Potenze e che ogni mano che ad essi venga tesa non deve essere respinta, se qualche utilità ne potrà derivare al mondo arabo.

L'emiro fa l'impressione di persona dotata di un certo naturale buon senso. Ritengo che non sia entusiasta di rientrare a Sanaa e che stia cercando qualche pretesto per eludere l'ordine del padre.

421 1 Preannunciava l'arrivo dell'emiro Abdallah.

422

L'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6286/88. Nanchino, IO maggio 1947, ore 10,05 (per. ore 20,15 ).

Suo 7179/c. 1 .

Fatto stamane passo presso questo vice ministro essendo m1mstro impedito fino lunedì. Nel ricevere una nota signor Y eh mi ha detto che atteggiamento cinese circa nostro ingresso O.N.U. dovrà essere esaminato in seno questo Consiglio ministri ma che poteva sin d'ora assicurare che ministro esteri avrebbe caldamente sostenuto presso suoi colleghi Gabinetto richiesta italiana.

423

IL CAPO DELL'UFFICIO SESTO DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, ZAPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNT0 1• Roma, 10 maggio 1947.

Dall'esame del memorandum cinese nel quale sono indicati i danni sofferti dai cinesi in Italia, risulta che la richiesta cinese di 100 milioni di lire non è e non può

498 essere sufficientemente documentata, e che tale somma è molto superiore all'ammontare dei danni effettivamente subiti.

Anche la spesa di $ 18.498, che il Governo cinese asserisce aver sostenuto per l'internamento degli italiani in Cina, non può essere controllata. Essa sarebbe giustificata con l'assistenza accordata ad alcuni nostri missionari residenti nelle province della Cina centrale, i quali, secondo quanto risulta a Propaganda Fide, sarebbero stati invece assistiti dalle altri missioni cattoliche in seguito all'interessamento di quel delegato apostolico.

Ma poiché alla Conferenza di Parigi la delegazione italiana aveva promesso un sollecito e favorevole accoglimento da parte del Governo italiano della richiesta cinese di risarcimento danni e di rimborso spese, il Ministero deli affari esteri ha creduto conveniente di accedere alla richiesta di 100 milioni di lire e di 18.498 $ americani, al solo scopo di assicurare la liberazione delle proprietà private e demaniali italiane in Cina dalle rivendicazioni che il Governo e i sudditi cinesi possono avanzare in base al trattato di pace. Questo abbinamento delle due questioni sta alla base della trattativa ed era del resto previsto nello stesso memorandum presentantoci dai cinesi.

Pertanto l'accordo cino-italiano attualmente in esame con l'ambasciatore di Cina a Roma dovrebbe precisare in modo chiaro la liberazione:

l) delle proprietà private italiane in Cina;

2) delle proprietà demaniali italiane in Cina.

La stessa impostazione hanno le analoghe trattative in corso con la Francia e gli Stati Uniti, così come quella già conclusa con la Gran Bretagna.

Nel caso della Cina occorre tuttavia aver presente il pericolo che pur liberando essa i nostri beni in base al riscatto che ne facciamo (art. 78, 79 del trattato), li confischi poi ad altro titolo in quanto parte di essi si trovano sui terreni delle concessioni venute meno in base agli articoli 25 e 26 del trattato stesso.

Per evitare tale pericolo, nel caso della Cina, a differenza di altri casi, è parso necessario ottenere la dichiarazione di liberazione di tutte le proprietà private, e di elencare le proprietà demaniali che debbono restare al Governo italiano, e cioè:

l) Fabbricato e terreno del consolato d'Italia in Shanghai, del consolato in Tientsin e del consolato in Hankow. 2) Fabbricato e terreno del circolo italiano di Shanghai e del circolo italiano di Tientsin. 3) Fabbricati dell'ambasciata a Pechino.

Se l'ambasciata di Cina a Roma insistesse nel volersi limitare a dare nell'accordo una garanzia generale di non applicazione dell'articolo 79 del trattato di pace, sarebbe almeno necessario che l'elenco delle proprietà demaniali da riconoscere formalmente al Governo italiano figurasse in scambio di lettera contemporaneo all'accordo di cui trattasi.

Si noti che, per quanto nell'accordo proposto si è detto che per gli altri beni italiani saranno stabilite intese al fine di destinarli a scopi culturali italo-cinesi, in realtà noi veniamo ad abbandonare le caserme, baracche, stazione radio (quest'ultima tra le più potenti esistenti in Cina) e due nostre cannoniere, la Lepanto e la Carlotto le quali non potrebbero essere considerate come preda bellica e non figurano fra le unità da cedersi agli alleati.

L'accordo da concludersi con la Cina dovrà essere sottoposto all'Assemblea costituertte. Pur avendo presente la diversità dell'ammontare degli impegni da noi assunti nell'accordo con l'Egitto, sono da ricordare le reazioni che tale accordo ha suscitato nel Paese e alla Commissione dei trattati, e che si ripeterebbero qualora il Governo presentasse alla ratifica accordi che non contenessero una sufficiente contropartita ai sacrifici da parte nostra consentiti. Riassumendo, noi diamo alla Cina:

l) l 00 milioni di lire;

2) 18.498 dollari americani;

3) tutte le nostre proprietà di carattere militare (ivi comprese le due canno

niere) di ingente valore.

In cambio chiediamo:

l) Riconoscimento proprietà italiana consolati Shanghai, Tientsin e Hankow (che non potrebbero essere sequestrate neppure in base all'art. 79 perché destinate ad uso diplomatico) e Circoli italiani di Shanghai e Tientsin.

2) Concessione dell'uso del terreno su cui sorgono le palazzine dell'ambasciata di Pechino (restando alla Cina la parte militare del compound). 3) Naturalmente, assicurazione che le proprietà private italiane -sulle quali del resto non vi è stata finora discussione -non saranno toccate.

Il Governo italiano si propone, sistemata in questo modo amichevole la posizione dei suoi residui beni in Cina, di addivenire al più presto alla stipulazione di un ampio accordo di amicizia e commercio con il Governo di Nanchino.

Si unisce copia del verbale della riunione tenutasi il 1° maggio 1947 all'ambasciata di Cina a Roma nel quale risultano le osservazioni cinesi alle proposte italiane.

ALLEGATO

RIUNIONE ALL'AMBASCIATA DI CINA A ROMA

Roma, l" maggio 1947.

La riunione è stata indetta allo scopo di esporre ai cinesi un nostro schema di accordo, al perfezionamento del quale è subordinato il pagamento delle somme richieste dal Governo cinese a titolo di risarcimento dei danni subiti in Italia dai cinesi e di rimborso delle spese sostenute per l'internamento di italiani in Cina.

Il console generale Zappi prima di procedere alla lettura delle clausole fondamentali dello schema dell'accordo tiene a precisare:

a) che solo con grande difficoltà il Ministero degli affari esteri è riuscito a convincere il Tesoro al pagamento di 100 milioni di lire e di 18.489 dollari americani, perché il risarcimento danni chiesto dalla Cina con il suo memorandum presentato a Parigi alla Delegazione italiana non è stato dall'Italia riconosciuto a nessun cittadino delle altre Potenze alleate.

Per questa ragione la questione è stata esaminata in sede politica e non amministrativa.

b) che poiché il reclamo cinese non è stato sottoposto al vaglio delle competenti autorità incaricate di esaminare i reclami di guerra degli alleati, sarà necessario di redigere e di firmare un accordo che giustifichi di fronte alla Costituente ed all'opinione pubblica il sacrificio richiesto al popolo italiano.

Pertanto, come conditio sine qua non, deve risultare nell'accordo in modo chiaro ed inequivocabile, la liberazione totale e assoluta:

l) delle proprietà private italiane in Cina. Il console generale Zappi domanda se da parte cinese vi siano dubbi od obbiezioni su questo punto. Dopo un momento di esitazione i Signori Kao e Tchu dichiarano che di massima non hanno nulla da eccepire sul punto di cui sopra. Il console generale Zappi procede allora alla lettura del seguente paragrafo:

«Tutti i titoli di proprietà immobiliare rilasciati nella forma prescritta dall'Amministrazione della Municipalità italiana di Tientsin, saranno sostituiti da titoli cinesi eguali a quelli rilasciati dalle competenti autorità cinesi ai possessori stranieri di lotti di terreno situati nelle concessioni che gli altri Stati hanno restituito alla Cina».

Qualche abbiezione viene sollevata dal dr. Kao sulla questione della sostituzione dei titoli di proprietà.

Il console generale Zappi risponde che noi chiediamo né più né meno quanto previsto dalla legislazione cinese in materia di proprietà immobiliare. Se il Governo cinese dichiara di voler rispettare le proprietà private italiane in Cina, non può non procedere al loro riconoscimento rilasciando i titoli richiesti dalle leggi.

I signori Kao e Tchu sembrano convinti.

2) delle proprietà demaniali italiane in Cina. Con la premessa che una suddivisione è stata fatta tra i beni di proprietà del Ministero degli affari esteri e quelli di proprietà della Marina, il console generale Zappi procede alla lettura del seguente articolo: «Il Governo cinese conferma e rispetta i diritti di proprietà del Governo italiano sugli stabili e relativi terreni delle sedi consolari in Shanghai, in Hankow e in Tientsin, nonché dei clubs italiani in Shanghai e Tientsin». Kao solleva varie obbiezioni, sostenendo che nell'accordo non occorre che le proprietà siano specificamente menzionate, ma che è sufficiente accennarle in modo generico all'articolo 79 del trattato di Pace. Il console generale Zappi risponde che non vede per quale motivo non si debba specificamente elencare le proprietà demaniali del Ministero degli esteri che l'articolo 79 del trattato e l'accordo da firmarsi, riconoscono dover rimanere all'Italia, tanto più che in questo momento tali proprietà non sono in mano italiana. Il dr. Kao propone allora che l'ambasciatore di Cina a Roma le specifichi invece in lettera annessa all'accordo. Al che il console generale Zappi risponde domandando: «Avete

dei dubbi sul ritorno all'Italia della sede consolare di Shanghai?» Risposta «no». «Della sede di Hankow?». Risposta «no». «Della sede di Tientsin?». Risposta «no». «Dei clubs italiani di Tientsin e di Shanghai?». Tanto il dr. Kao che il comm. Tchu non si pronunciano. Il console generale Zappi spiega e dimostra loro che i due clubs non sono, a rigore, proprietà dello Stato, bensì proprietà delle collettività italiane in Cina che hanno finanziato la compera dei terreni e la costruzione dei fabbricati.

Il dubbio maggiore da parte cinese concerne invece la nostra sede in Pechino e le proprietà della Marina in Cina.

Per i beni della Marina il console generale Zappi sottolinea che si tratta di un complesso di beni il cui valore si aggira sul milione di dollari americani. Questi beni potranno costituire l'oggetto di un successivo accordo fra i due Governi per il loro uso a scopi culturali. Il console generale Zappi procede alla lettura del seguente articolo:

«Il Governo italiano e quello cinese concordano nel voler prendere in esame, nel minor tempo possibile, la questione relativa alle altre proprietà ed attività dello Stato italiano non nominate nel presente accordo, convenendo di volerle utilizzare, nel limite che verrà stabilito negli accordi successivi, nello sviluppo dei rapporti culturali fra i due Paesi».

Il console generale Zappi aggiunge che la Marina non potrà supinamente accettare una decisione unilaterale sui propri beni in Cina e che se necessario ricorrerà al Consiglio degli ambasciatori, specialmente per quanto si riferisce alla sorte delle cannoniere Lepanto e Carlotto che non possono essere considerate preda bellica.

Considerata la delicatezza e la complessività della materia, il console generale Zappi ritiene che il predetto articolo da lui proposto costituisca la migliore soluzione perché esso offre ai cinesi oltre i desiderata di carattere morale un notevole vantaggio di carattere materiale.

Come contropartita alla cessione delle proprietà della Marina, il console generale Zappi domanda solamente ciò che la Cina ha concesso a tutte le altre Potenze ed anche alla Germania dopo la guerra 1914-1918, e cioè l'uso perpetuo a scopo ufficiale della nostra legazione a Pechino: legge a questo proposito il seguente articolo:

«Il Governo cinese concede al Governo italiano di servirsi permanentemente per uso ufficiale, della zona assegnata all'Italia nell'ex quartiere diplomatico di Pechino, su parte della quale sorgono fabbricati di proprietà del Governo italiano».

I sigg. Kao e Tchu dichiarano a questo proposito che loro non sono in grado di dare una risposta. Il comm. Tchu osserva che l'uso «perpetuo» è un po' troppo; al che il console generale Zappi risponde che si potrebbe da parte italiana limitare l'uso al periodo di 99 anni.

Dal seguito della conversazione appare che il quartiere della Marina adiacente a quello della legazione, e sul quale vi è la stazione Radio, dovrebbe in ogni caso restare compreso tra i beni della Marina di cui sopra è detto.

A conclusione il console generale Zappi osserva che l'uso di Pechino rappresenterebbe la sola agevolazione extra trattato accordataci dalla Cina, dato che le altre proprietà sono di per sè protette dall'articolo 79 del Trattato di Pace.

Il console generale Zappi aggiunge incidentalmente, che verso il 1935 il generalissimo Chiang Kai-shek promise all'ambasciatore Lojacono la concessione gratuita di un terreno a Nanchino per la costruzione della nuova ambasciata d'Italia.

I rappresentanti cinesi concludono a loro volta assicurando che sarà proposto all'ambasciatore di domandare a Nanchino istruzioni circa i clubs italiani e la legazione di Pechino.

Il console generale Zappi prega i signori Kao e Tchu di voler spiegare quanto sopra è detto a S.E. l'ambasciatore affinché egli voglia prospettare a Nanchino l'opportunità di venire incontro alle proposte italiane.

422 1 Dell'8 maggio, indirizzato alle ambasciate a Mosca, Nanchino, Parigi, Washington ed alla rappresentanza a Londra, con il quale Sforza aveva comunicato la decisione italiana di presentare domanda di ammissione all'O.N.U., e dato istruzioni ai vari rappresentanti di svolgere opportuna azione presso i ris~ettivi Governi per assicurarne l'appoggio. 423 L'appunto reca al margine la seguente nota manoscritta di Sforza datata 14 maggio: «Ricevuto ambasciatore Cina. Non entrato in dettagli, ma dettogli che, sia pure senza collegamento in uno stesso strumento, sarà bene trovar modo riaffermare impegno consegna beni privati e pubblici. Accentuatagli necessità larga intesa politica fra i due popoli importante specialmente ora che certe illusioni sorgono circa Giappone>>.

423 2 Il verbale precisa che sono presenti: «il console generale Zappi, il vice commissario tecnico Ros, il primo segretario Kao, il consulente giuridico Tchu».

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO A GUATEMALA, SILENZI

T. 7310110. Roma, 11 maggio 1947, ore 10,30.

Suo 13 1•

Esprima Governo Honduras nostro apprezzamento e gratitudine per decisione adottata non aderire trattato Parigi riconoscendone ingiustizia. In risposta memorandum ella vorrà rimettere ministro esteri Honduras nota analoga quella consegnata Governo Panama e comunicarle con telegramma 4086 2 . Resto in attesa testo completo memorandum e note scambiate che pregola inviare direttamente per conoscenza tutte rappresentanze Centro Sud America.

425

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. 1625. Londra, 12 maggio 1947.

Faccio seguito al mio telegramma n. 434 1 per meglio informarla sulla parte del mio recente colloquio con Sir Orme Sargent che riguarda la sua prossima venuta a Londra ed i connessi argomenti.

Sargent si è espresso con schietta insistenza sul particolare favore con cui, a ratifica del trattato avvenuta, il Governo inglese accoglierà la sua visita. Il Foreign Office intende evidentemente dare a tale evento tutto il dovuto ed utile risalto considerandolo come il suggello al superamento del passato e come l'apertura ad una più efficace ed aperta collaborazione fra i due Paesi.

Per quanto riguarda la pregiudiziale della nostra ratifica ho confermato che era anche di lei intenzione far precedere questo atto normalizzatore al progettato incontro. Sapendo quanto Bevin sia ansioso di veder chiuse le attuali incertezze onde avere non solo giustificazione giuridica ma maggior mano libera nella sua politica verso di noi, ho nuovamente illustrato le ragioni che non solo ci sconsigliano, ma ci vietano ovviamente di far precedere la nostra ratifica a quella americana; e ciò tanto più dopo le tendenze sospensive manifestatesi a Washington. Tali tendenze, ho fatto osservare, nonostante il successivo intervento correttivo di Marshall ed il recente parere della Commissione degli esteri americana, non hanno fatto che rendere più delicata la posizione del Governo italiano e più acuita la

sensibilità dell'Assemblea costituente nei confronti della nostra opinione pubblica naturalmente incline ad aggrapparsi ad ogni residua speranza di veder sospesa e conseguentemente esposta a revisione la applicazione del trattato. Sa-rgent si è dimostrato convinto evitando ulteriori osservazioni su questo argomento.

Considerando, forse ottimisticamente, che la ratifica americana possa verificarsi entro questo mese e che quella italiana abbia a farle seguito nella prima quindicina di giugno, si è concluso che la probabile data della sua visita abbia a cadere nella seconda quindicina di giugno. Questa epoca sarebbe conveniente al signor Bevin attualmente preso dall'imminente dibattito di politica estera ai Comuni e successivamente assorbito dal Congresso laburista che avrà luogo a fine mese. Nella prima quindicina di giugno Bevin si prenderà probabilmente un breve periodo di riposo ed avrà quindi tempo di far studiare ed esaminare personalmente le varie questioni che saranno all'ordine del giorno della visita del ministro degli esteri italiano.

Circa le questioni prevedibilmente da discutersi, Sargent, al quale avevo illustrato nella mia esposizione generale le gravissime e politicamente pericolose condizioni economiche e finanziarie in cui si sarebbe per noi aperto il 1948 con speciale riferimento alla quasi totale carenza di valute estere per l'acquisto delle fondamentali materie prime, ha escluso che la Gran Bretagna, dopo il perfezionamento del recente accordo, possa promettere ed attuare ulteriori interventi a nostro favore, data la precarietà della sua stessa situazione economico-finanziaria. Al di fuori di questo campo, le cui possibilità sono ovviamente «for the time being» esaurite, ella potrà abbordare qualsiasi argomento incontrando la migliore disposizione inglese.

Riservandomi, al fine della necessaria preparazione del Foreign Office, di sottoporre l'elenco aggiornato delle questioni di dettaglio che, secondo il mio personale parere, ritenevo da includersi nella discussione, mi sono soffermato su quello che considero l'argomento essenziale, e cioè sul problema delle colonie. Ho fatto osservare a Sargent come esso presenti due aspetti egualmente delicati: uno politico interessante le future relazioni tra i nostri due Paesi, ed uno pratico e preminente riguardante il nostro avvenire nel quadro dell'equilibrio mediterraneo (del quale siamo e saremo l'elemento essenziale) ed in quello della continuità della nostra funzione civilizzatrice in Nord Africa ed in Africa Orientale.

Per quanto riguarda il primo aspetto occorreva tener presente che, a ragione

o a torto, l'opinione italiana considera tuttora il nostro problema coloniale come dipendente essenzialmente da un rapporto italo-inglese. Solo su un piano politico superiore riservato ad una conoscenza dei fatti internazionali, a cui non partecipa la massa del pubblico, si riconosce infatti che il problema è infinitamente più complesso per le sue interferenze col problema arabo, il quale si impone ogni giorno più non solo per le locali aspirazioni alla indipendenza, ma per le esteriori ragioni che lo mettono a fuoco in ogni prospettiva toccante gli interessi russo-anglo-franco-americani, sia in riguardo agli stretti rapporti mediterranei sia in rapporto ai problemi che stanno (da parte anglo-americana) a cavallo fra oceano Indiano e mare Mediterraneo.

Sotto l'aspetto politico mi pareva quindi di estrema importanza che l'atteggiamento inglese avesse a rivelarsi quanto più possibile obiettivo ed amichevole nei nostri confronti. Sotto l'aspetto pratico, già tante volte a fondo trattato, facevo presente come l'atteggiamento italiano avesse ormai superato in linea di principio l'aspirazione al ristabilimento di un regime coloniale storicamente e non per noi soli superato, e come la visione del Governo italiano fosse aperta a più progredite, realistiche ed operanti forme di collaborazione amministrativa con le popolazioni interessate; in sostanza su rapporti di lavoro, di capitale, di esperienza che, !ungi dal soffocare le aspirazioni indigene, rappresentavano un elemento insostituibile del loro progresso e quindi della loro finale emancipazione economico politica.

Sargent osservò che questo nostro punto di vista corrispondeva oltre tutto ad una pratica necessità anche perché l'Italia non sarebbe oggi né domani in condizioni di sostenere l'onere di una tutela di cui l'Inghilterra sta misurando finanziariamente tutto il peso nella sua precaria amministrazione.

Venendo alla questione concreta Sargent mi ha detto che gli pareva difficile svolgere isolatamente con l'Italia una azione che anticipasse gli studi e le decisioni che dovevano formare imminente oggetto dell'attività dei quattro Supplenti e della Commissione d'inchiesta in loco. Mi faceva intendere che ciò avrebbe potuto rappresentare una mancanza di riguardo da parte britannica verso le altre Potenze interessate ed investite della responsabilità della soluzione finale.

Feci osservare che non si trattava, nel mio pensiero, di giungere ad alcuna forma di settlement a due, la quale sarebbe stata oltre a tutto platonica nel quadro del dibattito fra i Quattro, ma di esplorare i punti nei quali l'interesse britannico ed italiano potevano in comune convergere verso l'interesse delle popolazioni indigene e della sistemazione generale del problema internazionale che sulla loro sorte s'impernia. Mi pareva che una simile amichevole indagine sarebbe stata utile non solo per evitare malintesi dannosi ai rapporti fra i nostri due Paesi, ma per sincronizzare, nei limiti del possibile, l'azione italiana ed inglese, tanto nel corso dei prossimi dodici mesi di competenza dei Quattro quanto nel caso di un non improbabile travaso della questione nella competenza dell'O.N.U. Nel caso specifico della Libia, l'Italia doveva, prima

o poi, assumere una posizione ed una politica verso il mondo arabo. Mentre è ferma intenzione del Governo italiano di non avvicinare il mondo arabo in funzione anti-inglese, pareva evidente la convenienza di marciare lealmente su un binario parallelo naturalmente suggerito dalla convenienza dei nostri due Paesi. Al che avrebbe salutarmente giovato una leale presa di contatto a chiarimento delle reciproche intenzioni. Sargent è stato molto riservato in materia, ma non ha escluso (e quando intende escludere lo fa senza reticenze) la possibilità di un simile non impegnativo scandaglio.

In linea subordinata gli ho segnalato la assoluta necessità di dare un nuovo, più elastico e benevolo orientamento alla rigida ed ostile politica finora attuata nelle nostre colonie dal Governo militare britannico verso gli elementi ed interessi italiani. Gli ho fatto osservare come tale politica sia risentita individualmente da tutti gli italiani residenti o in contatto con le nostre colonie, generando risentimenti più che giustificati e provocando danni vastamente accusati. Gli ho fatto osservare come noi tutti abbiamo esperimentato in Italia il Governo militare alleato senza dover lamentare, anche nei difficili esordi della occupazione, nulla di lontanamente simile a quanto ci è da anni inflitto nelle colonie. Una più liberale politica verso gli elementi italiani in Libia ed Africa Orientale accompagnata da provvidenze intese a facilitare la ripresa dei commerci e la riapertura delle nostre banche, rappresentava quindi il minimo che potevamo aspettarci dall'Inghilterra trattandosi di un complesso di provvedimenti lenitivi dipendenti esclusivamente dalla sua competenza. Sargent mi ha detto che, non appena ratificato il trattato, si sarebbero verificate le condizioni adatte a soddisfare, nei limiti del mandato che l'Inghilterra ha ricevuto dai Quattro, le nostre esigenze di più facile e normale contatto con le colonie.

Ho voluto segnalare in dettaglio quanto Sargent mi ha detto o fatto intendere su questo argomento onde rappresentarle nel modo più completo la delicatezza che la nostra questione coloniale è venuta assumendo a Londra col complicarsi della situazione mediterranea ed il critico sensibilizzarsi dei rapporti col mondo arabo.

Da tutto il complesso delle manifestazioni del Foreign Office risulta ad evidenza come il fatto coloniale italiano rappresenti sempre meno un elemento isolato da inquadrarsi e risolversi essenzialmente nell'ambito dei rapporti italo-inglesi, ma come venga assumendo l'aspetto di una pericolosa pedina, essenzialmente nello scacchiere mediterraneo e quindi medio-orientale, verso la quale nessuno osa anticipare una mossa impegnativa.

La discesa americana nel Mediterraneo ha singolarmente complicato ed inasprito il gioco. Giudicando le cose secondo i più recenti sviluppi o preannunci, parrebbe probabile che la Russia tenda a scalzare indirettamente le posizioni potenziali anglo-americane nel Medio Oriente e le posizioni attuali francesi nel Nord Africa soffiando nel fuoco del movimento d'indipendenza panarabo. Una temuta riesumazione delle richieste russe di trusteeship individuale intesa a sgominare lo stabilizzarsi di una esclusiva influenza anglo-franco-americana nel Nord Africa parrebbe quindi da escludersi, essendo evidente come il gioco negativo abbia maggiori probabilità di successo di quello positivo. D'altra parte la condotta parallela, se non solidale (date le diverse esigenze e mire) dell'America e dell'Inghilterra non può prescindere dalla necessità di non urtare le suscettibilità arabe. A questo aspetto, per noi negativo, fa riscontro una contro necessità, per noi positiva, dovuta alla opportunità (qui chiaramente sentita) di non provocare in Nord Africa una frana europea che coinvolgerebbe le posizioni francesi e comprometterebbe implicitamente le comunicazioni americane con l'Europa via Casablanca-Dakar.

Per quanto riguarda l'Africa Orientale il problema è evidentemente meno complesso, dato il minor concorso di grandi interessi in competizione e dato lo stato politicamente meno evoluto delle popolazioni indigene e quindi la più scarsa base a rivendicazioni di indipendenza.

Si può considerare che in quel settore l'ostacolo essenziale sia costituito dalle pretese etiopiche sull'Eritrea. Tanto è vero che per quanto riguarda la Somalia nei riguardi della quale l'Etiopia ritirò a Parigi, dietro insistenza del Sud Africa, le avanzate pretese, le prospettive di un nostro ritorno sono state, almeno qui a Londra, dichiarate più facili e ben viste.

Allume delle sopradette generiche considerazioni, e salvo naturalmente imprevedibili interferenze di altri fattori, si dovrebbe quindi ritenere che dei quattro territori coloniali, due siano aperti ad una possibile soluzione a noi favorevole e precisamente quelli che non sono soggetti a rivendicazioni dirette, quali la Somalia e la Tripolitania, dando la precedenza, in linea di probabilità, alla Somalia. Parrebbe quindi, per quanto appare di qui, conveniente rafforzare intanto queste due ancora ipotetiche possibilità puntando decisamente su di esse. Si tratta, intendo, di una precedenza cronologica e di un metodo per assicurarci intanto delle posizioni importanti per se stesse, per il valore che rappresentano in linea di principio e per l'immediato contatto in cui ci metterebbero coi due rimanenti finitimi problemi.

Se vi è una possibilità di convincere l'Inghilterra ad appoggiarci su questo piano, essa si fonda essenzialmente sulla premessa di una nostra politica araba assolutamente leale verso l'Inghilterra. Occorre infatti tener conto che l'interesse che oggi l'Inghilterra e l'America portano al Medio Oriente e quindi alla questione araba in tutta la sua estensione è tale che una nostra maggiore o minore inclusione nel gioco dipende essenzialmente dalla sicurezza che potremo dare di muoverei lealmente in senso confacente al rìstabilimento di una equilibrata bilancia nel Mediterraneo 2 . Quindi ogni nostra mossa verso gli arabi, in un ambiente estremamente controllato e nel quale d'altra parte i doppi giochi sono moneta corrente, non può che aggravare singolarmente la nostra posizione e !asciarci in definitiva, verosimile ipotesi, in un pericoloso isolamento.

Concludo che è difficile fare oggi passi concreti verso la soluzione di un problema che per infinite ragioni è ancora allo stato fluido e proceduralmente stagnante data la non ancora pervenuta adesione della Russia all'invito rivoltogli nello scorso aprile per l'invio di un suo supplente alla Conferenza convocata a Londra, per iniziativa inglese, anche in pendenza della nostra ratifica al trattato.

In simile situazione debbo concludere che il più costruttivo senso della sua visita, su questo argomento, consiste appunto nell'abbordare il problema e nel dare, con la sua autorità, la più precisa sensazione che intendiamo risolverlo nel quadro della stessa leale collaborazione anglo-italiana nel quale l'Italia democratica iniziò la sua opera in Africa cinquant'anni fa. Evidentemente, ed essenzialmente per le ragioni prudenziali che le ho esposte recentemente a voce, un simile scambio di idee, pur essendo fondamentale per l'avviamento ad una conveniente soluzione coloniale, non potrebbe fare oggetto di alcuna manifestazione ufficiale, ma dovrebbe restare compreso in una dichiarazione di amichevole presa di contatto su tutti i problemi riguardanti il nostro avvenire.

Tanto ho ritenuto doveroso farle presente ben sapendo di non fare altro che confermarla nella chiara visione che è già sua e che mi ha delineata a Roma. Mi riservo di riferirle sul colloquio che avrò questa sera con Jebb. Attendo le di lei istruzioni per l'aggiornamento eventuale di tutte le questioni particolari che ella intenderà discutere e di cui trasmetterò nota a Sargent seguendole poi presso i competenti uffici 3 .

424 1 Vedi D. 399, nota l. 2 Vedi D. 165, nota l. 425 1 Vedi D. 414.

426

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 6427-6426/351-352. Washington, 13 maggio 1947, ore 21,24 (per. ore 16,45 de/14).

Mio telegramma per corriere n. 048 del 9 aprile scorso 1•

Qualche giorno dopo mio ritorno in sede chiesi udienza presidente Truman in relazione ad invito da lui rivoltomi prima mia partenza. Alcuni giorni fa mi venne

fissato colloquio per oggi. Poiché era qui giunta stamane notizia dimissioni rassegnate da Governo gli ho diffusamente illustrato nostra grave situazione economica finanziaria che aveva indotto presidente del Consiglio a cercare allargamento basi Gabinetto.

Truman mi ha detto essere al corrente dell'ardua situazione e di preoccuparsene con intendimento di giovare, malgrado difficoltà in cui si trova sia per moltitudine richieste che qui pervengono da ogni parte, sia per ostacoli Congresso a maggioranza repubblicana lenta e restia.

Gli ho allora esposto nostra urgenza trovare altri cento milioni dollari (in aggiunta alle somme sino ad ora assicurate a vario titolo e a prestito che intendiamo richiedere Banca Internazionale) onde poter provvedere ad inderogabili necessità italiane per anno corrente.

Siamo rimasti d'intesa che ne avrei intrattenuto segretario Tesoro nonché segretario di Stato (il quale ultimo mi ha già fissato appuntamento per venerdì prossimo)Z. Truman dal suo canto ne parlerà con Snyder e Marshall.

Contrariamente apettativa Senato non ha oggi iniziato discussione in seduta plenaria su ratifica trattato di pace né sarebbe stata stabilita relativa data.

In colloquio odierno con Truman, ho posto in rilievo importanza che in occasione eventuale ratifica potrebbe presentare per amareggiato popolo italiano una dichiarazione degli U.S.A. di amicizia, d'interessamento economico, di appoggio per futura revisione legale e per ingresso Italia O.N.U.

Presidente, nel ripetere che trattato non è purtroppo quale egli e opinione pubblica americana avrebbero voluto, ha mostrato accogliere suggerimento e mi ha assicurato ne avrebbe parlato con segretario di Stato 3 .

425 2 Annotazione a margine di Sforza: «Dargli copia mio discorso per trattato egiziano». Per il testo del discorso vedi Assemblea Costituente, Discussioni, vol. IV, seduta del 12 maggio 1947, pp. 3873-3874. 3 Per la risposta vedi D. 439. 426 1 Vedi D. 320.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. 7476/239. Roma, 14 maggio 1947 1•

Suo 434 2•

Apprezzo altamente che Governo britannico intenda dare visita ministro degli esteri italiano un significato politico di partenza per piena rinnovata collaborazione. Senza di ciò visita sarebbe più nociva che utile come tutto quanto provoca illusioni.

Convengo data giugno a ratifica avvenuta.

3 Per la risposta vedi D. 430. 427 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

2 Vedi D. 414.

Riconosco non facile un accordo formale immediato circa territori Africa, ma anche in quel campo varie intese pratiche dovrebbero raggiungersi cui annunzio capovolgerebbe certe radicate impressioni popolari italiane circa atteggiamento britannico colà.

Lo stesso dicasi per altre questioni come Marina. Circa tutto ciò mi riferisco telespresso di ieri n. 755 3 . Orizzonte si schiarirebbe con gran vantaggio delle due Nazioni e della pace se visita farà sentire che i due Paesi sicuri del loro sviluppo nella pace vogliono stringere legami e cooperazione per preservare mondo da nuove sciagure. In tal campo· noi auspichiamo guida Gran Bretagna per sviluppo intesa anche altri Paesi come Francia i quali uniti verrebbero a costituire elemento mediatore e pacificatore in Europa. Mai come ora stato supremo interesse dell'Inghilterra di rappresentare causa dell'Europa tutta.

Sarà facile ottenere su tali concetti consenso grande maggioranza popolo italiano ma a ciò varrà il trovare una forma concreta nella quale fissare un principio di intesa. Questo parmi possibile.

V.E. sa come spiegare costì che .Italia ha ora bisogno dopo tante scosse di sentire con dei fatti che la sua collaborazione è apprezzata ma dall'altro lato Gran Bretagna deve sentire che la nostra importanza internazionale sarà un giorno anche senza molto nostro merito più notevole che pel passato.

426 2 Vedi D. 433.

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 7547/241. Roma, 15 maggio 1947, ore 16,10.

Questa ambasciata di Gran Bretagna esercita da circa una settimana pressioni insistenti e rinnovate perché piroscafo «President Warfield», attualmente all'ancora a Porto Venere, non lasci acque territoriali italiane per recarsi, come ambasciata stessa ha motivo di presumere, in Palestina carico di ebrei clandestinamente emigrati da Paesi europei che dovrebbero imbarcarsi al largo coste italiane.

«President Warfield» batte bandiera Honduras e appartiene compagnia marittima statunitense. Sua posizione ai sensi disposizioni vigenti marittime internazionali è ineccepibile.

Questo ministero, d'intesa con dicasteri competenti, ha svolto ogni possibile azione per venire incontro richiesta britannica, ed ha sospeso partenza piroscafo che è stato sottoposto visita e controlli da parte autorità marittime portuali e Regi

stro navale; e ciò nonostante riluttanza organi competenti che hanno fatto più volte notare mancanza fondamento giuridico per intervento italiano. Comandante piroscafo ha protestato chiamando Amministrazione italiana responsabile danni derivanti da ingiustificato ritardo nel rilascio «libera pratica».

Ambasciatore britannico, nonostante carteggio scambiato e conversazioni intercorse ai fini dargli massima prova buona volontà italiana, ha domenica scorsa 11 corrente inviato nota nella quale, allegando motivi giuridicamente irrilevanti, ribadiva perentoriamente richiesta britannica ed indicava Governo italiano conseguenze di ordine politico che partenza piroscafo permessa da nostre autorità avrebbe avuto su relazioni anglo-italiane.

Lunedì 12 corrente in riunione interministeriale presieduta da segretario generale ed alla quale ha partecipato consigliere britannico Ward, dopo accurata disamina vari aspetti complessa questione, si concludeva che Governo italiano avrebbe ancora sottoposto controllo navigabilità piroscafo stesso e, in mancanza estremi per impedirne partenza, avrebbe dato «spedizione» per Marsiglia, facendo scortare da nave da guerra italiana bastimento stesso fino limite acque territoriali. Tale misura rappresentava massimo che Governo italiano potesse fare e concedere.

Condizioni nave, secondo ulteriori accertamenti Registro navale, risultate ottime. Nave quindi pronta salpare. Ambasciatore britannico ha intanto reiterato ieri, ed in forma assai veemente, sue insistenze e richiesta precisa non permettere partenza «President Warfield».

D'accordo con presidente del Consiglio ho disposto perché partenza nave in questione sia ritardata ancora due giorni. Autorità Marina da guerra e Marina mercantile insistono nel declinare ogni responsabilità incresciosi incidenti che potrebbero seguire data tenace decisione comandante piroscafo partire ad ogni costo.

Faccio subito presente a Foreign Office come Governo italiano abbia fatto massimo possibile per accogliere richiesta iniziale e per cedere pressioni Sir Noel Charles, ma che ogni ulteriore intervento, oltre che contrastare con ordinamenti marittimi, non avrebbe nessuna giustificazione e potrebbe essere suscettibile complicazioni create da organizzazioni sioniste europee e nordamericane. Dia a suo passo tono di chiaro appello e buon senso britannico non senza sottolineare come Governo italiano non veda fondamento rapporto tra problema in questione e minacciata conseguenza di ordine politico sulle quali Sir Noel Charles non manca di insistere.

Ho perfino fatto dire ambasciatore che, desiderosi come siamo compiacere richieste inglesi, troveremmo più naturale che organi britannici agissero secondo quanto armistizio permette loro piuttosto che continuare a premere su noi per azioni illegali.

Voglia telegrafarmi con ogni sollecitudine su risultato suo passo 1 .

427 3 Non pubblicato.

428 1 Per la risposta vedi D. 435.

429

L'ONOREVOLE LOMBARDO AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI

T. S.N.D. 6486/353. Washington, 15 maggio 1947, ore 18,39 (per. ore 9 del 16).

Iniziato Washington presa contatto via ufficiosa. Giorno 13 discusso con direttore esecutivo americano Banca internazionale questione debiti prebellici. Giorno 14 colloquio un'ora con Dowling, capo ufficio Italia Dipartimento di Stato e successivamente Tasca esperto finanziario ambasciata degli U.S.A. a Roma, venuto Washington riferire nostra situazione economica e politica relazione attuale crisi ministeriale.

Incontrato oggi Thorp, sostituito Clayton attualmente Ginevra, durante colazione ufficiale offertami Blair House.

Colloqui suaccennati hanno dimostratomi vivo interesse ambienti Governo nostri problemi economici e profonda conoscenza parte americana tutti particolari situazione economica italiana. Autorità americane dimostrano massima simpatia nostri riguardi, prevedibile però battuta arresto fino a soluzione crisi ministeriale per decisioni più importanti.

Riferirò dettagliatamente per corriere.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 7568/278. Roma, 16 maggio 1947, ore 15,47.

Suo 352 1•

Approvo tenore sua esposizione a Truman e ritengo che dichiarazione presidente nel senso prospettato sarebbe per noi della massima importanza anche in considerazione future possibilità revisione. Insista pertanto per tale dichiarazione e soprattutto perché in essa venga inserito quanto dettole da Truman2 .

430 1 Vedi D. 426. 2 Per la risposta vedi D. 433.

431

L'ONOREVOLE LOMBARDO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6552/355. Washington. 16 maggio 1947, ore 17,50 (per. ore 15,30 del 17).

Avuto luogo oggi presso assistente segretario di Stato Thorp prima riunione presa contatto. Thorp ha pronunciato brevi parole benvenuto esprimendo interessamento Governo americano problemi economici italiani.

È stata fissata «agenda» trattative che verranno precedute quadro generale situazione italiana espressamente richiesto da parte americana.

Parte americana vivamente insistito procedere esame generale progetto trattato di commercio, almeno suo aspetto tecnico.

Ritengo opportuno aderire richiesta pur mantenendo linea di massima conversazione su linee generali senza assumere impegni.

Prego comunque inviarmi istruzioni 1 .

432

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6543/356. Washington, 16 maggio 1947, ore 16 (per. ore 8,20 del 17).

Suo 277 1•

Consegnerò personalmente domanda di ammissione O.N.U. a Trygve Lie lunedì 19 corrente a Lake Success.

Ho intanto, conformemente sue istruzioni, fatto indicate comunicazioni al segretario Dipartimento di Stato, il quale mi ha rinnovato assicurazioni di pieno e caloroso appoggio americano tanto al Consiglio sicurezza quanto in Assemblea settembre. ·

Ritelegraferò dopo presentazione domanda 2 .

Quanto al trattato commerciale, tale testo complesso viene posto allo studio soltanto ora da parte delle amministrazioni interessate. Questo ministero si riserva di farle pervenire ulteriori comunicazioni a seguito della prima riunione interministeriale che avrà luogo il 26 maggio». Vedi D. 456. 432 1 Del 16 maggio, con il quale Sforza richiedeva di essere informato non appena Tarchiani avesse presentato la domanda italiana di ammissione all'O.N.U.

2 Con T. 6633/366 del 19 maggio Tarchiani assicurò di aver consegnato la domanda di ammissione all'O.N.U.

431 1 Con T. 7809/288 del 21 maggio Grazzi comunicò: «Si ringrazia la S.V. per le notizie fornite.

433

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 6550-6582/362-363. Washington, 16 maggio 1947, ore 21,35 (per. ore 16 del 17 ).

Telegramma di V.E. n. 278 1•

In colloquio odierno con segretario di Stato, ho ribadito quanto già da me esposto a presidente Truman e da lui approvato circa opportunità dichiarazione solenne da parte Governo U.S.A. coincidente con ratifica trattato di pace quando questa fosse votata da Senato. Ho particolarmente insistito affinché dichiarazione riprenda concetto oramai qui unanimemente ammesso che trattato non è quale America lo avrebbe voluto nonché accenni a futura revisione per vie legali; a garanzia nostre frontiere disarmate; all'appoggio U.S.A. per nostro ingresso all'O.N.U.; ad interessamento economico nostra ricostruzione.

Marshall mi ha risposto che il Governo americano ritiene opportuno ed utile fare una dichiarazione del genere e che egli studierà quale potrà essere la forma precisa.

Nel corso della conversazione segretario di Stato mi ha ripetuto che questo Governo intende dare maggiore evidenza ai sentimenti amicizia che l'animano nei confronti dell'Italia.

Ho oggi esposto al segretario di stato a grandi linee la situazione italiana e nostre condizioni economiche con conseguenti necessità di appropriati aiuti economici da parte Stati Uniti.

Marshall mi ha risposto che Governo americano intendeva essere sempre più vicino all'Italia: oltre noti provvedimenti già decisi ed in via di attuazione sarebbero stati al più presto liberati noti beni italiani bloccati e confiscati. Egli si sarebbe adoperato affinché Italia avesse priorità in assegnazione somma sostanziale non appena congresso avesse approvato «Grant in Aid». Ho per parte mia ribadito necessità poter disporre noti altri cento milioni di dollari per poter provvedere inderogabili necessità anno corrente.

Segretario di Stato non ha escluso tale possibilità. Ha poi osservato che uno dei modi più solleciti con cui America potrebbe aiutarci sarebbe la concessione di una maggiore quantità di navi ed in particolare di petroliere, ciò che potrebbe darci il modo di migliorare il disavanzo della nostra bilancia dei pagamenti. Al riguardo ha dato subito istruzioni al direttore generale degli Affari europei di esaminare sollecitamente la questione.

Per quanto riguarda le nostre ulteriori necessità finanziarie mi ha poi espresso propria sensazione che Congresso cominci a realizzare necessità affrontare problema economico europeo con mezzi proporzionati alla sua entità. Egli quindi confida che Italia potrà essere aiutata in modo più adeguato onde agevolarle normalizzazione sane condizioni vita.

433 1 Vedi D. 430.

434

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, SILIMBANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6608/26. Gerusalemme, 17 maggio 1947, ore 18,50 (per. ore 9 del 18).

Suo 16 1•

Circa accreditamento nostro mm1stro Transgiordania esprimo subordinato parere convenienza data la situazione politica attendere sia nominato prima nostro rappresentante Siria e Iraq. Ritengo inoltre sia solo gradito utile ed opportuno accreditare nostro prossimo ministro Baghdad date affinità contiguità alleanza due Paesi uniti legame stessa famiglia regnante. Inoltre Governo Transgiordania in ragione sue limitate possibilità si serve molto Ministero degli affari esteri Iraq per sue relazioni internazionali. Baghdad ed Amman collegati servizi aerei 3 ore. Risiedono Amman ministri d'Inghilterra, Iraq, Turchia e Libano. Stati Uniti e Francia non hanno ancora dato formale riconoscimento nuovo regno indipendente. Consolati generali Palestina degli altri Paesi provvedono come per il passato tutela rispettivi interessi in Transgiordania. Francia accrediterà ad interim proprio ministro residente Baghdad. Sono invitato 24 corrente Amman festa nazionale indipendenza prego telegrafarmi d'urgenza 2•

435

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 6604/446. Londra, 17 maggio 1947, ore 21,30 (per. ore 8,30 del 18).

Telegramma di V.E. n. 241 1 .

Capo ufficio competente Foreign Office ha mostrato gradire spiegazioni fornite ed ha trovato soddisfacente in mancanza di meglio che nave in questione venga diretta a Marsiglia come convenuto.

2 Con T. 8285119 del 27 maggio Fransoni riproponeva l'ipotesi dell'accreditamento ad Amman del ministro al Cairo: «Invio ministro Baghdad non essendo prossimo, accreditamento console generale Gerusalemme essendo stato declinato, accreditamento Damasco e Beirut non sembrando opportuno data possibile evoluzione situazione politica Stati arabi, interessa conoscere se sarebbe gradito accreditamento Amman nostro ministro Cairo». 435 1 Vedi D. 428.

Egli ha peraltro pregato sottolineare a V.E. importanza che si attribuirebbe qui ad una nostra efficace collaborazione nella lotta contro emigrazione clandestina in Palestina. È piuttosto in questo senso, a mio avviso, secondo impressioni tratte nel corso della conversazione, che nostro atteggiamento potrebbe avere ripercussioni -naturalmente favorevoli -sulle relazioni italo-inglesi, nel quadro della politica di collaborazione nel Medio Oriente da V.E. auspicata e qui debitamente apprezzata.

Nel caso specifico Governo britannico si è convinto che esistono turpi speculatori (racket) di cui sono vittime stessi emigranti ed ha quindi deciso stroncare ad ogni costo. Nostro contributo a tal fine dovrebbe consistere nell'identificare bloccare e segnalare centri organizzativi in Italia oltre che impedire trasporto da terra alle navi quando possibile partenza delle medesime. Ultima segnalata è la più importante destinata tale traffico. Predetto funzionario ha anche tenuto assicurare che, per quanto impedito esprimersi apertamente per noti motivi di politica interna, Governo americano vedrebbe in definitiva di buon occhio questo nostro contributo alla soluzione delicata questione 2 .

434 1 Del 16 maggio, con il quale Formentini aveva dato istruzioni di presentire l'emiro Abdullah circa l'eventuale accreditamento ad Amman del ministro d'Italia al Cairo.

436

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 876/371. Ankara, 17 maggio 194 7 (per. il 2 4).

Telespresso n. 11/13890 del 3 maggio 1•

Ho subito intrattenuto questo ministro d'Iraq della questione della ripresa dei rapporti diplomatici italo-iracheni. Egli era già intervenuto in passato e interverrà nuovamente presso il suo Governo per indurlo a porre sollecitamente la questione sul terreno concreto. Mi farà sapere la risposta, appena gli perverrà. Non presume possano esservi difficoltà specifiche che particolarmente ci riguardino e spiega il ritardo frapposto nel dar corso all'iniziativa con le difficoltà generali della situazione interna irachena. Comunque, la circostanza che, oramai, l'Iraq è il solo dei Paesi arabi che non abbia attuato o in corso di attuazione la ripresa diplomatica con l'Italia, lo ha persuaso a dare al suo intervento carattere di urgenza.

435 2 Con T. s.n.d. 7766/244 del 20 maggio Sforza segnalava che il caso si era ripetuto con il piroscafo «Ana» che era giunto a Palermo da Marsiglia e che Charles aveva chiesto di non lasciar ripartire: «Tale pretesa comportava da parte nostra adozione provvedimenti soggetti a giustificata censura e avrebbe anche avuto come conseguenza di far sbarcare in Italia passeggeri imbarcati in altro Paese. Per l'uno c l'altro motivo sarebbero da attendersi reazioni internazionali particolarmente da parte opinione pubblica americana. E ciò mentre non mancano agli inglesi possibilità giuridiche e pratiche di diretto intervento. Nave è stata quindi lasciata partire dopo rifornimento carbone che le consente raggiungere soltanto più vicino porto estero (Tunisi o Malta). A nostro avviso non possiamo andare oltre quanto fatto nel caso del precedente e di questo piroscafo a meno che non si addivenga ad accordi internazionali per repressione tale traffico ciò che darebbe ai firmatari di detti accordi possibilità procedere legalmente secondo le stipulazioni convenute». 436 1 Non rinvenuto.

437

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. RISERVATO 6634/367. Washington, 19 maggio 1947, ore 8,35 (per. ore 8 del 20 ).

Mio 366 1•

Durante conversazione ho accennato a segretario generale questione articoli 53 e 107 dello Statuto. Egli mi ha manifestato suo parere personale circa preferibilità che questione non venga sollevata direttamente da noi ma da Potenze amiche. Ha aggiunto che la questione avrebbe poi dovuto essere studiata dai suoi tecnici, ciò che potrebbe indicare non esservi ancora in materia all'O.N.U. una interpretazione definitiva.

Ho intanto provveduto interessare Dipartimento di Stato conformemente istruzioni di cui al telespresso di V.E. del 7 corrente 2 .

438

IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

PROMEMORIA 811 SEGR. POL. Roma, 19 maggio 1947.

Si fa riferimento all'Aide Memoire dell'ambasciata britannica in Roma

n. 15/20/4 7 del 18 febbraio 1 .

La questione relativa alla eventuale permanenza in Italia, dopo il 90° giorno dell'entrata in vigore del trattato di pace, di missioni militari alleate è stata attentamente esaminata da parte del Ministero della difesa e del Ministero affari esteri. Essa era apparsa ad un primo esame suscettibile di conclusioni favorevoli e ciò anche in considerazione dello spirito di amicizia che, nel corso di una collaborazione durata vari anni, è sorto fra le Forze armate alleate e italiane. Tuttavia un più approfondito esame della questione ha messo in risalto taluni gravi inconvenienti che potrebbero derivare dallo stabilimento in Italia -a pace conclusa -di missioni militari e di istruttori militari alleati. Tali inconvenienti riflettono considerazioni tanto di ordine politico interno che internazionale, quanto di carattere morale e psicologico nell'ambito delle stesse Forze armate nazionali.

È parso pertanto al Governo italiano che non sia possibile dar corso a progetti del genere. Ciò non esclude naturalmente che in prosieguo di tempo, in relazione

Vedi D. 411. 438 1 Vedi D. 107, Allegato.

anche ad eventuali accordi generali che fossero concordati nell'ambito dello Statuto dell'O.N.U., possano essere stabiliti contatti di ordine tecnico.

Il Governo italiano non avrebbe invece difficoltà a che ufficiali italiani si rechino, se invitati, in Gran Bretagna, come già segnalato nel caso di funzionari della Polizia italiana.

437 1 Vedi D. 432, nota 2.

439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINII

Roma, 20 maggio 1947.

Col Governo in crisi ho voluto che gli uffici preparino una risposta -sia pure da me ispirata-alla sua del 12 3 . Eccola\ è per la continuità d'azione che le crisi non debbono interrompere. Ma come non aggiungerle alcunché di mio, rimanga io qui o no? La lettera ufficiale accenna a un mio pensiero sulla interdipendenza dei nostri problemi: ripeta, ripeta, che più saremo in Africa e più l'Inghilterra può essere sicura di noi; la Triplice insegna. Le mando il testo del mio discorso alla Camera del 12 maggio 5 . Non ho bisogno di ripetere a lei che è per me inconcepibile una politica araba nostra che non sia in pieno accordo colla Gran Bretagna. Lei lo sa; costì si ha fede in lei; lo faccia sentire. È da questo concetto che scorre l'opportunità di un'intesa scritta. Resti io o no qui, tengo a dirle che la sua collaborazione, leale e chiaroveggente, resterà uno dei miei ricordi più cari di questo periodo della mia vita.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI

Roma, 20 maggio 1947.

Ho ricevuto la sua lettera del 12 maggio (n. 1625). Ritengo anch'io che, dal punto di vista economico e finanziario, le possibilità per la Gran Bretagna di effettuare ulteriori diretti interventi a nostro favore siano da considerarsi per il momento esaurite con gli accordi

439 1 In A.C.S., Carte Sfòr::.a. 2 Autografa. ·

Vedi D. 425.

4 Vedi Allegato.

i Vedi D. 425, nota 2. A questo punto Sforza aveva scritto la seguente frase, poi cancellata: «la evidente sua estemporaneità (tre minuti prima non sapevo che dovevo parlare) accentuò l'impressione della Camera; donde il voto».

Menichella. Né abbiamo intenzione alcuna di sollevare nei prossimi colloqui itala-inglesi questioni del genere. In tale campo tuttavia la Gran Bretagna potrà, per lo meno indirettamente, compiere ancora opera utile nei nostri riguardi quando nostre richieste venissero presentate e discusse in sede internazionale e per esempio alla Banca e al Fondo di Bretton Wood (questioni inerenti alla stabilizzazione del cambio della lira -prestiti -elezione tredicesimo amministratore della Banca). Lo stesso dicasi per altre questioni di carattere economico elencate nella lettera di Grazzi n. 3547 del 19 aprile 6 Su questi punti converrà quindi riportare costì il discorso.

Approvo quanto da lei detto a Sargent in materia coloniale. Una politica araba dobbiamo necessariamente averla: essa ci è imposta dalle nostre stesse esigenze economiche e dalla nostra stessa posizione geografica -ed è una politica che non può non tener conto del risveglio che si manifesta ormai in tutti i Paesi arabi. Ella può peraltro assicurare il Foreign Office che esula perentoriamente dalle nostre intenzioni non solo l'idea di svolgere una politica araba in funzione anti-inglese, ma anche di svolgere una tale politica escludendo da essa una leale collaborazione con la Gran Bretagna. È peraltro evidente che tali intenzioni e desideri possono tanto più facilmente trasferirsi concretamente sul piano della realizzazione quanto più fra i due Paesi si creeranno e consolideranno interessi solidali. E qui penso appunto al fatto che la base del riavvicinamento e dell'amicizia itala-britannica nello stesso periodo della Triplice, in cui i due Paesi erano impegnati in opposti sistemi di alleanza, fu trovata proprio nella nostra inserzione nel sistema mediterraneo e africano da cui derivò quella comunità di interessi che consentì e determinò il successivo distacco dell'Italia dagli Imperi centrali. Sono ricordi del passato ma non per questo meno significativi ed istruttivi. Un'Italia completamente avulsa dall'Africa mancherebbe necessariamente di quella identità e comunità di interessi con le altre Potenze africane che in questo, come in ogni altro campo, costituiscono il fondamento concreto e quindi il più sicuro, della solidarietà fra i popoli. Quanto più effettiva sarà quindi la nostra inclusione in quel sistema di una equilibrata bilancia nel Mediterraneo cui ella accenna, tanto più sicura sarà la garanzia che in tale sistema ci muoveremo solidamente con gli altri cointeressati.

Pel resto mi richiamo alla considerazioni di carattere generale che le ho esposto nel telegramma del 14 u. s. (n. 239) 7 •

440

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, FRANSONI

L. 417/521411474. Parigi, 20 maggio 1947 (per. il 26).

Ti mando un'appunto sulla prima conversazione che ho avuto con Couve relativamente alla questione delle rettifiche di frontiera e ti sarò grato se vorrai farlo vedere al ministro.

Occorre tener presente che la situazione politica interna francese sta attraversando un momento particolarmente delicato per cui anche qui si desidera che sulla

439 '' Non rinvenuta. -Vedi D. 427.

518 questione venga tenuto il massimo riserbo. Anche la più piccola indiscrezione -specie in questa prima fase esplorativa delle conversazioni -rischierebbe di far cadere tutte le speranze (se ve ne sono!) di ottenere favorevoli risultati.

Non mancherò naturalmente di tenerti informato.

ALLEGATO

COLLOQUIO DELL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, CON IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DI FRANCIA, COUVE DE MURVILLE

APPUNTO. Parigi, 17 maggio 1947.

Rettifiche di frontiera

Ho detto a Couve che non avevo proposte da fargli, che il mio pensiero su Tenda e Briga gli era fin troppo noto: si era fatta una bestialità. Con lo spostamento della frontiera saremmo entrati in un periodo critico. Da parte del Governo italiano si farebbe il possibile perché la cosa non abbia ad incidere sui rapporti fra i due Paesi. Ci si rendeva conto delle difficoltà create al Governo francese dalla situazione interna. Certamente la cosa cambierebbe aspetto se dovesse essere regolata non oggi, ma fra un paio d'anni.

Couve: Pensate ad una revisione?

Quaroni: Certamente, dato che si tratta di una bestialità. Non avevo, comunque, ripetevo, proposte da fare. Tenesse presente lui che tutta la questione era basata su una frontiera strategica determinata dalla sfiducia, a sua volta creatrice di sfiducia: veniva così a costituirsi un elemento di disturbo permanente nei rapporti fra i due Paesi. Spettava quindi al Governo francese di tener presente la situazione e di dire che cosa poteva fare. Un gesto di fiducia che si concretasse in qualcosa che si potesse vedere sulla carta geografica ... mentre le rettifiche di cui si era fatto parola ad Arpesani riguardavano situazioni di notevole interesse locale, ma che sulla carta erano da cercare ...

Couve: ... con la lente.

Quaroni: Sono quindi passato all'esame delle carte (Moncenisio Vallestretta, slittovia di Clavière, Olivetta San Michele), spiegando l'importanza che i vari argomenti avevano. Poiché Couve sembrava accennare più particolarmente al Moncenisio, ho menzionato anche Tenda e Briga, pur finendo con il riconoscere che il Moncenisio incomincia a vedersi sulla carta.

Couve ha posto quindi il quesito del momento della realizzazione di questi accordi, prospettando l'ipotesi che essa avvenga dopo la ratifica del trattato. Al che gli ho fatto notare che conveniva distinguere la parte finanziaria che poteva considerarsi un accordo, dalla parte frontiere che rappresentava un atto unilaterale francese. Ad ogni modo la questione di opportunità del momento dipendeva dall'importanza delle concessioni. Se si faceva in un secondo tempo e cioè dopo la ratifica, il moussage della generosità francese potrebbe andare solo qualora si trattasse di fatto realmente grosso, altrimenti avrebbe reazioni distruttive dell'effetto psicologico che si vuoi raggiungere ai fini di una intesa. Per cui, tutto sommato, ritenevo fosse in linea di massima meglio cavarsi, con una ratifica, tutti e due i denti.

Couve mi ha detto allora che gli occorreva una settimana per studiare la questione, dopo di che mi avrebbe comunicato le precise intenzioni francesi. Gli ho risposto che non avevo fretta: in questo momento la Francia si trova in una situazione psicologica quale negli ultimi venti anni non si era mai presentata. Quanto

maggiore la generosità francese, tanto maggiori i frutti. La nostra posizione nei negoziati, sia nella parte economica come per quella politica, era difficile: avevamo da chiedere senza avere nulla da dare in cambio. Un gesto di fiducia avrebbe una ripercussione di portata inestimabile sia nei riguardi dell'opinione pubblica italiana che nei confronti del Governo.

Se avevo un consiglio da dargli era questo: superare le piccole soddisfazioni di amor proprio del momento, fare un atto di coraggio non burocratico, un atto di fede nell'avvenire.

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DONINI

T. 7806173. Roma, 21 maggio 1947, ore 17.

Banca Internazionale Bretton W oods deve ancora decidere se elezione tredicesimo amministratore esecutivo verranno indette prossimamente con votazione riservata gruppo nuovi Stati membri composto Italia, Turchia, Danimarca, Venezuela, Libano, Columbia (e eventualmente Australia) o verranno rimandate prossimo autunno con eventuale ammissione anche altri Paesi. Seconda alternativa sposterebbe possibilità elezione nostro candidato che oggi sembra acquisita. Nostra ambasciata Washington adoperasi far valere tesi che elezioni Banca dovrebbero seguire stesse modalità di quelle per Fondo Internazionale già indette non appena disponibili nuovi Stati membri per ammontare complessivo quattromila voti. Ambasciatore Tarchiani ha compiuto passi presso quell'ambasciata Polonia perché interessi amministratore esecutivo polacco presso consiglio Banca sostenere nostro punto di vista. Reazione passo è stata genericamente favorevole ma con riserva atteggiamento Jugoslavia, rappresentata da Polonia consiglio Banca.

Pregasi considerare opportunità svolgere presso codesto Governo analoghi passi facendo presente nuova situazione determinatasi a seguito accordi testè parafati a Belgrado.

442

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. Londra, 21 maggio 1947.

Ieri sera ho avuto un lungo colloquio con Sargent nel quale sono stati passati in rivista tutti gli argomenti attuali, con speciale considerazione a quelli da lei telegraficamente segnalatimi. Riassumo brevemente i punti essenziali dettando all'ultima ora per consegnare al corriere in partenza.

Non è poca qui l'inquietudine per la nostra nuova crisi di Governo che pare protrarsi nelle more di una competizione confusa e così lontana dall'atteso energico risveglio alla realtà che incalza. È questo un nuovo elemento di incertezza che non conferisce certo speditezza alla soluzione dei problemi esteri pendenti. Tutto il complesso della nostra situazione porta ad una inevitabile battuta d'arresto in attesa di chiarimenti ed affidamenti. Faccio del mio meglio per presentare i fatti nel modo più tranquillizzante, per quel pochissimo che so mancando di ogni informazione aggiornata, ma mi arrampico sui vetri.

Sargent mi ha ripetuto le sue assicurazioni circa l'appoggio britannico alla nostra domanda di entrata all'O.N.U., solo facendo presente che dovranno avere proceduralmente precedenza su di noi il Portogallo, la Transgiordania e l'Irlanda la cui ammissione è stata precedentemente respinta in seguito al mancato consenso russo.

Circa l'interpretazione degli articoli 53 e 107 della Carta delle Nazioni Unite, Sargent si è dimostrato perplesso, pur considerando che anche in caso di interpretazione a noi sfavorevole la nostra condizione d'inferiorità sarebbe stata non permanente ma limitata nel tempo dato che l'articolo 107, a cui si richiama in parte l'articolo 53, è compreso sotto il titolo «Transitional Security Arrangements». Comunque, non escludendo la fondatezza del nostro punto di vista, mi ha rimandato a Jebb, che è il capo dell'ufficio competente, per un più approfondito esame del caso in collaborazione con i consulenti giuridici.

Jebb, stamane avvicinato, mi ha detto che a suo avviso l'articolo 107, che appartiene alle misure di carattere transitorio, mira ad escludere la competenza del Consiglio di sicurezza nei rapporti con gli Stati ex nemici in fase di armistizio e comunque prima della firma del trattato di pace. In pratica egli considera fuori dubbio che quando noi entrassimo a far parte delle Nazioni Unite l'articolo 107 cesserebbe di avere vigore nei nostri confronti. Secondo lui anche l'articolo 53 decadrebbe qualora fossimo ammessi alle Nazioni Unite in quanto esso è connesso con l'articolo 107. Per la procedura non connessa all'articolo 107, ossia riferita al caso di <<accordi regionali», occorre tenere presente che tali accordi potrebbero solo sorgere previo consenso del Security Council. In linea generale egli conviene con noi che esiste incompatibilità fra il principio della parità di diritto tra i membri delle Nazioni Unite ed il contenuto dell'articolo 53.

Per maggiore sicurezza Jebb si è riservato di consultare gli esperti giuridici del Foreign Office, dopo di che sarà in condizione di farci conoscere la definitiva opinione del Governo britannico.

Circa la questione della ripresa dei nostri traffici con le colonie e riapertura delle filiali bancarie, Sargent mi ha riconfermato la buona disposizione inglese ripetendomi, come già le avevo riferito 1 , che ciò potrà più facilmente avvenire dopo la ratifica del trattato e quindi sarà oggetto di discussione e soluzione in occasione della sua visita a Londra. Non ritengo conveniente spingere ulteriormente l'argomento addentrandomi ora in proposte precise poiché, durante la sua permanenza a Londra, Menichella mi manifestò i suoi dubbi circa la opportunità di riprendere tali traffici in sterline e tanto meno in lire (dati i connessi pericoli valutari), giudicando conveniente la ripresa commerciale coi comprensori coloniali solo sulla base

di scambi compensati. Penso quindi opportuno che questo delicato problema sia impostato a ragion veduta e risolto dai tecnici che la accompagneranno a Londra. Nella elencazione degli argomenti da trattarsi ho pensato conveniente riferirmi alla possibilità di scambi in clearing.

Le accludo copia della lettera che ho diretto a Sargent 2 elencandogli le questioni che, secondo il mio parere personale e quindi non con carattere definitivo ed impegnativo, ritenevo da trattarsi nel corso della sua visita. Ho avuto una certa cura e prudenza nel wording onde dare un carattere elastico all'abbordo delle singole questioni. Circa il fatto essenziale (presa di contatto sulla questione coloniale) sia Sargent che Jebb mi hanno manifestato in linea generale una loro meno riservata inclinazione a delibare l'argomento da me proposto nel quadro di una possibile collaborazione italo-inglese in Mediterraneo e nei bacini finitimi.

L'incontro a Londra dei delegati supplenti per iniziare lo studio del futuro destino delle nostre colonie (anche prima della nostra ratifica) è tuttora in alto mare mancando ancora la designazione del delegato russo. Si prevedono lunghe discussioni complicate dal fatto che è stato in massima deciso di interpellare tutti i Paesi che hanno partecipato alle operazioni militari in Africa, il che (secondo Jebb) significherebbe sentire, oltre ai Domini, i greci, i polacchi e perfino gli jugoslavi. Si prevede che il viaggio nelle colonie della Commissione d'inchiesta (di cui farà parte il brigadiere Stafford per la Gran Bretagna ed il signor Utter per gli Stati Uniti) non durerà meno di cinque mesi. Si era pensato, per abbreviare i termini, di inviare due separate commissioni, ma il progetto pare abbandonato per non compromettere l'unità dei criteri.

Circa la ratifica americana, la quale è qui considerata de plano come necessaria premessa alla nostra ratifica, Sargent, allo stato attuale delle informazioni di cui dispone, ritiene che dovrebbe avvenire a fine mese o primi giugno, sì che la nostra Costituente dovrebbe avere il tempo per ratificare prima della chiusura dei suoi lavori.

Per quanto riguarda le previsioni future in connessione al fallimento della Conferenza di Mosca Sargent, pur rendendosi conto dello stato di agonia in cui l'Europa è tenuta dalla stasi di lavori che si prevede non riprenderanno fino a tardo novembre, non è in the long run eccessivamente inquieto.

Ritiene in definitiva che la Russia stia accumulando resistenze, difficoltà e dinieghi per farne oggetto di mercanteggiamento con l'America al fine di ottenere aiuti finanziari e forniture di cui «ha disperato bisogno». La Russia, sempre secondo Sargent, giudicherebbe che a novembre la situazione dovrebbe essere matura per barattare una sua più conciliante politica con la concessione di finanziamenti che potrebbe considerare parzialmente compensatori dei suoi claims sulle attività tedesche in Austria (principale ostacolo all'avviamento a conclusione di questa pace particolare) e sulla produzione corrente in tema di riparazioni.

È probabile che il gioco non sia così semplice, ma non è da escludersi che questo (unito alle ragioni generali di reazione alla politica forte di Truman) sia uno dei motivi e degli aspetti della resistenza negativa russa.

Ho chiesto a Sargent se la dichiarazione contenuta nel recente discorso di Bevin ed alludente ad un possibile mutamento della politica britannica in caso di fallimento della ripresa autunnale della Conferenza, implicasse un mutamento di rotta verso una più chiara e solidale politica nei nostri confronti. Mi ha risposto con calore che la politica inglese verso di noi è orientata fin d'ora in un senso che non potrebbe essere più favorevole.

Questi i punti salienti dell'incontro, avendo evitato di ripeterle quanto già detto nelle mie precedenti comunicazioni.

Inutile le dica con quale ansia e turbamento seguo lo svolgimento della nostra crisi e come speri, innanzi tutto, che la continuità della sua opera al governo delle cose estere ci sia conservata.

ALLEGATO

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI BRITANNICO, SARGENT

Londra, 20 maggio 1947.

Following our recent conversation and in accordance with the wish you expressed to me on that occasion, I take the liberty of bringing to your notice some of the subjects which, in my personal belief could be usefully dealt with during the approaching visi t of the Italian Minister of Foreign Affairs.

I trust that this list, which is of a private and purely indicative nature and could naturally be integrated by any further elements which might be discussed with mutuai advantage, could in the meantime serve as guidance for the competent Departments' preliminary study.

l) Italian admission to the United Nations. 2) Colonia! problem in the light of future Anglo-Italian collaboration. 3) B.M.A. policy in the Italian colonies. 4) Resumption of trade between ltaly and the Colonies on a clearing basis. 5) Reopening of branches in the Colonies of Italian banks in the interest of !oca! economy; release of Italian citizens' bank accounts. 6) Consent to the return to the Colonies of families of Italian breadwinners already resident there and of those ltalians whose activity would contribute to the economy of the colonies. 7) Restitution of the quota of the Italian Navy allotted to Great Britain in view of disposing of same, under British contro!, for scrapping. 8) Demolition and employment of materials for civilian use of the ltalian submarines, the sinking of which is foreseen by the Peace Treaty. 9) Consideration, in the drafting of the German peace, of the vita! ltalian economie and politica! interests connected with the reconstruction of Germany. IO) Resumption of trade between Italy and Germany to be furthered by positive support to the Italian economie Delegation a t Minden. Il) Restitution of the gold belonging to the Bank of ltaly found by Allied Forces. 12) Restitution of ltalian property removed by the Germans. 13) Reopening of Italian consular offices in the British zone of occupation in Germany. 14) Development of commerciai exchanges between Italy and the countries of the sterling area in view of attaining the maximum utilisation of ltalian sterling balances in connection also with the conversations taking piace in Rome (Lintott Mission). 15) Waiver of provisions contained in annex X (artide l) and in annex XIV (article l) of the Peace Treaty relating to property of the Bank of Italy and the Institute of National reconstruction (IRI). 16) Return to ltaly of ships sunk in North Africa and salvaged after the Armistice of September 1943. 17) Revision of the criteria for the implementation of the provisions of the Peace Treaty concerning industriai, literary and artistic property in the light of the Neuchatel agreement of 8th February 1947. 18) Defmition of the question conceming the restitution t o ltaly of the ltalcable network. 19) Reconsideration of the quota of compensation for damages to United Nations' property in ltaly. 20) Problems arising from the economie, financial and currency relations between ltaly and the Free Territory of Trieste. 21) Displaced persons in Italy.

442 1 Vedi D. 425.

442 2 Vedi Allegato.

443

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1223/208. Mosca, 21 maggio 1947 (per. il 28).

Precisando quel che ho riferito col telegramma n. 218 del 17 maggio corrente mese 1 , mi onoro comunicarle che non appena ricevuto la lettera 7 maggio della

S.V. 2 sull'argomento, ho chiesto udienza al vice ministro Vyshinsky, il quale mi ha pregato però di rivolgermi al vice ministro Malik. Sono stato subito ricevuto da quest'ultimo\ che mi ha spiegato come Vyshinsky fosse nell'imminenza di partire per un congedo e quindi momentaneamente impedito, aggiungendomi che durante le vacanze, egli l'avrebbe sostituito per gli affari italiani. Non sembra tuttavia arrischiato supporre che Vyshinsky, non desiderando portare la conversazione su temi più generali e più impegnativi sui quali l'avevo intrattenuto in un precedente colloquio, ha preferito evitarne un secondo a breve scadenza; e ciò può avere la sua importanza per valutare in generale gli umori russi nei nostri riguardi.

A Malik ho illustrato lo spirito di pacifica collaborazione che animava la nostra domanda di ammissione all'O.N.U. manifestando la nostra fiducia nell'appoggio dell'Unione Sovietica; mi sono poi soffermato sul rapporto fra la domanda stessa e la ratifica del trattato di pace, nonché sulla inapplicabilità degli artt. 53 e 107 nei nostri riguardi dopo l'ingresso all'O.N.U.

Secondo il quasi costante sistema del Ministero degli esteri, Malik si è riservato di riferire, non mancando di mettere in rilievo la particolare importanza del nostro passo e la necessità di un accurato esame; era a suo avviso la prima richiesta del genere fatta da un Paese ex nemico (sul quale punto ho avuto buon gioco a ricordargli il precedente dell'Ungheria).

Personalmente, Malik si è limitato a due rilievi: ha cercato anzitutto di evitare una risposta anche per l'avvenire, dichiarandomi a tutta prima che considerava il mio passo come una semplice comunicazione; al che ho risposto precisando che avrei gradito conoscere l'opinione del Governo sovietico. In un secondo momento poi, e a titolo del tutto personale, Malik ha aggiunto di avere l'impressione che tutto

2 Vedi D. 412, nota l.

3 Il 16 maggio.

fosse subordinato (egli intendeva dire: anche la presa di posizione sovietica) alla previa ratifica del trattato di pace.

Di più, benché il colloquio sia stato assai lungo e cordiale, non si è potuto ricavare: alla fine della conversazione ho consegnato a Malik un pro-memoria riassuntivo4.

Aggiungo alcune considerazioni:

l) Seguendo il suggerimento accennato nella lettera della S.V., non ho creduto opportuno far cenno a Malik, quale motivo sia pure soltanto giuridico della nostra domanda, del pericolo che nell'intervallo fra il ritiro delle truppe alleate e l'ingresso nell'O.N.U. l'Italia rimanesse esposta ad iniziative ostili di uno Stato ex nemico. È chiaro che un tale accenno, per quanto mi fossi sforzato di prospettarlo nella via più teorica ed astratta, non avrebbe potuto non essere interpretato come un evidente riferimento ad azioni di forza della Jugoslavia contro di noi. Una simile implicita allusione, a mio avviso, sarebbe stata sommamente inopportuna e mal ricevuta qui, e tale da non orientare certo l'Unione Sovietica a favore della nostra richiesta. Aggiungo che sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista politico, secondo la mia opinione personale, una preoccupazione grave non dovrebbe esistere al riguardo. Male si concepisce una azione jugoslava contro di noi che non parta da Trieste o non comprometta quanto meno, la situazione di Trieste; ma il Territorio Libero è sotto diretta sorveglianza del Consiglio di sicurezza, il diritto e l'obbligo di difenderne l'integrità spetta ed incombe a ogni membro dell'O.N.U. e in modo speciale a ciascuno dei Quattro Grandi. Siamo noi o no ammessi all'O.N.U. ciò è indiftèrente per fare di ogni mutamento in quella zona un motivo di intervento delle Nazioni Unite.

D'altro lato, il pericolo derivante dal ritiro delle truppe alleate è stato prospettato proprio dagli Stati Uniti. È stato Marshall a parlare della situazione esplosiva di Trieste, e alla Commissione del Senato degli U.S.A. la eventualità di un colpo di mano nella Venezia Giulia è stata discussa. Vi è dunque a questo riguardo non soltanto un dubbio teorico giuridico, ma una preoccupazione politica pubblicamente manifestata, e di origine americana; non potremmo mai evitare, accennandola noi ai russi, il sospetto di !asciarci guidare strettamente dalla visione statunitense della situazione. E la situazione, a mio avviso, non giustifica quei timori: la Russia ha troppo interesse ad evitare occasioni e pretese di conflitto, per consentire o anche soltanto per tollerare tale avventura. Che la Russia abbia oggi tutto l'interesse e la corrispondente volontà di evitare conflitti e occasioni di conflitti, è forse il solo elemento universalmente considerato qui come sicuro della situazione generale; per ciò che riguarda i riflessi di tale linea di condotta sui nostri confini orientali, lo stesso atteggiamento della Jugoslavia verso di noi, dalla ripresa delle relazioni diplomatiche all'accordo commerciale a certi atteggiamenti sul problema di Trieste, ne è conferma. Penso pertanto che il periodo di vacanza fra il ritiro delle truppe e il nostro ingresso all'O.N.U. sarebbe giuridicamente insignificante e politicamente poco pericoloso. Comunque si pensi di ciò, mi pare chiaro che i sovietici sarebbero stati gli ultimi a gradire un simile accenno, come giustamente la S.V. ha rilevato.

2) Resta a vedere se, quando e come la Russia risponderà. Una risposta prima

o poi verrà, e non potrà essere negativa nella sostanza: non ve ne sono le ragioni, e certo l'U.R.S.S. non intende assumere verso di noi una posizione così ostile e così impopolare. Tuttavia il Governo sovietico non ha alcun visibile interesse a rispondere subito, ed ha tutto il mezzo per graduare nel tempo e nel modo la sua risposta. Potrebbe ad esempio, in un primo tempo trincerarsi dietro la necessità della ratifica, subito accennata da Malik; in un secondo, rimanere evasivo, volendo, sulla interpretazione degli artt. 53 e 107, in modo da riservarsi libertà di azione per il futuro e da svuotare un po' di contenuto pratico la sua adesione in linea di principio. Potrebbe pure attendere la presentazione di analoghe domande della Finlandia, della Bulgaria e della Romania, oltreché dell'Ungheria; e su tutte dare il suo avviso all'ultimo momento, per riservarsi una certa libertà di manovra a seconda delle circostanze.

È difficile prevedere quale di tali vie seguirà l'Unione Sovietica; ma è altrettanto difficile supporre che essa approfitti di questa occasione per fare una manifestazione ufficiale di simpatia nei nostri riguardi. Ciò costituirebbe una sorpresa, perché tutto fa ritenere invece che l'attitudine dell'U.R.S.S. di fronte all'Italia sia oggi di prudente e direi pure, di diffidente riserva. Non bisogna sopravalutare a tal proposito l'atteggiamento evasivo ed ermetico che i suoi rappresentanti responsabili hanno tenuto di fronte alle avances fatte da me, e prima di me dall'ambasciatore Quaroni: ciò appartiene anche alla tecnica della diplomazia sovietica, sempre assai prudente ed estremamente formale. Tuttavia, da tutte le manifestazioni anche pubbliche dell'U.R.S.S. verso il nostro Paese, appare chiaro che i russi temono e ritengono di vedere un orientamento sempre più netto della nostra politica estera verso gli Stati Uniti, che suscita quella loro diffidenza. La stampa sovietica non si occupa, si può dire, dell'Italia, se non per rilevare manifestazioni sgradevoli nei suoi riguardi (ad esempio, interrogazione Cortese sui prigionieri di guerra) o per dar notizia di segni dell'invadenza del capitale americano nel nostro Paese. Lo stesso viaggio delle donne sovietiche in Italia, così largamente ricevute anche dalle massime personalità dello Stato italiano, è stato oggetto di assai scarne corrispondenze, e il solo commento al riguardo è stato un aspro attacco di Novoe Vremia all'Italia Nuova per avere messo in giro la voce di un forte acquisto di gioielli da parte di componenti della missione.

L'attuale crisi governativa dà occasione a questo leit mot(f di svolgersi pienamente. Nelle notizie, si mette oggi in rilievo che Il Popolo pretenderebbe da Nitti, come premessa necessaria alla formazione di un governo «una chiara risposta alle domande connesse dagli americani alla proposta di un nuovo prestito»; si riproduce la frase dell'Avanti, «l'Italia ha bisogno di assistenza, ma non è in vendita»; si afferma che la stampa di destra continua una campagna per «accordare garanzie» agli Stati Uniti. Nei commenti, vi è la tendenza a collegare la crisi italiana alla crisi francese, entrambe qualificate quali anelli della catena di atti che realizzano la politica di Truman in Europa. Non sarà facile dissipare queste prevenzioni: giacché i russi credono soprattutto ai fatti ed alle interpretazioni che essi ne danno e poco alle spiegazioni altrui.

Questi rapidi accenni non vogliono certo esaurire l'esame dei nostri rapporti con la Russia: il pericolo di quel distacco sempre maggiore, che la Russia teme, le dovrebbe precisamente suggerire di adottare, con gli inevitabili sacrifici, una linea di condotta più comprensiva nei nostri riguardi, ed è in questo senso che dovrebbe indirizzarsi pazientemente la nostra difficile e lenta opera di persuasione. Ai fini limitati della mia comunicazione di oggi, e cioè dell'atteggiamento presumibile della Russia nei riguardi della nostra domanda all'O.N.U. basti avere accennato al momento psicologico contingente, in cui essa indubbiamente cade.

443 1 Con tale telegramma Brosio aveva anticipato le notizie contenute nel presente documento.

443 4 Non pubblicato.

444

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 8031/295. Roma, 22 maggio 1947, ore 22,30.

Suo 074 1•

Mentre mi riservo formulare osservazioni del caso in merito forfait progettato, dopo sentiti organi competenti, rilevo che da parte americana non è stata sinora presentata alcuna proposta per regolamento status truppe durante periodo novanta giorni. Poiché accordo con inglesi è pronto in ogni sua parte e verrà presentato come accordo per ritiro truppe britanniche, mancata stipulazione analoghe intese con Stati Uniti potrebbe prestarsi arbitrarie interpretazioni. Pregola rappresentare costì quanto precede anche in relazione passi già fatti a seguito mio 192 2 .

445

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 6822/373. Washington, 23 maggio 1947, ore 12,35 (per. ore 8 del 24). Seguito mio 366 1•

Consiglio di sicurezza ha ieri preso in esame nostra domanda ammissione

O.N.U. Delegato australiano ha mosso obiezioni di principio come già nel caso domanda ungherese (telespresso 1133) 2 , osservando che esame avrebbe dovuto seguire ratifica trattato pace. Obiezione australiana è stata respinta e Consiglio ha votato all'unanimità di dieci a zero con astensione Australia, invio domanda italiana a Comitato per ammissione nuovi membri.

2 Vedi D. 129, nota 2. Per la risposta di Tarchiani vedi D. 455. 445 1 Vedi D. 432, nota 2.

2 Non rinvenuto.

444 1 Vedi D. 280, nota 3.

446

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 6824/375. Washington, 23 maggio 1947, ore 17,30 (per. ore 8 del 24).

Seguito telegramma 369 1 .

A quanto conferma stamane Dipartimento di Stato in riunione testé avuto luogo tra delegati dei Quattro al Consiglio sicurezza, reciproche opposizioni circa noti rispettivi candidati avrebbero attualmente escluso possibilità immediato accordo Quattro per nomina governatore Trieste.

Secondo Dipartimento di Stato, il quale peraltro attende dettagliato resoconto riunione, vi sarebbe ora alternativa: o cercare nuovi candidati o rimettere decisione a intero Consiglio sicurezza che voti a maggioranza come per questioni procedurali; eventualità quest'ultima che si mostrava quasi preferire.

Ciò stante, ove Governo avesse eventualmente in vista qualche possibile nuova candidatura e si ritenesse opportuno fare al riguardo tentativo presso Dipartimento di Stato, prego V.E. volermene informare d'urgenza.

447

L'ONOREVOLE LOMBARDO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 6825/376. Washington, 23 maggio 1947, ore 17,50 (per. ore 8 del 24).

Ritengo mio dovere attirare attenzione V.E. su gravi ripercussioni recenti articoli Togliatti 1 ambienti Governo americano particolarmente Dipartimento di Stato.

Tale articolo viene considerato ingiurioso per il popolo americano, data importanza Partito comunista nella vita politica italiana e situazione personale Togliatti (notevole è stata impressione provocata ambienti finanziari da corrispondenza romana settimanale Time del 5 maggio scorso).

Articolo Togliatti ritenuto inoltre manifestazione italiana politica sovietica anti-americana e rischia provocare gravissime ripercussioni su trattative economiche in corso tra l'Italia e Stati Uniti d'America.

Attiro l'attenzione di V.E. su fatto che è difficile per noi chiedere Stati Uniti sempre più ampi finanziamenti ed aiuti economici mentre segretario generale di un partito condividente responsabilità Governo fa apprezzamenti ingiuriosi confronti N azione americana.

Attiro anche l'attenzione di V.E. su sfavorevole impressione destata da prolungamento crisi Governo italiano mentre nostro Paese attraversa grave crisi economica. Crisi ritarderà indubbiamente eventuali aiuti americani oltre che indebolire notevolmente prestigio Italia tra opinione pubblica Stati Uniti d'Amercia.

446 1 Del 21 maggio. con il quale Tarchiani aveva comunicato che il Dipartimento di Stato si opponeva alla nomina a governatore di Trieste del generale norvegese Ruge e che il candidato preferito era il generale svizzero Guisan. 447 1 In un'intervista radiofonica rilasciata il 18 maggio. l'ex sottosegretario di Stato americano Sumner Welles aveva accusato il Partito comunista italiano di ricevere ingenti aiuti finanziari da Mosca. Togliatti aveva risposto aspramente con un articolo apparso su l'Unità del 19 maggio e intitolato «Ma come sono cretini», articolo dal tono polemicamente antiamericano. Lo stesso 19 maggio Togliatti aveva anche inviato a Wellcs il seguente telegramma: «Gli Stati Uniti hanno vinto l'Italia fascista. Questa vittoria, a cui gli italiani hanno dato un notevole contributo, non attribuisce però a nessun uomo politico americano il diritto di ingiuriare uomini politici italiani di qualsiasi parte. Secondo quanto l'agenzia Reuter comunica in Italia, ella ha affermato che alti funzionari italiani avrebbero le prove che io ricevo denaro da una Potenza straniera. Ella è tenuta a dare immediatamente e pubblicamente la prova di questa sua affermazione ed io la invito a farlo. Se non lo fa tutte le persone oneste di tutto il mondo hanno il diritto di pensare che ella è un mentitore e un calunniatore>>.

448

L'ONOREVOLE LOMBARDO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA (1)

T. S.N.D. PERSONALE 6826/377. Washington, 23 maggio 1947, ore 18,54 (per. ore 13,15 del 24). Seguito telegramma 376 2•

Contegno americano confronti delegazione, nettamente favorevole giorni precedenti è ora mutato in prudente riserva.

Mi risulta che è stato consigliato da fonte ufficiale a giornalisti americani di non accennare a lavori missione economica italiana. Comunicato diramato Dipartimento Stato circa scopi trattative non è stato riportato dai principali giornali americani, quando stessi quotidiani avevano dato ampio rilievo a arrivo missione ed a necessità solleciti adeguati aiuti all'Italia.

Parte americana che all'inizio dei lavori aveva ripetutamente dimostrato desiderio accelerare trattative, cerca ora prolungare discussioni.

Questione trattato di amicizia commercio e navigazione che su espressa insistenza americana era stata inclusa agenda lavori, per esaminare almeno lato tecnico, non venne più menzionata nel comunicato Dipartimento di Stato. Da precise informazioni avute tali mutamenti nostri confronti sono avvenuti esclusivamente seguito vasta ripercussione articolo Togliatti ambienti governativi americani. Tale fatto ha annullato il notevole vantaggio ottenuto quando missione riuscì fare

Vedi D. 447.

iscrivere agenda esame situazione economica italiana, base indispensabile per sollecito rilascio ogni ulteriore rapido aiuto.

Ho ritenuto opportuno segnalare V.E. quanto precede affinché ella stessa possa giudicare delle gravi conseguenze che ha, e ancora avrà, sulle trattative in corso il noto articolo 3 .

448 1 «Con preghiera di comunicare a Grazzi».

449

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DE NOBILI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 68781132. Bruxelles, 24 maggio 1947, ore 14 (per. ore 18).

Suo 7699 1• In occasione visita presidente Spaak, gli ho accennato questione nostra ammissione O.N.U. pur non avendo ancora ricevuto istruzioni annunciate. Egli mi ha obiettato a titolo personale che trattato di pace con l'Italia non essendo stato ratificato, domanda avrebbe potuto incontrare difficoltà. Ciò coincide con notizia Reuter apparsa posteriormente colloquio circa decisione presa Consiglio sicurezza.

450

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6871/100. Il Cairo, 24 maggio 1947, ore 14,14 (per. ore 18).

Questo sottosegretario di Stato agli affari esteri mi ha detto che Governo egiziano attende nostra comunicazione ufficiale circa avvenuta approvazione da parte Assemblea costituente accordo Parigi sulle riparazioni, di cui si è qui avuto notizia il 12 corrente attraverso le agenzie stampa.

Ha aggiunto che si attende tale comunicazione per sottoporre accordo al Parlamento egiziano ed accelerare i tempi per la ripresa delle normali relazioni diplomatiche 1 .

449 1 Con T. 7699/c. del 19 maggio Fransoni aveva informato della trasmissione della domanda di ammissione dell'Italia all'O.N.U., avvenuta il giorno stesso. 450 1 Con T. 8129/98 in pari data Grazzi comunicava che il 12 maggio la Costituente aveva approvato l'accordo itala-egiziano e che si era iniziata la procedura per lo scambio delle ratifiche.

448 3 Vedi DD. 452 e 453.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A N ANCHINO, MIZZAN

T. 8087-8088-8089/61-62-63. Roma, 24 maggio 1947, ore 17.

Mio 57 1 .

Per desiderio questa ambasciata di Cina, cui ben volentieri abbiamo aderito, si sarebbe convenuto di separare questione risarcimento danni e conseguente rinuncia art. 79 che figurerebbe in accordo formale da sottoporre ratifica Costituente, da questione nostri beni demaniali costì, che sarebbe risolta mediante scambio lettere. Le telegrafo [di seguito] testo progetto accordo e testo progetto lettera. Su entrambi questa ambasciata Cina sembra concordare.

V.S. voglia interessare codesto Ministero affari esteri affinché proposte suddette vengano favorevolmente accolte e ambasciata qui riceva sollecite istruzioni per conclusioni accordi. V.S. voglia mettere in rilievo spirito amicizia che ispira nostra rinuncia beni Marina, e fiducia da parte nostra che nostre richieste, contenute nei limiti più stretti, incontrino pari comprensione ed amicizia da parte cinese. Voglia, ove necessario, sottolineare che maggiori nostre rinunce o minori concessioni da parte cinese renderebbero impossibile per Governo difendere accordo di fronte opinione pubblica e Assemblea costituente: su testi progettati, i quali sono il risultato di lunghe trattative con questa ambasciata di Cina, codesto Ministero affari esteri dovrebbe inviare suo benestare senza chiedere ulteriori modificazioni.

Lascio a V.E., ove lo ritenga opportuno, lasciare intendere codesto ministro

o vice ministro che sarebbe vivo desiderio dell'ambasciatore Fenoaltea -il cui ritorno costì è imminente -di vedere concluso accordo prima della sua partenza, anche per potersi dedicare costì, risolte questioni ora in discussione, a lavoro costruttivo in vista Trattato stabilimento e commercio da noi vivamente auspicato.

Progetto accordo.

«Premesso che il Governo cinese ha dichiarato tramite la propria delegazione a Parigi di non avere intenzione di chiedere al Governo italiano indennizzi o riparazioni per danni e perdite subiti dalla Cina a causa della guerra ed ha dichiarato di voler limitare la sua domanda al risarcimento dei danni subiti dai nazionali cinesi in Italia ed alla spese sostenute per il mantenimento dei nazionali italiani in Cina:

l) Il Governo italiano si obbliga a pagare al Governo cinese: a) dollari americani 18.498 per rimborso delle spese sostenute dal Governo ·cinese per il mantenimento degli italiani internati in Cina durante la guerra; b) lire italiane 100.000.000 per risarcimento di danni e perdite subite da nazionali cinesi in Italia.

451 Vedi D. 398.

2) A seguito di tale pagamento il Governo cinese riconoscendo soddisfatte le sue richieste dichiara che non intende avvalersi delle facoltà di cui all'art. 79 del Trattato di pace firmato a Parigi il IO febbraio 1947.

3) Il presente accordo sarà ratificato e gli strumenti di ratificazione saranno scambiati a Roma al più presto possibile.

L'accordo entrerà in vigore il giorno stesso dello scambio delle ratifiche».

Progetto lettera.

«Ho l'onore di comunicare alla E.V. che il Governo italiano chiede in modo particolare che siano esplicitamente posti fuori di ogni contestazione i diritti di proprietà italiana sui seguenti beni immobiliari:

l) fabbricati e terreni delle sedi consolari in Shanghai, Tientsin e Hankow;

2) fabbricati e terreni dei circoli italiani in Shanghai e Tientsin e loro annessi;

3) i fabbricati compresi nell'antico compound dell'ambasciata d'Italia a Pechino. (Compound della Guardia escluso). Il Governo italiano chiede che il Governo cinese, nello spirito dell'amicizia che ispira i rapporti fra i due Paesi, gli conceda il diritto di continuqre ad usare, per scopo ufficiale, il terreno assegnato al Governo italiano nel quartiere diplomatico di Pechino su parte del quale sorgono tali fabbricati.

Il Governo italiano ritiene che debba considerarsi inteso che le proprietà private italiane in Cina continueranno ad essere rispettate alla pari delle proprietà private dei cittadini dei Paesi alleati e neutrali».

La lettera dell'ambasciatore di Cina dovrebbe ripetere quanto sopra aderendo a nome del suo Governo.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATA A WASHINGTON

T. 8093/298. Roma, 24 maggio 1947, ore 16.

Per Lombardo da Nenni.

«Comunicato tuo telegramma1 interessati richiamando loro attenzione sul fondo del problema. Può darsi che generalizzazione di cui ti lagni sia stata inopportuna. È pertanto chiaro non risponde alcun piano determinato ma costituisce reazione spontanea a stupida e odiosa provocazione.

Nostri amici sono come noi coscienti necessità facilitare accordi e intese con America evitando non solo inutili polemiche ma atteggiamenti politici suscettibili suscitare sospetti. Loro atteggiamento crisi è chiara conferma tali propositi. Fraterni auguri».

452 1 Vedi D. 447.

453

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, REALE, ALL'AMBASCIATA A WASHINGTON

T. S.N.D. 8216/303. Roma, 26 maggio 1947, ore 20,30

Personale per lvan Matteo Lombardo.

«Avuta comunicazione tuo telegramma 1 . Sono molto stupito del suo contenuto che mi spiego solo con la influenza su di te dell'ambiente pogromistico anticomunista americano. Nel mio articolo non vi è nessun attacco alle correnti anticomuniste e ciò allo scopo di respingere volgare ingiuria rivolta contro di me dal signor Sumner Welles. Non esiste in noi nemmeno la più lontana intenzione di sabotare il tuo lavoro, ma non lasceremo mai ingiuriare da nessuno un partito come il nostro e quindi tutti i nostri operai e tutto il nostro Paese. Mia reazione a Sumner Welles ha del resto suscitato favorevole impressione in tutta la stampa italiana e nell'opinione pubblica. Credo sarebbe tuo compito non solo per solidarietà nazionale ma per motivi politici anche più elevati spiegare costì a fondo che il nostro partito è un partito nazionale e democratico, che ha radici insopprimibili, che sarà sempre più forte, e contro il quale è ridicolo e a tutti dannoso credere di poter lottare con strumenti spregevoli come quelli usati dal signor Sumner Welles e dagli altri anticomunisti di costì. Saluti e auguri. PALMIRO ToGLIATTI».

454

IL CAPO DEL SERVIZIO AFFARI GENERALI, MASCIA, ALL'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DE NOBILI

T. 8217/108. Roma, 27 maggio 1947, ore 9,30.

Telegramma V.E. n. 132 1 .

Obiezione fattale da presidente Spaak era stata prevista da questo ministero che peraltro decise presentare ugualmente domanda ammissione, nella legittima presunzione che trattato di pace sarà ratificato anteriormente a riunione Assemblea generale O.N.U. del prossimo settembre che dovrà decidere su nostra richiesta. Questo ministero ha inoltre tenuto presente difficilissima situazione in cui nostro Paese-se non fosse membro O.N.U. -verrebbe a trovarsi, in base ad articoli 53 e 107 Statuto Nazioni Unite, dopo evacuazione truppe alleate, esposto come

sarebbe ad eventuali azioni di forza previste da predetti articoli, senza protezione Consiglio sicurezza Nazioni Unite.

Comunque ambasciata Washington informa che Consiglio sicurezza ha respinto ad unanimità obiezione australiana analoga a quella prospettatale da Spaak e ha deciso inviare domanda italiana a Comitato per ammissioni nuovi membri.

453 1 Vedi D. 447. Per la risposta vedi D. 457. 454 1 Vedi D. 449.

455

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 6997/379. Washington, 27 maggio 1947, ore 9,52 (per. ore 9 del 28).

Vostro telegramma 2951 .

Dipartimento di Stato, nuovamente interessato, assicura schema di accordo per ritiro truppe americane verrà inviato tra pochi giorni a codesta ambasciata Stati Uniti d'America che provvederà consegna. Ritardo è stato confidenzialmente attribuito al Dipartimento della guerra il quale aveva tenuto in sospeso schema in attesa decisione circa noto forfait per requisizione durante periodo novanta giorni.

Dipartimento di Stato ha aggiunto che schema americano sarebbe in gran parte simile ad accordo con inglesi.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'ONOREVOLE LOMBARDO, A WASHINGTON

T. 8277/305. Roma, 27 maggio 1947, ore 18.

Telegramma ministeriale n. 288 1•

In riunione interministeriale 26 corrente amministrazioni interessate impegnatesi presentare entro brevissimo termine almeno quelle osservazioni di massima sia generali che per articoli singoli, che, trasmesse V.S., la porranno in grado non

sottrarsi esame generico progetto, facendo così constatare nostra buona volontà ma anche convenienza trasportare trattative più approfondite a Roma. Frattanto voglia V.S. far rilevare appunto per approfondire studio progetto ci mancano taluni elementi essenziali quali:

l) la conoscenza di quelle modifiche ed emendamenti nonché clausole sospensive di esecuzione provvisoria in materia commerciale e valutaria, espressamente riservate nel trasmetterei testo in esame da questa ambasciata americana con nota 6 corrente;

2) poiché progetto significa sostanzialmente nostra incondizionata adesione principi I.T.O. tuttora in corso discussione Ginevra, le contropartite che possono essere intraviste per mettere nostra economia in grado adattarsi impegni risultanti da parte nostra.

Ciò stante, e sempre per far constatare nostra buona volontà, ella potrebbe addirittura prospettare opportunità conclusione, nelle more delle trattative, di un modus vivendi provvisorio che si richiami scambio lettere Byrnes-Tarchiani tenendo massimo possibile conto lineamenti forniti a V.S. prima della sua partenza.

455 1 Vedi D. 444. 456 1 Vedi D. 431, nota l.

457

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, REALE

T. S.N.D. PERSONALE 6981/380. Washington, 27 maggio 1947, ore 17,12 (per. ore 23 ).

Trasmetto seguente telegramma:

«Palmiro Togliatti segretario P. CI

Non subisco influenze constato conseguenze. Purtroppo irritazione risentimento causati noto articolo si ripercossero visibilmente su andamento negoziazioni. Tuo telegramma Sumner Welles 1 non offese alcuno semmai tornò forse gradito taluni alti ranghi. Tuo articolo offese ingiustamente tutti causa generalizzazioni ingiuriose coinvolgimenti tutto un popolo. Da testo trasmesso A.N.S.A. e altre agenzie impossibile rilevare finezza tuo distinguo. Ripeto a tutti sino a sazietà argomenti contenuti ultima parte tuo telegramma2 , anche perché ne sono personalmente convinto. Inoltre sono sempre insorto contro chiunque abbia offeso purezza convinzioni e ideologie. Perciò apprezzo tuo telegramma Sumner Welles ritenendo tuttavia indigeribili generalizzazioni tuo articolo. Ricambiati saluti. LOMBARDO».

457 1 Vedi D. 447, nota l. 2 Vedi D. 453.

458

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 7003/381. Washington, 27 maggio 1947, ore 19,10 (per. ore 9,30 del 28).

Seguito telegramma n. 304 1 .

Dipartimento di Stato informa confidenzialmente di aver appreso stamane in via breve da questa ambasciata inglese che Governo sovietico aveva testè risposto affermativamente a noti passi britannici circa riunione Londra Comitato supplenti per questione coloniale. Governo sovietico aveva anche notificato di aver nominato quale supplente proprio ambasciatore Londra; ma, a quanto sembrava, non avrebbe ancora designato proprio commissario o esperto in costituenda Commissione di inchiesta per sopraluogo.

Dipartimento di Stato attendeva peraltro ricevere o da ambasciata S.U. d'America a Londra o da questa rappresentanza britannica comunicazione ufficiale di conferma nonché informazioni circa data riunione Comitato supplenti. Si è riservato fornirci al riguardo ulteriori notizie.

Provvederò prossimi giorni insistere nuovamente con Dipartimento di Stato per nostra consultazione sia in Comitato supplenti sia in Commissione di inchiesta. In merito gradirei ogni utile indicazione.

459

IL RAPPRESENTANTE A VIENNA, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7043-7044/162-163. Vienna, 28 maggio 1947, ore 22 (per. ore 8 del 29 ).

Ho consegnato oggi al ministro degli affari esteri austriaco memorandum italiano 1 in risposta a quello austriaco circa il regolamento delle opzioni degli alto-atesini. Gli ho aggiunto, come avevo del resto avuto occasione di esprimere al cancelliere, che era intendimento del Governo italiano risolvere al più presto la questione degli optanti e pertanto normalizzare la situazione Alto Adige.

459 1 Vedi D. 419, Allegato. Coppini aveva portato con sé tale documento rientrando in sede da Roma, dove si era trattenuto dall6 aprile al 22 maggio per seguire i lavori congiunti del Ministero degli esteri e della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi a tale argomento.

Gruber, che si è dimostrato molto grato per disposizione italiana portare a rapido compimento accordo, ha assicuratomi farà conoscere suoi eventuali rilievi nel più breve tempo possibile.

Ministro Gruber si è mostrato tutt'altro che ottimista circa la possibilità che attuale riunione delegati ministri esteri possa raggiungere accordo su questioni tuttora insolute del trattato per Austria. Atteggiamento sovietico anche in questione di procedura è tuttora negativo né tende a modificarsi, tanto che Gruber prevede ancora per quattro mesi durata lavori predetta Commissione.

Gruber mi ha confidenzialmente aggiunto che d'altra parte Governo austriaco non ha attualmente nessuna particolare fretta per conclusione trattato. Mentre egli aveva auspicato definizione accordo per Austria potesse verificarsi a Mosca perché sgombero truppe di occupazione potesse avvenire prima dell'inverno, egli è attualmente dell'avviso che non sia opportuno per Austria che tale sgombero si verifichi prima della prossima primavera.

458 1 Del 25 aprile, non pubblicato.

460

L'ONOREVOLE LOMBARDO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA (1)

T. S.N.D. PERSONALE 7048/391. Washington, 28 maggio 1947, ore 23 (per. ore 20 del 29).

l) Dipartimento di Stato si è affrettato smentire recisamente oggi a giornalisti americani notizie contenute corrispondenza Roma datata 27 corrente firma Cortesi riportata New York Times circa preteso fallimento trattative. Infatti a seguito lungo amichevole colloquio avuto con Thorp giorno 26 lavori proseguiti con maggiore rapidità atmosfera più cordiale.

Malgrado siamo ancora fase iniziale lavori, sono in grado affermare che le trattative proseguono ora modo soddisfacente.

2) Costretto però far presente E.V. che verificasi irrigidimento confronti Italia da parte ambienti finanziari e Congresso. Viene fatto osservare che nostro Governo non ha fatto sino ad ora nessun serio tentativo per controllare prezzi, salari, esportazione clandestina valute e non ha némmeno predisposto programmazione organica costruzione economia italiana rispondente al piano Monnet. Tale deficienza ha destato in ambienti finanziari americani che considerano nostro caso su piano squisitamente economico, impressione che aiuti non vengano sfruttati al massimo causa assenza azione organica nostro Governo. Altri invece esprimono dubbi e timori carattere puramente politico.

Mi sono permesso segnalare quanto sopra all'E.V. perché ciò mi è stato ripetutamente fatto presente e abbondantemente dichiarato in numerosi colloqui con esponenti mondo finanziario ed alti funzionari. Ritengo che simile atteggiamento possa a lunga scadenza avere per noi gravi conseguenze.

3) Lunghezza crisi nostra attuale situazione economica e articolo Togliatti 2 hanno soltanto rafforzato simile stato d'animo confronti nostro Paese.

4) Faccio perciò presente che se trattative si svolgono in tono molto amichevole ciò è dovuto soprattutto a sforzi Dipartimento di Stato, in certo modo tuttora più favorevole Italia che non lo sia in generale opinione pubblica disorientata da frequenza nostre crisi e carenza in campo economico nostri passati Governi.

5) Essendo riuscito modificare atmosfera pesante giorni precedenti prego V.E. fare appello sentimento solidarietà nazionale nostri maggiori esponenti politici affinché, nelle more delle attuali trattative, si astengano da atteggiamenti o polemiche che possano non solo distruggere risultati già acquisiti mediante duro lavoro quotidiano, ma anche compromettere irreparabilmente relazioni economiche itala-americane.

460 1 «Con preghiera di comunicare a Grazzi».

461

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 448/5641/1588. Parigi, 28 maggio 1947 (per. il 31 ).

Telespresso ministeriale n. 31/314/1 del 7 corrente 1 .

Ho intrattenuto giorni fa Couve de Murville sulla nostra domanda di ammissione all'O.N.U., e sui connessi problemi dell'interpretazione degli articoli 53 e 107. L'ho trovato piuttosto riluttante a entrare nel nostro ordine di idee, non certo per poco favorevoli disposizioni nei nostri riguardi, ma perché si preoccupa che da una interpretazione favorevole all'Italia possa risultare un indebolimento di uno strumento creato «su misura» della Germania e del Giappone. Ed è questa, evidentemente, una preoccupazione di cui non si può sottovalutare l'importanza.

In un successivo colloquio col direttore generale del segretariato delle Conferenze, ministro Fouques-Duparc, sono tornato sull'argomento mettendo in rilievo che, benché la nostra domanda di ammissione alle Nazioni Unite non sia stata condizionata il Governo italiano non poteva non darsi pensiero dei pericoli inerenti

461 Vedi D. 412.

a una mancata sollecita chiarificazione dell'interpretazione degli articoli 53 e 107 del Covenant. Lo pregavo quindi di dirmi il suo pensiero al riguardo. Fouques-Duparc che senza troppo gloriarsene, si è dichiarato uno dei padri putativi del Covenant, ha confermato quanto dettomi da Couve: gli articoli sopracitati erano stati redatti avendo unicamente di mira la Germania ed il Giappone. Il che, se non aveva rilevanza giuridica, agevolava all'atto pratico il problema da risolvere. Secondo Fouques-Duparc -che si è espresso a titolo personale -non conviene peraltro da parte nostra partire dal presupposto che gli articoli 53 e l 07 possono giocare contro di noi; conviene invece, appoggiandosi all'articolo 4 («l'appartenenza alle Nazioni Unite in qualità di membro è aperta a tutti gli altri Stati amanti della pace ... ») dare per acquisita l'interpretazione a noi favorevole. L'articolo 107 infatti -e in questo egli concorda con il parere espresso da un nostro ufficio giuridico -è compreso nel capitolo XVII intitolato «accordi transitori» e il richiamo che di un articolo viene fatto nell'articolo 53 è anch'esso subordinato alla durata di vita, transitoria, dello articolo 107. Per cui l'ammissione alle Nazioni Unite rende caduche queste disposizioni nei confronti dello Stato ammesso.

Non ho mancato, nel corso della conversazione, di segnalare al mio interlocutore che alcuni degli accordi regionali, conclusi contro la Germania, potevano contenere una punta rivolta anche contro di noi. In tema di accordi regionali inoltre avremmo avuto a suo tempo qualcosa da dire anche noi: il nostro interessamento attivo al problema tedesco era una necessità insopprimibile derivante dalla natura delle cose. Gli ho infine chiesto che procedura egli ritiene di poter consigliare per il chiarimento desiderato, menzionando il fatto che, da parte statunitense --telegramma ministeriale n. 430 del 23 maggio corrente 2 -ci era stato consigliato di non sollevare direttamente noi la questione, bensì di lasciare l'iniziativa a qualche Nazione amica.

Fouques-Duparc ha sollevato dei dubbi circa la conciliabilità con il Covenant degli accordi regionali già stipulati specie quelli in data più recente e, per quanto riguarda la procedura, ha detto di ritenere che la cosa sia di competenza del Consiglio per la sicurezza e, quindi, indirettamente, dei cinque Governi maggiormente interessati. Riteneva che, di questi cinque Governi, difficoltà potevano provenire soltanto da parte dell'U.R.S.S. E non già per disposizioni poco favorevoli verso di noi -era vero anzi, per quanto gli risultava, il contrario -ma per la cautela estrema con cui i sovietici vogliono procedere alla interpretazione dei testi.

Avrebbe intrattenuto della questione anche il rappresentante francese alle Nazioni Unite, ambasciatore Parodi e me ne avrebbe riparlato.

A seguito del colloquio, ho fatto pervenire al signor Fouques-Duparc, nonché al signor Couve de Murville il promemoria di cui unisco copia 3 .

3 Non pubblicato. Le notizie contenute nel presente documento furono ritrasmesse a Londra, Mosca e Washington con T. 9020/c. dell'Il giugno.

460 2 Vedi DD. 447, 448, 453 e 457.

461 2 Non pubblicato, con esso veniva ritrasmesso a Quaroni il D. 437.

462

IL CAPO DELLA MISSIONE AL CAIRO, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7060/103. Il Cairo, 29 maggio 1947, ore 1,19 (per. ore 13,15 ).

Telegrammi ministeriali 97 1 e 98 2•

In seguito ai colloqui da me avuti presso questo Ministero affari esteri è stato convenuto quanto segue:

l) Ministero degli affari esteri egiziano presenterà senza indugio accordo di Parigi al Parlamento per l'approvazione; impegnandosi a fare il possibile perché sia approvato entro giugno (fine dell'attuale sessione);

2) Ministero degli affari esteri egiziano ci invierà senz'altro una nota richiedendo gradimento per accreditamento ministro plenipotenziario egiziano a Roma, intendendo così ristabilire la normalità delle relazioni diplomatiche con l'Italia;

3) Ministero degli affari esteri egiziano ha lasciato cadere ogni obiezione alla riapertura della nostra legazione al Cairo e pertanto, in data odierna, sono stati da me aperti gli uffici nella stessa sede.

Ritengo di aver così concluso la mia opera e confermo la mia partenza fissata per sabato 7 giugno.

463

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1301/218. Mosca, 29 maggio 1947 (per. il 3 giugno).

I giornali sovietici del 24 maggio danno un breve resoconto da New Y ork, sulla riunione del Consiglio di Sicurezza del 22, nella quale fu trattata la questione greca, e successivamente fu rinviata al Comitato di ammissione di nuovi membri la domanda dell'Italia. Dopo aver riferito la deliberazione presa dal Consiglio, il comunicato Tass letteralmente aggiunge: «A questo proposito il delegato dell'Unione Sovietica, Gromyko, osservò che il Consiglio non potrebbe esaminare la sostanza delle domande dell'Italia e dell'Ungheria fino a che non abbia deciso l'intera questione relativa alla ammissione dei Paesi coi quali debbono essere conchiusi trattati di pace». Questa dichiarazione, proveniente dal rappresentante autorizzato dell'Unione Sovietica all'O.N.U., potrebbe significare una presa di posizione dell'U.R.S.S. di fronte alla nostra domanda, ed una indiretta risposta al passo da me fatto qui a Mosca 1 . A quanto si può arguire dal breve comunicato, la risposta

540 di questo Governo sarebbe dilatoria, tendendo a collegare la decisione sulla richiesta dell'Italia non solo a quella dell'Ungheria, e degli altri Paesi che hanno già firmato trattati di pace, ma anche a quella del tutto eventuale degli ex nemici che non hanno ancora con chiuso la pace, quali la Germania, l'Austria e il Giappone. Almeno come posizione di partenza l'intendimento sovietico non potrebbe apparire più dilatorio. Credo sarebbe opportuno, prima di confermare tale interpretazione avere possibilmente da New York notizie più complete circa l'esatto testo delle dichiarazioni di Gromyko, per quanto il valore ufficioso della versione che ne dà qui la Tass non possa in nessun caso essere sottovalutato.

Attendo da codesto Ministero comunicazioni al riguardo.

462 1 Del 24 maggio, con il quale Sforza aveva chiesto a De Astis la data del suo arrivo a Roma. 2 Vedi D. 450, nota l. · 463 1 Vedi D. 443.

464

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. l 005/390. Atene, 29 maggio 1947 (per. il 3 giugno).

Secondo quanto comunica da Londra l'agenzia Reuter, tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti si sarebbe giunti ad un accordo per cui con il 22 maggio la prima cesserebbe qualsiasi forma di aiuto di carattere economico-finanziario alla Grecia e il 30 giugno richiamerebbe quanto resta della sua Missione finanziaria in questo Paese. Nel campo economico-finanziario pertanto gli Stati Uniti verrebbero così a sostituirsi completamente alla Gran Bretagna.

Per quanto concerne invece l'assistenza militare, si ricorderà che gli Stati Uniti, fin dal primo momento in cui presero la decisione di aiutare la Grecia, manifestarono il desiderio che tale forma di assistenza fosse continuata dalla Gran Bretagna. Per la Reuter sarebbero in vista in tal campo accordi anglo-americani nel senso che la Gran Bretagna manterrebbe in Grecia: la Missione militare, per un tempo indeterminato, e per un breve periodo ancora, uno stretto numero di truppe. Queste, secondo quanto dichiarato da Bevin nel suo discorso al Congresso laburista, sarebbero già state ridotte a 5 mila uomini, che saranno ritirati ulteriormente «appena si produrrà qualche altro fatto atteso». Per quanto il Comando britannico in Grecia stia facendo degli ordinativi di mezzi dai quali si dovrebbe presumere un'ulteriore permanenza delle truppe anche per l'inverno prossimo, non vi è dubbio che da parte inglese si stia man mano riducendo l'organizzazione militare, uffici, organi assistenziali, ecc. da lui dipendente; ciò che lascia supporre che il contingente dei soldati sopra indicato sia destinato ad essere progressivamente ridotto. È lecito invece presumere che gli Stati Uniti vorranno servirsi il più a lungo possibile della collaborazione della Missione militare britannica, che ormai conosce bene il Paese, e che continuerà il suo compito di istruzione dell'esercito, gendarmeria, ecc.

Accordi ugualmente sarebbero in corso per l'acquisto da parte degli Stati Uniti, a favore della Grecia e sul piano degli aiuti prestabiliti, di viveri, effetti e forniture militari in Gran Bretagna e che gli Stati Uniti non sarebbero in misura di fornire.

Mentre pertanto si può concludere che per quanto concerne la parte assistenza finanziaria e militare Stati Uniti e Inghilterra stiano di comune accordo stabilendo le rispettive competenze, si può notare che da parte americana vi sarebbe il desiderio di servirsi in tali campi della collaborazione dell'Inghilterra.

Qualche contrasto si manifesta invece nell'azione di carattere politico, per la quale l'Inghilterra vorrebbe difendere le sue funzioni di «consigliere aulico» del Governo ellenico, esercitate fino ad oggi. È naturale invece che, dati gli impegni presi, gli Stati Uniti intendano avere l'alta direzione della politica di questo Paese e sviluppare un'azione politica sempre più larga e profonda. Così nella complessa questione sindacale -è noto che malgrado i ripetuti interventi inglesi non è stato ancora possibile risolvere i numerosi contrasti tra le varie organizzazioni di lavoratori -si è avuto recentemente il primo intervento americano. Le trattative con i sindacati e con il governo in tale materia non sono state più condotte dal solo signor Braine, addetto del lavoro presso l'ambasciata britannica a Roma, ma anche dal consigliere di questa ambasciata degli Stati Uniti e dall'addetto del lavoro di quella americana a Londra. Per la stessa ragione è qui inoltre in questi giorni il rappresentante della Confederazione americana del lavoro, signor Brown.

Si errerebbe naturalmente qualora si credesse che si tratti di contrasti di principio nell'azione comune che intendono svolgere in Grecia. Inglesi e americani sono invece semplicemente alla ricerca di un equilibrio tra le rispettive forze. Si tratta soprattutto di stabilire le competenze che vanno ancora precisate, nel quadro delle possibilità che rispettivamente hanno Inghilterra e Stati Uniti nei riguardi dell'assistenza alla Grecia.

465

IL RAPPRESENTANTE A LONDRA, CARANDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7162/472. Londra, 30 maggio 1947, ore 21,48 (per. ore II del 31 ).

Indipendentemente da argomenti trattati loro importanza e ripercussioni su cui riferisco con rapporto dettagliatamente per corriere, dopo ritorno miei osservatori emergono dal Congresso di Margate tre punti essenziali per giudicare indirizzo politica estera britannica.

l) Accurate predisposizioni (tra cui molto moderato discorso di Morrison) per preparare atmosfera discussione della politica di Bevin sulla quale pertanto si è d'accordo in seno al Gabinetto. È evidente che nonostante Bevin già disponga larga maggioranza alla Camera dei Comuni dovuta in parte al voto dei conservatori, voto congresso partito assume particolare significato essendo crisma indispensabile proseguimento tale politica.

2) Tono dimesso dei dissidenti che, malgrado abbiano presentato invano timide mozioni di critica (Zilliacus per estrema sinistra, Crossman per corrente più moderata) hanno dovuto constatare che, dopo incontro Mosca, essi sono a corto di argomenti che possano fare presa sulla maggioranza dell'opinione e nel partito.

3) Schiacciante successo politico e personale discorso Bevin che potrà proseguire nella propria linea ormai riconosciuta conseguente con i proclamati principi di collaborazione con le Nazioni Unite, di conciliazione fra Russia e S.U. d'America e di ricostruzione in Europa.

Ciò si traduce nelle parole di Bevin in:

l) mantenimento impegni attuali con difesa ad oltranza interessi inglesi nel Medio Oriente tra cui petrolio;

2) riaffermazione presenza britannica in Estremo Oriente spalleggiata da Paesi facenti parte Commonwealth ai quali ha rivendicato diritto partecipare pace Giappone superando formula Quattro Grandi;

3) orientamento verso ricostruzione Germania con debite garanzie e cautele e preparazione per messa in opera piani definitivi sui quali Conferenza novembre potrà o non far concordare anche Francia e Russia ma che non dovrebbe far rinviare. (Successo opera iniziale di Pakenham è sintomo risolutezza direttive assunte);

4) atteggiamento di benevola attesa nei confronti Russia cui si è disposti offrire ogni possibile via di uscita dalla presente impasse (attraverso ad esempio trattato commerciale di cui si parla con ottimismo ed insistenza da qualche tempo) ma con manifestazioni di fermezza finora inusitata.

Non è da stupirsi se in queste condizioni Bevin abbia manifestato ancora una volta desiderio vedere prontamente ratificato nostro trattato di pace.

466

IL CAPO DELL'UFFICIO PRIMO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI ECONOMICI, SANTOVINCENZO, AGLI AMBASCIATORI A BRUXELLES, DE NOBILI, A PARIGI, QUARONI E A WASHINGTON, TARCHIANI

T. PER CORRIERE 8500/c. 1 . Roma, 30 maggio 1947.

Ambasciata Londra comunica che non appena intervenuta ratifica trattato pace, indipendentemente da nostra ammissione Nazioni Unite, Governo britannico intende proporci quale membro di pieno diritto alla Commissione europea carbone. Pregasi in considerazione importanza che sotto vari aspetti questione presenta per noi, svolgere costì opportuni passi perché codesto Governo appoggi proposta britannica, onde ottenere unanime decisione favorevole.

Come noto Commissione economica europea nella sua sessione attuale ha deciso che ECO continui funzionare nella attuale sua costituzione fino al termine del corrente anno.

466 1 Indirizzato anche alle ambasciate ad Ankara e Varsavia e alle legazioni ad Atene, Copenaghen, l'Aja, Lussemburgo, Oslo e Praga.

467

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DONINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 2278. Varsavia, 30 maggio 1947 (per. 1'8 giugno).

Non appena ricevute per corriere le comunicazioni che mi erano state da lei preannunciate nel suo telegramma in data 19 corrente 1 , relative alla presentazione della nostra domanda di ammissione all'Organizzazione delle Nazioni Unite, ho chiesto udienza al ministro degli affari esteri di questo Governo, signor Zygmunt Modzelewski. Oltre al problema dell'O.N.U. era mia intenzione sollecitare nella stessa occasione l'appoggio del Governo polacco alla nostra candidatura per l'elezione del 13° «amministratore esecutivo» della Banca Internazionale prevista negli accordi di Bretton Woods, secondo le istruzioni ricevute pochi giorni prima da codesto Ministero.

Come ho già avuto l'onore di riferire telegraficamente in data odierna 2 , il mio incontro con Modzelewski si è svolto nel primo pomeriggio di ieri ed ha avuto risultati che potrei definire senz'altro positivi, almeno per quel che concerne le disposizioni personali del ministro sulle due questioni che ci stanno particolarmente a cuore, se l'atmosfera cordiale del colloquio non fosse stata leggermente turbata, verso la fine, dal risorgere della vecchia e antipatica controversia sul «Batory», che noi credevamo ormai accantonata e affidata ai contatti diretti tra i polacchi e la Compagnia Cosulich. Ho avuto anzi la netta impressione, per il modo con cui il ministro Modzelewski ha risollevato la questione, che alcune nostre concessioni sul problema del «Batory» siano in un certo senso attese da questo Governo come una contropartita per l'appoggio ch'esso potrebbe darci all'O.N.U. e a Bretton Woods. Modzelewski, infatti, si è riservato di farmi avere tra alcuni giorni una risposta più autorizzata, dopo essersi consultato con gli altri membri del suo Governo, ai due promemoria che io gli ho lasciato (vedi ali. l e 2) 3 .

Egli ha però tenuto a dichiararmi che la Polonia vede con favore una sollecita ammissione dell'Italia all'Organizzazione delle Nazioni Unite e che ritiene che la nostra domanda sarà ben accolta dal Comitato per l'ammissione di nuovi membri. Se dovessero sorgere delle difficoltà, egli ha aggiunto, la Polonia potrebbe studiare il modo di far ritornare la domanda al Consiglio di sicurezza per una procedura più rapida, pur rendendosi conto che sarà difficile arrivare ad una decisione prima della sessione generale di settembre. Modzelewski ha soltanto osservato che in alcuni ambienti polacchi si manifesta un po' di sorpresa per il ritardo frapposto alla ratifica del trattato

2 T. 7165/92 spedito il 2 giugno e T. 7161/94 del 30 maggio, non pubblicati.

3 Non pubblicati.

di pace da parte di alcune grandi Potenze e specialmente da parte dell'Assemblea costituente italiana, sebbene tutti si rendano conto del fatto che l'Italia non poteva precipitarsi a ratificare prima delle principali Nazioni che si sono assunte la responsabilità della firma. Mi ha anche chiesto se c'era il pericolo di un diverso orientamento dell'Italia nei confronti della ratifica del trattato di pace in seguito alla formazione di un nuovo Governo, di cui tutta la stampa si sta largamente occupando. Gli ho risposto che la continuità della politica estera del nostro Paese è garantita anche dalla quasi sicura sua partecipazione, signor ministro, al nuovo Gabinetto, che al momento in cui scrivo non è ancora stato annunciato ma di cui si conoscono già le grandi linee.

Per quel che riguarda l'interpretazione che il Governo italiano ritiene debba essere data agli articoli 53 e 107 dello Statuto delle Nazioni Unite, il ministro Modzelewski mi ha detto -a titolo personale, per il momento -di essere interamente d'accordo con noi. Egli ritiene cioè che le eccezioni di cui agli art. l 07 e 53 si applichinO' soltanto a quegli Stati ex-nemici che non siano ancora diventati membri dell'O.N.U.; una volta accettata la domanda di ammissione dell'Italia, entra in vigore anche per il nostro Paese il principio della «eguaglianza sovrana di tutti gli Stati membri», come stabilito nell'art. 2, par. l dello Statuto. La Polonia sarebbe certamente contraria all'istituzione in seno all'O.N.U. di diverse categorie di Stati membri, con diversità di diritti e di doveri.

Anche nei confronti della nostra candidatura al posto di 13° Executive Director della Banca Internazionale e del nostro legittimo desiderio di veder le elezioni effettuate il più rapidamente possibile, il ministro Modzelewski si è pronunciato favorevolmente. Siccome in questo momento la Polonia rappresenta al Consiglio dei governatori della Banca anche la Jugoslavia, Modzelewski ha promesso di interporre i suoi buoni uffici presso il Governo di Belgrado affinché cessi ogni riserva da parte jugoslava, se tale riserva sussiste ancora, nei riguardi della nostra candidatura e della nostra tesi. Si è detto un po' imbarazzato per il fatto che l'ambasciatore jugoslavo a Varsavia, il signor Pribicevic, che è un grande amico dell'Italia (e io stesso ho avuto occasione di accertarmene sin dai primi giorni del mio arrivo in questa capitale), non è attualmente in sede; ed ha consigliato, per guadagnar tempo, visti i nuovi rapporti di amicizia che intercorrono fra Roma e Belgrado, che anche noi facciamo un passo analogo presso il rappresentante della Jugoslavia in Italia.

A questo punto, tuttavia, dopo un breve scambio di idee su altri problemi di importanza secondaria, il ministro Modzelewski, facendosi improvvisamente serio e sostenuto (tanto che io non ho potuto sottrarmi all'impressione di una un po' ingenua mise en scène), mi ha dichiarato che «anch'egli aveva qualcosa da chiedere al Governo italiano a proposito della questione del «Batory» e desiderava ch'io gli venissi incontro con la stessa comprensione ch'egli aveva dimostrato per i nostri problemi». Riassumo rapidamente i termini della questione, poiché ella, signor ministro, ne è già perfettamente al corrente e la sola novità consiste nelle nuove proposte che il Governo polacco intende farci in proposito.

Il piroscafo «Batory» è uscito dal porto di Anversa da più di sette settimane ed è già al suo secondo viaggio transatlantico, dopo il periodo di sequestro effettuato per il mancato pagamento da parte del Governo polacco del residuo della somma dovuta alla Compagnia Cosulich. In seguito alle pressioni del Ministero della navigazione, il Governo polacco, pur non pagando il debito, ha ottenuto di far liberare il piroscafo versando una forte cauzione, in attesa del processo che dovrebbe aver luogo entro breve ad Anversa. «Noi vogliamo ad ogni costo evitare questo processo --mi ha detto in sostanza Modzelewski -perché lo riteniamo indecoroso per il nostro Paese e perché non accettiamo il punto di vista italiano che si tratti di una controversia privata tra la Cosulich e la Polonia. Noi vorremmo che la questione venisse finalmente risolta tra i due Governi, grazie ad un compromesso, e non nell'aula di un tribunale estero. La nostra opinione pubblica non accetterebbe il fatto che il Governo italiano si dichiari estraneo alla questione e ci lasci soli di fronte ad una compagnia privata, anche se oggi tale compagnia ha la sua sede nel Territorio Libero di Trieste, mentre in base al trattato di pace con l'Italia, art. 79, noi avremmo il diritto di rivalerci sequestrando dei beni italiani in Polonia. Si tratta in fondo solo di mezzo milione di dollari: perché il Governo italiano non fa un gesto, riconoscendo il debito verso la Cosulich ed effettuando un versamento anche parziale, simbolico, per toglierei d'imbarazzo? Sul resto della somma potremmo metterei facilmente d'accordo. Intanto noi abbiamo dato istruzione ai nostri avvocati ad Anversa di chiedere un rinvio del processo; non potrebbe il Governo italiano intervenire amichevolmente presso gli avvocati della Cosulich perché facciano altrettanto, in modo di permetterei di riaprire delle trattative tra i due Governi su tutta la questione?»

Mi pare superfluo ch'io le ripeta, signor ministro, in quali termini, corretti ma decisi, io abbia dichiarato la mia sorpresa per tale maniera d'impostare il problema del «Batory», dopo che tutte le istanze, anche in occasione della Conferenza della pace a Parigi, avevano dato ragione alla nostra tesi e sostenuto che la Polonia doveva pagare il debito contratto prima della guerra con la Cosulich. Ho visto però che per il Governo polacco si tratta ormai essenzialmente di una questione di prestigio e che un nostro irrigidimento, per quanto giustificato, non farebbe altro che complicare la situazione in un momento in cui i nostri rapporti economici e industriali con questo Paese vanno assumendo una piega abbastanza favorevole. Io mi domando quindi, e le sarò grato s'ella vorrà darmi tutte le istruzioni in proposito, se non sia il caso di accettare il principio della discussione tra i due Governi, e quindi di consentire a far rinviare il processo, nella speranza di poter ottenere grazie a questa procedura e alle nuove trattative che avranno luogo, alcuni vantaggi di notevole interesse economico e politico per il nostro Paese, quale ad esempio una eventuale rinuncia della Polonia a valersi dell'art. 79 del nostro trattato di pace, che il Parlamento polacco si appresta a ratificare nel corso dei prossimi giorni (come da me comunicato con telegramma n. 91 in data 29 maggio) 4 .

Naturalmente, mi sono guardato bene dal fare il minimo accenno a queste eventuali trattative, o anche solo ad una nostra accettazione dello strano ragionamento polacco intorno al nostro pagamento «simbolico» di un debito contratto da terzi, nel mio colloquio con il ministro Modzelewski. Mi sono limitato a prendere atto delle sue dichiarazioni e della sua richiesta ch'io ne riferissi al mio Governo. Resto ora in attesa di una cortese parola di riscontro e di istruzioni al riguardo.

467 1 T. 7699171, non pubblicato.

467 4 Non pubblicato.

468

IL MINISTRO A KABUL, CALISSE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 342/165. Kabul, 30 maggio 1947 (per. il 2 giugno).

Facendo seguito al telegramma n. 29 del 29 corrente l, si ha l'onore di comunicare che la delegazione dell'aviazione civile indiana giunta a Kabul una settimana fa ne è ripartita oggi stesso per Delhi.

A capo di essa, come fu già comunicato con telespresso n. 325/162 del 24 maggio c.a. 1 , vi era il signor M.F. Rahim, musulmano, direttore generale dell'aviazione civile dell'India. La missione stessa ha svolto un'azione che potrebbe definirsi più politica che tecnica in un Paese ove, anche senza manifestarsi apertamente (ciò non sarebbe nel carattere afghano), le simpatie vanno ai fratelli di razza e di religione e quindi al Pakistan.

Per quanto riguarda i risultati delle conversazioni qui avute per l'istituzione di una linea aerea Kabul-India si è riferito a parte (vedi telespresso n. 343/166 del 30/5/1947) 1 .

Il lato politico, invece, della visita deve trovarsi rielle prese di contatto che il signor Rahim ha avuto con i rappresentanti diplomatici qui residenti ed in ciò che egli ha voluto dir loro in un linguaggio esuberante e colorito.

Egli si era fatto subito notare, dopo il suo arrivo a Kabul, per il rumore sollevato, forse volutamente, attorno alla missione da lui diretta, per i biglietti da visita lasciati un po' a tutti, il desiderio di incontrar gente, i numerosi inviti fatti e soprattutto perché parlava sempre a nome del presidente Jinnah e non dell'attuale Governo indiano.

Venutomi a vedere, egli mi ha subito accennato alla secondo lui imminente divisione dell'India in Pakistan e lndustan: il prossimo mese di giugno sarebbe stato decisivo. Il presidente della Lega musulmana signor Jinnah lo aveva incaricato di cogliere l'occasione della sua venuta in una città ove sono numerose rappresentanze straniere per esporre a queste il punto di vista dei sostenitori del Pakistan ed i motivi per cui non era possibile mantenere un'India unita. Era un modo anche di evitare i rappresentanti diplomatici già accreditati presso il Governo dell'India. Egli ha detto quasi testualmente: come poter vivere insieme quando non si può bere insieme, mangiare insieme, contrarre matrimonio etc., quando tutta la concezione e l'essenza della vita è così diversa? Le differenze tra musulmani e indù sono molto più grandi di quelle che separano i popoli europei che pure hanno ciascuno la propria indipendenza. Anche l'Italia ha fatto parte nel passato di maggiori organismi statali e politici ed allora contava poco, ma poi quando si è resa indipendente è diventata una grande Nazione. L'errore è di aver considerato l'India come un solo Paese, mentre le razze e le religioni sono in essa così diverse che il volerle mantenere insieme non può essere che il desiderio di chi spera trovar vantaggio

nelle lotte e nei disordini che continueranno finchè non si sarà giunti ad una netta divisione.

Jinnah è sicuro che il Pakistan è imminente, e vuole che sia conosciuto da tutti il suo desiderio di entrare in cordiali rapporti con le Potenze straniere. «Oggi io sono ancora qui come un alto funzionario che rappresenta tutta l'India, ma domani questa sarà divisa in due ed io desidero informarla che con l'Italia il Pakistan vuole avere eccellenti rapporti ed allacciare appena possibile relazioni diplomatiche».

So che con altri miei colleghi il signor Rahim si è espresso in termini analoghi sempre dichiarandosi il portavoce del presidente Jinnah.

Le autorità afghane hanno offerto cordiale larga ospitalità alla missione ed anche il ministro d'America, signor Palmer, che non perde occasione per mettersi avanti, ha dato un ricevimento in onore degli indiani.

468 1 Non pubblicato.

<
APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (2 febbraio -30 maggio 1947)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

SFORZA Carlo.

SOTTOSEGRETARI

LuPrs Giuseppe; REALE Eugenio, dal 7 febbraio.

GABINETTO DEL MINISTRO

Capo del Gabinetto: PAVERI FONTANA Alberto, primo segretario di legazione di 2a classe, dal primo aprile di l a classe.

Vice capo del Gabinetto : MALFATTI DI MoNTETRETTO Francesco, vice console di 2a classe, dal lo aprile console di 3a classe.; T ASSONI ESTENSE Alessandro, primo segretario di legazione di 2a classe, dal lo aprile di l a classe.

Segretari: MARINUCCI DE REGUARDATI Costanzo, console di 3a classe; MACCAFERRI Frank, console di 3a classe, dal 1° aprile di 2a classe; PRUNAS Pasquale, console di 2a classe, dal l o marzo; MONDELLO Mario, vice console di l a classe, dal l o aprile console di 2a classe, dal lo marzo; BENAZZO Agostino, console di 3a classe, dal 1° aprile di 2a classe, fino al 30 aprile; GUAZZARONI Cesidio, console di 3a classe.

SEGRETERIA GENERALE

Segretario generale: FRANSONI Francesco, ambasciatore.

Segretari: CARROBIO DI CARROBIO Renzo, primo segretario di legazione di 2a classe, dal lo aprile di l a classe; CoLONNA DI PALIANO Guido, console di 2a classe, dal lo aprile primo segretario di legazione di 2a classe, fino all'Il maggio; DAINELLI Luca, console di 3a classe, dal l o aprile di 2a classe.

UFFICIO COORDINAMENTO

Capo ufficio: DE PAOLIS Pietro, consigliere di legazione.

Segretari: DE REGE THESAURO Giuseppe, console di 2a classe; SIOTTO PINTOR Aureliano, console di 3a classe, dal l o aprile di 2a classe.

COMMISSIONE CONFINI

CASARDI Alberico, primo segretario di legazione di l a classe, dal l o aprile consigliere di legazione; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, console di l a classe, fino al 20 febbraio; LANZA Michele, primo segretario di legazione di 2a classe, fino al 17 febbraio; Ducci Roberto, console di 2a classe, fino al 6 maggio.

COMMISSIONE DI STUDI PER LE CONFERENZE INTERNAZIONALI

MELI LUPI DI SoRAGNA TARASCONI Antonio, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 12 marzo di la classe.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Capo ufficio: T ALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, ambasciatore.

Vice capo del Cerimoniale. MACCHI DI CELLERE Pio, primo segretario di legazione di la classe, dal l o marzo.

Segretari: SALLIER DE LA ToUR Paolo, consigliere di legazione; MALASPINA Falchetto, primo segretario di legazione di l a classe; SCHININÀ Emanuele, console di la classe, dal 1° aprile console generale di 2a classe; n'AQUINO Alfonso, console di l a classe; FARACE Ruggero, CLEMENTI Raffaele, consoli di 2a classe, dal l o aprile primi segretari di legazione di 2a classe.

UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Capo ufficio: PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale all'Università di Roma.

Segretari: MARESCA Adolfo, console di 2a classe; DE Rossi Michele Gaetano, consulente tecnico; RAFFAELLI Pietro, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO STAMPA

Capo ufficio: BouNous Franco, console di 2a classe, dal l o aprile primo segretario di legazione di 2a classe.

Segretari: GHENZI Giovanni, console di 2a classe; MATACOTTA Dante, console di 2a classe; CAREGA Giorgio, interprete.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI

Direttore generale: ZoPPI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 12 marzo di la classe.

Vice direttore generale: JANNELLI Pasquale, consigliere di legazione.

Segretario: CoTTAFAVI Antonio, consigliere.

UFFICIO I

Impero britannico e Paesi arabi del Medio Oriente

Capo ufficio: CATTANI Attilio, primo segretario di legazione di la classe, dal 1° aprile consigliere di legazione, fino al 18 aprile; LANZA Michele primo segretario di legazione di 2a classe, dal 18 febbraio.

Segretari: BETTELONI Giovanni, console di 2a classe; CORNAGGIA MEDICI Gherardo, console di 3a classe.

UFFICIO II

Francia e colonie francesi, Penisola iberica e colonie spagnole e portoghesi, Andorra

Capo ufficio: n'AcuNzo Benedetto, console di l a classe, dal lo aprile console generale di 2a classe.

Segretari: EMO CAPODILISTA Gabriele, console di 2a classe, dal l o aprile primo segretario di legazione di 2a classe; REGARD Cesare, console di 2a classe, con funzioni di secondo segretario; SABETTA Luigi, console di 2a classe, con funzioni di secondo segretario, fino al 2 maggio; CoNTARINI Giuseppe, console di 2a classe, dal 14 aprile.

UFFICIO III

Stati del Continente americano

Capo ufficio: DANEO Silvio, primo segretario di legazione di la classe, dal l o aprile consigliere di legazione.

Segretario: SCADUTO MENDOLA Antonio, console di 2a classe, dal lo aprile di la classe.

UFFICIO IV

U.R.S.S., Europa danubiana e balcanica, Turchia

Capo ufficio: CONTI Mario, primo segretario di legazione di la classe, dal lo aprile consigliere di legazione.

Segretari: C!RAOLO Giorgio, console di 2a classe, dal lo aprile primo segretario di legazione di 2a classe; MARIENI Alessandro, console di 2a classe, dal l o aprile primo segretario di legazione di 2a classe; VINCI Piero, console di 2a classe, dal 21 aprile; DE SANTO Demetrio, commissario tecnico per l'Oriente di 2a classe, dal l o maggio di l a classe; RAMONDINO Ferruccio, commissario tecnico per l'Oriente di 3a classe, dal lo maggio di 2a classe; BAVAJ Amor, addetto stampa.

UFFICIO V

Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Germania, Islanda, Lussemburgo, Paesi Scandinavi, Svizzera

Capo ufficio: N.N.

Segretario: FALCHI Silvio, console di 3a classe, dal l 0 aprile di 2a classe, dal 4 marzo.

UFFICIO VI

Estremo Oriente

Capo ufficio: ZAPPI FILIPPO, console di l a classe, dal 12 marzo console generale di la classe.

Segretario: DE FRANCHIS Carlo, console di 2a classe, fino al 5 marzo.

UFFICIO VII

Santa Sede

Capo ufficio: N.N.

Segretario: LONI Aldo, console di 2a classe.

UFFICIO VIII

Stra/cio Albania

Capo ufficio: ZAMBONI Guelfo, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretari: CHIAVARI Gian Gerolamo, console di la classe; CASTELLANI Germano, console di 2a classe; MARTINA Gian Luigi, console di 2a classe, dal 1° aprile di l a classe; VOLPE Arrigo console di 3a classe; CusANI Giovanni, vice ispettore.

UFFICIO IX

Prigionieri di guerra, internati civili, rifugiati, questioni varie

Capo ufficio: ZAPPI Filippo, console di l a classe, dal 12 marzo console generale di l a classe.

Segretario: REVEDIN Giovanni, primo segretario di legazione di 2a classe, dal l o aprile di l a classe, fino al 30 aprile.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: N.N.

Vice direttore generale: LANZARA Giuseppe, console generale di l a classe.

Segretari: MAJOLI Mario, primo segretario di legazione di 2a classe, dal l o aprile di la classe; EMILIANI Luigi, commissario consolare di la classe.

UFFICIO I

Amministrazione del personale di gruppo A, passaporti diplomatici, di servizio e ordinari

Capo ufficio: LUCIOLLI Mario, console di l a classe, dal l o aprile console generale di 2" classe.

Segretari: CoNTARINI Giuseppe, console di 2a classe, fino al 13 aprile; FIGAROLO m GROPELLO Adalberto, console di 2a classe; FRAGNITO Giorgio, console di 3a classe, dal l o aprile di 2a classe; PROFILI Giacomo, console di 2a classe; POMPEI Gianfranco, console di 3a classe, dal 1° aprile di 2a classe, dal 18 marzo; PAOLINI Ennio, ispettore dei commissari consolari.

UFFICIO II

Amministrazione del personale di gruppo B e C e del personale proveniente da altre amministrazioni

Capo ufficio: NICOLA! Lorenzo, console generale di 2a classe.

Segretari: MENGARINI Bruno, console di l a classe, dal 7 aprile; SIMONE Nicola, console di 2a classe, dal 1° aprile di la classe; ALVERÀ Pier Luigi, console di 2a classe, fino al 21 febbraio; VACCHELLI Alessandro, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO III

Edifici demaniali, gestione degli stabili e locali ad uso dell'Amministrazione centrale, Ufficio del consegnatario

Capo ufficio: N.N.

Segretari: SPALAZZI Giorgio, primo segretario di legazione di la classe, dal l o aprile consigliere di legazione; FossATI Mario, vice ispettore per i servizi tecnici, dal l o maggio ispettore.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi, Cassa

Capo ufficio: BADOGLIO Mario, consigliere di legazione.

Segretari: CERACCHI Giuseppe, commissario consolare di P classe; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare di 2a classe; PISANI Salvatore, commissario consolare di 4a classe; BLANDI Silvio, ispettore capo dei servizi tecnici; BARILLARI Michele, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO V

Corrispondenza e corrieri

Capo ufficio: FERRETTI Raffaele, primo segretario di legazione di l a classe, dal l o aprile consigliere di legazione.

Segretario: N. N.

UFFICIO VI

Cifra e crittografico

Capo ufficio: 0TTAVIANI Luigi, consigliere di legazione.

Segretari: TERRUZZI Giulio, console di 3a classe, fino al 18 aprile; CAMPANELLA Francesco Paolo, console di 3a classe, dal 31 marzo; SALLIER DE LA TouR Carlo, ispettore per i servizi tecnici, dal 12 maggio; CORTESE Federico, vice ispettore per i servizi tecnici, dal 6 maggio; POLLICI Dante, vice commissario tecnico per l'Oriente di l a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI

Direttore generale: GRAZZI Umberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 12 marzo di l a classe.

Vice direttore generale: TALAMO ATENOLFI BRANCACCIO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe, dal 3 aprile; CATTANI Attilio, primo segretario di legazione di 2a classe, dal l o aprile consigliere di legazione, dal 19 aprile; TOFFOLO Giovan Battista, console di la classe.

UFFICIO I

Questioni di carattere generale e di politica economica, America

Capo ufficio: SANTOVINCENZO Magno, console generale di 2a classe, fino al 18 aprile; BRUGNOLI Alberto, console di 2a classe, dal 19 aprile.

Segretario: PIOPPA Roberto, assistente addetto commerciale di l a classe, dal 13 marzo.

UFFICIO II

Europa occidentale e settentrionale, Marocco e Sud Africa

Capo ufficio: PAULUCCI Mario Alessandro, primo segretario di legazione di 2a classe.

Segretari: DE BosDARI Girolamo, primo segretario di legazione di 2a classe, dal 27 febbraio; MARINUCCI Costanzo, console di 3a classe, dal 6 febbraio; MoRABITO U go, addetto commerciale di 2a classe.

UFFICIO III

Asia e Europa orientale

Capo ufficio: NATALI Umberto, console generale di la classe.

Segretario: GIANCOLA Raffaello, addetto commerciale di 2a classe, dal 14 febbraio.

UFFICIO IV

Questioni attinenti alle clausole di armistizio e alle trattative di pace

Capo ufficio: CERULLI IRELLI Giuseppe, console di 2a classe; CoLONNA Guido, console di 2a classe, dal l o aprile primo segretario di legazione di 2a classe, dal 12 maggio.

Segretari: SIMONIS Giuseppe Casimiro, console di 3a classe; LIBOHOVA Ali Neki, vice console di 2a classe, dal lo aprile di la classe.

DIREZIONE GENERALE DELL'EMIGRAZIONE

Direttore generale; SECCO SuARDO Dino, console generale di la classe, fino ad aprile.

Vice direttore generale: GIUSTI DEL GIARDINO Justo, console di l a classe, dal l o aprile console generale di 2a classe, dal 21 febbraio.

Segretari; AMBROSI Giovanni Battista, console di la classe, dal 27 febbraio; TOMMASSINI Mario, ispettore superiore per i servizi tecnici, fino al 21 marzo; RosTAGNO Domenico, ispettore generale; OLIVERI Umberto, ispettore superiore; VALLE Antonio, vice ispettore per i servizi tecnici, dal 23 aprile.

UFFICIO l

Collettività italiane all'estero

Capo ufficio: MoMBELLI Giulio, console generale di 2a classe, dal 12 marzo di la classe, fino al 19 maggio.

Segretari: VATTANI Mario, console di l a classe; GIURATO Giovanni, console di la classe, dal 13 marzo; TEDESCO Pietro Paolo, ispettore capo per i servizi tecnici.

UFFICIO II

Scuole all'estero e istituti di cultura

Capo ufficio: GOBBI Giovanni, console generale di 2a classe, dal 12 marzo di l a classe.

Segretari: BELLIA Franco, primo segretario di legazione di 2a classe; SoRo Diego, vice console di l a classe, dal 12 maggio.

UFFICIO III

Lavoro italiano all'estero

Capo ufficio: MASI Corrado, ispettore generale.

Segretario: BIFULCO Vittorio, ispettore per i servizi tecnici; MARCHIONI Pietro, MAKCA Elio, ispettori superiori per i servizi tecnici; RENGANESCHI Vittorio, CoRSI Fernando, ispettori capo per i servizi tecnici; PIRODDI Mario, ispettore per i servizi tecnici.

SERVIZIO AFFARI GENERALI

Capo servizio: FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, consigliere di legazione, dal 12 marzo inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Istituti internazionali

Capo ufficio: MASCIA Luciano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 12 marzo di l a classe.

Segretari: ScOLA CAMERINI Giovanni, primo segretario di legazione di l a classe, dal lo aprile consigliere di legazione; NAVARRINI Guido, primo segretario di 2a classe, dal l o aprile di l a classe; MANFREDI Vittoriano, console di 2a classe; RuBINO Eugenio, console di 3a classe, fino al 12 maggio; MILESI FERRETTI Gian Luigi, console di 2a classe.

UFFICIO II

Trattati e atti

Capo ufficio: TELESIO Giuseppe, consigliere di legazione. Segretario: GENTILE Benedetto, console di 2a classe.

UFFICIO III

Studi e documentazione

Capo ufficio: RUFFO DI CALABRIA Francesco, console di 2a classe.

Consulente storico: TosCANO Mario, professore ordinario di Storia dei trattati e delle relazioni internazionali all'Università di Cagliari.

ARCHIVIO STORICO

Direttore: MoscATI Ruggero, direttore di prima classe negli Archivi di Stato.

BIBLIOTECA Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

SERVIZIO AFFARI PRIVATI Capo servizio: PERVAN Edoardo, console generale di l a classe.

UFFICIO I

Cittadinanza, Stato civile, servizio militare

Capo ufficio: WIEL Ferdinando, console di l a classe, dal lo aprile console generale di 2a classe.

Segretari: BIONDI MORRA DI LAVRIANO Goffredo, console di 3a classe; GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore per i servizi tecnici.

UFFICIO Il

Tutela diritti e interessi patrimoniali, assistenza consolare, spedalità e rimpatri, ricerche e informazioni

Capo ufficio: NoBILI VITELLESCHI Pietro, console generale di 2a classe. Segretario: N. N.

UFFICIO III

Diritti di famiglia, atti tra vivi, successioni, assistenza giudiziaria

Capo ufficio: MAURO SESTINO, console di l a classe.

Segretario: N .N.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DELLA REPUBBLICA ITALIANA ALL'ESTERO

(2 febbraio -30 maggio)

AFGHANISTAN

Kabul -UNGARO Mario, addetto commerciale, reggente la legazione fino al 12 marzo; CALISSE Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 13 marzo.

ARGENTINA

Buenos Aires-ARPESANI Giustino, ambasciatore; THEODOLI Livio, primo segretario.

AUSTRIA

Vienna-COPPINI Maurilio, rappresentante politico; GAJA Roberto, primo segretario; SEBASTIANI Lucio, terzo segretario.

BELGIO

Bruxelles -DE NoBILI DI VEZZANO Rino, ambasciatore; VENTURINI Antonio, consigliere; ALOISI DE LARDEREL DI ALLUMIERE Folco, console di 2a classe, dal lo aprile primo segretario.

BOLIVIA

La Paz -CULTRERA Alessandro, cancelliere, reggente.

BRASILE

Rio de Janeiro-MARTINI Mario Augusto, ambasciatore; BORGA Guido, consigliere; CARACCIOLO DI SAN VITo Roberto, primo segretario, fino al 25 maggio; BOMBASSEI FRASCANI DE VETTOR Giorgio, primo segretario; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale; MACCOTTA Giuseppe Walter, secondo segretario.

BULGARIA

Sofia -GUARNASCHELLI Giovan Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 10 febbraio; VINCI Piero, primo segretario, incaricato d'affari ad interim, fino al 9 febbraio; SoLARI Pietro, primo segretario, dal 5 marzo.

CANADA

Ottawa-FECIA DI CossATO Carlo, console generale, con funzioni di rappresentante politico.

CECOSLOVACCHIA

Praga -TACOLI Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario

CILE

Santiago -PERSICO Giovanni, ambasciatore; RICCIO Luigi, primo segretario, dal lo aprile consigliere.

CINA

Nanchino -FENOALTEA Sergio, ambasciatore; MIZZAN Ezio, primo segretario.

COLOMBIA

Bogotà -CASSINIS Angiolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

COSTARICA

Costarica -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 1 .

CUBA

A vana --SCADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FERRARI Giovanni Paolo, primo segretario.

DANIMARCA

Copenaghen -CARISSIMO Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PESCATORI Federico, primo segretario.

ECUADOR

Quito -PERRONE DI SAN MARTINO Ettore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

EGITTO

Il Cairo -DE Asns Giovanni, ministro plenipotenziario, capo della missione straordinaria; ARCHI Pio Antonio, primo segretario.

EL SALVADOR San Salvador-SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 2 .

FILIPPINE Mani/a -STRIGARI Vittorio, primo segretario, incaricato d'affari ad interim.

l Residente a Guatemala. 2 Residente a Guatemala.

FRANCIA

Parigi-QuARONI Pietro, ambasciatore, dal 22 febbraio; BENZONI Giorgio, consigliere, incaricato d'affari ad interim, fino al 21 febbraio; GIUSTINIANI Raimondo, consigliere, dal 19 maggio; SOLARI Pietro, primo segretario, fino al 4 marzo; CAVALLETTI Francesco, primo segretario; PIERANTONI Aldo, secondo segretario.

GIAPPONE

Tokio -REvEDIN Giovanni, rappresentante politico presso il Comando supremo alleato.

GRAN BRETAGNA

Londra -CARANDINI Niccolò, rappresentante politico; MI GONE Bartolomeo, consigliere; RoBERTI Guerino, primo segretario; WINSPEARE GUICCIARDI. Vittorio, terzo segretario; AILLAUD Enrico, quinto segretario, dal 30 aprile.

GRECIA

Atene -GumoTTI Gastone, rappresentante politico; MACCHI DI CELLERE Francesco, primo segretario.

GUATEMALA

Guatemala -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario 3 ; GUADAGNINI Piero, primo segretario.

HAITI

Port au Prince -SCADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario4 .

HONDURAS

Tegucigalpa -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

3 Residente a Guatemala. 4 Residente a L'Avana

IRAN

Teheran -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuASTONE BELCREDI Enrico, primo segretario; PENNACCHIO Luigi, commissario tecnico per l'Oriente.

IRLANDA

Dublino -BABUSCIO RIZZO Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario;

ISLANDA

Reykiavik -RULLI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario5 .

LIBANO

Beirut -ALESSANDRINI Adolfo, consigliere con funzioni di incaricato d'affari; SPERANZA Vincenzo, commissario tecnico per l'Oriente.

LUSSEMBURGO Lussemburgo -CORVINO-MILKOWSKI Stanislao, reggente la legazione.

MESSICO

Città del Messico -PETRUCCI Luigi, ambasciatore, DE FERRARIIS SALZANO Carlo, primo segretario.

NICARAGUA

Managua -SILENZI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario6 .

5 Residente a Osio. 6 Residente a Guatemala.

NORVEGIA

Oslo-RULLI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GAETANI Massimo, primo segretario.

PAESI BASSI

L'Aja -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASTELLANI PASTORIS Vittorio, primo segretario.

PANAMA

Panama -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 23 marzo; Rossi LoNGHI Gastone, consigliere, incaricato d'affari fino al 22 marzo.

PARAGUAY

Assunzione -RovASENDA Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERÙ

Lima-CiccoNARDI Vincenzo, ambasciatore; Lo FARO Francesco, primo segretario.

POLONIA

Varsavia -DoNINI Ambrogio, ambasciatore, dal 2 aprile; SOARDI DI SANT'ANTONINO Carlo Andrea, consigliere, incaricato d'affari ad interim fino al lo aprile; TORTORICI Pietro Quirino, secondo segretario.

PORTOGALLO

Lisbona -GROSSARDI Antonio, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; MAZIO Aldo Maria, primo segretario; SABETTA Luigi, secondo segretario, dal 3 maggw.

ROMANIA

Bucarest -GERBORE Pietro, consigliere, incaricato d'affari ad interim fino al 20 febbraio; CASTRONUOVO Manlio, primo segretario.

SANTA SEDE

Roma -DIANA Pasquale, ambasciatore; DEL BALZO Giulio, consigliere; ANTINORI Orazio, primo segretario; MARozzo DELLA RoccA Antonino, secondo segretario.

SIAM Bangkok -Bovo Goffredo, impiegato locale, reggente la legazione.

SPAGNA

Madrid -VANNI o'ARCHIRAFI Francesco Paolo, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CAPOMAZZA DI CAMPOLATTARO Benedetto, primo segretario.

STATI UNITI

Washington-TARCHIANI Alberto, ambasciatore; DI STEFANO Mario, consigliere; SILVESTRELLI Luigi, primo segretario; ORTONA Egidio, primo segretario.

SUD AFRICA

Pretoria -ROCHIRA Ubaldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRILLO Remigio Danilo, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro pfenipotenziario; CITTADINI CESI Gian Gaspare, primo segretario di legazione.

SVIZZERA

Berna -REALE Egidio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PLETTI Mario, primo segretario di legazione; CEPPELLINI Augusto, consigliere per l'emigrazione.

TURCHIA

Ankara-PRUNAS Renato, ambasciatore, dal 14 marzo; CORRIAS Angelino, consigliere; DE NovELLIS Gennaro, primo segretario.

UNGHERIA

Budapest-AssETTATI Augusto, incaricato d'affari ad interim; Dr FRANCO Oscarre, commissario tecnico per l'Oriente.

U.R.S.S.

Mosca -QuARONI Pietro, ambasciatore, fino al IO febbraio; BRosro Manlio, ambasciatore, dal 20 febbraio; LA TERZA Pierluigi, consigliere; PRATO Eugenio, primo segretario.

URUGUAY

Montevideo -ERRERA Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

VENEZUELA

Caracas -FERRANTE Agostino, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; SEcco SUARDO Dino , inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 29 aprile; SARVOGNAN Alessandro, primo segretario.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA ( 2 febbraio -30 maggio)

Afghanistan -Mohammed AKRAM, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Mohammed ALÌ, primo segretario; Mohammed IBRAHIM, primo segretario, dal 20 marzo.

Argentina -Rafael OcAMPO GIMENEZ, ambasciatore, dal 6 febbraio; Rogelio R. TRISTANY, consigliere; Lucio E. ScELso, consigliere, dal 27 maggio; Luis CASTELLS, primo segretario, dal 13 maggio; Julio NEGRE, secondo segretario; Josè Maria ALVAREZ DE ToLEDO, terzo segretario; Guido COMOLLI, consigliere commerciale.

Austria -Adrian RoTTER, consigliere, rappresentante politico; Johannes E. ScHwARZENBERG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal marzo; Eugen BURESH, segretario di legazione.

Belgio -André MoTTE, ambasciatore; Frédéric DE RmDER, consigliere; Charles PIGAULT DE BEAUPRÉ, segretario.

Bolivia -N.N.

Brasile-Pedro DE MoRAES BARROS, ambasciatore; Jorge LATOUR, primo segretario; Octavio DE SÀ NEVES DA RoCHA, primo segretario; Mozart GuRGEL VALENTE, secondo segretario; Victorino VIANNA DE CARVALHO, terzo segretario; Antonio Xavier DA RocHA, consigliere commerciale.

Bulgaria-Dimitr BRATANOV, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 21 aprile; Stefan MOKREV, consigliere per gli affari culturali, incaricato d'affari ad interim fino al 20 aprile; Ivan T. BETCHEV, terzo segretario, dal 3 febbraio.

Canadà -James P. MANION, rappresentante commerciale.

Cecoslovacchia-Jan PAULINY TOTH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Ivan LAICHTER, consigliere; Karel HoYER, primo segretario; Josef PELNAR, primo segretario; Emil BARTOVKY, segretario per gli affari commerciali; Josef RcPRICH, primo segretario.

Cile-Miguel RIOSECO ESPINOZA, consigliere, incaricato d'affari ad interim; Mario PRIETO, primo segretario; Guillermo RossEL BASCUNAN, secondo segretario, dal 15 marzo.

Cina-Yu TsuNE-CHI, ambasciatore; Sm KWANG-TSIEN, ministro plenipotenziario; Lou CHE-NGAN, consigliere; KAo SHANG-CHUNG, primo segretario; CHANG CHIA-YuNG, secondo segretario.

Colombia-Jorge ZALAMEA BORDA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Guillermo CAMACHO MoNTOYA, primo segretario; Alberto CARDONA JARAMILLO, secondo segretario.

Cuba -Miguel Angel ESPINOSA, segretario, incaricato d'affari ad interim.

Danimarca -Tage FROM, segretario.

Dominicana (Repubblica) -Porfirio HERRERA BAEz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; José HENRIQUEZ ALMANZAR, primo segretario, dal 1° marzo.

Ecuador -Rodrigo JACOME, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia-George BALAY, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; Pierre SEBILLEAU, consigliere; Charles ToRRES, primo segretario; Louis GABRIEL, consigliere commerciale; René VIEILLEFOND, consigliere culturale; Henry BAYLE, secondo segretario.

Gran Bretagna -Noel CHARLES, rappresentante politico; T ST.QUINTIN HILL, ministro, consulente economico; J.G. WARD, consigliere; S. SIMMONDS, consigliere commerciale; W.H. BRAINE, consigliere; A.C.E. MALCOLM, primo segretario; D. CAMERON, primo segretario; J.P. REEVES, primo segretario; H.A.A. HANKEY, primo segretario; 1.0. MAY, primo segretario; M.N.F. STEWART, primo segretario, addetto stampa; M.C. ADAMS, primo segretario, consulente per i beni dissequestrati.

Grecia -Konstantinos VATIKIOTTY, consigliere d'ambasciata, rappresentante politico; Alexandros C. ARGIROPOULOS, primo segretario; Konstantinos HIMARIOS, primo segretario.

Iran -Fathoullah PAKREVAN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Abdul AHAD DARA, consigliere.

Irlanda -Michael MAc WHITE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Frank BIGGAR, segretario.

Jugoslavia -Rudolf JANHUBA, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal 10 febbraio; Mladen IVEKOVIC, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dall'aprile; NIKOLA MANDié, segretario, dal 10 febbraio; Cedomil VELJACié, segretario, dal 10 febbraio; Josip DEFRANCESKI, consigliere stampa, dal 10 marzo; Vaso JovANOVIé, segretario, dal 10 marzo.

Messico -Mariano ARMENDARIZ DEL CASTILLO, ambasciatore; Mario GARZA RAMOS, primo segretario.

Monaco -Roger MAUGRAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -Sigurd BENTZON, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Fredrik ORVIN, primo segretario.

Paesi Bassi-Willem DE BYLANDT, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 15 febbraio; B.J. SLINGENBERG, secondo segretario; H.W.R., DE WAAL, segretario commerciale.

Panama -Miguel AMADO BuRGOS, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari.

Perù-Ricardo RIVERA SCHREIBER, ambasciatore; Luis F. LANATA COUDY, ministro plenipotenziario, consigliere; Palmiro MACHIAVELLO, ministro plenipotenziario, addetto speciale per l'emigrazione.

Polonia -Stanislaw KoT, ambasciatore; Witold WYSZYNSKI, consigliere; Jan GuTOWSKI, consigliere commerciale; Boleslaw BARszcz, primo segretario; Mieczyslaw PRUSZYNSKI, primo segretario; Ignacy BURCACKI, secondo segretario; Tadeusz MARTYNOWICZ, secondo segretario.

Portogallo -Francisco DE CALHEIROS E MENEZES, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Luiz Jorge DA CosTA, primo segretario.

Romania -Mihai CAMARASCESCU, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari; Mircea MosHUNA-SION, consigliere; Demetre NICOLAU, primo segretario; Mihai PoPESCU, secondo segretario.

Santa Sede -Francesco BoRGONCINI DucA, arcivescovo titolare di Eraclea,. nunzio apostolico; Giuseppe PAUPINI, monsignore, uditore; Gaetano ALIBRANDI, monsignore, segretario.

Spagna-José Antonio DE SANGRONIZ Y CASTRO, ambasciatore; Eduardo GARCIA CoMIN, ministro consigliere; Juan Felipe DE RANERO Y RODRIGUEZ, ministro consigliere; José Felipe ALCOVER Y SuREDA, primo segretario; Ramon SAENZ DE HEREDIA Y DE MANZANOS, primo segretario; Mario PONCE DE LEON, primo segretario, consigliere culturale; José Carlos GoNZALES CAMPO DAL RE, secondo segretario, dal 6 febbraio.

Stati Uniti-James CLEMENT DUNN, ambasciatore, dal 6 febbraio; David McKENDREE KEY, consigliere; Charles A. LIVENGOOD, consigliere per gli affari economici; Homer M. BYINGTON jr., primo segretario; John F. HUDDLESTON, primo segretario; J. WESLEY JONES, primo segretario; Edward PAGE jr., primo segretario; John L. GosHIE, secondo segretario; B. Miles HAMMOND, secondo segretario; George D. HENDERSON, secondo segretario; H. GARDNER AINSWORTH, secondo segretario; Byron B. SNYDER, terzo segretario; Joseph N. GREENE jr., terzo segretario; William S. CALDWELL, terzo segretario; William A. Mc FADDEN, terzo segretario.

Sud Africa -Francois-Henri THERON, rappresentante politico; R.H. CoATON, segretario; I.F.A. DE VILLIERS, terzo segretario.

Svezia -Christian GuNTHER, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Adolf CRONEBORG, consigliere.

Svizzera -René DE WECK, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Pau!

G. RITTER, consigliere; André PARODI, primo segretario f.f. di addetto commerciale; Robert SuLZER, secondo segretario; Antonino JANNER, segretario di legaziOne.

Turchia -Selim SARPER, ambasciatore; Adnan KuRAL, consigliere; Salahaddin ULKUMEN, primo segretario; Kamil TuBA, primo segretario; Enver OZALP, secondo segretario; Semih GuNVER, secondo segretario; Hakki MAHIR DuRuKAN, consigliere commerciale.

Ungheria -Almos PAPP, segretario, incaricato d'affari ad interim; Pal 0RBAN, segretario.

U.R.S.S. -Mikhail KoSTYLEV, ambasciatore; Ivan MARTYNOV, consigliere; Nikolaj GoRCHKOV, primo segretario; Gaik DoULIAN, primo segretario; Petr PRIVALOV, secondo segretario; Petr GRICHINE, secondo segretario; Victor CHOUNINE, terzo segretario; lvan POLIKANOV, terzo segretario.

Uruguay -Gilberto CAETANO FABREGAT, incaricato d'affari ad interim.

Venezuelà -Luis Emilio MoNSANTO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rafael GALLEGOS MEDINA, consigliere; Manuel VILLANUEVA, segretario.